1.1 Quadro e finalità del progetto ArAl Progetto ArAl Percorsi nell’aritmetica per favorire il pensiero pre-algebrico Quadro di riferimento teorico 1. La situazione 1.1. Premessa La letteratura internazionale nel campo delle ricerche sull'apprendimento della matematica e in particolare sull’apprendimento dell’algebra e sulle difficoltà ad esso connesse - a livelli di età differenti, dagli inizi sino all'università - evidenzia la diffusione della crisi dell'insegnamento tradizionale di questa disciplina. Le ragioni individuate sono di tipo molto diverso: • Cognitivo: il salto “in sé” difficile verso la generalizzazione e il pensiero simbolico; • Psicologico: l’algebra intimorisce studenti frustrati da un rapporto già difficile con l’aritmetica; • Sociale: le famiglie, e più in generale l’ambiente, trasmettono consciamente o inconsciamente ai figli atteggiamenti definibili come ‘matematofobici’; come ricorda Cesare Cornoldi (Cornoldi, 1995), un’idea spesso associata alla matematica è che questa investa abilità intellettive centrali (l’insuccesso appare più definitivo e irreversibile che quello in altre materie) e pare accertato che le attribuzioni dei genitori in questo senso vengano trasmesse ai figli (come sente ripetere d’altro canto ogni insegnante nei colloqui con le famiglie); • Pedagogico: gli studenti sembrano sempre meno educabili, perché meno motivati verso lo studio soprattutto quando – come nel caso dell’algebra – vengono richieste prestazioni di ordine superiore; • Didattico: gli insegnanti della scuola media italiana – livello scolastico al quale tradizionalmente si comincia ad insegnare l’algebra – non possiedono in genere una formazione matematica e quindi riproducono sostanzialmente convinzioni, metodi, scansioni, stereotipi appartenenti all’algebra appresa ai tempi della loro scuola superiore. Certamente ognuna di queste ragioni contiene una frazione di verità e può interferire negativamente con lo studio dell’algebra; la nostra prospettiva ne tiene conto, ma fa riferimento ad un quadro di partenza profondamente diverso che cominciamo ora ad illustrare. 1.2. Ipotesi sul futuro dell’insegnamento e dell’apprendimento dell’algebra Nel dicembre 2001 si svolge a Melbourne il 12° ICMI STUDY (International Committee for Mathematical Innovation), uno degli incontri più importanti sull’educazione matematica. È altamente significativo il tema scelto dal comitato : The future of the Teaching and Learning of Algebra (Il futuro dell’insegnamento e dell’apprendimento dell’algebra). Vale la pena riflettere su alcune delle questioni nodali attorno alle quali si sono sviluppati i lavori del convegno. L’algebra, in quanto linguaggio proprio di una matematica alta, può essere allo stesso tempo, per una parte degli studenti, un ponte verso gli studi successivi e, per molti altri, un 1 1.1 Quadro e finalità del progetto ArAl muro. Da questa premessa discendono questioni cruciali: l’algebra può essere resa più accessibile modificando la quantità o le difficoltà di ciò che viene insegnato? (molti paesi stanno sforzandosi di operare in questa direzione, sperando di migliorare l’atteggiamento di fondo degli studenti e i loro risultati). L’algebra è davvero così utile alla maggioranza delle persone? Se così fosse oggi, continuerà ad esserlo nel futuro? Un curriculum in campo algebrico è oggi del tutto differente da quello di solo qualche anno fa, anche per la comparsa di tecnologie che stanno completamente modificando il concetto stesso di utilità dei saperi matematici e stanno inducendo dei cambiamenti su ciò che verrà insegnato. Negli ultimi vent’anni ha cominciato a delinearsi in questo senso un sostanzioso corpo di ricerche che potrà fare da base per le ipotesi sul rinnovamento dei curricoli. Allora: perché l’algebra? Le risposte principali rappresentano tre punti di vista: perché permette l’accesso a conoscenze scientifico-tecnologiche di base in crescenti campi di impiego, rappresenta un’eredità culturale, contribuisce a formare cittadini dotati di strumenti critici. Ma per molti è una barriera, e questo aspetto, per le sue implicazioni, non può essere sottovalutato: l’algebra dovrebbe essere insegnata a tutti? Quale algebra? Esiste una soglia minima accettabile di conoscenze algebriche? Come si può modificare il curriculum relativo all’algebra in modo che essa possa assumere un valore per coloro che la studiano? Possiamo individuare dei contesti significativi per gli studenti nei quali l’algebra possa assumere valori chiari, non ambigui? La ricerca degli ultimi vent’anni si è focalizzata su un grande numero di approcci possibili per sviluppare il significato degli oggetti e dei processi algebrici; fra i principali: il problem solving (si enfatizza il punto di vista dell’analisi dei problemi e dell’equazione), l’approccio funzionale (l’uso delle lettere per indicare la misura di grandezze e la codifica formale di relazioni fra grandezze), l’approccio alla generalizzazione (l’uso di espressioni per rappresentare patterns geometrici, sequenze numeriche, ‘regole’). Un ruolo determinante viene attribuito all’approccio linguistico e alle ricerche che affrontano gli sviluppi didattici che si possono prevedere partendo da una concezione dell’algebra come linguaggio. Questo ruolo diventa ancora più significativo se viene associato all’ipotesi di un avvio precoce all’educazione algebrica partendo da una rilettura didattica delle relazioni fra l’aritmetica e l’algebra. Molte ricerche documentano i modi nei quali una limitata esperienza degli studenti in campo aritmetico possa rappresentare un ostacolo per l’apprendimento dell’algebra. Si ritiene che l’approccio anticipato possa ridurre queste difficoltà. L’interesse verso un avvio precoce all’algebra è recente, e di conseguenza vi sono pochi studi in questo campo. Si stanno cominciando a formulare delle risposte a domande come: • quanto precoce può essere l’algebra precoce? • Quali sono i vantaggi e gli svantaggi per un inizio anticipato? • Come si collegano le risposte a queste domande alle teorie sullo sviluppo cognitivo e sull’apprendimento, e sulle tradizioni culturali ed educative dell’insegnamento dell’algebra? 