PARTE PRIMA INTRODUZIONE La produzione di vino rappresenta un importante aspetto dell‘economia nazionale, da sempre presente nella storia e cultura del popolo italiano. Dati recenti inseriscono l‘Italia al primo posto come paese produttore di uve da vino con 86200 migliaia di quintali pari al 14% della produzione mondiale. I vini si differenziano tra loro per il sistema di vinificazione (vini normali e speciali) e per le proprietà organolettiche: colore, profumo, gusto e retrogusto; altri parametri concorrono a definire le caratteristiche di un vino: alcol, acidità, sapidità, sensazione di astringenza (dovuta ai tannini). I vini possono essere differenziati in vini tranquilli, vini frizzanti e spumanti, a seconda del fatto che siano in grado o meno di sprigionare anidride carbonica all'apertura delle bottiglie. Costituisce ulteriore distinzione il contenuto in zuccheri non fermentati del vino (secco, semisecco, dolce). Gran parte di questi parametri vengono monitorati durante le varie fasi della fermentazione, per avere un indice dell‘andamento della vinificazione. Tra i vari parametri, è stato recentemente introdotto il tasso di acido acetico, che per legge non deve superare 1 g/l, mentre per valori compresi tra 0,7 e 1 g/l si parla di acescenza o spunto, ovvero il caratteristico odore e sapore acre. Il superamento di tali valori conferisce alla bevanda la denominazione di aceto e non più quella di vino. Risulta quindi necessario sviluppare sistemi diagnostici atti all‘analisi del tasso di acetato, che vanno ad affiancare le analisi di routine: monitoraggio della temperatura, dei sali d‘ammonio, dei lipidi e dei tannini, oltre che la caratterizzazione degli zuccheri. In questo lavoro è stato sviluppato un kit diagnostico su base enzimatica che sfrutta la reazione in serie di tre enzimi chiave del metabolismo ottenuti in maniera ricombinante per misurare la concentrazione in acido acetico di prodotti sottoposti a fermentazione. In particolar modo il lavoro si focalizza sull‘enzima acetil-CoA sintetasi AMP forming (ACS), che sarà caratterizzato da un punto di vista biochimico, strutturale e cinetico. Nel nostro laboratorio sono stati sviluppati tre enzimi ACS in maniera ricombinante, due dei quali provengono da Bacillus subtilis mentre il terzo proviene da Saccharomyces cerevisiae. In precedenti lavori sono stati ottenuti, sempre in maniera ricombinante, gli enzimi ACS di Escherichia coli e Sulfolobus sulfataricus. Verranno discusse in questo lavoro, le tecniche e gli sviluppi affrontati a partire dalla fase di clonazione e processamento del gene acs, la fase di espressione e purificazione proteica e i saggi di attività specifici. 1 1.1 ACIDO ACETICO L'acido acetico è un composto chimico organico la cui formula molecolare è CH3COOH, meglio conosciuto per conferire all'aceto il suo caratteristico sapore acre e il suo odore pungente. L'acido acetico puro, privo di acqua, a temperatura ambiente è un liquido incolore che attrae acqua dall'ambiente e che congela al di sotto dei 16,7°C in un solido cristallino incolore. Chimicamente si comporta come un acido debole per via della sua limitata capacità a dissociarsi in soluzioni acquose (1.86x10-5), caratteristica che lo rende utilizzabile anche in molto sistemi tampone. In condizioni fisiologiche può perdere un H+ e lo ione risultante è l'anione acetato. Soluzioni di acido acetico molto concentrato manifestano una tossicità respiratoria causando infiammazione delle vie respiratorie e congestione polmonare, risultando anche irritante per gli occhi e le mucose in genere. È un importante reagente chimico e prodotto industriale che viene utilizzato nella produzione del polietilentereftalato, usato principalmente per le bottiglie di plastica per le bibite; dell'acetato di cellulosa, principalmente per le pellicole fotografiche; dell'acetato di polivinile per le colle da legno e in molte fibre sintetiche e tessuti. Nell'industria alimentare, l'acido acetico è usato come additivo alimentare con la funzione di regolatore di acidità; è classificato sotto il codice E260. La sua presenza all‘interno di prodotti alcolici, in particolar modo nel vino, è una caratteristica indesiderata che va a influenzare negativamente la qualità di tale bevanda, oltre ad essere un indice della degradazione della bevanda stessa. L‘interesse biochimico per tale composto risiede nel suo importante coinvolgimento in diversi pathways metabolici dove risulta sia come prodotto di ossidazioni, che come intermedio di sintesi, che come prodotto finale nella 2 fermentazione acetica, caratteristiche queste, che lo portano ad essere definito composto chiave del metabolismo sia eucariotico che procariotico. Questo debole acido lipofilico può permeare attraverso la membrana plasmatica cellulare, sia nella sua forma indissociata, che in quella acida, in funzione del gradiente di pH transmembrana. Il protone acidifica il citoplasma, mentre l‘anione influenza la pressione osmotica. Essendo solo parzialmente ossidato, poi, può ancora restituire energia andandosi ad inserire a diversi livelli del metabolismo catabolico, mentre con i successivi passaggi di dissimilazione e assimilazione regola tale aspetto. L‘acetato cellulare necessita di una attivazione per poter essere sfruttato: diversi sistemi enzimatici catalizzano, infatti, una reazione di tioesterificazione tra acetato e Coenzima A (CoA) producendo acetil-CoA, molecola ad elevata energia che rappresenta il punto di incontro dei vari percorsi metabolici cellulari. Il ruolo principale dell‘acetil-CoA è permettere l'utilizzo del prodotto della glicolisi, il piruvato, nel ciclo di Krebs. Inoltre è fondamentale nel metabolismo degli acidi grassi e degli amminoacidi. È precursore dell'HMG-CoA (β-idrossi-βmetilglutaril-CoA), componente fondamentale delle vie di sintesi del colesterolo. Un'altra importante reazione in cui è coinvolto, catalizzata dalla colina acetiltransferasi è l'acetilazione della colina per formare il neurotrasmettitore acetilcolina (figura 1.1). FIG 1.1 Acetil-CoA come punto di incontro dei principali percorsi metabolici cellulari L‘intermedio ad alta energia acetil-fosfato (acetil-P), gioca un ruolo egualmente importante nella regolazione dei processi cellulari, assimilazione dei nitro-composti, regolazione osmotica, biogenesi dei flagelli, pili, capsule e adesione e strutturazione dei biofilm. 3 Analizziamo ora in dettagli lo situazioni fisiologiche in cui l‘acido acetico è coinvolto: le fermentazione acetica e l‘acetogenesi. La prima viene considerata come diretta conseguenza della fermentazione alcolica del mosto in vino, dove la produzione di acetato diventa una condizione degradante la qualità della bevanda. La seconda, invece, rappresenta la serie di meccanismi comuni sia a procarioti che eucarioti, per la mobilitazione dell‘acetato cellulare. 1.2 FERMENTAZIONE ALCOLICA La fermentazione alcolica è una forma di metabolismo energetico che avviene in alcuni lieviti in assenza di ossigeno. Essa è responsabile di diversi fenomeni che vediamo ogni giorno, quali la lievitazione del pane o la trasformazione del mosto in vino. Questo evento, noto sin dall‘antichità, è mediato dall‘azione di una particolare classe di microrganismi, i Saccharomyces, dei quali il più comune è senz'altro il S. cerevisiae, presente sulla buccia dell'uva. Nell‘uomo esiste la fermentazione omolattica, coinvolta nella generazione di lattato a seguito di un intenso lavoro muscolare, ma non la fermentazione alcolica, caratteristica solo dei microorganismi fermentatori. Dal punto di vista chimico si tratta di una ossidazione in anaerobiosi, condizione questa che non permette l‘utilizzo dell‘ossigeno come accettore finale di elettroni, ragion per cui, lo stesso substrato viene in parte ossidato e in parte ridotto. Le fermentazioni sono quindi delle disproporzioni. Nella maggior parte delle fermentazioni il metabolita di partenza è uno zucchero o un altro composto in cui il numero di ossidazione medio del carbonio è zero in quanto il carbonio stesso verrà in parte ossidato ed in parte ridotto. Nelle fermentazioni conviene distinguere due parti: la glicolisi, comune alla maggior parte delle fermentazioni; la modalità di rigenerazione del NAD+, specifica delle varie fermentazioni. Nella prima parte, la glicolisi, il glucosio viene trasformato in due molecole di acido piruvico con contemporanea produzione di due molecole di ATP e due molecole di NADH, reazione, quest‘ultima, mediata dalla GAPDH (gliceraldeide-3-fosfatodeidrogenasi). Nella seconda parte della fermentazione, la cellula provvede alla rigenerazione del NAD+, necessario per i successivi cicli di ossidazione glicolitica, a livello della GAPDH. Il NADH, nella sua forma ridotta, rappresenta una grossa fonte di energia che 4 per essere utilizzata, rigenerando NAD+, richiede però la presenza di ossigeno, accettore finale di elettroni nella successiva fase di respirazione metabolica. In assenza di ossigeno, il piruvato deve essere convertito in un prodotto finale ridotto, in modo da poter riossidare il NADH prodotto dalla reazione della GAPDH. Le varie fermentazioni differiscono per il modo in cui il NAD+ viene rigenerato. Nel lievito, il piruvato viene decarbossilato a CO2 e acetaldeide, che viene poi ridotta dal NADH, ottenendo NAD+ ed etanolo. Nel muscolo, invece, il piruvato viene ridotto a lattato per rigenerare NAD+, in un processo chiamato fermentazione omolattica. Il lievito produce etanolo e CO2, attraverso due reazioni consecutive (FIG 1.2): 1. La decarbossilazione del piruvato a formare acetaldeide e CO2, catalizzata dalla piruvato decarbossilasi (un enzima che non è presente negli animali). 2. La riduzione a etanolo da parte del NADH, catalizzata dall‘alcol deidrogenasi; si rigenera così il NAD+. FIG 1.2 Produzione di etanolo a partire da piruvato. Reazione 1: decarbossilazione mediata dalla piruvato decarbossilasi. Reazione 2: riduzione mediata dall‘alcol deidrogenasi. La termodinamica ci permette di dividere il processo della fermentazione nelle sue varie parti e di considerare la variazione di energia libera in ognuna di esse. Tutto ciò ci consente di calcolare con quale efficienza l‘energia libera ricavata dalla degradazione del glucosio viene utilizzata per la sintesi dell‘ATP. Per la fermentazione alcolica la conversione di una molecola di glucosio in 2 molecole di CO2 e 2 molecole di etanolo, è accompagnata ad una variazione di energia libera ΔG°’ = -235 kJ · mole-1. La formazione netta di 2 ATP, evento accoppiato alla fermentazione, richiede un ΔG°’ = +61 kJ · mole-1. Facendo il rapporto tra il ΔG°’ per la formazione di ATP e il ΔG°’ per la formazione di etanolo, si ottiene che la fermentazione alcolica ha un‘efficienza del 26%, cioè il 26% dell‘energia libera rilasciata in condizioni biochimiche standard durante questo processo, viene recuperata sotto forma di ATP. 5 Il resto viene dissipato come calore, rendendo il processo irreversibile. In condizioni fisiologiche, però, dove le concentrazioni dei reagenti e dei prodotti differiscono dalle condizioni standard, le fermentazioni hanno un‘efficienza superiore al 50%. In ogni caso è bene ricordare come le fermentazioni utilizzino il glucosio in maniera assolutamente inefficiente se paragonata alla fosforilazione ossidativa. Gli organismi fermentatori, liberando nell'ambiente il loro prodotto etanolo, abbandonano un catabolita ricco di energia, ulteriormente utilizzabile in presenza di ossigeno. La scarsa resa energetica della fermentazione è compensata dalla flessibilità ecologica che permette ai fermentatori di vivere anche in condizioni in cui gli organismi aerobi obbligati non sono in grado di sopravvivere. Questo si nota nella produzione di aceto: essa avviene dopo la fermentazione alcolica ed è dovuta a microrganismi aerobici del genere Acetobacter e Mycoderma che sfruttano aerobicamente proprio il catabolita etanolo, prodotto finale della fermentazione alcolica (riferimento 1). 1.3 FERMENTAZIONE ACETICA Una delle conseguenze indesiderate della fermentazione alcolica, può essere dovuta all‘azione dell‘Acetobacter, normalmente presente sulle bucce delle uve o venuto a contatto con il mosto durante la fase dell‘ossigenazione. Tale microorganismo aerobio, infatti, è in grado di ossidare fonti carboniose quali etanolo e zuccheri del vino, restituendo acido acetico, secondo quella che viene definita fermentazione acetica. Le condizioni di reazione sono temperature comprese tra i 20 e i 30 °C, titolo in etanolo inferiore al 10% e presenza di ossigeno nell‘ambiente. Vini lasciati per molto tempo senza controllo del tasso acetico, possono sviluppare anche un tenore tra il 3% e il 5% di acetato e, come si è detto, sopra il 10% non si parla più di vino ma di aceto. L‘acetificazione rimane in ogni caso, un evento irreversibile del normale processo di vinificazione, che può essere ritardato se l‘operatore dispone di buona manualità e di un attento sistema di controllo. La presenza di acido acetico nel vino risulta inevitabile anche nel caso in cui il vino venga a contatto con batteri del genere delle Enterobacteriaceae, che favoriscono una fermentazione anaerobica parallelamente a quella alcolica, 6 denominata fermentazione mista-acida e che utilizza sorgenti di carbonio per produrre sia etanolo che acetato, lattato e formato, aumentando inevitabilmente il tenore acido del vino (2). 1.4 SWITCH FISIOLOGICI: ACETOGENESI Per poter sopravvivere la maggior parte delle cellule deve saper alternare i propri programmi metabolici in funzione dei nutrienti biodisponibili secondo determinati ―switch ― o transizioni metaboliche. Un esempio di switch avviene quando cellule batteriche transitano da un programma a crescita rapida che produce e secerne acetato (dissimilazione) ad un programma a crescita lenta, favorito dall‘acquisizione dell‘acetato rilasciato precedentemente (assimilazione). Lo ―switch acetato‖ si realizza quando le cellule depletano l‘ambiente intracellulare delle fonti di carbonio per la produzione di acetato quali D-glucosio e L-serina con contemporaneo rilascio di acido acetico nell‘ambiente extracellulare (acetogenesi), quindi, in una successiva fase, si affidano alla loro abilità di ―scavengers ― dell‘acetato circostante. Tale switch necessita dell‘espressione e attivazione del pool enzimatico responsabile dell‘assimilazione dell‘acetato, tra i quali spicca l‘acetil-CoA sintetasi (ACS) oggetto di studio e applicazioni in questa ricerca. Il coinvolgimento dello switch acetato è stato analizzato in colture batteriche sotto differenti condizioni di crescita: terreno con glucosio o con acetato e si è visto che durante la fase di crescita esponenziale, le cellule generano e dissimilano acetato (3,4). Prima dell‘esaurimento del glucosio, in prossimità della fase stazionaria avviene lo switch e le cellule coassimilano entrambi i nutrienti, rallentando la propria crescita (FIG 1.3). FIG 1.3 Lo switch acetato durante crescita aerobica in terreno minimale e glucosio come sola fonte di carbonio (A) e in brodo di triptone (B). La freccia singola punta lo switch fisiologico dell‘acetato. OD, densità ottica. [glc] e [ace], concentrazioni extracellulari di glucosio e acetato. La freccia a doppia punta denota l‘intervallo di consumo degli aminoacidi. 7 1.5 La TURNOVER DELL ACETATO necessità dell‘escrezione dell‘acetato nell‘ambiente extracellulare (acetogenesi) risulta dal bisogno di ripristinare il NAD+ consumato dalla glicolisi e per riciclare il CoA a CoASH richiesto per la conversione di piruvato ad acetil-CoA. L‘acetogenesi si attiva nel momento in cui il TCA non completa l‘ossidazione dell‘acetil-CoA in condizioni anaerobiche (fermentazioni) o in eccesso di prodotti (inibizione a feedback negativo) o se il flusso di CO2 eccede la capacità della cellula di gestirlo (capacità anfibolica)(5, 6, 7). Esiste anche una condizione aerobica di acetogenesi: in cellule che crescono in eccesso di glucosio, o altre fonti di carbonio, viene inibita la respirazione, un aspetto noto come ―effetto Crabtree batterico‖ (8) e circa il 15% di glucosio viene escreto come acetato. La disponibilità di O2 e la natura delle fonti di carbonio, guidano lo stato del ciclo dei TCA (9). In assenza di ossigeno e di repressione catabolica (es: eccesso di glucosio), le cellule di E. coli non inducono pienamente il TCA, ma sfruttano un percorso ramificato, che forma succinil-CoA attraverso una via riduttiva, e 2-ketoglutarato, attraverso una ossidativa (9). Questa strada alternativa non genera energia, ma favorisce solo la biosintesi di importanti precursori metabolici. L‘ATP necessario alla cellula deve perciò provenire dalla glicolisi (10) e la fosforilazione dei substrati, avviene grazie al pathway della fosfotransacetilasi (PTA)-acetato chinasi (ACKA) (11). Questa versione ramificata occorre poiché l‘assenza di ossigeno inibisce potentemente l‘espressione di alcuni degli enzimi del TCA, in particolar modo la succinato deidrogenasi (SDH), il complesso succini-CoA sintetasi (SCSC) e 2-ketoglutarato deidrogenasi (KGDH) . In anaerobiosi, infatti, i regolatori globali ossigeno-sensitivi ArcA e FNR mediano la repressione dei promotori dei geni TCA e gli operoni sdh-suc (12). Il pool cellulare di CoA comprende principalmente la forma non esterificata CoASH, e poi i tioesteri acetil-CoA, succinil-CoA e malonil-CoA. La concentrazione del CoA oscilla tra 100 e 500 µM (13) e viene regolata sia a livello del precursore acido pantotenico, che a livello della degradazione del CoASH stesso. La limitata concentrazione di CoA risponde anche alle variazioni in termini di quantità e qualità delle fonti di carbonio nel terreno di crescita. L‘aggiunta di D-glucosio a cellule in coltura aumenta il livello di CoA e CoASH, mente l‘aggiunta di acetato, succinato e 8 altri zuccheri non assimilabili non ha effetto. Questo fenomeno spiega il motivo del picco di acetil-CoA nella fase di dissimilazione di fonti acetogeniche che diminuisce quando la cellula assimila l‘acetato precedentemente escreto. Questo aspetto è inversamente correlato anche con il ciclo TCA, che viene represso durante la crescita su D-glucosio (14) e indotto durante la crescita su acetato (15) (FIG 1.3). FIG 1.4 I percorsi del metabolismo centrale. Le frecce puntinate indicano il bypass PDHC proposto, per POXB e AMP-ACS. Le frecce tratteggiate indicano gli enzimi (sottolineati) e i passaggi del bypass del gliossilato. Le caselle e le frecce con la doppia linea indicano passaggi e enzimi unici della gluconeogenesi. 