CITTADINANZA di Pippo Russo Premessa Per lungo tempo il tema della cittadinanza non ha avuto particolari fortune nel campo degli studi sociologici. Gettate le fondamenta dell'impostazione marshalliana, nel lontano 1949, esso è stato oggetto di irregolare attenzione sociologica almeno fino alla metà degli anni '90. E sarebbe già uno stimolante oggetto da sociologia della conoscenza l'interrogativo sui motivi che hanno portato a una tanto reiterata elusione e sottovalutazione del tema. Di cui, come ha fatto ben notare Marcello Fedele, si ha la massima dimostrazione nel fatto che il più prestigioso dizionario di politica edito in Italia (quello curato da Bobbio, Matteucci e P asquino) non preveda la voce cittadinanza. I motivi di una così limitata attenzione sociologica al tema della cittadinanza possono essere azzardati soltanto per congettura. È quello che, in parte, verrà fatto in questo saggio; l'altra parte sarà dedicata a cercare d'individuare i motivi del rinnovato interesse sullo specifico oggetto, in coincidenza con la profonda trasformazione cui i contenuti dell'oggetto stesso sono andati incontro. Infatti, una delle tesi sul risveglio d'interesse sociologico attorno al tema della cittadinanza è indicato nel fatto che siano cambiate le condizioni di sfondo sulle quali il profilo della membership di cittadino viene disegnato. Trasformata la struttura socio-istituzionale entro la quale la cittadinanza viene articolata, cambiano anche i contenuti della stessa. Ma prima di interrogarsi sul mutamento avvenuto, è necessario inquadrare i confini e le caratteristiche che avevano disegnato la teoria marshalliana sulla cittadinanza. La teoria sociologica classica sulla cittadinanza: pregi e limiti dell'elaborazione di T. H. Marshall La riflessione sociologica sul tema della cittadinanza è debitrice verso il lavoro seminale di Thomas Humphrey Marshall, sviluppato a partire dalla famosa Marshall Lecture tenuta presso l'università di Cambridge nel 1949. La schematizzazione proposta in quell'occasione, con la formulazione di un profilo della cittadinanza articolato attorno all'individuazione di tre classi di diritti (civili, politici e sociali), mantiene una straordinaria capacità analitica. È questa la parte più significativa della lezione marshalliana, quella che possiamo etichettare come la dimensione giuridica della cittadinanza, sulla quale la critica si è giustamente soffermata. Ma c'è anche un altro aspetto dell'enunciazione teorica marshalliana, egualmente significativo, al quale non è stata riservata altrettanta enfasi. Si tratta di quella che possiamo definire come la dimensione sociologica della cittadinanza, alla quale la letteratura secondaria non ha conferito pari attenzione. Questa dimensione, relativa alla questione della cittadinanza come membership di identità e appartenenza, viene esposta in quella che è la sofferta enunciazione che lo stesso T. H. Marshall effettuò nel corso della lecture: (... )deve esistere una forma di uguaglianza umana fondamentale connessa con il concetto di piena appartenenza ad una comunità (o, come direi io, della cittadinanza) che 245 non contrasta con le disuguaglianze che distinguono i diversi livelli economici della società. In altre parole, la disuguaglianza del sistema delle classi sociali può essere accettabile nella misura in cui viene riconosciuta l 'uguaglianza della cittadinanza. Abbiamo parlato di "sofferta enunciazione" per il fatto che la stessa formula scelta nella stesura, con la sua artificiosità, è il riflesso di un imbarazzo provato dall'autore nello scegliere una terza via ante litteram fra il primato del mercato e quello dell'economia pianificata nella definizione della membership di cittadino. Il tutto, nel momento in cui il periodo di collaborazione post-bellico fra le due superpotenze mondiale si chiudeva, e l'avvio della fase di "guerra fredda" richiedeva agli intellettuali accademici prima che a altre classi di attori sociali di schierarsi esplicitamente con l'una o l'altra delle parti in causa. In questo senso, la teoria marshalliana della cittadinanza è schiettamente socialdemocratica, nel suo collocarsi in una posizione intermedia fra l'accettazione della struttura di disuguaglianze sociali esistente e il rifiuto dell'assoluta libertà del mercato come istituzione sociale: È ancora vero che l 'uguaglianza di fondo, una volta arricchita di sostanza e incor- porata nei diritti formali della cittadinanza, si concilia