2 1.1 Quadro e finalità del progetto ArAl • Quali aspetti dell’algebra e del pensiero algebrico dovrebbero far parte di un’educazione algebrica anticipata? • Un avvio precoce all’algebra, quali conseguenze può comportare per gli insegnanti e la loro formazione? Come si vedrà in seguito, quest’ultima domanda riassume uno degli aspetti cruciali relativi alla realizzabilità di esperienze didattiche innovative come quelle proposte nel progetto ArAl. 1.3. Intrecci fra aritmetica e algebra Il progetto ArAl si colloca dunque all’interno di quella cornice teorica che assume la denominazione di early algebra (avvio precoce al pensiero algebrico): in esso si sostiene che i principali ostacoli cognitivi si collochino in campo pre-algebrico, e che molti di essi nascano in modi insospettabili in contesti aritmetici e pongano in seguito ostacoli concettuali spesso insormontabili allo sviluppo del pensiero algebrico. Numerosi fra gli studi più recenti in campo internazionale sulla didattica dell’algebra mostrano come gli studenti difettino di appropriate strutture aritmetiche dalle quali generalizzare e come, senza la consapevolezza delle procedure in aritmetica e del modo in cui esse nascono, non possiedano una base concettuale sulla quale costruire le loro conoscenze algebriche. I problemi sul piano della didattica dell'algebra elementare si pongono pertanto al livello della costruzione (a) delle conoscenze aritmetiche di base; (b) delle conoscenze algebriche. Al primo livello (corrispondente grossomodo all’età fra i 6 e i 12 anni) non si tiene sufficiente conto del passaggio all'algebra; al secondo (il cui inizio avviene tradizionalmente attorno ai 13 anni) si tende a concentrare un'eccessiva attenzione sui processi di calcolo. Il risultato è che il pensiero algebrico non viene costruito progressivamente come strumento e oggetto di pensiero parallelamente all’aritmetica ma successivamente ad essa, e viene esaltato soprattutto nei meccanismi manipolativi e negli aspetti computazionali. Di conseguenza, l'algebra perde alcune delle sue caratteristiche essenziali: da un lato di linguaggio adatto a descrivere la realtà e dall'altro di potente strumento di ragionamento e di previsione attraverso la messa in formula di conoscenze (o di ipotesi) sui fenomeni (nel nostro caso elementari) e la derivazione di nuove conoscenze (mediante trasformazioni consentite dal formalismo algebrico) sui fenomeni stessi. Seguiamo ora una strada a ritroso. Iniziamo proponendo alcune riflessioni sulla didattica dell’algebra nella scuola media per risalire poi, lungo i rami di un immaginario albero genealogico, verso gli ‘antenati aritmetici’ dei concetti algebrici. 1.4. Modelli potenzialmente fuorvianti Ogni insegnante di matematica di scuola media, quando affronta l'algebra, si scontra con questioni come: in quali momenti (argomenti, temi, episodi, problemi, passaggi logici, ecc.) gli studenti incontrano maggiori difficoltà? Quali sono gli errori più frequenti? Quali attività possono influenzare/favorire/ostacolare l'apprendimento dell'algebra? Si tratta di questioni 3 1.1 Quadro e finalità del progetto ArAl essenziali per una valutazione non solo degli atteggiamenti degli studenti, ma anche di quelli degli stessi insegnanti. Esse fanno riferimento ad una questione molto più generale: Qual è l'algebra che io insegno? Come si è detto, l'insegnamento tradizionale dell'algebra è in crisi. Oltre alle ragioni elencate all’inizio si ritiene che due delle probabili cause di natura didattica e psicologica siano: • l'investimento di un tempo eccessivo nell'esercizio delle tecniche; • il mancato riconoscimento dei blocchi psicologici e cognitivi che impediscono l'accettazione del linguaggio algebrico da parte degli studenti. Di fronte a domande come: Perché così tanti studenti sbagliano nell'imparare il linguaggio formale dell'algebra? Perché le opinioni e le conoscenze sbagliate sono così resistenti al cambiamento?, esperienze condotte da ricercatori in ambito internazionale con alunni di 12-13 anni portano a ritenere che le nozioni di algebra elementare non siano necessariamente difficili in sé, piuttosto che i difetti si trovino nella pratica didattica che non tiene sufficientemente conto a) di una diffusa inadeguata comprensione dell'aritmetica, b) delle difficoltà di tipo linguistico connesse con l'apprendimento di un linguaggio formale. Sulle difficoltà linguistiche ritorneremo fra poco. Ci limitiamo qui a segnalare alcuni esempi di come pur legittimi modelli relativi alle operazioni acquisiti in ambito aritmetico possano risultare fuorvianti, oppure inibire, delle progressioni concettuali in ambiente algebrico: • alcune ricerche partono dalla considerazione che il modello della moltiplicazione come addizione ripetuta appreso alla scuola elementare implica che moltiplicando e moltiplicatore siano numeri interi, per esempio: l’alunno ‘vede’ ‘5 + 5 + 5 + 5’ come ‘5 x 4’, letto come ‘5 ripetuto 4 volte’. In seguito però, a livello algebrico, se la scrittura ‘3x’ viene riferita a quel modello, e quindi interpretata come ‘3 ripetuto x volte’, molti studenti possono perdere il controllo del significato di fronte a quel 3 ripetuto ‘quante volte?’ perché non riescono a ‘vedere’ il numero delle volte. Oppure: se lo studente è capace di interpretare ‘3x’ come ‘x + x + x’, cioè come ‘x ripetuto 3 volte’, il passaggio ad un moltiplicando non intero può costituire un passaggio logico ancora una volta di difficile comprensione: in ‘0,3x’ ripetere x per 0,3 volte non ha senso perché non può avere un confortante supporto concreto. • Pur sapendo dall’aritmetica che la moltiplicazione gode della proprietà commutativa, spesso lo studente vede moltiplicando e moltiplicatore come cose aventi uno status differente. Per esempio, in ambito algebrico: in ‘2y’ vede ‘2’ come un entità diversa da ‘y’ anche perché, se è in grado di cogliere in ‘2y’ la proprietà commutativa, e quindi l’equivalenza fra ‘due volte y’ e ‘y volte 2’, accade che se scrive ‘y2’, l'insegnante gli dice che ha sbagliato, e questo lo consolida nel misconcetto di quella che potremmo definire una diversità ontologica fra il numero e la lettera (naturalmente è di fondamentale importanza approfondire il concetto di convenzione). 