INFORMAZIONI SULLO SPETTACOLO Yerma, di Carmelo Rifici (2013) 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. LOCANDINA FOGLIO DI SALA E TRAMA ARTICOLO DI PRESENTAZIONE DI CLAUDIA CANNELLA (DAL CORRIERE DELLA SERA) RECENSIONE DA REPUBBLICA.IT – BLOG DI RODOLFO DI GIAMMARCO CHE TEATRO CHE FA IL TESTO L'AUTORE DEL TESTO (1934) L'AUTORE DELL'ADATTAMENTO TEATRALE (2013) NOTE DI REGIA 1. LOCANDINA YERMA con Mariangela Granelli, Maria Pilar Pérez Aspa e Francesco Villano adattamento e regia di Carmelo Rifici scene e costumi Margherita Baldoni musiche di Daniele D'Angelo luci Alessandro Verazzi assistente alla regia Agostino Riola tecnici Giulia Pastore e Giuliana Rinzi in collaborazione con La Corte Ospitale, E45 Napoli Fringe Festival, Proxima Res e NEXT LABORATORIO DELLE IDEE - REGIONE LOMBARDIA 2. FOGLIO DI SALA Yerma è il nome che Federico García Lorca scelse per la protagonista femminile del suo secondo dramma popolare e come titolo dello stesso testo. Il poeta, alla domanda perché scegliesse soprattutto donne come protagoniste dei suoi testi, rispondeva “perché le donne sono più passione, più umane, più vegetali”. Tutto il teatro di Lorca ruota attorno a donne che diventano simboli. E quindi Yerma - un aggetvo che nello spagnolo corrente si usa solo per definire la terra con questo testo diventa simbolo dell’incapacità di creare. Yerma è arida, secca, inutile. Nel 2010 dopo un anno di studio Maria Pilar Pérez Aspa, attrice e fondatrice della Compagnia ATIR, mette in scena per la prima volta “Federico”, un testo scritto dalla stessa attrice spagnola sulla vita di Federico García Lorca, sulle sue amicizie e sui turbolenti anni in cui visse e che in Spagna ebbero come tragica conclusione lo scoppio della guerra civile. Nello stesso anno, Serena Sinigaglia e la Compagnia ATIR, insieme al Teatro Stabile di Sardegna, mettono in scena “Nozze di Sangue” di Lorca, in una riscrittura di Marcello Fois. È proprio a partire da quest’approccio alla figura del poeta, alla sua vita e alle sue opere che la Compagnia ATIR è arrivata a Yerma: il dramma della sterilità ma soprattutto il dramma della scelta. Ed è proprio nella scelta che risiede la bruciante contemporaneità di questo testo e ciò che ha spinto ATIR con urgenza a volerlo mettere in scena. Per mettere in scena questo testo la Compagnia ATIR ha deciso di afdarne la regia a un regista esterno, ritrovando nelle sue scelte artistiche e poetiche molte afnità con le atmosfere di cui parla il testo e volendo dare, in un momento di forte individualismo sociale, un segno di trasversalità e condivisione con realtà e figure teatrali afni. Il regista sarà il pluripremiato Carmelo Rifici. Lo spettacolo debutterà all'E45 Napoli Fringe Festival nel giugno 2013. 3. articolo di presentazione di Claudia Cannella Corriere della Sera (04 aprile 2013) CARMELO RIFICI FIRMA UNA NUOVA E ATTUALE MESSINSCENA DI «YERMA» L'importanza di essere madre secondo García Lorca di Cannella Claudia Un mondo fatto per gli uomini di cui sono protagoniste le donne, che lottano e si ribellano alle ipocrisie e alle convenzioni sociali. Un cortocircuito che genera tragedia. Tra «Nozze di sangue» e «La casa di Bernarda Alba», Federico García Lorca scrive, nel 1934, «Yerma». Al centro il dramma della sterilità, ma soprattutto quello della scelta. Yerma, sposata da anni, vive la frustrazione della maternità mancata, tra struggente desiderio e umiliazione sociale. Proverà riti di fertilità e il pellegrinaggio allo strano tempio di un santo, dove in realtà le donne si recano per essere ingravidate da altri uomini. Tra vecchie rufane e potenziali amanti, sceglierà comunque di rimanere fedele al suo uomo ma, quando lui le confesserà di non potere né volere avere figli, lo ucciderà. Sfrondato da quella tradizione folcloristica e melodrammatica, che spesso fa di Lorca un autore «datato», «Yerma» debutta questa sera al Teatro Ringhiera nella nuova messinscena di Carmelo Rifici, con Maria Pilar Peréz Aspa protagonista, afancata da Mariangela Granelli e Francesco Villano. «In questo testo - dice il regista - si discute di un tema, quello della maternità e delle sue ossessioni, che ancora oggi ha molte cose da raccontarci. Lorca ci dice che tutte le scelte fatte per convenzione sociale sono criticabili, i suoi