LA BELLE EPOQUÉ A MERANO PRIMA DELLA TRAGEDIA dott. Pietro Fogale Relazione del 6 maggio 2014 del ciclo “100 anni fa la prima guerra mondiale” L'attentato di Sarajevo Il 28 giugno 1914 la Meraner Zeitung riportava la notizia del viaggio in Bosnia dell'erede al trono assieme alla moglie. Solo qualche giorno dopo i meranesi poterono leggere i dettagli dell'attentato, dato che allora il giornale veniva stampato solo tre volte a settimana. La notizia si era però già ampiamente diffusa: tramite telegrafo arrivò a Vienna poco dopo le 12, e da lì in tutto l'impero. Ripercorrendo la dinamica dell'attentato, quello che oggi ci impressiona di più è che quel giorno l'arciduca fu in realtà oggetto di ben due attentati, e che, apparentemente, non furono intraprese azioni sufficienti per difendere l'incolumità del principe ereditario. Al mattino, mentre si recava al municipio di Sarajevo, venne gettata una bomba sul corteo di automobili, che provocò alcuni feriti. Alcune ore dopo, per il ritorno, venne utilizzata la stessa macchina scoperta, così che a Gavilo Princip, uno studente liceale serbo di 19 anni che faceva parte del gruppo che si era preparato per l'attentato, si presentò una nuova occasione che egli non si fece sfuggire. Balzò fuori dalla folla e sparò due colpi di pistola contro Francesco Ferdinando e la moglie, colpendoli a morte. Questa è di solito la scarna cronaca con cui si liquida questo fatto, da cui prese le mosse un meccanismo che portò alla I Guerra mondiale. Cerchiamo invece di capire meglio quello che successe e perché quel fatto determinò una serie di decisioni, che pur senza volerlo, portarono allo scoppio di una guerra di dimensioni mondiali. Innanzitutto chi era Franz Ferdinand, e perché il 28 giugno si trovava a Sarajevo? L'erede al trono d'Austria, l'arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo-Este, era un personaggio molto noto a Merano: era stato più volte ospite della città di cura ed un suo nuovo soggiorno era stato annunciato anche per il marzo del 1914, salvo essere poi rimandato all'ultimo minuto, ma soprattutto l'arciduca rappresentava per la monarchia asburgica, almeno in parte, una speranza di cambiamento. All'interno della monarchia erano in atto da tempo spinte centripete che le varie nazionalità (ben 11) esercitavano in maniera sempre più forte sul governo centrale, tanto che nel 1867 la monarchia era stata riformata in senso duale creando la doppia monarchia: un unico imperatore ma due stati: Austria e Ungheria. La doppia monarchia era stata creata dopo che l’impero aveva perso la guerra contro la Prussia e quindi si era risolta a favore di quest’ultima la questione dell'egemonia sugli stati tedeschi. L'impero austriaco perciò rivolse le proprie mire espansionistiche verso i Balcani che a metà Ottocento erano ancora sotto l'egemonia dell'impero Ottomano, trovandosi così in competizione con la Russia e con la Serbia. Nel 1914 il problema più grave per la monarchia asburgica era rappresentato proprio dalla situazione nei Balcani. I precedenti: le guerre balcaniche Tra Otto e Novecento la cartina dei paesi balcanici dovette essere più volte ritoccata. Nel 1878 in seguito alla guerra russo-turca venne firmata il 3 marzo 1878 la Pace di Santo Stefano, che impose alla Turchia, uscita sconfitta, la cessione di buona parte dei suoi possedimenti in Europa, determinando l’indipendenza del Montenegro, della Serbia, della Romania e l'autonomia della Bulgaria. Quest'ultima, il cui territorio arrivava fino all'Egeo, divenne protettorato russo (benché formalmente ancora ottomana). Il seguente Congresso di Berlino, che si svolse dal 13 giugno al 13 luglio 1878 nella capitale tedesca, fu promosso dall'Austria, in seguito anche agli accordi precedenti la guerra che avevano stabilito la neutralità austriaca e inglese nel conflitto che fu accettato dalle altre potenze europee per modificare il trattato di Pace di Santo Stefano. Il Congresso rettificò la destinazione dei territori turchi in Europa: ridimensionò e divise la nascente Bulgaria e stabilì l’amministrazione austriaca della Bosnia. Confermò invece l’indipendenza della Romania, della Serbia e del Montenegro. La Germania, che fece da mediatrice aumentò il suo prestigio, ma incrinò i suoi rapporti con la Russia che non fu soddisfatta dei negoziati. La Turchia, pur