con le disuguaglianze di classe? La mia ipotesi è che la nostra società parte dali' assunto della compatibilità delle due cose, tanto più che è proprio la cittadinanza che è divenuta, sotto certi profili, l'architetto della disuguaglianza sociale legittima. È ancora vero che l'uguaglianza di fondo può essere creata e conservata senza invadere la libertà del mercato concorrenziale? È ovvio che no. Il nostro sistema moderno è francamente un sistema socialista, non un sistema i cui artefici siano inclini( ... ) a distinguerlo dal socialismo. Il carattere tortuoso dell'enunciazione su cosa sia la cittadinanza non si esaurisce con la questione della mediazione fra sfera dello stato e sfera del mercato nella definizione della membership. Il suo vero nucleo problematico, rimasto inapprezzato a causa della maggiore attenzione riservata alla tipologia dei diritti (dimensione giuridica della membership ), riguarda la questione della "piena appartenenza a una comunità"; che va letta come appartenenza a uno stato-nazione, la più complessa fra le forme di membership cui si accede per jus sanguinis o per jus soli. Dalla composizione fra disuguaglianze legittime e classi di diritti che ne ammortizzano le conseguenze si ha una "forma di uguaglianza fondamentale" declinata a partire dalla "piena appartenenza" a una "comunità" che coincide con lo stato-nazione. Dunque, quella marshalliana è un'architettura concettuale che ha la sua premessa principale nell'appartenenza a uno stato-nazione, come requisito per l'erogazione di quella particolare membership chiamata "cittadinanza"; consistente a sua volta in un complesso di diritti adeguati a disinnescare gli effetti negativi delle diseguaglianze cristallizzate all'interno di una società nazionale. Si ha dunque in Marshall una piena coincidenza fra cittadinanza e nazionalità nella definizione della membership di cittadino. L'elemento appena messo in evidenza non è affatto secondario, per cogliere la specificità della proposta teorica marshalliana, e comprendere quanto essa sia attuale e quanto, viceversa, essa abbia bisogno di essere innovata. Come accennato, la questione della "piena appartenenza alla comunità", cui è connessa la "forma di uguaglianza fondamentale" da cui scaturisce la cittadinanza, è inesplicitata nella teoria marshalliana e nella letteratura secondaria. Quando T. H. Marshall la elaborava, e la definiva analiticamente costruendo un impianto interpretativo che ne avrebbe fatto la fortuna, egli si poneva al cospetto di sistemi sociali altamente omogenei dal punto di vista nazionale, culturale, etnico e razziale. Non è dunque possibile rimproverargli di essere stato uomo del suo tempo, e di non essere stato capace di prevedere che 246 il vero nucleo problematico della questione sarebbe diventato non già quello che riguarda la definizione delle classi di diritti e la loro erogazione, ma la questione della "piena appartenenza alla comunità" e la sottesa "forma di uguaglianza fondamentale". Né la gran parte della critica più illustre ha saputo tratteggiarlo efficacemente. Dahrendorf (1963) e Giddens (1983) si sono soffermati sulla sottovalutazione che Marshall ha fatto del conflitto di classe come strumento del mutamento sociale e di conquista dei diritti di cittadinanza; Therborn (1977) si è dedicato alla contestazione dell'impianto teorico-analitico marshalliano, sostenendo che i soli diritti strategici per l'acquisizione del profilo di piena cittadinanza sono quelli che Marshall etichetta come politici; Barbalet (1988) sottolinea l'improprietà del considerare i diritti sociali al pari di quelli civili e politici (cosa che, a dire il vero, lo stesso Marshall non fa, asserendo che i diritti di terza generazione sono cosa diversa da quelli di prima e seconda). Soltanto Held (1995) ha provato a introdurre una riflessione sulla membership di cittadino, e sul suo carattere determinato a partire dalla figura dello stato-nazione, in coincidenza con il mutamento determinato dai processi di globalizzazione. Per trovare una diversa sensibilità sul tema bisogna giungere alle teorie sulla cittadinanza dei tardi anni '90. Riprendendo un'efficace critica di Delanty (2000), il modo più corretto per rendere attuale la teoria marshalliana sarebbe quello che porterebbe a separare definitivamente la cittadinanza dalla nazionalità. Si tratta infatti di due attributi dell' attore sociale che sempre più vedono divaricare il loro corso nella costruzione dei profili