37 °A La voce dell’Associazione Amministratori Condominiali Immobiliari - Milano NN l’amministratore INFORMAZIONI PRATICHE PER CONDOMINI E INQUILINI Spediz. abbonamento postale70% - Milano I giardini innevati della Cascina Guastalla ANACI Anno XXXVII - n. 2 - Febbraio 2012 - 3 Euro O EgZX^h^dcZb^aa^bZig^XVY^[ZgbViV YZaaVXVW^cVVae^Vcd# Ejd^VkZgaVhjaijdVhXZchdgZhdhi^ijZcYd ^akZXX]^dfjVYgdY^bVcdkgV ZaVeVgiZZaZiig^XV# DiiZggV^^cdaigZ Vcidc^dYZakZXX]^dqbdb^hYVb#Xdb "aÉZa^b^cVo^dcZYZaaZWVgg^ZgZ VgX]^iZiidc^X]ZJC>:C-&#,%0 "aVg^Yjo^dcZYgVhi^XV YZ^Xdchjb^ZcZg\Zi^X^0 "ZaZkVidXdb[dgiY^bVgX^V/eVgiZcoZYdaX^ ZYVgg^k^XdcigdaaVi^Vae^Vcd0 "aVg^Yjo^dcZYZaaZhdaaZX^iVo^dc^ hj\a^dg\Vc^Y^bdk^bZcid0 "aÉVYZ\jVbZcidV^cjdk^ hiVcYVgYY^h^XjgZooV JC>:C-&#-% D[[ZgiVkVa^YVÒcdVa (&aj\a^d'%&'eZg/ "CjdkdfjVYgdY^bVcdkgV Y^jai^bV\ZcZgVo^dcZXdciZXcdad\^V K#K#K#;KVg^VidgZY^KZadX^i| V;gZfjZcoVKVg^VW^aZ eZgVhXZchdg^Y^d\c^i^edZbVgXV "CjdkZa^cZZZaZiig^X]ZXdc[dgb^V^e^ V\\^dgcVi^hiVcYVgYcdgbVi^k^ "EjahVci^ZgZY^e^Vcd YVaYZh^\cZaZ\VciZZ[jco^dcVaZ YV)*%%ZjgdeZg^be^Vci^daZdY^cVb^X^ YV).%%ZjgdeZg^be^Vci^ZaZiig^X^ eV\VbZci^Y^aVo^dcVi^ÒcdV(+bZh^ eZg^be^Vci^ZaZkVidg^ÒcdV*[ZgbViZ d[[ZgiZg^hZgkViZVY>be^Vci^^c>bbdW^a^Y^:Y^a^o^VEg^kViV per informazioni e tutti gli altri dettagli sulle offerte HZYZY^B^aVcd'%&)(K^V:#Edci^!)."IZa#%'$-.&''+(*";Vm%'$-.&'**&. B^aVcdGdbVCVeda^;gdh^cdcZ8VhZgiV6kZaa^cdHVaZgcd Sommario L’AMMINISTRATORE - ANNO 37° FONDATO NEL 1975 di novità in novità l’amministratore anno xxxvii n. - febbraio Notiziario mensile Anaci Milano a diffusione nazionale Viale Sabotino, 22 20135 Milano Tel. 02/58.32.21.22 Fax 02/58.32.21.00 Posta elettronica: [email protected] Sito internet: www.anacimilano.it DIRETTORE RESPONSABILE Dario Guazzoni COMITATO DI REDAZIONE Eugenio Antonio Correale Marina Figini Cristoforo Moretti PUBBLICITÀ E ABBONAMENTI Anaci Milano Viale Sabotino, 22 20135 Milano Tel. 02/58.32.21.22 Fax 02/58.32.21.00 STAMPA Grafiche Casali 20089 Quinto dè Stampi di Rozzano (Milano) Viale Isonzo 40/1/2 Tel. 02/8240480 AUTORIZZAZIONE Tribunale di Milano 376 del 22/12/75 Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana Copyright - Nessuna parte del contenuto di questa rivista può essere pubblicata senza autorizzazione scritta dell’editore DARIO GUAZZONI pag. anaci docet pag. il punto sulla riforma del condominio MARINA FIGINI il decoro architettonico GIACOMO ROTA questioni aperte in tema di videosorveglianza EUGENIO ANTONIO CORREALE sentenze EUGENIO ANTONIO CORREALE pag. pag. pag. pag. risparmio energetico e di certificazione energetica, sintesi delle ultime novità FAUSTO MOSCATELLI pag. la tracciabilità dei pagamenti RAFFAELE CARATOZZOLO imprese e condominio, dall’odierna congiuntura alle evoluzioni probabili pag. SAVERIO FOSSATI pag. sesto san giovanni: novità nel riscaldamento pag. le delegazioni anaci in provincia pag. il caffè del genoeucc PINUCCIO DEL MENICO cedolare secca ROMANO BIONDA vademecum operativo per agevolazioni fiscali RAFFAELE CARATOZZOLO manovra “salva italia”: tassa comunale sui rifiuti e sui servizi comunali indivisibili pag. pag. pag. FRANCO GUAZZONE pag. le tabelle inps pag. le nostre tabelle pag. l’amministratore 3 editoriale DI NOVITA’ IN NOVITA’ C hi, irridendo alla vita di noi amministratori, la considera piatta; una routine continua, forse quasi monotona tra assemblee riunioni di consiglio ed urla ai fornitori perché scattino quando si rompe una tubazione, si intasa una fogna o dal tetto piove all’ultimo piano quando uno straluvio allaga mezza città, si sbaglia di grosso. La riforma del Condominio in fieri da decenni ci tiene con il fiato sospeso quasi certi che il peggio è sempre lì lì dietro la porta. E sarebbe tanto semplice: una commissione (tanto nella nostra Patria le commissioni ad ogni livello si sprecano ed i commissari sono pure retribuiti!!) fatta da una quindicina di colleghi amministratori di professione che quotidianamente vivono la vita del condominio (commissione che si presterebbe a titolo assolutamente gratuito) ed una bella saggia costruttiva realistica riforma dell’istituto condominio sarebbe pronta in men che non si dica. Ma tanté: nelle aule ovattate di velluti rossi (di pompeiana memoria) spesso si blatera molto; ma la realtà quotidiana di chi vive spessissimo è disattesa. E nascono gli aborti che poi portano al litigio (in condominio molto meno di quello che ci si vorrebbe far credere), alla mancanza di rispetto all’interno del palazzo. Ma tantè! Non possiamo dormire. La neve ci ha dato qualche preoccupazione, è innegabile. Ma la città grazie anche ai nostri portieri ed agli addetti alle pulizie ha reagito bene, ha fatto si che noi milanesi abbiamo potuto (ed anche in tutta la nostra regione) stare bene al confronto di quello che si è verificato in mezza Italia! come i mezzi di informazione, specie i televisivi ci hanno fatto vedere. Ma le novità, pesanti alcune, sono dietro la porta. La Regione ci obbligherà, a scaglioni entro l’agosto 2014, alla posa sui termosifoni di valvole termostatiche e contabilizzatori di calore. L’argomento è stato trattato (ne diamo breve cronaca in altra pagina) in un convegno a Sesto San Giovanni in presenza di forse mille cittadini. Ed il rappresentante della Regione (tiepido esecutore e non assessore deliberante) è stato pesantemente contestato. Come si può obbligare chi ha seicento euro di pensione a spenderne altrettanti (e forse più) per mettere tali aggeggi: il cui risultato, la cui efficacia è tutta da verificare, e che forse col tempo dovranno essere sostituiti. Ed ancora: Telenova sempre con priorità ai problemi cittadini ci invita ad un dibattito ove due gentilissimi funzionari dell’AMSA ci informano che da metà febbraio il servizio raccolta rifiuti in città cambierà: pur conservando un periodo di transizione onde consentire di smaltire i vecchi sacchi ed approvvigionarci dei nuovi. Ci si prospetta l’invio di comunicati esplicativi che pubblichiamo in altra pagina della rivista. Ma non basta! Dovrebbe essere nuovamente istituita la tassa passo carrabile in auge sino ad alcuni (forse tanti!) anni or sono. Parrebbe che il Comune non abbia più in archivio le misure dei passi carrabili e quindi chiederà al cittadino (cioè a noi amministratori) di misurarli. Per non parlare dell’area C. Lo smog, nonostante la nevicata, pare non sia calato. Le polveri sottili ci intossicano (ma sarà vero?) ed i nostri operatori che fanno le manutenzioni all’interno della ben nota area, per entrarvi debbono pagare. Con il risultato che anche i costi della manutenzione aumenteranno ed i cittadini – cioè noi – subiranno un nuovo (piccolo o grande che sia) salasso. Mentre le Banche, vergognose! sui conti correnti del condominio ti gravano di spese (MAV – tenuta conto – addebito bonifici – imposte ecc. ecc.) con interessi da vergogna: che forse farebbero meglio a non specificare. Questo l’inizio del 2012: ma come dicevano i saggi basta la salute! E con ciò concordiamo. l’amministratore Dario Guazzoni 5 Anaci: Consiglio siiglio Prov Provinciale vinc dii M Milano ilano ANACI ANAC CI Associazione Nazionalee A As Amministratori Condom min nia i l e Immobiliari Condominiali Presidente: Guazzoni Dario Vice Presidente Vicario: Moritz Carlo Vice Presidente: Cerrini Carlo Segretario: Quattrini Gaspari Luciana Tesoriere: Pasi Paolo CONSULENZE CONS SUL ULE IN SEDE LEGALI L LE G : CONSIGL ONSIGLIERI LIERI PR ROVINCIALI OVINCIALI Appezzato A Ap p ppezzato Juri Juri Balsam mo A ggeelo l Balsamo Angelo Ba and era r F rancesco Bandiera Francesco Bandiera B Ba and ndiera d Umber Umberto erto too Buonavitac acol ac ola Gi Giorgio Buonavitacola Ca alv lvio ioo G ianfranco Calvio Gianfranco C Ca ampagnoli Alm ma Campagnoli Alma Carusoo G iu usep seppe Giuseppe Caruso Leonardo Corazza Gian anfr an f anco Gianfranco De Angelis Zucca Annaa Didoni Fabio Donzelli Luigi martedì art r ed dì 14,30 - 16,30 Avv. Luca Saccomani giovedì gioved dì 14 14,30 4 3 - 16,30 Avv. Av Marina Figini Av Faini Gu Guido uid i Fris Fr isee na P aoolo l Frisenna Paolo Grillo rilillllo lo C Carmelo armelo Lionetti Giuseppe Giusepp pp p pe Palmisano Palmissan a oV Vitantonio ta on o io i Pa M au uro Pasi Mauro Pasi Paolo Roncchii SSilvia ili vi vi Ronchi S ndrini Fabio Sa Sandrini Sozzi Alfredoo Vanz Va nzin zin i i Mauri M a izio Vanzini Maurizio Zoccoli Bruno venerdì veene vene nerd rdìì 17,00 - 18,30 rd Avv. Eugenio Antonio C Correale orre or reeal alee Avv. Ermes G Gallone a loon al DEL DE L LA LAVORO L VOR : VO VOR giovedì v 17,00 7,00 - 18,300 Dott. Vincenzo Di Domenico FISCALE: vvenerdì ve nerd ne dì 115,00 5 - 17,00 D Do Dott. tt. Lu tt L Luigi uigi gi Do D Donzelli nzelli llii Per appuntamenti in sede p pr prenotarsii al numero telefonico onicoo 022 558322122 83322 8322 2212 2122 122 12 Organigramma O rganigramma Nazi Nazionale ionale Pres Presidente: Pres esid idente: Pietro Membri (Milano)) Segretario: Segr g etar ettario io: io o: Andrea drea Finizio (Roma) Tesoriere: riere: Giuseppe Gi Giu iuseppe Merello (Genova) ORG RGANIGRAMMA REGIONE LO OMBARDIA MBARDIA Presidente: dente: Agostinoo Lomba Lombardi ard rdii (B (BG (BG) Vice Presidente: Claudio Bianchini (MI) Segretario: Monica Rusconi (SO) Tesoriere: Francesca Salvetti (BS) 6 La rivistaa d della ella S Sezione ezione Provinciale Provinciale di Milano Milano della Ana aci di Anaci (Associazione (Ass s ocia ss ociazi oc ia azione Nazionale Amministratori Amministtra rato tori to rrii C Condominiali on omi min niali i e Immobiliari) i) 11 1 1 numeri numeri 30 30 euro eu uro Per l’abbonamento bbonamento telefonare tellefonare aa:: ANACCI MILANO ANACI MILA 0022 583221 122 - R.A. 58322122 oppure faxar faxare allo 022 58322100 583221000 nviare una una mail a: o inviare cim milano@anaaciserviz .it [email protected] l’amministratore Speciale ANACIDAY ANACI DOCET Nel salone convegno del l’Hotel Marriott affollato da seicento persone, Giancarlo Fasan con l’ausilio di Anaci Lombardia ha dato vita alla terza edizione di Anaci Day. Inutile dirlo, successo indiscusso della manifestazione, alla quale nella mattinata è intervenuta l’avv. Lucia De Cesaris Assessore all’urbanistica del Comune di Milano. Tutti gli argomenti, dal giuridico al fiscale, alla prospettiva di un buon funzionamento degli ascensori nella prospettiva del risparmio energetico sono stati trattati dai relatori, ognuno esperto nel proprio settore di competenza. Nel pomeriggio, in chiusura, l’assegnazione di premi, rappresentati da targhe, ai colleghi della Lombardia ed ai loro fornitori, che vivono con gli amministratori il problema del pronto intervento quando nell’immobile vi sia urgenza. Una targa è stata assegnata anche a Dario Guazzoni che da anni dando vita mensilmente alla rivista L’AMMINISTRATORE tiene aggiornati i colleghi ed i lettori sulle novità in materia di condominio e locazione. Gianfranco Fasan organizzatore della manifestazione, Agostino Lombardi Presidente Regionale Anaci, Lucia De Cesaris Assessore all’Urbanistica e all’Edilizia Privata, Dario Guazzoni Presidente Provinciale Anaci l’amministratore 7 Speciale ANACIDAY IL PUNTO SULLA RIFORMA DEL CONDOMINIO Marina Figini La riforma della normativa contenuta nel codice civile che disciplina l’istituto del “condominio negli edifici” è attesa, nonché per molti aspetti auspicata, da diversi anni, anni nei quali numerose, e provenienti da diverse fonti, sono state le iniziative ed i progetti di una articolata riforma. Nell’anno da poco terminato vi è stato un primo e più concreto passo costituito dall’ approvazione da parte del Senato in data 26 gennaio 2011 della proposta di legge risultante dal testo unificato dei disegni di legge numeri 71, 355, 399, 1119 e 1283. Da quella data si attende il pronunciamento dell’altro ramo del Parlamento ossia della Camera, avanti la quale è iniziato nel marzo 2011 il relativo procedimento. La Commissione di Giustizia della Camera ha tenuto sino ad oggi diverse sedute alle quali hanno partecipato esperti del diritto, docenti universitari, rappresentanti delle varie associazioni di categorie tra le quali ANACI: soggetti dai quali sono pervenuti commenti e proposte di modifiche ed integrazioni. Nel corso dell’ultima seduta, tenutasi il 12 gennaio 2012, è stata espressamente auspicata una ripresa dell’impegno della Commissione nel completamento del ciclo di audizioni e nella ricerca di soluzioni 8 in grado di raccogliere la più ampia condivisione: ciò allo scopo di procedere in tempi ragionevolmente rapidi, tenuto conto della importanza del tema trattato e dell’impatto della disciplina del condominio sulla vita quotidiana dei cittadini. Sulla base di tali impegni, la riunione è stata aggiornata a nuova data. L’unico documento che, sino ad oggi, si può dunque ufficialmente considerare quale testo di possibile riforma è quello approvato dal Senato un anno fa. Di questo testo verranno qui menzionati e commentati, in modo essenziale e non esaustivo, alcuni dei punti che risultano maggiormente innovativi rispetto alla attuale disciplina. Ribadita l’avvertenza che, come si è detto, il testo potrà essere assoggettato a modifiche/integrazioni nel corso dell’esame da parte della Camera. In primo luogo si evidenzia che non vengono interessati dalla Riforma in esame, e dunque non subiscono modifiche restando il loro contenuto immutato, i seguenti articoli del codice civile: 1121 (Innovazioni gravose o voluttuarie) 1123 (Ripartizione delle spese) 1125 (Manutenzione e ricostruzione l’amministratore delle scale) 1127 (Costruzione sopra l’ultimo piano dell’edificio) 1128 (Perimento totale o parziale dell’edificio), 1132 (Dissenso dei condomini rispetto alle liti) 1139 (Rinvio alle norme sulla comunione) ed i seguenti articoli delle disposizioni di attuazione del codice civile: 61 e 62 ( che disciplinano lo scioglimento del condominio) , 65 ( che disciplina la nomina del curatore speciale del condominio in assenza di suo legale rappresentante), 72 ( che specifica a quali norme, delle disposizioni di attuazione, il regolamento di condominio non può derogare. Ciò premesso, ecco a titolo esemplificativo, come già detto, alcuni aspetti fondamentali ed innovativi della Riforma. INNOVAZIONI (art. 1120 c.c.) Anche nel testo riformato, così come in quello previgente, il concetto di “innovazioni” non trova una propria specifica definizione. Restano immutate le finalità, ossia il miglioramento o l’uso più comodo o il maggior rendimento delle cose comuni, che le innovazioni sono destinate a soddisfare. Speciale In ogni caso le “innovazioni “ disciplinate dall’art. 1120 in esame sono fattispecie del tutto diverse da quelle previste dall’art. 1117 ter “Modificazioni delle destinazioni d’uso e sostituzioni delle parti comuni” e da quelle oggetto dell’art. 1122 ter “Impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva”, fattispecie basate su presupposti affatto diversi, e altrettanto diversamente disciplinati per quanto riguarda le maggioranze: è infatti prevista l’approvazione assunta con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell’edificio. Se il concetto di innovazione non è interessato da novità, nuovi e diversi sono invece i quorum deliberativi previsti dall’articolo in esame. Ed infatti, dopo avere fatto genericamente salve le “diverse disposizioni di legge” viene stabilito all’art. 1120, 1° comma che le innovazioni sono deliberate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (riferimento al novellato art. 1136, 2° e 4° comma). Si tratta dunque di un quorum deliberativo inferiore a quello indicato nel vigente testo dell’art. 1120 (maggioranza dei partecipanti al condominio e due terzi del valore dell’edificio). L’art. 1120, 2° comma in esame stabilisce che sono approvate dall’assemblea a maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio determinate opere che non vengono definite espressamente “innovazioni” e per le quali è sufficiente il quorum deliberativo appena visto, inferiore a quello indicato in via generale nel 1° comma. Prima di passare all’esame di tali opere, si evidenzia che l’art. 1120, 2° comma in esame richiama in primo luogo il rispetto, se del caso, delle disposizioni di cui al secondo, terzo e quarto comma dell’articolo 1117 ter. Si tratta delle disposizioni che disciplinano la convocazione dell’assemblea e la redazione della delibera avente ad oggetto le “Modificazioni d’uso o sostituzioni delle parti comuni”. L’art. 1120, 2° comma in esame precisa inoltre che le delibere di cui qui si tratta devono essere assunte nel rispetto della normativa di settore. Le opere che, secondo l’art. 1120, 2° comma in esame, possono essere approvate a maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenta almeno un terzo del valore dell’edificio sono le seguenti: - le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti. L’articolo 1122 bis introdotto dalla riforma in esame, dedicato alla disciplina degli interventi urgenti a tutela della sicurezza negli edifici, pone con estrema chiarezza il divieto di realizzare o mantenere sia nelle parti comuni sia nelle unità immobiliari di proprietà individuale impianti od opere che non rispettino la normativa sulla sicurezza degli edifici. Lo stesso art. 1122 bis precisa quali sono i doveri dell’amministratore, tra i quali vi è la convocazione della assemblea perchè assuma gli opportuni provvedimenti; fatto salvo l’amministratore ANACIDAY il ricorso di chiunque vi abbia interesse al Tribunale per i provvedimenti, anche cautelari. - le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche. In