To every ω-consistent recursive class κof formulae there correspond

To every ω-consistent
recursive class κof formulae
there correspond
recursive class-signs r,
such as neither v Gen r
nor Neg (v Gen r)
belongs to Flg (κ)
(where v is the free variable of r )
Christopher Cherniak
L'Enigma dell'Universo
e la sua Soluzione
Abbiamo preparato questa relazione per fornire
informazioni più dettagliate in merito alla recente
conferenza stampa del Presidente sul cosiddetto "Enigma".
Ci auguriamo che essa contribuisca a fugare il diffuso
malessere, colorato a volte di panico, che si è
recentemente tradotto in dissennate richieste di chiusura
delle università. La nostra relazione è stata preparata in
fretta; per di più, come sarà descritto più avanti, il lavoro
ha subito interruzioni dovute a circostanze tragiche.
Cominceremo con un breve riepilogo delle vicende iniziali
meno note riguardanti l'Enigma. Il primo caso giunto a
conoscenza è quello di C. Dizzard, ricercatore presso il
Gruppo di Autotomia del MIT. In precedenza Dizzard aveva
lavorato per una serie di piccole ditte specializzate
nell'elaborazione di software di IA per applicazioni
commerciali. Il progetto di cui si occupava in quel
momento riguardava l'impiego del calcolatore per la
1
dimostrazione dei teoremi, sulla falsariga della
dimostrazione del teorema dei quattro colori ottenuta
negli Anni Settanta. Lo stato di avanzamento del progetto
di Dizzard è noto solo da un rapporto fatto a un anno dal
suo inizio; rapporti simili, tuttavia, sono spesso destinati
solo a un uso esterno. Non intendiamo discutere più a
fondo l'area di lavoro di Dizzard. Le ragioni di questa
reticenza saranno chiare tra breve.
L'ultima volta che Dizzard parlò fu la mattina del giorno
precedente le vacanze pasquali, mentre aspettava che
venisse riattivato il calcolatore dopo una delle solite
cadute del sistema. La sera di quello spesso giorno, verso
la mezzanotte, alcuni colleghi videro Dizzard al terminale
del suo ufficio; lavorare di notte è prassi comune fra gli
utenti dei calcolatori ed era noto che Dizzard spesso
dormiva in ufficio. Il pomeriggio successivo un
collaboratore lo vide seduto al suo terminale. Gli rivolse la
parola, ma Dizzard non rispose, fatto non insolito. La
prima mattina dopo le vacanze, un altro collega trovò
Dizzard seduto con gli occhi aperti davanti al terminale
acceso. Sembrava sveglio, ma non rispose alle domande.
Lo stesso giorno, più tardi, il collega cominciò a
preoccuparsi dell'assenza di reazioni da parte di Dizzard e
tentò di scuoterlo da quello che riteneva una momentanea
assenza o uno stato di stupore. Essendo risultati vani tutti i
tentativi, Dizzard fu trasportato all'ospedale e messo nel
reparto di rianimazione.
Dizzard presentava i sintomi di un'astinenza da cibo solido
e liquido durata una settimana (aggravata da una
denutrizione secondaria causata da una dieta a base di
cibo distribuito dalle macchine a gettoni); era in condizioni
critiche di disidratazione. Se ne dedusse che non si
muoveva da parecchi giorni e che questa immobilità era
conseguenza di un coma o di uno stato di trance. L'ipotesi
iniziale fu che la paralisi di Dizzard fosse stata causata da
un infarto o da un tumore. Gli elettroencefalogrammi,
tuttavia, rivelarono soltanto un coma profondo. (Dalla
2
scheda sanitaria di Dizzard risultava un breve ricovero in
una casa di cura dieci anni prima, incidente non raro in
certi ambienti). Dizzard morì due giorni dopo,
apparentemente in seguito al digiuno. L'autopsia fu
ritardata dalle obiezioni dei parenti prossimi, membri di
una setta scismatica del culto dei neo-Jemimakin. L'esame
istologico del cervello di Dizzard non ha finora rivelato
alcun danno; ulteriori analisi sono in corso presso il Centro
nazionale per il Controllo delle Malattie.