personaggi, in particolare le donne, lottano contro l'omologazione, qui sta la sua attualità. La maternità può anche essere una schiavitù imposta da un obbligo sociale e Yerma, uccidendo il marito, in qualche modo afronta i suoi mostri interiori e i suoi tormenti per liberarsene». Una sorta di tenda fatta di camicie, che di volta in volta crea ambienti diversi, e costumi variopinti alla Almodóvar tolgono cupezza alla vicenda, restituendole una vitalità giocosa, a trat surreale «come la drammaturgia iberica è capace di fare – conclude Rifici –. Così come spagnola è la protagonista, Pilar, che porta dentro di sé Lorca come un figlio e una "colpa" e che vive, come tante ancora oggi, il problema di non essere madre. Questa volta non c'è filtro tra attrice e personaggio, quasi un atto terapeutico». 4. recensione Repubblica.it – BLOG Che teatro che fa, a cura di Rodolfo di Giammarco (7 aprile 2013) recensione di Martina Melandri C’è in un’opera di Frida Kahlo la citazione a panni stesi, non tra balcone e balcone, ma sospesi in una meravigliosa incongruenza di luoghi immaginari. E c’è, nella morte della pittrice, donna passionale e riluttante alla convenzione, il cruccio maggiore di non aver avuto figli. Come accade a Yerma, protagonista dell’omonima opera di Federico García Lorca, simbolo di sterilità, o meglio, lasciata seccare come un campo al sole. E un campo a filari di camicie stese, è quello che occupa il palco del Teatro Ringhiera di Milano, dove la Compagnia Atir ha presentato (e sarà in scena fino al 14 aprile) la terza parte di una trilogia lorchiana inaugurata nel 2010 con “Nozze di Sangue”, diretto da Serena Sinigaglia, e “Federico”, testo di Maria Pilar Pérez Aspa sulla vita di García Lorca. Camicie stese che alzandosi e abbassandosi connotano la casa o l’esterno, è la scelta poetica di Carmelo Rifici, congiunta alle atmosfere del testo. Ad esempio, ai timori di maldicenze e pettegolezzi che, anche nell’interpretazione dei sogni, sono panni stesi, mentre il balcone è il desiderio sessuale femminile, o un problema collegato. Fare un figlio è fare l’amore, sostanzialmente. Un dato di fatto naturale, interpretato dalle due facce di una stessa coreografia: la prima tutta di desiderio in attesa e l’altra pratica, sbrigata, una sveltina. Ecco perché il tema della maternità mancata, interpretato da una Maria Pilar Pérez Aspa che in un’ora e mezza passa da occhi di bambina a uno sguardo cieco e omicida, è forse solo uno dei lati di un quadro che riguarda tutte le scelte, le idee e le personalità femminili: quelle conservatrici e passive, ma a loro modo sagge, di alcune (tutte rette da un’instancabile Mariangela Granelli), e quelle vive nonostante tutto, pugilesse a vuoto che continuano a incassare i colpi dell’amore contraccambiato, quello inesistente, sia da parte del marito Juan, sia da parte di Victor (entrambi resi da Francesco Villano), l’unico con la camicia scura, forse pecora nera, anzi no, alla fine comprato al prezzo di un gregge di ovini. 5. IL TESTO Genere Autore Titolo originale Lingua originale Data Prima assoluta Poema tragico Federico García Lorca Yerma Spagnolo terminato nel settembre 1933 Madrid, 29 dicembre 1934, Teatro Español Yerma (1934) è una delle tre opere teatrali che fanno parte della "trilogia lorchiana", assieme a La Casa di Bernarda Alba (1936) e Bodas de Sangre (1933) di Federico García Lorca. Fu pubblicato a Santiago del Cile nel 1937. Narra la storia di una contadina di nome Yerma, frustrata per il fatto di non poter dare alla luce dei figli con suo marito, Juan. L'opera "esplora il confitto interno di una donna sposata che aspira e cerca infruttuosamente di diventare madre, per sentirsi una donna completa. La tragedia della protagonista è annunciata dal suo nome ("yerma" è "deserto" in spagnolo, ma significa anche "esterile") e concretizzata dalla possibile sterilità della sua coppia. Juan, suo marito, non può né vuole avere figli. Il fatto che Yerma uccida suo marito, per l'impotenza, rende ufciale la sua realtà e la sua tragedia. Le sue convinzioni morali non le permettevano di avere figli con altro uomo che non fosse Juan, mentre questo fosse in vita. Ironicamente, l'azione di Yerma è una risposta radicale e tradizionalista allo stesso tempo." Da una parte, per mezzo di un gesto radicale, si libera della sterilità di Juan sebbene non della sua tragedia personale. Dall'altra, la decisione di Yerma di uccidere Juan obbedisce in parte al suo desiderio sottostare a una funzione impostagli dalla società; vuole avere figli come le donne sposate che vivono attorno a lei. Cosciente del risultato del dramma rurale poetico, Lorca elabora queste tragedie basandosi su una congiunzione di mito, poesia e sostanza reale, cercando di descrivere una donna a sua volta oppressa e liberatrice di se stessa. 