1.5. Linguaggio naturale e linguaggio formale 4 1.1 Quadro e finalità del progetto ArAl Difficoltà come queste, sorte in ambito aritmetico influenzano poi una lunga catena di possibili errori nel momento in cui gli studenti affrontano la messa in equazione di una situazione problematica. Alcuni esempi: • tentano (come ogni traduttore ingenuo) una traduzione “letterale” del testo; • non conoscono oppure non usano le convenzioni della notazione algebrica; • interpretano i numeri come aggettivi, e le lettere come etichette o come abbreviazioni; • interpretano un'equazione come sequenza di istruzioni, nel quale caso l'‘=’ significa ‘dà luogo a’; • non sanno interpretare testi di problemi “a traduzione non sequenziale” vale a dire problemi nei quali l'ordine con cui i termini figurano nel testo non è quello adeguato alla loro elaborazione matematica; • non distinguono chiaramente somme, prodotti e potenze (ambiguità fra struttura additiva e moltiplicativa); • hanno idee confuse su rapporto e differenza. Si ipotizza inoltre che abitudini inconsce e processi cognitivi presenti nell'uso del linguaggio naturale possano entrare in conflitto con le procedure richieste da un linguaggio formale. Ad esempio: ‘y è tre volte più grande di z’ viene tradotto letteralmente in modo errato con ‘y = 3 x + z’ (‘tre volte più z’) oppure con ‘y = 3 x > z’ (‘tre volte maggiore di z’). In altre parole, si suppone che, senza una completa consapevolezza delle procedure in aritmetica e del modo in cui esse sono scritte, gli studenti possiedano una base concettuale troppo povera sulla quale costruire successivamente le conoscenze algebriche. Sembra opportuno però sottolineare come gli errori e le misconcezioni degli allievi spesso non siano né prese a cuor leggero né stupide, ma rappresentino il risultato di riflessioni e di tentativi ragionevoli per attribuire un senso ad espressioni matematiche altrimenti prive di significato. Alcuni potrebbero indicare ragionamenti, più che scorretti, interrotti, rappresentando così l'inizio di riflessioni potenzialmente produttive. 5 1.1 Quadro e finalità del progetto ArAl 2. Finalità del progetto 2.1. La costruzione collettiva di significati L’ultima considerazione sulla presenza di riflessioni potenzialmente produttive ci riporta a quanto abbiamo scritto in precedenza a proposito dell’avvio precoce all’algebra. Alunni giovani – forse soprattutto i più giovani, quelli dei primi anni della scuola elementare - spesso meno condizionati dagli errori o dagli stereotipi, più liberi, più propensi ad esprimere la loro creatività, più disponibili a mettersi in gioco – possono essere condotti a partecipare, all’interno della classe, alla costruzione collettiva di nuovi significati proprio attraverso l’esplicitazione di riflessioni, ipotesi interpretative, un uso anche ‘sporco’ dei linguaggi, aspetti molto spesso destinati a rimanere confinati nel limbo di un sofferto non detto, e a dare origine ad errori e misconcetti destinati a gravare pesantemente sul rapporto dello studente con la matematica e, più in generale, con la scuola. Sul piano linguistico, alcune fra le difficoltà principali che gli alunni più giovani devono comunque affrontare quando incontrano l’algebra sono rappresentate dal dover comprendere: i) perché si usa un linguaggio simbolico; ii) a quali vincoli deve sottostare un linguaggio simbolico; iii) la differenza fra risolvere e rappresentare una situazione problematica. La prospettiva di iniziare gli allievi all’algebra come linguaggio, in un andirivieni continuo con il pensiero dall’aritmetica, può favorire l’individuazione di una didattica più efficace con alunni fra i sei e i quattordici anni che si fondi sulla negoziazione e quindi sull'esplicitazione di un contratto didattico per la soluzione dei problemi algebrici basato sul principio “prima rappresenta, poi risolvi”. Tale prospettiva (sulla quale torneremo fra breve in modo più approfondito) sembra molto promettente per affrontare uno dei nodi più importanti nel campo concettuale dell'algebra: la trasposizione in termini di rappresentazione dal linguaggio naturale nel quale sono formulati o descritti i problemi a quello algebrico-formale in cui si traducono le relazioni che essi contengono. In questo modo la ricerca della soluzione viene trasferita alla fase successiva. Ma prima di affrontare la dualità rappresentare/risolvere, ci concentriamo su un punto fondamentale del quadro teorico al quale fa riferimento il progetto ArAl. 2.2. Il balbettio algebrico Riteniamo che vi sia una forte analogia fra le modalità dell’apprendimento del linguaggio naturale e quelle del linguaggio algebrico; per spiegare questo punto di vista ricorriamo alla metafora del balbettio. Il bambino, nell’apprendimento del linguaggio, si appropria poco alla volta dei suoi significati e delle regole che lo supportano, che sviluppa gradualmente attraverso imitazioni e aggiustamenti sino agli approfondimenti dell’età scolare, quando imparerà a leggere e a riflettere sugli aspetti grammaticali e sintattici della lingua. Nella didattica tradizionale del linguaggio algebrico si comincia invece privilegiando lo studio delle regole, come se la manipolazione formale fosse precedente alla comprensione dei significati. Si tende quindi ad insegnare la sintassi dell’algebra trascurando la sua semantica. I modelli mentali 6 1.1 Quadro e finalità del progetto ArAl propri del pensiero algebrico dovrebbero essere costruiti invece attraverso quelle che chiamiamo forme iniziali di balbettio algebrico. La nostra ipotesi è che i modelli mentali propri del pensiero algebrico debbano essere costruiti sin dai primi anni della scuola elementare - nei quali il bambino comincia ad avvicinarsi al pensiero aritmetico - insegnandogli a pensare l’aritmetica algebricamente; in altre parole, costruendo in lui il pensiero algebrico progressivamente come strumento e oggetto di pensiero, in un fitto intreccio con l’aritmetica. Partendo dai suoi significati, attraverso la costruzione di un ambiente che stimoli in modo informale l’elaborazione autonoma del balbettio algebrico e che assecondi quindi l’appropriazione sperimentale di un nuovo linguaggio nel quale le regole possano trovare la loro collocazione gradualmente, all’interno di un contratto didattico tollerante verso momenti iniziali sintatticamente ‘promiscui’. 2.3. Risolvere e rappresentare: prodotto e processo Queste considerazioni ci conducono ad un aspetto delicato della costruzione da parte degli alunni delle loro idee sulla matematica, idee che concorrono a formare quella che Schoenfeld chiama l’epistemologia dell’alunno. Ci riferiamo a quelle convinzioni che egli elabora dentro di sé e che lo conducono a ritenere che la soluzione di una situazione problematica (una semplice addizione per un bambino di seconda elementare o un problema più complesso per un alunno un po’ più grande) sia essenzialmente – o esclusivamente -: la ricerca di un risultato. Questo naturalmente comporta che l’attenzione sia concentrata su ciò che è in grado di produrre tale risultato, e cioè l’operazione. Risolvere problemi significa, in buona sostanza, fare calcoli. L’alunno dovrebbe invece essere accompagnato ad imparare ad allontanare da sé la preoccupazione del risultato, e quindi della ricerca delle operazioni che consentono di ottenerlo, e raggiungere un livello superiore di pensiero: sostituire al calcolare il “guardarsi” mentre si sta calcolando. È il passaggio dal livello cognitivo a quello metacognitivo in cui il risolutore interpreta la struttura del problema. Questo ragionamento lo possiamo applicare all’algebra. Intuire, per