9 PATHWAYS DI ESCREZIONE DELL’ACETATO 1.6 Per rilasciare acetato, così come per etanolo e formato, le cellule batteriche devono prima decarbossilare il piruvato in acetil-CoA, che avviene per via ossidativa sotto condizioni aerobiche, oppure per via non ossidativa in condizioni anaerobiche. La decarbossilazione ossidativa è mediata dal complesso piruvato deidrogenasi (PDHC) (FIG 1.6), che genera due NADH per molecola di glucosio ossidata. Elevate concentrazioni di NADH inibiscono l‘attività del PDHC. Tale complesso, non è quindi cataliticamente attivo in anaerobiosi, condizione che non favorisce la rapida riossidazione del NADH in NAD+. L‘anaerobiosi stessa è condizione che reprime la trascrizione dei geni che codificano per il PDHC. Durante l‘anaerobiosi, invece, i batteri decarbossilano piruvato in acetil-CoA e formato, grazie all‘azione della piruvato formato liasi (PFL) che catalizza una reazione non ossidativa (16). Il formato, in funzione del pH può andare incontro alla conversione in H2 e CO2, mentre l‘acetil-CoA segue due destini alternativi: conversione ad acetato o riduzione ad etanolo. FIG 1.5 Pathway per l‘escrezione di metaboliti parzialmente ossidati, sottolineati in figura. La conversione ad acetato è mediata dal pathway PTA/ACKA che genera due ATP per glucosio, senza consumare però equivalenti riducenti (FIG 1.5). La riduzione ad etanolo invece, catalizzata dall‘alcol deidrogenasi (ADH) sacrifica energia ma 10 consuma equivalenti riducenti. Attraverso la modulazione dei livelli di etanolo ed acetato, una cellula può bilanciare le sue richieste e rigenerare NAD+ necessario per l‘energia (17). L‘acetato può anche essere escreto tramite l‘azione di un terzo enzima, la piruvato ossidasi (POXB), che catalizza la decarbossilazione ossidativa direttamente in acetato in condizioni aerobiche, coinvolgendo la riduzione del FAD a FADH + H+ (18). Evidenze recenti connotano tale enzima come non necessario al metabolismo, con una funzione prettamente di supporto alla crescita aerobica, e la sua attivazione sembra correlata all‘induzione dell‘ACS-AMP forming (19, 20). FIG 1.6 Percorsi di attivazione dell‘acetato. PDHC, complesso piruvato deidrogenasi; POXB, piruvato ossidasi; PTA, fosfotransacetilasi; ACKA, acetato chinasi; ACS, AMP forming acetil-CoA sintetasi; PPase, pirofosfatasi; TCA, ciclo degli acidi tricarbossilici; GB, bypass del gliossilato. Le frecce puntinate denotano il meccanismo proposto per il bypass PDHC mediato da POXB e AMP-ACS. 11 1.7 PATHWAYS DI ATTIVAZIONE DELL’ ACETATO 1.7.1 SISTEMA PTA/ACKA: dissimilazione dell’acetato In E. coli e B. subtilis, la dissimilazione dell‘acetato è catalizzata dagli enzimi PTA [acetil-CoA(CoA):Pi acetiltransferasi; EC 2.7.2.1] ACKA (ATP:acetato fosfotransferasi; EC 2.3.1.8) Il primo enzima catalizza la conversione dell‘acetil-CoA e fosfato inorganico, in acetil-P (acetil-fosfato), un intermedio ad alta energia, mentre il secondo enzima trasferisce tale gruppo fosfato su una molecola di ADP, restituendo ATP e acetato, entrambi in maniera reversibile (21). Questa reazione metabolica viene attivata dai procarioti quando la concentrazione di acetato nell‘ambiente è alta (≥ 30 mM), avendo la ACKA e la PTA una bassa affinità per l‘acetato (KM tra 7 e 10 mM) (22). Essendo completamente reversibile, la via ACKA/PTA gioca un importante ruolo catabolico sia durante la fermentazione che durante la crescita in condizioni aerobiche in eccesso di glucosio o di altri intermedi glicolitici (21): in condizioni che portano alla fermentazione acetica o acida mista, l‘acetil-CoA non può entrare nel ciclo di Krebs, quindi le cellule lo convogliano attraverso il sistema ACKA/PTA, producendo e secernendo acetato con la contemporanea produzione di ATP (23); in condizioni di aerobiosi, quando il flusso di carbonio nelle cellule eccede la capacità anfibolica delle vie metaboliche centrali, come ad esempio il ciclo degli acidi carbossilici, le cellule rispondono, anche in questo caso, trasformando l‘acetil-CoA attraverso la via ACKA/PTA. Come conseguenza, le cellule, oltre ad espellere l‘acetato nell‘ambiante extracellulare, accumulano l‘acetil-fosfato, intermedio di questa via metabolica (24). Quando, poi, nel passaggio alla fase stazionaria di crescita, le cellule riassorbono l‘acetato prodotto ed escreto precedentemente per utilizzarlo come fonte di energia, attraverso il ciclo di Krebs, e per generare composti biosintetici attraverso il ciclo del gliossilato, i livelli di acetil-fosfato diminuiscono (21, 24). Cellule mutanti per i sistemi PTA/ACKA crescono molto lentamente in tutti i tipi di terreno. Alcuni batteri aerobi facoltativi e fermentativi traggono vantaggio dalla reversibilità del sistema enzimatico ACKA/PTA per conservare energia e mantenere i livelli di Coenzima A libero nella cellula ad uno stato stazionario. Per questo motivo le cellule usano PTA per convertire acetil-CoA in acetil-P, il quale è consumato dall‘ACKA in una reazione che genera ATP e acetato(25, 26, 27, 28). 12 1.7.2 SISTEMA ACS AMP forming: assimilazione dell’acetato L‘acetil Coenzima-A sintetasi (Acetato:CoA ligasi [AMP forming]; EC 6.2.1.1) è un enzima chiave del metabolismo energetico sia per le cellule procariotiche che eucariotiche; appartiene alla superfamiglia degli enzimi ―AMP forming‖ la quale include tre sottofamiglie: l‘acil- e aril-CoA sintetasi, la luciferasi delle lucciole (29) ed il dominio adenilante della peptide sintetasi non ribosomiale (NPRS). Nei sistemi procariotici, l‘ACS oggetto del nostro studio, catalizza l‘assimilazione dell‘acetato attraverso un classico meccanismo a ping pong. AMP-ACS, o semplicemente ACS, converte inizialmente acetato e ATP in acetiladenilato (acetil-AMP), intermedio che rimane associato all‘enzima e pirofosfato, che viene invece rilasciato. In una seconda fase l‘acetil-AMP reagisce con CoASH per formare acetil-CoA rilasciando AMP (30, 31) (FIG 1.7). FIG 1.7 Meccanismo catalitico di AMP-ACS 13 Questo pathway anabolico si mobilita per piccoli quantitativi di acetato nell‘ambiente circostante e possiede una KM di 200 µM per l‘acetato, rendendo tale sistema in grado di funzionare ma solo per piccole concentrazioni di substrato. Esistono evidenze che la regolazione del sistema ACS avviene anche ad opera della concentrazione di acetil-P intracellulare (32) e che AMP-ACS sia coinvolto nel controllo del flusso di carbonio attraverso il pathway PTA/ACKA e nella modulazione del espressione e attività del bypass del gliossilato (GB) nel ciclo TCA. Cellule che crescono in terreni ricchi in acetato quindi, up-regolano i livelli allo stato stazionario dei trascritti e delle proteine: AMP-ACS (FIG 1.8), GB, ciclo dei TCA, e della gluconeogenesi. Al contrario, tali cellule down-regolano i trascritti e le proteine del pathway PTA/ACKA e gli enzimi glicolitici. (33, 34). Condizioni opposte sopraggiungono per crescita in D-glucosio. FIG 1.8 Trascrizione di acs da cellule che crescono in terreno minimale con glucosio. Viene valutata la densità ottica OD, il consumo di fonti di carbonio, l‘escrezione di acetato e le concentrazioni intracellulari di FIS e IHF. E‘ nota anche una ACS-ADP forming, che opera attraverso un meccanismo reversibile a singolo step (35). La catalisi procede attraverso la formazione di acetato a partire da acetil-CoA e accoppia questa reazione con la sintesi di ATP da ADP e Pi (acetil-CoA + ADP + Pi → acetato + ATP + CoA). 14 1.8 AMP-ACS: profilo d’espressione e regolazione della trascrizione In E. coli, acs, sequenza genica di 1959 paia di basi, è il primo gene in un operone che include anche una ORF e un gene che codifica per una permeasi, che favorisce la permeabilizzazione della membrana plasmatica. La trascrizione di acs avviene ad opera di due promotori: acsP2 prossimale, che è il primario, e acsP1 distale che è debole e localizzato circa 200 bp a monte di acsP2 (36, 37, 38). Sulla base di analisi di immunoblot e reverse transcription PCR (39), è stato dimostrato che la trascrizione è mediata dal fattore σ70 . Esiste poi un fattore σS , di recente scoperta, che per competizione media una inibizione della trascrizione , riducendo i livelli di acs trascritto. In vivo la trascrizione è consentita anche dal fattore CRP (Proteina Recettore del cAMP), che focalizza la formazione del complesso nella regione nucleotidica di acsP2, attraverso il legame in due siti CRP I e CRP II. Viene così reclutato il dominio C-terminale delle due subunità α della RNAP (α-CTD) (FIG 1.9). FIG 1.9 Regolazione della trascrizione di acs in E. coli. (A)Le frecce piegate rappresentano i siti di iniziazione della trascrizione. (B) Localizzazione dei siti di legame per CRP, FIS e IHF. (C) Interazione proposta per l‘attivazione mediata da CRP. 15 Esistono poi due proteine Histon-like, FIS e IHF, che giocano un ruolo dinamico e altamente specializzato nell‘influenzare la trascrizione. L‘espressione di tali nucleoproteine è modulata dallo status fisiologico della cellula. FIS regola negativamente la trascrizione di acsP2 CRP dipendente, perciò i livelli di acs trascritto sono bassi quando quelli di FIS sono alti, mentre raggiungono il picco quando i livelli di FIS sono minimi. Anche IHF riduce il trascritto acs a livello del promotore acsP1 e collaborando con FIS nel mantenere tale promotore represso (37, 40). FIS e IHF possono legare acs contemporaneamente senza influenzarsi l‘un l‘altro. In Bacillus subtilis, batterio Gram positivo del suolo, il catabolismo dell‘acetato richiede AcsA, il prodotto del gene acsA, mentre la via della PTA/ACKA opera principalmente nell‘escrezione dell‘acetato (41). Il fatto che la via dell‘ACS in Bacillus sia preferita rispetto alla via della PTA/ACKA fa si che l‘ACS di questo organismo risulti avere un‘attività specifica più alta rispetto all‘enzima di Coli (per questo motivo abbiamo scelto di clonare l‘ACS di Bacillus). In un precedente lavoro Grundy e collaboratori (42) hanno descritto in Bacillus subtilis un operone prossimale di tre geni (distante 161 bp) trascritto in modo divergente dall‘acsA, le cui funzioni erano necessarie per utilizzare l‘acetoina (acetil-metil carbinolo) ed il 2,3-butandiolo come fonti di carbonio. Questo operone è stato denominato acuABC (acetoin utilization) per indicare il suo coinvolgimento nel catabolismo dell‘acetoina. Rimaneva un problema ancora aperto scoprire se AcuABC era direttamente o indirettamente coinvolto nell‘utilizzo dell‘acetoina come fonte di carbonio ed energia (43) (FIG 1.10). FIG 1.10 Operone AcuABC La presenza di fonti di carbonio prontamente metabolizzabili nel mezzo di coltura generalmente comporta la repressione di sistemi genetici per l‘utilizzazione di fonti di carbonio secondarie e l‘attivazione di vie coinvolte nell‘escrezione di carbonio in eccesso. Nelle specie di Bacillus è evidente che l‘effettore non è l‘AMP ciclico come avviene invece in Escherichia coli (41). 16 Probabilmente nei ceppi wild-type di Bacillus subtilis, l‘acetiltrasferasi PTA è attentamente regolata ad un livello che consente di mantenere un sufficiente livello di AcsA nello stato deacetilato. I livelli di AcuABC sono probabilmente regolati a livello trascrizionale dove l‘espressione di acuABC è sotto il controllo della proteina regolatoria generale CcpA (carbon catabolite protein A) (41). Il fatto che CcpA controlli l‘espressione di acsA e di acuABC (44) si riflette sull‘importanza di modulare l‘attività dell‘AcsA sia ad un livello trascrizionale che post-traduzionale al fine di mantenere un pool di CoA libero tale da soddisfare le richieste di altri processi metabolici in cui questo importante coenzima è coinvolto. CcpA è dunque un regolatore chiave del metebolismo del carbonio in B. subtilis ed altri batteri gram positivi, e reprime la trascrizione di vari geni che codificano per proteine coinvolte nell‘utilizzazione di fonti di carbonio secondarie (45). CcpA attiva anche la trascrizione di geni coinvolti nell‘escrezione del carbonio. Questi geni includono pta e ackA che operano insieme nel convertire acetil-CoA ad acetato per l‘eliminazione nel mezzo di coltura (42, 46, 47). La proteina CcpA è un membro della famiglia dei repressori trascrizionali LacIGaIR e si lega a siti cre conservati nel sito promotore dei suoi geni target (48, 49, 50, 51). I membri di questa famiglia contengono un dominio amino-terminale di legame al DNA a struttura helix-turn-helix e una regione carbossi-terminale coinvolta nel riconoscimento dell‘effettore e nell‘oligomerizzazione (52). L‘attività di CcpA è controllata da HPr o dall‘omologo Crh, ed entrambi sono fosforilati da una chinasi ATP-dipendente durante la crescita in glucosio (53, 54 55 56). Mutazioni che bloccano questa via di controllo causano perdita della repressione operata dal glucosio di alcuni geni target e perdita della attivazione trascrizionale di ackA e pta (57, 58, 59, 60). Le due unità trascrizionali acsA e acuABC codificano per prodotti coinvolti nel metabolismo rispettivamente dell‘acetato e dell‘acetoina (FIG 1.11). Siti di controllo sono stati identificati nelle regioni a monte del gene ccpA nel cromosoma di Bacillus subtilis ed i livelli allo stato stazionario dei trascritti di acsA e acuABC sono ridotti durante la crescita in presenza di un eccesso di glucosio (42). 17 FIG 1.11 Ipotetico ruolo degli enzimi AcuA e AcuC nel catabolismo dell‘acetoina. AcoABC,sistema enzimatico dell‘acetoina deidrogenasi; AcoA, subunità della acetoina deidrogenasi TPP-dipendente; AcoB, subunità b dell‘acetoina deidrogenasi TPP-dipendente; AcoC, diidrolipoamide deidrogenasi; AcuA, proteina acetiltrasferasi; AcuC, proteina deacetilasi; GltA, citrato sintasi. I numeri tra parentesi indicano di seguito: 1, acetoina; 2, acetil-Co-A; 3, acetato; 4, ossalacetato; 5, citrato. 2e- , due equivalenti riducenti. Tuttavia la trascrizione sembra rispondere anche a fattori ambientali, inclusa la bassa pressione parziale di ossigeno, medium povero di nutrienti e elevate temperature (61, 62), caratteristiche da noi sfruttate nell‘espressione del gene ricombinante. Sembra improbabile che acetil-CoA, acetil-P e acetato operino direttamente sulla trascrizione di acs, quanto piuttosto in collaborazione con tutti questi fattori. Da ciò si evince come acs non sia un semplice gene indotto dal substrato e represso dal catabolita, quanto piuttosto un complesso circuito regolatorio in cui molti fattori esogeni ed endogeni assicurano la corretta trascrizione. 1.9 CONTROLLO POST TRADUZIONALE L‘attività della ACS è controllata post-traduzionalmente attraverso un sistema di acetilazione e deacetilazione. Una acetiltransferasi di recente scoperta, acetila il residuo K549 in B. subtilis e K609 nella maggior parte delle altre specie, rimanendo invariato in tutti i membri della superfamiglia delle luciferasi. L‘enzima acetilato (AMP-ACS-Ac) risulta inattivo, poiché tale modifica impedisce la adenilazione 18 dell‘acetato. AMP-ACS-Ac, in E. coli viene riattivata da CobB, una deacetilasi NAD+ dipendente, coinvolta anche nella deacetilazione degli istoni, che gioca un ruolo centrale connettendo il metabolismo centrale alla trascrizione e altre funzioni cellulari. In B. subtilis, la somiglianza di AcuA e AcuC a proteine acetiltrasferasi e deacetilasi suggeriva la possibilità che l‘operone acuABC potesse codificare in Bacillus subtilis per un sistema proteico di modificazione post traduzionale di acetilazione/deacetilazione (63). 1.10 ANALISI STRUTTURALE L‘ACS batterica è un monomero caratterizzato da un peso molecolare di circa 70 KDa. Nel caso specifico, ACS di Bacillus subtilis, è un monomero di 572 aminoacidi. Le sequenze geniche della superfamiglia AMP-forming condividono dal 20% al 40% di omologia di sequenza, con domini altamente conservati e altri specie variabili. La taglia media è compresa tra 500 e 700 aminoacidi, composta da un lungo dominio Nterminale di 400-550 aminoacidi e uno più corto C-terminale di circa 130 residui, con il dominio catalico all‘interfaccia tra i due. Il grande dominio N-terminale è organizzato in due foglietti β paralleli, che si ripiegano per otto volte, indicati come foglietti A e B; inoltre contiene un foglietto β antiparallelo distorto che si ripiega quattro volte (foglietto C). Gli ultimi 130 residui, che costituiscono il dominio C-terminale, iniziano con un piccolo loop contenente due filamenti antiparalleli, mentre la restante parte forma un foglietto β che si ripiega tre volte e che viene fiancheggiato per entrambi i lati da due α-eliche. I membri di tale superfamiglia, condividono dieci regioni altamente conservate, chiamate A1-A10. Un acido aspartico in A8 unisce il C-terminale all‘N-terminale. La regione A10, contiene l‘importante Lys 609 per E. coli o Lys 549 per B. subtilis, parte della sequenza consensus PXXXXGK. La regione A5 costituisce la tasca di legame per l‘ATP, la cui sequenza è W413WQTE. Trp 413 è orientato lontano dal sito attivo, mentre il Trp 414, è coinvolto nel legame al substrato. La sequenza Thr264-Gly273, a livello delle regione A3 gioca un ruolo importante nell‘orientare i 3 gruppi fosfato dell‘ATP, prima della semireazione. Il residuo cardine Lys 609 in E. coli o Lys549 in B. Subtilis è stato proposto essere il principale responsabile della rotazione di 104° a livello del C terminale, 19 consentendo ad entrambe le semireazioni di avvenire, attraverso un meccanismo di alternanza del dominio. Mutanti in questa regione non sono in grado di catalizzare la reazione. (64). FIG 1.12 Struttura tridimensionale di ACS e cambiamenti conformazionali proposti. (A) ACS nella conformazione AMP-forming, legata a propyl-AMP. (B) ACS in conformazione formante tioestere, legata a CoA e propyl-AMP. (C) Rappresentazione di 5 mutanti sovrapposti al wild type (verde). Dominio N-terminale (blu); CTerminale (rosa); regione A8 (gialla); Gly524 (sfera gialla); Cα della Lys609 in A10 (sfera nera). 20 FIG 1.13 Struttura e orientamento di ACS a livello degli aminoacidi che formano la tasca del sito attivo, determinata in presenza di propyl-AMP (A), CoA(B) 1.11 SPECIFICITA’ DI SUBSTRATO E ANALISI CINETICA L‘ACS è un enzima con una bassa specificità di substrato: in condizioni normali catalizza la formazione di acetil-CoA a partire da acido acetico, Coenzima A e ATP 21 (65), ma può operare su di una grande varietà di acidi carbossilici a basso peso molecolare come acido propionico, acrilico, fluoroacetico, metacrilico, 3-cloro-propionico e 3-bromo-propionico e glicina (66). Attraverso analisi di cinetica enzimatica è stato possibile sperimentare la specificità di substrato dell‘ACS utilizzando acidi carbossilici a catena corta diversi dall‘acetato. Analisi cinetiche riportano le seguenti costanti in relazione a diversi substrati: KM (µM) Kcat (S-1) Kcat/KM (µM−1·S−1) Acetato 6047±1024 276.8±21.4 0.045±0.008 Proprionato 9413±1709 261.0±20.8 0.027±0.005 Glicina 9450±1658 259.4±13.3 0.027±0.005 Ricordando che la KM esprime la specificità per il substrato: minore è tale valore, minore sarà la quantità di substrato necessaria a raggiungere la metà della velocità massima di reazione, il che indica una alta specificità per il substrato utilizzato. Dai valori tabulati, si nota come la specificità di substrato sia effettivamente bassa. Altra indicazione è l‘efficienza catalitica Kcat/KM in funzione dei diversi substrati, che indica il numero di molecole di substrato elaborate da 1 molecola di enzima ogni secondo. 1.12 LOCALIZZAZIONE E FILOGENESI Oltre che nei procarioti, l‘ACS è presente anche negli eucarioti, quali i lieviti e i mammiferi. In entrambi questi organismi sono presenti due isoforme di tale enzima. Nel lievito, ACS1, l‘enzima da noi espresso, è probabilmente presente nei perossisomi, necessario per la crescita in presenza di composti organici a 2 atomi di carbonio, mentre ACS2 potrebbe essere implicata nella produzione dell‘acetil-CoA a partire dal piruvato attraverso la via della piruvato-deidrogenasi (67). Nei mammiferi, invece, ACS1 è un enzima citosolico, principalmente presente nel fegato, che gioca un ruolo importante nel fornire acetil-CoA per la biosintesi degli acidi grassi e del colesterolo (68), mentre ACS2 si trova nella matrice mitocondriale soprattutto nel muscolo cardiaco e scheletrico (69). L‘acetil-CoA prodotto da questo isoenzima viene primariamente 22 utilizzato per la produzione di energia mediante il ciclo dell‘acido citrico, attraverso il quale viene ossidato a CO2. Vengono qui riportate le sequenze di circa 80 aminoacidi all‘N terminale, in cui si notano le regioni di omologia, relative ai domini più importanti, per quattro organismi modello: Staphylococcus enterica, Halobacterium salinarum, Saccharomyces cerevisiae e Homo sapiens, rispettivamente un procariote, un archea, il lievito, anch‘esso oggetto dei nostri studi, un eucariote. Come si può vedere, la Lys609 essenziale alla catalisi, viene conservata sempre. Ricordiamo che in B. subtilis viene acetilato il residuo Lys549. (70). 