perdendo estesi territori, limitò i danni rispetto alla Pace di Santo Stefano. Oltre alla Russia, alla Turchia, all'Austria e alla Germania, al Congresso di Berlino parteciparono la Gran Bretagna, la Francia e l'Italia. La situazione nei Balcani non venne però definitivamente stabilizzata. Tra Austria e Serbia si andò creando una situazione di conflitto latente, con la Serbia impegnata nel tentativo di riunire sotto il suo dominio tutti gli salvi del sud. La conquista della Libia da parte italiana nel 1911 mise in evidenza ancora una volta le debolezze dell'impero ottomano e di questo approfittarono i paesi Balcanici per dare il via, nel 1912, alla I Guerra dei Balcani. Con la mediazione delle principali potenze europee, il 30 maggio 1913 fu firmato il trattato di Londra, che pose fine alla guerra: l'Impero ottomano perse quasi tutti i suoi territori europei, che furono spartiti tra gli Stati della Lega balcanica. Nacque, soprattutto per volontà italiana e austriaca, il regno d'Albania che doveva limitare l'espansionismo serbo e precludergli lo sbocco al mare; i dissensi circa la spartizione della regione della Macedonia provocarono attriti e contrasti tra i coalizzati, sfociati poi nella seconda guerra balcanica nel giugno-luglio 1913. La costituzione dell'Albania creò un ulteriore elemento di attrito fra i vari paesi balcanici e l'Austria e l'Italia che volevano controllare quell’area geografica. Austria e Serbia Il 28 giugno in Serbia si celebra una delle festività religiose più importanti, il giorno di S. Vito che coincide con l'anniversario della battaglia di Kossovo-Polje del 1398 quando l'esercito serbo resistette eroicamente all'invasione turca. L'assassinio del principe ereditario non turbò immediatamente le cancellerie europee, non fu visto come motivo di una possibile guerra, non era il primo omicidio politico avvenuto in quegli anni. Prima di Franz Ferdinand erano stati assassinati: il presidente francese, lo scià di Persia, il presidente dell'Uruguay, il presidente del Guatemala, l'imperatrice d'Austria (Sissi), il re d'Italia, il presidente degli Stati Uniti, il re e la regina di Serbia, il primo ministro greco, quello bulgaro, quello egiziano, quello spagnolo, il presidente del Messico e il re di Grecia. Quelli erano gli anni della Belle-Epoque, sembrava che la guerra fosse un ricordo del passato o che riguardasse zone periferiche d'Europa o altri continenti. Era in programma per il 1914 anche la terza grande conferenza di pace, dopo quelle del 1899 e del 1907. Eppure, nonostante il clima di modernità e positivismo, vi erano anche numerosi segnali che andavano in direzione opposta, visioni e profezie, in particolare nella letteratura e nelle arti, di una futura guerra mondiale che sarebbe stata combattuta in forme e modi mai visti prima. Tutti i paesi europei negli anni prima della guerra andarono rafforzando i loro eserciti: la Germania, dopo il “pensionamento” del cancelliere Bismark prese una decisa strada per diventare una grande potenza mondiale, mise in cantiere lo sviluppo della propria marina militare per poter sfidare l'Inghilterra, nonché del proprio esercito. La Francia prolungò il periodo di ferma da due a tre anni per poter bilanciare l'inferiorità demografica nei confronti della Germania e anche la Russia, complice una sua forte ripresa economica mise in cantiere un forte ammodernamento del proprio esercito, numeroso ma mal organizzato. Anche l'Austria partecipò a questa corsa al riarmo innalzando il contingente militare di circa 40.000 uomini. Veniva inoltre portato a 2 anni il periodo di ferma. Merano nel 1914 Merano nel 1914 era una delle mete del turismo internazionale: da settembre a maggio, questa era la stagionalità del turismo dell'epoca, nobili e borghesi affollavano le strade della nostra città. Nel corso del XIX secolo la città si era completamente dedicata a questa sua vocazione, ma non molti anni prima, all'inizio del suo cammino come città turistica, nel 1845, così la descriveva Beda Weber nel suo libro “Meran und seine Umgebung”: “Merano è una piccola città che consiste di tre parti: via delle Corse, che ne costituisce la base, la via dei portici, la città vera e propria, e Steinach con il suo affollamento di case. Le case non hanno quasi giardini, perché non c'è spazio, di piazze quasi non si può