di membership. Ciò che comporta la moltiplicazione e frammentazione di questi ultimi, e la loro sempre più ardua definizione. Il nuovo profilo della cittadinanza: l'esplosione del profilo marshalliano I processi di mutamento nel profilo della cittadinanza hanno esercitato la maggiore pressione proprio sul fattore appena indicato: il rapporto fra il profilo stesso di cittadinanza e quello che possiamo definire conte il principio di nazionalità. Quest'ultimo, secondo una definizione estremamente semplificata, va definito come la formula che regola l' appartenenza di un attore a uno state-nazione, in termini di fedeltà, diritti e doveri. L'éra della coincidenza fra cittadinanza e nazionalità è caratterizzata da una formula della membership di cittadino in base alla quale 1e tre classi di diritti individuate da T.H. Marshall si configuravano in vario modo, ma sempre sotto l'egida dell'appartenenza del cittadino a uno stato-nazione. È questa la formula della pien'a cittadinanza (appartenenza nazionale+ 3 classi di diritti); rispetto a essa, tutte le altre formule vanno etichettate come cittadinanza parziale o incompleta. E già la qualificazione di incompletezza sottintende una propensione verso la piena cittadinanza, come formula da raggiungere. La frattura tra cittadinanza e nazionalità indica una condizione nella quale è il profilo stesso della piena membership di cittadino a frantumarsi. Per meglio intendere il senso di questo processo, torna utile una composizione analitica del profilo della cittadinanza, proposta da Zolo (1994). Secondo questa opzione, la membership di cittadino va divisa in tre elementi: identità, appartenenza e diritti. L'identità è ciò che l'attore sociale sente di essere, a partire dai gruppi più o meno estesi coi quali si identifica; l' appartenenza è il gruppo variamente inteso per dimensione e strutturazione istituzionale a cui egli deve fedeltà; i diritti sono costituiti dall'insieme di prestazioni, libertà, vincoli e obblighi di cui egli è portatore. La sociologia marshalliana si è occupata soltanto di quest'ultimo elemento, dando per sottintesi gli altri due. I quali venivano assorbiti dal principio di nazionalità. Il profilo contemporaneo della cittadinanza è dato da una perdita di articolazione fra 247 gli elementi dell'identità, dell'appartenenza e dei diritti, e dalla loro netta separazione rispetto all'elemento della nazionalità. Il modello di cittadinanza che ne deriva ha carattere segmentario e caleidoscopico, spesso sganciato dalle fedeltà comportate dal principio di nazionalità. I modelli attuali di cittadinanza sono caleidoscopici nel senso che si risolvono in una vasta serie di combinazioni fra le tre classi di diritti - ciascuna delle quali, a sua volta, può essere diversamente calibrata-, a comporre profili distinti fra loro; inoltre, sono segmentari nel senso che essi possono risolversi nella concezione di singole classi di diritti, nella realizzazione di formule lontanissime da quella della piena cittadinanza (Magnier e Russo, 2002). Quest'ultima rischia sempre più di diventare l'eccezione, anziché la regola, nella costruzione dei profili di membership. Diritti civili Si tratta della classe di diritti cui appartengono le libertà inalienabili della persona, quelle che negli stati liberali vengono costituzionalizzati e dati per acquisiti in via definitiva. Nella visione marshalliana della cittadinanza, questa classe dei diritti giunge per prima, e prepara il terreno allo sviluppo dei diritti politici e sociali. Nella realtà dei fatti, i percorsi di realizzazione della membership di cittadino non sempre corrispondono al disegno genetico elaborato da Marshall. Nei sistemi sociali diretti da governi autocratici o dittatoriali, è molto probabile che una gamma molto sviluppata di diritti sociali colmi il vuoto di diritti civili, e che questi ultimi siano oggetto di strenue battaglie condotte da minoranze intellettuali illuminate e da corpi sociali collettivi orientati a instaurare forme di dialettica democratica. Nel complesso, l'idea che si è affermata riguardo alla natura dei diritti civili riguarda il fatto che essi o sono affermati e costituzionalizzati, e perciò cessano di essere causa del contendere, o sono negati all'interno di sistemi politici che si allontanano dagli standard dello stato liberale di diritto, e perciò vanno iscritti nell'agenda della tutela dei diritti umani. La realtà recente, purtroppo, racconta che tale visione