1.13 APPLICAZIONE IN DIAGNOSTICA L‘acetil Co-A sintetasi, prodotta in maniera ricombinante e poi purificata, viene integrata in un kit enzimatico che sfrutta le seguenti reazioni in maniera sequenziale: ACS Acetato + ATP + CoA Acetil-CoA + AMP + PPi L‘acetil Co-A formatosi, reagisce con l‘ossalacetato, substrato di una seconda reazione catalizzata dalla Citrato Sintati (CS) altro enzima del kit, generando citrato e Coenzima-A: Acetil-CoA + Ossalacetato + H2O CS Citrato + CoA L‘ossalacetato, necessario alla reazione precedente, proviene dalla reazione reversibile, mediata dalla Malato Deidrogenasi (L-MDH), che in presenza di NAD+ ossida L-Malato ad Ossalacetato restituendo NADH. L-Malato + NAD+ L-MDH Ossalacetato + NADH + H+ 23 La presenza del cofattore nicotinamidico ridotto, quindi diventa un indice per valutare l‘andamento della reazione globale. La variazione nella concentrazione del NAD+ infatti risulta essere proporzionale al consumo di ossalacetato, il quale a sua volta governa il consumo di acetil-CoA generato dalla reazione ACS dipendente. Tale livello è quantificato dalla variazione della misura della densità ottica della soluzione. Con lo sviluppo della reazione, infatti, si noterà un picco a 340 nm, lunghezza d‘onda assorbita dal NADH stesso, associato a diminuzione del picco a 260, indice di consumo di NAD+. La quantità di NADH formatasi, è proporzionale, seppur non in maniera lineare, alla concentrazione di acido acetico nel vino. Schema delle reazioni sequenziali governate dal‘azione di ACS, CS, L-MDH. FIG 1.14 1.14 INTERESSE INDUSTRIALE L‘interesse industriale per l‘enzima Acetil Co-A Sintetasi, risiede nella necessità di adempiere a normative europee e italiane circa il tasso in acetato nelle bevande sottoposte a fermentazione, in particolar modo il vino. Esiste già un documento detto ―etichetta del vino‖ che indica gli aspetti caratterizzanti il vino: la zona di produzione, il tipo di uve utilizzate, l‘alcolemia totale, nominativo del produttore e dell‘imbottigliatore. Tra le normative europee invece, grande risalto ha la misurazione 24 dell‘acido acetico, che costituisce l‘acidità volatile del vino, così chiamata per il fatto che tale acido è volatile in corrente di vapore e pertanto può essere separato dagli altri acidi. La sua presenza è un fatto negativo a differenza di quanto avviene per gli altri acidi, cosicché la sua determinazione diventa essenziale per la conoscenza del vino e per la sua conservazione. Una presenza di tale composto maggiore di 10 g/l poi, ha anche delle conseguenze negative per la salute, anche se riscontrare tali valori nel vino è molto difficile. Da un punto di vista tossicologico, infatti, risulta irritante per le vie respiratorie e corrosivo. Può causare edema bronchiale se inalato, mentre risulta in un elevato pericolo di perforazione dell‘esofago, bruciature gastro-intestinali, spasmi e vomito se ingerito. Va da se la necessità di regolamentare la sua presenza nelle bevande. La quantità di acido acetico presente nel vino (acidità volatile) si esprime in g/l o in meq/l e i limiti massimi stabiliti per legislazione italiana (D.P.R. 12/2/1965 n. 162) sono: Vini bianchi: 18 meq/l o 1,08 g/l Vini rossi: 20 meq/l o 1,20 g/l Per bevande alcoliche con gradazione superiore al 10% volume, il tenore massimo dell‘acidità volatile è pari ad 1/10 del grado alcolico. Le analisi attuali prevedono l‘utilizzo dell‘Acidimetro Jozzi. Si tratta di un apparecchio di distillazione in corrente di vapore formato da un generatore di vapore, un pallone per la distillazione, un pallone refrigerante per la condensazione e i condotti di collegamento. Assieme all‘acido acetico, volatilizzano pure l‘acido carbonico e l‘acido solforoso (SO2 e derivati) eventualmente presenti nel vino, che contribuiscono quindi a falsare il dato reale. L‘acido carbonico si allontana dal vino per agitazione prima dell‘operazione analitica; l‘acido solforoso va determinato a parte, come SO2 totale, e detratto poi dal dato complessivo: si ottiene l‘acidità volatile reale. L‘intera analisi risulta piuttosto macchinosa e viene eseguita in due ore circa, tempo necessario alla distillazione e al raffreddamento. Necessita di abilità manuale e di 200 ml di vino per una misurazione attendibile. Oltre all‘aspetto prettamente tecnico, rimane incerta anche la sensibilità e la specificità di tale strumento. Come tutti gli impianti di distillazione, poi, altro aspetto di non poco conto è la manutenzione e revisione periodica della macchina, con particolare attenzione agli aspetti di pulizia e taratura dello strumento. 25 Da qui la necessità di sviluppare una tecnica più immediata ed attendibile nelle risposte, che godesse anche di criteri di specificità nella misura del solo acetato in una miscela complessa di oltre 800 composti diversi, ovvero il vino, e sensibilità nel quantificare tale risposta. Un altro aspetto sicuramente importante, è la necessità di svolgere l‘intera misura in tempi rapidi, con poco quantitativo di reagente e in maniera pratica da un punto di vista delle operazioni manuali da svolgere. L‘enzima ACS da noi clonato, espresso e purificato va a sostituire la vecchia distillazione in corrente di vapore, generando un sistema di analisi sicuramente più immediato e preciso. Trattandosi di un sistema di misurazione su base proteica, poi, hanno anche notevole importanza, gli aspetti caratterizzanti l‘enzima stesso. Si è cercato, quindi, di ottenere un enzima stabile nel tempo, cioè che non degradasse o che manifestasse perdita di attività catalitica a distanza di tempo. L‘enzima deve anche essere termostabile, ovvero non influenzabile dalle temperature, all‘interno di determinati range, fornendo sempre la stessa risposta. Tale proteina deve essere poi perfettamente compatibile all‘interno del tampone di misurazione, subendo scarse interferenza da parte degli altri reagenti (altri enzimi del kit) e dei substrati diversi dall‘acetato. Nei nostri laboratori, abbiamo cercato di sviluppare tale sistema di misurazione, secondo i criteri precedentemente elencati. In particolar modo si è cercato di migliorare un kit diagnostico su base enzimatica esistente, in cui l‘enzima ACS rappresenta l‘aspetto economicamente rilevante. In un precedente kit, infatti, le tecniche di ottenimento di tale enzima rappresentavano una spesa che pesava molto nel prezzo finale di vendita del sistema diagnostico, generando un elevato costo specifico per ogni lotto commercializzato. Altro criterio, sicuramente ricercato infatti è stato quello del basso costo rispetto al kit già esistente. Ad oggi l‘enzima ACS ottenuto soddisfa tali requisiti, e risponde positivamente in termini di specificità e sensibilità dell‘output, determinando così la conclusione di tale progetto. 26 PARTE SECONDA SCOPO DELLA RICERCA Il goal primario della nostra ricerca è sicuramente l‘ottenimento dell‘enzima ACS perfettamente funzionante, e in linea con le richieste di interesse industriale precedentemente enunciate. La sua completa integrazione in un kit diagnostico nel comparto agro alimentare, presuppone la messa a punto e il perfezionamento di un protocollo di ottenimento per tale enzima. Un obiettivo collegato, risulta quindi anche essere la standardizzazione delle metodiche di ottenimento dell‘ACS ricombinante secondo un protocollo ben definito, in modo da avviare una produzione di questa componente del kit, completamente automatizzata per l‘operatore. Per far ciò abbiamo sfruttato inizialmente alcuni strumenti bioinformatici quali le banche dati genomiche Genbank ed EMBL/EBI per la ricerca del gene acs di diversi organismi procariotici. Grande risalto è stato dato anche alle informazioni provenienti dal database Swissprot, in cui venivano analizzate le sequenze aminoacidiche. In tale maniera abbiamo ottenuto le sequenze geniche dell‘acs di E. coli, B. subtilis e S. cerevisiae, sui quali abbiamo concentrato il nostro lavoro. In precedenti lavori, di cui forniremo solo accenni, è stato sfruttato anche la ricerca delle omologie di sequenza sfruttando Fasta. Questa necessità si è manifestata durante la ricerca del gene acs di Sulfolobus sulfataricus, esperimento poi accantonato, che aveva evidenziato 7 ORF ritenute delle acs putative. Ottenuta la sequenza genica, si è proceduto alle operazioni di clonaggio e amplificazione genica, introducendo in un secondo momento anche dei siti di restrizione terminali per poter favorire l‘integrazione di tale sequenza, previa digestione enzimatica operata da endonucleasi di restrizione, all‘interno di un vettore plasmidico di espressione. Notevole risalto è stato dato a questa porzione di lavoro. Si è passati infatti attraverso molti plasmidi, prima di trovare quello ottimale. Allo stato attuale si utilizza il vettore pET45 che possiede una His-TAG N-terminale che ne favorisce le successive metodiche di purificazione. L‘espressione proteica, nel ceppo BL21 di E. coli, in diversi terreni e in varie condizioni ambientali è stato un altro step molto laborioso: sono state allestite colture cellulari in terreni completi a diverso tasso aminoacidico e glucidico (LB e YT) e in terreni a minima concentrazione di nutrienti (M9), risultando questi ultimi in un miglior profilo di espressione proteica. Altri aspetti sensibili nella fase di espressione proteica sono sicuramente le temperature di reazione impostate a 37°C e l‘utilizzo di induttori della trascrizione. Ricordando il precedente capitolo in cui si illustrata lo switch 27 dell‘acetato, abbiamo arricchito tali terreni con varie fonti di carbonio, al fine di identificare il miglior pattern di espressione. Cellule che crescono in acetato, sembrano manifestare una miglior induzione del sistema di sintesi ACS, rispetto a cellule che crescono in glucosio. Ciò sicuramente deriva dalla capacità dell‘acetato di attivare il pathway di assimilazione dell‘acetato AMP-ACS dipendente, e quindi amplificare la sintesi dello stesso enzima. Sono state approntate diverse condizioni di crescita anche in funzione del tempo, con durata dell‘induzione proteica da 5 ore e 24 ore, senza evidenziare marcate differenze. L‘enzima così espresso è stato purificato e concentrato in una soluzione a pH e forza ionica ottimale. La metodica di estrazione proteica scelta, è stata quella della sonicazione a onde ultra soniche, che causa una disgregazione delle membrane plasmatiche e delle strutture cellulari, rilasciando la frazione proteica di interesse. Successivi passaggi sono stati la purificazione per affinità del prodotto proteico su colonne IMAC sfruttando il tag di istidine N-terminali dell‘enzima ricombinante e l‘integrazione in un buffer di reazione e conservazione idoneo. Per concludere, l‘intera soluzione è stata saggiata, sia nella condizione di lavoro industriale che attraverso saggi associati alla riduzione di NAD+ a NADH, di cui parleremo in dettaglio in seguito. Passaggi ulteriori saranno l‘allestimento di saggi per quantificare le unità enzimatiche, attraverso il dosaggio proteico, aspetto questo che conclude il nostro lavoro prettamente metodologico. Sviluppi auspicabili sono la ricerca di altri geni acs, provenienti da altri microorganismi, il miglioramento del profilo di espressione degli enzimi ACS disponibili, nonché il miglioramento delle condizioni di conservazione dell‘enzima in forme più stabili, quali ad esempio la liofilizzazione. Tutti gli aspetti sin qui brevemente trattati verranno sviluppati nelle successive sezioni di questo lavoro, fornendo una visione globale e dettagliata su quanto sinora studiato e operato sul prodotto genico e sull‘enzima acetil-CoA sintetasi. 28 MATERIALI E METODI PARTE TERZA Il lavoro da noi affrontato può essere definito da 5 fasi sperimentali: 1- Identificazione, isolamento e clonaggio del gene codificante la proteina bersaglio 2- Espressione in un sistema eterologo 3- Purificazione e caratterizzazione della proteina ricombinante 4- Allestimento di saggi di attività specifici 5- Progettazione, produzione e caratterizzazione di versioni mutate 3.1.1 IDENTIFICAZIONE GENE acs Una prima indicazione sugli aspetti qualitativi dell‘enzima ACS deriva dal lavoro di ricerca effettuato all‘interno di banche dati bioinformatiche. In particolar modo, il primo passo è stato l‘ottenimento della sequenza genica dell‘acs di diversi organismi. Sfruttando i database primari NCBI e GENBANK (72) siamo stati in grado di ottenere tali sequenze, che di seguito riportiamo: acsA di Bacillus subtilis, 1869 bp (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/entrez/viewer.fcgi?db=nuccore&val=50812173) 1 61 121 181 241 301 361 421 481 541 601 661 721 781 841 901 961 1021 1081 1141 1201 1261 1321 1381 1441 1501 1561 1621 1681 atgaacttga acgtaccggc aaactgaatg gtagcgcttt gaagaatcaa cgcgttttta aaaattggcg cggcttgaaa ccggtagaca ggcacgaata gaatggatgg ccaaagggcg gtccttgatt ggtacggtat ggacgtttca tacagcgcgc tatgatctaa atcagatggg acgggcagtc aagccgattc taccgaatgg aataaccctg tctgcttaca atgacctccg gctattgcag gcctttattg ctatttgtaa aagcttccga aatctgccgg aagcgttacc attttgattg cggcgtatga attataaaga acagagccgg tttttatgcc ccatcgccgg acagtgaggc aactgcctca tcatcaatta ataaaaaaga tgttgcatgt taaaggaaga acggcatttt gcccggaaag cgacagcttt cttcactccg gacataaagt agctcatctg caggagtgga gcaatctcgc aaaagtatga tggatgaaga gtgagcgcgt aagcaggcgt cactcaggga agcagggtct aaaccagaag ctggagatct agcaatagag ggccgaggca agcgattgac cgcaaaaagg gaatgtgctg gagatcaccc gccgctgttc aaaggttgtt cttgcagcat tgatgaagca cggctttctg ccatgaagcg agacatttat tgcaccgtgg ctggtatgga tcggatgctg gcatgtgctc ttttaacaaa caactatcct ggcagcgatc catcaaaaag atcgtatttc gggatacttt cggcccattt tatcggaaag aggatttgag tgcagcccat cggaaagatc gtcaacaatg 29 ggggatcata gagaaacatt cgccatgccg gatgaaaaat agacggtatg gagctttatt gaagcattta gtcacaacgc gtcttcgtag gcgaaacagg cttcactata atgattcagc tggtgcacgg ctgaacggag acgattgaac atgggagcgg agtgtcggtg cgaatccatg tgcatggata gttgacaatc ggctggcctt atgccgggcg tggttccaag gaagtggaaa cctgacccgg ccgtctgata gcggctccgc atgaggcgcg gaggattaa acttaaaaaa tctcttggca aatcgtttcg acacatttaa gaaatgtgga ttattatgct tggagggagc ctgagctgct tcgggggaga aaagcacaag catcaggttc aatatcaaac ctgatccagg cgacaaatgt agcttggcgt gagatgaaat agccgctaaa atacctggtg ttaaaccggg aaggcaacga ccatgatgca gctggtatgt gcagagttga gcaagcttgt tgcgtggaga aactgaaaga gtgagatcga tgctgaaggc ctatgaagaa tgagacaggg aaaaaacaaa agaaatgaag aaaaggggac tggcgcaatc ggtgaaagac ggagagaata ggctgagagc attggatatc cactggtacg aggaaagtgg ctgggtgaca catcgtcggc caatgtctgg ggctgcgaaa tccggaagtc gatgaccgaa ttcaatgggt gctaccgccg taccatttgg gtctggggat tgacgtcatc cgaacatccg aatcattaaa agagatccgc atttaaagat atgggagctt acs di Escherichia coli strain K12, 1959 bp (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/entrez/viewer.fcgi?db=nuccore&val=49175990) 1 61 121 181 241 301 361 421 481 541 601 661 721 781 841 901 961 1021 1081 1141 1201 1261 1321 1381 1441 1501 1561 1621 1681 1741 1801 1861 1921 atgagccaaa cctcagcagt gaacagggaa gcccccggta tgccttgacc gacgccagcc gccaataccc atggtgccgg gtgattttcg cgactggtga aacgttgatg aagcgtactg gttgagcaag attctctaca tatctggtgt tactggtgca ctggcctgcg cgtatggcgc atccgcgcgc cgcattctcg aaaatcggca ttcatgatca ttcttcggcg gaaggtagcc cacgaacgtt ggcgcgcgtc aacgtctccg aagattgccg gcctacgtca aactgggtgc tccctgccta ggcgatacca ctgcttgaag ttcacaaaca acgaggcgat aaattcttga atgtgtccat gccatctgca agagcaaaca tgctcgagct aagccgcggt gcggcttctc tcacttccga acgcgctgaa gcgggaaaat cgagcgatca cctccggttc acgcggcgct ccgccgatgt gtgcgaccac aggtggtgga tgatggcgga gttccgtggg acgagaaatg ccccgctgcc tgcaaccggc tggtaatcac ttgaacagac gcgatgaaga gtcaccgtct aagccgccgt cgcttaatca gtaaagagat aaacccgctc gcaacctggg agaagcaggc caccattcct gtatcaacaa ctggatcaaa taaatggtac agaaaacggc tatcagctat gggcattaaa tgcgatgctg gccggaagcc cgaaggtgtg aaacccgaac tgactggcag gcaccaggcg taccggtaag gacctttaaa gggctgggtg gctgatgttt caagcatcag aggcgataaa cgagccaatt tccggtggtc tggcgctacc gctggtcgat cgactcctgg ctacttctcc tggctattac ggggacggca agtaggtatt cggggaggaa tggcccgctg cggcaaaatt cgatacctcg tatcgcgatg gccaacatcg tctattaacg ccttaccaga gaggacggca gatcgtaccg aaagagctgc aaaggtgatg gcctgcgccc gttgccgggc cgtgccgggc gtcaccagcg gaagggcgcg gaagagatga ccaaaaggtg tatgtctttg accggacaca gaaggcgtac gtcaatattc gcgatcgaag aacccggaag gatacctggt gagctgaaag aacgaaggta ccgggtcagg accttcaaaa tggataaccg gagattgagt ccgcacaata ccgtcaccag gcgacgccag atgcgccgta acgcttgccg ccatcgtaa cagaccgttg tacctgatac aggtgaaaaa cgctgaatct ccatcatctg accgcgacgt tggtggcgat gcattggcgc gcattattga gcagtattcc tagagcatgt acctgtggtg acgccgaaga tgctgcatac attatcatcc gttacttgct ccaactggcc tctataccgc gcaccgaccg cgtgggagtg ggcagaccga ccggttcggc acccgctgga cgcgtacgct atatgtattt ggcgtgtgga cggcgctggt ttaaaggtca aactgtacgc acgtgctgca ttctgcgcaa atcctggcgt cctgataaac cttctggggc cacctccttt ggcggcaaac ggaaggcgac ctgccgcttc ttatatgccg ggtgcattcg ttccaactca gctgaagaaa ggtggtactg gcacgacctg tccgctgttt taccggcggt gggtgatatc gtacggcccg gacgcctgcc acccacggcg ttcgtcgctg gtactggaaa aaccggcggt aacacgtccg gggggccacc gtttggcgat cagcggcgac cgacgtgctg ggcgcatccg ggcgatctac agaagtccgc ctggaccgac aattgcggcg agtcgagaag acs1 di Saccharomyces cerevisiae, cromosoma 1, 2142 bp (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/entrez/viewer.fcgi?val=NC_001133) 1 61 121 181 241 301 361 421 481 541 601 661 721 781 841 901 961 1021 1081 1141 1201 1261 1321 1381 1441 1501 1561 1621 1681 atgtcgccct ttgaaagcaa gaacatttga gcaattgcta aaggagtcta tggtctaagc cagaacaatg catgccttga ggctattcca acttactcta gaagcaatca gccgggtttt atcactacag gacgcgctaa ccatctgttg aagacctact tctggttcta gctttgttga ggagacattg tgtgccactt attattgatg aaaagagctg tcggtcggtg aatgaaatcc ccgctggctg attgatgcag ggtgtccttg gataggtatc gctgcaaagg ctgccgtaca aaatgtccca cttcggtcaa cccactattc ttgaagaccc cattcgataa catggttcct agactcctaa ttacctacaa tgggcgttcg taaccttgtt cttccaactc atgaatccaa gagagacccc ctttccatgc atccatgcac ctggtgcccc ccatgcgcta gctggattac tggtctttga aacacaaagt gtgattccta agccaattgc ccattgtaga gtggtgttac ttgttcttga ccgtcaaagc tagacactta ataaggatgg atcatcaaaa gtctgccgcc gatcgtgcca tccacacttg tgctaagttc ggtgttcatc caacggccaa caagaaagcc ggaactactt caagggcgat ggccatttcc cttgagagat cagaggtggt aggcgtgaga ccccagagat acccgttgat caagggtgtt cacttttgac aggccacact agggactcct cacccaattt catcgaaaat tgctgaagtt cacctactgg accaatgaaa ccctaacact tgcatggcca tttgaaccct ttatatctgg 30 ctagaagaac actgcgcagc caacggccca gacgggttgc ttcggttcta ccagacccta ttaaacgcct attattttcg gaagaagttt actgttgccg cgtatcggtg cgtatcaacg aaagtcattg cacgtcttgg ttggattggg tctgaggatc caacattcta actcaccaag tatgtggttt gcgtacccaa tatgttgcgc cattccttaa tgggagtggt caaacagaat ccgggttctg ggtgaagaac tcatttgcaa taccctggct attttgggtc agtcaagtga agaagaagga tctcagatag aggactatca aagctaccca aaacgggcag gttacaactg aaggtgacga gtcaagtggc tgtacatgcc ccattcactc atggggactc agactaaaag tttatagaaa caacagaaaa cattattctt ccgcaggtta aagacgtttt atggtccctt attactcccg caactgcttt aatctttgcg actctgaaaa ctggttcgca cctcattccc ttaacaccag gaactatttg actatttcac gtgtagacga aattgacaag acatgagtat actgcagccc gcgcttgcac atttttaaac gccctccttc tgttgacaga gcctggccaa acaagtgctg tatggtccca cgtagtcttt taaagttgtc aattgttgat gaccaacaat gaagaaatac gttgtatacg cttgctggga cttcacagct actatatggt ttattgggat gcgtttgttg ttgcttgggt aataggtaaa tctggtcacc cttcttcggt ccacgcagag gaaaaatcat tggtgatggt tgtggtgaac 1741 1801 1861 1921 1981 2041 2101 gtctctggtc gtggccgagt tttgtggtgt atcaagaagc ttgatcattt ttaagaaaaa cctggcattg accgtctgtc gtgctgttgt tgaaaaacaa atttggtctt tagtggatga tcctagcagg ttagacatct taccgctgaa cggattcaac atctagttgg tactgttaga cttgcccaag agaaagtgac aattgattcg attgaggctg gatgacttga tccaccgcaa aaagacatcg acaagatccg caactaggcg gtcaagttgt ctattatcga ctggtcaagc cagatgatga ggccatttgc gcaaaattat acgtttctac aa agatccaatt agttgctgca attacaagat cgcaccaaaa gagacgtatt attgtcaaac I genomi di B. subtilis, E. coli e S. cerevisiae, sono noti e completamente sequenziati, quindi siamo stati in grado di ottenere delle sequenze sicure e univoche che si riferissero al gene acs da noi cercato. Gli sviluppi su acs di E. coli sono stati portati a termine con successo nel precedente lavoro e qui riporteremo solo le fasi salienti. Altre sequenze geniche da noi indagate, in lavori passati, sono quelle di Sulfolobus sulfataricus, Listeria monocytogenes, Pseudomonas aeruginosa, Methanotrix. Purtroppo, per diversi motivi, questi sviluppi sono stati abbandonati, mentre il lavoro principale si è concentrato su acs di B. subtilis, gene di riferimento. 3.1.2 ISOLAMENTO E CLONAGGIO Si è scelto di isolare i geni utilizzando il metodo di clonaggio diretto tramite PCR (polimerase chain reaction). Il primo step è stata la formulazione di primers oligonucleotidici complementari alle estremità 3‘ del filamento codificante (primer forward o F) e 5‘ del filamento antiparallelo (primer reverse o R). Sono stati così disegnate le seguenti sequenze nucleotidiche con i codoni di inizio e termine trascrizione sottolineati: acs di B. subtilis ACSBac forward: GCATGAACTTGAAAGCGTTACCAGCAATAGAGG ACSBac reverse: CTTTTAATCCTCCATTGTTGACAGATCTCCAGCC acs di E. coli ACScoli forward: GCATGAGCCAAATTCACAAACACACCATTCCTGC ACScoli reverse: CAATTGTGGGTTACGATGGCATCGCGATAGC acs di S. cerevisiae ACSyeast forward: ATGTCGCCCTCTGCCGTACAATCATC ACSyeast reverse: TACAACTTGACCGAATCAATTAGATGTCTAACAATGC 31 I primers così formulati hanno una lunghezza di circa 30 nucleotidi, che consente un appaiamento stabile con il DNA parentale. Il calcolo della temperatura di melting (Tm) definita come la temperatura alla quale la metà del DNA in soluzione si trova nello stato a doppia elica e la metà in quello denaturato, è calcolata seguendo una formula empirica: Tm = 64.9°C + 41°C x [%(G+C)] – N/500 Dove G e C sono rispettivamente il contenuto in guanine e citosine, mentre N è il numero totale di basi. Egualmente importante risulta essere la temperatura di annealing (Ta) , in cui avviene l‘appaiamento tra filamenti singoli di DNA. In PCR è necessaria per mediare un corretto appaiamento tra oligonucleotidi e DNA templato, prima che la Taq Polimerasi catalizzi la fase di elongazione. La miscela di reazione per la PCR viene così preparata: DNA 6 l Primers 16 l miscela: 2 l F + 2 l R + 96 l H2O dNTP 10mM 10 μl AccuTaq buffer 10x 20 l H2O 148 l AccuTaq polimerasi (1U/μl) 6 l Tale miscela è stata poi suddivisa in 4 provette da 50 μl e sottoposta alla reazione di amplificazione utilizzando un apparecchio termostatato ad effetto Peltier (GenAmp PCR System 2400-Perkin Elmer). La versione della Taq polimerasi utilizzata in questa fase è l‘AccuTaq, DNA-polimerasi termostabile specifica per le reazioni di PCR, caratterizzata da una più bassa frequenza d‘errore. Le variabili su cui abbiamo lavorato in questa fase della clonazione, sono la Ta e il numero di cicli. Sono state fatte diverse prove, prima di impostare come ideale la Ta=66°C e un numero di cicli x=25 per B. subtilis. Per E. coli Ta=70°C e x=25. Per S. cerevisiae Ta=64°C e x=30 cicli1. Primers diversi posseggono Ta diverse. La durata di ogni singola fase di PCR e le altre temperature di reazione sono riportate in figura. 