esempio, la regolarità in una successione numerica, significa scoprire una chiave di lettura algebrica del problema che si sta risolvendo. L’individuazione della struttura consente il passaggio alla scrittura algebrica, cioè alla sua rappresentazione in un linguaggio formalizzato. L’algebra diviene così un linguaggio per descrivere la realtà, e non solo: ne amplifica la comprensione. Un processo di questo tipo avviene molto lentamente, per progressioni successive, attraverso un intersecarsi di continuità e di fratture fra un livello e l’altro della conoscenza. La didattica tradizionale dell’aritmetica tende invece a favorire nell’alunno un abito mentale teso alla ricerca immediata degli strumenti (le operazioni) per l’individuazione della risposta (il risultato); questo ricorda le finalità alle quali tende inizialmente il bambino, quando si serve del linguaggio per veder soddisfatti i suoi bisogni primari (fame, sonno, piacere, …). Un piccolissimo esempio significativo: l’atteggiamento del quale stiamo parlando viene indotto quasi certamente anche dalla formulazione di consegne standard in problemi come questo: Su un ramo ci sono 13 corvi; su un altro ce ne sono 6. 7 1.1 Quadro e finalità del progetto ArAl Calcola il numero totale dei corvi. Col tempo, il bambino impara che il linguaggio verbale assolve anche a funzioni molto più ricche e diversificate rispetto all’iniziale soluzione dei bisogni; impara per esempio a descrivere la realtà, penetrando tra le infinite complessità e le contraddizioni delle sue strutture. Imparando, contemporaneamente, a conoscere se stesso, e quindi il funzionamento del suo pensiero. Qualcosa di analogo dovrebbe accadere con l’aritmetica e l’algebra. Lo sviluppo del pensiero aritmetico, caratterizzato da operazioni su numeri noti, può provocare nell’alunno il formarsi di stereotipi alla lunga impossibili da estirpare, a causa dei quali lo studente si ingabbia nella ricerca ossessiva del risultato numerico (il bisogno primario), impedendosi con ciò l’esplorazione di percorsi mentali diversi infinitamente più fruttuosi e stimolanti per la formazione di un pur embrionale pensiero algebrico (l’interpretazione e la descrizione della realtà attraverso il linguaggio matematico). Con questo obiettivo la consegna del problema precedente andrebbe riformulata consentendo anche in bambini molto piccoli delle riflessioni riguardanti il se stesso che calcola (con, in più, l’attivazione di competenze argomentative tutt’altro che banali): Su un ramo ci sono 13 corvi; su un altro ce ne sono 6. Spiega come fai a trovare il numero totale dei corvi e poi calcolalo. Possiamo dire che la prima consegna punta all’individuazione del prodotto, cioè delle operazioni che consentono di risolvere il problema, la seconda all’individuazione del processo, cioè delle scritture che consentono di rappresentare una manifestazione articolata del pensiero. Nel primo caso prevale l’aspetto diacronico: i processi mentali del calcolo si svolgono sequenzialmente nel tempo e la soluzione emerge alla fine di un’azione. Nel secondo invece la dimensione temporale scompare: l’autore si astrae dal fare e si pone nella dimensione concettuale dell’individuazione della struttura dell’algoritmo che ha usato. Questo è un concetto basilare per comprendere il passaggio da un modo di pensare aritmetico ad un modo di pensare algebrico. È molto delicato perché si collega ad uno fra gli aspetti più importanti del gap epistemologico fra l'aritmetica e l'algebra concernente i contratti espliciti e impliciti soggiacenti le due procedure: mentre l'aritmetica comporta un'immediata ricerca della soluzione, l'algebra, al contrario, pospone la ricerca della soluzione e comincia con una trasposizione formale dal dominio del linguaggio naturale ad uno specifico sistema di rappresentazione. Secondo il nostro punto di vista, come si è già avuto occasione di sottolineare, la prospettiva che vede l’algebra come linguaggio può dunque favorire l’individuazione di una didattica più efficace con alunni fra i sette e i quattordici anni che si fondi sulla negoziazione e quindi sull'esplicitazione di un contratto didattico per la soluzione dei problemi algebrici basato sul principio “prima rappresenta, poi risolvi”. Tale prospettiva sembra molto 8 1.1 Quadro e finalità del progetto ArAl promettente per affrontare uno dei nodi più importanti nel campo concettuale dell'algebra: la trasposizione in termini di rappresentazione dal linguaggio naturale nel quale sono formulati o descritti i problemi a quello algebrico-formale in cui si traducono le relazioni che essi contengono e successivamente la loro soluzione. Si ritiene quindi non solo che siano necessarie modifiche profonde nell’insegnamento dell'algebra al livello di età degli alunni della scuola media inferiore, ma che sia anche opportuno anticipare alla scuola elementare l'approccio a tali problemi cominciando dall'individuazione delle concezioni didattiche più produttive per favorire il passaggio dal pensiero aritmetico a quello algebrico. Vediamo alcuni esempi di quanto stiamo dicendo. 2.4. Esempi 2.4.1. Diverse rappresentazioni di un numero Tra le infinite rappresentazioni di un numero, quella canonica è – per ragioni ovvie – la più ‘gettonata’. Pensare un numero significa, per chiunque, pensare alla sua cardinalità. Questa ragionevole ovvietà rischia però di consolidare uno stereotipo e di porre quindi delle barriere all’espansione del pensiero matematico nel passaggio dall’aritmetica all’algebra. La rappresentazione canonica è opaca di significati, nel senso che all’alunno dice poco di sé. Per esempio: la scrittura ‘12’ suggerisce un generico ‘numero di cose’, tutt’al più l’idea di ‘parità’. Altre rappresentazioni – adeguate alle età – possono ampliare il campo delle informazioni: ‘3 × 4’ evidenzia che si tratta di un multiplo sia di 3 che di 4; ‘22 × 3’, che è anche un multiplo di 2; ‘2 × 2 × 3’ conduce ‘‘2 × 6’ e quindi al multiplo di 6; 36/3 o 60/5 che è sottomultiplo di altri numeri, inserito sotto radice nella forma √22 × 3 aiuta a passare a 2√3, e così via. Possiamo dire che ognuna delle possibili connotazioni di un numero aggiunge informazioni utili per un approfondimento della sua conoscenza come avviene per le persone: Giancarlo, il papà di Alice, il marito di Cosetta, il professore di matematica, l’autore di questo articolo, l’amico di Francesco, the Italian speaker, e così via rappresentano uno stesso soggetto da più punti di vista ampliandone la conoscenza rispetto al ‘canonico’ “Giancarlo Navarra”. Vedremo in seguito in un esempio concreto come abituare gli alunni a concepire come ‘numero’ non solo ‘12’ ma anche ‘9 + 3’ o ‘22 × 3’ sia un passaggio importante verso la soluzione di certe famiglie di problemi e la comprensione di scritture come ‘a + b’ o ‘x2y’. 