Il direttore del Gruppo di Autotomia affidò il progetto di
Dizzard a una delle specializzande che lavoravano con lui,
in attesa che ne fosse deciso il futuro. Il pavimento
dell'ufficio di Dizzard era coperto da libri e carte varie per
uno spessore di una trentina di centimetri; la
specializzanda impiegò un mese solo per riordinare quel
materiale secondo un primo criterio generale. Qualche
giorno dopo, nel corso di una riunione, la giovane riferi di
aver cominciato a lavorare all'ultimo progetto di Dizzard e
di non avervi trovato dati di particolare interesse. Una
settimana più tardi fu trovata seduta davanti al terminale
dell'ufficio di Dizzard in uno stato di apparente stupore.
All'inizio vi fu un certo imbarazzo, poiché si pensò che la
giovane avesse inscenato uno scherzo di cattivo gusto.
Teneva gli occhi fissi davanti a se e respirava
normalmente. Interrogata o scossa non reagiva e anche
rumori molto forti non le provocavano alcun trasalimento.
Quando una scossa pia forte la fece cadere dalla sedia, fu
ricoverata in ospedale. Il neurologo che la visitò non era al
corrente del caso di Dizzard. Egli riferì che le condizioni
fisiche della paziente risultavano buone, tranne che per
un'anomalia della ghiandola pineale fino ad allora non
diagnosticata. Dopo che gli amici della giovane ottennero
informazioni dai membri del Progetto Autotomia, i genitori
della stessa riferirono al medico curante quanto era
accaduto a Dizzard. Il neurologo, benché consapevole della
difficoltà di un confronto tra i due casi, fece notare
l'esistenza in entrambi di un coma profondo in assenza di
3
lesioni cerebrali riscontrabili; i sintomi della specializzanda
non erano riconducibili ad alcuna sindrome conosciuta.
Dopo altri consulti, il neurologo avanzò l'ipotesi che la
malattia fosse causata da un agente patogeno ad azione
lenta simile a quello della malattia del sonno, trasmesso
dagli oggetti appartenuti a Dizzard, e forse sconosciuto,
come nel caso della "malattia del legionario". Due
settimane dopo, gli uffici di Dizzard e della sua
specializzanda furono messi in quarantena. Di lì a due
mesi, non essendovi stati altri casi e avendo le colture
dato solo falsi allarmi, la quarantena fu tolta.
Quando si scoprì che i bidelli avevano buttato via parte
degli appunti di Dizzard, un ricercatore e altri due
specializzandi decisero di riesaminare gli archivi del suo
progetto. Il terzo giorno gli specializzandi notarono che il
ricercatore era caduto in uno stato simile alla trance: non
rispondeva e non reagiva neppure ai pizzicotti. Non
essendo riusciti a scuoterlo, gli specializzandi chiamarono
un'ambulanza. Il nuovo paziente presentava gli stessi
sintomi del caso precedente. Cinque giorni dopo, la
commissione sanitaria municipale ordinò la quarantena per
tutti gli ambienti collegati al Progetto Dizzard.
Il mattino seguente tutti i membri del Gruppo di Autotomia
si rifiutarono di entrare nell'edificio dove si svolgeva la
ricerca. Qualche ora più tardi la notizia dei problemi del
Progetto Autotomia era giunta agli altri ricercatori che
occupavano lo stesso piano; in breve si diffuse anche fra le
altre cinquecento persone che lavoravano agli altri piani, e
tutti abbandonarono l'edificio. Il giorno seguente ll
quotidiano locale pubblicò un pezzo dal titolo "La peste da
calcolatore". In un'intervista, un celebre dermatologo
avanzò l'ipotesi che si fosse sviluppato un virus o un
batterio, una specie di pidocchio del calcolatore, che
metabolizzava materiali di nuova fabbricazione impiegati
nei
calcolatori,
probabilmente
il
silicio.