conseguenza della disciplina introdotta dal nuovo art. 1120, 2° comma, viene modificata anche la Legge n. 13 del 9 gennaio 1989 (Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati) Ed infatti la Riforma stabilisce che all’articolo 2, comma 1, Legge 13/1989, che indica le maggioranze necessarie per le deliberazioni condominiali aventi ad oggetto le innovazioni dirette alla eliminazione delle barriere architettoniche, le parole: «con le maggioranze previste dall’articolo 1136, secondo e terzo comma, del codice civile» sono sostituite dalle seguenti: con le maggioranze previste dal secondo comma dell’articolo 1120 del codice civile. Restano immutate tutte le altre disposizioni della medesima legge, così come restano valide in ogni caso le previsioni del codice in materia di innovazioni vietate. Si ricorda che i quorum indicati nella Legge 13/89, testo vigente, sono i seguenti: in prima convocazione la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio; in seconda convocazione un terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell’edificio. Nulla precisando la riforma al riguardo, è da ritenersi che vada ancora fatto riferimento alla giurisprudenza attuale la quale da tempo 9 Speciale ha chiarito che la installazione di ascensore in un edificio che ne è privo costituisce innovazione compresa tra quelle “dirette ad eliminare le barriere architettoniche”. Così come pure andrà fatto riferimento alla giurisprudenza attuale, ancora contrastante, sulla applicabilità delle disposizioni di cui alla legge 13/1989 nel caso in cui nell’edificio non sia residente un portatore di handicap. - le opere e gli interventi previsti per il contenimento del consumo energetico degli edifici. In conseguenza della nuova disciplina introdotta, viene modificata anche la Legge n. 10 del 9 gennaio 1991 ( Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso nazionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia). Ed infatti la Riforma dispone che all’articolo 26, comma 2, Legge 10/91 le parole: «semplice delle quote millesimali rappresentate dagli intervenuti in assemblea» sono sostituite dalle seguenti: «degli intervenuti, con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio”. Avendo la riforma in esame modificato solo i quorum e non il resto della normativa che rimane pertanto immutata, con particolare riferimento ai presupposti della realizzabilità degli interventi in questione, si precisa che il nuovo testo dell’art. 26 comma 2°, Legge 10/91 sarà il seguente: “ Per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico ed alla utilizzazione delle fonti di energia di 10 cui all’articolo 1, individuati attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate con la maggioranza degli intervenuti, con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.” ossia con il criterio della doppia maggioranza. La riforma in esame dispone altresì che all’articolo 26, comma 5, Legge 10/91 le parole: «l’assemblea di condominio decide a maggioranza, in deroga agli articoli 1120 e 1136 del codice civile» sono sostituite dalle seguenti: «l’assemblea di condominio delibera con le maggioranze previste dal secondo comma dell’articolo 1120 del codice civile”. Il nuovo testo dell’art. 26, comma 5, Legge 10/91 sarà pertanto il seguente: “5. Per le innovazioni relative all’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per il conseguente riparto ANACIDAY degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato l’assemblea di condominio delibera con le maggioranze previste dal secondo comma dell’articolo 1120 del codice civile” (ossia con la maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio nel rispetto, se del caso, delle disposizioni di cui al secondo, terzo e quarto comma dell’art. 1117 ter). - le opere e gli interventi previsti per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari dell’edificio La norma in esame non precisa a quali specifiche tipologie di opere ed interventi si riferisca. Dalla lettura complessiva della proposta di legge pare potersi ritenere che: - si deve trattare di parcheggi destinati alle unità immobiliari che compongono l’edificio; - si devono rispettare se del caso (ossia se si è in presenza di modificazioni delle destinazioni d’uso e di sostituzioni di parti comuni) le L’Hotel Marriott teatro della terza edizione dell’Anaci Day l’amministratore Speciale previsioni dell’art. 1117 ter, 2°, 3° e 4° comma, norma che in questa sua parte disciplina l’avviso di convocazione e le caratteristiche della delibera assembleare avente ad oggetto le modificazioni e sostituzioni di cui sopra; - dal momento che la norma in esame fa salvo il “rispetto della normativa di settore” risulterà applicabile, sussistendone i presupposti, la legge ” TOGNOLI” 24 marzo 1989 n. 122 che all’articolo 9 così dispone: L’art. 9 comma 1 prevede che i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi, ovvero nei locali a piano terreno, parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai Regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere destinati ad uso esclusivo dei residenti anche in aree pertinenziali esterne. A norma dell’art. 9 comma 5 i parcheggi realizzati ai sensi della legge 122/1989 art. 9 non possono essere ceduti separatamente dall’unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale; i relativi atti di cessione sono nulli. Per gli edifici in condominio, e nel caso in cui l’area interessata dalla costruzione dei parcheggi sia condominiale, l’art. 9 comma 3 prevede i seguenti quorum deliberativi: ai sensi art. 1136, 2° comma c.c. maggioranza intervenuti all’assemblea che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio sia in prima che in seconda convocazione. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, 2° comma (divieto delle innovazioni vietate) e 1121, 3° comma (possibilità di partecipazione successiva da parte dei condomini che non hanno aderito). - l’installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze. In conseguenza della nuova disciplina introdotta, risulta modificata anche la Legge n. 66 del 20 marzo 2001 (conversione in legge del D.L. 23 gennaio n. 5 (Disposizioni urgenti per il differimento di termini in materia di trasmissioni radiotelevisive analogiche e digitali nonché per il risanamento di impianti radiotelevisivi). La Riforma in esame dispone infatti che nell’art. 2 bis comma 13 (del D.L. 23 gennaio n. 5) le parole: «l’articolo 1136, terzo comma, dello stesso codice» sono sostituite dalle seguenti: «l’articolo 1120, secondo comma, dello stesso codice». ANACIDAY contenuta nell’articolo 1117 ter, 1° comma a norma del quale l’assemblea, con la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell’edificio, può approvare la sostituzione delle parti comuni, ovvero la modificazione della loro destinazione d’uso, se ne è cessata l’utilità ovvero è altrimenti realizzabile l’interesse comune, essendo in ogni caso vietato determinare danno ai diritti dei singoli condomini in forza dei rispettivi titoli di proprietà. Si tratta di attribuzione assembleare del tutto nuova, oltre che diversa dalle fattispecie che configurano innovazioni ai sensi dell’art. 1120 c.c. La riforma in esame prevede una specifica attribuzione assembleare, ulteriore rispetto a quelle elencate già nell’art. 1135 c.c., costituita dalla possibilità di autorizzare l’amministratore a collaborare a progetti territoriali promossi dalle istituzioni locali per migliorare la qualità della vita e la sicurezza della zona in cui il condominio è ubicato anche mediante la preventiva raccolta di dati relativi ai bisogni e alle esigenze di lavoro di residenti e abitanti (art. 1135 ultimo comma). Altra importante attribuzione viene riconosciuta all’assemblea dalla riforma in esame laddove, all’articolo 69 disposizioni di attuazione, si prevede che l’assemblea possa, con la maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio, deliberare la revisione o la modifica dei valori millesimali, anche nell’interesse di un solo condomino, quando risulta che i valori stessi sono conseguenza di un errore di calcolo materiale, oppure quando è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino a seguito di mutate condizioni dell’edificio derivate da sopraelevazione, incremento di superfici, modificazione delle destinazioni d’uso, incremento o diminuzione delle unità immobiliari (art. 69, 2° comma disp.att). Oltre a tale esplicita ulteriore attribuzione, la riforma in esame attribuisce all’assemblea una importante nuova funzione deliberativa, Altra competenza specifica viene attribuita all’assemblea in materia di prescrizioni ai condomini. Ed infatti l’articolo 1122 ter, 2° e 3° Assemblea: attribuzioni (art. 1135 c.c.) l’amministratore 11 Speciale comma prevede che, qualora per la installazione di impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo da parte dei singoli condomini, si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni, l’interessato ne dà comunicazione all’amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi. L’assemblea può prescrivere, con la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell’edificio, adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell’edificio. L’assemblea, con la medesima maggioranza, può altresì subordinare l’esecuzione alla prestazione, da parte dell’interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali. L’assemblea mantiene la propria competenza a deliberare il regolamento che deve essere approvato con la maggioranza (diversa da quella attuale) costituita dalla maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (art.1138 ). Ugualmente l’Assemblea mantiene ai sensi dell’articolo 1129 la propria competenza a nominare e a revocare in ogni tempo l’Amministratore; lo stesso articolo 1129 riconosce peraltro all’assemblea le seguenti ulteriori attribuzioni in materia: a) può deliberare che l’Amministratore resti in carica per una durata superiore ai 2 anni previsti dalla riforma (art. 1129); b) può espressamente dispensare l’Amministratore 12 dall’obbligo, introdotto dalla riforma, di agire contro i condomini morosi entro 4 mesi dal momento in cui il credito è divenuto esigibile. L’assemblea resta altresì sempre competente a deliberare le innovazioni nonchè le opere e gli interventi elencati nell’art. 1220 c.c. con i diversificati quorum deliberativi nel medesimo articolo specificato. Altre norme oggetto della riforma in esame richiamano la competenza dell’assemblea a decidere, ad intervenire, ad essere destinataria di comunicazioni e/o richieste. L’articolo 1122 (Opere su parti di proprietà o uso individuale) prevede che per le opere su parti di proprietà o uso individuale il condomino deve dare in ogni caso preventiva notizia all’Amministratore che ne riferisce all’assemblea. L’art. 1122 bis (Interventi urgenti a tutela della sicurezza negli edifici) prevede che l’”Amministratore convoca senza indugio l’assemblea per gli opportuni provvedimenti” qualora risulti la “situazione di pericolo” di cui al 1° comma: ossia il mancato rispetto della normativa sulla sicurezza degli edifici negli impianti e/o opere esistenti sia nelle parti comuni sia nelle proprietà individuali. L’articolo 1129 (Nomina, revoca ed obblighi dell’amministratore) prevede che l’Amministratore dichiara all’assemblea di avere assolto agli oneri di cui all’art. 71 disp. att. c.c. e rende le altre comunicazioni specificate all’art. 1129, 1° c. medesimo. L’articolo 69 disp.att.c.c. prevede che quando l’amministratore riceve la notifica della richiesta di l’amministratore ANACIDAY revisione giudiziaria dei millesimi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini. La legittimazione passiva del Condominio in persona dell’Amministratore, per il caso di azione giudiziaria di revisione o modifica dei valori millesimali instaurata da uno o più condomini, costituisce importante novità della riforma in esame, novità che, peraltro, segue la posizione della Cassazione la quale (ordinanza n. 2568 del 2 febbraio 2009) ha ritenuto necessario rimettere alle Sezioni Unite l’esame della materia al fine di dirimere il contrasto evidenziatosi in diverse sentenze circa la legittimazione passiva dell’Amministratore in quanto rappresentante del Condominio piuttosto che quella di tutti i condomini in quanto proprietari. ASSEMBLEA: COSTITUZIONE E VALIDITA’ DELLE DELIBERAZIONI (art. 1136 c.c.) I quorum costitutivi e deliberativi disciplinati dall’art. 1136, subiscono notevole cambiamento; ed infatti, secondo la normativa in esame, i quorum costitutivi e deliberativi sono i seguenti. Prima convocazione Quorum costitutivo L’assemblea in prima convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio ( l’attuale art. 1136, 1° comma richiede per le “teste” i due terzi dei partecipanti al condominio). Speciale Quorum deliberativo Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (il quorum deliberativo rimane invariato rispetto all’attuale art. 1136, 2° comma). Seconda convocazione Quorum costitutivo Non è richiesto Quorum deliberativo L’assemblea in seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima. La deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio (l’attuale art. 1136 prevede il terzo dei partecipanti, ferma restando ala maggioranza degli intervenuti). Vi sono poi le maggioranze specifiche richieste in ogni caso, sia che si tratti di prima che di seconda convocazione. E così per - la nomina e la revoca dell’amministratore, - le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore medesimo, - le innovazioni previste dal primo comma dell’articolo 1120 (ossia quelle dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni), - le innovazioni che hanno per oggetto la ricostruzione dell’edificio o interventi straordinari di notevole valore, è richiesta la approvazione con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. Le deliberazioni aventi ad oggetto - la sostituzione delle parti comuni ovvero la modificazione della loro destinazione d’uso (art. 1117ter) e quelle aventi ad oggetto - gli impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva che rendano necessarie modificazioni delle parti comuni (art. 1122 ter, 2° comma) devono essere approvate dall’assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell’edificio. Sono valide se approvate dall’assemblea a maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio nel rispetto, se del caso, delle disposizioni di cui al secondo, terzo e quarto comma dell’articolo 1117 ter, le deliberazioni che, nel rispetto della normativa vigente, hanno ad oggetto: 1) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti; 2) le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell’edificio; 3) l’installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze. Analogamente a quanto già attualmente previsto nel codice l’art. 1136, 6° comma in esame stabilisce che l’assemblea non può deliberare l’amministratore ANACIDAY se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati. L’espressione “aventi diritto” sostituisce quella (attuale) “i condomini”; ed infatti, non solo i condomini (intendendosi per tali i partecipanti al condominio ossia i proprietari delle unità immobiliari che costituiscono il condominio) hanno diritto di partecipare all’assemblea e di esprimere il loro voto. L’art. 1136, 7° comma in esame precisa altresì che delle riunioni dell’assemblea si redige processo verbale da trascrivere nel registro tenuto dall’Amministratore. Il contenuto della disposizione è identico a quello già contenuto nel codice. Va però integrato tenendo conto delle nuove disposizioni introdotte dalla riforma all’art. 1130 c.c. (attribuzioni dell’amministratore). ASSEMBLEA: IMPUGNAZIONE DELLE DELIBERAZIONI (art. 1137 c.c.) La prima novità introdotta dalla norma in esame è costituita dalla precisazione che non solo il condomino “dissenziente” è legittimato ad impugnare la delibera assembleare (l’attuale art. 1137 menziona infatti solo il “dissenziente”) ma anche il condomino assente e, ciò che più conta, il condomino astenuto. L’equiparazione della posizione dell’astenuto a quella del dissenziente e dell’assente è stata, del resto, sostenuta dalla più recente giurisprudenza della cassazione. La seconda novità è costituita dalla indicazione data dalla norma in 13 ANACIDAY Speciale esame sulla tipologia processuale dell’atto con il quale si possono impugnare le delibere. L’art. 1137 precisa infatti che l’atto con il quale si propone l’azione di annullamento è un “atto di citazione” mentre l’attuale art. 1137 menziona il “ricorso” alla autorità giudiziaria. Fino ad ora l’orientamento giurisprudenziale in materia si poteva riassumere in questo senso: solo alle azioni di annullamento si considerava applicabile l’art. 1137 (ossia il “ricorso” mentre per quelle di nullità si poteva usare sia il ricorso sia la citazione). Sono però recentemente intervenute le Sezioni Unite della Cassazione le quali, con sentenza 14 aprile 2011 n. 8941, hanno statuito che l’art. 1137 c.c. non disciplina la forma delle impugnazioni delle delibere condominiali che vanno pertanto proposte con citazione, in applicazione della regola di cui all’art. 163 c.p.c. Del resto con la medesima sentenza le SS.UU. hanno precisato che una domanda di annullamento proposta con ricorso depositato, e non anche notificato, nei trenta giorni stabiliti dall’art. 1137 è da ritenersi valida perchè l’adozione della forma del ricorso non esclude l’idoneità al raggiungimento dello scopo di costituire il