9 1.1 Quadro e finalità del progetto ArAl 2.4.2. L’uguale Nell’insegnamento dell’aritmetica alla scuola elementare l’uguale esprime essenzialmente il significato di operatore direzionale. 4 + 6 = 10 per l’alunno significa: sommo 4 e 6 e trovo 10. Questa concezione è dominante per i primi sette, otto anni di scuola durante i quali l’uguale possiede una connotazione dominante spazio temporale: prepara la conclusione di una storia che va letta da sinistra verso destra (si eseguono sequenzialmente delle operazioni) sino alla sua conclusione (e infine si ottiene un risultato). Poi, tradizionalmente in terza media, l’alunno incontra l’algebra, e l’uguale improvvisamente assume un significato del tutto diverso: indica l’equivalenza fra due quantità. In una scrittura come ‘8 + x = 2x – 5’ esso assume un significato relazionale, e contiene un’idea di simmetria fra due scritture. Lo studente deve improvvisamente muoversi (spesso senza che nessuno lo abbia “avvertito” di questo ampliamento di significati) in un universo concettuale del tutto differente, nel quale è necessario andare oltre la familiare connotazione spazio temporale. Ma se la concezione dello studente è che ‘il numero dopo l’uguale è il risultato’ è probabile che per lui una scrittura come ’11 = n’ significhi ben poco, anche se magari sa risolvere l’equazione di primo grado che conduce ad essa. 2.4.3. Le proprietà delle operazioni In genere, nella normale didattica della matematica nella scuola primaria e in quella secondaria le proprietà delle operazioni vengono relegate all’interno di una nicchia standardizzata e poco significativa. La proprietà commutativa e quella associativa vengono apprese dall’alunno in modo intuitivo, rimangono come sinonimi stereotipati di ‘cambiare’ e ‘mettere assieme’. L’osso duro è rappresentato dalla proprietà distributiva, difficile alla scuola elementare ma di uso frequentissimo in algebra, dove spesso però non viene presentata in quanto tale, ma come qualcosa di completamente nuovo anche nel nome: estrazione o raccoglimento a fattor comune. Vedremo ora come questi e altri nodi dell’aritmetica e dell’algebra così fittamente intrecciati possano essere affrontati nella prospettiva di un approccio linguistico alla didattica della matematica. 2.5. La matematica come linguaggio Abbiamo parlato in precedenza della necessità di individuare le concezioni didattiche più produttive per favorire il passaggio dal pensiero aritmetico a quello algebrico; fra le prime, riteniamo che vi siano quelle legate alle relazioni fra il linguaggio naturale e quello matematico, ben sapendo quanto sia stretto il rapporto tra la capacità di esprimere correttamente una proposizione nel linguaggio naturale e quella di formularla in linguaggio algebrico. Si può affermare che le prime difficoltà nell’affrontare lo studio dell’aritmetica – e quello dell’algebra – sono di ordine linguistico: organizzare un discorso, coordinare frasi, descrivere oggetti e situazioni, dare definizioni, riconoscere enunciati, seguire un ragionamento, argomentare la soluzione di un problema. In altre parole, si dovrebbe favorire l’incontro con l’algebra come con un linguaggio che non solo consente di descrivere la realtà ma ne amplifica la comprensione. Questo processo dovrebbe avvenire molto lentamente, 10 1.1 Quadro e finalità del progetto ArAl attraverso un intersecarsi di continuità e di fratture fra un livello e l’altro della conoscenza matematica. 2.6. Sintassi e semantica Come ogni linguaggio, anche quello matematico possiede una sua grammatica, ossia un insieme di convenzioni che consente di costruire correttamente delle frasi (che talvolta può variare, anche se di poco: la didattica italiana usa separare le coordinate di un punto mediante una virgola, in altri paesi si preferisce il punto e virgola, per non creare confusione quando si usano coordinate decimali). Possiede una sintassi, che fornisce le condizioni – ossia le regole – per stabilire se una successione di elementi linguistici è ‘ben formata’ (per esempio, sono sintatticamente scorrette frasi come “9 + + 6 = 15” o la classica catena di operazioni aggiunte una di seguito all’altra del tipo “5 + 3 = 8 : 2 = 4 + 16 = 20”). Possiede una semantica, che permette di interpretare dei simboli (all’interno di successioni sintatticamente corrette) e successivamente stabilire se le espressioni sono vere o false (per esempio la frase “1 + 1 = 10” è vera o falsa a seconda della base di calcolo; è falsa nel sistema a base 10, vera in quello a base 2). In merito a quale delle due analisi – quella sintattica o quella semantica – debba precedere l’altra, possiamo capirlo riflettendo sul significato di questa frase: “Una vecchia porta la sbarra” Le interpretazioni possibili sono due: “Una vecchia (donna) porta la sbarra” “Una vecchia porta sbarra la (stanza, strada, …) ” Ognuna di esse conduce ad una diversa analisi sintattica: “Una vecchia (soggetto) – porta (predicato verbale) – la … (complemento oggetto)” “Una vecchia porta (soggetto) – la (complemento oggetto) – sbarra (predicato verbale)” La conclusione alla quale vogliamo giungere è che l’analisi sintattica segue necessariamente quella semantica e le implicazioni di questa affermazione sono molto rilevanti. Nella prospettiva che stiamo considerando, tradurre delle frasi dal linguaggio naturale (o grafico, o iconico) a quello matematico e viceversa rappresenta uno dei territori più fertili all’interno dei quali si possono sviluppare le riflessioni sul linguaggio matematico. Tradurre in questo caso significa interpretare e rappresentare una situazione problematica mediante un linguaggio formalizzato o, al contrario, riconoscere in una scrittura simbolica la situazione che essa descrive. 