IL SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA Lezioni d'Autore Un video : Clic Lo studio di una macchina termica ideale (I) “[…] Si può paragonare molto bene la potenza motrice del calore a quella di una cascata d’acqua: entrambe hanno un massimo che non si può superare, qualunque sia, da una parte, la macchina impiegata per sfruttare l’azione dell’acqua e qualunque sia, dall’altra, la sostanza impiegata per sfruttare l’azione del calore. La potenza motrice di una cascata d’acqua dipende dalla sua altezza e dalla quantità di liquido; la potenza motrice del calore dipende anch’essa dalla quantità di calorico impiegata e […] dalla differenza di temperatura dei corpi tra i quali si compie lo scambio di calorico.” Scriveva così Sadi Nicholas Carnot nelle Riflessioni sulla potenza motrice del fuoco del 1824. Lo studio di una macchina termica ideale (II) Nell’interpretazione odierna dell’analogia tra ruota idraulica e macchina termica ideale, la quantità di massa dell’acqua (una grandezza conservata) è il corrispettivo della quantità Q/T della sorgente a temperatura T, quindi il calorico di Carnot è tradotto come calore a temperatura costante. Lo studio di una macchina termica ideale (III) Ma vediamo nel dettaglio il percorso che può portare a questa conclusione. Una macchina termica ideale scambia calore con due sorgenti di calore a temperatura costante (due serbatoi aventi capacità termica così elevata che la loro temperatura non subisca variazioni apprezzabili). La macchina produce lavoro verso l’esterno compiendo un ciclo in cui ritorna allo stato iniziale (DU=0). Lo studio di una macchina termica ideale (IV) Nella figura l’ipotesi è che T2 sia maggiore di T1 (le temperature delle sorgenti) allora per le convenzioni adottate in precedenza, dal punto di vista del sistemamacchina termica, Q2 è maggiore di zero mentre Q1 è negativo. Il lavoro al termine del ciclo è per il primo principio della termodinamica uguale alla somma Q2+Q1, valore più piccolo del solo calore fornito dalla sorgente a temperatura più alta, in accordo al secondo principio della termodinamica che prevede l’impossibilità della trasformazione integrale del calore in lavoro. Lo studio di una macchina termica ideale (V) Una misura dell’efficienza della macchina è rappresentata dal rendimento h il numero che esprime il rapporto tra il lavoro prodotto (lo scopo del dispositivo) e il calore fornito dalla sorgente calda. Il rendimento per le considerazioni precedenti è uguale a: h=L/Q2=(Q2+Q1)/Q2=1+Q1/Q2 . Ricordando che Q1 è minore di zero, il rendimento risulterà un numero compreso tra zero e uno (generalmente si preferisce esprimere il numero decimale in percentuale e dunque si avrà che 0%< h <100%). Lo studio di una macchina termica ideale (VI) È possibile esplicitare un’espressione del rendimento in funzione delle temperature assolute delle due sorgenti? La risposta è positiva se si adotta il punto di vista del sistema, considerato come un fluido ideale (gas perfetto) sottoposto a una trasformazione ciclica. Lo studio di una macchina termica ideale (VII) Il ciclo, associato sempre al nome di Carnot, è composto da due isoterme alle temperature T1 e T2 e da due adiabatiche (trasformazioni senza scambio di calore con l’esterno). Lo studio di una macchina termica ideale (VIII) Esempio di trasformazione adiabatica di un gas. A sinistra, la compressione del gas avviene senza scambi di calore con l'esterno e determina un aumento di temperatura, da quella iniziale T1 a quella finale T2; a destra, rappresentazione nel piano pressione-volume della medesima trasformazione (in azzurro), confrontata con una analoga trasformazione isoterma (in rosso) nella quale, grazie a scambi di calore con l'esterno, la temperatura rimane costante durante l'intera trasformazione Lo studio di una macchina termica ideale (IX) Il lavoro, come spiegato nella lezione sul primo principio della termodinamica, può essere calcolato attraverso le misure di un’area, utilizzando le equazioni dei gas perfetti si dimostra che il rendimento è una funzione delle sole temperature assolute (misurate nella scala kelvin) attraverso l’espressione: h= L/Q2 = (T2-T1)/T2 = 1-T1/T2 . Usando le due dimostrazioni, per una macchina ideale reversibile deve valere l’uguaglianza: Q1/Q2=-T1/T2. Ovvero: Q1/T1+Q2/T2 = 0. Lo studio di una macchina termica ideale (X) Alla quantità Q/T è oggi associata la variazione di una grandezza del sistema chiamata entropia, S, tale che per il fluido in una trasformazione reversibile: DS1+DS2=DStot=0. Il rendimento in una qualsiasi trasformazione irreversibile (DStot>0) è inferiore a quello ideale del ciclo di Carnot: h= 1-T1/T2. Inoltre il valore del rendimento ideale si massimizzerà per valori crescenti della sorgente calda T2 rispetto a quelli della sorgente fredda a temperatura T1. Il ciclo inverso (I) Se il secondo principio della termodinamica impedisce la trasformazione completa del calore in lavoro, ciò non significa che non si possa compiere la trasformazione inversa. Non solo, con una quantità piccola di lavoro è possibile invertire il processo