1 Per ACSyeast viene impostata una durata della fase di elongazione pari a 2‘ 32 Meccanismo della reazione polimerasica a catena (PCR) 33 3.1.3 CONTROLLO IN ELETTROFORESI SU GEL D’AGAROSIO Per verificare se il frammento di DNA, nel nostro caso il gene acs, è stato amplificato, si procede con un‘analisi su gel di agarosio allo 0,8%. Per la preparazione del gel analitico allo 0,8% si pesano 240 mg agarosio che vengono disciolti in 30 ml di tampone TAE 1X (Tris-acetato-EDTA buffer) e portati ad ebollizione; quando la soluzione diventa limpida si lascia raffreddare e si aggiungono 1,5 l di bromuro di etidio (10 mg/ml), un agente intercalante che mette in evidenza le bande del DNA quando il gel viene sottoposto ad irraggiamento con lampada ultravioletta poichè in grado di emettere luce fluorescente. Per l‘analisi si prelevano 5l di DNA da ogni provetta dell‘amplificato e vi si aggiungono 1l di Loading Dye 6X, una soluzione contenente glicerolo che facilita l‘introduzione del campione nei pozzetti del gel. Oltre ai campioni viene caricato anche il marker dei pesi molecolari GeneRulertm 1 kb DNA Ladder. La corsa viene condotta per 45 minuti a 80V e una volta terminata, il gel viene irradiato con lampada UV per visualizzare i frammenti di DNA presenti nell‘amplificato. Grazie alla presenza del marcatore è possibile determinare la lunghezza del filamento amplificato e verificare se corrisponde a quella del gene di interesse; inoltre l‘intensità della luminescenza dà un‘indicazione sulla concentrazione del frammento amplificato. acsBAC: Gel d‘agarosio relativo alla prima reazione di amplificazione del gene acs con PCR. 3.1.4 PURIFICAZIONE DEL DNA AMPLIFICATO Il passaggio di estrazione e purificazione del DNA, è necessario per massimizzare la quantità di frammento amplificato, eliminando il materiale genetico che interferisce, come nucleotidi liberi, frammenti non di interesse, primers e Taq Polimerasi stessa. 34 Il primo passaggio è la preparazione di un gel allo 0,8% con 400 mg di agarosio disciolto in 50 ml di tampone TAE 10X, in cui vengono caricati 400 µl totali di prodotto della prima PCR, suddivisi in 30 µl per ogni pozzetto. La corsa elettroforetica avviene a 80 V per circa 1 h. Per la purificazione è stato utilizzato il kit MiniElute Gel Extraction della Quiagen, specifico per i frammenti di DNA con una lunghezza compresa tra 70 bp e 4 kb. Le operazioni previste dal protocollo possono essere così schematizzate: tagliare la banda del gel contenente il frammento. È opportuno prelevare la massima quantità di gel con il materiale genetico e limitare quella di gel pulito; pesare la banda con il DNA ed aggiungere 3 volumi di tampone QG, in modo da portare il gel in fase liquida; incubare la soluzione a 50°C per 10‘, o almeno per il tempo necessario a far dissolvere completamente il gel; per aiutare la dissoluzione è possibile mescolare la soluzione ogni 2-3‘. Il tampone QG contiene un indicatore di pH che conferisce a questo una colorazione gialla (pH 7,5); se, una volta avvenuta la dissoluzione del gel, la colorazione resta tale, si avrà la massima affinità del DNA con la resina presente nella colonna; se, invece, il colore della soluzione vira al violetto, allora è necessario aggiungere un piccolo volume di acetato di sodio 3 M a pH 5, per riportare il pH al valore ottimale; aggiungere 1 volume di isopropanolo alla soluzione e mescolare per inversione; inserire la colonna miniElute in una provetta da 2 ml. Questa colonna è costituita da una matrice di silice a cui il DNA si lega attraverso diversi tipi di interazioni; caricare il campione in colonna, centrifugare per 1‘ e scartare il non-affine. Poiché la colonna ha una capacità massima di 800 μl, è necessario caricare il campione in più passaggi; aggiungere 500 μl di tampone QG alla colonna, centrifugare per 1 minuto e scartare il filtrato; lavare la colonna con 750 μl di tampone PE e scartare il liquido di lavaggio. È consigliabile procedere con un‘ulteriore centrifugazione a 13.000 rpm per eliminare eventuali tracce di etanolo; lasciare a temperatura ambiente per almeno 10‘ per permettere all‘etanolo di 35 evaporare naturalmente; eluire il DNA con 200 μl di tampone EB (10 mM Tris/HCl, pH 8,5) o H2O posti al centro della resina e lasciati a riposo per almeno 1 minuto, per permettere la completa idratazione della matrice. Una volta raccolto l‘eluato della colonna si procede ad un controllo elettroforetico in gel di agarosio analitico allo 0,8%, per verificare l‘avvenuta purificazione del frammento. 3.1.5 INSERIMENTO DEI SITI DI RESTRIZIONE Il frammento genico proveniente dalla prima PCR, viene amplificato nuovamente, utilizzando stavolta dei primers che contengono al loro interno dei siti di restrizione unici non presenti nel gene acs, sensibili alla digestione enzimatica operata da endonucleasi di restrizione, nella successiva fase. Le sequenze nucleotidiche di tali siti di restrizione, non compaiono all‘interno del gene acs, in modo da impedire il taglio di quest‘ultimo in una regione intragenica. Sono stati così formulati i seguenti primers con i siti unici di restrizione sottolineati: acs di B. subtilis Sito ACSBac forward: GAACCATGGACTTGAAAGCGTTACCAGCAATAG NcoI ACSBac reverse: GGGGAATTCTTAATCCTCCATTGTTGACAGATC EcoRI acs di E. coli Sito ACScoli forward: GTGAATTCTGGGTTACGATGGCATCGCGATAGC EcoRI ACScoli reverse: GGCCATGGGCCAAATTCACAAACACACCATTCC NcoI acs di S. cerevisiae Sito ACSyeast forward: ATACCATGGCGCCCTCTGCCGTAC NcoI ACSyeast reverse: GGGAATTCTTACAACTTGACCGAATCAATTAGATG EcoRI Anche in questo caso è stata preparata una miscela del volume di 200 μl che è stata successivamente ripartita in 4 provette da 50 μl: 36 DNA 4 l Primers 16 l miscela: 2 l F + 2 l R + 96 l H2O dNTP 10mM 10 μl AccuTaq buffer 10x 20 l H2O 150 l AccuTaq polimerasi (1U/μl) 6 l Nella seconda PCR, solitamente si imposta la Ta su valori più bassi, poichè diminuisce il livello di complementarietà tra oligonucleotidi e templato, a causa dell‘introduzione dei siti di restrizione che non esistono nel DNA parentale ovvero il DNA prodotto dalla prima PCR. Diminuendo la Ta , quindi, si aumenta la stabilità dell‘appaiamento e diminuisce la probabilità di associazioni non corrette. Vengono quindi impostate le seguenti Ta, mentre il numero di cicli viene impostato su 25. Gli altri parametri, ovvero la temperatura e la durata della altre fasi di PCR rimangono speculari alla prima amplificazione: ACSBac 56°C ACScoli 62°C ACSyeast2 64°C Successivamente si procede all‘analisi per elettroforesi in gel d‘agarosio allo 0,8% per valutare la bontà dell‘avvenuta amplificazione genica. 2 Per ACSyeast viene impostata una durata della fase di elongazione pari a 2‘ 37 3.1.5.1 PURIFICAZIONE CONTENENTE DEL I SITI FRAMMENTO DI RESTRIZIONE La purificazione viene effettuata utilizzando il kit MiniElute Gel Extraction della Quiagen, seguendo la procedura illustrata in precedenza. Un nuovo controllo elettroforetico ci dà infine conferma della buona riuscita del processo. A seguito dell‘eluizione in 200 µl di EB, avremo una soluzione concentrata di DNA contenente i siti unici di restrizione, sensibili al successivo passaggio enzimatico con endonucleasi di restrizione, più semplicemente definito ―digestione‖. 3.1.5.2 DIGESTIONE DEL FRAMMENTO AMPLIFICATO, CON ENZIMI DI RESTRIZIONE La digestione è quel passaggio che rende le estremità della sequenza genica da noi amplificata, complementari a quelle di un vettore plasmidico, necessario nelle successive fasi della clonazione. Tale vettore infatti, a seguito di una reazione di ligazione potrà integrare correttamente tale sequenza genica ed essere utilizzato come vettore di espressione o per la costruzione di una libreria genica. Il vettore così trattato viene definito correttamente processato. Importante risulta quindi essere il passaggio catalizzato dalle endonucleasi di restrizione o deossoribonucleasi. Tali enzimi riconoscono una sequenza consuensus di circa 8 basi, all‘interno della doppia elica di DNA da digerire, differente per ogni enzima. Il successivo passaggio è l‘idrolisi tra due nucleotidi prossimali a livello del gruppo fosfato al 5‘, restituendo di fatto, due frammenti di DNA. Tali enzimi riconoscono come target, delle sequenze palindromiche, ovvero identiche se lette secondo la stessa polarità nei due filamenti, ed operano un taglio nucleotidico allo stesso livello dei due filamenti. Per tale motivo, gran parte delle endonucleasi sono dimeri che restituiscono dei frammenti di DNA definiti con estremità coesive o ―sticky ends‖. La doppia digestione, che prevede l‘uso contemporaneo di due enzimi di restrizione diversi, rende necessaria la scelta di un tampone di reazione che sia ottimale per entrambi. Consultando tabelle di compatibilità fornite dalla casa produttrice di enzimi, è possibile scegliere il tampone ottimale per ogni coppia di enzimi. Nel nostro caso viene utilizzato il buffer H che fornisce un ambiente a forza ionica e pH compatibile per la coppia di enzimi da noi utilizzata. 38 Il buffer H è disponibile in forma dieci volte concentrata e viene aggiunto nella misura di 1:10 del volume totale della miscela di reazione finale. B. subtilis E. Coli S. Cerevisiae NcoI C↓ CATGG GGTAC↑ C F EcoRI G↓ AATTC CTTAA↑ G R NcoI C↓ CATGG GGTAC↑ C F EcoRI G↓ AATTC CTTAA↑ G R NcoI C↓ CATGG GGTAC↑ C F EcoRI G↓ AATTC CTTAA↑ G R Il DNA acsBac3 viene digerito trattandolo in questo modo: DNA 180 μl buffer H 10X 20 μl enzima di restrizione NcoI 2,5 μl (10U/μl) 2,5 μl enzima di restrizione EcoRI (10U/μl) La digestione viene condotta a 37°C over night e viene successivamente verificata con una corsa elettroforetica su gel d‘agarosio allo 0,8%. Al fine di rimuovere le tracce di enzimi e di concentrare il DNA, il campione è stato purificato seguendo il seguente protocollo, previsto dal kit NucleoSpin Extract II: 3 • aggiungere al campione due volumi di tampone NT; • inserire la colonna NucleoSpin in una provetta da 2 ml e caricare il campione; • centrifugare a 13.000 rpm per 1‘ e scartare il filtrato; Le quantità sono equivalenti anche per acscoli e acsyeast 39 • aggiungere 600 μl di tampone NT3, centrifugare a 13.000 rpm per 1 minuto e scartare il filtrato; • centrifugare a 13.000 rpm per 2‘ per rimuovere totalmente il tampone NT3. Poichè eventuali tracce di etanolo, contenuto nel tampone NT3, potrebbero interferire con i passaggi successivi, questo deve essere rimosso; in aggiunta alla centrifugazione, quindi, si può procedere con un‘incubazione della colonna a 70°C per 2-5‘ prima dell‘eluizione; • porre la colonna in una provetta da 1,5 ml pulita; aggiungere 50 μl di tampone di eluizione NE ed incubare a temperatura ambiente per 1 minuto per aumentare la quantità di DNA eluito; • centrifugare a 13.000 rpm per 1 minuto. Si ottiene, così, un volume di eluato di 50 µl finale, in cui è utile andare a stimare la concentrazione del gene acs purificato. Viene approntato un saggio di stima diretta, per confronto con delle quantità scalari di DNA campione, da analizzare in gel d'agarosio. Il DNA così preparato può venire conservato per un periodo di qualche mese a -20°C senza problemi. 3.1.6 OTTENIMENTO DEL VETTORE pET-29/acsBac 3.1.6.1 PREPARAZIONE DEL VETTORE pET-29 Il vettore di clonazione utilizzato in questa fase del nostro lavoro è il pET-294. Il pET-29 è un plasmide facilmente lavorabile, caratterizzato da un sito multiplo di clonaggio (MCS), un gene per la resistenza all'antibiotico kanamicina (kan), un origine autonoma di replicazione(ori) e un promotore specifico per la RNA-polimerasi del fago T7 che opera il controllo trascrizionale. 4 Nei precedenti lavori è stato utilizzato il plasmide pJET – ampicillina resistente 40 Il plasmide viene digerito con gli stessi enzimi di restrizione utilizzati per il frammento al fine di creare estremità coesive compatibili per la successiva reazione di ligasi. Viene così creato un vettore linearizzato. La miscela di reazione è la seguente: pET-29 90 μl buffer H 10x 10 μl enzima di restrizione EcoRI (10U/μl) 2,5 μl enzima di restrizione NcoI (10U/μl) 2,5 μl 41 Come visto in precedenza la digestione viene condotta a 37°C overnight. Successivamente si verifica l‘avvenuta digestione tramite gel analitico allo 0,8% e si procede con la purificazione utilizzando il kit MiniElute Gel Extraction. Figura 3 6 Gel d‘agarosio relativo alla digestione del plasmide e del frammento acsBac amplificato con la seconda PCR. (1) e (2) sono i frammenti (1869 bp.); (3), plasmide (5371 bp); (L), DNA Ladder. Al fine di evitare che il plasmide si richiuda su se stesso nella successiva fase di ligazione, è necessaria un digestione in fosfatasi alcalina (AP). Questa reazione catalizza l'idrolisi del gruppo fosfato terminale, nei nucleotidi all'estremità in cui è avvenuto il taglio, garantendo di fatto che il vettore linearizzato non trovi le strutture ideali per una eventuale autoligazione. pET-29 linearizzato 90 μl buffer AP 10x 10 μl AP (1U/μl) 2 μl La miscela è stata tenuta a 37°C per tutta la notte e successivamente purificata per eliminare l‘enzima ed eventuali agenti interferenti. Tramite un ulteriore passaggio di purificazione (Nucleobond filters) eliminiamo nucleotidi liberi ed enzimi, ottenendo il vettore pronto per la ligazione successiva, caratterizzato da: 5 • Estremità acsBac5 • Basso numero di vettori richiusi su se stessi • Assenza di agenti interferenti pET-29 digerito è compatibile sia con acsBac che con acscoli e acsyeast 42 Faccio una stima della concentrazione di DNA diretta, tramite analisi in gel d'agarosio allo 0,8% per quantificare il materiale genetico purificato. 3.1.6.2 LIGASI pET-29 e acsBac DIGERITI NcoI e EcoRI Dopo aver digerito frammento e plasmide con gli stessi enzimi di restrizione, si procede con la ligazione, il passaggio attraverso il quale il gene dell‘acs viene inserito all‘interno del vettore di clonazione. La miscela di reazione viene così allestita: prova controllo vettore pET-29 2 μl 2 μl inserto acs 5 μl buffer 10X 2,5 μl 2,5 μl H2O 15,5 μl 20,5 μl ligasi T4 (400U/μl) 0,5 μl 0,5 μl diluito 1:10 rispetto al volume finale La miscela viene posta in bagnetto termostatato a 16°C over night. Contemporaneamente è stata preparata anche una miscela di controllo, nella quale i 5 μl di inserto sono sostituiti da un‘uguale quantità di H2O; questa operazione è indispensabile per verificare la capacità del vettore di chiudersi su se stesso e poter valutare successivamente alla trasformazione, quale è la probabilità che vi siano nella prova colonie in grado di esprimere la proteina. Poiché vettori che tendono ad autoligarsi, hanno minore capacità di accogliere al loro interno il frammento, un numero alto di colonie nel controllo sarà indice di un processo di ligazione scarsamente efficiente nella prova e quindi di una minore probabilità di trovare in questa colonie di cloni ricombinanti. 43 3.1.6.3 TRASFORMAZIONE DI CELLULE DI E. coli CEPPO DH5α6 CON pET-29/acsBac Con la trasformazione, il plasmide contenente il gene acs (pET-29/acsBac) è stato introdotto all‘interno di cellule batteriche. In questa fase del nostro lavoro, lo scopo principale era quello di amplificare il prodotto di ligazione; per questo motivo abbiamo scelto di trasformare cellule di E.coli del ceppo DH5α (cellule competenti) che presentano una notevole capacità di replicazione nei confronti del plasmide introdotto. La procedura viene condotta in condizioni di assoluta sterilità: • scongelare su ghiaccio le cellule competenti (conservate a -80°C); • aliquotare 80 μl di cellule (corrispondenti a 108 cellule) in provette sterili; • aggiungere il DNA in quantità compresa tra 25 μl; • incubare su ghiaccio per 20‘; • procedere con lo shock termico incubando a 37°C per 2‘; • aggiungere 900 μl di terreno LB preriscaldato a 37°C; • incubare a 37°C per 20‘; • centrifugare a 3.000 rpm per 2-3‘; • aspirare 900 μl del supernatante; • risospendere il precipitato con il supernatante residuo; • seminare su piastra agar-LB contenente kanamicina 30 mg/ml, in quanto il vettore utilizzato contiene il gene per la resistenza a questo antibiotico; • incubare le piastre per tutta la notte a 37°C. La stessa procedura viene seguita utilizzando la miscela di controllo contenente il solo vettore pET-29 senza inserto 3.1.6.4 SCREENING DELLE COLONIE DH5α /pET-29/acsBac Una volta cresciute le colonie, si valuta quella che è stata l‘efficienza del processo di ligazione, osservando il numero delle colonie cresciute nella piastra di controllo. L‘informazione che ci viene data dalla piastra di controllo è solo di carattere statistico, e serve sostanzialmente per valutare se intervenire su un processo di ligazione scarsamente efficace, al fine di aumentare la probabilità di avere colonie di cloni 6 Nei precedenti lavori è stato scelto il ceppo JM109 di E. coli 44 ricombinanti nella piastra di prova. Per avere delle certezze, cioè per valutare quale di queste contenga effettivamente il plasmide ricombinante, dobbiamo effettuare uno screening. A tal fine, alcune colonie della piastra di prova vengono scelte a caso ed utilizzate per la preparazione di colture da cui verranno in seguito estratti i plasmidi da analizzare. Operando in condizioni di sterilità, si preleva dalla piastra di prova una colonia, con il filo di platino, e si mette a crescere in 20 ml di terreno LB contenente 20 μl di kanamicina in modo da favorire la crescita delle cellule che contengono il plasmide e che presentano quindi il gene per la resistenza a questo antibiotico. Dopo 24 ore di crescita in agitazione a 37°C, la coltura viene sottoposta al protocollo di purificazione per l‘estrazione del plasmide previsto dal kit GenElute miniprep plasmid purification (sigma): • centrifugare a 5.000 rpm per 10‘ e scartare il supernatante; • risospendere il pellet con 200 μl di Resuspension Solution; • lisare le cellule risospese con 200 μl di Lysis Solution; • mescolare 7 volte per inversione ed attendere 3‘ a temperatura ambiente; poiché la soluzione di lisi contiene NaOH, non prolungare oltre il contatto di questa con il campione per evitarne la denaturazione; • aggiungere 350 μl di Neutralizing/Binding Solution; • mescolare 4-6 volte per inversione e centrifugare a 12.000 rpm per 10‘; in questo modo vengono allontanati i detriti cellulari, le proteine, i lipidi, l‘SDS e il DNA genomico. Se il supernatante ottenuto non è abbastanza limpido, procedere con un ulteriore step di centrifugazione; • attivare la colonna con 500 μl di Column Preparation Solution, centrifugare la colonna a 12.000 rpm per 1 minuto e scartare il filtrato; con questo passaggio si massimizza la capacità di legame della membrana; • trasferire il supernatante nella colonna e centrifugare a 12.000 rpm per 1 minuto; ripetere questa operazione per 3 volte per legare alla membrana tutto il DNA; • scartare il filtrato e aggiungere 500 μl di Optional Wash Solution; • centrifugare a 12.000 rpm per 1 minuto e scartare il liquido; • aggiungere 750 μl di Wash Solution e centrifugare a 12.000 rpm per 1 minuto; • lasciare all‘aria per far evaporare tutto l‘etanolo; 45 • eluire il DNA con 100 μl di Elution Solution senza EDTA e centrifugare a 12.000 rpm per 1 minuto; ripassare l‘eluato sulla colonna per due volte lasciando incubare per 5‘ prima di centrifugare. Dei 100 μl di soluzione contenente pET-29/acs, un‘aliquota è stata sottoposta a digestione con gli enzimi di restrizione precedentemente utilizzati per verificare quale delle colonie da noi scelte contenesse il vettore con l‘inserto. La miscela di digestione è la seguente: plasmide pET-29/acs 8 μl buffer OPA 10x 2 μl EcoRI (10U/μl) 0,5 μl NcoI (10U/μl) 0,5 μl Dopo un‘ora a 37°C, la stessa miscela viene sottoposta a corsa elettroforetica su gel d‘agarosio allo 0‘8% . Gel d‘agarosio relativo allo screening effettuato su 4 colonie di cloni trasformati col prodotto di ligazione. Come si può notare, le colonie 1,3 e 4 sono quelle che contengono il vettore con l‘inserto. 