rapporto processuale che sorge con il deposito in cancelleria. D’ora in poi, al contrario, specificando la riforma in esame che si deve adire l’Autorità Giudiziaria con atto di citazione, non si dovrà più utilizzare la forma del “ricorso” ma solo quella della “citazione”. Quanto al termine temporale per la proposizione della impugnazione la norma in esame specifica che si 14 tratta di trenta giorni e di termine perentorio, che dunque non può essere abbreviato o prorogato, nemmeno sull’accordo delle parti. Resta fermo il principio per cui la delibera è eseguibile da parte dell’Amministratore fino a quando il Giudice non ne ordina la sospensione. L’art. 1137 in esame conferma infatti che l’azione di annullamento non sospende l’esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità giudiziaria. Viene altresì precisato che l’istanza per ottenere la sospensione proposta prima dell’inizio della causa di merito non sospende né interrompe il termine per la proposizione dell’impugnazione della deliberazione. Milano - Duomo, l’interno l’amministratore Speciale Da ultimo, si ricorda che la materia della impugnazione delle delibere assembleari sarà soggetta alla obbligatorietà della mediazione finalizzata alla conciliazione di cui al D.Lgs 4/3/2010 n. 28 se verrà confermata la applicabilità della normativa medesima alle controversie condominiali a partire dal marzo 2012. RISCOSSIONE DEI CONTRIBUTI (art. 63 disp. att. c.c., 1° comma) Il 1° comma dell’articolo in esame ribadisce in primo luogo la possibilità dell’Amministratore di ottenere dalla Autorità Giudiziaria competente (Giudice di Pace, se il credito ha valore non superiore a 5.000,00 euro, oppure Tribunale) un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo nonostante opposizione. In secondo luogo la norma in esame precisa espressamente, ed ex novo, che l’Amministratore può chiedere l’emissione del citato decreto senza bisogno dell’autorizzazione dell’assemblea: circostanza questa che, del resto, era già stata confermata dalla giurisprudenza. Le disposizioni appena viste vanno coordinate con quelle di cui all’art. 1130 n. 3 a norma del quale l’Amministratore “deve” riscuotere i contributi, e con quella contenuta all’art. 1129, 9° comma ai sensi del quale, salvo espressa dispensa da parte dell’assemblea, l’Amministratore “è tenuto” ad agire, anche ai sensi dell’art. 63 disp. att. 1° comma, per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro 4 mesi dal momento in cui il credito è divenuto esigibile. Se non agisce tale termine l’Amministratore risponde dei danni a lui imputabili per il ritardo. Deve dunque concludersi che: - è posto in capo all’Amministratore l’obbligo di agire nei confronti dei soggetti morosi, entro il termine di 4 mesi dal momento in cui il credito diventa esigibile: ossia dalle singole date in cui sono scaduti i termini di pagamento delle rate risultanti dai riparti approvati dall’assemblea; - l’Amministratore non ha bisogno della autorizzazione assembleare per agire giudizialmente, mentre ha bisogno della espressa dispensa da parte dell’assemblea in ogni caso in cui si ritenesse opportuno e conveniente agli interessi del Condominio rinviare l’azione giudiziaria ad un momento successivo al suindicato termine di 4 mesi. Essendo la norma inderogabile, dunque non essendo possibile la sua modifica, nel senso di creare una dispensa generale oppure prevedere criteri di valutazione e tempi di intervento diversi da quelli indicati dalla legge, neppure con la unanimità dei consensi di tutti i partecipanti al condominio, sarà onere dell’Amministratore, ogni qualvolta lo riterrà opportuno, richiedere all’assemblea espressa “dispensa” con riferimento al singolo specifico caso di morosità; - l’azione giudiziaria che l’Amministratore può intraprendere può essere di qualsiasi genere, quindi anche una azione civile ordinaria, oltre allo speciale procedimento di ingiunzione (indicato nell’art. 63, l’amministratore ANACIDAY disp. att. in esame) che, come già detto, garantisce tempi decisamente più brevi nonchè l’ottenimento di un titolo che si può immediatamente eseguire; - modalità e tempi della riscossione di cui sopra non si riferiscono solo ai contributi dovuti dai condomini in base agli stati di riparto approvati dall’assemblea ma anche alle sanzioni irrogate a norma dell’articolo 70; - i soggetti contro i quali l’Amministratore può/deve agire sono “gli obbligati” ossia tutti coloro che, pur non essendo condomini ossia partecipanti al condominio quali proprietari di unità immobiliari, sono comunque tenuti a rispondere direttamente nei confronti del Condominio (es. usufruttuari e conduttori, in solido con i proprietari, art. 67 disp. att.). IL SUBENTRO NEI DIRITTI DEL CONDOMINO (art. 63, 4° e 5° comma disp. att. c.c.) L’art. 63, 2° comma testo vigente stabilisce che chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidalmente con questo, al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente. La giurisprudenza ha precisato che deve intendersi anno di esercizio e non anno solare. Ugualmente la giurisprudenza è intervenuta con varie pronunzie in merito ai criteri di imputazione delle diverse spese condominiali in capo ai soggetti che si succedono nella intestazione del diritto, fornendo diversi orientamenti. 15 Speciale Il 4° comma del testo riformato mantiene immutata la disposizione per la quale “chi subentra nei diritti di un condomino” ossia qualsiasi soggetto che, per qualsiasi titolo (atto tra vivi a titolo gratuito od oneroso, atto mortis causa) subentra nella titolarietà dei diritti del condomino suo dante causa, “è obbligato solidalmente con questo” con conseguente possibilità del Condominio di rivolgersi indifferentemente sia al precedente condomino sia al condomino attuale, “al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente” intendendosi, in mancanza di nuove precisazioni al riguardo, che si tratta dell’anno di esercizio condominiale e non dell’anno solare. Il 5° comma aggiunge una ulteriore ipotesi di responsabilità, prevedendo che chi cede diritti su unità immobiliari, resta obbligato solidalmente con il suo cessionario/ avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’Amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto. Sembra dunque trattarsi di una responsabilità solidale tra il precedente condomino e quello attuale, che va ad aggiungersi a quella prevista nel precedente 4° comma. La lettura delle disposizioni in esame fa infatti ritenere che il cedente/dante causa resta obbligato in solido non solo per i contributi maturati sino alla data del subentro/cessione/trasferimento, ma addirittura anche per quei contributi successivi maturati fino al momento in cui viene trasmessa all’Amministratore copia autentica del 16 titolo che determina il trasferimento del diritto. Nulla disponendo la normativa in esame, è da ritenersi valido anche in questo caso il principio della “ambulatorietà passiva” , per cui il cedente potrà rivalersi sul cessionario in caso di pagamento di somme a quest’ultimo spettanti. Si ricorda a tale proposito, che l’art. 1130 n. 6, secondo la proposta di legge in esame, prevede che l’Amministratore deve: “curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare nonchè ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza. Ogni variazione dei dati deve essere comunicata all’Amministratore in forma scritta entro sessanta giorni. L’Amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l’Amministratore acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili. Considerata la sussistenza della responsabilità solidale di cui al 5° comma in esame, sarà interesse del condomino “uscente” comunicare tempestivamente all’Amministratore l’avvenuto trasferimento della proprietà. l’amministratore ANACIDAY USUFRUTTUARI E CONDUTTORI (art. 67, 6° e 7° comma disp.att. c.c.) A norma dell’art. 67, 3° e 4° comma, testo vigente, l’usufruttuario esercita il diritto di voto negli affari che attengono alla ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni; spetta invece al proprietario il diritto di voto nelle delibere che riguardano innovazioni, ricostruzioni od opere di manutenzione straordinaria delle parti comuni dell’edificio. L’istituto dell’usufrutto è regolato nel codice civile agli articoli da 981 a 1020. L’usufruttuario ha diritto di godere della cosa, traendone ogni utilità, con l’obbligo però di rispettarne la destinazione economica. La ripartizione del carico delle spese tra nudo proprietario ed usufruttuario è disciplinata dagli articoli 1004 e 1005 codice civile. Contrariamente a quanto previsto per i comproprietari, la giurisprudenza ha precisato che non esiste solidarietà tra nudo proprietario ed usufruttuario nei confronti del condominio (Cass. 28 agosto 2008 n. 21744). La riforma contiene novità rilevante prevista per gli usufruttuari e, in loro vece ove sussistono, i conduttori: la norma in esame prevede che, salvo patto contrario, essi esercitano il diritto di voto nelle deliberazioni che attengono all’ordinaria amministrazione e al godimento delle cose e dei servizi comuni. E, ciò che più importa, la norma in esame stabilisce che essi sono direttamente obbligati a concorrere nelle relative spese in solido con i proprietari. Speciale Nelle altre deliberazioni, il diritto di voto spetta ai proprietari, salvi i casi in cui l’usufruttuario intenda avvalersi del diritto di cui all’articolo 1006 del codice (diritto di far eseguire le riparazioni poste a carico del proprietario che si rifiuta di eseguire o ne ritarda l’esecuzione, con diritto di rimborso alla fine dell’usufrutto senza interesse) ovvero si tratti di lavori od opere ai sensi degli articoli 985 e 986 del codice (miglioramenti e addizioni, per i quali l’usufruttuario ha diritto a indennità). In tutti questi casi l’avviso di convocazione deve essere comunicato sia all’usufruttuario sia al nudo proprietario. Mentre l’ambito dell’esercizio del diritto di voto da parte degli usufruttuari resta immutato rispetto al codice attuale, la riforma in esame aggiunge quali aventi diritto al medesimo voto i “conduttori” ove sussistano. Non si trova più nella norma in esame la precisazione, già contenuta nel codice, che il proprietario ha diritto di voto nelle delibere che riguardano innovazioni, ricostruzioni o manutenzione straordinaria. Del resto, avendo con chiarezza precisato che gli usufruttuari ed i conduttori hanno diritto di voto in materia di ordinaria amministrazione e di godimento delle cose e dei servizi comuni, e ferma restando l’applicazione degli articoli 1004 e 1005 codice civile (nonchè dell’art. ANACIDAY 1006 espressamente richiamato dalla norma in esame) l’ambito di competenza degli usufruttuari può considerarsi sufficientemente individuato. Per quanto riguarda i conduttori, l’ambito di loro competenza è chiaramente espresso nella norma in esame, che va coordinata con l’art. 10 Legge 392/1978 che stabilisce a favore del conduttore il diritto di voto in luogo del proprietario nelle delibere relative alle spese e alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento dell’aria. Il conduttore ha poi anche il diritto di intervenire, senza diritto di voto, sulle delibere relative alla modificazione degli altri servizi comuni. Via G. Leopardi, 27 - 20123 Milano - Tel. + 39.015.0157186 www.hydrocorporation.it - e-mail: [email protected] RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI RIQUALIFICAZIONE CENTRALI TERMICHE INSTALLAZIONE VALVOLE TERMOSTATICHE CONTABILIZZAZIONE DEL CALORE Installatori specializzati: COSTER OVENTROP Concessionario UNICAL SONTEX (aPLUKHJLY[PÄJH[H UNI EN ISO 9001:2008 Installatori caldaie delle migliori marche, pannelli solari, impianti fotovoltaici, impianti a biomassa, climatizzazione l’amministratore 17 Speciale ANACIDAY IL DECORO ARCHITETTONICO Giacomo Rota 1. Introduzione e riferimenti normativi Nella disciplina del codice civile sul condominio negli edifici vi è una “clausola generale”, in tema di innovazioni vietate (art. 1120, comma 2, cod. civ.), in forza della quale sono illecite quelle trasformazioni o addizioni di natura edilizia che, sebbene “dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni”, siano tuttavia suscettibili di alterare “il decoro architettonico” del fabbricato. L’art. 1120 del codice civile prende in considerazione l’aspetto del decoro architettonico come una caratteristica essenziale dell’edificio condominiale, tanto da porlo allo stesso livello della sicurezza e della stabilità dell’edificio stesso nel vietare le innovazioni che possono alterarlo. Il legislatore, però, non precisa la nozione di decoro architettonico dell’edificio, limitandosi ad invocare tale generale parametro di natura estetica come limite invalicabile alle opere eseguibili dai condomini sui beni comuni. Si pone quindi, in talune situazioni, una sorta di conflitto tra estetica del fabbricato e facoltà, pur attribuita ai condomini dall’art. 1120 cod. civ., di innovare gli impianti e i servizi comuni, in modo che gli stessi possano corrispondere all’attuale stato della tecnica e quindi rimanere “al passo” con lo sviluppo culturale e scientifico del tempo. L’articolo 1120 cod. civ. contempla un “valore” estetico che l’interpretazione teorica e pratica ha sempre ricondotto nell’ambito del singolo edificio, isolatamente considerato, rientrante nel patrimonio esclusivo dei proprietari delle unità immobiliari ricomprese in quell’edificio. Tale disposizione esplicita un limite che trova, in realtà, applicazione ben oltre il tema delle innovazioni in senso stretto. Non si dubita, infatti, che anche l’art. 1122 cod. civ., laddove vieta le opere sull’unità immobiliare in proprietà esclusiva “che rechino danno alle parti comuni dell’edificio”, richiami implicitamente il limite generale del decoro architettonico, quale valore intangibile proprio dell’intero fabbricato. Si ritiene, infatti, che il concetto di danno cui fa riferimento l’art. 1122 cod. civ. comprende anche il danno conseguente alle opere che elidono o riducono apprezzabilmente le utilità ritraibili dalla cosa comune, “anche se di ordine edonistico od estetico”.1 È pacifico che anche il mero uso del bene comune, comprendente ai sensi dell’art. 1102 cod. civ. l’eventuale apporto di talune “modificazioni necessarie”, incontra il limite costituito dal decoro architettonico. La prescrizione espressa, contenuta nell’art. 1102, che non deve essere alterata “la destinazione” della cosa comune, dovrebbe infatti senz’altro implicare anche l’intangibilità dell’estetica dell’edificio, come qualità peculiare che costituisce la risultante della conformazione di taluni beni condominiali. Il decoro architettonico è, quindi, deducibile dal sistema dei rapporti condominiali come limite operante non solo per le deliberazioni assembleari volte ad introdurre innovazioni nei beni comuni ma anche per le opere compiute dai singoli nelle porzioni in proprietà esclusiva e per il godimento particolare della stessa cosa comune. In altri casi il legislatore non ha richiamato specificamente i limiti stabiliti dall’art. 1120 cod. civ. e, tuttavia, essi possono ritenersi senz’altro applicabili in sede di interpretazione sistematica a conferma, quindi, del ruolo fondamentale che assume la clausola generale di intangibilità del decoro architettonico nella disciplina della proprietà degli edifici in situazione di condominio, anche a fronte di trasformazioni edilizie sollecitate da evidenti ragioni sociali. Il legislatore, inoltre, pur non fornendo alcuna specificazione della nozione dell’estetica del fabbricato, rimette però al regolamento di condominio la previsione di “norme per la tutela del decoro dell’edificio” 1 Cass. 27 aprile 1989 n. 1947 (in Arch. loc. cond., 1989, 463 e Giust. Civ., 1989, I, 2631, con nota di M. DE TILLA, Le questioni (e gli equivoci) in tema di decoro ed aspetto architettonico dell’edificio condominiale con particolare riferimento alla veranda costruita sulla terrazza comune. 18 l’amministratore Speciale ANACIDAY (art. 1138, comma 1, cod. civ.). Prescrizioni a tutela dell’estetica del fabbricato possono infatti essere previste nei regolamenti c.d. contrattuali in quanto manifestazioni dell’autonomia negoziale e come tali approvati con il consenso unanime dei partecipanti, in sede assembleare o, più frequentemente, al momento dell’acquisto di ciascuna unità immobiliare mediante l’esplicito richiamo alla disciplina predisposta dall’originario proprietario dell’intero edificio.2 L’ultimo comma dell’art. 1138 cod. civ. contempla l’art. 1120 – e, quindi, anche il divieto, ivi stabilito, di alterazione del decoro architettonico – tra le disposizioni che non possono essere derogate dal regolamento di condominio. La giurisprudenza consolidata della Suprema Corte di Cassazione argomenta, in particolare, dalla formulazione in senso assoluto di tale intangibilità (“le norme del regolamento…in nessun caso possono derogare alle disposizioni degli artt…”) per affermare che anche il regolamento c.d. contrattuale non può modificare le disposizioni fondamentali richiamate dall’ultimo comma dell’art. 1138. Un limite estetico peculiare è, infine, imposto dall’art. 1127 cod. civ. per le elevazioni di “nuovi piani o nuove fabbriche” sulla copertura dell’edificio: i condomini possono, infatti, opporsi alla sopraelevazione “se questa pregiudica l’aspetto architettonico dell’edificio”. Si tratta di un’altra “clausola generale”, che la giurisprudenza si è ingegnata a differenziare da quella del decoro architettonico, così delineando per le sopraelevazioni un parametro estetico specifico rispetto alla disciplina delle innovazioni (v. infra punto 3). 