Altri
congetturarono che i grandi calcolatori del Progetto
Autotomia emettessero radiazioni di tipo speciale. Fu
4
citato il direttore del Gruppo di Autotomia: quelle malattie
erano una faccenda che riguardava la salute pubblica e non
solo gli scienziati cognitivisti.
Allora il sindaco della città sollevò l'accusa che nell'edificio
si svolgevano ricerche segrete finanziate dall'esercito
riguardanti il DNA ricombinante, e che a esse si doveva
l'epidemia. Le veridiche smentite opposte all'accusa del
sindaco vennero accolte con comprensibile incredulità. Il
consiglio comunale chiese che tutti i dieci piani
dell'edificio e la zona circostante venissero messi subito in
quarantena. L'amministrazione universitaria dichiarò che
ciò sarebbe stato un ostacolo al progresso della scienza
ma, grazie alle pressioni dei rappresentanti locali al
Congresso, la quarantena entrò in vigore la settimana
successiva. Poiché il personale addetto alla manutenzione
e alla sorveglianza dell'edificio non si avvicinava più né a
questo né alla zona, si dovette dislocare uno speciale
corpo di polizia per impedire atti di vandalismo da parte
dei teppisti. Una squadra del Centro per il Controllo delle
Malattie iniziò una serie di analisi tossicologiche,
indossando tute bioprotettive ogni volta che entravano
nella zona in quarantena. Per tutto un mese non trovarono
nulla e nessuno di loro si ammalò. A questo punto qualcuno
avanzò l'ipotesi che, dal momento che nelle tre vittime
non era stata scoperta alcuna malattia organica e che i
due superstiti manifestavano alcuni dei sintomi fisiologici
riscontrati negli stati di profonda meditazione, poteva
trattarsi di un caso di isteria collettiva.
Frattanto il Gruppo di Autotomia si era trasferito in un
edificio di legno "provvisorio" che risaliva alla seconda
guerra mondiale. Pur consapevoli della gravità della
perdita di piu di dieci milioni di dollari di calcolatori, i
membri del gruppo si rendevano conto che ciò che era
indispensabile era l'informazione, non i manufatti in cui
essa si concretizzava. Escogitarono un piano: tecnici muniti
di tute bioprotettive si recarono nella zona in quarantena e
introdussero
i
nastri
"contaminati"
nei
lettori;
5
l'informazione fu trasmessa su linee telefoniche da quella
zona alla nuova sede del Progetto Autotomia, dove fu
registrata di nuovo. La trascrizione dei nastri consentì al
progetto di sopravvivere, ma tale metodo permetteva di
ricostruire soltanto le parti piu importanti. II Progetto
Dizzard non era tra quelli prioritari; tuttavia sospettiamo
che sia accaduto un incidente.
Un gruppo di programmatori stava passando in rassegna
nastri nuovi, controllandoli sui monitor e catalogando e
archiviando provvisoriamente il loro contenuto. Un
programmatore nuovo del progetto si imbattè in materiale
che non conosceva e domandò a un supervisore che
passava di lì se dovesse scartarlo. Il programmatore riferì
in seguito che il supervisore aveva battuto sulla tastiera
alcuni comandi per far apparire i dati sul monitor; mentre
le righe scorrevano sullo schermo sotto i loro occhi; il
supervisore disse che il materiale non gli sembrava
importante. La prudenza ci impedisce di riferire i suoi
commenti successivi. A un certo punto egli si arrestò a
meta di una frase. Il programmatore alzò lo sguardo e vide
che il supervisore teneva gli occhi fissi davanti a se. Le
domande del programmatore non ricevettero risposta.
Quando questi spinse indietro la sedia per scappare, urtò il
supervisore, che cadde a terra. L'uomo fu ricoverato con
gli stessi sintomi dei casi precedenti.