parlare, piazza del Grano, piazza Rena e la piazza della Parrochiale sono piccole. La maggior parte delle case all'interno sono strette e irregolari, e al pianoterra cupe, umide e inospitali, e solo da un lato dispongono di una vista piacevole. La popolazione cittadina fluttua attorno alle 2500 unità in seguito all'arrivo di persone dal contado, tra il 1823 e il 1843 la popolazione è aumentata di 384 unità. Vi è una nascita ogni 41 abitanti e un morto ogni 31.” Questa alta mortalità dipenderebbe, secondo B. Weber dall'abuso di vino e dall'elevato consumo di carne e fu solo grazie all'arrivo di nuovi abitanti da fuori che questa alta mortalità non venne messa in evidenza. Nella prima metà del 1800 in città vi erano 11 fra hotel e locande, ma nessuno aveva il confort di un grande hotel, i prezzi però erano molto lontani da quelli svizzeri. La locanda più frequentata era la locanda “die Rose”, detta anche “Posta”, in piazza Rena, che disponeva di 18 camere e 13 per le persone di accompagnamento. Ci sono due carrozze che circolano giornalmente tra Merano e Bolzano e una da e per la val Venosta. Il numero di turisti all'inizio dell’800 era di circa 1300 all'anno. Vi erano 10 medici a disposizione, di cui uno, Bernhard Mazzegger, utilizzava la medicina omeopatica. A Merano si andava per fare la cura del siero e dell'uva. Mancava ogni tipo di intrattenimento per i turisti. Per sopperire a questa mancanza, nel 1822 era stata approntata una sala di lettura. Oltre all'acqua di fonte di ottima qualità, Merano era nota per la grande produzione e varietà di frutta. All'inizio della stagione estiva maturavano le ciliege, ad agosto le pesche, i fichi, le pere, addirittura otto qualità diverse, prugne, mele e uva, utilizzate per la cura, da settembre a metà ottobre, ma anche fino a Natale quando si riusciva a conservare l'uva. Da aprile si poteva cominciare la cura del siero del latte di capra, fino ad agosto. L'opinione sui meranesi era pessima, venivano descritti come lavativi e ubriaconi. Dal 1845 al 1914 il percorso di crescita della città fu impressionante e la stagione turistica 1913-14 fu strepitosa: si chiuse con 40.026 presenze complessive in città, un 10% in più rispetto alla stagione precedente. Per celebrare e analizzare questo successo la Meraner Zeitung pubblica un lungo articolo (il 14 giugno 1914) in cui ripercorre alcune tappe della storia turistica di Merano, 40.000 ospiti stagionali, in confronto ai 16.000 del 1904: in dieci anni Merano seppe più che raddoppiare il numero dei suoi ospiti, aumentando anche la permanenza degli stessi. Nel 1909, Friedrich Ellmenreich scriveva nella sua guida su Merano e dintorni: “la via principale del traffico cittadino è la Habsburgerstrasse che va da piazza Rena, parallela alle passeggiate, fino a piazza Habsburg per continuare fino alla stazione. Lungo la via si trovano: il Kurhaus, il teatro, le terme, e una serie di residenze private e hotel di prima categoria”. Vi erano 7,5 km di linea tramviaria, (e così, tanto per la cronaca i tram cittadini passavano ogni 6 minuti), la città aveva portato l'acqua corrente in tutte le case anche ai piani più alti ed era in via di espansione la sua rete elettrica e del gas. Si poteva pregare in chiese cattoliche, evangeliche, russo-ortodosse o in sinagoga. Nella sala di lettura del Kursaal c'erano a disposizione circa 70 giornali nazionali e internazionali e in città si trovavano diverse librerie e biblioteche di prestito. Grazie alla ferrovia, arrivata in città nel 1881-82, la città era collegata con un treno diretto giornaliero alla capitale Vienna, mentre vagoni diretti erano previsti per Salisburgo, Budapest, Berlino, Monaco, Lipsia, Norimberga, Francoforte, Augsburg, Stoccarda, Karlsruhe, Praga e Parigi. Il turismo meranese proveniva dall'impero germanico (48%) e dall'Austria-Ungheria (34%), i turisti provenienti da paesi in guerra con l'Austria-Ungheria erano il 16% del totale, il turismo italiano all'epoca rappresentava lo 0,5% del totale. L'articolista osserva che tra gli ospiti sono contati anche quelli che si fermano al massimo 7 notti e sono quindi esentati dal pagamento della tassa di soggiorno e vengono considerati “passanti”. Merano non prendeva aiuti dallo Stato, anzi veniva considerata come “una mucca da mungere”. Il giornalista non era in grado di spiegare qual