2. Definizione del decoro architettonico Pur non essendo espressamente citato nell’art. 1117 cod. civ., il decoro architettonico è sicuramente uno di quei beni comuni che interessa maggiormente il condominio, in quanto il suo difficile inquadramento teorico rende problematica anche la riconoscibilità di una sua lesione e/o la legittimità di una modifica. In assenza di una specificazione normativa, la definizione della clausola generale del decoro architettonico, quale valore conformativo della proprietà degli edifici in situazione di condominio, si è da tempo consolidata nella giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione. Rimane ancora inalterata la direttiva nomofilattica secondo cui “il decoro architettonico di un edificio, che in misura più o meno rilevante ed ampia sussiste per tutti gli edifici, e anche per quelli di carattere popolare, risulta dall’insieme delle linee e dei motivi architettonici e ornamentali che costituiscono le note uniformi dominanti ed imprimono alle varie parti dell’edificio stesso nel suo insieme, dal punto di vista estetico, una determinata fisionomia, unitaria ed armonica, e dal punto di vista architettonico una certa dignità più o meno pregiata e più o meno apprezzabile. Esso è opera particolare di colui che ha costruito l’edificio e di colui che ha redatto il progetto, ma una volta ultimata la costruzione costituisce un bene cui sono direttamente interessati tutti i condomini e che concorre a determinare il valore sia delle proprietà individuali che di quella collettiva sulle parti comuni”.3 Il decoro architettonico, quindi, non costituisce una qualità eventuale bensì un valore connaturale all’esistenza stessa di un edificio come tale. Non si tratta di un valore assoluto, ma deve essere misurato in relazione alle caratteristiche specifiche del singolo fabbricato, il quale possiede una propria ed unica dignità estetica. Ne consegue che il decoro architettonico è un bene non cedibile, non perché è un bene immateriale, quanto perché intimamente unito alla struttura del fabbricato. Si è poi, in particolare, argomentato che il termine decoro, “pur consistendo necessariamente in una qualità positiva, è riscontrabile sia in un edificio privo di particolari pregi artistici (in tale ipotesi il decoro è sinonimo di dignità, qualità non incompatibile, così come in una persona, con la modestia) che, a maggior ragione, in un edificio ricco di siffatti pregi”. 4 Nel condominio il decoro architettonico costituisce poi una qualità coessenziale al contesto edilizio in cui ciascuna unità immobiliare si inserisce. 2 In tali casi la giurisprudenza costante sottolinea anzi che la tutela del decoro architettonico può essere più intensa ed incidere più severamente sui diritti dei singoli partecipanti. 3 Cass. 13 luglio 1965 n. 1472. 4 Cfr. la motivazione di Cass. 28 novembre 1987 n. 8861. l’amministratore 19 Speciale ANACIDAY La Suprema Corte di Cassazione5 ha difatti identificato l’alterazione del decoro architettonico non in tutte le opere che producono un mutamento delle originarie linee architettoniche dell’edificio, ma in quelle che si riflettono negativamente sul suo aspetto armonico. Questo rilievo vale, tuttavia, per la sola esistenza del decoro: muta, infatti, da un edificio all’altro la rilevanza che assume tale valore nell’assetto dei beni comuni a seconda del pregio estetico di ciascuno stabile; così come l’intensità del valore architettonico varia in relazione dell’originalità delle soluzioni costruttive adottate, della tipologia edilizia, dell’epoca storica cui risale la costruzione e, di conseguenza, più o meno incisiva è la tutela della dignità architettonica a fronte delle iniziative manipolative dei singoli condomini o dell’assemblea. Nel ricostruire il decoro proprio di ciascun edificio occorre pertanto individuare “le linee” dell’aspetto esteriore ed i “motivi architettonici ed ornamentali” che si ripetono come “note uniformi dominanti” e che, quindi, contrassegnano la “fisionomia, unitaria ed armonica” dell’intero fabbricato. A tale fisionomia inerisce sempre una certa “dignità” estetica, che muta solo per grado o intensità. È necessario, quindi, guardare il contesto unitario in cui sono comprese le singole porzioni immobiliari al fine di trovare le caratteristiche di uniformità e di armonia dei prospetti dell’edificio. La giurisprudenza ha, tuttavia, precisato che ciascun prospetto del fabbricato, in ragione delle sue caratteristiche di visibilità, può essere oggetto di autonoma considerazione, e che un’alterazione del decoro architettonico può derivare anche da una modificazione interessante, in via immediata, solo “singoli elementi o singoli punti del fabbricato”, ma suscettibile, tuttavia, di riflettersi negativamente sull’insieme dell’aspetto esteriore dell’edificio.6 2.1. Il decoro architettonico come bene economico La fisionomia architettonica di ciascun edificio una volta realizzata diviene parte integrante del fabbricato, come qualità propria di esso: come tale, quindi, contribuisce a determinare il valore economico di tutte le unità immobiliari comprese nell’edificio e dei beni in situazione di condominio.7 Il decoro architettonico rappresenta quindi un valore immateriale ma patrimonialmente rilevante, riguardante unitariamente l’intero fabbricato in sé considerato, a prescindere dal contesto urbano ed ambientale in cui è inserito. L’art. 1120 cod. civ. invero tutela il diritto dei condomini a non vedere turbato lo stile o le linee architettoniche o il decoro dell’edificio condominiale in cui è posta la rispettiva proprietà, e non l’interesse pubblico di carattere urbanistico a vedere conservato il decoro degli edifici di una determinata zona.8 Col tempo nella giurisprudenza il risvolto strettamente “patrimoniale” del decoro architettonico ha assunto una sua propria autonomia rispetto al suo referente estetico. Il divieto sancito dall’art. 1120, comma 2, cod. civ., infatti, “non significa che qualsiasi opera la quale implichi una modificazione del primitivo aspetto esteriore dello stabile debba considerarsi vietata a priori ed in senso assoluto”, dovendosi piuttosto contemperare il criterio estetico con quello utilitario.9 L’estetica del fabbricato è un bene in senso giuridico, termine, quest’ultimo, che identifica qualsiasi entità materiale o immateriale giuridicamente rilevante e giuridicamente tutelata. In detta accezione, l’estetica del fabbricato è un bene che appartiene (è di proprietà) di tutti i condomini, un bene suscettibile di valutazione economica, come ha avuto modo di affermare la Suprema Corte di Cassazione con decisione n. 6640 del 31 luglio 1987, ivi precisando che l’aspetto esteriore dell’edificio concorre a determinare il valore sia della proprietà individuale sia il valore della quota di proprietà collettiva. Il nostro legislatore ha appunto ritenuto di dover vietare tutte quelle innovazioni che si sarebbero risolte in un sensibile deprezzamento del valore del fabbricato e delle singole unità di proprietà esclusiva componenti il 5 Cass. 19 giugno 2009 n. 14455: “Ai fini della tutela prevista dall’art. 1120, secondo comma, cod. civ. in materia di divieto di innovazioni sulle parti comuni dell’edificio condominiale, non occorre poi che il fabbricato, il cui decoro architettonico sia stato alterato dall’innovazione abbia un particolare pregio artistico, né rileva che tale decoro sia stato già gravemente ed evidentemente compromesso da precedenti interventi sull’immobile, ma è sufficiente che vengano alterate, in modo visibile e significativo, la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono al fabbricato una propria specifica identità”. 6 Cass. 29 luglio 1995 n. 838, nonché Cass. 3 settembre 1998 n. 8731. 7 Cass. 1472/65, Cass. 31 luglio 1987 n. 6640, in Arch. loc. cond., 1987, 641. 8 Cass. 25 gennaio 1999 n. 668 9 Cass. 26 luglio 1962 n. 2134. 20 l’amministratore Speciale ANACIDAY fabbricato stesso. Della rilevanza economica e giuridica si è occupata la Suprema Corte di Cassazione,10 affermando il principio secondo il quale il decoro architettonico degli edifici è tutelato dalla legge in considerazione della diminuzione di valore che può subire l’edificio. La medesima Corte precisa ulteriormente che devesi ritenere lecito il mutamento estetico che non cagioni un pregiudizio economicamente valutabile o che, pur arrecandolo, si accompagni a un’utilità la quale compensi l’alterazione architettonica che non sia di grave e appariscente entità.11 Occorre, in altre parole, verificare se una lieve alterazione del decoro architettonico sia compensata da un aumento di valore dell’intero edificio determinato proprio dalla nuova opera.12 L’alterazione dell’estetica e dell’architettura di un edificio, laddove comporti una non insignificante perdita di valore dell’edificio stesso, è perseguibile dai condomini sia che attenga a opere eseguite su parti comuni, quanto nell’ipotesi riguardi lavori eseguiti su parti di proprietà esclusiva. Rileva, in ogni caso, anche l’aumento di valore che lo stabile consegue a motivo dell’esecuzione di dette opere, posto che se a una perdita di valore per danno estetico corrisponde un aumento di valore superiore alla perdita in virtù dell’impianto, servizio o innovazione realizzata, l’equo contemperamento degli interessi conduce a una dichiarazione di legittimità dell’intervento stesso. L’aumento di valore correlato all’intervento innovativo, in ogni caso, non deve essere valutato con riferimento alla singola unità abitativa bensì al fabbricato nel suo complesso, non potendosi giustificare lesioni del decoro architettonico dell’intero stabile a fronte di un aumento di valore della singola proprietà immobiliare privata che, ad esempio, si è dotata di impianti prima inesistenti. Il profilo “patrimoniale” viene, quindi, espressamente considerato un connotato essenziale ed ulteriore rispetto a quello strettamente “estetico” ai fini dell’integrazione della nozione di decoro architettonico. Tuttavia, tale orientamento della Corte di Cassazione viene temperato dalla precisazione che nell’ipotesi di mutamento estetico obiettivamente rilevante deve ritenersi insito nel pregiudizio estetico quello economico, con conseguente esonero del giudice del merito dall’obbligo di un’espressa ed analitica motivazione su entrambi i profili.13 Si giunge anche a configurare un danno economico presunto in ogni caso in cui la modifica non sia del tutto trascurabile e non abbia arrecato anche un vantaggio, escludendosi la necessità di una espressa motivazione sui riflessi economici “tutte le volte in cui non sia stato espressamente eccepito e provato che la modifica ha anche arrecato un vantaggio economicamente valutabile” (Cass. 6 ottobre 1997 n. 9717). Secondo quest’ultimo arresto, quindi, il risvolto patrimoniale rimane di regola assorbito in quello strettamente estetico, salvo la prova, a carico dell’autore della modificazione, che sia stata apportata una utilità compensativa della ferita inferta all’originaria fisionomia del fabbricato. In dottrina si è sostenuto, in difformità dai richiamati orientamenti della Suprema Corte, che “il criterio estetico non può essere identificato e confuso con quello utilitario, nel senso che, se non si riduce in un pregiudizio economicamente valutabile, non dovrebbe essere decisivo”: tale tesi però sarebbe “troppo materialista” in 10 Cass 28 novembre 1987 n. 4474, secondo cui deve ritenersi “lecito il mutamento estetico che non cagioni un pregiudizio economicamente valutabile o che, pur arrecandolo, si accompagni a un’utilità la quale compensi l’alterazione architettonica che non sia di grave e appariscente entità”. La sentenza della Suprema Corte di Cassazione 27 ottobre 2003 n. 16098 viene successivamente a statuire che la lesione del decoro architettonico può concretizzarsi non solo in una modifica sostanziale o rilevante delle linee o delle strutture fondamentali dell’edificio, bensì anche in una modifica di singole parti o elementi dell’edificio stesso i quali siano dotati di sostanziale autonomia. Infine si veda Cass. 30 agosto 2004 n. 17398 che ha espresso l’ulteriore principio secondo il quale, anche in un fabbricato caratterizzato da una linea armonica estremamente semplice, una volta accertata una modifica di natura estetica la quale incida in modo sensibile su detta linea, in ipotesi detta modifica non abbia valenza ripristinatoria o migliorativa dell’originaria fisionomia dovrà ritenersi l’intervento che ha provocato la modifica illegittimo, essendo al riguardo del tutto ininfluente l’accertamento del risultato estetico della modifica, che dovrà quindi essere dichiarata non consentita anche se possa a taluno apparire gradevole. 11 Cass. 15 maggio 1987 n. 4474, in Arch. loc. cond., 1987, 478. 12 Cass. 13 luglio 1965 n. 1472. 13 Cass. 4 aprile 1981 n. 1918; Cass. 15 aprile 2002 n. 5417; Cass. n. 12343/2003. l’amministratore 21 Speciale ANACIDAY quanto il decoro di un palazzo signorile dovrebbe essere salvaguardato come valore in sé e non per fini speculativi.14 Per G. BRANCA occorre contemperare i due criteri, per cui “se l’innovazione, poco dispendiosa, accresce grandemente l’utilità dell’edificio senza alterarne troppo crudamente il decoro architettonico, la maggioranza può disporla: il pregiudizio estetico è scarso, il vantaggio è grande, dunque la collettività non ne soffre”.15 L’autore condivide l’indirizzo interpretativo alla stregua del quale la nuova opera può essere vietata solo se turba l’unità di stile e di linea in maniera apprezzabile, traducendosi anche in un deprezzamento dell’edificio: indirizzo che viene spiegato come reazione all’estrema rigidità del previgente art. 8 R.D.L. del 1934, che vietava addirittura l’alterazione dell’“aspetto architettonico” e, quindi, secondo la lettera, qualsiasi mutamento dell’originario assetto. 2.2. Ricostruzione dell’istituto del decoro architettonico Le richiamate oscillazioni nelle pronunce della Suprema Corte e nella stessa dottrina, relativamente al rapporto tra il connotato “patrimoniale” (o “utilitaristico”) e quello propriamente “estetico” della fisionomia esteriore di un edificio, riflettono, a ben vedere, una non univoca ricezione della nozione stessa di decoro architettonico. La dignità estetica del fabbricato consiste in una qualità, in un valore essenzialmente immateriale, benché suscettibile di essere stimato senz’altro in termini patrimoniali. Non esiste un vero danno “estetico” che non sia anche un pregiudizio patrimoniale, mentre la mancanza di un impatto architettonico esclude automaticamente un deprezzamento economico dell’intero edificio. Da tale nozione di decoro architettonico trae indubbio giovamento l’accertamento in sede giudiziale dell’eventuale illecita alterazione in quanto, non solo non è più necessaria una distinta motivazione in ordine a ciascuno dei due profili, estetico e patrimoniale, ma la verifica dell’uno può trovare sicuro indice dal riscontro dell’altro. Altro elemento di rilievo è il decorso del tempo, suscettibile di incrementare il valore architettonico dell’edificio, dotando talvolta di pregio estetico costruzioni che pur erano apparse del tutto ordinarie agli osservatori contemporanei. Per contro, l’evolversi degli standard abitativi però rende tollerabile che gli edifici preesistenti si adeguino all’evoluzione delle esigenze abitative anche a costo di subire talune modificazioni nell’originario assetto del fabbricato: il diffondersi degli impianti tecnologici, destinati a rendere più sicura, confortevole e agiata l’abitazione, implica infatti condizionamenti sempre più invadenti nella progettazione dei nuovi edifici ed incide notevolmente anche sull’adeguamento di quelli preesistenti. Oltretutto si pone la questione, ai fini della eventuale lesione del decoro architettonico, del rilievo dei precedenti interventi edilizi che abbiano già fortemente influito sull’originario stato complessivo dell’immobile, nonché il dubbio se possano venire in rilievo anche altri fattori, quali lo stato complessivo del fabbricato od il suo eventuale apprezzamento/deprezzamento economico a seguito della realizzazione degli interventi oggetto di volta in volta di censura. A questo proposito, ad una giurisprudenza non isolata e più restrittiva16 se ne contrappone una più recente17 che ha ripercorso l’intera materia e che ha sostenuto tra l’altro: 1) che il decoro architettonico, inteso quale estetica data dall’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante dell’edificio imprimendo allo stesso una sua armoniosa fisionomia, va valutato, ai sensi dell’art. 1120, secondo coma, c.c., con riferimento al fabbricato condominiale nella sua totalità (potendo comunque anche interessare singoli punti del fabbricato purché l’immutazione di essi sia suscettibile di riflettersi sull’intero stabile) e non rispetto 14 A. VISCO, Le Case in condominio, trattato teorico-pratico, 1976, 279. 15 BRANCA (in Commentario Scialoja-Branca, Comunione-Condominio negli edifici, 1982, pag. 432). 