L'equipe degli epidemiologi, e anche molti altri,
avanzarono questa volta l'ipotesi che la causa della
malattia nei quattro casi potesse essere non un agente
fisico, come un virus o una tossina, bensi un'informazione
astratta che poteva essere registrata su un nastro,
trasmessa lungo una linea telefonica, fatta apparire su uno
schermo e cosi via. Questa supposta informazione diventò
in breve nota come "l'Enigma", e la malattia fu chiamata
"coma enigmatico". Tutti i fatti noti suffragavano l'ipotesi
— in precedenza considerata assurda — che qualunque
essere umano esposto a questa informazione cadesse in un
coma irreversibile. Alcuni riconobbero anche l'estrema
6
delicatezza del problema di stabilire l'esatta natura di
questa informazione.
La cosa diventò chiara quando fu interrogato il
programmatore coinvolto nel quarto caso. Il fatto che egli
fosse sopravvissuto pareva indicare che l'Enigma, per
provocare il coma, doveva essere capito. Il programmatore
dichiarò di aver fatto in tempo a leggere alcune righe sul
monitor prima che il supervisore avesse l'attacco. Tuttavia,
non sapendo nulla del Progetto Dizzard fu in grado di
ricordare ben poco di quanto era comparso sullo schermo.
La proposta di ipnotizzarlo per ottenere una ricostruzione
piu precisa fu scartata. Il programmatore convenne che la
cosa migliore fosse quella di non sforzarsi di ricordare altro
di quanto aveva letto, benché naturalmente fosse difficile
sforzarsi di non ricordare qualcosa. Anzi, alla fine gli venne
consigliato di abbandonare quella carriera e di occuparsi ii
meno possibile di informatica. Si presentò cosi il problema
etico se si dovesse consentire di vedere l'Enigma anche
solo a volontari giuridicamente responsabili.
Lo scoppio di un'epidemia di coma enigmatico legata a un
progetto di dimostrazione dei teoremi con l'ausilio del
calcolatore era plausibilissima; un individuo che avesse
scoperto l'Enigma con la sua testa sarebbe caduto in coma
prima di poterlo comunicare ad altri. Ci si domandò allora
se l'Enigma in realtà non fosse già stato scoperto senza il
calcolatore in passato e subito perduto. Una ricerca
bibliografica avrebbe avuto scarso valore, sicché fu
intrapresa un'indagine sulle biografie di filosofi, logici e
matematici che avevano operato a partire dalla nascita
della logica moderna. Essa è stata rallentata dalle cautele
adottate per proteggere i ricercatori da un eventuale
contatto con l'Enigma. A tutt'oggi sono stati scoperti
almeno dieci casi sospetti, il primo dei quali risale a quasi
cento anni fa.
Gli psicolinguisti avviarono una ricerca per determinare se
la predisposizione al coma enigmatico fosse tipica della
sola specie umana. Wittgenstein, uno scimpanzé
7
addestrato nel linguaggio dei segni, che aveva già risolto
rompicapo logici da primo anno d'università, era il soggetto
più adatto cui mostrare i nastri del Progetto Autotomia, I
ricercatori del Progetto Wittgenstein, invocando motivi
etici, si rifiutarono di collaborare e rapirono lo scimpanzé,
il quale però fu infine ritrovato dall'FBI. Per ventiquattr'ore
al giorno gli furono fatti vedere i nastri di Autotomia, ma
senza alcun effetto. Risultati simili sono stati ottenuti con
cani e piccioni. E neppure i calcolatori sono stati mai
danneggiati dall'Enigma.
In tutti questi studi è stato necessario mostrare i nastri di
Autotomia al completo; non è stata trovata infatti alcuna
strategia sicura per determinare anche solo in quale
porzione dei nastri sia contenuto l'Enigma. Sembra che, nel
corso del Progetto Wittgenstein-Autotomia, un operatore
impegnato in tutt'altro programma sia stato colpito dal
coma enigmatico allorché il contenuto di certi nastri di
Autotomia fu stampato per caso in un punto di calcolo
pubblico; si rese necessario rintracciare e distruggere i
tabulati di tutto un mese.
