Lezione 15 - Storia della Matematica

Storia della matematica
Lezione 15
Enrico
Rogora
Lezione 15
Keplero
Volumi e
baricentri
Enrico Rogora
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Università di Roma
3 Aprile 2017 - Roma
Enrico Rogora (UniRoma)
Lezione 15
3 Aprile 2017
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Keplero
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Uomo profondamente religioso. Credeva nel dovere cristiano di
comprendere l’opera di Dio. A questo dedicò sempre i suoi sforzi. Credeva
nell’ordine matematico dell’universo e vedeva nella matematica lo
strumento con cui Dio aveva ordinato il mondo.
Si occupò di astronomia, del problema dei volumi e dei centri di gravità, di
ottica, proprietà focali delle coniche, dei poliedri e dei logaritmi, dello
studio delle forme ottimali.
La sua ricerca procede per assiomi, intuizioni e ipotesi, anche fantasiose,
che superano i limiti imposti dalla tradizione, ma mantiene sempre uno
straordinario rispetto per i dati.
L’ipotesi copernicana permette di calcolare i rapporti tra le distanze dei
diversi pianeti e il sole (cfr. [Dijk], p. 403).
Nel Mysterium cosmograficum 1596, affronta due problemi astronomici
fondamentali: Perché ci sono 6 pianeti? (Li conosceva fino a Saturno).
Perchè stanno alle distanze misurate da Copernico?
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Dal Mysterium I
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In questo piccolo libro, caro lettore, mi sono proposto di
dimostrare che il Creatore Ottimo Massimo nella creazione di
questo nostro mondo mobile e nella disposizione dei cieli ha
guardato a quei cinque corpi regolari che hanno goduto di così
grande fama dai tempi di Pitagora e Platone sino ai nostri
giorni, e che alla loro natura ha accordato il numero e la
proporzione dei cieli, e i rapporti dei moti celesti [...]. Tre erano
soprattutto le cose di cui cercavo instancabilmente le cause,
perché fossero così e non altrimenti, ossia il numero, le
dimensioni e i moti degli orbi. Ad osar ciò mi convinse quella
mirabile corrispondenza delle cose immobili, cioè il Sole, le fisse
e lo spazio intermedio, come Dio Padre, il Figlio e lo Spirito
Santo: questa analogia svilupperò più ampiamente nella mia
cosmografia. Tale essendo la situazione per quanto riguarda le
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Dal Mysterium II
cose immobili, non dubitavo che un quadro analogo si sarebbe
presentato anche per quelle mobili.
La natura ama la semplicità, ama l’unità. In essa non vi è niente
di inutile o di superfluo; al contrario, spesso destina un’unica
cosa a produrre più effetti. Ora, nelle ipotesi tradizionali, non vi
è alcun limite all’invenzione di nuovi orbi [...]. E dunque
[Copernico] ha non solamente liberato la natura dal fardello
inutile e pesante di tante sfere immense, ma ha anche aperto un
tesoro inesauribile di considerazioni assolutamente divine
riguardanti la disposizione meravigliosa del mondo intero e dei
suoi corpi celesti. Io non esito ad affermare che tutto quello che
Copernico ha stabilito a posteriori, e dimostrato a partire dalle
osservazioni per mezzo degli assiomi della geometria, tutto
questo può essere dimostrato a priori e senza nessuna difficoltà.
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Armonia geometrica
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Dimostrazione che i pianeti devono essere sei
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La dimostrazione di Keplero è la seguente: consideriamo la sfera
di Saturno e il cubo inscritto i questa sfera, allora la sfera
inscritta nel cubo è la sfera di Giove. Inscriviamo nella sfera di
Giove un tetraedro. La sfera inscritta nel tetraedro è la sfera di
Marte, Analogamente si prosegue mettendo un dodecaedro tra
Marte e la Terra, un icosaedro tra la Terra e Venere e un
ottaedro tra Venere e Mercurio.
Questo, secondo Kepler,o spiega il numero dei pianeti, sei come
il numero delle sfere iscritte e circoscritte ai solidi regolari.
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Keplero: tra fantasia e rigore
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Le intuizioni circa le intime operazioni della natura, per quanto
indubbiamente affascinanti, tendono ad essere infruttuose. Se esse
contengono effettivamente un germe di verità lo si può scoprire
soltanto attraverso la verifica empirica: l’immaginazione, che
costituisce un elemento indispensabile della scienza, non può mai
venir considerata completamente senza sospetto. Ora non ci fu forse
mai un ricercatore scientifico che avesse tante ispirazioni come
Keplero e che allo stesso tempo assumesse un atteggiamento così
critico verso di esse, la cui immaginazione volasse così in alto e la cui
mente restasse nondimeno cosìfredda, che si lasciasse tanto
trasportare dalla propria immaginazione e fosse poi in grado di
esaminare con sobrietà e pazienza se i suggerimenti di questa fossero
effettivamente sostenibili. Solo questa combinazione di ispirazione e
di esattezza rese il Pitagorismo veramente fecondo e mantenne il
misticismo matematico al servizio della scienza. [Dijk] pp. 404 – 405].