11 1.1 Quadro e finalità del progetto ArAl 3. Aspetti metodologici 3.1 Il progetto ArAl e gli insegnanti Quanto abbiamo scritto sinora sintetizza la cornice all’interno della quale si collocano le attività del progetto ArAl. Vengono affrontati importanti aspetti matematici e altrettanto importanti aspetti linguistici. Si esplorano le relazioni fra l’aritmetica e l’algebra, fra gli aspetti sintattici e quelli semantici di un linguaggio, fra il risolvere e il rappresentare una situazione problematica, fra il linguaggio naturale e i linguaggi della matematica, fra processo e prodotto, avendo l'obiettivo di fondo di individuare la traccia per un curriculum che supporti l’approccio anticipato al pensiero algebrico, quindi: • costruire l’algebra come linguaggio dotato di una sua grammatica e una sua sintassi (segni, convenzioni di scrittura, ecc.) favorendo le operazioni di traduzione da un linguaggio all’altro. • privilegiare la comprensione del significato delle scritture algebriche, evitando quindi che gli alunni manipolino i simboli in modo inconsapevole (non è comunque obiettivo del progetto – soprattutto con gli allievi della scuola elementare – costruire abilità di tipo strumentale). • favorire un approccio all'algebra che, seppure a livelli semplici, contenga tutte le caratteristiche di tale disciplina, nella sua accezione più ampia e moderna, inserendo attività che la utilizzino non solo come analisi di procedure, ma anche come linguaggio, strumento di pensiero, strumento matematico per potenziare la risoluzione di problemi e individuare e confrontare relazioni e strutture. Ma il progetto ArAl, peraltro, ha come utenti principali insegnanti di scuola elementare e media che, per lo meno sino a questo momento (fine 2001), non dispongono in genere di una formazione matematica universitaria, provenendo prevalentemente da una cultura umanisticopedagogica i primi e scientifico-sperimentale i secondi. Esso si propone quindi agli insegnanti anche come occasione importante per una riflessione sulle loro conoscenze (che sono poi quelle che condizionano la scelta delle modalità attraverso le quali essi trasmettono ai loro alunni le conoscenze di base) e sulle loro convinzioni in campo matematico – si potrebbe dire sulla loro epistemologia. Le situazioni proposte nelle Unità si sviluppano in ambienti didattici stimolanti ma spesso non facili da gestire, e comportano per l’insegnante numerosi aspetti delicati che coinvolgono altrettante competenze. In altre parole, l’insegnante che intende affrontare delle didattiche innovative si trova a fare i conti in primo luogo, come si è detto, con le sue conoscenze e le sue convinzioni, e allo stesso tempo con un contorno di aspetti metodologici e organizzativi tutt’altro che secondari che supportano in modo operativo una cultura del cambiamento. 12 1.1 Quadro e finalità del progetto ArAl 3.2. Alcuni aspetti significativi 3.2.1. Il contratto didattico Controllare costantemente la chiarezza del contratto didattico in tutte le sue fasi. Questo significa, soprattutto per quanto riguarda la scuola elementare, che lo scopo del progetto non è quello di fornire anticipatamente delle competenze tecniche (ad esempio, attraverso l’Unità 6 ‘Dalla bilancia a piatti all’equazione’, non si vuole insegnare a risolvere un’equazione di primo grado) quanto di investigare su quali siano le forme più adatte per costruire negli alunni delle concezioni matematiche favorevoli al graduale formarsi del pensiero algebrico. Gli alunni, peraltro, devono essere resi consapevoli di quella che è l’essenza del contratto: che essi sono i protagonisti della costruzione collettiva del balbettio algebrico. Questo significa educarli alla graduale sensibilità verso le forme anche complesse di un nuovo linguaggio favorendo la riflessione sulle diversità e sulle equivalenze dei significati delle scritture matematiche, la scoperta graduale dell’uso delle lettere al posto dei numeri, l’applicazione significativa delle proprietà, la comprensione dei diversi significati dell’‘uguale’, le infinite rappresentazioni di un numero e così via. Naturalmente, col passare degli anni, la scoperta ingenua delle regole e dei significati deve evolversi verso un controllo complessivo sugli aspetti semantici e sintattici, in modo da giungere alla capacità di comunicare attraverso il linguaggio matematico problemi, ipotesi, soluzioni, così come accade, per esempio, nelle attività del Progetto Brioshi, trasversali a tutte le Unità del Progetto ArAl. 3.2.2. La discussione su temi matematici Attivare la discussione collettiva su temi matematici conduce a privilegiare aspetti metacognitivi e metalinguistici; gli alunni sono condotti a riflettere sui linguaggi, sulle conoscenze e sui processi (risolvere un problema, tradurlo in linguaggio algebrico), a porsi in relazione con le ipotesi e le proposte dei compagni, a confrontare e classificare traduzioni, a valutare le loro proprie convinzioni, ad operare delle scelte consapevoli. Questo comporta da parte dell’insegnante la consapevolezza dei ‘rischi’ e delle peculiarità di questa modalità didattica. Ad esempio: la discussione sulle traduzioni proposte dagli alunni attorno ad una frase in linguaggio naturale - per esempio: ‘Traduci per Brioshi la frase: A 15 togli 8’ - comporta il confronto tra scritture proposte dagli alunni anche sottilmente differenti e indicative di differenti contesti concettuali: la traduzione ’15 – 8’ favorisce la trasparenza del processo, ’7’ la ricerca di un risultato, ’15 – 8 = 7’ evidenzia entrambi (vedi Unità 1). La consapevolezza della compresenza dei due punti di vista è determinante, e permette di cogliere – e di far cogliere – aspetti legati al ‘fare matematica’ che non emergono in una didattica tradizionale e che invece arricchiscono di valenze importanti il passaggio dall’ambiente aritmetico a quello algebrico. La discussione favorisce le potenzialità di un pensare l’aritmetica in chiave algebrica, e la ricerca ha ormai messo in luce come la verbalizzazione e l’argomentazione siano dei veicoli fondamentali per la comprensione. 3.2.3. L’interpretazione dei protocolli 13 1.1 Quadro e finalità del progetto ArAl Costruire le competenze per una interpretazione fine e per la successiva classificazione delle proposte e dei protocolli degli alunni comporta confrontarsi con una grande varietà di scritture matematiche, elaborate spesso con un uso misto e personalizzato di linguaggi e di simboli più o meno propriamente accostati. Questi atteggiamenti si sviluppano soprattutto quando è l’insegnante stesso a stimolare anche la creatività, oltre che la riflessione. Gli alunni, nel momento in cui percepiscono di essere produttori di pensiero matematico e di contribuire ad una costruzione collettiva di conoscenze e di linguaggi, esprimono una grande varietà di proposte quasi sempre tutt’altro che banali che, messe assieme, rappresentano un patrimonio comune a tutta la classe. È qui che diventa importante la capacità dell'insegnante di individuare (e far individuare) le parafrasi di una possibile traduzione corretta selezionando le traduzioni errate, ambigue, ridondanti, fuorvianti, fantasiose, e così via. Attività di questo tipo risultano importanti perché aiutano non solo l’alunno, ma ancor prima l’insegnante, a capire che ogni consegna in campo matematico è disponibile ad una lettura a livelli differenti, anche a seconda del modo nel quale è organizzata la sua formulazione nel linguaggio naturale. L’analisi fine dei protocolli scritti