AGOSTINO (354 – 430 d.C.) Con il Cristianesimo inizia una nuova esperienza della Verità L’avvento del Cristianesimo e la sua diffusione nei territori dell’Impero Romano segnano per la filosofia l’inizio di una nuova esperienza della Verità: da una Verità conquistata e conosciuta attraverso i procedimenti di una Ragione esclusivamente umana, come per la verità dell’Essere di Parmenide, delle Idee di Platone o della Sostanza di Aristotele, si passa ad una Verità che ha il suo valore nel fatto di essere stata rivelata e di essere creduta per Fede, cioè secondo un assenso della Volontà che va oltre la comprensione e la condivisione possibile alla Ragione. Nel Vangelo di Giovanni la nascente Filosofia Cristiana trova l’espressione di un rapporto inedito tra il Dio rivelato dalle Scritture e dai Vangeli e il Logos di origine greca, quella Ragione cosmica spirituale e materiale che governa il Tutto di cui parlavano gli Stoici, e che in Plotino si identificava con la seconda Ipòstasi, lo Spirito o Intelletto emanato dalla infinita potenza dell’Uno trascendente e inconoscibile. Il LOGOS viene infatti interpretato dai Cristiani come la Parola e la Sapienza di Dio, il Verbo coeterno generato ma non creato, della stessa sostanza del Padre, così come viene presentato dal Vangelo di Giovanni. Nel Cristianesimo delle origini, si confrontarono per molto tempo scelte contrastanti su quale dovesse essere il rapporto tra la Fede cristiana e la Filosofia greca, considerata alla stregua di un paganesimo da rigettare, per l’incapacità della Ragione di comprendere le verità di Fede o, al contrario, l’antecedente culturale del Cristianesimo stesso, di cui servirsi per arricchire la Fede, mostrandone i possibili fondamenti razionali. Dopo la prima fase della Patristica, in cui i primi Padri della Chiesa stabilirono progressivamente i principali nuclei dottrinari del Cristianesimo, fu Agostino a superare queste contrapposizioni affermando con forza la complementarietà di Fede e Ragione, con l’esplicito riconoscimento del concorrere della Ragione alla giustificazione del primato della Fede. E’ ciò che viene espresso dalle due famose formule agostiniane: CREDE, UT INTELLIGAS - Credi, per comprendere: solo riconoscendo alla Fede il valore di una verità trascendente, l’uomo potrà comprendere i limiti della Ragione, e che il Logos stoico non è il soggetto dell’esistenza del mondo, bensì il mezzo, rappresentato dal Cristo, dell’azione creatrice e salvifica compiuta da Dio; una verità quest’ultima a cui da sola la Ragione non può accedere. INTELLIGE, UT CREDAS - Comprendi, per credere: di fronte al primato della Fede, l’uomo non deve però rinunciare alla Ragione; al contrario, deve usare la Ragione per dubitare di ogni cosa, perfino dei contenuti della Fede, per riconoscerle la sua autentica trascendenza spirituale che la sottrae ad ogni confutazione e al pericolo di confonderla con una qualsiasi superstizione. Il percorso esistenziale di Agostino La straordinaria originalità di Agostino si alimenta del fatto che il suo percorso esistenziale viene a coincidere con il progressivo riconoscimento della superiorità della Fede su tutte le conquiste del pensiero greco e, al tempo stesso, nel presentare le Verità di Fede come il traguardo finale e definitivamente raggiunto dal lungo e articolato percorso compiuto dalla Filosofia. Dal giovanile rifiuto del Cristianesimo, in cui era stato educato dalla madre Monica, e quindi dalla sua condizione di ‘peccatore’, A. compie un percorso esistenziale che lo porterà alla ‘conversione’, con il Battesimo ricevuto dalle mani del vescovo Ambrogio nel 387, facendo della propria vita la sofferta e consapevole testimonianza del valore di verità che la fede può acquistare nella vita di ogni uomo. Le diverse esperienze culturali e filosofiche vissute da Agostino sono la conferma del valore di testimonianza assunto dal suo percorso esistenziale: - l’adesione giovanile al MANICHEISMO, in cui trovava una risposta al problema del Male; - l’adesione allo STOICISMO, contro un Cristianesimo conosciuto come antropomorfo per la personalizzazione di un Dio dotato di libera Volontà creatrice; - il serrato confronto contro la minaccia costituita dalle tesi degli SCETTICI, che negavano il valore di qualsiasi verità ultimativa, - la lettura dei testi di Plotino, che permette ad Agostino di andare oltre il Materialismo Stoico e il Dubbio degli Scettici, con la scoperta della trascendenza dell’Uno e la conquista di una verità capace di resistere al dubbio. E qual è tale verità capace di resistere al dubbio? E’ la verità esistenziale di un Io identificato con la trascendenza della sua Anima immortale. L’esperienza interiore del dialogo tra l’Anima e Dio è alla base del processo conoscitivo umano. “Non uscire fuori di te, ritorna in te stesso: la verità abita nell’uomo interiore e, se troverai che la tua natura è mutevole, trascendi anche te stesso.” Di fronte alla mutevolezza e alla imperfezione delle conoscenze sensibili, l’uomo può sì