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Keplero e Tycho Brahe
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Keplero voleva avere accesso ai dati astronomici disponibili più
precisi ed aggiornati.
Nell’anno 1600 divenne l’assistente di Tycho Brahe, che nel
frattempo aveva lasciato la sua isola – osservatorio a Uraniborg
per recarsi presso l’imperato Rodolfo II a Praga.
Keplero, copernicano convinto, assegnava al sole un ruolo
importante non solo dal punto di vista ottico (illuminare il
sistema planetario) ma di governo dell’intero sistema. [cfr. Dijk]
pp. 406]. Il sole come Dio padre.
Misticismo, matematica, astronomia e fisica sono
inestricabilmente associate nella mente di Keplero.
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Nuova astronomia delle cause, o fisica dei cieli, . . .
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Nel 1601, alla morte di Tycho Brahe viene nominato astronomo imperiale,
con il compito principale di dare consigli astrologici all’imperatore. Studia
approfonditamente l’orbita di Marte. Nell’opera di cui al titolo enuncia,
dopo faticossisime e travagliate ricerche, le prime due leggi dei moti dei
pianeti, basandosi sulle tavole astronomiche compilate da Tycho Brahe e
più accurate delle precedenti.
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L’orbita descritta da un pianeta è un’ellisse, di cui il Sole occupa uno
dei due fuochi.
Il segmento (raggio vettore) che unisce il centro del Sole con il centro
del pianeta descrive aree uguali in tempi uguali.
Nel 1619 aggiunge una terza legge I quadrati dei tempi che i pianeti
impiegano a percorrere le loro orbite sono proporzionali ai cubi delle loro
distanze medie dal sole.
Simulazione interattiva delle tre leggi di Keplero
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La genesi dele leggi di Keplero I
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Secondo Platone, l’ orbita di un pianeta è una circonferenza
percorsa con velocità uniforme. Le osservazioni degli astronomi
mostrano chiaramente come l’ipotesi a priori di Platone non si
accorda con le osservazioni. Si cerca però di spiegare il moto
dei pianeti usando moti circolari uniformi, forse condizionati dal
pregiudizio che questi siano i moti perfetti e quindi i moti dei
corpi celesti.
Tolomeo propone di descrivere l’orbita come il moto uniforme
su una circonferenza (epiciclo) il cui centro si muove con
velocità uniforme su un’altra circonferenza deferente. Per
migliorare l’interpolazione dei dati propone anche che la terra
non sia al centro del cerchio deferente (posizione eccentrica) e
che il moto del pianeta sia segato sull’orbita dal moto uniforme
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La genesi dele leggi di Keplero II
di raggi immaginari che ruotano intorno a un punto equante e
descrivono un cerchio equante.
Copernico cambia sposta il riferimento del sistema tolemaico
dalla terra al sole e ne ottiene una descrizione cinematica
equivalente. Keplero, in un primo momento, cerca di interpolare
le precise osservazioni di Tycho Brahe scegliendo
opportunamente i parametri del modello di Copernico, che
corrispondono, (cambiando il centro) a quelli di Tolomeo:
distanza del sole e del punto equante dal centro dell’orbita.
Ipotesi vicaria (ausiliaria) Keplero comincia a ipotizzare che il
moto di un pianeta intorno al sole avvenga su una
circonferenza, che la velocità sia uniforme non rispetto al centro
C ma rispetto al puntum equans E e che il sole S sia posto
sulla congiungente EC dalla parte opposta rispetto ad E e a
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La genesi dele leggi di Keplero III
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distanza e detta eccentricità. Questo modello si dice a
(eccentricità bisecata).
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L’ipotesi vicaria non fornisce sufficiente accordo con i dati. Nel
caso dell’orbita di Marte, c’è una discrepanza compresa tra due
e otto minuti d’arco e inoltre questa discrepanza è più grande in
zone ben determinate dell’orbita.
Keplero osserva che all’afelio e al perielio la velocità del pianeta
è inversamente proporzionale alla distanza dal sole e ipotizza,
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La genesi dele leggi di Keplero IV
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rinunciando all’ipotesi del centro equante, di estendere questo
risultato a tutta l’orbita. Legge (errata) delle distanze.