16 Cass. 19 giugno 2009 n. 14455 secondo la quale “Ai fini della tutela prevista dall’art. 1120, secondo comma, cod. civ. in materia di divieto di innovazione sulle parti comuni dell’edificio condominiale, non occorre che il fabbricato, il cui decoro architettonico sia stato alterato dall’innovazione abbia un particolare pregio artistico né rileva che tale decoro sia stato già gravemente ed evidentemente compromesso da precedenti interventi sull’immobile, ma è sufficiente che vengano alterate, in modo visibile e significativo, la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono al fabbricato una propria specifica identità”. 17 Cass. 25 gennaio 2010 n. 1286. 22 l’amministratore Speciale ANACIDAY all’impatto con l’ambiente circostante; 2) che l’alterazione del decoro deve essere apprezzabile, trattandosi di trovare una situazione di equilibrio tra gli interessi contrapposti della comunità dei condomini e del singolo condomino che ha agito nella sua proprietà esclusiva; 3) che l’apprezzabilità dell’alterazione del decoro architettonico deve tradursi in un pregiudizio economico che comporti un deprezzamento sia dell’intero fabbricato che delle singole porzioni in esso comprese, per cui, sotto tale profilo, è necessario tener conto dello stato estetico del fabbricato al momento in cui l’innovazione viene posta in essere; 4) che la mancanza di pregio dello stabile interessato dalle innovazioni non esclude di per sé che possa sussistere un’alterazione apprezzabile del decoro architettonico. Tale ultimo arresto giurisprudenziale, a conferma della prevalenza di una concezione “dinamica” del decoro architettonico, cerca di contemperare gli opposti interessi della collettività condominiale da una parte e del singolo condomino che ha realizzato l’intervento edilizio sulle parti comuni dall’altra, e attribuisce rilevanza, al fine del giudizio di eventuale lesione del decoro architettonico, non solo all’attuale stato in cui si trova la parte comune a seguito dell’eventuale stratificarsi nel tempo dei vari interventi edilizi che l’hanno via via interessata, dovendosi dare rilievo unicamente allo stato estetico del fabbricato al momento in cui l’innovazione viene posta in essere, ma anche all’eventuale pregiudizio economico scaturente dall’intervento edilizio di volta in volta oggetto di censura ed al conseguente deprezzamento sia dell’intero fabbricato che delle singole porzioni in esso comprese. 2.3. Interesse tutelato Nell’analisi della disciplina delle innovazioni c.d. vietate (art. 1120, comma 2, cod. civ.) il limite inerente al decoro architettonico è stato contrapposto a quello costituito dal diritto di uso del singolo condomino, in quanto il primo attiene alla tutela della collettività condominiale mentre l’altro all’interesse del singolo partecipante. In realtà la disciplina sulle innovazioni vietate ha una ratio uniforme, quella cioè di tutelare le singole unità immobiliari: la distinzione sarebbe solo in ciò, che nell’alterazione del decoro architettonico il pregiudizio riguarda tutte le porzioni immobiliari mentre la lesione del diritto di uso coinvolge solo talune di esse. A sostegno di questa teoria c.d. atomistica si argomenta che, se fosse implicato un interesse collettivo, ascrivibile alla compagine condominiale, sarebbe stato consentito all’assemblea di valutare la rispondenza dell’innovazione al presunto interesse del gruppo, mentre lo scopo dell’art. 1120, comma 2, sembra essere, al contrario, proprio quello di inibire ad una qualsiasi maggioranza di approvare determinate innovazioni. I limiti alle innovazioni fissati dall’art. 1120 cod. civ. sono, poi, suscettibili di essere superati con il consenso di tutti i partecipanti al condominio, nell’esplicazione della rispettiva autonomia negoziale, sempreché non siano infrante norme di ordine pubblico (come sono, pacificamente, quelle inerenti alla stabilità ed alla sicurezza dell’edificio). Anche il regolamento contrattuale incontra, comunque, il limite invalicabile costituito dal divieto di alterare il decoro architettonico, in virtù del combinato disposto degli artt. 1138, comma 4, e 1120, comma 2, cod. civ..18 L’assemblea quindi non può autorizzare un’opera lesiva del decoro architettonico dell’edificio né può a ciò abilitarla il regolamento condominiale, attesa l’inderogabilità prevista dall’art. 1138, ultimo comma, cod. civ. in relazione all’art. 1120 cod. civ..19 L’autorizzazione assembleare, laddove prevista, può quindi atteggiarsi come condizione bensì “necessaria” per le iniziative modificatrici della facies dell’edificio ma non “sufficiente” ad escludere la successiva verifica, in sede giurisdizionale, della compatibilità dell’opera in contestazione con il valore inderogabile del decoro architettonico, così come eventualmente precisato ed integrato nella disciplina del regolamento di condominio. In particolare, in dottrina, G. BRANCA riconosce che i condomini “unanimemente e caso per caso, possano disporre innovazioni da cui sia alterato il decoro architettonico” così rinunciando “di volta in volta ai propri diritti”.20 18 Cass. 26 maggio 1990 n. 4905. 19 Cass. 15 gennaio 1986 n. 175, in Riv. giur. edil., 1986, I, 324 e Arch. loc. cond., 1986, 256. 20 Commentario SCIALOJA-BRANCA, Comunione-Condominio negli edifici, 1982, pag. 438; in senso conforme F. GIRINO, Trattato di diritto privato diretto da P. Rescigno, VIII, 2, Il Condominio negli edifici, 1982, 374; Salis, Trattato di dir. civ. it. diretto da Vassalli, V, 3, Il Condominio negli edifici, 1959, 141. l’amministratore 23 Speciale ANACIDAY Si ammette inoltre in giurisprudenza che un regolamento negoziale possa derogare e, in ogni caso, integrare la disciplina legale sulle innovazioni, fornendo specifici parametri per la individuazione del decoro estetico da salvaguardare.21 Per quanto concerne, tuttavia, la effettiva disponibilità del decoro estetico, può osservarsi che laddove l’edificio presenti peculiare valore storico-artistico deve configurarsi una limitazione di ordine pubblico all’alterazione della fisionomia estetica, in ragione dell’interferenza di profili di interesse generale, riconosciuti al livello costituzionale come meritevoli di tutela da parte dell’intera “Repubblica” (art. 9, comma 2, Cost.).22 Sotto il profilo civilistico, quindi, non solo una deliberazione dell’assemblea ma anche una unanime e formale manifestazione di volontà di tutti i partecipanti al condominio, volta ad apportare modifiche all’assetto esteriore di un edificio vincolato senza il rispetto delle imposte procedure di abilitazione (D.Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490, Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali), sarebbe inficiata da nullità per illiceità dell’oggetto (art. 1418, comma 2, 1346 cod. civ.). 3. L’aspetto architettonico 21 Cass. 28 novembre 1987 n. 8861. La giurisprudenza si è, in effetti, orientata nel senso che le innovazioni vietate possano essere approvate con il consenso unanime dei partecipanti al condominio, sia pure manifestato, a pena di nullità, in forma scritta (Cass. 8 giugno 1966 n. 1507; Cass. 7 novembre 1978 n. 5086; Cass. 4 luglio 1981 n. 4364). Si ammette, inoltre, la autonoma e persistente legittimazione ad agire di ciascun condomino, a tutela del decoro architettonico dell’edificio, nonostante l’inerzia e persino contro la volontà espressa dagli organi del condominio (Cass. 10 dicembre 1979 n. 6397). 22 L’articolo 117 Cost. precisa inoltre che la tutela in senso proprio dei beni culturali è rimessa alla legislazione esclusiva dello Stato, mentre la valorizzazione rientra nella potestà legislativa concorrente. Milano durante l’ultima nevicata 24 l’amministratore Speciale ANACIDAY Una “clausola generale” analoga a quella prevista dall’art. 1120 cod. civ. è formulata in tema di sopraelevazioni e si pone quale limite peculiare, quindi, rispetto a quello generale esplicitato in tema di innovazioni. L’art. 1127 cod. civ., infatti, dopo aver previsto il diritto del proprietario esclusivo dell’ultimo piano o del lastrico solare a “elevare nuovi piani o nuove fabbriche” (comma 1), stabilisce che gli altri condomini possono, tuttavia, “opporsi alla sopraelevazione se questa pregiudica l’aspetto architettonico dell’edificio” (comma 3). In quest’ultimo caso, a differenza della tutela di cui all’articolo 1120 del codice civile che è disposta in favore dei condomini dissenzienti a fronte di eventuale ipotetico esercizio arbitrario da parte della maggioranza, l’articolo 1127 del codice civile tutela tutti i condomini nella loro totalità di fronte all’esercizio di un potere insindacabile da parte del proprietario dell’ultimo piano. Si tratta, tuttavia, di un valore immateriale che presenta taluni connotati del tutto assimilabili a quelli del decoro architettonico: è una qualità di ogni pur modesto edificio, risultante dalla considerazione dell’intera struttura in tutte le sue articolazioni ed incidente, altresì, sulla valutazione economica delle unità immobiliari che vi sono comprese La giurisprudenza più risalente23 non coglieva, invero, una sostanziale diversità tra i due concetti di decoro ed aspetto architettonico, utilizzandoli quasi come una endiadi. In un secondo momento la Cassazione24 si è ingegnata a valorizzare la diversità delle espressioni utilizzate, rispettivamente, dagli artt. 1120 cod. civ. e 1127 cod. civ. Si è così affermato che l’“aspetto”, nel senso di facies o caratteristica principale con la quale una cosa appare a chi la osservi, “va inteso, se qualificato dall’aggettivo “architettonico”, come caratteristica insita nello stile architettonico adottato” e che “l’adozione, nella parte sopraelevata, di uno stile diverso da quello della parte preesistente dell’edificio, comporta normalmente un mutamento dell’aspetto architettonico complessivo percepibile da qualsiasi osservatore”. Da tale nozione viene distinta quella di “decoro architettonico”, da intendersi “come qualità positiva dell’edificio derivante dal complesso delle caratteristiche architettoniche principali e secondarie”. La diversa ricostruzione del limite di natura estetica viene, in particolare, giustificata con l’esigenza di fronteggiare diversi tipi di modificazioni edilizie. Essendo la sopraelevazione un’aggiunta quantitativa in senso verticale, l’accento viene posto sulla conservazione dello stile complessivo dell’edificio. Differentemente, l’innovazione è una trasformazione o addizione che può investire qualsiasi porzione, anche di modesta consistenza, dell’edificio ed è suscettibile di incidere non tanto sullo stile quanto su altre caratteristiche – come la simmetria o la proporzione tra le varie parti – integranti la fisionomia estetica dello stabile. Il concetto di “decoro” sembra, quindi, profilarsi come più ampio ed articolato, rispetto a quello di “aspetto”, in considerazione della maggiore varietà di collocazione e consistenza che può assumere l’innovazione rispetto alla sopraelevazione, con conseguente necessità di tener conto – per la prima ma non per la seconda – anche delle caratteristiche secondarie dell’edificio.25 La dottrina ha sottolineato la maggiore rigidità del parametro costituito dall’“aspetto architettonico” rispetto a quello previsto dall’art. 1120 cod. civ.: mentre, infatti, attraverso le innovazioni “il gruppo dei condomini può anche mutare l’architettura purché ne sostituisca una altrettanto decorosa”, nella sopraelevazione “il condomino, non potendo intervenire sull’intero fabbricato, non può mutare lo stile, costruendo per es. un piano in gotico su un edificio di stile classico o neoclassico”.26 Più recentemente è stato, tuttavia, escluso che tra lesione del decoro architettonico ai sensi dell’art. 1120 cod. civ. e lesione dell’aspetto architettonico ai sensi dell’art. 1127 cod. civ. sussista una radicale diversità ontologica.27 Ai fini della violazione del limite estetico alla sopraelevazione non sarebbe, poi, sufficiente la mera compromissione della linea stilistica, in quanto dovrebbe essere accertato se ne sia derivata anche una concreta 23 Cass. 3 gennaio 1966 n. 9. 24 Cass. 28 novembre 1987 n. 8861. 25 La medesima distinzione concettuale è stata successivamente ripresa da Cass. 27 aprile 1989 n. 1947. 26 Cfr. G. BRANCA, op. cit., 520. 27 Cass. 19 ottobre 1998 n. 10334. l’amministratore 25 Speciale ANACIDAY diminuzione del valore economico dell’edificio.28 In ordine all’aspetto architettonico, inoltre, può infine essere formulata la stessa ipotesi ricostruttiva avanzata riguardo al decoro architettonico, quanto al nesso inscindibile che lega la componente estetica a quella economica. 4. una fattispecie concretamente decisa in sede giudiziari: Per esemplificare le rationes decidendi che possono essere considerate laddove si decida dei valori e degli interessi in discorso, si propone la motivazione tratta da recente sentenza del Tribunale di Milano: Esclusa l’operatività dell’art. 1120 c.c. per costituire i lavori posti in essere dalla xxxxxxxxxxxxx. un legittimo uso della cosa comune, occorre a questo punto vedere se tali lavori abbiano o meno leso il decoro architettonico dell’edificio condominiale di yyyyyyyyyyyyyyyyyy Se si passa al merito delle conclusioni cui è giunto il c.t.u. circa la mancata lesione del decoro architettonico da parte della convenuta yyyyyyyyyyyy nell’espletamento dei lavori sopra indicati, due sono le questioni sostanzialmente da risolvere: la prima riguarda la nozione di decoro architettonico ed i parametri alla cui stregua individuarne la avvenuta lesione a seguito degli interventi effettuati di volta in volta dai singoli condomini sulle parti comuni dell’edificio condominiale, mentre la seconda attiene alla apparente contraddittorietà della consulenza d’ufficio che ha concluso per il mancato accertamento delle doglianze prospettate da parte attrice – nel senso della esclusione della lesione del decoro architettonico dello stabile di Via Della yyyyyyyyyyy pur a seguito della conclusione dei lavori sopra indicati – salvo avere accertato la presenza di vari interventi manutentivi sullo stabile di Via Della yyyyyyyyyyy succedutisi nel tempo che, a detta dello stesso c.t.u., avrebbero “concorso in tempi diversi e con modalità diverse, alla lesione del decoro architettonico” (vedi la pagina 21 dell’elaborato peritale). Con riguardo alla prima delle due questioni sopra riportate occorre capire se, ai fini della eventuale lesione del decoro architettonico, possano venire in rilievo o meno precedenti interventi edilizi che abbiano già fortemente influito sull’originario stato complessivo dell’immobile e/o se possano venire il rilievo anche altri fattori, quali lo stato complessivo del fabbricato od il suo eventuale apprezzamento/deprezzamento economico a seguito della realizzazione degli interventi oggetto di volta in volta di censura. Alla giurisprudenza più restrittiva invocata da parte attrice (si veda la sentenza n. 14455 del 19 giugno del 2009 secondo la quale “Ai fini della tutela prevista dall’art. 1120, secondo comma, cod. civ. in materia di divieto di innovazione sulle parti comuni del’edificio condominiale, non occorre che il fabbricato, il cui decoro architettonico sia stato alterato dall’innovazione abbia un particolare pregio artistico né rileva che tale decoro sia stato già gravemente ed evidentemente compromesso da precedenti interventi sull’immobile, ma è sufficiente che vengano alterate, in modo visibile e significativo, la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono al fabbricato una propria specifica identità” se ne contrappone una più recente menzionata dalla difesa di parte convenuta (si veda la sentenza n. 1286 del 25 gennaio del 2010) che ha ripercorso l’intera materia e che ha sostenuto tra l’altro: 1) che il decoro architettonico, inteso quale estetica data dall’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante dell’edificio imprimendo allo stesso una sua armoniosa fisionomia, va valutato, ai sensi dell’art. 1120, secondo coma, c.c., con riferimento al fabbricato condominiale nella sua totalità (potendo comunque anche interessare singoli punti del fabbricato purché l’immutazione di essi sia suscettibile di riflettersi sull’intero stabile) e non rispetto all’impatto con l’ambiente circostante; 2) che l’alterazione del decoro deve essere apprezzabile, trattandosi di trovare una situazione di equilibrio tra gli interessi contrapposti della comunità dei condomini e del singolo condomino che ha agito nella sua proprietà esclusiva; 3) che l’apprezzabilità dell’alterazione del decoro architettonico deve tradursi in un pregiudizio economico che comporti un deprezzamento sia dell’intero fabbricato che delle singole porzioni in esso comprese, per cui, sotto tale profilo, è necessario tener conto dello stato estetico del fabbricato al momento in cui l’innovazione viene posta in essere; 4) che la mancanza di pregio dello stabile interessato dalle innovazioni non esclude di per sé che possa sussistere un’alterazione apprezzabile del decoro architettonico. Questo Giudice ritiene di aderire a tale ultimo arresto giurisprudenziale che cerca di contemperare gli opposti interessi della collettività condominiale da una parte e del singolo condomino che ha realizzato l’intervento 28 Cass. n. 4804/78 cit.. 26 l’amministratore Speciale ANACIDAY edilizio sulle parti comuni dall’altra, e che attribuisce rilevanza, al fine del giudizio di eventuale lesione del decoro architettonico, non solo all’attuale stato in cui si trova la parte comune a seguito dell’eventuale stratificarsi nel tempo dei vari interventi edilizi che l’hanno via via interessata, dovendosi dare rilievo unicamente allo stato estetico del fabbricato al momento in cui l’innovazione viene posta in essere, ma anche all’eventuale pregiudizio economico scaturente dall’intervento