e delle affermazioni degli alunni consente inoltre di comprendere in modo puntuale (e nel suo formarsi, quando si lavora con bambini di prima o seconda elementare) tentativi, errori, misconcetti, stereotipi, difficoltà nel controllo del significato, e quindi progettare modifiche e correzioni di rotta nella conduzione della propria ingegneria didattica. Non va sottovalutata l’acquisizione di una competenza, nei limiti del possibile, nell’organizzare la raccolta di appunti durante le attività in classe (osservazioni degli alunni, proprie considerazioni fissate al volo, campioni di risposte significative, ecc.) allo scopo di favorire successivamente la riflessione a tavolino sulle attività svolte. Concludiamo questa parte con una considerazione dedicata soprattutto agli insegnanti della scuola elementare che intendono sperimentare qualche Unità del progetto: le attività che promuovono il pensiero pre-algebrico non dovrebbero rappresentare un ‘corpo estraneo’, ma dovrebbero essere poste in relazione con il curricolo di matematica, con lo scopo di individuare le modalità per una progressiva integrazione fra di essi. In base alla nostra esperienza di ricercatori-sperimentatori-aggiornatori, questo tema è molto sentito dagli insegnanti perché, se da un lato riflette il timore diffuso iniziale di dover ‘fare spazio all’algebra’ all’interno di un programma considerato fin troppo ampio, rappresenta allo stesso tempo un’opportunità per una rilettura critica di conoscenze, convinzioni in campo aritmetico, contenuti, metodi, strategie. 14 1.1 Quadro e finalità del progetto ArAl 4. Le unità Unità 1: Il progetto Brioshi (seconda elementare – prima media) L’unità privilegia l’approccio agli aspetti linguistici della matematica. Si sviluppa attorno ad un personaggio immaginario, Brioshi, un alunno giapponese che sa comunicare solo in linguaggio matematico e si diverte a scambiare problemi e soluzioni con classi di altre nazioni. L’unità propone attività di traduzione dal linguaggio naturale a quello aritmetico e viceversa cominciando con semplici frasi del tipo “A 4 togli 2” e proseguendo con attività più complesse come il ‘gioco del numero nascosto’ (“Ad un numero nascosto aggiungi quattro e ottieni dieci”). Si mostra come lo scambio di messaggi possa iniziare con modalità tradizionali (simulazioni, biglietti, fax) sino ad una ‘comunicazione matematica’ in tempo reale fra due classi attraverso una chat-line realizzata con il software MSN Messenger Service. Si privilegia l’approccio agli aspetti linguistici della matematica, favorendo la riflessione sugli aspetti relazionali fra gli elementi di un problema o di una scrittura matematica (impliciti nel ‘rappresentare’) e su quelli procedurali (impliciti nel ‘risolvere’ un problema); sul linguaggio simbolico (aspetti sintattici e semantici, convenzioni – è noto che Brioshi comprende solo il linguaggio matematico). Ci soffermiamo brevemente su questa unità, perché le attività che vi si riferiscono sono trasversali a tutte le altre. I messaggi, soprattutto con gli alunni più piccoli, possono anche contenere frasi scritte in Italiano (“Caro Brioshi, voglio vedere se voi siete capaci di … “), o in Giapponese (sono necessari piccoli trucchi nei quali Internet o l’eventuale amico sinologo aiutano molto, vedi ad esempio l’Unità5) che assolvono – data la loro totale incomprensibilità per il ricevente - ad una funzione marginale dal punto di vista del linguaggio ordinario ma che allo stesso tempo rendono potente e significativo, per contrasto, l’utilizzo del codice aritmetico-algebrico; il cuore dei messaggi (rappresentato qui dai puntini) è il nucleo matematico del discorso. Brioshi è ormai introdotto in tutte le classi del progetto e costituisce un supporto molto potente per far passare un concetto spesso difficile da far comprendere ad alunni fra gli 8 e i 14 anni: la necessità del rispetto delle regole nell’uso di un linguaggio, necessità ancora più forte nel caso in cui esso sia formalizzato, anche per l’estrema sinteticità dei simboli usati. Si comincia con il proporre uno scambio di messaggi tra ragazzi e si parte da frasi molto semplici in lingua italiana che gli alunni cercano di tradurre in linguaggio matematico; ogni volta le traduzioni differenti vengono copiate alla lavagna e commentate collettivamente in modo da scegliere quella da mandare a Brioshi; una volta inviata la traduzione, si attende la risposta e la si interpreta. Anche la classe di Brioshi invia dei problemi ai quali, una volta interpretati, si dovrà rispondere. Lo scambio può essere simulato all’interno della stessa classe e allora è l’insegnante a proporre i ‘messaggi di ritorno’ di Brioshi, oppure invita qualche alunno ad ipotizzarli. Questo ‘gioco di ruolo’ funziona sempre, indipendentemente dall’età degli alunni. Lo scambio acquista in interesse ed efficacia se avviene con una classe ‘vera’ attraverso uno scambio di biglietti o – ancora con una classe virtuale - attraverso copie di messaggi di posta 15 1.1 Quadro e finalità del progetto ArAl elettronica ad hoc (magari scritti con caratteri giapponesi) che l’insegnante porta in classe fra lo stupore generale. Le modalità più interessanti – avviate nel gennaio 2001 - riguardano uno scambio di messaggi fra classi-Brioshi di scuole differenti impegnate in una ‘comunicazione matematica’ in tempo reale attraverso una apposita chat-line. Aggiungiamo che, oltre a Brioshi, vi sono nelle Unità altri importanti elementi di mediazione: i) l’analogia con situazioni tipiche del linguaggio naturale (ad esempio la molteplicità di rappresentazioni con cui un numero può essere denotato al di là di quella canonica così come ciascun individuo può essere denotato, oltre che dal nome proprio, da una miriade di locuzioni che tengono conto delle relazioni di parentela, amicizia, lavoro, etc in cui è coinvolto) (tutte le Unità); ii) il ricorso alle “mascherine” per una attività sull’aspetti relazionali del numero (Unità 4); iii) la macchia o la nuvola come strategia per congetturare cosa si nasconde dietro un breve testo matematico e per indurre il passaggio all’uso delle lettere (Unità 3 e Unità 4); iv) l’isola, l’arcipelago, il viaggio come elementi di giochi esplorativi nell’ambito di griglie numeriche strutturate per favorire la rappresentazione sintetica di catene di operatori additivi o anche per introdurre in modo ingenuo il concetto di indeterminata (Unità 2); v) la bilancia come strumento per l’approccio all’equazione (Unità 6). Unità 2: La griglia (seconda elementare – terza media) L’unità rappresenta una palestra per il pensiero pre-algebrico sino a divenire campo di applicazione delle equazioni di primo grado. Si