era la ricetta per il successo della città. Forse la chiave era il fatto che essa, che non aveva altro da offrire che il proprio clima, si era sviluppata e offriva al turista varie possibilità oltre alle cure. Secondo l'Azienda di cura i risultati erano dovuti alla pubblicità che l'azienda stessa promuoveva sui giornali nazionali e internazionali e sui giornali delle località estive di villeggiatura. Un dato che sicuramente differenziava Merano da altre località turistiche era la sua indipendenza, dallo Stato o da altre città. Erano i meranesi a investire milioni di corone nel settore turistico e a determinare quali erano le cose da fare, le urgenze da soddisfare, mentre in altre località i soldi incassati con le tasse di soggiorno, probabilmente, non venivano reinvestiti per soddisfare tutte le esigenze del settore turistico. Merano, nel giugno del 1914, guardava con soddisfazione alla sua crescita e si preparava ad affrontare una nuova stagione turistica in grande stile, anche dal punto di vista dei servizi: era stato terminato il nuovo edificio delle poste, la stazione di Maia Bassa, era stato ampliato l'ospedale, che sin dalla sua costruzione nel 1902 si era rivelato troppo piccolo per una città in forte crescita, ed era stato terminato il nuovo Kursaal, destinato a diventare il centro della vita sociale meranese. Dalla pace alla guerra: le cronache della Meraner Zeitung Era dall'inizio dell'Ottocento, anno delle invasioni napoleoniche, dell'occupazione bavarese e delle sollevazioni hoferiane che il Tirolo non aveva più visto combattere una guerra sul suo territorio, la regione aveva conosciuto un lunghissimo periodo di stabilità. La notizia dell’attentato arrivò a Merano nel caldo pomeriggio del 28 giugno 1914 (40 gradi la temperatura registrata alle quattro, come si può leggere in un documento conservato presso l'archivio storico del comune) e nella sede della Meraner Zeitung, dove vennero subito stampati i volantini con la notizia appesi poi in diversi luoghi della città. Seguirono vari altri dispacci ufficiali. La sera si tennero, nei diversi luoghi di culto della città, commemorazioni funebri a cui parteciparono tutte le autorità cittadine; gli edifici pubblici e molti privati esposero la bandiera a mezz'asta. Martedì 30 giugno la Meraner Zeitung uscì in edizione straordinaria, visto che il giornale all'epoca usciva solo tre volte alla settimana: il mercoledì, il venerdì e la domenica. All'attentato seguirono numerose dimostrazioni antiserbe in particolare a Sarajevo, Vienna e Zagabria, con danneggiamenti e scontri che provocarono morti e feriti. Il 2 luglio in Bosnia ed in Erzegovina venne dichiarata la legge marziale. Lo stesso giorno la salma del principe ereditario arrivò a Trieste a bordo dell'incrociatore Viribus Unitis e il percorso tra il porto e la stazione si trasformò in un’imponente manifestazione di cordoglio pubblico. Il funerale si tenne venerdì 4 luglio a Vienna, nella Hofkirche e poi le salme proseguirono per il castello di Arstetten dove vennero tumulate. Al funerale parteciparono rappresentanti di vari stati, era atteso anche il Kaiser Guglielmo II, che all'ultimo momento non poté (o non volle) partecipare. Sui giornali si speculò anche sui motivi che l'avevano tenuto lontano. Intanto dai giornali si venne a sapere che il capo della polizia di Zagabria aveva scritto un rapporto circa la possibilità di un attentato, ma la segnalazione non era stata presa in considerazione e che altre bombe erano state ritrovate lungo la linea ferroviaria che il principe avrebbe dovuto percorre alla fine della visita per rientrare a Vienna. Il 7 luglio il Consiglio dei ministri si riunì per discutere sulle azioni da intraprendere nei confronti della Serbia dopo l'attentato. Circolarono anche notizie false, secondo le quali l'ambasciatore di Vienna a Belgrado sarebbe stato anch’esso vittima di un attentato. Il 10 luglio la Meraner Zeitung riprendeva un articolo della Ostdeutsche: “l'Austria ha perso (secondo la linea politica di Bismarck) nel 1908 e nel 1909 l'occasione di farla finita una volta per tutte con la Serbia. In quegli anni, osservava l'articolista, Germania e Austria avevano diversi vantaggi da giocarsi in particolare la mobilitazione molto più veloce dell'esercito rispetto a quello russo, cosa che oggi non è più esattamente