edilizio di volta in volta oggetto di censura ed al conseguente deprezzamento sia dell’intero fabbricato che delle singole porzioni in esso comprese. Se si applicano i predetti principi al caso in esame, occorre sottolineare come la c.t.u. espletata in corso di causa, dopo avere analiticamente descritto i lavori realizzati dalla convenuta yyyyyyyyyyyyyy. ed avere del pari dato conto dei vari interventi stratificatisi nel tempo che hanno interessato in generale l’edificio del Condominio attore (si vedano le pagine da 14 a 20 dell’elaborato peritale), ha concluso che, tenuto conto dell’attuale stato delle facciate condominiali lato Via della yyyyyyyyyy ed in assenza di alcun pregiudizio di ordine economico sia dell’intero fabbricato che delle singole porzioni in esso comprese, le opere realizzate dalla convenuta yyyyyyyyyy., pur avendo comportato il disallineamento del filo inferiore delle finestre/vetrine che si affacciano sulle due Vie Della yyyyyyyyyyyyyy e la sopravvenuta alterazione del ritmo delle linee, non hanno determinato un’alterazione apprezzabile del complessivo decoro architettonico dello stabile condominale in esame. Le conclusioni di cui sopra cui è pervenuto il c.t.u. chiariscono la seconda delle due questioni in precedenza menzionate relativa alla apparente contraddittorietà della consulenza d’ufficio tra la parte motiva e conclusioni definitive cui la medesima consulenza è giunta: la contraddittorietà si palesa soltanto apparente atteso che il consulente del Giudice, dopo avere chiarito che le facciate del Condominio attore sono state interessate nel tempo da svariati interventi edilizi posti in essere dai condomini che non hanno tenuto conto dell’assetto e dello stile originario delle predette facciate e che sono stati realizzati in maniera non coerente e del tutto autonoma l’uno dall’altro, ha concluso, sia pure come si è detto in presenza di un disallineamento del filo inferiore delle finestre/vetrine che si affacciano sulle due Vie Della yyyyyyyyyyy, per la mancanza di un’apprezzabile lesione del decoro architettonico dello stabile in esame quale conseguenza della realizzazione dei lavori da parte delle società convenute. In definitiva, nonostante il fatto che la c.t.u. espletata in corso di causa si sia inutilmente soffermata sulla prolissa descrizione della reiterata attività conciliativa posta in essere dal perito del Giudice, nonostante il fatto che manchi un verbale delle operazioni peritali, e nonostante infine la apparente contraddittorietà tra quanto dichiarato dal perito a pagina 21 dell’elaborato peritale (“Tutti, dunque, compreso il Condominio, hanno concorso in tempi diversi e con modalità diverse, alla lesione del decoro architettonico”) e quanto asserito a pagina 20 (“Alla luce di tutto quanto sopradescritto e nella visione d’insieme dell’intero stabile, si ritiene che i lavori svolti da yyyyyyyyyyy. non abbiano alterato o pregiudicato il decoro architettonico dell’edificio condominiale, tenuto conto della situazione sopradescritta dell’intero complesso”), questo Giudice ritiene che da un lato la predetta c.t.u. non possa essere ritenuta nulla stante la mancata prova ad opera della difesa di parte attrice della lesione concreta del principio del contraddittorio e del principio di difesa costituzionalmente garantiti derivante dalla complessiva condotta serbata dal consulente del Giudice nell’espletamento del suo incarico, e dall’altra che pur avendo le opere realizzate dalla convenuta s.p.a. Borbonese interessato in maniera rilevante entrambe le facciate comuni del Condominio attore e determinato un sostanziale disallineamento del filo inferiore delle finestre/vetrine prospicienti le due Vie Della yyyyyyyy, il complessivo intervento oggetto di causa non abbia leso il decoro architettonico nel significato più recentemente enucleato dalla Suprema Corte, circostanza quest’ultima che conduce l’interprete a disattendere le domande azionate dal Condominio di Via della yyyyyyy in Milano odierno attore. Infine non va sottaciuto il fatto che la parte odierna attrice ha, unicamente con la comparsa conclusionale, evidenziato a sostegno della tesi della illegittimità delle opere poste in essere dalle società convenute la contrarietà delle predette opere al disposto dell’art. 5, lettere m) e p), del regolamento di condominio nella parte in cui quest’ultimo ha vietato sia la modifica dei serramenti delle finestre contro il parere dell’assemblea del condominio ed in assenza di uniformità di consistenza ed estetica, sia la realizzazione di qualunque opera esterna che comunque modifichi l’architettura e l’estetica del fabbricato (per reperire il regolamento si veda il doc. n. 8 del fascicolo di parte attrice): tale doglianza non può essere presa in considerazione da parte del Giudice in quanto tardivamente sollevata dalla difesa di parte attrice con le memorie difensive di cui all’art. 190 del codice di rito civile. Il mancato accoglimento della domanda di accertamento della illegittimità delle opere intraprese dalle società convenute e di riduzione in pristino stato preclude il vaglio della domanda risarcitoria azionata da parte attrice. l’amministratore 27 Speciale ANACIDAY 5. considerazioni conclusive: Il decoro architettonico è una qualità che attiene al modo di essere dell’intero edificio, unitariamente considerato, ma che al contempo si traduce in termini patrimoniali nella sfera esclusiva di ciascun partecipante, in quanto contribuisce alla formazione del valore commerciale delle singole porzioni immobiliari. Tale qualità è di per sé un valore essenzialmente immateriale, che non si identifica con la conformazione materiale di talune parti o di tutto l’edificio ma ne è piuttosto la risultante sotto il profilo estetico: perciò vi può essere una modificazione edilizia che, tuttavia, in ragione del ridotto impatto visivo, non incide sul decoro architettonico dell’intero stabile. La natura necessariamente condominiale del decoro architettonico (sempreché, ovviamente, sussista una situazione di condominio) giustifica l’inclusione della relativa disciplina nel contenuto tipico del regolamento di condominio ai sensi dell’art. 1138, comma 1, cod. civ.. Ove manchi o sia incompleta tale regolamentazione, residua ex lege la clausola generale che impone comunque il rispetto del decoro architettonico dell’edificio a fronte sia di innovazioni deliberate dall’assemblea sulle parti comuni (art. 1120 cod. civ.) sia di uso individuale dei beni comuni (art. 1102 cod. civ.) sia di opere sulla porzione in proprietà solitaria (art. 1122 cod. civ.). Rispetto alle sopraelevazioni la clausola generale ex lege impone l’osservanza di una modalità del decoro architettonico, qual è secondo la giurisprudenza l’aspetto architettonico (art. 1127 cod. civ.). Il pregio estetico dell’edificio contribuisce al valore di ciascuna proprietà solitaria; ad un tempo costituisce, tuttavia, un limite conformativo del contenuto del diritto di proprietà di ciascun condomino, riducendone ab origine il potere di godimento per quanto concerne sia le cose comuni che quelle in titolarità esclusiva. Si tratta di un limite che caratterizza in via generale il modo di essere del diritto di proprietà su porzioni immobiliari ricomprese nel medesimo edificio. In conclusione, da quanto esposto, emerge che il decoro architettonico è, quindi, suscettibile di accrescersi oppure di affievolirsi nel tempo e si configura, comunque, come valore elastico caratterizzato da un ampio margine di oscillazione, condizionato com’è da mutevoli variabili come quelle del costume sociale, della distribuzione del reddito, dell’evoluzione tecnologica e dell’arte. Università degli studi - Milano 28 l’amministratore Speciale ANACIDAY QUESTIONI APERTE IN TEMA DI VIDEOSORVEGLIANZA Eugenio Antonio Correale Il Dottor Fulvio Baldi, Magistrato del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, ha saputo fornire ad un tempo la sintetica indicazione di un netto e comprensibile giuridico e l’esempio dell’inconsueta capacità divulgativa che traspare dalle seguenti righe: “Puntare una telecamera sul cortile condominiale non integra gli estremi del reato di cui all’art. 615-bis c.p. Le parti comuni di un edificio (nella specie: androne condominiale), su cui sia stata diretta una telecamera privata da parte di un condomino, non costituiscono luogo riservato equiparabile al domicilio, sicchè chi abbia installato detta telecamera non risponde di interferenze illecite sulla vita privata anche se abbia agito per sorvegliare ingiustificatamente altri condomini. Ha seguito questo ragionamento la S.C., annullando la sentenza di merito che aveva condannato un condomino il quale aveva collegato alla propria televisione una telecamera diretta sul cortile e sull’androne del palazzo, entrambi parti comuni dell’edificio, allo scopo di verificare il passaggio di una donna e dei suoi familiari. In ciò la sentenza, alla cui lettura si rinvia, ha cominciato a fare sostanziale applicazione della pronuncia delle Sezioni Unite (Cass. Pen., Sez. Unite, 28 marzo 2006, n. 26795, (dep. 28 luglio 2006) in C.E.D. Cass., n. 234270), secondo la quale le riprese video di comportamenti “non comunicativi” non possono essere eseguite all’interno del “domicilio”, in quanto lesive dell’art. 14 Cost., sicchè ne è vietata l’acquisizione e l’utilizzazione in quanto prova illecita. La presente decisione conferisce, pertanto, in negativo un senso concreto al concetto di domicilio ove riferito alle parti comuni di un edificio condominiale, così finendo per dare un’interpretazione restrittiva dell’elemento oggettivo dell’ille- cito di cui all’art. 615-bis, c.p.” Le espressioni usate non sono mai forzate o meramente suggestive ed offrono chiari e precisi parametri, utili per l’interprete. Sempre dalla cultura dei nostri giudici, ma questa volta utilizzando una sentenza e non un commento, possiamo trarre ulteriore viatico per talune considerazioni in tema di videosorveglianza. Con la sentenza del 29 novembre 2011 la seconda sezione del Tribunale penale di Bari ha affrontato il tema della legittimità delle videoriprese effettuate non in luogo pubblico e comunque diverso dall’altrui domicilio. Il Tribunale aveva pressante ragione per esaminare il problema, dovendo stabilire se a talune videoriprese, offerte come materiale probatorio, dovesse applicarsi analogicamente la disciplina restrittiva delle intercettazioni. La soluzione negativa ha preso le mosse ponendo in evidenza che nel caso di specie le riprese non risultavano “relative ad atti comunicativi, per tali intendendosi quelli finalizzati a trasmettere il contenuto di un pensiero con la parola, i gesti, le espressioni fisiognomiche o altri atteggiamenti idonei a manifestarlo”. Il giudice ha proseguito rilevando che le riprese, non riguardando comportamenti comunicativi, non costituivano forma di captazione di messaggi tra presenti ed erano state eseguite in uno spazio: -condominiale; -tuttavia destinato in via esclusiva, al posteggio dell’autovettura di proprietà della parte civile. Quindi, è stata offerta la seguente scansione di considerazioni: 1. con sentenza n. 5591 del 2006 la Cassazione ha chiarito che il concetto di domicilio, ai fini che in- l’amministratore teressano, non può essere esteso fino a farlo coincidere con qualunque ambiente che tenda a garantire, anche senza alcuna condizione di stabilità, intimità e riservatezza; 2. che il Giudice di Legittimità ha insegnato che il concetto di stabilità costituisce l’elemento sul quale fondare il giudizio sulla natura di luogo di privata dimora degli spazi sui quali vengano effettuate attività di videoregistrazione. 3. che in consonanza con le osservazioni che precedono sono state ritenute probatoriamente utilizzabili “le videoregistrazioni effettuate dalla persona offesa di reiterati atti vandalici e di danneggiamento ai danni della porta del proprio appartamento, della porta dell’attiguo garage e della cassetta postale antistante l’ingresso dell’appartamento, dal momento che l’area interessata dalle videoregistrazioni, operate con telecamera sita all’interno dell’appartamento, ricade nella fruizione di un numero indifferenziato di persone e non attiene alla sfera di privata dimora di un singolo soggetto” (Cass. Pen. n. 5591/07). 4. che in ossequio al detto tale principio dovesse escludersi che nel processo in disamina vi fosse stata utilizzazione impropria delle video registrazioni effettuate dalla parte lesa in ambito condominiale. Si vedrà che le considerazioni che precedono risultano pienamente in linea con pronunce del Giudice di Legittimità e anche con sentenze di merito, in particolare con antica sentenza del Tribunale di Milano. Si vedrà che chi scrive condivide de plano quell’orientamento e quindi guarda con qualche sospetto al diverso indirizzo che sembra affiorare da ultimo. 29 Speciale I nuovi orientamenti che sono già stati evocati esigono forte impegno interpretativo e non possono certo essere trascurati. Tuttavia, esaminandoli in profondità non si può evitare di sottolineare un elemento fortemente caratterizzante tutti quanti i provvedimenti che di recente hanno statuito l’illegittimità dell’installazione delle video camere in ambito condominiale, poiché sempre il giudice ha affermato il proprio convincimento movendo dalla rappresentazione di un vuoto normativo. Talvolta si pone riferimento alle indicazioni del garante della privacy, altre volte si è andati più in profondità tenendo conto del dato normativo e della mancanza di apposita disciplina, dedicata al condominio. È opinione di chi scrive che la mancanza di regole non possa mai sfociare nella proibizione di un comportamento che, appunto perché non espressamente vietato, non dovrebbe mai qualificarsi come illegittimo. L’analisi che segue potrà meglio confortare la premessa già posta in rilievo. L’ASSERITA INVALIDITÀ DELLE DELIBERE ASSEMBLEARI CHE DECIDANO LA VIDEOSORVEGLIANZA E L’INSTALLAZIONE A CURA DEL SINGOLO CONDOMINO L’esigenza di difendersi dai furti, la necessità di vigilare per reprimere eventuali vandali e, in genere, l’opportunità di controllare e verificare le nostre abitazioni e quanto le circonda rendono sempre più frequente l’adozione di sistemi di videosorveglianza. Il più delle volte si tratta di piccoli impianti, collocati da singoli condomini davanti al proprio ingresso. Altre volte si tratta di impianti ben più complessi, adottati sopratutto nei supercondominii. Oramai tutti sanno di poter essere videosorvegliati nei supermercati o quando si cammina nei pressi delle banche o in qualunque strada. Ci si richiama al decalogo che il Garante della Privacy ha dettato a suo tempo ed ha poi aggiornato: una serie di regole alquanto agili ed ispirate ad evidente buon senso. Sull’onda del “decalogo” e di alcune risalenti sentenze, delle quali sarà dato conto in apposito paragrafo, il sentire 30 comune reputa che l’assemblea possa disporre in materia. Da qualche tempo il panorama giudiziario è però mutato e si sono succeduti provvedimenti che hanno escluso la possibilità di intervento dell’assemblea. Si ricordano: 1. l’ordinanza del 3 febbraio 2009, del Tribunale di Nola: “Se non sia strettamente necessaria per ragioni di protezione della sicurezza del condominio, risulta illegittima l’installazione di telecamere che filmino e registrino zone comuni del condominio da parte del singolo condomino” 2. l’ordinanza del 14 dicembre 2010, del Tribunale di Salerno (Dottor Scarpa): “Esula dalle attribuzioni dell’assemblea dei condomini, coinvolgendo il trattamento di dati personali dei quali la stessa assemblea non può ritenersi “soggetto titolare del trattamento” ed essendo volta a scopi estranei alle esigenze condominiali, l’installazione di un impianto di videosorveglianza degli spazi comuni dell’edificio, benché decisa per tutelare la sicurezza delle persone e delle cose dei condomini (è stata così sospesa ex art. 1137, 2° comma, c.c., l’esecutività della delibera condominiale con la quale era stata approvata a maggioranza l’installazione di un impianto di videosorveglianza del piazzale comune antistante il fabbricato ed agli androni delle scale)”; 3. l’ordinanza del 14 dicembre 2010, del Tribunale di Napoli: In tema di condominio degli edifici, la delibera, presa a maggioranza, con cui si approva l’installazione di un impianto di videosorveglianza relativo al piazzale antistante al fabbricato e agli androni delle scale, per garantire la sicurezza e la serenità dei partecipanti, è rivolta a perseguire finalità estranee alla conservazione e gestione delle cose comuni, e, quindi, non è riconducibile alle attribuzioni dell’assemblea, non essendo peraltro quest’ultima il titolare del trattamento dei dati personali, ex art. 28 D.Lgs. n. 196/2003, cui spetti il potere di decidere le finalità e le modalità del trattamento l’amministratore ANACIDAY connesso all’installazione di tale impianto: 4. l’ordinanza del 16 giugno 2011, del Tribunale di Varese (Dottor Buffone): “È illegittima l’installazione di un impianto di videosorveglianza per riprendere aree condominiali comuni, eseguita da un singolo condomino, anche laddove tale installazione sia stata decisa per tutelare la sicurezza personale, messa in pericolo in seguito ad alcuni episodi di furti e di effrazioni. Conseguentemente, deve essere ordinata in via d’urgenza la demolizione dell’impianto, la cui esistenza mina di per sé stessa la vita di relazione dei vicini. Infatti, nel silenzio della Legge, il condomino