Si è anche cercato di determinare la natura del coma
enigmatico. Poiché non somigliava ad alcuna malattia
conosciuta, non era chiaro se fosse un vero coma oppure
qualcosa da evitare. Gli studiosi assumevano che si
trattasse virtualmente di una lobotomia, una specie di
blocco di tutta la rete di informazioni a livello sinaptico,
che arrestava completamente le funzioni cerebrali
superiori. Nondimeno era improbabile che il coma potesse
essere correlato a uno stato di illuminazione meditativa,
poiché sembrava troppo profondo per essere compatibile
con la coscienza. Inoltre in nessun caso di coma enigmatico
si è mai avuto un miglioramento. La neurochirurgia, i
farmaci e la stimolazione elettrica hanno avuto solo effetti
nulli o negativi; questi tentativi sono stati pertanto
interrotti. Il verdetto provvisorio è che il coma sia
irreversibile; è stato peraltro finanziato un progetto per
trovare una parola capace di sciogliere l'"incantesimo"
8
dell'Enigma, progetto che consiste nel mostrare alle
vittime sequenze di simboli generate dal calcolatore.
Il nocciolo del problema, cioè la domanda "Che cos'è
l'Enigma?", esige ovviamente che ci si accosti a esso con
molta cautela. Talvolta l'Enigma viene descritto come
"l'enunciato di Gödel per la macchina di Turing umana" che
provoca un incepparsi della mente; si citano a questo
proposito
dottrine
tradizionali
dell'indicibile
e
dell'impensabile. Idee del genere sono comuni nelle
tradizioni popolari; si pensi al tema religioso del potere
che ha la "Parola" di sanare lo spirito affranto. Ma l'Enigma
potrebbe essere molto giovevole alla psicologia
cognitivista: potrebbe fornire informazioni fondamentali
sulla struttura della mente umana; potrebbe rivelarsi una
stele di Rosetta per decodificare il "linguaggio del
pensiero", universale per tutti gli uomini, qualunque lingua
essi parlino. Se la teoria algoritmica della mente ha un
fondamento, esiste un qualche programma, una qualche
gigantesca parola che, introdotta in una macchina, la
trasforma in una cosa pensante; perché non ci dovrebbe
allora essere una parola terribile, l'Enigma appunto,
capace di negare la prima? Ma la soluzione del problema
dipendeva dalla possibilità di fondare una disciplina,
l'"enigmologia",
in
grado
di
affrontarlo
senza
autodistruggersi.
A questo punto cominciò a venire alla luce, a proposito
dell'Enigma, un fatto ancora piu inquietante. A Parigi una
studiosa di topologia cadde in un coma per certi aspetti
simile a quello di Dizzard. In questo caso non c'era di
mezzo alcun calcolatore. I lavori della studiosa furono
sequestrati dai francesi ma a noi risulta che questa
matematica, benché non al corrente del lavoro di Dizzard,
si interessava di argomenti analoghi di intelligenza
artificiale. Circa nello stesso periodo, quattro membri
dell'Istituto per il Calcolo automatico di Mosca smisero di
comparire ai convegni internazionali e, pare, anche di
rispondere di persona alla corrispondenza; alcuni
9
funzionari dell'FBI sostennero che l'Unione Sovietica,
attraverso la normale attività di spionaggio, si era
impadronita dei nastri di Autotomia. Il Dipartimento della
Difesa cominciò a prendere in esame l'idea di una "guerra
enigmatica".