dualistica sui diritti di libertà della persona andrebbe sostanziosamente corretta. Le conseguenze degli attentati dell' 11 settembre 200 l e il timore del terrorismo hanno provocato una situazione nella quale le libertà della persona sono state barattate (spesso senza negoziato alcuno coi cittadini) con le esigenze di sicurezza. Elementari diritti della persona, sono stati fortemente rimessi in discussione, indipendentemente dal proprio status di cittadino. Un esempio di ciò è dato dall'abbattimento delle frontiere per la circolazione dei cittadini dell'Unione Europea. Esso ha costituito un allargamento del diritto di libera circolazione nel territorio dell'entità politico-istituzionale di cui i cittadini dei paesi in questione sono membri (l'Ue, al di sopra degli stati). Ma l'ingresso di lO nuovi stati-membri a partire dal l o maggio 2004 ha determinato una limitazione, variamente regolata da trattati bilaterali, alla libera circolazione dei nuovi cittadini europei: ciò che, a tutti gli effetti, costituisce una forma di cittadinanza comunitaria di serie B, determinata a partire dal mancato pieno godimento di un diritto civile, e dalla distinzione fra cittadini nonostante una membership formalmente identica. Diritti politici La classe dei diritti politici trova la sua compiuta espressione nella concessione di sovranità, attraverso le varie forme di rappresentanza politica su base nazionale e infranazionale. Tali forme, in seguito alla denazionalizzazione di quote sempre più elevate di sovranità e facoltà di decisione, in favore di organi istituzionali e extra-istituzionali di 248 matrice non statale (Unione Europea, Fondo Monetario Internazionale, patti sopranazionali per l'istituzione di aree di libero scambio), vengono a essere ampiamente depotenziate nella loro possibilità di regolare a fondo i processi politico-economici che si svolgono all'interno del territorio nazionale. Questo nuovo quadro di riferimento sui processi di decisione politica, unito all'impatto che i processi di globalizzazione hanno avuto sulle opinioni pubbliche nazionali, ha fatto sì che, allo stato delle cose, la classe dei diritti politici sia quella più evanescente e meno presidiata. Le esigenze di controllo e esercizio di sovranità si scontrano con i limiti delle stesse: le quali sono state pensate a misura della loro collocazione nelle strutture politico-istituzionali dello stato-nazione. La spinta verso l'esercizio di sovranità oltre i margini del principio di nazionalità ha dunque necessità di misurarsi con l'approntamento di forme di rappresentanza e articolazione della domanda politica su scala sovranazionale che fin qui sono state soltanto abbozzate. Di fatto, si assiste a un progressivo svuotamento dei diritti politici, lasciati come tare all'interno delle forme della rappresentanza nazionale, senza che esse abbiano visto sperimentare serie alternative. Diritti sociali In questa categoria rientra una serie di diritti che lo stesso Marshall indicò come portatori di una natura diversa rispetto a quelli che compongono le due classi precedenti. Essi, infatti, si presentano come una forma diversa di realizzazione dell'attore sociale in quanto membro dellaforma di uguaglianzafondamentale connessa all'appartenenza alla comunità. Mentre i diritti civili e politici sono delle facoltà, nel caso dei diritti sociali siamo in presenza di prestazioni e assicurazioni erogate al cittadino per evitare che la pienezza della sua membership venga impoverita. I diritti sociali costituiscono quel segmento di cittadinanza che più esplicitamente è stato messo sotto scacco dall'ondata neo-liberista degli anni '80. Le politiche di deregulation, orientate dall'imperativo di ricacciare indietro lo stato (to roll back the state) dalle varie sfere d'intervento nella società civile, e di assegnare o restituire all'influenza del mercato ambiti operativi storicamente di pertinenza pressoché esclusiva degli attori pubblici, ha avuto come immediata conseguenza il taglio drastico dei servizi alla persona, e la loro aziendalizzazione secondo criteri di economicità. Il risultato è stato quello di ridurre drasticamente la gamma delle tutele disponibili ai cittadini più svantaggiati. A tutti gli effetti, la classe di diritti che per l'intero dopoguerra è stata identificata come il vero cuore della membership di cittadino è stata quella che più direttamente ha subìto gli attacchi tesi a destrutturare la cittadinanza e ridisegnarla secondo