non ha alcun potere di installare, per sua sola decisione, delle telecamere in ambito condominiale, idonee a riprendere spazi comuni o addirittura spazi esclusivi degli altri condomini. Neppure il condominio ha la potestà di farlo, salvo che la decisione sia stata presa dall’unanimità dai condomini, perfezionandosi in questo caso un comune consenso idoneo a fondare effetti tipici di un negozio dispositivo dei diritti coinvolti.” Il giudice ha così argomentato: 1. le video riprese ledono il tessuto connettivo dell’art. 14 Cost. se non rette da una espressa previsione normativa di copertura; 2. la giurisprudenza sulla tutela penale del domicilio, riguarda l’art. 14 Cost., ed è cosa diversa dalla tutela costituzionale del diritto alla riservatezza , che riguarda l’art. 2 Cost. (per tale ragione, non potrebbero essere richiamati gli insegnamenti dei giudici penali); 3. nel settore delle riprese condominiali manca una norma ad hoc che offra copertura legale alla videosorveglianza privata. Per vero, nel nostro ordinamento sono stati affermati principii incompatibili con le precedenti prospettazioni, poiché non dovrebbe esservi interstizio impervio per le capacità di auto integrazione dell’ordinamento. Inoltre, l’analisi del Garante appare davvero debole: non mancano affatto le norme che stabiliscono chi debba votare in assemblea a seconda dei casi. Infine, non appare adeguatamente con- Speciale siderato che chi non abbia diritto di voto ha comunque possibilità di tutelare la propria posizione in altra sede, diversa dall’assemblea. Quanto è stato osservato in premessa, in ordine alla corretta classificazione delle riprese e della loro capacità di captare o meno manifestazioni di volontà appare non di poco conto e, forse, dovrebbe essere meglio coordinato con le disamine de quibus. La motivazione offerta dal Giudice del Tribunale di Varese è stata analizzata da Alberto Celeste, che ha formulato condivisibili rilievi critici (Immobili & Diritto 1 marzo 2011, N. 3) che ha messo a fuoco anche le incertezze provocate dal Garante, “complice colpevole” di incongruenze interpretative poiché i dati personali trattati nell’ambito dell’amministrazione del condominio “sono, nel loro complesso, interamente e reciprocamente riferibili a (tutti) i condomini, i quali rivestono la qualifica di “co-interessati” e non certo di “con-titolari” Titolare del trattamento è l’amministratore “per cui verrebbe a cadere il presupposto del ragionamento dell’ordinanza in commento, secondo la quale l’assemblea non potrebbe deliberare, in ordine all’approvazione sull’installazione di un impianto di videosorveglianza, in quanto il titolare del trattamento è il singolo condomino”. L’assemblea ha anche l’attribuzione di conservare “l’integrità lato sensu della collettività condominiale, e non solo dei beni materiali comuni”, posto che l’art. 1120 c. c. considera il valore della sicurezza, che deve estendersi anche alle aggressioni che provengano da terzi e non può essere limitato alle aggressioni provocate da intemperie, alluvioni, incendi, ecc.. Il Celeste non condivide quindi “l’affermazione del Tribunale, ad avviso del quale non rientra nelle attribuzioni dell’assemblea quella di soddisfare «l’esigenza diretta a preservare la sicurezza di persone (a fronte di aggressioni, scippi, rapine ecc.)» e conclude osservando -che l’installazione di videocamere sui luoghi comuni sia appannaggio dell’assemblea; -che la stessa possa essere deliberata, “trattandosi di impianto prima non esistente - peraltro di una certa rilevanza, non tanto sotto il profilo della consistenza materiale quan- to piuttosto dell’importanza giuridica - con le maggioranze qualificate di cui all’art. 1136, comma 5 cod. civ. (ossia, i due terzi del valore dell’edificio), costituendo un’innovazione ai sensi dell’art. 1120, comma 1 cod. civ.” Quanto rileva il Celeste può addirittura essere rafforzato, poiché per un piccolo condominio un banale impianto di videosorveglianza costa ormai somme davvero esigue e potrebbe tranquillamente rientrare tra i rimedi o integrativi dell’esistente servizio di custodia. Quanto all’importanza giuridica, vi è da dire che l’impianto ricondotto entro i limiti settati dei provvedimenti del garante dovrebbe soddisfare le esigenze di tutela della privacy. Meno corrosivo appare il commento di Ettore Ditta (Il Consulente Immobiliare, 2011) che ha sintetizzato esemplarmente l’iter logico che caratterizza l’ordinanza. Nel suo commento le lodi sono limitate alla storica e neppure vera circostanza di una sorta di primogenitura. Ecco i passi che più interessano: “In definitiva, secondo la ricostruzione del Tribunale l’installazione dell’impianto di videosorveglianza non costituisce di per sé un’attività finalizzata a servire i beni in comunione; e non rileva l’innegabile maggior sicurezza che ne deriva allo stabile nel suo complesso, nel momento in cui la deliberazione coinvolge il trattamento di dati personali di cui l’assembla stessa non è titolare, e che è diretta a uno scopo estraneo alle esigenze condominiali, che di per sé non rientra nei poteri dell’assemblea. La decisione del Tribunale di Salerno, ovviamente pur con tutti i limiti tipici di un provvedimento giudiziario di merito e con gli stretti riferimenti al caso specifico, ha comunque il pregio di avere deciso la fattispecie concreta partendo dai principi generali e cercando di inquadrare correttamente il caso in una situazione legislativa che è tutt’altro che chiara e pacifica (come dimostra proprio la segnalazione del Garante al Governo e al Parlamento richiamata nell’ordinanza stessa) e nella quale i dubbi che si addensano su questa materia sono - almeno al momento - decisamente superiori alle certezze che si possono ragionevolmente avere”. Ditta indica quindi piuttosto l’emer- l’amministratore ANACIDAY gere di perplessità che l’adesione al provvedimento commentato. Allo stesso risultato si perviene richiamando la sentenza del Tribunale di Milano del 1992, che dichiarava illecite soltanto le telecamere concretamente invasive della sfera privata del vicino, mentre considerava legittimi i sistemi che si limitino a vigilare l’ingresso di che ne ha deciso l’installazione. Questa,infatti, è la massima pubblicata nelle riviste: “È da ritenersi lecita l’installazione di una telecamera nel pianerottolo comune che consenta la sola diretta osservazione del portone di ingresso e dell’area antistante la porta d’ingresso alla singola unità immobiliare; mentre non è ammissibile l’installazione di apparecchiature che consentano di osservare le scale, gli anditi ed i pianerottoli comuni, in quanto ciò comporta una possibile lesione e compressione dell’altrui diritto alla riservatezza. Trib. Milano, 6 aprile 1992” Non risulta il generale ed assoluto divieto che il Tribunale sembra avere considerato. I PRECEDENTI PROVVEDIMENTI CHE AVEVANO STATUITO LA LEGITTIMITÀ DELLA VIDEOSORVEGLIANZA E I PROVVEDIMENTI DEL GARANTE DELLA PRIVACY Si riprendono le osservazioni fornite dall’avvocatessa Laura Marchetti, esperta di Anaci Brescia, che consentono di evitare rielaborazioni superflue. Nel contesto del 1942, le disposizioni sul condominio degli edifici non potevano contemplare la videosorveglianza, per la quale difetta quindi specifica disciplina. In tal ordine d’idee, si riconosce nella sentenza preordinatrice e ormai datata emessa dal Tribunale di Milano 6/4/1992 Sez VIII, la legittimità e valenza dell’iniziativa del singolo condomino di installare sistemi di videosorveglianza nel pianerottolo comune, purché diretta alla sola osservazione del portone d’ingresso ed all’area antistante la porta d’ingresso della singola unità immobiliare. Così prosegue l’Avv. Marchetti: Tale sentenza deve essere coordinata 31 ANACIDAY Speciale con le nuove emergenze collegate alla normativa sulla privacy ed alle sentenze rese anche dalla Corte di Cassazione penale, ma si può rilevare come i suoi principii ispiratori sono stati recentemente riaffermati dal Tribunale di Nola (Ordinanza 3/2/2009, sopra citata). Anche sotto il vigore del nuovo codice della privacy e dell’art. 615 bis del codice penale la corte di Cassazione ha escluso che l’adozione di sistemi di videosorveglianza comporti lesione di diritti indisponibili o configuri reato ed ha così statuito: “La ripresa delle aree comuni condominiali non può ritenersi in alcun modo indebitamente invasiva della sfera privata dei condomini ai sensi dell’art. 615-bis c.p., giacché l’indiscriminata esposizione alla vista altrui di un’area che costituisce pertinenza domiciliare che non è deputata a manifestazioni di vita privata esclusiva è incompatibile con una tutela penale della riservatezza, anche ove risultasse che manifestazioni di vita privata in quell’area siano state in concreto, inopinatamente, realizzate e perciò riprese. Cass. pen., Sez. V, 21/10/2008, n. 44156” Ci si può soffermare sulla valenza, anche interpretativa, delle indicazioni del Garante della Privacy, appuntate nel “Provvedimento generale Videosorveglianza”, di liceità, necessità (intesa nell’accezione di esclusione di ogni uso superfluo e volto in ogni caso ad evitare eccessi e ridondanze), proporzionalità (ovvero volta ad evitare la rilevazione di dati in aree o attività che non sono soggette a concreti pericoli, o per le quali non ricorre effettiva esigenza di deterrenza), finalità. La Corte Costituzionale con sentenza 18 maggio 2008 n. 149 ha ritenuto che non sussista lesione del diritto alla riservatezza tutte le volte in cui l’azione pur svolgendosi in luoghi di privata dimora può essere liberamente osservata dagli estranei (esempio lapalissiano chi si affaccia sul balcone osservando la pubblica via). L’adozione della videosorveglianza lambisce comunque il campo minato dei diritti alla riservatezza ed all’immagine, ma per evitare indebite invasioni può servire da guida una sentenza della Corte di cassazione, che si è occupata del caso dell’installazione di una finta telecamera, reputata illegittima poiché idonea a disturba- IMPRESEVENTURI RESTAURARE | COSTRUIRE IMPRES re la tranquillità delle persone. Così recita la massima tratta da quella pronuncia: “In tema di interferenze illecite nella vita privata (art. 615 bis c.p.), mentre deve escludersi la sussistenza di un diritto di documentazione dei fatti di vita privata altrui derivabile dalla possibilità di esercitare un diritto civilistico di veduta, non può escludersi l’insussistenza dell’elemento psicologico del reato qualora l’installazione di strumenti di ripresa visiva (nella specie, una telecamera), sia stata finalizzata essenzialmente alla documentazione di movimenti di persone nella pubblica via, con minima e, sostanzialmente, involontaria estensione a luoghi di privata dimora affacciantisi sulla medesima via. Cass. pen., Sez. V, 23/01/2001, n. 8573” È quindi chiaro che laddove si rinvenga in concreto un pregiudizio per i diritti alla riservatezza ed all’immagine oppure addirittura la lesione dei valori tutelati dal codice penale e dalle norme di ordine pubblico, la videosorveglianza incide negativamente su diritti esclusivi dei singoli e l’approvazione della sua istituzione in ambito condo- - Bologna - Milano Le IMPRESE VENTURI svolgono la loro attività produttiva in tutto il nord Italia. La presenza con successo da oltre 40 anni e la ristrutturazione di oltre 500 edifici, al fianco degli amministratori condominiali, testimoniano l’affidabilità e la costante ricerca qualitativa applicata al lavoro nei cantieri edili. La nostra organizzazione il cui sistema di qualità è certificato CQOP SOA, è in grado di progettare e realizzare: BONIFICA COPERTURE IN CEMENTO AMIANTO COIBENTAZIONI A CAPPOTTO TERMICO RIFACIMENTO FACCIATE, BALCONI, TETTI CERTIFICAZIONE CQOP Costruttori Qualificati Opere Pubbliche www.impreseventuri.it 32 RIFACIMENTO AREE CORTILIVE, RETI FOGNARIE, RAMPE CARRABILI PRONTO INTERVENTO =,5;<90.96<7 *6:;9<A0650 :YS l’amministratore 0479,:(,+03, =,5;<90,5A6 :YS BO | Tel. +39.051.727770 MI | Tel. +39.02.87348292 Speciale miniale sarebbe ineluttabilmente soggetta alla regola dell’indispensabilità del consenso unanime. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE La mancanza di specifica disciplina della videosorveglianza in ambito condominiale non dovrebbe scoraggiare gli interpreti, adusi a ben maggiori lacune normative. Possono essere utilizzate: - la disciplina sulle attribuzioni dell’assemblea e dell’amministratore; - i numerosi interventi del Garante, che ne ha disciplinato modalità, ambito e legittimi limiti della videosorveglianza. Il Garante ha invocato l’intervento legislativo ma non ha mancato di redigere il decalogo della videosorveglianza e non ha mai proclamato che l’adozione di tali impianti in ambito condominiale sia illecita. La specifica disciplina è senz’altro auspicabile, ma appare eccessivo ritenere che sino a quando non intervenga il legislatore nei condominii la videosorveglianza debba considerarsi sempre illecita. Ovviamente, il condominio ed il singolo condomino non possono debordare dalle indicazioni del provvedimento del Garante (G.U. n. 99 del 29 aprile 2010), avente ad oggetto tutti i sistemi integrati di videosorveglianza sia nei luoghi pubblici che nei luoghi privati e che impongono: - cartelli che segnalino la presenza di telecamere collegate con le sale operative delle forze di polizia; - conservazione per tempo limitato (24 ore) delle immagini registrate; -obbligo di sottoporre preventivamente al Garante, prima della attivazione, i sistemi che comportino rischi per i diritti e le libertà fondamentali delle persone (telecamere “intelligenti”); - adozione di adeguate misure di protezione delle immagini, onde evitare accessi indebiti. - rispetto del codice della Privacy nel trattamento e nella brevissima conservazione dei dati e anche nella scelta delle modalità di ripresa e dislocazione; - rispetto dei principii di proporzionalità, pertinenza; di non eccedenza; di liceità, necessità (esclusione di ogni uso superfluo). L’interprete ed il giudice ben possono coordinare la disciplina del condominio e quella della privacy, senza che la mancanza di espressa regolamentazione renda illegittima l’attività che non è neppure oggetto di esplicito divieto. Del resto, i principii normativi rilevanti hanno già formato oggetto delle seguenti pronunce: 1.Il diritto alla riservatezza non gode di una tutela illimitata ma va posto a confronto con i limiti derivanti dalla necessità di soddisfacimento di altri diritti di rango costituzionale, quali il diritto all’incolumità personale di cui all’art. 2 Cost., quello all’inviolabilità del domicilio di cui all’art. 14 Cost., il riconoscimento della libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost. e la garanzia alla proprietà privata di cui all’art. 42 Cost. (per ciò l’installazione di una telecamera espressamente destinata ad esigenze di sicurezza di uno studio professionale, esistente in un condominio particolarmente esposto in ragione della sua ubicazione dove risultano essersi verificati furti e tentativi di rapine, può ritenersi legittima, costituendo un mezzo idoneo che non travalica i limiti della proporzionalità rispetto agli interessi da tutelare). (App. Roma Sez. I, 12/02/2007) 2. non è configurabile il reato di cui all’art. 615-bis c.p. (interferenze illecite nella vita privata) nell’installazione, all’interno dei locali di proprietà esclusiva di un condomino, di telecamere atte ad inquadrare le aree condominiali antistanti l’ingresso ai suddetti locali, onde accertare l’identità degli autori di ripetuti episodi di danneggiamento ed imbrattamento verificatisi in danno del medesimo condomino, essendo le aree anzidette destinate all’utilizzo, senza carattere di stabilità, da parte di un numero indifferenziato di persone (Cass. pen. Sez. II, 10/11/2006, n. 5591); 3. viola gli artt. 114 e 171 D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196 il datore di lavoro, che abbia installato in un negozio impianto di videosorveglianza che consenta il controllo a distanza dell’attività dei dipendenti presso i locali dove si svolge attività lavorativa, senza che il personale sia avvisato della sua ANACIDAY messa in funzione, né del fatto che esso avrebbe potuto controllare anche l’attività dei lavoratori. Cass. pen. Sez. III, 24/09/2009, n. 40200. Non si nega l’estrema delicatezza dell’adozione e della gestione degli impianti di videosorveglianza, ma la necessaria cautela ed il rispetto delle regole esistenti non possono trasformarsi in radicale divieto. Occorre dare spazio e riconoscimento adeguato ai valori della sicurezza e della possibile tutela a fronte di ladri o di vandali. Il diritto di accedere alla propria abitazione accompagnandosi con chi si vuole deve essere coordinato con il diritto di difendersi dalle aggressioni, o meglio di allontanare da sé simili eventualità. In tale ordine le idee, diventa agevole osservare che l’ordinanza del Tribunale di Varese, criticata avendo riguardo al generale assetto della materia, esige ben diversa valutazione laddove si consideri la fattispecie concreta e la condotta del convenuto, che non ha risposto all’interpello e non ha fornito valide giustificazioni. Avendo richiamato le osservazioni di Celeste e di Ditta, si possono evitare ulteriori commenti e ci si può soffermare sulle seguenti considerazioni: 1. la materia della videosorveglianza, comunque delicata ed impervia, esige massima cautela da parte degli amministratore e dei condomini; 2. occorre rispettare in