da William Wordsworth (1777 - 1850) VERSI SCRITTI IN PRIMAVERA Udivo mille note fondersi, mentre sedevo sdraiato in un boschetto, con quel dolce stato d’animo in cui i pensieri piacevoli portano alla mente i pensieri tristi. La natura alle sue opere amabili univa L’animo umano che fluiva in me; e molto ha rattristato il mio cuore pensare cosa l’uomo ha fatto dell’uomo. Tra ciuffi di primule, in quella verde dimora, la pervinca distendeva le sue ghirlande; ed è la mia fede che ogni fiore gode l’aria che respira. Gli uccelli intorno a me saltellavano giocando, non potevo valutare i loro pensieri. – ma l’ultimo movimento che facevano sembrava un fremito di piacere. I ramoscelli in germoglio allargavano il loro ventaglio, per cogliere la brezza; e devo pensare, per quanto io faccia, che c’era là piacere. Se questa convinzione proviene dal cielo, se questo è il piano sacro di natura, non ho ragione io di lamentare cos’ha fatto l’uomo dell’uomo? 1 LA MIETITRICE SOLITARIA Guardala, unica nel campo, quella solitaria fanciulla delle Highlands! Sola miete e canta; fermati qui, o passa gentilmente! Sola taglia e lega il grano, e intona un canto malinconico; o ascolta! Ché la profonda valle è inondata dal suono. Non usignolo ha mai intonato Nota più gradita a stanche bande Di viandanti in qualche riparo all’ombra, tra sabbie arabe: una voce così acuta mai fu udita dal cuculo in primavera, rompere il silenzio dei mari tra le più lontane Ebridi. Qualcuno mi dirà di cosa canta? – Forse i malinconici versi sono ispirati A cose antiche, infelici, remote, e lontane battaglie: o è qualche più umile verso, questione famigliare d’oggi? Qualche naturale tristezza, perdita o dolore, ch’è stata e potrebbe essere ancora? Quale fosse il tema che la fanciulla cantò Come se il suo canto non potesse avere fine; la vidi cantare al lavoro, e piegata sulla falce: ascoltai, immobile e silenzioso; e, mentre salivo la collina portavo la musica in cuore a lungo poi che non la si udì più. 2 LA NATURA E IL POETA Cinque anni sono trascorsi; cinque estati, con la durata Di cinque lunghi inverni! E nuovamente odo Queste acque, scendere dalle sorgenti montane Con lieve mormorio interno. – Ancora vedo queste scogliere alte scoscese, che imprimono s’un selvaggio appartato scenario pensieri di profonda solitudine; e collegano il paesaggio con la quiete del cielo. Il giorno è spuntato mentre di nuovo riposo Qui, sotto quest’ombroso sicomoro, e vedo Questi spazi erbosi di terreno e cottage, questi ciuffi di frutteti Che in questa stagione, coi loro frutti acerbi Sono rivestiti d’un verde, e si perdono Tra boschi cedui. Di nuovo vedo Queste siepi, a malapena siepi, piccole linee sottili Di allegri boschi inselvatichiti: queste fattorie pastorali, verdi fino alla porta; e spirali di fumo mandate in silenzio di tra gli alberi! Con qualche incerto avvertimento, come potrebbe sembrare Di abitatori erranti in boschi inabitati, o di qualche caverna di eremita, dove presso al fuoco siede l’eremita solitario. 3 LA NOSTRA NASCITA NON E' CHE SONNO La nostra nascita non è che sonno e oblio: l'animo che si leva con noi, stella della nostra vita, ha avuto altrove il suo tramonto, e viene da lontano: non per intero oblio, e non in totale nudità, ma trascinando nuvole di gloria veniamo da Dio, che è nostra dimora: il cielo giace attorno a noi nell'infanzia! Nubi della prigione domestica iniziano a chiudersi sul fanciullo quando egli cresce, ma egli vede la luce, e la sua fonte, la vede nella gioia; il giovane che quotidianamente da oriente è in viaggio, sempre è sacerdote di natura, e splendido dalla visione è atteso per il suo cammino; l'adulto in fine ne percepisce la morte e il dileguarsi nella luce del giorno. 4 LONDRA 1802 Milton! Dovresti essere vivo in questa ora: l'Inghilterra di te ha bisogno: è una palude d'acque stagnanti: ara, spada e penna l'angolo del focolare, l'eroica ricchezza di salone e pergolato, hanno perduto l'antica dote inglese d'intima gioia. Siamo ora egoisti; oh! elevaci, torna a noi; e dacci odi, virtù, libertà, potere. Il tuo animo fu una stella, e dimorò appartato; la tua voce ebbe suono marino: puro come i cieli liberi, maestoso, libero, così viaggiasti in questa vita, in gaia religiosità eppure il tuo cuore i più umili doveri in se stesso posò. 5 SUL PONTE DI WESTMINSTER Nulla di più bello ha questa terra da mostrare: insensibile d'animo colui che non si curi di sì toccante maestosa visuale: questa città ora indossa come un abito la bellezza del mattino; quieta, spoglia, navi, torri, cupole, teatri e templi s'aprono ai campi e al cielo; tutto brilla e luccica per l'aria fina. Mai il sole ha così magnificamente invaso nel suo primo splendore valli, rocce e colli; mai vidi io, mai ho sentito calma così fonda! Il fiume dolcemente scorre per suo volere: buon Dio! Le case come paiono dormire; e quel cuore potente giace muto! 6 ASFODELI Solo vagavo come nube che fluttua alta su valli e colli, allorché d'improvviso vidi una grande quantità di asfodeli dorati; di fianco al lago, sotto agli alberi ondeggiare e danzare nella brezza. Ininterrotti, come stelle accese e scintillanti per la via lattea, si diffondevano per infinite file lungo il margine di una baia: migliaia ne vidi a prima vista, scrollando il capo per allegra danza. Danzavano le onde accanto; ma quelli superavano in gaiezza le onde spumeggianti: un poeta non poteva altro ch'essere allegro, in tale compagnia gioconda: fissai e rifissai – ma non pensai a quale ricchezza lo spettacolo aveva in me portato: ché spesso, quando giaccio sulla mia poltrona o spensierato o pensoso, quell'occhio della mente illuminano ch'è gioia della solitudine; allora d'allegria s'empie il cuor mio e con gli asfodeli prende a danzare.