6. L'AUTORE Federico García Lorca, poeta e drammaturgo spagnolo (Fuente Vaqueros 1898 - Víznar, Granada, 1936). Voce tra le più originali del Novecento spagnolo, amico di S. Dalí e L. Buñuel, partecipò ai vari tentativi modernisti, specialmente impressionisti. Morì durante i primi giorni della guerra civile, fucilato dai franchisti. Talvolta ridotto a cantore folkloristico dell'Andalusia per raccolte come il Romancero gitano (1928), suo primo successo popolare, G.L. in realtà superò questa posizione raccogliendo suggestioni derivate sia dalla tradizione spagnola seicentesca sia dalle moderne avanguardie. Appassionato di teatro, fondò e diresse con Eduardo Ugarte dal 1931 il teatro universitario viaggiante “la Barraca”. Operò dal 1932 al 1936, avvicinando i grandi classici del teatro al pubblico più umile e meno dotato culturalmente, e al suo esempio si sono ispirati vari teatri popolari viaggianti in Europa. La sua produzione teatrale, poi, nella naturale ricerca di temi squisitamente personali, rivela l'attenta lettura di Lope de Vega e dei classici del "Siglo de Oro". Il valore lirico del verso e la presenza di poemi intercalati conferiscono un carattere poetico al teatro lorchiano i cui personaggi, spesso schematici, sono l'incarnazione di passioni violente e degli aspet più primitivi e oscuri dell'animo umano. Il personaggio femminile protagonista è una costante del teatro lorchiano. La donna rappresenta per il poeta la sensualità e lo slancio vitale. Il darsi è donare sé stessi interamente nel significato quasi pagano del concetto. I corpi giovani devono incontrarsi e si uniscono senza preoccupazioni moralistiche nell'esaltazione del bello e della vita. Il dovere rende infelice la donna, come in Yerma, e la sterilità ne è il castigo più angoscioso. Il tema della morte, che tanta parte ha nella lirica, è presente anche nel teatro, più o meno con il medesimo significato; la morte conclude e dà senso al momento eroico della vita. Così nella Casa de Bernarda Alba, la protagonista paga l'atmo di felicità raggiunto suicidandosi e nel Llanto por Ignacio le tenebre calano sul corpo del giovane proprio nel momento in cui è vestito di luci. 7. L'AUTORE DELL'ADATTAMENTO CARMELO RIFICI, nato a Cernusco Sul Naviglio, laureato in Lettere Moderne, si diploma nel 2000 alla Scuola di Teatro del Teatro Stabile di Torino. Regista collaboratore di Luca Ronconi nelle produzioni del Progeto Domani, legate alle Olimpiadi di Torino 2006. Collabora sempre con Ronconi per Farenheit 451 di Bradbury, Ulisse doppio ritorno di Botho Strauss e Porfirio, Turandot di Puccini, Il mercante di Venezia di Shakespeare. In qualità di regista nel 2001 firma la regia di Cinque capitoli per una condanna, tratto da Victor Hugo, per il Teatro Stabile di Torino. Nel 2002 mette in scena Tre sorelle di Anton Cechov per il Teatro Verdi di Milano e il Teatro della Contraddizione di Milano. Dal 2003 al 2006 è regista residente al Teatro Litta di Milano dove allestisce Il giro di vite di Henry James, La tardi ravveduta di Giuseppe Giacosa, La Signorina Julie di Arthur Strindberg. Nel 2004 mette in scena I Giust, di Albert Camus per il Teatro di Sinalunga. Nel 2006 firma la regia di Lunga giornata verso la note di Eugeen O’Neill per il Teatro Filodrammatici di Milano. Nel 2007 partecipa alle Manifestazioni di San Miniato con Il nemico, di Julien Green con cui collaborerà ancora con La testa del profeta di Elena Bono nel 2009. Del 2008 è la commissione del Napoli Teatro Festival Chie-Chan e io, dal romanzo di Banana Yoshimoto, adattamento di Giorgio Amitrano. Dello stesso anno è Una note di maggio di Abraham Yeoshua per il Teatro Due di Parma. Nel 2009 firma le regie de I pretendent di Jeanluc Lagarce e Il gato con gli stvali, una recita