modelli plurali. Diritti di nuova generazione, diritti ricollocati e cittadinanza per skill Come ampiamente sostenuto, tutti i mutamenti fin qui descritti, aventi come oggetti le tre classi di diritti individuate da T. H. Marshall come componenti del profilo della cittadinanza moderna, si sono realizzati come conseguenza dei processi di post-nazionalizzazione, soltanto in parte connessi alla globalizzazione. Di fatto, la composizione delle società interne agli stati-nazione procede verso una crescente eterogeneità; ciò che rende estremamente più complessa l'attribuzione dell'identità e dell'appartenenza. Un attore sociale individuale può agevolmente cambiare appartenenza nazionale, senza dismettere un senso identi tario che lo lega al paese e alla cultura d'origine. In questo contesto, il cambiamento dei profili complessivi e delle singole classi di diritti si associa al sorgere di diritti di nuova generazione. Tracciato questo quadro delle condizioni, sono almeno tre 249 i problemi da affrontare per esperire una più compiuta riflessione sui nuovi profili della cittadinanza. Un primo punto riguarda l'affermazione di almeno una nuova classe di diritti, cui si è già fatto cenno: quella dei diritti culturali. Essa sorge come conseguenza della crescente pluralizzazione e differenziazione culturale all'interno dei sistemi sociali fatti oggetto di elevati impatti migratori. Una politica del riconoscimento identitaria calibrato riservata ai gruppi di migranti si presenta come un'esigenza da fronteggiare con la massima attenzione. Con questo problema teorico si misurò Talcott Parsons nell'ultima fase del suo percorso teorico, elaborando il tema della comunità societaria (Parsons 1966, 1971). Percepito il fatto che la crescente differenziazione dei sistemi sociali occidentali (e in special modo di quello statunitense, che egli osservava quotidianamente) avveniva non soltanto in termini funzionali, ma anche in termini culturali, egli si pose il problema di come il sistema sociale potesse governare tale differenziazione; la quale, rivolgendosi alla sfera delle norme e dei valori, poteva avere effetti dis-integrativi per l'equilibrio del sistema. La riflessione, purtroppo, rimase incompiuta, unitamente all'opera alla quale il sociologo americano stava lavorando nei giorni in cui morì: The American Societal Community. Il secondo aspetto, in buona parte conseguente ai processi di pluralizzazione e differenziazione culturale, è relativo alla ricollocazione di singoli diritti da una classe marshalliana all'altra. Un esempio tipico è quello che riguarda il diritto di libertà religiosa. All'interno del profilo marshalliano della cittadinanza, nel quale non si registrava una separazione fra cittadinanza e nazionalità e la composizione etna-culturale dei sistemi sociali era generalmente omogenea, esso era un diritto civile. All'interno degli attuali sistemi sociali altamente differenziati e caratterizzati dalla diffusione di profilo post-nazionali della cittadinanza, esso si trasforma spesso in un diritto culturale (come richiesta di riconoscimento dell'attore sociale in quanto membro di un gruppo altro), se non addirittura in un diritto politico (inteso come fonte di rivendicazione e mobilitazione strutturata per azioni di lobbiyng e raggiungimento di fini specifici). Il terzo aspetto, più complesso da spiegare, è quello che riguarda la formula della cittadinanza per skill. Si tratta di una variante sul tema al cui affinamento teorico siamo giunti attraverso l'analisi dei processi migra tori interni al mondo dello sport, e alle conseguenze che essi hanno sul profilo di cittadinanza sportiva (Russo, 2004 a, 2004 b). L'idea di fondo è che i vari profili di cittadinanza siano sempre più spesso oggetto di negoziazione fra attori sociali individuali e collettivi e gli stati erogatori dei profili di cittadinanza, secondo criteri tipici della transazione di mercato. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI BARBALET J. (1988) Citizenship, London, Open University Press (trad. it. Cittadinanza, Padova, Liviana, 1992). DELANTY R. (2000) Citizenship in a Global Age, Buckingham, Open University Press, 2000. FEDELE M. (1994) Democra1.ia Referendaria, Roma, Donzelli. GIDDENS A. (1983) La Società Europea negli Anni Ottanta: Divisioni di Classe, Conflitto di Classe e Diritti di Cittadinanza, in AA. VV., Le Società Complesse, Bologna, Il Mulino. HELD D. 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