Seguirono altri due casi: uno studioso di linguistica teorica
e un filosofo, che vivevano entrambi in California ma che,
a quanto pareva, lavoravano indipendentemente. Nessuno
dei due lavorava nel campo di Dizzard, ma entrambi
conoscevano i metodi formali sviluppati da Dizzard e
pubblicati dieci anni prima in un'opera molto nota. Ancor
più sinistro fu il caso di un biochimico che lavorava sui
modelli delle interazioni tra DNA e RNA basati sulla teoria
dell'informazione. (Non fu però possibile escludere che si
trattasse di un falso allarme, poiché dopo essere entrato in
coma, il biochimico si mise a chiocciare senza interruzione
come una gallina). Il coma enigmatico non poteva più
essere considerato un rischio professionale limitato al
campo specifico di Dizzard; sembrava stare in agguato
sotto molte forme. A quanto pareva, l'Enigma e il suo
effetto non erano semplicemente indipendenti dalla
lingua: l'Enigma, o le forme a esso affini, potevano
presentarsi in qualunque disciplina ed essere presenti
praticamente ovunque. Era impossibile determinare con
sicurezza i confini di una quarantena intellettuale.
Ora tuttavia stiamo scoprendo anche questo: che l'Enigma
sembra un'idea per la quale i tempi sono maturi, come i
tanti paradossi autoreferenziali (del tipo "Questo enunciato
è falso") scoperti nei primi decenni di questo secolo. Forse
di ciò si ha un riflesso nell'opinione corrente che
"l'informatica è la nuova arte liberale". Una volta che il
livello culturale di base ha raggiunto un certo grado di
sviluppo, la diffusione della scoperta dell'Enigma appare
inevitabile. Ciò è risultato chiaro per la prima volta
l'inverno scorso, quando la maggior parte dei numerosi
studenti di un nuovo corso introduttivo sulla teoria degli
automi sono entrati in coma durante una lezione. (Alcuni
10
che ne erano rimasti indenni vi caddero poche ore dopo; le
loro ultime parole furono quasi sempre: "Ah, ecco!"). Dopo
il ripetersi altrove di incidenti analoghi, le proteste
dell'opinione pubblica hanno portato alla conferenza
stampa del Presidente e alla stesura di questa relazione.
Benché l'attuale atmosfera logofobica e le grida di
"chiudete le università" siano manifestazioni irrazionali, la
pandemia di coma enigmatico non può essere considerate
solo come un ulteriore esempio di tecnologia impazzita.
Nel recente caso del "forno sonico" di Minneapolis, per
esempio, allorché la facciata parabolica di un edificio
concentrò il rombo degli aviogetti che stavano decollando
lì vicino, in realtà furono uccise solo le poche persone che
si trovavano ad attraversare il fuoco della parabola nel
momento sbagliato. Ma anche se il coma enigmatico fosse
uno stato desiderabile per l'individuo (il che non sembra, a
quanto si è visto), l'attuale pandemia è diventata una crisi
della salute pubblica senza precedenti; una parte cospicua
della popolazione non è in grado di provvedere a se stessa.
Possiamo solo prevedere che, col progressivo diffondersi
dell'idea dell'Enigma, aumenterà il numero dei ricercatori elementi essenziali della nostra società - in tal modo resi
inabili.
L'obiettivo principale della nostra relazione era quanto
meno di ridurre la diffusione del coma. La richiesta, da
parte del pubblico, di avere una parte attiva nella scelta di
una politica di ricerca ha acuito il dilemma che ci sta di
fronte: come mettere in guardia contro l'Enigma, o anche
solo discuterne, senza diffondere il contagio? Quanto più
particolareggiato è l'avvertimento, tanto maggiore è il
pericolo. Il lettore può arrivare per caso al punto di vedere
"Se p allora q" è p. Non potrà trattenersi dal concludere q,
dove q è l'Enigma. L'identificazione delle zone di rischio
somiglierebbe a quel gioco da bambini che dice: "Ti regalo
un dollaro se tra dieci secondi a partire da ora non
penserai a dei topolini rosa".
Resta un problema che è etico e politico insieme: il rischio
11
tremendo dell'Enigma è superato dai benefici che
apporterebbe la continuazione della ricerca in un gruppo
di discipline ancor mal definito ma cruciale? In particolare,
gli autori di questa relazione non sono stati in grado di
decidere se l'eventuale utilità di una qualsiasi relazione
possa superare il pericolo che essa rappresenta per il
lettore. E in effetti, durante la preparazione della stesura
finale, uno di noi è stato tragicamente colpito.
12