3.1.6.5 AMPLIFICAZIONE DEL VETTORE RICOMBINANTE pET-29/acsBac IN CELLULE DH5α Dei 4 cloni analizzati visti in precedenza scegliamo di amplificare il clone 17. Utilizziamo quindi il plasmide estratto da questo clone per ritrasformare cellule DH5α seguendo la stessa procedura già vista nel paragrafo 3.1.6.3. Il clone trasformato viene prelevato e cresciuto in un terreno di coltura con selezione negativa. 7 Il lavoro sul pET-29/acsBac1 (clone 1) è stato completamente sviluppato in un precedente lavoro. 46 Operando in condizioni di sterilità, prepariamo l‘inoculo, una pre-coltura, operando nel seguente modo: si preleva dalla piastra una colonia con il filo di platino e si mette a crescere in 10 ml di terreno LB contenente 10 μl di kanamicina (30 mg/ml). Dopo 4-6 ore di crescita in agitazione a 37°C, versiamo i 10 ml di inoculo in una beuta contenente 115 ml di terreno LB (precedentemente equilibrato a 37°C) e 115 μl di kanamicina (30 mg/ml). La coltura così ottenuta viene lasciata in agitazione a 37°C over night e in seguito sottoposta al protocollo di purificazione per l‘estrazione del plasmide previsto dal kit NucleoBond AX100 (Macherey-Nagel). I passaggi di tale processo sono i seguenti: • centrifugare a 5.000 rpm per 10‘ a 4°C; • risospendere il precipitato con 4 ml di S1; • aggiungere 4 ml di buffer S2 (soluzione di lisi), risospendere per inversione e lasciare a temperatura ambiente per 5‘; • aggiungere 4 ml della soluzione neutralizzante S3, risospendere per inversione e lasciare su ghiaccio per 5‘; • centrifugare a 12.000 rpm per 25‘ a 4°C; • prelevare il supernatante ed applicarlo alla colonna a scambio ionico, preventivamente equilibrata con il tampone di equlibratura N2; • eluire completamente e scartare il filtrato; • lavare la colonna per 2 volte con 5 ml del tampone di lavaggio N3; • eluire il campione con 5 ml del tampone di eluizione N5; • aggiungere all‘eluato 3,6 ml di isopropanolo a temperatura ambiente; • centrifugare a 12.000 rpm per 30‘ a 4°C; • scartare il supernatante, lavare il precipitato con 1 ml di etanolo al 70% e centrifugare a 15.000 rpm per 10‘ a 4°C; • scartare il supernatante e lasciar asciugare all‘aria; • risospendere il precipitato in tampone EB; Una volta terminata la purificazione si effettua una digestione con gli enzimi di restrizione NcoI-EcoRI seguita da un controllo elettroforetico su gel di agarosio allo 0,8%. 47 TAMPONE COMPOSIZIONE S1 50 mM Tris/HCl, 10 mM EDTA; 100 µg RNasiA/ml pH 8 S2 200 mM NaOH, 1% SDS S3 2,80 M KAc, pH 5,1 N1 100 mM Tris/H3PO4, 15% etanolo, 400 mM KCl, pH 6,3 N2 100 mM Tris/H3PO4, 15% etanolo, 900 mM KCl, pH 6,3, 0,15% Triton X-100 N3 100 mM Tris/H3PO4, 15% etanolo, 1150 mM KCl, pH 6,3 N5 100 mM Tris/H3PO4, 15% etanolo, 1000 mM KCl, pH 8,5 gel d‘agarosio relativo alla digestione del plasmide ricombinante pET-29/acs di B.subtilis estratto e purificato da coltura. La figura ci mostra come l‘intero processo di clonazione abbia avuto buon esito in quanto sono presenti sia la banda relativa all‘inserto (1869 bp) che quella relativa al vettore (5371 bp). 3.1.7 OTTENIMENTO DEL VETTORE pET-29/acsYeast Una procedura identica è stata seguita anche per acsyeast, e il vettore ricombinante pET-29/acsyeast amplificato in cellule DH5α, è stato ottenuto e tuttora conservato per un‘ulteriore serie di esperimenti. In questo lavoro, come detto in precedenza, verrà dato risalto soprattutto ad acsBac, fornendo le informazioni salienti relative agli altri geni acs. 3.1.8 OTTENIMENTO DEL VETTORE pET-45/acsBac 3.1.8.1 ESTRAZIONE DEL GENE acs DAL VETTORE pET-29/acsBac L‘ottenimento dei vettori pET-29 correttamente processati con il gene acs, ci consente di conservare tale sequenza nucleotidica di interesse per molto tempo in 48 condizioni stabili e riutilizzarla senza bisogno di passare nuovamente attraverso la fase di PCR. E‘ stata creata con successo una libreria plasmidica che risulta utile in questa nuova fase del lavoro, in cui abbiamo scelto di passare dal vettore pET-29 ad un vettore più comodo per la fase successiva di purificazione proteica, ovvero pET-45. Scegliamo quindi di estrarre il gene acs da pET-29/acsBac. Viene così preparata la miscela: pET-29/acsBac 100 μl buffer OPA 10x (one phor all) 25 μl enzima di restrizione KpnI (10U/μl) 2,5 μl enzima di restrizione SacI (10U/μl) 2,5 μl La soluzione viene lasciata in stufetta a 37°C per tutta la notte, successivamente si analizza tramite elettroforesi in gel d‘agarosio allo 0,8% e confermata l‘avvenuta digestione, si procede alla purificazione del frammento con il kit commerciale Hiyeld RBS Realgenomics ACSbac digerita KPN-Sac1 e purificata 49 3.1.8.2 PREPARAZIONE DEL VETTORE pET-45 In questa fase del lavoro, è stato utilizzato il vettore plasmidico pET-45 che condivide le caratteristiche comuni ai pET, ovvero una resistenza all‘antibiotico, fornito dal gene ampR, un MCS (sito di clonazione multipla) target dell‘azione di molte endonucleasi di restrizione, un‘origine autonoma di replicazione (ori) e un promotore specifico per la RNA-polimerasi del fago T7 che opera il controllo trascrizionale. Il pET45, poi è largamente usato nella produzione di enzimi ricombinanti perchè, oltre ad essere facilmente lavorabile, presenta anche una regione prossima al sito di inserzione, che traduce per una coda di poly-istidine, la quale fornisce la proteina ricombinante espressa, di un TAG di istidine (His-tag) che trova impiego nella successiva fase di purificazione proteica8. (spiega il perchè questi enzimi tagliano bene, dato che sono a monte dei precedenti) Il plasmide da noi utilizzato proviene da esperimenti di trasformazione di cellule DH5α con il plasmide pET-45, seguito da una fase di crescita delle colonie ottenute su terreno a selezione negativa per l‘antibiotico ampicillina e successiva 8 Nel precedente lavoro, abbiamo utilizzato il vettore pHAT, anch‘esso con l‘His-tag, ma senza un sistema di controllo trascrizionale efficiente simile al pET-45. 50 estrazione plasmidica seguendo il protocollo del kit NucleoBond AX100 (MachereyNagel) visto in precedenza. Il plasmide viene digerito con gli stessi enzimi di restrizione KpnI e SacI precedentemente utilizzati per il frammento genico acs, al fine di creare estremità coesive compatibili per la successiva reazione di ligasi. Viene così creato un vettore linearizzato. La miscela di reazione è la seguente: pET-45 90 μl buffer H 10x 10 μl enzima di restrizione KPN (10U/μl) 2,5 μl enzima di restrizione SacI (10U/μl) 2,5 μl Come visto in precedenza la digestione viene condotta a 37°C overnight. Successivamente si verifica l‘avvenuta digestione tramite gel analitico allo 0,8% e si procede con la purificazione utilizzando il kit MiniElute Gel Extraction. 3.1.8.3 LIGASI pET-45 e acsBac DIGERITI KpnI e SacI Dopo aver digerito frammento e plasmide con gli stessi enzimi di restrizione, si procede con la ligazione, il passaggio attraverso il quale il gene dell‘acs viene inserito all‘interno del vettore di clonazione. La miscela di reazione viene così allestita: vettore pET-45 prova controllo 1 μl 1 μl (diluito 1:1 dalla madre) inserto acs 7 μl buffer 10X 2 μl 2 μl H2O 10 μl 17 μl ligasi T4 (400U/μl) 0,5 μl 0,5 μl (diluito 1:10 rispetto al volume finale) La miscela viene posta in bagnetto termostatato a 16°C over nigh. 51 3.1.8.4 TRASFORMAZIONE DI CELLULE DI E. coli CEPPO DH5α CON pET-45/acsBac Con la trasformazione, il plasmide contenente il gene acs (pET-45/acsBac) è stato introdotto all‘interno di cellule batteriche. Anche in questa fase del nostro lavoro, lo scopo principale era quello di amplificare il prodotto di ligazione; per questo motivo abbiamo scelto di trasformare cellule di E. coli del ceppo DH5α (cellule competenti) che presentano una notevole capacità di replicazione nei confronti del plasmide introdotto. Viene utilizzata la medesima procedura vista in precedenza, ovvero lo shock termico, caratterizzato da una discreta efficienza di trasformazione. Ricordiamo come, differentemente dal pET-29, il pET-45 non ha la resistenza all‘antibiotico kanamicina, bensì fornisce la resistenza all‘ampicillina tramite il gene ampR , alle cellule che acquisiscono correttamente tale vettore. La stessa procedura viene seguita utilizzando la miscela di controllo contenente il solo vettore pET-45 senza inserto. 3.1.8.5 SCREENING DELLE COLONIE DH5α /pET-45/acsBac Una volta cresciute le colonie, si valuta quella che è stata l‘efficienza del processo di ligazione, osservando il numero delle colonie cresciute nella piastra di controllo. Operando in condizioni di sterilità, si preleva dalla piastra di prova una colonia, con il filo di platino, e si mette a crescere in 20 ml di terreno LB contenente 20 μl di ampicillina in modo da favorire la crescita delle cellule che contengono il plasmide e che presentano quindi il gene per la resistenza a questo antibiotico. Dopo 24 ore di crescita in agitazione a 37°C, la coltura viene sottoposta al protocollo di purificazione per l‘estrazione del plasmide previsto dal kit GenElute miniprep plasmid purification (sigma), vista in precedenza. Dei 50 μl di soluzione contenente pET-45/acs, un‘aliquota è stata sottoposta a digestione con gli enzimi di restrizione precedentemente utilizzati per verificare quale delle colonie da noi scelte contenesse il vettore con l‘inserto. La miscela di digestione è la seguente: plasmide pET-45/acs 8 μl buffer OPA 10x 2 μl KpnI (10U/μl) 0,5 μl SacI (10U/μl) 0,5 μl 52 Dopo un‘ora a 37°C, la stessa miscela viene sottoposta a corsa elettroforetica su gel d‘agarosio allo 0‘8% . Cloni 3 e 4 di pET-45/acsBAC, digeriti e non con KpnI e SacI. (d, digerito). Vengono scelti per i successivi passaggi, i cloni pET-45/acsBac3 e pET-45/acsBac4. 3.1.8.6 AMPLIFICAZIONE DEL VETTORE RICOMBINANTE pET-45/acsBac3 E pET-45/acsBac4 IN CELLULE DH5α Dei 4 cloni analizzati visti in precedenza scegliamo di amplificare i cloni 3 e 4. Utilizziamo quindi il plasmide estratto da questi cloni per ritrasformare cellule DH5α seguendo la stessa procedura già vista nel paragrafo 3.1.6.3. Il clone trasformato viene prelevato e cresciuto in un terreno di coltura con selezione negativa. Operando in condizioni di sterilità, prepariamo l‘inoculo, una pre-coltura, operando nel seguente modo: si preleva dalla piastra una colonia con il filo di platino e si mette a crescere in 10 ml di terreno LB contenente 10 μl di ampicillina (30 mg/ml). Dopo 4-6 ore di crescita in agitazione a 37°C, versiamo i 10 ml di inoculo in una beuta contenente 115 ml di terreno LB (precedentemente equilibrato a 37°C) e 115 μl di ampicillina (100 mg/ml). La coltura così ottenuta viene lasciata in agitazione a 37°C over night e in seguito sottoposta al protocollo di purificazione per l‘estrazione del plasmide previsto dal kit NucleoBond AX100 (Macherey-Nagel), visto in precedenza. 53 3.1.9 OTTENIMENTO DEL VETTORE pET-45/acsyeast Una procedura identica è stata seguita anche per acsyeast, e il vettore ricombinante pET-45/acsyeast, amplificato in cellule DH5α, è stato ottenuto e tuttora conservato per un‘ulteriore serie di esperimenti. In questo lavoro, come detto in precedenza, verrà dato risalto soprattutto ad acsBac, fornendo le informazioni salienti relative agli altri geni acs. 3.2 ESPRESSIONE DELLA PROTEINA RICOMBINANTE I plasmidi purificati e controllati vengono utilizzati per trasformare cellule di Escherichia coli appartenenti al ceppo BL21 Seguendo la stessa metodica prima descritta per trasformare le cellule DH5α, utilizziamo 50 μl di cellule ed 1µl di: pET-29/acsBac9 pET-29/acsyeast10 pET-45/acsBac clone3 pET-45/acsBac clone4 pET-45/acsyeast Le cellule BL21 sono particolarmente adatte a tale scopo in quanto possiedono un‘elevata capacità di sintesi proteica se stimolate con l‘induttore IPTG (isopropil-βtiogalattoside), un analogo del lattosio. Tale ceppo, infatti, contiene nel proprio genoma il gene che codifica per la RNA polimerasi del fago T7, posto sotto il controllo trascrizionale del promotore del lattosio (lac). Quando il batterio cresce in assenza di lattosio o composti correlati, questo promotore è bloccato dal repressore lac, che impedisce il legame dell‘RNA polimerasi batterica al promotore lac stesso e quindi la trascrizione del gene sotto il suo controllo. Il vettore pET, inoltre, contenendo il promotore di questo gene a monte del sito di inserzione, subisce una trascrizione massiccia dell‘inserto ad opera della RNA polimerasi T7, a sua volta codificata da cellule BL21 sottoposte a induzione con IPTG. Il gene codificante l‘RNA polimerasi T7 è necessario perciò, per l‘espressione di inserti presenti nel vettore pET, che contiene il promotore di questo gene. In questo caso le cellule BL21/pET-45 trasformate vengono seminate su piastre agar-LB contenente ampicillina (100 mg/ml) e lasciate incubare per 24 ore a 37°C. Dopo la crescita delle colonie trasformate, l‘espressione della proteina è stata condotta 9 Il lavoro di espressione in pET-29 è stato completato con successo nel precedente lavoro Il lavoro di espressione di pET-29/acsyeast è stato interrotto, poichè esprimeva un prodotto insolubile 10 54 utilizzando due brodi di coltura diversi: il YT, che è un terreno completo, e l‘M9 che è invece un terreno minimale, ovvero a minima concentrazione di nutrienti. 3.2.1 ESPRESSIONE IN TERRENO YT L‘espressione in terreno YT (16 g/l di triptone, 10 g/l di estratto di lievito, 5 g/l di NaCl, pH 7,2) viene condotta nel modo seguente: • pre-inoculo con 10 ml di terreno LB (Luria Broth 10 g/l triptone, 5 g/l estratto di lievito, 10 g/l NaCl, pH 7,5) contenente 10 μl di ampicillina11 (100 mg/ml); • crescita over night (o.n.) a 37°C; • inoculo dei 10 ml di coltura o.n. in 115 ml di terreno YT (16 g/l triptone, 10 g/l estratto di lievito, 5 g/l NaCl, pH 7.2) contenente 115 μl di ampicillina (100 mg/ml); • crescita per 2 ore a 30°C ; • controllo della densità ottica (O.D.), per verificare la curva di crescita (valore ottimale di O.D. a 600 nm pari a 0.6-0.7); • aggiunta di IPTG isopropil-β-tio-galattoside, (induttore dell‘espressione proteica) 0.5 mM finale pari a 50 μl IPTG 1M per beuta; 11 • crescita per 5 ore dopo aggiunta di induttore; • centrifugazione a 5000 rpm per 10 minuti a temperatura ambiente; Cellule BL21/pET-29 vengono seminate su piastre agar-LB contenenti kanamicina 30 mg/ml 55 La porzione precipitata dopo centrifugazione contiene la frazione cellulare utilizzata per la successiva fase di estrazione e purificazione della proteina. 3.2.2 ESPRESSIONE IN TERRENO M9 Per l‘espressione in terreno minimale è stato seguito lo stesso protocollo visto nel paragrafo precedente ( 3.2.1), con l‘unica variante rappresentata dal terreno, la cui composizione standard (M9 5X), per 1 litro di soluzione, è la seguente: Na2HPO4•2H2O 42,7 mg/ml KH2PO4 15 mg/ml NaCl 2,5 mg/ml In un cilindro sterile sono stati preparati 250 ml di terreno minimale, aggiungendo alla miscela di sali standard, altri componenti, come di seguito riportato: • M9 5x 50 ml MgSO4 1 M 0,5 ml CaCl2 1 M 25 μl Basal Medium Eagle 100x (vitamine) 2,5 ml NH4Cl 0,2 g/ml filtrato e sterile 1,25 ml glicerolo 50% (v/v) 2,5 ml H2O sterile fino a 250 ml di Volume finale Questa miscela è stata in seguito divisa equamente in due beute da 300 ml ed in ciascuna di questa sono stati aggiunti 125 μl di acido pantotenico 1M (precursore del Coenzima-A), ottenendo così una concentrazione finale di 1 mM. Le due beute si differenziano tra loro perchè in una sono stati aggiunti 1,25 ml di acetato di sodio 1M (concentrazione finale 10 mM) e nell‘altra 2,5 ml di glucosio 20% (w/v). Lo scopo è quello di verificare quale può essere l‘influenza di queste sostanze sull‘espressione della proteina. Al momento dell‘inoculo, in ogni beuta sono stati aggiunti 125 μl di ampicillina 100 mg/ml e 10 ml di pre-coltura. Dopo circa 2 ore, raggiunto il giusto valore di densità ottica (0,6-0,8 O.D. a 600 nm), la coltura è stata indotta con IPTG . Una aliquota di 56 coltura è stata prelevata dopo 5 ore dall‘induzione, mentre la rimanente parte dopo 24 ore. Al termine dell‘induzione, la coltura è stata centrifugata a 5000 rpm per 10 minuti a temperatura ambiente, i supernatanti scartati ed i precipitati utilizzati per l‘estrazione della proteina. 3.2.3 ESTRAZIONE DELLA PROTEINA RICOMBINANTE I precipitati ottenuti dopo la crescita e l‘induzione con IPTG, sono stati risospesi in tampone NN 1X (Tris-HCl 20 mM pH 8.0, 100 mM NaCl) contenente 0,25% (v/v) Triton-X100, un tensioattivo che permeabilizza la membrana cellulare, e 1 μM PMSF (phenil-methyl-sulfonyl fluoride), inibitore delle proteasi cellulari. Nel caso in cui si scelga di non procedere al passaggio di purificazione su colonne IMAC (utilizzate per purificare proteine ricombinanti con His-tag) o nel caso in cui si purifica ACS proveniente da BL21/pET-29, si utilizza tampone NEN 1X che presenta anche: EDTA 0,5 mM, chelante del Ca2+ e 5 mM DTT (ditiotreitolo), un agente riducente. Ogni precipitato batterico derivante da 125 ml di brodo di coltura viene risospeso in 5 ml di questa soluzione, sino ad ottenere una soluzione omogenea delle cellule. La procedura di purificazione, sfrutta la disgregazione cellulare mediata da onde ultrasoniche; il protocollo è il seguente: • Sonicare 6 volte per 20‘‘ con pause da 20‘‘(si lavora su ghiaccio per impedire che il calore che si sviluppa durante la sonicazione denaturi la proteina); • Centrifugare a 10.000 rpm per 10‘ a 4°C; • Separare il supernatante dal precipitato; • Risospendere il precipitato in 5 ml di tampone NN 1X; • Sonicare nuovamente 3 volte per 20‘‘ su ghiaccio; • Centrifugare a 10.000 rpm per 10‘ a 4°C; • Trasferire il supernatante e riunirlo a quello ottenuto dalla precedente sonicazione o lasciarlo separato per riunirlo in un secondo momento; • Risospendere il pellet ottenuto dalla seconda sonicazione in 5 ml di tampone NN 1X; Sia sul precipitato risospeso che sul supernatante si effettuano i prelievi per il controllo elettroforetico. 57 3.2.4 ANALISI DELLA PROTEINA ESTRATTA La proteina ACS così ottenuta, può subire o meno successivi passaggi di purificazione, in funzione dell‘utilizzo. In questa fase del lavoro possiamo scegliere di non procedere alla successiva purificazione su colonne IMAC e analizzare l‘estratto proteico in tampone NN 1X, per avere un‘indicazione quantitativa della bontà dei passaggi precedenti. Si analizza in elettroforesi SDS-PAGE al 10% di acrilamide. Vengono così ottenuti e conservati i seguenti prodotti di sintesi: ACSpET45/acsBAC3 cresciuto in YT (5h) ACSpET45/acsBAC4 cresciuto in YT (5h) ACSpET45/acsYEAST cresciuto in YT (5h) ACSpET45/acsBAC3 cresciuto in M9 con acetato (5h) ACSpET45/acsBAC4 cresciuto in M9 con acetato (5h) ACSpET45/acsYEAST cresciuto in M9 con acetato (5h) ACSpET45/acsBAC3 cresciuto in M9 con acetato (20h) ACSpET45/acsBAC4 cresciuto in M9 con acetato (20h) ACSpET45/acsYEAST cresciuto in M9 con acetato (20h) ACSpET45/acsBAC3 cresciuto in M9 con glucosio (5h) ACSpET45/acsBAC4 cresciuto in M9 con glucosio (5h) ACSpET45/acsYEAST cresciuto in M9 con glucosio (5h) ACSpET45/acsBAC3 cresciuto in M9 con glucosio (20h) ACSpET45/acsBAC4 cresciuto in M9 con glucosio (20h) ACSpET45/acsYEAST cresciuto in M9 con glucosio (20h) A seguito dell‘estrazione per sonicazione, inoltre otterremo due sospensioni, una corrispondente al supernatante ed una al precipitato, per ognuno dei prodotti di sintesi sopra elencati, caratterizzate da una concentrazione differente di proteina nell‘una o l‘altra fase. Si ritiene che l‘enzima, qualora attivo e funzionante, vada a trovarsi come molecola solubile nel supernatante. Tali prodotti proteici o enzimi putativi, ancora non sono stati accuratamente screenati. Verrà valutata nella prossima sezione la loro presenza in fase solubile o nella fase insolubile di aggregati. C‘è da considerare, infatti, che un enzima funzionante verrà necessariamente a manifestarsi nella fase solubile a seguito della fase di estrazione proteica, ovvero nel supernatante. Una prerogativa negativa, di alcuni sistemi di espressione eterologhi, tuttavia, può essere la presenza della proteina ricombinante nel precipitato. Questo aspetto, indesiderato, influisce ovviamente sulla concentrazione 58 dell‘enzima effettivamente utilizzabile e deriva da una non corretta espressione proteica, associata a eventi di misfolding o denaturazione durante la sintesi stessa della proteina. ←70 KDa ←70 KDa Y L SY SA SG PY PA PG 3S 3P 4S 4P Analisi SDS-PAGE di estratti proteici a seguito di sonicazione. (L) estratti di ACSYEAST. S, supernatante; P, precipitato; Y, crescita in terreno YT; A crescita in terreno M9+Acetato; G, crescita in terreno M9+glucosio. (Y) estratti di ACSBAC3 e ACSBAC4 cresciuti in terreno YT. 3, clone ACS3; 4, clone ACS4; S, frazione supernatante; P, frazione precipitata. ←70 KDa ←70 KDa G 3S A 3P 4S 3S 4P 3P 4S 4P Analisi SDS-PAGE di estratti proteici a seguito di sonicazione. (G) estratti di ACSBAC3 e ACSBAC4 cresciuti in terreno M9+glucosio. 