così. Oggi la situazione è più difficile e bisogna finalmente riconoscere che la politica pan-slava dei Serbi può portare alla fine dell'impero austro-ungarico. Quello che è chiaro finora è che l'attentato non è il frutto di un fanatico ma di una congiura i cui fili sono tirati da Belgrado, dove l'organizzazione segreta “narodna obrana”(difesa nazionale) è strettamente legata al governo serbo. Il governo austriaco si è sentito naturalmente in dovere di condurre un inchiesta sulle responsabilità, ma avrebbe avuto più successo se avesse occupato subito Belgrado. É in gioco l'onore dell'Austria, di fronte ad eventi scandalosi sono necessari passi straordinari”. E su una guerra alla Serbia anche un giornale inglese come il Guardian scriveva il 3 luglio 1913: “Austria e Germania devono intervenire contro la Serbia e non farsi sorprendere dal bluff russo: la Russia non è ancora pronta per la guerra, oppure si vuole proseguire una sterile politica della paura fino a quando la Russia non sarà pronta e la Francia avrà superato le sue cesure interne?” A mantenere alto il clima di tensione vi furono anche altri eventi, come la morte del rappresentante diplomatico russo a Belgrado, proprio nella sede della rappresentanza diplomatica austro-ungarica, dove durante un colloquio con il suo omologo austriaco fu stroncato da un infarto. Forse questa notizia di primo acchito può sembrare secondaria, ma il diplomatico russo era un sostenitore del pan-slavismo molto influente alla corte dello zar e, con la sua morte, un acerrimo nemico della politica austriaca uscì di scena. La stampa serba parlò di un avvelenamento, e arrivò ad accusare apertamente il rappresentante diplomatico austriaco di omicidio. Il 23 luglio l’ultimatum dell’Austria alla Serbia. Una città in guerra La Meraner Zeitung commentò così l’avvenimento: “Finalmente il tanto atteso passo diplomatico della nostra monarchia nei confronti della Serbia è stato intrapreso. Dopo anni di un’oscillante politica estera nei confronti del nostro vicino balcanico, commuove il tono deciso, chiaro ma fermo della nota diplomatica. La nota è stata consegnata il 23 luglio alle sei di sera dal rappresentante diplomatico austriaco barone Geisl al governo serbo, a cui sono state concesse 48 ore per una risposta”. Dopo che l'ambasciatore ebbe lasciato Belgrado, interrompendo così le relazioni diplomatiche, fu chiaro che si stavano avvicinando momenti difficili. Il 27 luglio a Merano una folla si riunì sotto la sede della Meraner Zeitung, attendendo notizie, poi la sera vi fu un concerto patriottico dell'orchestra di cura della città. Il 28 nel pomeriggio gli uomini dei corpi mobilitati si recarono in stazione per partire. La sera vi fu una fiaccolata guidata dall'orchestra dei riservisti. Una folla si riunì davanti all'edificio della Bezirkhauptmannschaft dove lo Statthalterrat von Galli ebbe una dimostrazione del patriottismo della popolazione meranese. La folla crescente si rimise in movimento cantando per la città, con particolare calore venivano salutati ufficiali e militari che si incontravano lungo il cammino. Una folla, si legge sulla Meraner Zeitung, in cui le differenze di ceto, di posizione sociale, di partito, di ricchezza erano scomparse di fronte ad un più grande ideale: la difesa della patria. Il 29 luglio la notizia della guerra alla Serbia; un serbo residente a Merano viene arrestato. Il 31 luglio viene pubblicato l'appello dell'imperatore “ai miei popoli”. Il 2 agosto viene pubblicata la notizia della mobilitazione generale, a seguito dell'ordine di mobilitazione russo: tutti gli uomini tra i 19 e i 42 anni dovettero presentarsi ai centri di arruolamento. Il 5 settembre riprese la pubblicazione della “Meraner Kurzeitung e Kurliste”. Le prime righe erano dedicate alla guerra, ma subito dopo si leggeva: “Merano però si trova in una idillica pace circondata dalle sue vigne e dai suoi frutteti, e anche se non tutti i suoi ospiti abituali potranno tornare la città e le sue strutture sono pronte per la nuova stagione turistica”. Si voleva dare, per quanto possibile, un immagine tranquillizzante della città, pubblicando ripetutamente anche piccole notizie che servivano proprio a questo scopo: l'approvvigionamento alimentare della città era garantito dal comune e i prezzi massimi dei più importanti generi alimentari