Le difficoltà matematiche di trattare questo modello
suggeriscono a Keplero una modifica di comodo, che è una
approssimazione della sua legge errata delle distanze e che
costituisce però la legge vera: il segmento che unisce il sole con
il pianeta descrive aree uguali in tempi uguali (seconda legge di
Keplero). Da ciò Keplero deduce il valore dell’eccentricità
dell’orbita, ma osserva anche che questo parametro dovrebbe
variare nel tempo. Decide allora di rinunciare all’ipotesi che
l’orbita sia una circonferenza, ipotizzando che il moto avvenga
lungo un’ellisse con il sole posto in uno dei fuochi (prima legge
di Keplero).
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La genesi dele leggi di Keplero V
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Nel 1619 enunciò la terza legge i quadrati dei tempi che i
pianeti impiegano a percorrere le loro orbite sono proporzionali
ai cubi delle loro distanze medie dal sole.
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Accordo con i dati
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per noi, cui la bontà di Dio ha dato in Tycho Brahe un
osservatore molto accurato, dalla cui osservazioni si rivela un
errore di 8 minuti nei calcoli di Tolomeo, è doveroso riconoscere
con cuore grato questo bel dono di Dio e farne uso.
Affatichiamoci pertanto per scoprire alla fine la vera natura dei
movimenti celesti, basandoci sulla prova dell’inesattezza delle
ipotesi avanzate. Io stesso seguirò questa strada nella misura in
cui le mie capacità me lo concedono... Questi otto minuti da
soli hanno pertanto mostrato la via verso una riforma completa
dell’astronomia; essi sono l’oggetto della discussione di gran
parte di quest’opera.
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La dinamica dei moti planetari
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Dobbiamo pertanto stabilire uno dei due fatti seguenti: o le
animae motrices (dei pianeti) sono tanto più deboli quanto più
sono lontane dal Sole, oppure v’è soltanto un’anima motrix al
centro di tutte le orbite, cioè nel sole, che spinge un corpo con
tanta maggior forza quanto più gli è vicina, ma che diventa
inefficace nel caso dei corpi più distanti, a motivo della distanza
e del conseguente indebolimento della sua forza. Keplero,
Mysterium, 1594.
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Se il termine anima viene sostituito con quello di vis otteniamo
proprio il principio su cui è basata la fisica celeste nei
commentari su Marte (cioè nell’Astronomia nova) Keplero,
Mysterium, nota presente nell’edizione del 1621.
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Rivoluzione Kepleriana
[Kepler] fu il primo a superare, almeno parzialmente,
l’ossessione per la circolarità, da cui Galileo non fu mai capace
di liberarsi, e di spogliare l’astronomia dall’ingombrante
apparato di sfere e cerchi che Copernico aveva rigidamente
mantenuto. Di conseguenza, dal punto di vista prettamente
scientifico, egli, ancor più di Copernico che tecnicamente fu un
tolemaico o addirittura un seguace stretto di Ipparco, fu il vero
fondatore della nuova astronomia. Ma d’altra parte fu lui che si
oppose, con tutte le sue forze al tentativo di Giordano Bruno di
rendere infinito l’Universo e credette, con fede d’acciaio – o
piuttosto di ghiaccio, in quanto di tale materiale la riteneva
costituita – nell’esistenza di una volta celeste che racchiudeva
l’universo e conteneva le stelle fisse.
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A. Koyré, [Ko] p. 119.
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I modelli di Eudosso, Tolomeo a Copernico a
confronto
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https://www.youtube.com/watch?v=wGjlT3XHb9A
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Il problema delle quadrature e dei centri di gravità
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1543, stampa a Basilea delle opere di Archimede. Impulso alle
ricerche sul calcolo dei volumi e dei baricentri di figure solide
Tutti i più capaci matematici dell’epoca si confrontano con il
problema di estendere i metodi di Archimede, di eliminare la
riduzione all’assurdo, di trattare il continuo, gli indivisibili e l’infinito.
Questo lavoro anticipa e prepara la strada alla creazione del calcolo
infinitesimale, da parte di Newton e di Leibniz.
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Commandino, 1565, De centro gravitatis solidorum, calcola i
baricentri del cono, e del paraboloide di rotazione. Ispirato fortemente
ad Archimede ma con dimostrazioni che lasciano a desiderare.
Maurolico, dimostrazioni impeccabili secondo i canoni classici. Opere
di Maurolico restano inedite fino al 1685 e esercitano scarsa influenza
Luca Valerio, 1604, De centro gravitatis solidorum, tratta
correttamente gli stessi solidi di Commandino e anche l’iperboloide di
rotazione. Grande novità metodologica, che sarà poi caratteristica:
non più casi particolari ma tentativo di dare i risultati per classi
generali di figure.
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