3, ACS clone 3; 4, ACS clone 4; S, supernatante; P, precipitato; (A) estratti di ACSBAC3 e ACSBAC4 cresciuti in terreno M9+acetato. 3, clone ACS3; 4, clone ACS4; S, frazione supernatante; P, frazione precipitata. 59 Dall‘analisi elettroforetica, si notano le seguenti evidenze: ACSYEAST risulta insolubile, indipendentemente dal tipo di terreno utilizzato. Si nota una grossa banda all‘altezza di 70KDa nella frazione precipitata, indice dell‘insolubilità della proteina12 I cloni ACSBAC3 e ACSBAC4 hanno un andamento che si ripete, ovvero, l‘enzima del clone ACS3 risulta completamente solubile e presente nella fase di supernatante, mentre il clone ACS4 mostra una presenza dell‘enzima maggiore nella frazione insolubile (precipitato), rispetto a quella di solubile (supernatante), dove è presente in minima parte. Si nota come la migliore modalità di espressione sia in terreno M9 addizionato di acetato, che induce una espressione proteica leggermente maggiore della crescita in YT. Il terreno M9 più glucosio, restituisce poca proteina nella frazione solubile (supernatante). Si sceglie così di valutare nuove condizioni di crescita, sviluppando la crescita in terreno M9 più acetato. Vengono analizzati anche i diversi tempi di induzione di sintesi con IPTG. L‘espressione in glucosio, risulta sempre di minore entità rispetto a quella in acetato e scegliamo di non affrontare ulteriori prove in merito. ←70 KDa ←70 KDa 3 S5 4 P5 S24 S5 P24 P5 S24 P24 Analisi SDS-PAGE di estratti proteici a seguito di sonicazione. Estratti di ACSBAC3 e ACSBAC4 cresciuti in terreno M9+acetato. (3) ACS clone; (4) ACS clone 4; 5, induzione per 5 ore; 24, induzione per 24 ore; S, supernatante; P, precipitato. 12 Un completo lavoro di rinaturazione dell‘enzima ACS di lievito è stato sviluppato in un precedente lavoro. 60 Si possono notare le seguenti evidenze: ACS3 esprime molta più proteina nella fase solubile rispetto alla fase insolubile; ACS3 esprime molta più proteina nella fase solubile di ACS4 ACS4 esprime molta più proteina nella fase insolubile, rispetto alla fase solubile; Portando i tempi di induzione da 5 ore a 24 ore, non si apprezza un notevole aumento in sintesi proteica. 3.3 TECNICHE DI PURIFICAZIONE PROTEICA Il principale vantaggio della purificazione è l‘ottenimento di una soluzione proteica concentrata, priva di agenti interferenti quali sali, prodotti di degradazione proteica, agenti ossidanti e riducenti utilizzati nelle precedenti fasi. 3.3.1 PRECIPITAZIONE IN SOLFATO D’AMMONIO Rappresenta la principale tecnica di purificazione grazie alla sua semplicità. Nel nostro lavoro ha trovato largo impiego soprattutto nella purificazione dell‘ACS prodotta da BL21/pET-29/acsBac come unica forma di purificazione, seguita da passaggio in colonna cromatografica a scambio ionico. L‘intera procedura risulta piuttosto lunga, per questo si è passati a tecniche più immediate sfruttando il tag di istidine del pET-45. Ricapitoliamo tali passaggi: Sul supernatante BL21/pET-29/acs abbiamo effettuato una precipitazione in solfato d‘ammonio. Si effettua un primo frazionamento (salting in) al 35% di saturazione: • Si aggiungono 209 mg/ml di solfato d‘ammonio; • La soluzione si tiene in agitazione 1h a 4°C; • Si centrifuga a 10.000 rpm per 10‘; In questo modo molte proteine che non ci interessano vengono allontanate nel precipitato mentre l‘ACS ricombinante si trova nel supernatante. Successivamente aggiungiamo al supernatante solfato d‘ammonio fino ad una concentrazione del 60% (salting out): • Si aggiungono 181 mg/ml di solfato d‘ammonio; • La soluzione si tiene in agitazione 1h a 4°C; 61 • Si centrifuga a 10.000 rpm per 10‘; Il supernatante è stato scartato mentre il precipitato contenente la proteina d‘interesse è stato solubilizzato in 5 ml di tampone NEN 1X. grafico che mostra l‘andamento della solubilità delle proteine in funzione della concentrazione di sali in soluzione Il precipitato del salting out risospeso in 5 ml di tampone NEN 1X, è stato dializzato per 72 ore in tampone 20mM Tris/HCl pH 8,0, 20 mM NaCl che è stato sostituito con tampone fresco dopo le prime 24 h. Lo scopo della dialisi è quello di allontanare l‘eccesso di sali che possono interferire con i successivi passaggi di purificazione. Dopo la dialisi il campione viene infatti sottoposto ad un ulteriore passaggio di purificazione su colonna cromatografica a scambio ionioco HIGH Q (5 ml di resina anionica forte) della BioRad. La resina viene pre-equilibrata con lo stesso tampone usato per la dialisi (20 mM Tris/HCl pH 8,0, 20 mM NaCl). La proteina è stata eluita con gradiente lineare da 20 mM NaCl a 1M NaCl con flusso di 1ml/min per 60 minuti. Dopo la cromatografia l‘enzima è stato concentrato con una seconda precipitazione in solfato d‘ammonio al 60%. Sull‘intero processo di purificazione sono stati fatti controlli elettroforetici in SDS-PAGE effettuando prelievi sui supernatanti e i precipitati provenienti dalla sonicazione e dalla precipitazione in solfato d‘ammonio e sulle frazioni eluite dalla colonna cromatografica. 62 3.3.2 PURIFICAZIONE DELLA PROTEINA CON HIS-TAG La proteina da noi ottenuta, proveniente da BL21/pET-45/acs presenta all‘estremità N-terminale un tag di istidine che ne consente la purificazione in un unico passaggio cromatografico su colonne IMAC, colonne con ioni nichel immobilizzati. In particolare, la resina da noi utilizzata è la Ni-NTA Agarose (nichel nitrilotriacetic acid) della Quiagen (Figura 3 17) che ha una capacità di legame pari a 810 mg/ml, ossia 8-10 mg di proteina su ml di gel paccato. Le colture cellulari precedentemente indotte con IPTG vengono lisate attraverso sonicazione con le modalità descritte nel paragrafo 3.2.3, utilizzando tampone di risospensione NN 1X, invece che NEN 1X. Utilizziamo il tampone NN 1X (Tris-HCl 20 mM pH 8.0, 100 mM NaCl), perchè, a differenza del tampone NEN 1X visto in precedenza, non contiene DTT ed EDTA, molecole che risultano entrambe incompatibili con le colonne IMAC a causa della loro azione rispettivamente riducente e chelante nei confronti dello ione nichel. 50 ml di tampone di risospensione contengono: tampone NN 10X (pH=8) 5 ml Triton 10% (v/v) 500 μl PMSF 0,1 M 40 μl H2O fino a 50 ml di Volume totale Il supernatante ottenuto dalla sonicazione (lisato grezzo) viene chiarificato attraverso centrifugazione e di seguito caricato su colonna cromatografica. Un passaggio essenziale, in questa fase del lavoro, è l‘attivazione della colonna IMAC, ripristinando il Ni2+, naturalmente soggetto a ossidazione a seguito di precedenti passaggi cromatografici. Per far ciò di prepara una soluzione rigenerante (NiSO4 · 6H2O 0,1 M ) da conservare e riutilizzare per riequilibrare la colonna dopo il passaggio di ogni soluzione proteica. 63 Rappresentazione della struttura di una resina costituita da una matrice polimerica di agarosio attivata, in cui vengono messi in evidenza i sei legami che lo ione Ni2+, stabilisce nella formazione di un complesso di coordinazione a geometria ottaedrica. Le sei posizioni di coordinazione sono occupate dai doppietti elettronici presenti sugli atomi di ossigeno dei gruppi carbossilici della resina attivata e degli atomi di azoto degli anelli imidazolici della proteina ―taggata‖. Si è scelto, naturalmente, di passare in colonna dopo sonicazione solo le soluzioni corrispondenti al supernatante di ACSBac3 e ACSBac4, poichè nel supernatante di lievito, non si identifica una frazione proteica delle dimensioni di ACS. Vengono così scelte le frazioni: ACSpET45/acsBAC3 cresciuto in YT (5h) ACSpET45/acsBAC4 cresciuto in YT (5h) ACSpET45/acsBAC3 cresciuto in M9 con acetato (5h) ACSpET45/acsBAC4 cresciuto in M9 con acetato (5h) ACSpET45/acsBAC3 cresciuto in M9 con acetato (20h) ACSpET45/acsBAC4 cresciuto in M9 con acetato (20h) ACSpET45/acsBAC3 cresciuto in M9 con glucosio (5h) ACSpET45/acsBAC4 cresciuto in M9 con glucosio (5h) ACSpET45/acsBAC3 cresciuto in M9 con glucosio (20h) ACSpET45/acsBAC4 cresciuto in M9 con glucosio (20h) 64 Il protocollo di purificazione, a questo punto prevede i seguenti passaggi: • Si carica la resina sulla colonna e si lava con abbondante acqua al fine di eliminare l‘etanolo normalmente presente al momento dell‘acquisto come agente conservante; • Qualora ve ne sia la necessità, la resina può essere rigenerata utilizzando la soluzione di solfato di nichel 0,1 M a cui segue un secondo lavaggio con acqua, (la colonna rigenerata in cui è presente il nichel assume una caratteristica colorazione azzurrina); • La colonna viene equilibrata con tampone NN 1X; • Si carica il campione e si conserva la frazione eluita ―non affine‖; • Si effettua un primo lavaggio con tampone NN 1X fino al completo ―washout‖; • Si effettua una unica eluizione con una soluzione di imidazolo 0,5 M pH 7,0 al fine di dissociare dalla resina la proteina di interesse13. Le differenti frazioni proteiche ottenute e purificate, vengono eluite in un volume di 1 mL finale di imidazolo 0,5 mM, ed è ritenuto conveniente un passaggio di precipitazione in solfato di ammonio, secondo il protocollo visto al paragrafo 3.3.1. Questa volta facciamo un‘unica precipitazione al 60% di solfato di ammonio, per allontanare l‘imidazolo presente al termine del passaggio in colonna. Il passaggio in dialisi è opzionale in questa fase del lavoro; il solfato di ammonio infatti, non va ad intaccare la bontà dei successivi passaggi di valutazione dell‘attività enzimatica, e può quindi rimanere nella soluzione di enzima ACS come contaminante non dannoso Il precipitato così ottenuto viene risospeso in 0,5 ml di tampone NN1X addizionato dei seguenti componenti. DTT 1M (5mM finale) 25 µl ATP 0,1M (2mM finale) 100 µl Sodio Acetato 0,4M (2,5 mM finale) 30 µl Coenzima-A (10µM finale) 15 µl 13 E‘ anche possibile fare un primo passaggio con imidazolo 5mM pH 7,0 per dissociare le proteine che legano più debolmente e analizzare tale frazione. Tale passaggio risulta essere opzionale. 65 Viene allestita un analisi elettroforetica in SDS-PAGE con acrilamide al 10% per controllare l‘avvenuta purificazione: ←70 KDa ←70 KDa 3 4 A5 A24 G5 G24 YT A5 A24 G5 G24 YT Analisi SDS-PAGE dopo passaggio su colonna IMAC e precipitazione in solfato d‘ammonio. (3) ACS3; (4) ACS4. A, crescita in terreno M9+Acetato; G, crescita in terreno M9+Glucosio; YT, crescita in terreno YT; 5, 5 ore di induzione; 24, 24 ore di induzione Come da indicazione ottenuta dopo il passaggio di sonicazione, le evidenze che possiamo riscontrare sono: La crescita in M9 addizionato di acetato, restituisce un prodotto più puro e in quantità maggiore in ogni caso, rispetto all‘equivalente crescita in M9 e glucosio o in YT; Non si notano evidenti differenze nella quantità di proteina espressa, variando i tempi di induzione; La proteina ACS3 risulta essere sempre quella maggiormente espressa. L‘enzima, in questa forma, può essere utilizzato per la misura dei livelli di acido acetico, sfruttando sia il test colorimetrico che enzimatico descritti nei paragrafi successivi. ALLESTIMENTO DI SAGGI DI ATTIVITA’ SPECIFICI 3.4 Vengono condotti sulle varie soluzioni di ACS ottenute, i seguenti saggi atti a valutare l‘attività specifica dei diversi prodotti proteici: Saggio colorimetrico Saggio enzimatico 66 Il saggio colorimetrico è un saggio indiretto, che valuta in maniera specifica la presenza di acetato, risultando in un buon test indicativo, ma sensibile anche all‘utilizzo di acetil-fosfato come substrato. Il test enzimatico, invece, è quello che realmente verrà utilizzato a fini analitici nell‘industria. Conoscendo il titolo in acetato della soluzione, e note le altre componenti di tali test, possiamo valutare l‘attività dell‘enzima ACS. 3.4.1 SAGGIO COLORIMETRICO Questo saggio (71) si basa sulla reazione tra acetil-CoA e idrossilammina che porta alla liberazione di CoA e acido idrossammico; questo composto può essere determinato spettrofotometricamente dopo che ha reagito con cloruro ferrico (FeCl3), in quanto origina idrossammato ferrico che ha una colorazione rosso-arancio. Le soluzioni richieste sono: 200 mM Tris/HCl (3,15 g/100 ml) portato a pH 8,1 con 20% KOH 100 mM MgCl2•6 H2O (2,03 g/100 ml) 400 mM acetato di sodio triidrato (5,44 g/100 ml) 3,33 mM CoA sale di litio (2,56 mg/100 ml) 100 mM ATP sale di sodio (55,15 mg/100 ml) 2M FeCl3 (2,5 g/100 ml di HCl) Idrossilammina cloridrato 1M uguali volumi di NH2OH•HCl 2M (139 mg/ml) e KOH 2M (56,1 mg/ml) 1M DTT 67 Per eseguire il saggio è stato preparato anche un bianco: stessi componenti della prova, ma assenza del substrato Co-A. Ad ogni miscela così preparata sono stati aggiunti 10 µl della proteina da saggiare; la reazione è fatta avvenire a 37°C per 20‘, trascorsi i quali viene bloccata mediante l‘aggiunta di 500 µl di FeCl3; si vedrà, a questo punto, un viraggio del colore dal trasparente al rosso-marrone per la formazione dell‘idrossammato ferrico. Si centrifuga a 10.000 rpm per 10‘ a RT e si effettua una lettura spettrofotometrica del supernatante a 520 nm. Per la determinazione quantitativa è stato utilizzato un coefficiente di estinzione ε 1 mM a 520 nm pari a 0,2. Volume (µl) PROVA BIANCO Tris/HCl 125 125 NH2OH 50 50 MgCl2 25 25 acetato di sodio 25 25 coenzima A 50 — ATP 50 50 H2O 162,5 212,5 DTT 2,5 2,5 TOTALE 490 490 Lettura 1 Lettura 2 Precipitato Perdità attività a 24 ore ACS3 0,589 0,303 Si Dopo 7 cicli ACS4 0,433 0,194 Si Dopo 5 cicli 68 Si possono estrapolare le seguenti informazioni: l‘enzima ACS3 è più attivo di ACS4 Entrambi mostrano del precipitato dopo 24 ore a 4°C, indice di degradazione della proteina se non opportunamente congelata Una apprezzabile perdita di attività si manifesta dopo alcuni cicli di congelamento e scongelamento (da -20°C a Tamb) Più in generale possiamo notare come ACS3 manifesti molta più proteina nella fase solubile e sia in effetti più attiva, mentre ACS4 che ne manifesta di meno, risulta essere leggermente meno attiva. 3.4.2 SAGGIO ENZIMATICO Il test enzimatico (72) misura la formazione di NADH a partire dall‘ossidazione di malato ad ossalacetato ad opera della Malato deidrogenasi. L‘ossalacetato condensa con l‘acetil-CoA a formare citrato grazie all‘azione della Citrato sintasi. Lo step limitante la reazione è, quindi, l‘attività dell‘acetil-CoA sintetasi, che agisce trasferendo il gruppo acetile dall‘acido acetico al CoA. Il kit contiene: • 128 mM TEA buffer pH 8,4; • Liofilo (3,2 mM MgCl2, 9,6 mM L-Malato, 1,1 mM NAD+, 2,7 mM ATP, 0,28 mM CoA); • 32 mM acetato di sodio; • Miscela con 15,7 U/ml Citrato sintasi, 12 U/ml L-Malato deidrogenasi (MDH/CS); In una cuvetta da 3 ml si aggiungono: Liofilo 2 ml precedentemente disciolto in 20 ml di TEA buffer MDH/CS 50 µl Acetato di sodio 20 µl ACS 50 µl 69 La variazione di assorbanza dovuta alla formazione di NADH è stata registrata in due differenti modi: 1 seguendo in maniera continua l‘andamento della reazione per 500‖ a 25°C fino al raggiungimento del plateau; 2 effettuando letture della ΔOD ad intervalli di 5‘ con una incubazione a 37°C. E‘ stato successivamente possibile analizzare gli aspetti di attività e concentrazione proteica, in maniera più dettagliata, utilizzando una preparazione di ACS3, a differenti tempi di induzione proteica, confrontata con l‘ACS commerciale, già venduta e presente sul mercato. I test mostrano i seguenti risultati che si riferiscono a preparazioni di enzima ripreso in 5 ml di tampone ottenuto da 1 litro di coltura a diversi tempi di induzione; per confronto sono riportati i valori relativi all‘enzima commerciale impiegato nel kit: Acs Acs Acs Campioni testati 5 ore 20 ore comm. Concentrazione (mg/ml) 7,5 10 15 Resa (mg/litro) 37,5 50 - Solubilità (dopo cong./scong.) Solub. Torb. Solub. 3,5 2,3 1,0 Attività specifica acetato consumato espresso in μmoli /mg/min Risulta noto come ACS a tempi di induzione compresi tra le 5 ore e le 20 ore risulta essere più attiva, restituendo un prodotto in ogni caso altamente concentrato. Rispetto all‘ACS commerciale già presente, il nostro enzima risulta essere più attivo, e quindi potenzialmente concorrenziale. 70 PARTE QUARTA RISULTATI E DISCUSSIONI Il principale obbiettivo del nostro lavoro, è stato l‘ottenimento di un enzima Acetil Co-A sintetasi funzionante, con un attività specifica superiore a quello di E.coli, ottenuto con successo ma scarsamente attivo, nei lavori passati. La necessità di esprimere tale proteina, risiede nel suo utilizzo a livello diagnostico, dove può essere integrata in un kit enzimatico, atto a valutare la presenza di acetato nel vino e in tutte le bevande sottoposte a fermentazione alcolica. La presenza di tale molecola, infatti, nella recente normativa deve essere limitata a 1 g/l nel vino, e più in generale a 1/10 del grado alcolico per bevande con gradazione superiore a 10°C. Esiste già un distillatore in corrente di vapore, l‘acidimetro Jozzi, che svolge tale misurazione, ma risulta essere macchinoso, non molto sensibile e suscettibile anche a substrati acidi diversi dall‘acetato, normalmente presenti nel vino. C‘è da considerare, infatti, come il vino sia una bevanda altamente complessa, in cui il bilancio tra 800 composti diversi, regola e definisce gli aspetti di sapore, astringenza, acidità, grado zuccherino. Esistono sistemi di rilevazione di tutte queste componenti, ma l‘attenzione legislativa si è concentrata sull‘acetato, in quanto composto dotato di tossicità. Tale molecola può, in concentrazioni superiori al 5% essere considerata a tutti gli effetti un bronco convulsivo, causando nausea, vomito e bronco costrizione. Per titoli in acetato superiori, poi, si è soggetti a intossicazione respiratoria e alimentare. Si è cercato, quindi di definire in maniera stringente i limiti della presenza in acido acetico, oltre che per l‘aspetto prettamente clinico, anche per non intaccare la qualità della bevanda vino, in cui il classico retrogusto in acetato, è indice di degradazione della bevanda stessa. Il raggiungimento di standard qualitativi elevati nel vino, è da sempre una prerogativa del mercato agro-alimentare italiano, e in questa accezione, risulterebbe in un grande danno economico, intaccare la qualità della bevanda, evitando di monitorare costantemente la presenza di acetato. L‘enzima ACS da noi espresso, quindi, può ovviare a questi aspetti, certamente poco graditi, associati alla fermentazione acetica, naturale conseguenza di quella alcolica. Microorganismi del genere Acetobacter, possono in determinate condizioni, sviluppare potentemente una fermentazione acetica, utilizzando glucosio ed etanolo come fonti di carbonio, per restituire acetato nell‘ambiente extracellulare. Le condizioni 71 di reazione, sono presenza in ossigeno e un titolo in etanolo intorno al 10%, condizioni che naturalmente si sviluppano durante la fermentazione del vino. A livello molecolare, lo ―switch acetato‖ racchiude un‘importante serie di meccanismi metabolici, in cui la presenza in acetato intra ed extra cellulare, governa l‘attivazione di molti sistemi enzimatici. L‘acetato infatti, è considerato dal punto di vista della cellula, come una molecola modestamente energetica, sicuramente meno energetica del glucosio o dell‘etanolo, ma che può subire ulteriori cicli di ossidazione associati a reazioni esoergoniche. Esiste quindi una prima forma di utilizzo dei substrati cellulari glucosio e carboidrati in genere, che sussiste nel normale ciclo glicolitico e ciclo TCA, in cui il passaggio da piruvato a acetil Co-A, può essere o meno associato a fermentazione. Nel caso in cui la reazione avvenga in condizioni ipossiche o in elevate condizioni riducenti (rapporto NADH / NAD+ alto), o in elevate concentrazioni di prodotti acidi (acetato, malato, ossalacetato), la cellula può scegliere un meccanismo di acetogenesi, in cui recupera parte del potenziale riducente NAD+ e in contemporanea espelle all‘esterno l‘acetato stesso (dissimilazione), in maniera tale da ripristinare le condizioni fisiologiche che conducono al completamento del ciclo TCA. D‘altro canto, nelle condizioni opposte, ovvero, scarsa presenza di fonti carboniose intracellulari, deficit da substrati, deficit da NAD+ , la cellula attiva meccanismi di assimilazione dell‘acetato precedentemente rilasciato all‘esterno, da utilizzare