naturale del calore che fluisce dal corpo a temperatura più elevata a quello a temperatura inferiore ottenendo una pompa che sposta il calore dalla sorgente fredda a quella calda, in analogia a una pompa idraulica che solleva il liquido. Il ciclo inverso (II) Un dispositivo a ciclo inverso che raffredda piccoli ambienti per la conservazione del cibo è chiamato frigorifero. Il ciclo inverso (III) Per mezzo di una pompa di calore è possibile riscaldare un ambiente in inverno o raffrescare un appartamento d’estate invertendo il ciclo della macchina termica. Il ciclo inverso (IV) In questo caso va adottato uno schema concettuale, analogo a quello della macchina termica, in cui tutte le grandezze (ad eccezione ovviamente delle temperature) hanno segni opposti. Il sistema subisce un lavoro che permette di estrarre calore Q1 dalla sorgente a temperatura inferiore T1 e cedere calore Q2 a quello a temperatura superiore T2, come succede nel frigorifero dove il lavoro del compressore su un fluido frigorigeno e altri dispositivi fanno sì che la serpentina nel retro riscaldi l’aria della stanza e quella interna, raffreddi i cibi disposti nell’armadio. Il ciclo inverso (V) Se per semplicità consideriamo i moduli delle grandezze in gioco, deve valere per una pompa di calore: |L|+|Q1|=|Q2|. In altre parole si può cedere alla sorgente calda una quantità di calore maggiore del modulo di L, amplificando l’effetto del lavoro grazie al calore proveniente dalla sorgente fredda. Ma come è possibile realizzare praticamente un processo di questo tipo? Il ciclo inverso (VI) Nell’immagine è rappresentato un sistema di riscaldamentocondizionamento multisplit: un tipo di pompa di calore detta aria-aria. L’unità esterna contiene un compressore (a potenza variabile), valvole, tubazioni per un fluido frigorigeno e un sistema di scambio termico con l’aria esterna. Le unità interne, anch’esse alimentate da elettricità, sono collegate con tubi riempiti del fluido a quella esterna e hanno un sistema di scambio termico e ventilazione di mandata. Il ciclo inverso (VII) Lo schema del funzionamento della pompa di calore in inverno è raffigurato in questa figura. Il ciclo inverso (VIII) Nei mesi invernali lo scopo della pompa è riscaldare gli ambienti interni. Un fluido refrigerante (ad esempio la miscela di difluorometano CH2F2 e pentafluoroetano C2HF5, identificata dalla sigla R-410A) si trova nel circuito in parte nella fase vapore e in parte nella fase liquida. Il compressore aumenta la pressione del gas, mentre la valvola abbassa la pressione della miscela liquida. Il passaggio di stato da vapore a liquido (la condensazione) permette di riscaldare l’ambiente interno, mentre quello di evaporazione avviene grazie al calore fornito dall’aria esterna. Il ciclo inverso (IX) Questa macchina di Carnot a ciclo inverso ha lo scopo di fornire all’aria interna un calore | Q2| a spese di un lavoro |L|, quindi invece di definire un rendimento minore di 1 è preferibile introdurre un coefficiente di effetto utile (detto anche coefficiente di prestazione, coefficiente di resa, coefficiente di guadagno) indicato con la sigla COP (dall’inglese coefficient of performance) dato dal rapporto: |Q2|/|L|. In analogia al procedimento già impiegato per la macchina termica, possiamo scrivere per un ciclo DU=0 e |L|=|Q2|-| Q1|, dunque si può scrivere per il coefficiente di effetto utile COP=|Q2|/(|Q2|-| Q1|). Il ciclo inverso (X) Se la pompa fosse anche realizzabile con trasformazioni reversibili (ciclo di Carnot inverso) allora le temperature assolute delle sorgenti prenderebbero il posto delle quantità di calore scambiate. Il coefficiente di prestazione teorico è pari al rapporto T2/(T2-T1). Idealmente quindi una pompa di calore reversibile, operante tra la sorgente a temperatura di 20 °C (293 K) e quella dell’aria esterna di 5 °C (278 K), avrebbe un effetto utile massimo uguale a 293/(293278)=19,5. Ogni kW di potenza del compressore comporterebbe un flusso di calore pari a 19,5 kW. Il ciclo inverso (XI) In realtà un dispositivo multisplit, nelle stesse condizioni di temperatura, ha un coefficiente di resa pari a 3 anche con compressori a potenza variabile (inverter). Altre pompe di calore possono raggiungere valori prossimi a 5 ovvero il lavoro elettrico è solo un quinto del contributo di calore fornito per il riscaldamento (gli altri 4/5 provengono dal calore sottratto dalla sorgente fredda esterna). Ovviamente il coefficiente di effetto utile cresce se le temperature delle due sorgenti non sono lontanissime (l’inverso di quello che succede per il rendimento di una macchina termica). La presenza di sorgenti di bassa entalpia (acqua o rocce nel sottosuolo, o laghi nelle regioni europee più fredde) permette di realizzare delle pompe di calore geotermiche con una maggiore efficienza legata alla diminuzione del salto termico delle sorgenti. Altri video: Video.1 Funzionamento della pompa di calore Clic Video.2 Macchine termiche e entropia Clic Video.3 La macchina a vapore (Rai Ulisse) Clic Video.4 Macchina a vapore animazione Clic Video.5 Carnot cycle (in inglese) Clic