contnuamente interrota, di Ludwig Tieck, entrambi per il Piccolo Teatro di Milano. Del 2010 sono le regie di Detagli di Lars Noren per il Piccolo Teatro di Milano, Pocket Shakeaspeare per Teatro Due di Parma, Fedra di Euripide per l’Istituto del Dramma Antico di Siracusa. Nella stagione 2010/2011 firma le seguenti regie: Buio di Sonia Antinori per Teatro Due di Parma, Avevo un bel pallone rosso di Angela Dematté per lo Stabile di Bolzano, Nathan il saggio di Lessing per il Piccolo di Milano e Medea di Cherubini per il Ponchielli di Cremona. Nella stagione 2011/2012 firma le regie di Elektra di Hofmansthal, per il Teatro Stabile del Veneto, e I puritani di Bellini, sempre per il Circuito Lirico Lombardo. Del 2012 è Giulio Cesare di Shakespeare per il Piccolo Teatro di Milano e La Rosa Bianca di Lillian Groag per lo Stabile di Bolzano. In qualità di insegnante è docente di Recitazione e analisi del testo per il Corso di Perfezionamento per attori, diretto da Luca Ronconi, all’Università per le Arti Visive di Venezia, per il Corso Regionale per Attori della Valle d’Aosta. E’ stato inoltre Coordinatore Didatco del Corso Propedeutico d’Arte drammatica del Teatro Litta di Milano. E’ direttore artistico dell’associazione Proxima Res. Nel 2005 ha vinto il Premio della Critica, come regista emergente. Nel 2009 ha ricevuto il Premio Eti Olimpici del Teatro come miglior regista dell’anno, il Premio della Critica, il Golden Graal e la nomination per i Premi Ubu sempre come miglior regista dell’anno. 8. NOTE DI REGIA L'attrice Maria Pilar Pérez protagonista di Yerma, di Carmelo Rifici (2013) Perché metere in scena un testo come Yerma di Lorca oggi? Mi verrebbe da rispondere: perché la poesia è sempre “un fato” atuale, non invecchia mai. Già così potrebbe bastare, la poesia è spesso in grado di sopperire alle mancanze di una drammaturgia che appare datata. Eppure in questo testo si discute di un tema, quello della maternità e delle ossessioni che l’accompagnano, che ancora oggi ha molte cose da raccontarci. Costruire poi lo spetacolo intorno ad un’atrice come Pilar, mi ha convinto maggiormente. Pilar porta dentro di sé Lorca come un fglio e come un’ossessione. Lorca è il suo mondo di provenienza, è il suo ato di nascita, la sua colpa, non solo perché è atrice spagnola, ma sopratuto perché è una donna, come tant personaggi femminili del poeta di Granada, che hanno dentro di sé il dolore e la vita, mischiat, senza lucidità per separarli, con l’inquieta sensazione che possano essere sinonimi. Pilar è donna di spiccata personalità che vive, come tante ancora oggi, il problema di non essere madre, se non delle proprie idee e delle proprie scelte, a cui manca però del coraggio per ammetere, come lo stesso autore sembra suggerire, che “la vita senza fgli è la migliore”. Il teatro è il fglio di Pilar, e Pilar si porta dentro Lorca come un fglio, che è un peso importante, ma che spesso è anche zavorra, etcheta, convenzioni che quel mondo può inculcare: non solo una tradizione, ma anche le sue censure. Le donne di Lorca scontano con il dolore e la morte la pena di vivere in un mondo fato per gli uomini, Pilar, atraverso Lorca, compie un ato terapeutco: quel mondo, croce e delizia, serve a fare i cont con il passato, con le scelte, con le delusioni e i dolori, perché possa infne trasformarsi in sogno, in poesia. Ma anche in leggerezza, perché il testo è pieno di possibili comicità involontarie, i personaggi di Lorca, talvolta e con incoscienza, sembrano contenere quella ironia che ha fato grande la cinematografa di Almodovar, non a caso in Tuto su mia madre il regista chiudeva il flm con un omaggio a Lorca. Senza scimmiotare il Maestro, ci siamo permessi di rompere alcune tradizioni, che vogliono un Lorca folkloristco e melodrammatco, per tentare di resttuire un’atmosfera vitale, se non allegra almeno giocosa, a tratti surreale, come spesso la drammaturgia iberica è capace di fare. Ho tagliato tutti i personaggi, Mariangela e Francesco si caleranno di volta in volta nelle fgure femminili e maschili utli all’analisi del testo e ad un suo scandaglio interno. Al centro Yerma. Atraverso Lorca, Yerma-Pilar, rivivrà le paure e i desideri del suo magma originario, per infne liberarsene? O al contrario accetarlo del tuto?. (Carmelo Rifici)