come fonte energetica. Esiste quindi, un delicato equilibrio nel mantenimento dell‘omeostasi dell‘acetato, e del metabolismo energetico, governato dall‘azione di due sistemi enzimatici opposti PTA/ACKA e ACS, l‘enzima di interesse. L‘indagine molecolare su ACS, pur non essendo direttamente collegata allo sviluppo della proteina ricombinante, ci è servito per identificare quelle che possono essere le condizioni migliori di espressione nel sistema E.coli. Il complesso meccanismo di induzione dell‘espressione genica e dei promotori della trascrizione, è regolato non solo meccanismi di feedback da eccesso di prodotti e di substrati, ma anche dalla complessa serie di condizioni ambientali esterne, ovvero temperatura, pressione, composizione glucidica e proteica del terreno di coltura. Partendo, quindi da tali considerazioni, abbiamo pianificato il nostro lavoro in 4 parti da sviluppare in maniera sequenziale, rispettivamente: 1 Identificazione, isolamento e clonaggio del gene acsBAC 2 Espressione in un sistema eterologo 3 Purificazione e caratterizzazione della proteina ricombinante 4 Allestimento di saggi di attività specifici 72 La sequenza genica di interesse, nella prima fase del lavoro, è quella di Bacillus subtilis, sequenza di 1869 bp, già caratterizzata e presente nei database EMBL e GENBANK. Sono stati quindi progettati dei primer oligonucleotidici idonei per la prima reazione di PCR, in cui si è solamente amplificata la porzione genica a partire da librerie dell‘intero genoma. I primers così formulati hanno una lunghezza di circa 30 nucleotidi, che consente un appaiamento stabile con il DNA parentale. Il calcolo della temperatura di melting (Tm) definita come la temperatura alla quale la metà del DNA in soluzione si trova nello stato a doppia elica e la metà in quello denaturato, è calcolata seguendo una formula empirica: Tm = 64.9°C + 41°C x [%(G+C)] – N/500 Dove G e C sono rispettivamente il contenuto in guanine e citosine, mentre N è il numero totale di basi. Egualmente importante risulta essere la temperatura di annealing (Ta) , a cui avviene l‘appaiamento tra filamenti singoli di DNA. In PCR è necessaria per mediare un corretto appaiamento tra oligonucleotidi e DNA templato, prima che la Taq Polimerasi catalizzi la fase di elongazione. La versione della Taq polimerasi utilizzata in questa fase è l‘AccuTaq, DNA-polimerasi termostabile specifica per le reazioni di PCR, con attività polimerasica 5‘ → 3‘ e attività proof reading 3‘→ 5‘, con associata attività esonucleasica. La velocità catalitica è circa 60 nt/sec e la fedeltà è maggiore della semplice Taq polimerasi, ovvero 1 nt errato ogni 106 nt incorporati, contro 1 su 104 della Taq. La fedeltà di copia del DNA parentale, è uno step cruciale, che andrà poi a influire sull‘espressione di un prodotto funzionante. Controllata la congruenza del frammento amplificato, con le dimensioni attese, si è passati a una seconda serie di reazioni di PCR, in cui l‘obbiettivo era introdurre dei siti di restrizione terminali al 5‘ e 3‘ dell‘amplificato. Vengono quindi progettati e utilizzati dei primer che presentassero al loro interno le sequenze nucleotidiche specifiche NcoI e EcoRI. Nella seconda PCR, inoltre si imposta la Ta su valori più bassi, poichè diminuisce il livello di complementarietà tra oligonucleotidi e templato, a causa dell‘introduzione dei siti di restrizione che non esistono nel DNA parentale ovvero il DNA prodotto dalla prima PCR. Diminuendo la Ta, quindi, si aumenta la stabilità dell‘appaiamento e diminuisce la probabilità di associazioni non corrette. I siti scelti per Bacillus sono Nco e EcoRI, sequenza nucleotidiche non presenti all‘interno del gene stesso, e quindi uniche. L‘unicità di tali sequenze è stata importante nella fase successiva alla seconda PCR, ovvero la digestione enzimatica ad opera delle 73 endonucleasi di restrizione, rispettivamente NcoI e EcoRI, passaggio atto a creare dei siti terminali noti nel frammento genico da noi amplificato e purificato con il kit commerciale MiniElute Gel Extraction della Quiagen. Importante risulta quindi essere il passaggio catalizzato dalle endonucleasi di restrizione o deossoribonucleasi. Tali enzimi riconoscono una sequenza consuensus di circa 8 basi, all‘interno della doppia elica di DNA da digerire, differente per ogni enzima. Il successivo passaggio è l‘idrolisi tra due nucleotidi prossimali a livello del gruppo fosfato al 5‘, restituendo di fatti, due frammenti di DNA. Tali enzimi riconoscono come target, delle sequenze palindromiche, ovvero identiche se lette secondo la stessa polarità nei due filamenti, ed operano un taglio nucleotidico allo stesso livello dei due filamenti. Per tale motivo, gran parte delle endonucleasi sono dimeri che restituiscono dei frammenti di DNA definiti con estremità coesive o ―sticky ends‖. La tecnica da noi scelta è stata quella della doppia digestione, con successiva purificazione dell‘amplificato processato e digerito, da gel di agarosio, utilizzando kit commerciali. Sono state poi valutate le dimensioni della banda, che corrispondevano a quelle attese. Un identico lavoro di digestione è stato fatto per la preparazione del vettore di espressione. Nella prima serie di lavori, ci siamo concentrati sul vettore pET-29. Il pET-29 è un plasmide facilmente lavorabile, caratterizzato da un sito multiplo di clonaggio (MCS), un gene per la resistenza all'antibiotico kanamicina (kan), un origine autonoma di replicazione(ori) e un promotore specifico per la RNA-polimerasi del fago T7 che opera il controllo trascrizionale. Il prodotto enzimatico ACS proveniente da pET-29/acsBAC è stato soddisfacente in termini di resa e di attività, ma ha necessitato di un lungo lavoro di purificazione. Si è scelto così di passare all‘utilizzo di un altro vettore, che potesse ottimizzare la fase di estrazione e purificazione proteica. Nella seconda serie di lavori, è stato perciò utilizzato il vettore plasmidico di espressione pET45-b che condivide le caratteristiche comuni ai pET, ovvero una resistenza all‘antibiotico, fornito dal gene ampR, un MCS, target dell‘azione di molte endonucleasi di restrizione, un‘origine autonoma di replicazione (ori) e un promotore specifico per la RNA-polimerasi del fago T7 per il controllo trascrizionale. Il pET45, poi è largamente usato nella produzione di enzimi ricombinanti perchè, oltre ad essere facilmente lavorabile, presenta anche una regione prossima al sito di inserzione, che 74 traduce per una coda di istidine, la quale fornisce la proteina ricombinante espressa, di un TAG di istidine (His-tag) che trova impiego nella successiva fase di purificazione proteica. In questa porzione di lavoro, l‘ottenimento del gene acs non è passato attraverso la reazione di PCR, bensì tramite digestione del vettore pET-29/acs utilizzando gli enzimi di restrizione KpnI e SacI, e successiva purificazione del frammento genico con il kit Hiyeld RBS Realgenomics. L‘utilizzo dei suddetti enzimi, rimane necessario perchè il sito di clonazione multipla del pET-45, non contiene il sito EcoRI, mentre NcoI è posto a valle della porzione che traduce per His-tag, e quindi è inutilizzabile ai nostri scopi. Il passaggio successivo è stata la ligazione, attività catalizzata dalla T4 ligasi, tra il vettore e l‘inserto acs opportunamente digeriti con i medesimi enzimi di restrizione, ovvero KpnI e SacI. Il costrutto genico prodotto, è in via teorica un vettore di espressione maturo, e la conferma di ciò, si effettua dopo un passaggio di trasformazione e screening delle colonie di trasformato. Con la trasformazione, il plasmide contenente il gene acs (pET-45/acsBac) è stato introdotto all‘interno di cellule batteriche del ceppo DH5α, ceppo caratterizzato da un‘elevato tasso di crescita e quindi di amplificazione plasmidica. La trasformazione con shock termico è una tecnica moderatamente efficiente, definita a bassa frequenza di trasformanti, in cui si procede a un rapido passaggio in bagnetto termostatato a 37°C, dopo una fase a 4°C. Nella prima fase di passaggio in ghiaccio, si sfrutta l‘associazione che si instaura tra il CaCl2 utilizzato come componente della soluzione di conservazione di cellule DH5α e la membrana plasmatica di tali cellule, risultando nell‘adsorbimento dello ione Ca2+ sulla membrana e la genesi di un dipolo a parziale carica positiva che avvolge le cellule. Questa carica positiva guida l‘avvicinamento del pET-45/acsBac , a parziale carica negativa fornita dai gruppi fosfato del DNA, grazie a deboli interazioni ioniche e dipolari, e consente una avvicinamento sterico tra plasmide e cellula. Durante il rapido passaggio a 37°C, si formano delle momentanee rotture nella plasmamembrana, che facilitano l‘ingresso e acquisizione del vettore. Successivamente si procede ad una fase di semina su piastre agar e ampicillina. L‘informazione che ci viene data dalla piastra di controllo è solo di carattere statistico, e serve sostanzialmente per valutare se intervenire su un processo di ligazione scarsamente efficace, al fine di aumentare la probabilità di avere colonie di cloni ricombinanti nella piastra di prova. Per avere delle certezze, cioè per valutare 75 quale di queste contenga effettivamente il plasmide ricombinante, dobbiamo effettuare uno screening. A tal fine, alcune colonie della piastra di prova vengono scelte a caso ed utilizzate per la preparazione di colture da cui verranno in seguito estratti i plasmidi da analizzare. I plasmidi ricombinanti, dopo digestione, restituiscono due bande, una realtiva al plasmide senza inserto, e l‘altra relativa all‘inserto. Le dimensioni risultano quindi compatibili con quelle attese, e si sceglie sulla base delle dimensioni, quale colonia portare avanti nella successiva fase di espressione proteica. Nel nostro lavoro, abbiamo scelto di portare avanti l‘espressione dei prodotti delle colonie 3 e 4, rispettivamente pET-45/acsBAC3 e pET-45/acsBAC4. La seconda serie di esperimenti, ha come obbiettivo la produzione dell‘enzima funzionante in un sistema eterologo. Nel nostro caso, ottenuti i vettori pET-45/acsBAC3 e pET-45/acsBAC4, che di seguito verranno identificati come ACS-3 e ACS-4, abbiamo cercato di performare un sistema di espressione in cellule di coli, BL21. L‘utilizzo di tale ceppo non è casuale, infatti, le cellule BL21 sono particolarmente adatte a tale scopo in quanto possiedono un‘elevata capacità di sintesi proteica se stimolate con l‘induttore IPTG (isopropil-β-tiogalattoside), un analogo del lattosio. Tale ceppo, infatti, contiene nel proprio genoma il gene che codifica per la RNA polimerasi del fago T7, posto sotto il controllo trascrizionale del promotore del lattosio (lac). Quando il batterio cresce in assenza di lattosio o composti correlati, questo promotore è bloccato dal repressore lac, che impedisce il legame dell‘RNA polimerasi batterica al promotore lac stesso e quindi la trascrizione del gene sotto il suo controllo. Il vettore pET, inoltre, contenendo il promotore di questo gene a monte del sito di inserzione, subisce una 76 trascrizione massiccia dell‘inserto acs ad opera della RNA polimerasi T7, a sua volta codificata da cellule BL21 sottoposte a induzione con IPTG. Il gene codificante l‘RNA polimerasi T7 è necessario perciò, per l‘espressione di inserti presenti nel vettore pET, che contiene il promotore di questo gene. Anche in questo caso, la tecnica scelta per la trasformazione, è quella dello shock termico, e successiva semina su piastre agar e ampicillina per la selezione negativa. Successivamente si procede al prelievo di una colonia dalla piastre pET-45/acsBAC3 e pET-45/acsBAC4 e si favorisce una crescita in terreno di coltura e antibiotico ampicillina. Il terreno di elezione, scelto per il preinoculo è il Luria Broth (LB) composto da 10 g/l triptone, 5 g/l estratto di lievito, 10 g/l NaCl, pH 7,5. Le condizioni scelte per la crescita prevedono una prima fase detta pre inoculo in LB, in cui si lavora su piccola scala. In questa fase si favorisce una crescita lenta della cellula che si ―adatta‖ al nuovo tipo di terreno, fino ad arrivare ad una fase di plateau sulla curva di crescita, in cui tutti i nutrienti sono esauriti e non si ha più un elevato livello di duplicazione cellulare; tale crescita viene condotta over night. Si procede, quindi, all‘inoculo vero e proprio su scala media, trasferendo la frazione cellulare del preinoculo in beute con altro terreno e antibiotico, stimolandone nuovamente la crescita 77 e duplicazione. Questa fase di crescita è stata da noi monitorata, calcolando la densità ottica cellulare ed evitando di raggiungere concentrazioni troppo alte di cellule in coltura. C‘è da considerare come in questa porzione di esperimenti, l‘interesse sia quello di favorire una successiva produzione proteica, in cui ogni cellula non vada incontro a deficit di nutrienti e che possa attivare normalmente il proprio metabolismo proteico. Le colture vengono interrotte dopo circa 3 ore di crescita, a livelli di OD pari a 0.6 alla lunghezza d‘onda di 600 nm e indotte con IPTG (isopropil-β-tio-galattoside), attivatore della sintesi proteica mediata dall‘operone lac. Abbiamo scelto di sperimentare la crescita cellulare in due brodi diversi, rispettivamente il terreno YT (16 g/l triptone, 10 g/l estratto di lievito, 5 g/l NaCl, pH 7.2), caratterizzato da un‘elevata frazione aminoacidica, e quindi idoneo per la sintesi proteica, e il terreno M9, a minime concentrazioni di nutrienti, arricchito in sali minerali e vitamine (composizione molecolare riportata nei materiali e metodi). Da un punto di vista della crescita cellulare, il terreno YT fornisce alla cellula tutte i nutrienti necessari e già biodisponibili. Lo ―sforzo metabolico‖ cellulare, quindi, risiede nella sola produzione dell‘enzima, a partire da aminoacidi e coenzimi già forniti. Il terreno M9 invece, spinge la cellula a produrre aminoacidi e attivare i circuiti anabolici di produzione delle componenti nutritive, eccezion fatta per le vitamine, indispensabili alla crescita. Il tutto si tradurrà in un maggiore ―sforzo metabolico‖ e sintesi proteica indotta più lentamente. Una analisi prettamente economica, però, sollecita l‘utilizzo del terreno M9, in quanto meno costoso del YT, aspetto questo da tenere in considerazione nell‘ambito dell‘utilizzo industriale di tale enzima. Sono state performate, relativamente al terreno M9, varie modalità di espressione proteica. Le diverse condizioni di crescita, prevedono l‘aggiunta nel terreno di glucosio o di acetato. Abbiamo poi lavorato sui diversi tempi di induzione, bloccando la sintesi proteica rispettivamente a 5 ore e a 24 ore. Viene quindi favorita una estrazione proteica con la tecnica della sonicazione a onde ultrasoniche e successiva raccolta della frazione solubile (supernatante) separata dalla frazione insolubile (precipitato) mediante centrifugazione; vengono raccolte e conservate le diverse frazioni contenenti la proteina. Tali prodotti proteici o enzimi putativi, sono stati analizzati per valutare la loro presenza nella fase solubile o nella fase insolubile come aggregati. C‘è da considerare, infatti, che un enzima funzionante verrà necessariamente a manifestarsi nella fase 78 solubile a seguito dell‘estrazione proteica, ovvero nel supernatante. Una prerogativa negativa, di alcuni sistemi di espressione eterologhi, tuttavia, può essere la presenza della proteina ricombinante nella fase insolubile (precipitato). Questo aspetto, indesiderato, influisce ovviamente sulla concentrazione dell‘enzima effettivamente utilizzabile e deriva da una non corretta espressione proteica, associata a eventi di misfolding o denaturazione durante la sintesi stessa della proteina. A seguito della fase di estrazione proteica, e successiva analisi in SDS PAGE al 10% di acrilamide, abbiamo analizzato le diverse frazioni solubli ed insolubili,, ottenendo le seguenti indicazioni (cap 3.2.4) La crescita in terreno minimale sembra da preferirsi in termini di resa proteica, alla crescita in terreno YT; L‘aggiunta di acetato al terreno M9, aumenta notevolmente la sintesi di ACS, rispetto all‘aggiunta di glucosio, che sembra non manifestare effetti rilevanti; I tempi di induzione non influiscono eccessivamente sulla resa proteica, ed un periodo di induzione superiore alle 24 ore si riflette nell‘aumento di ACS insolubile, ovvero, aumenta la frazione ACS nel precipitato dopo sonicazione e aumenta la tendenza di ACS in soluzione a precipitare dopo qualche giorno, evento che non avviene per la crescita a 5 ore, indicando come ottimali tempi di induzione compresi tra le 5 e le 16 ore. L‘enzima ottenuto dal clone ACSBAC3 risulta essere più solubile di quello del clone ACSBAC4, che al contrario produce una notevole quantità di proteina insolubile. L‘enzima ottenuto da lievito, ACSyeast come da notazioni provenienti da esperimenti passati, risulta essere totalmente insolubile, pur manifestando una notevole frazione proteica espressa. Standardizzando il protocollo di espressione, quindi, potremmo scegliere di esprimere il clone scelto di ACSBAC , o entrambi come nel nostro caso, in terreno minimale arricchito in acetato per tempi compresi tra le 5 e le 16 ore. Le colonne IMAC hanno una notevole importanza in questa fase del lavoro. Previo trattamento con opportuni tamponi di attivazione della colonna e nichel solfato per ripristinare il Ni2+ ossidato, come riportato nei materiali e metodi, si sfrutta il legame metallico di coordinazione tra Ni2+ e anello imidazolico delle istidine presenti nel TAG all‘N-terminale della proteina ricombinante. Il legame metallico instauratosi tra queste due componenti chimiche è molto stabile e consente di trattenere 79 specificatamente solo la proteina ACS mentre le altre componenti inquinanti verranno allontanate via con l‘eluato. Si sfrutta successivamente la competizione tra His e imidazolo 0,5 M nei confronti dello ione metallico per dissociare la proteina, che verrà raccolta e conservata. La purificazione tramite passaggio su colonne IMAC, restituisce in breve tempo, un prodotto altamente concentrato e privo di contaminanti, che verrà poi ulteriormente concentrato a seguito della precipitazione in solfato d‘ammonio e dialisi, passaggio quest‘ultimo opzionale nel nostro caso, ma indispensabile per l‘utilizzo in ambito diagnostico. Questa, di fatto rappresenta il livello di scale-up raggiunto nel nostro lavoro, in cui le condizioni di espressione, in virtù di tali considerazioni, sono ormai state definite e uniformate. (cap 3.3.2) Vengono successivamente allestiti dei saggi di attività, del tipo colorimetrico, in cui si confronta l‘attività tra ACS3 e ACS4 entrambe cresciute in acetato, per diversi tempi di induzione, ottenendo le seguenti evidenze (cap 3.4.1): l‘enzima ACS3 è più attivo di ACS4 Entrambi mostrano del precipitato dopo 24 ore a 4°C, indice di instabilità della proteina se non opportunamente congelata Una apprezzabile perdita di attività si manifesta dopo alcuni cicli di congelamento e scongelamento (da -20°C a Tamb) Più in generale possiamo notare come ACS3 manifesti molta più proteina nella fase solubile e sia in effetti più attiva, mentre ACS4 che ne manifesta di meno, risulta essere leggermente meno attiva. Queste indicazioni ci spingono ad analisi più dettagliate, in particolar modo nei confronti di ACS, ottenuta dopo 5 ore di induzione, che a seguito di indagini più raffinate, risulta essere dotato di un‘attività specifica maggiore di ACS ottenuto dopo 24 ore di induzione e soprattutto più attivo di ACS commerciale, l‘enzima già presente sul mercato. Questo era il parametro da noi identificato come obbiettivo principale e può considerarsi raggiunto. Altre importanti informazioni sono quelle relative alla stabilità. Il nostro enzima mantiene una stabilità paragonabile a quella di ACS commerciale dopo diversi cicli di congelamento e scongelamento, evento che inevitabilmente porta all‘inattivazione proteica. 