erano controllati dalle autorità, mentre i prezzi attuali, si evidenziava, erano di poco più alti del normale o addirittura più bassi. Si voleva così rispondere a lettere preoccupate che chiedevano informazioni se a Merano determinati negozi fossero aperti e se si potessero comprare giornalmente pane fresco e carne. La sicurezza era garantita dalla Bürgerwehr, istituita dal comune il 12 agosto: visto che Merano perdeva i suoi uomini partiti per la guerra, venne formato un corpo di cittadini che doveva aiutare le forze di polizia rimaste a garantire l'ordine e la sicurezza in città. Vennero arruolati uomini a partire dai 18 anni, in totale 160, che, divisi in cinque gruppi, si alternavano una notte a settimana, dalle 9 alle 4 del mattino, in due turni, a vigilare sulla città. In caso di incendio dovevano anche mettersi a disposizione del comandante dei vigili del fuoco. L'associazione dei proprietari d'Hotel e l'associazione economica della città misero a disposizione 500 letti per feriti e convalescenti, per militari austroungarici e tedeschi. Su impulso del sindaco Gemassmer venne incaricata la redazione della Meraner Kurzeitung di preparare una comunicazione, da stampare in 10.000 copie e da inviare “agli ex ospiti e agli amici di Merano” per informarli che la città di cura era in piena attività e direttamente collegata alle principali città tedesche e austriache. Si cercò anche di “sfruttare” la situazione facendo notare ai possibili ospiti che le località della riviera francese, per trascorre l'inverno in un clima mite, erano chiuse, mentre più che in altri periodi si sarebbero dovute cercare località climatiche tedesche come Merano. Alla fine di ottobre 1914 erano 1040 le persone presenti per motivi di cura, senza contare i militari in licenza di convalescenza. Numeri lontani rispetto agli anni precedenti. Merano era liberamente raggiungibile per i cittadini dell'impero. Chi proveniva da paesi neutrali aveva bisogno di un pass, mentre cittadini di stati che ora si trovano in guerra e che si trovavano in luoghi di cura tedeschi prima dello scoppio della guerra necessitavano di un permesso del ministero dell'interno per passare il confine. La posta era controllata, le lettere per l'estero dovevano essere consegnate aperte. Venne effettuata anche una campagna di stampa sui maggiori giornali del mondo tedesco per ribadire la piena funzionalità della città come luogo di cura. A novembre erano già 1300 i letti messi a disposizione da albergatori e privati per convalescenti e feriti di guerra delle armate austriaca-ungherese e tedesca, assieme a ragguardevoli somme per il vitto, il riscaldamento e l'illuminazione. Gli ufficiali che potevano permettersi di pagare il prezzo ridotto della camera potevano scegliersi l'hotel, per gli altri i costi erano a carico della Croce Rossa. La cittadinanza partecipava generosamente alla raccolta di offerte di ogni tipo per il 2 Reggimento Kaiserjäger e il 2 Reggimento Landesschützen (difesa territoriale) a cui erano gà state fatte diverse spedizioni di generi alimentari, tabacco, biancheria e giornali. Proseguiva anche l'azione di raccolta dell'oro per finanziare l'acquisto di ferro e per il giorno di S. Nicolò si istituì un mercato per finanziare nuovi posti letto per feriti. Il 31 dicembre 1914 venne inaugurato il nuovo Kursaal, alla fine di dicembre 1914 erano arrivati in città 3800 turisti, un quarto rispetto all'anno precedente quando nello stesso periodo si erano contate quasi 18.000 presenze. A Natale 1914 era ormai chiaro che la guerra non sarebbe finita tanto presto come sperato. Merano scoprì una nuova vocazione: dopo essere stata Luftkurort, diventò anche Kriegskurort. Nella seduta della Azienda di cura del 23 dicembre, si discusse su come pubblicizzare Merano quale stazione di cura invernale per convalescenti e feriti di guerra di fronte alla concorrenza dei luoghi di cura svizzeri (Davos, Arosa e St. Moritz) e tedeschi (Baden Baden, Wiesbaden Reichenall ecc.). La seduta si concluse con le profetiche parole: “Se non interverranno nuovi problemi, grazie ai collegamenti diretti con Berlino, Vienna e Budapest vi sono i migliori presupposti per una grande stagione primaverile”. Non sapevano certo che a maggio l'entrata in guerra dell'Italia avrebbe sconvolto anche la vita della piccola città di cura.