sviluppa attorno all’esplorazione di un quadrato di cento caselle numerate da 0 a 99 e, attraverso la scoperta di regolarità, giochi su ‘percorsi numerici’ all’interno della griglia e su frammenti di essa (‘La mappa del tesoro’, ‘Il gioco dell’isola’, ‘L’isola che non c’è’), situazioni problematiche anche su griglie di dimensioni differenti dall’originale, riflessioni su modi diversi di rappresentare i numeri nelle caselle, conduce alla generalizzazione attraverso l’uso delle lettere sino alla ‘conquista’ della griglia di dimensioni n x n. Gli alunni devono superare difficoltà concernenti il calcolo mentale e scritto, la verbalizzazione dei processi mentali, il confronto fra argomentazioni o fra rappresentazioni; i più grandi affrontano argomenti che difficilmente rientrano negli argomenti trattati assieme ad alunni di scuola media, pur rivestendo un ruolo importante nello sviluppo dello studio dell’algebra. Unità 3: Piramidi di numeri (prima elementare – terza media) L’unità intende favorire lo sviluppo del pensiero relazionale. Attraverso l’esplorazione di ‘piramidi’ formate da 3, 6, 10 mattoni, si giunge all’individuazione e alla rappresentazione della rete di legami sempre più complessi fra i numeri scritti nei mattoni. Vengono enfatizzati l’aspetto binario delle operazioni e la rappresentazione non canonica dei numeri. All’inizio l’attività si svolge in un ambiente aritmetico, per allargarsi progressivamente verso l’algebra e la scoperta ingenua dell’uso delle lettere e delle equazioni (collegamento con l’Unità 6: Dalla bilancia all’equazione). Attraverso la riflessione sulle rappresentazioni vengono esaltati gli aspetti linguistici e metalinguistici (collegamento con l’Unità 1: Progetto Brioshi). L’itinerario esalta l’osservazione, l’esplorazione, la riflessione e l’argomentazione in 16 1.1 Quadro e finalità del progetto ArAl situazioni problematiche facenti riferimento a differenti insiemi numerici; si favoriscono il confronto tra strategie (per tentativi e altre più evolute di avvio al pensiero algebrico) e il passaggio graduale verso la scoperta delle regolarità e la generalizzazione con il ricorso alle lettere. Unità 4: La Matematóca & altri giochi matematici (seconda e terza elementare) L’Unità si propone di fornire, attraverso delle varianti originali di giochi molto noti (Domino, Gioco dell’Oca, Memory, Tombola), o altri inventati (Il gioco delle mascherine) dei materiali che pongano gli alunni nella condizione di ri/visitare argomenti dell’aritmetica secondo una prospettiva che ne favorisca una visione algebrica. Allo stesso tempo, attraverso l’uso di opportuni mediatori didattici (macchie, nuvolette, foglietti, ecc.) i bambini si avvicinano al numero sconosciuto e alle sue possibilità di rappresentarlo. Man mano che i giochi procedono, i materiali che costituiscono il loro supporto concreto si modificano e le indicazioni scritte in linguaggio naturale lasciano il posto a semplici scritture in linguaggio algebrico nelle quali l’incognita è rappresentata, per esempio, dal punteggio del dado usato nel gioco. L’approccio all’unità è ludico. Questo fatto aumenta la disponibilità dei bambini e crea un ambiente ideale per l’apprendimento. Nell’ambito di questa unità si sono affrontati vari aspetti, fra cui:la relazione di uguaglianza come relazione di equivalenza, in particolare proprietà simmetrica e transitiva; la partizione di un insieme; il confronto fra forme diverse di rappresentazione dello stesso numero, e quindi le proprietà delle operazioni e gli esercizi di calcolo mentale. Inoltre si introduce l’uso della lettera nel ruolo di parametro, utilizzando il valore ottenuto lanciando un dado. Unità 5: Regolarità (quinta elementare – prima media) Vengono proposte delle attività nelle quali bisogna scoprire la regolarità di una struttura. In una prima fase vengono fatte analizzare collane costituite da gruppi di perle diversamente colorate e variamente alternate; in una seconda fase strutture composte da fiammiferi disposti in modo da formare case, ponti, reticoli di varie dimensioni; in una terza fregi e timbri; in una quarta successioni aritmetiche. In ogni fase, attraverso l’esplorazione e la discussione, gli alunni vanno alla ricerca della regolarità e successivamente le rappresentano in linguaggio matematico. La scoperta di regolarità è preziosa per la formazione del pensiero pre-algebrico in quanto favorisce il passaggio alla generalizzazione (collegamento con l’Unità 1: Progetto Brioshi). L’unità prende l’avvio dall’osservazione di regolarità: in particolare si sono analizzate regolarità nelle successioni delle perle di una collana e si sono studiate successioni aritmetiche. Il lavoro si presta alla discussione collettiva, palestra ideale per favorire la costruzione del sapere, e giunge ad un livello di formalizzazione piuttosto spinto, attraverso la “messa in formule”, seppur in forma ingenua, delle regolarità trovate. All’interno dell’unità c’è un corposo lavoro sull’argomentazione: i bambini sono chiamati a giustificare le loro intuizioni, confutate talvolta da altri compagni con 17 1.1 Quadro e finalità del progetto ArAl ragionamenti spesso abbastanza sofisticati. Anche in questa unità si utilizza Brioshi per motivare all’uso del linguaggio algebrico. Unità 6: Dalla bilancia all’equazione (quinta elementare – terza media) L’unità costituisce un approccio al pensiero algebrico. Attraverso la soluzione collettiva di situazioni problematiche con la bilancia a piatti si scoprono il ‘principio dell’equilibrio’ e i due princìpi di equivalenza; il passaggio dall’attività sperimentale alla sua rappresentazione sulla carta conduce alla ‘scoperta’ delle lettere in matematica e dell’equazione. Anche gli algoritmi per la soluzione dell’equazione vengono elaborati e raffinati progressivamente attraverso attività sia collettive che individuali, durante le quali gli alunni elaborano e confrontano rappresentazioni differenti, affinano competenze relative alla traduzione dal linguaggio naturale a quello simbolico e viceversa, esplicitano proprietà delle operazioni, si abituano all’uso della lettera come incognita. Successioni di problemi verbali opportunamente organizzati a livelli di difficoltà crescenti conducono gli studenti ad investigare sui problemi risolvibili algebricamente. L’attività costituisce un approccio al pensiero algebrico attraverso processi di costruzione collettiva delle conoscenze; gli alunni elaborano e confrontano rappresentazioni differenti, affinano competenze relative alla traduzione dal linguaggio naturale a quello simbolico e viceversa, esplicitano proprietà delle operazioni, si abituano all’uso della lettera come incognita. 18