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Pagina inziale » Musica » Articolo n. 1688 del 23 febbraio 2004
Ritratti
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"(ANSA) - ROMA, 19 FEB - Ulisse, Che Guevara, Cristoforo Colombo e Carlo Giuliani hanno ispirato il nuovo
album di Francesco Guccini, 'Ritratti'. In 'Odysseus' Guccini trasforma Ulisse in un uomo di montagna per
appropriarsi completamente del suo mito. 'Colombo', scritta a quattro mani con Beppe Dati, e' il terzo capitolo di
una collaborazione avviata con 'Cyrano' e 'Don Chisciotte'. 'Canzone per il Che' e' la traduzione di un brano
composto da Flaco Biondini per la compilation su Che Guevara."
Che l'uscita del nuovo disco di Francesco Guccini venga diffusa attraverso un comunicato Ansa la dice lunga
sull'importanza che ricopre oggi il cantautore emiliano nel panorama della musica nazionale (e non solo in quello
musicale).
Il nuovo album di Francesco Guccini si intitola Ritratti ed è una sorta di album fotografico, perché di fotografie si
tratta: da quelle vere nel libretto interno, che catturano il passato di Francesco e dei suoi compagni di viaggio, a
quelle metaforiche delle canzoni che ritraggono uomini entrati nella storia per volontà o loro malgrado: Ulisse, Che Guevara, Cristoforo Colombo,
Carlo Giuliani, ma anche personi comuni che con la loro piccola esistenza (la zietta) illustrano tasselli di vita quotidiana.
Di ritratti, Francesco Guccini ne ha disegnati tanti, nel corso della sua carriera che io ho imparato ad apprezzare ed amare sin dal 1967, anno di
uscita di Folk Beat N.1. il suo primo album. L'ho amato nel periodo della militanza politica e quando la sua attenzione si è spostata verso orizonti
più intimi. Mi sono commosso e divertito durante i suoi concerti, quando erano improvvisati e quando sono diventati più costruiti. L'ho intervistato
e conosciuto, sono andato a suonare nella sua Osterie delle Dame, a Bologna, e ne ho letto i libri. E, come in tutti gli amori, ho avuto i momenti
di ''stanca'' e di delusione. In questi ultimi anni ho reimparato ad amarne la nuova pacata versione, bofonchiante e imbronciata, ma sempre attenta
a quello che lo circonda, pronta a lanciare anatemi (ma in forma più letterale e meno barricadera) e lo stile dei testi che si è fatto meno impetuoso
e spontaneo, ma più profondo e meditato, più poetico (se possibile).
Il nuovo album, che si faceva aspettare da quattro anni, contiene nove canzoni di cui sette totalmente inedite, una
ricantata e una ripescata.
In Piazza Alimonda Guccini che parla dei fatti di Genova del luglio 2001, della morte di Carlo Giuliani, e ritrova una
forza d'ispirazione che da anni non provava così piena e sfumata; evita la demagogia della più scontata canzone
politica, ricostruendo il clima di quelle giornate violente. E lo fa con tutto il dramma e la tragedia incombenti, ma
anche con disarmanti squarci di tenerezza, senza fare nomi o perdersi nella cronaca, ma con un susseguirsi di
immagini ora violente ora poetiche, quasi fosse un cortometraggio impressionista.
Dopo Stagioni, che dava il titolo all'album precedente, torna la figura di Ernesto ''Che'' Guevara con Canzone per il
Che. Ma se là era un modo per ripercorrere il passato di Guccini e di una generazione, qui il protagonista è solo il
rivoluzionario cubano negli ultimi istanti della sua vita. Le parole sono tradotte da un testo originale di Manuel
Vasquez Montalbán tratto da scritti di Guevara e la musica è di Flaco Biondini.
Ci sono altri due grandi uomini che fanno i conti con il loro destino in questo disco. Ulisse in Odysseus e Cristoforo Colombo (testo scritto con
Giuseppe Dati, autore di vari pezzi di Masini e già collaboratore di Guccini in passato).
La Ziatta (La zietta), versione in modenese della catalana La Tieta di John Manuel Serrat) e che qualcuno ricorderà nella versione in italiano (con
testo completamente reinventato) di Mina, con il titolo Bugiardo e Incosciente, è quella che mi ha commosso di più: il dramma di una persona sola
la cui esistenza non lascerà traccia di sé dopo la morte. E poi, verso la fine dell'album, una canzone d'amore, Certo non sai, ambientata tra la
notte e l'alba mentre lei dorme e lui no; e Vite, la canzone che Guccini aveva dato a Celentano, qui ricantata dall'autore con alcuni versi che
Adriano aveva tagliato.
C'è anche un ripescaggio - bonus track alla fine di questo disco: La tua libertà, nella versione originale integrale del 1971, mai pubblicata su CD.
C'è infine Una canzone, forse la più autobiografica, che spiega cos'è questa cosa leggera di musica e parole che può pesare molto per chi
l'ascolta e per chi la scrive.
La musica non è significativa, ricalca i modi più tradizionalmente gucciniani e spesso può riportare al ''già sentito''; ma i versi sono pieni di vigore e
di lirismo. Siamo quasi giunti al ''libro cantato'', ma con lo stile un po' epico e un po' divertito e sornione, caratterizzato dalla arrotata pronuncia del
nostro beneamato brontolone.
Furio Sollazzi
Pavia, 23/02/2004 (1688)
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