comprendere con la ragione le verità eterne della matematica e dell’etica, ma per scoprire che tali verità preesistono alla sua stessa ragione, senza poter derivare dall’esperienza, cosicchè il possesso che crede di averne è in realtà l’esserne posseduto, la rivelazione nell’Anima della loro trascendenza, come idee e contenuti dell’Intelletto o Logos coeterno a Dio. E’ l’esperienza della verità come illuminazione divina, rivelatrice della medesima trascendenza che accomuna e consente il dialogo tra l’Anima e Dio. Ma come è possibile un tale dialogo? La risposta della Fede è che ciò è possibile perché Dio crea dal nulla, senza presupporre nemmeno la materia, la totalità del mondo e al suo interno l’uomo, a sua immagine e somiglianza. La creazione è il fare di Dio che assegna alle Forme o Idee del Logos che gli è coeterno la materia specifica che individualizzerà la loro esistenza, secondo una gerarchia fondata sulla libertà che il Creatore assegna alle Creature, e che ha il suo culmine nel Libero Arbitrio dell’uomo. In realtà la creazione apre una differenza abissale tra Dio e le Creature, manifestata dal loro incessante divenire contrapposto all’eterno di Dio. Ma una tale differenza d’essere non è la condizione statica di una separazione insuperabile o di un possibile percorso a ritroso compiuto dalla singola Anima, come per Plotino. Essa è la condizione voluta da Dio perché possa essere superata e annullata dall’agire stesso di Dio, con l’atto d’amore dell’incarnazione del Logos nella figura di Cristo, mediatore con il suo sacrificio del riscatto delle creature in vista del loro ricongiungimento con Dio, per dare compimento alla struttura trinitaria e paritetica della sostanza divina. Sebbene dotato di Libero Arbitrio, di una volontà libera di agire in vista di un fine, l’uomo non può sottrarsi al condizionamento limitante della materialità corporea, ma c’è per lui una libertà più autentica capace di leggere in ogni avvenimento l’agire provvidenziale di Dio per riconoscervi il dono della Grazia. Essa ci spossessa della volontà condizionata dalla corporeità per convertire il nostro agire a strumento della Volontà divina, cosicchè l’uomo supera e va oltre la passività della creatura creata, per diventare ‘capace di Dio’, immagine sempre più fedele del suo Creatore in quanto fa della sua vita il programma di una ‘ricerca di Dio’. Nella prospettiva della creazione dal nulla, Dio non può aver creato il Male, e non è la materia in sé ad averlo introdotto nel mondo, come vorrebbero i Manichei. Ma se anche la corporeità riceve dalla creazione il sigillo del Bene, da dove nasce la volontà perversa del Male? Tale scelta è possibile per quella stessa differenza d’essere che distingue Creatore e creature, e lascia queste ultime nella privazione e nella deficienza del Bene assoluto della sostanza divina. Svuotato di qualunque autonoma sostanzialità, il Male è semplicemente una privazione di bene rispetto alla perfezione del Bene divino, una condizione che riserva all’uomo la libertà di peccare, diventando con ciò artefice dei propri mali fisici, conseguenza del peccato originale, e dei mali morali, conseguenza di una volontà che sceglie deliberatamente di vivere secondo la carne e contro lo spirito. Il Tempo lineare della Storia e l’opposizione tra la Città Terrena e la Città Celeste La differenza d’essere tra il tempo eterno di Dio e il tempo in movimento del mondo creato produce per la prima volta la visione di un Tempo Lineare, sospeso tra un inizio e una fine, il tempo della Storia, avente la finalità di dare svolgimento alle tappe necessarie affinchè ci sia, alla fine dei tempi, l’avvento della Città Celeste. Essa segnerà il trionfo del regno dello Spirito, che succederà alle due precedenti età del Dio creatore e padre, prima della nascita di Cristo, e del Logos salvifico, dopo il sacrificio del figlio nella figura del Cristo, cioè l’età del nostro presente storico. Nella storicità del divenire temporale in cui viviamo, la Città Celeste, formata da coloro che vivono secondo lo ‘spirito’ nella Grazia della Fede, vive nascostamente, confusa e mescolata alle passioni e alle ambizioni di chi è soggiogato alla ‘carne’ della Città Terrena, ma il fine che guida il decorso della Storia è già stabilito fin dall’origine, e si realizzerà con la separazione delle due Città, l’una glorificata ed innalzata al medesimo eterno e spirituale di Dio, l’altra condannata all’eterna dannazione della insuperabile distanza dal proprio Creatore. Compare con Agostino una vera e propria Filosofia della Storia ritagliata sugli eventi del ‘fare’ divino, la visione che dà un senso e uno scopo al movimento incessante del tempo per fare della Storia in cui siamo immersi uno strumento del libero agire e volere di Dio; una Storia al servizio della Teologia e che rompe ogni legame con la concezione greca di un tempo ciclico che ripete eternamente i suoi eventi, nella costante tensione tra misura e dismisura, come nell’eterno ritorno dei cicli cosmici degli Stoici.