80 PARTE QUINTA CONCLUSIONI In questo lavoro abbiamo cercato di ottenere una componente fondamentale per un kit diagnostico a base enzimatica atto a valutare la concentrazione di acido acetico nel vino e in bevande sottoposte a fermentazione alcolica, ovvero l‘ACS o acetil Co-A sintetasi. L‘ACS ha un ruolo di primo piano nel metabolismo catabolico, ed è coinvolta nell‘attivazione dei meccanismi di assimilazione dell‘acetato, in cui la cellula sfrutta un composto solo parzialmente ossidato, reimmettendolo nel ciclo TCA. Tale enzima non è un semplice prodotto proteico indotto dal substrato, ma è sottoposto ad un raffinato controllo trascrizionale e traduzionale ad opera di molti agenti endogeni ed esogeni. Abbiamo utilizzato tali informazioni per ottimizzare un protocollo di espressione per la proteina, in cui l‘aggiunta di acetato al terreno di coltura, di cellule BL21/pET-45/acs ha notevolmente migliorato la resa proteica, anche per tempi di induzione non elevati, pari a 5 ore. Nel nostro lavoro, poi, ci siamo concentrati su ACS di B. subtilis, che ha sempre restituito un prodotto in quantità maggiore rispetto a E. coli e più solubile rispetto a S. cerevisiae, altri enzimi ottenuti sempre in maniera ricombinante. Dato l‘utilizzo di tale enzima in un kit commerciale, risultava di notevole spessore l‘aspetto prettamente economico, oltre a quello funzionale. Siamo riusciti a performare, perciò, un‘espressione proteica in un terreno minimale M9, a basso costo, che restituisce però una maggiore quantità di prodotto rispetto a quello ottenuto tramite crescita nel comune e più costoso terreno YT. Un altro aspetto importante sia dal punto di vista funzionale, che quello dell‘abbattimento dei costi, è stata la purificazione e concentrazione proteica. L‘utilizzo del vettore pET-45, ci ha consentito di condensare tutte le tecniche di purificazione, in un unico passaggio su colonna IMAC agli ioni Ni2+, sfruttando il legame di coordinazione tra tale ione e il tag di istidine della proteina ricombinante, fornito dal vettore stesso. A seguito di una successiva eluizione in imidazolo e precipitazione in solfato d‘ammonio, si è ottenuto in breve tempo un enzima puro, concentrato e in tampone già pronto per l‘uso. L‘ultima analisi affrontata, ovvero i test per valutare l‘attività enzimatica, sono stati tutti positivi, e ci hanno dato importanti indicazioni su quali condizioni di espressione scegliere per ottenere il miglior rapporto tra quantità di proteina espressa per attività specifica ottenuta. 81 Grazie al protocollo di espressione e purificazione proteica, da noi creato e ottimizzato, è possibile standardizzare la procedura di ottenimento dell‘ACS e aumentare la scala di produzione portandola a livelli industriali. Sono, altresì, possibili degli sviluppi che in futuro potrebbero portare all‘ottenimento di enzimi ACS a partire da specie diverse da B. subtilis. E‘ già stata indagata acs di Pseudomonas aeruginosa, Methnotrix sohengi, Sulfolobus sulfataricus, senza però fornire un prodotto migliore di quello di B. subtilis. Altre importanti diramazioni della nostra ricerca hanno portato a esperimenti di mutagenesi stEP tra acs di B. subtilis e acs di S. cerevisiae, aspetti questi che potranno essere approfonditi in seguito. Il nostro enzima ACSBAC, tuttavia, confrontato con preparazioni precedenti e con quello già presente in commercio, risulta già vincente da un punto di vista dell‘attività specifica, ovvero della funzionalità, risulta essere più solubile e stabile nel tempo, e aspetto di rilievo, è anche più economico, rendendo tale preparazione altamente concorrenziale e sostituibile a tutti gli effetti nel sistema diagnostico già esistente. 82 RIFERIMENTI 1 Alan J. Wolfe The Acetate Switch. Microbiol. and molecular biology reviews, Mar. 2005, p. 12–50 2 Presecan-Siedel E, Galinier A., Longin R. Catabolite Regulation of the pta Part of Carbon Flow Pathways in Bacillus subtilis, J. Bacteriol., Nov. 1999, p. 6889–6897 3 Holms, H. 1996. Flux analysis and control of the central metabolic pathways in Escherichia coli. FEMS Microbiol. Rev. 19:85–116. 4 Pru ¨ß, B. M., J. M. Nelms, C. Park, and A. J. Wolfe. 1994. Mutations in NADH: ubiquinone oxidoreductase of Escherichia coli affect growth on mixed amino acids. J. Bacteriol. 176:2143–2150. 5 Xu, B., M. Jahic, and S.-O. Enfors. 1999. Modeling of overflow metabolism in batch and fed-batch cultures of Escherichia coli. Biotechnol. Prog. 15: 81–90. 6 Varma, A., and B. O. Paulson. 1994. Stoichiometric flux balance models quantitatively predict growth and metabolic by-product secretion in wild type Escherichia coli W3110. Appl. Environ. Microbiol. 60:3724–3731. 7 Rossman, R., G. Sawers, and A. Bock. 1991.Mechanism of regulation of the formate- hydrogenlyase pathway by oxygen, nitrate, and pH: definition of the formate regulon. Mol. Microbiol. 5:2807–2814. 8 Rinas, U., H. Kracke-Helm, and K. Schugerl. 1989. Glucose as a substrate in recombinant strain fermentation technology. Appl. Microbiol. Biotech- nol. 31:163–167. 9 Spencer, M. E., and J. R. Guest. 1987. Regulation of citric acid cycle genes in facultative bacteria. Microbiol. Sci. 4:164–168. 10 Amarasingham, C. D., and B. D. Davis. 1965. Regulation of delta-keto glutarate dehydrogenase formation in Escherichia coli. J. Biol. Chem. 240 3664–3668. 11 Thauer, R. K., K. Jungermann, and K. Decker. 1977. Energy conservation in chemotrophic anaerobic bacteria. Bacteriol. Rev. 41:100–180. 12 Shen, J., and R. P. Gunsalus. 1997. Role of multiple ArcA recognition sites in anaerobic regulation of succinate dehydrogenase (sdhCDAB) gene expression in Escherichia coli. Mol. Microbiol. 26:223–236 83 13 Vallari, D. S., and S. Jackowski. 1988. Biosynthesis and degradation both contribute to the regulation of coenzyme A content in Escherichia coli. J.Bacteriol. 170:3961–3966. 14 Peng, L., and K. Shimizu. 2003. Global metabolic regulation analysis for Escherichia coli K12 based on protein expression by 2-dimensional electrophoresis and enzyme activity measurement. Appl. Microbiol. Biotechnol. 61:163–178. 15 Oh, M.-K., L. Rohlin, K. C. Kao, and J. C. Liao. 2002. Global expression profiling of acetate-grown Escherichia coli. J. Biol. Chem. 277:13175–13183. 16 Knorr, R., M. A. Ehrmann, and R. F. Vogel. 2001. Cloning of the phosphotransacetylase gene from Lactobacillus sanfranciscensis and characterization of its gene product. J. Basic Microbiol. 41:339–349. 17 Bock, A., and G. Sawers. 1996. Fermentation, p. 262–282. In F. C. Neidhardt, R. Curtiss, III, J. L. Ingraham, E. C. C. Lin, K. B. Low, B.Magasanik, W. S. Reznikoff, M. Riley, M. Schaechter, and H. E. Umbarger (ed.), Escherichia coli and Salmonella: cellular and molecular biology, 2nd ed. ASM Press, Washington, D.C. 18 Abdel-Hamid, A. M., M. M. Attwood, and J. R. Guest. 2001. Pyruvate oxidase contributes to the aerobic growth efficiency of Escherichia coli. Microbiology 147:1483–1498. 19 Phue, J.-N., and J. Shiloach. 2004. Transcription levels of key metabolic genes are the cause for different glucose utilization pathways in E. coli B (BL21) and E. coli K (JM109). J. Biotechnol. 109:21–30. 20 Kumari, S., C. M. Beatty, D. F. Browning, S. J. Busby, E. J. Simel, G. Hovel-Miner, and A. J. Wolfe. 2000. Regulation of acetyl coenzyme A synthetase in Escherichia coli. J. Bacteriol. 182:4173–4179 21 Brown T. D., Jones-Mortimer M. C., and Kornberg H. L. (1977). The enzymic interconversion of acetate and acetyl-coenzyme A in Escherichia coli. J. Gen. Microbiol. 102: 327-336. 22 Kumari S., Tishel R., Eisenbach M., and Wolfe A. J. (1995). Cloning, characterization, and functional expression of acs, the gene which encodes acetyl coenzyme A synthetase in Escherichia coli. J. Bacteriol. 177: 28782886 84 23 Pruss B. M., and Wolfe A. J. (1994a). Regulation of acetyl phosphate synthesis and degradation, and the control of flagellar expression in Escherichia coli. Mol. Microbiol. 12: 973-984 24 McCleary W. R., Stock J. B. and Ninfa A. J. (1993) Is acetyl phosphate a global signal in Escherichia Coli? J. Bacteriol. 175: 2793-2798 25 Bentley R. (2000) From ‗reactive C2 units‘ to acetil coenzyme A : a long trail with an acetyl phosphate detour. Trends Biochem. Sci. 25: 302-305 26 Wanner B. L. and Wilmes-Riesenberg M. R. (1992) Involvement of phosphotransacetylase, acetate kinase and acetyl phosphate synthesis in control of the phosphate regulon in Escherichia Coli. J. Bacteriol. 174: 2124-2130 27 Chang K. H., Xiang H., and Dunaway-Mariano D. (1997). Acyl-adenylate motif of the acyl-adenylate/thioester-forming enzyme superfamily: a sitedirected mutagenesis study with the Pseudomonas sp. strain CBS3 4chlorobenzoate:coenzyme A ligase. Biochemistry 36: 15650-15659Berg, P. 1956. Acyl adenylates: an enzymatic mechanism of acetate activation. J. Biol. Chem. 222:991–1013 28 Chou, T. C., and F. Lipmann. 1952. Separation of acetyl transfer enzymes in pigeon liver extract. J. Biol. Chem. 196:89–103. 29 Gimenez, R., M. F. Nunez, J. Badia, J. Aguilar, and L. Baldoma. 2003. The gene yjcG, cotranscribed with the gene acs, encodes an acetate permease in Escherichia coli. J. Bacteriol. 185:6448–6455. 33 Kao, K. C., Y.-L. Yang, R. Boscolo, C. Sabatti, V. Roychowdhury, and J. C.Liao. 2004. Transcriptome-based determination of multiple transcription regulator activities in Escherichia coli by using network component analysis. Proc. Natl. Acad. Sci. USA 101:641–646. 34 Oh, M. K., and J. C. Liao. 2000. Gene expression profiling by DNA microarrays and metabolic fluxes in Escherichia coli. Biotechnol. Prog. 16:278–286. 35 Starai V. J. and Escalante-Semerena C. J. (2004) Acetyl-coenzyma A synthetase (AMP-forming). Cell Mol.Life Sci. 61: 2020-2030 85 36 Beatty, C. M., D. F. Browning, S. J. W. Busby, and A. J. Wolfe. 2003. CRP-dependent activation of the Escherichia coli acsP2 promoter by a synergistic class III mechanism. J. Bacteriol. 185:5148–5157. 37 Browning, D. F., C. M. Beatty, A. J. Wolfe, J. A. Cole, and S. J. W. Busby. 2002. Independent regulation of the divergent Escherichia coli nrfA and acsP1 promoters by a nucleoprotein assembly at a shared regulatory region. Mol. Microbiol. 43:687–701. 38 Kumari, S., C. M. Beatty, D. F. Browning, S. J. Busby, E. J. Simel, G. Hovel-Miner, and A. J. Wolfe. 2000. Regulation of acetyl coenzyme A synthetase in Escherichia coli. J. Bacteriol. 182:4173–4179 39 Kumari S., Tishel R., Eisenbach M., and Wolfe A. J. (1995). Cloning, characterization, and functional expression of acs, the gene which encodes acetyl coenzyme A synthetase in Escherichia coli. J. Bacteriol. 177: 2878-2886 40 Browning, D. F., C. M. Beatty, E. A. Sanstad, K. A. Gunn, S. J. W. Busby, and A. J. Wolfe. 2004. Modulation of CRP-dependent transcription at the Eschericheria coli acsP2 promoter by a nucleoprotein complex: anti-activation by the nucleoid proteins FIS and IHF. Mol Microbiol. 51:241–254 41 Grundy, F. J., A. J. Turinsky and T.M. Henkin , 1994. Catabolic regulation of Bacillus subtilis acetate and acetoin utilization genes by ccpA. J. Bacteriol. 176:4527-4533. 42 Grundy, F. J., D. A. Waters, T. Y. Takova, and T. M. Henkin. 1993. Identification of genes involved in utilization of acetate and acetoin in Bacillus subtilis. Mol. Microbiol. 10:259-271. 43 Gardner J. G., Grundy F. J., Henkin T. M., and Escalante-Semerena J. C. (2006). Control of acetyl-coenzyme A synthetase (AcsA) activity by acetylation/deacetylation without NAD+ involvement in Bacillus subtilis. J. Bact. 188: 5460-5468. 44 Schmieger, H., and H. Backhaus. 1973. The origin of DNA in transducing particles of P22 mutants with increased transduction frequencies (HTmutants). Mol. Gen. Genet. 120:181-190. 45 Henkin, T. M. 1996. The role of the CcpA transcriptional regulator in carbon metabolism in Bacillus subtilis. FEMS Microbiol. Lett. 135:9–15. 86 46 Shin, B.-S., S.-K. Choi, and S.-H. Park. 1999. Regulation of the Bacillus subtilis phosphotransacetylase gene. J. Biochem. 126:333–339. 47 Henkin, T. M., F. J. Grundy, W. L. Nicholson, and G. H. Chambliss. 1991. Catabolite repression of a-amylase gene expression in Bacillus subtilis involves a trans-acting gene product homologous to the Escherichia coli lacl and galR repressors. Mol. Microbiol. 5:575–584. 48 Hueck, C. J., W. Hillen, and M. H. Saier, Jr. 1994. Analysis of a cis-active sequence mediating catabolite repression in gram-positive bacteria. Res.Microbiol. 145:503–518. 49 Kim, J.-H., Z. T. Guvener, J. Y. Cho, K.-C. Chung, and G. H. Chambliss. 1995. Specificity of DNA binding activity of the Bacillus subtilis catabolite control protein CcpA. J. Bacteriol. 177:5129–5134. 50 Weickert, M. J., and G. H. Chambliss. 1990. Site-directed mutagenesis of a catabolite repression operator sequence in Bacillus subtilis. Proc. Natl. Acad.Sci. USA 87:6238–6242. 51 Weickert, M. J., and S. Adhya. 1992. A family of bacterial regulators homologous to gal and lac repressors. J. Biol. Chem. 267:15869–15874. 52 Galinier, A., J. Haiech, M. Kilhoffer, M. Jaquinod, J. Stulke, J. Deutscher, and I. Martin-Verstraete. 1997. The Bacillus subtilis crh gene encodes a HPr-like protein involved in carbon catabolite repression. Proc. Natl. Acad Sci. USA 94:8439-8444. 53 Galinier, A., M. Kravanja, R. Engelmann, W. Hengstenberg,M.-C. Kilhoffer, J. Deutscher, and J. Haiech. 1998. New protein kinase and protein phosphatase families madiate signal transduction in bacterial catabolite repression. Proc. Natl. Acad Sci. USA 95:1823-1828 54 Reizer, J., C. Hoischen, F. Tigemeyer, C. Rivolta, R. Rabus, J. Stulke, D. Karamata, M. H. Saier, Jr., and W. Hillen. 1998. A novel protein kinase that controls carbon catabolite repression in bacteria. Mol. Microbiol. 27:1157–1169. 55 Reizer, J., J. Deutscher, and M. H. Saier, Jr. 1989. Metabolite-sensitive, ATP-dependent, protein kinase catalyzed phosphorylation of HPr, a phosphocarrier protein of the phosphotransferase system in Gram-positive bacteria. Biochimie 71:989–996. 87 56 Deutscher, J., E. Kuster, U. Bergstedt, U. Charrier, and W. Hillen. 1995. Protein kinase-dependent HPr/CcpA interaction links glycolytic activity to carbon catabolite repression in Gram-positive bacteria. Mol. Microbiol. 15: 1049–1053. 57 Deutscher, J., J. Reizer, C. Fischer, A. Galinier, M. H. Saier, Jr., and M. Steinmetz. 1994. Loss of protein kinase-catalyzed phosphorylation of HPr, a phosphocarrier protein of the phosphotransferase system, by mutation of the ptsHI gene confers catabolite repression resistance to several catabolic genes of Bacillus subtilis. J. Bacteriol. 176:3336–3344. 58 Turinsky, A. J., F. J. Grundy, J.-H. Kim, G. H. Chambliss, and T. M. Henkin.1998. Transcriptional activation of the Bacillus subtilis ackA gene requires sequences upstream of the promoter. J. Bacteriol. 180:5961–5967 59 Kumari, S., C. M. Beatty, D. F. Browning, S. J. Busby, E. J. Simel, G. Hovel-Miner, and A. J. Wolfe. 2000. Regulation of acetyl coenzyme A synthetase in Escherichia coli. J. Bacteriol. 182:4173–4179. 62 Shin, S., S. G. Song, D. S. Lee, J. G. Pan, and C. Park. 1997. Involvement of iclR and rpoS in the induction of acs, the gene for acetyl coenzyme A synthetase of Escherichia coli K-12. FEMS Microbiol. Lett. 146:103–108. 63 Leipe, D. D., and D. Landsman. 1997. Histone deacetylases, acetoin utilization proteins and acetylpolyamine amidohydrolases are members of an ancient protein superfamily. Nucleic Acids Res. 25:3693-3697. 64 Albert S. Reger, Jill M. Carney, and Andrew M. Gulick, Biochemical and Crystallographic Analysis of Substrate Binding and Conformational Changes in Acetyl-CoA Synthetase Biochemistry, 2007 65 Frenkel E. P., and Kitchens R. L. (1977). Purification and properties of acetyl coenzyme A synthetase from baker‘s yeast. J. Biol. Chem. 252: 504507. 66 Smita S. P., and Walt D. R. (1987). Substrate specificity of acetyl coenzyme A synthetase. J. Biol. Chem. 262: 7132-7134. 67 van den Berg M. A., and Steensma H. Y. (1995). Acs2, a Saccharomyces cerevisiae gene encoding acetyl coenzyme A synthetase, essential for growth on glucose. Eur. J. Biochem. 231: 704-713. 88 68 Luong A., Hannah V. C., Brown M. S., and Goldstein J. L. (2000). Molecular characterization of human acetyl-CoA synthetase, an enzyme regulated by sterol regulatory element-binding proteins. J. Biol. Chem. 275: 26458-2646 69 Fujno T., Kondo J., Ishikawa M., Morikava K. And Yamamoto T. T. (2001) Acetyl-CoA synthetase 2, a mithocondrial matrix enzyme involved in the oxidation of acetate. J. Biol. Chem. 276: 11420-11426 70 Vincent J. Starai, Jeffrey G. Gardner, and Jorge C. Escalante-Semerena, Residue Leu-641 of Acetyl-CoA synthetase is critical for the acetylation of residue Lys-609 by the Protein acetyltransferase enzyme of Salmonella enterica. The Journal of Bio. Chemistry, 2005 72 NCBI, http://www.ncbi.nlm.nih.gov/ 73 D. Voet, J. Voet, W. Pratt: Fondamenti di Biochimica, 2001, Zanichelli. 89 L‘essenza degli ultimi cinque anni è racchiusa in questo momento ormai a me ben noto: il viaggio in treno. Essere solo, intorno a tanta gente, non può che spingermi a pensare al tempo trascorso e agli obbiettivi che ho faticosamente quanto inconsapevolemente raggiunto. Nel mio caso sono ancora pochi, ma il pensiero di aver rispettato i tempi, almeno questa volta, mi rende pieno di orgoglio e mi fa guardare con un pizzico di ottimismo in più al futuro. Al mio futuro. Eppure ritrovarmi a pochi giorni dalla discussione della tesi, ancora in uno stato di apparente tranquillità, non può che convincermi che in qualche modo sono stato plasmato da questo ambiente, dai professori, colleghi, esami, alzataccie e treni. La risposta più decisa che ho potuto dare all‘ambiente variegato di questi ultimi anni è racchiusa tanto nel mio bagaglio emotivo personale quanto nel confronto con le persone che giravano, e mi auguro di far girare ancora intorno al mio micro cosmo. E per questa mia predisposizione alla ricerca della comunicazione con le persone, che tanta serenità mi ha portato, non posso che essere grato alla mia famiglia, fonte di felicità, consigli, risate e litigi sempre risolti. Se quello che sono diventato, mi soddisfa, lo devo a loro. Troppe sarebbero le righe da spendere per parlarne in maniera riconoscente e degna. Troppi attributi positivi dovrei associare a mamma Angela, papà Angelo e Francesca, che rischierei di diventare mieloso. Del resto, nella mia costante ricerca di punti fermi e solidi, intorno a cui organizzare le mie giornate e le mie esperienze, non ho potuto che apprezzare in misura sempre maggiore col passare del tempo, la sicurezza, l‘affetto e la felicità offertami dalla mia famiglia, ed è a voi che dedico questa tesi. L‘interesse mostrato da parte dei parenti tutti, poi, mi è sempre stato utile. Penso a nonna Gina, e alle serate passate a parlare sempre in maniera intelligente degli argomenti più vari. Penso alle zie e agli zii, sempre pronti a incitarmi e a offrire parole gentili. Penso ai cugini, che comincio a scoprire ora nella maniera adulta, con cui abbiamo condiviso risate e che hanno mostrato interesse per la mia realtà che già li riguardò quando erano studenti, proprio come me. Il delicato equilibrio, tanto desiderato poi, non può che essere causa e conseguenza anche del rapporto che ho quotidianamente con i miei amici. Il meraviglioso gruppo di persone che chiamo amici, e che in molte occasioni si è dimostrato tale, meriterebbe una pagina intera, persona per persona. Ma siamo in tanti, lo sapete. Posso pensare però che ritrovarsi a non saper dare una data di nascita al rapporto che ho con voi, mi riempie di gioia. Siete sempre stati e spero che rimarrete quanto più a lungo possibile nelle mie giornate e nella mia vita. Scoprire, poi, che 90 ognuno di voi prima di essere amico, è una persona con i propri interessi, le proprie ansie, i propri desideri e ambizioni, mi stimola a conoscervi sempre più e a condividere con voi non solo le risate, mai mancate, ma anche le mie di ansie, preoccupazione e momenti di gioia, proprio come in questo momento. E strano mi fa, a ritrovarmi a pensare ai miei compagni di corso. Termine quanto mai limitativo. Negli ultimi due anni ho scoperto la solidità, la simpatia, l‘intelligenza e la bontà di molti di voi che non posso che reputare amici a tutti gli effetti e augurarmi di rimanere tali. Per ultimo, ma solo in ordine cronologico, penso al prof e all‘ambiente del lab. Penso a voi tutti con infinito affetto, tante e tali sono le storie del lab che si sono intrecciate con la mia ―vita reale‖ ed è qui che si affievolisce il concetto di posto di lavoro per lasciar spazio a quello che voi siete: delle belle persone. La paura per il mio futuro sicuramente passa attraverso tutti voi, so che in un modo o nell‘altro coinvolgerò voi, persone fidate, nella mia esperienza di vita e so che quando mi servirà, voi ci sarete. Proprio come mi auguro io, di essere reputato ai vostri occhi. Inizio ora un percorso sicuramente nuovo e stimolante, in cui mi impegnerò per bilanciare le mie ambizioni e i miei desideri con il bisogno di trovare spazio a tutte le persone a me care, che vuoi per esigenze di studio, vuoi per periodi negativi, ho a volte trascurato. Dentro di me c‘è sempre stata la vostra presenza a guidarmi e darmi fiducia. Grazie di cuore. 91