misura maniacale i limiti dettati dal Garante, poiché tali limiti sono posti a tutela di valori di straordinaria importanza per il nostro ordinamento; 3. occorre prestare attenzione ad eventuali opposizioni da parte di singoli condomini, poiché i provvedimenti che sono stati sopra riferiti e criticati dimostrano comunque una particolare (e perfettamente comprensibile e condivisibile) sensibilità dei giudici per i valori della riservatezza e della privacy); 4. come troppo frequentemente accade, non si può sperare nell’intervento legislativo senza aggiungere che lo stesso deve essere anche chiaro ed efficiente. Un appuntamento da non perdere Tutti i mercoledì Anaci Milano è su Telenova per rispondere in diretta ai quesiti dei telespettatori Ricorda tutti i mercoledì dalle ore 18,30 alle 19,00 solo su Telenova Sentenze La presente rubrica è a cura dell’avv. Eugenio Antonio Correale e si compone di due parti per ogni sentenza: l’estratto ed un breve commento dello stesso avv. Correale 1192 Appalto. Garanzia per gravi difetti costruttivi. Carenza di isolamento acustico. Merita accoglimento l’azione proposta ai sensi dell’art. 1669 c.c., nei confronti dell’appaltatore, al fine di veder accertata la responsabilità di quest’ultimo in relazione ai problemi acustici ascrivibili alla mancata o carente insonorizzazione del fabbricato. Secondo il consolidato orientamento della S.C., le disposizioni di cui all’art. 1669 c.c., finalizzate a garantire sia la stabilità sia l’abitabilità dell’immobile, non attengono solo ai vizi inerenti le componenti strutturali dell’immobili e determinanti pericolo di rovina, ma anche quelli che, incidendo gravemente ed in modo permanente sulla fruibilità abitativa del bene, lo renderebbero inidoneo ad assolvere la funzione cui è destinato, ove non eliminati. (Tribunale di Trieste, sentenza 12 dicembre 2011) La pronuncia è estremamente interessante, poiché applica alla materia dell’isolamento acustico le responsabilità che già erano state riconosciute per altro genere di immissioni o di mancate coibentazioni. Si ricorderà che sin dal 1998 ( sentenza Cass. civ., Sez. II, 25/03/1998, n. 3146) la giurisprudenza aveva riconosciuto che tra le caratteristiche imprescindibili delle costruzioni vi deve essere la coibentazione termica. Con la sentenza citata, la Corte di Cassazione ha espressamente definito la mancata coibentazione come grave difetto tutelabile dalla garanzia di cui all’art. 1669 c.c. ed ha statuito che di essa risponde il venditore di unità immobiliari che ne curi direttamente la costruzione, ancorchè i lavori siano appaltati ad un terzo. A conforto della decisione, il giudice ha ritenuto che si tratta di difetti dai quali deriva una ridotta utilizzazione di esse ed ha sostenuto che indipendentemente dal titolo di contratto intercorso con gli acquirenti sussista responsabilità extracontrattuale e che l’amministratore del condominio sia legittimato ad agire “perché tale azione configura un atto conservativo e perciò rientra nei suoi poteri - se tali difetti sono riscontrati sulle parti comuni”. Da quel tempo sono sopraggiunte normative anche in tema di rumore e la sentenza in commento aiuta considerare che la tutela possa essere invocata anche per le immissioni sonore. 1193 Condominio. Obbligazioni parziarie. Esecuzione forzata a carico del condomino. Efficacia della sentenza pronunciata nei confronti del condominio rappresentato dall’amministratore. Secondo la sentenza delle sezioni unite n. 9148/2008, deve considerarsi definitivamente acquisito che il titolo esecutivo giudiziale intervenuto nei confronti dell’ente di gestione condominiale in persona dell’amministratore pro tempore può essere validamente azionato nei confronti del singolo condomino quale obbligato solidale. Inoltre, esclusa la natura solidale dell’obbligazione che grava sui condomini uti singuli, deve ritenersi che la responsabilità del condomino sia solo parziale in proporzione alla sua quota, anche nei rapporti esterni. (Cassazione civile, Sezione terza, n.1289 /2012, sentenza 14.12.2011-12.1.2012) In altri ambienti il presente commento sarebbe definito come “informazione di servizio”, volta a mantenere la promessa di dare conto delle decisioni della Corte Suprema sull’ancora dolente questione della natura, solidale o parziaria, delle obbligazioni condominiali. Proprio l’amministratore 35 Sentenze a tal fine si propone anche massima ben più incisiva di quelle proposta in epigrafe: “Non è ravvisabile alcuna responsabilità solidale tra il condominio ed il condomino, su cui grava una responsabilità solo parziale in relazione alla sua quota, anche nei rapporti esterni”. Ben si vede che nell’occasione si registra sostanziale conferma dell’impostazione dettata dalle Sezioni Unite della Corte Suprema nel 2008. I più avvertiti e i più esagitati cultori della querelle potranno diluire la portata del nuovo arresto facendo presente che si tratta di sentenza che proviene da sezione diversa da quella che si occupa di condominio, ma dovranno incassare la pronta replica di chi rileva che la terza sezione si occupa delle procedure di esecuzione forzata e quindi ha voce per parlare e per intervenire a pieno titolo. Il fatto è che si attendono eventi più epocali, annunciati ma evidentemente non fulminei. Nell’attesa, si rileva che la sentenza in commento riafferma altro insegnamento ben più costante delle tesi sulla solidarietà. Infatti, è ribadito che la sentenza pronunciata nei confronti del condominio, rappresentato dall’amministratore costituisce titolo valido per promuovere l’esecuzione forzata anche nei confronti dei singoli, benché non fossero nominativamente indicati del giudizio di cognizione. Giova rilevare che l’impostazione che sorregge la pronuncia in disamina è decisamente affidabile e radicata da molti decenni. “la sentenza emessa nei confronti dell’amministratore ha efficacia diretta verso il condomino, anche quando questo abbia espresso volontà contraria a resistere al giudizio e quando anche l’amministratore non abbia dato comunicazione alla assemblea di eventuali disposizioni avendo l’obbligo di tali comunicazioni un valore puramente interno: salve in entrambi i casi le conseguenze nei rapporti interni fra condominio e amministratore, come la revoca del mandato e la responsabilità per i danni” (Cassazione, 5 aprile 1982, N° 2091; Cassazione 23 maggio 1981, N° 2403; Cassazione 14 marzo 1977, N° 1025, Cassazione 22 febbraio 1971 N° 460). 1194. Condominio. Sentenza pronunciata nei confronti del condominio rappresentato dall’amministratore. Esecuzione forzata a carico del condomino. Obbligo di preventiva notifica del titolo esecutivo anche nei confronti del singolo esecutato. In tema di esecuzione forzata del provvedimento giudiziario pronunciato nei confronti del condominio in persona dell’amministratore pro tempore, è ben vero che il titolo esecutivo ottenuto contro il condominio può essere fatto valere in executivis contro il singolo condomino quale preteso obbligato in solido, ma il precetto, intimato a tal fine allo stesso condomino, non può prescindere dalla notificazione, preventiva o contestuale, del decreto ingiuntivo emesso nei confronti dell’ente di gestione, ancorché detta ingiunzione fosse risultata del tipo ex art, 654, 2° comma, cod. proc. civ. (Cassazione civile, Sezione terza, n.1289 /2012, sentenza 14.12.201130.1.2012) Per quanto viene qui richiamato, la pronuncia comporta superamento di più antiche concezioni e comporterà ulteriori preoccupazioni per chi debba recuperare un credito nei confronti del condominio. Superando pronunce molto risalenti la Corte ha statuito che chi intende agire nei confronti del singolo condomino deve notificare non soltanto opportuno atto di precetto ma anche (preventivamente o contestualmente) il titolo esecutivo. La sentenza ha rilevato che anche laddove il provvedimento che si pone a carico della nuova procedura esecutiva sia già stato notificato al condominio si impone nuova notificazione diretta al singolo condomino qualora si intenda agire contro soggetto, non indicato nell’ingiunzione, per la pretesa sua qualità di 36 l’amministratore Sentenze obbligato solidale. La pronuncia convince molto, anche in relazione al chiaro disposto dell’art. 479 del codice di procura civile, ove si impone che l’esecuzione forzata sia sempre preceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva e del precetto, a garanzia dell’esecutato. Cautela legittima, quindi, anche se alquanto onerosa per il creditore che deve anticipare tutti i costi e che deve fare i conti con i costi crescenti di ogni attività che comunque si debba richiedere alla nostra burocrazia. 1195. Condominio. Servizi comuni. Sostituzione di un servizio comune. Soppressione di un servizio comune. E’ compito dell’assemblea condominiale disciplinare beni e/o servizi comuni, al fine della migliore e più razionale utilizzazione degli stessi. Ne consegue che l’assemblea, con deliberazione a maggioranza, ha il potere di modificare, sostituire o eventualmente sopprimere un servizio anche se esso sia istituito e disciplinato dal regolamento condominiale, purché rimanga nei limiti della disciplina delle modalità di svolgimento e, dunque, non incida sui diritti dei singoli condomini. (Cassazione civile sezione seconda sentenza 11 gennaio 2012, n. 144 La pronuncia esige alcuni chiarimenti, poiché chi esamina la lunga motivazione scopre che la delibera era stata impugnata da un condomino che in assemblea aveva votato a favore. La resipiscenza, che comunque crea imbarazzo per il giudicante, ha evidentemente consentito di distinguere tra delibere nulle e delibere annullabili e di affermare che l’assemblea con deliberazione a maggioranza ha il potere di modificare sostituire o eventualmente sopprimere un servizio anche laddove esso sia istituito e disciplinato dal regolamento condominiale se rimane nei limiti della disciplina delle modalità di svolgimento e quindi non incida sui diritti dei singoli condomini (Cass. n. 6915/07). L’interesse della decisione, peraltro, deve essere ricercato nell’affermazione di principii che da tempo non venivano ricordati. La Corte ha avuto occasione di prendere in considerazione quanto era stato deciso in fattispecie analoga (modifica del servizio di autoclave con relativa nuova ubicazione ed estinzione della connessa servitù attiva condominiale per mancanza di utilità) ed ha rilevato che le attribuzioni dell’assemblea di condominio riguardano l’intera gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni, che avviene in modo dinamico e che non potrebbe essere soddisfatta dal modello della autonomia negoziale, in quanto la volontà contraria di un solo partecipante sarebbe sufficiente ad impedire ogni decisione. Nel consueto contrasto fra egoismi ed esigenze della convivenza, un evidente punto a favore di queste ultime. 1196. Condominio. Assemblea. Delibere nulle. Transazione con le quali si dispone di diritti reali. In tema di condominio la transazione per effetto della quale il condominio rinuncia a servitù o acconsente alla modifica delle stesse richiede il consenso unanime dei condomini e non può essere approvata a maggioranza dall’assemblea. Cassazione civile sezione seconda sentenza del 30 novembre 2011, n. 25608 Molti anni fa i condomini di un edificio della nostra Brianza avevano fatto causa ad altro proprietario, chiedendo che fosse condannato ad eliminare alcune opere che violavano le clausole del regolamento. Il condominio ha vinto la causa, ma poi l’assemblea ha autorizzato una transazione che comportava rinuncia a chiedere l’abbattimento. La delibera, approvata a maggioranza, è stata dichiarata nulla in due gradi di giudizio. Avanti alla Corte di Cassazione l’amministratore 37 Sentenze impugnata la decisione è stata fulminea e scolpita dalla più succinta delle motivazioni: “il condominio ricorrente, infatti, trascura di considerare che la delibera in questione non aveva ad oggetto una semplice transazione, ma una transazione per effetto della quale il condominio rinunciava a servitù reciproche o acconsentiva alla modifica delle stesse, il che richiedeva il consenso unanime dei condomini”. Trova conferma il principio che vuole che la verità non abbia bisogno di molte parole per farsi strada. 1197. Condominio. Amministratore. Emolumento. La retribuzione dell’amministratore di condominio, determinata ai sensi dell’art. 1135, n. 1, c.c., deve intendersi riferita, in mancanza di diversa previsione, al complesso dello svolgimento dei suoi compiti, tra i quali sono compresi quelli attinenti ai lavori di manutenzione, sia pure “straordinaria”, compiuti sulle parti comuni dell’edificio. (Cassazione civile, sezione seconda sentenza 25 novembre 2011, n. 24978) Accade che tesi che pure presentano margini di accoglibilità siano prospettate nel contesto meno favorevole al loro accoglimento. Nel caso di specie l’amministratore che era stato convenuto in giudizio per “ammanco di cassa” aveva chiesto che fosse riconosciuto il suo diritto a percepire uno specifico compenso, relativo ai lavori di adeguamento dell’impianto elettrico condominiale, eseguiti nel periodo in cui egli era amministratore. Non era certo quella l’occasione più favorevole per un revirement della giurisprudenza. Infatti, la Corte d’appello ha nuovamente affermato che la retribuzione dell’amministratore di condominio, determinata ai sensi dell’art. 1135 c.c., n. 1, deve intendersi riferita, in mancanza di diversa previsione, al complesso dello svolgimento dei suoi compiti, tra i quali sono compresi quelli attinenti ai lavori di manutenzione, sia pure “straordinaria”, compiuti sulle parti comuni dell’edificio (cfr., per tutte, Cass. 28 aprile 2010 n. 10204). 1198. Condominio. Sopraelevazione. Indennità di sopralzo. L’indennità di sopraelevazione, contemplata dall’art. 1127, comma quarto, c.c. ha natura personale e non anche reale per cui è dovuta esclusivamente dal proprietario dell’ultimo piano dell’edificio che esegue la sopraelevazione, mentre non si trasmette ai successivi acquirenti della nuova opera. (Tribunale di Trento, sentenza 16 novembre 2011) Il principio può considerarsi pacifico. Già nel 1968 il Tribunale di Napoli ha affermato che l’indennità di sopraelevazione è oggetto di un rapporto obbligatorio di natura personale, e non si configura come obbligazione propter rem, quindi non si trasmette dal lato passivo al successivo proprietario del piano sopraelevato. ( Tribunale di Napoli, sentenza 18 ottobre 1968). Si tratta quindi di un “debito” che insorge a crico del proprietario dell’ultimo piano di un edificio condominiale, non solo in caso di realizzazione di nuovi piani o nuove fabbriche, ma anche per la trasformazione dei locali preesistenti mediante l’incremento delle superfici e delle volumetrie indipendentemente dall’aumento dell’altezza del fabbricato. Fondamento dell’istituto è l’aumento proporzionale del diritto di comproprietà sulle parti comuni conseguente all’incremento della porzione di proprietà esclusiva. 38 l’amministratore Speciale ANACIDAY RISPARMIO ENERGETICO E DI CERTIFICAZIONE ENERGETICA, SINTESI DELLE ULTIME NOVITÀ Fausto Moscatelli Con Deliberazione della Giunta della Regione Lombardia 30.11.2011 n. IX\2601 sono state introdotte le “Disposizioni per l’esercizio, il controllo, la manutenzione e l’ispezione degli impianti termici nel territorio regionale”. A livello europeo la normativa di riferimento per l’efficienza energetica in edilizia è rappresentata dalla direttiva 2002\91\CE del dicembre 2002. Il 19.5.2010 il Parlamento Europeo ha approvato la direttiva europea 2010\31\UE sulla prestazione energetica in edilizia. La direttiva è stata recepita a livello nazionale con il D.Lgs n. 192\2005, in vigore dall’8.10.2005, che disciplina anche gli accertamenti, le ispezioni, le manutenzioni e l’esercizio degli impianti di climatizzazione. Secondo l’art. 17 del D.Lgs n. 192\2005 (Clausola di cedevolezza) “le norme del presente decreto e dei decreti ministeriali applicativi nelle materie di legislazione concorrente si applicano per le regioni e province autonome che non abbiano ancora provveduto al recepimento della direttiva 2002/91/CE fino alla data di entrata in vigore della normativa di attuazione adottata da ciascuna regione e provincia autonoma”1 . Anche il D.P.R. 02-04-2009, n. 59 (Regolamento di attuazione dell’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, concernente attuazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico in edilizia) fa salva la potestà normativa regionale.2 La Regione ha pertanto disponibilità della materia e con DGR 30.11.2011 n. IX\2601 ha esercitato il suo potere normativo. Le novità salienti: articolo 8 - targa dell’impianto o bollino blu Viene introdotta questa specie di targa per gli im- pianti, come quella prevista per le autovetture. Il manutentore, a partire dal 1° gennaio 2012, dovrà dotare di questa targa gli impianti sui quali interviene. La targa è identificativa dell’impianto. articolo 10.2 - termoregolazione e contabilizzazione Vengono specificati i tempi di intervento per dotare tutti gli impianti di contabilizzazione del calore e termoregolazione. Per CONTABILIZZAZIONE di calore si intende la determinazione dei consumi individuali di energia termica utile dei singoli utenti basata sull’utilizzo di contatori di calore, ripartitori o altri dispositivi conformi alla normativa di riferimento. 1. caldaie di potenza superiore a 350 kW installate prima del 1/8/1997 data entro cui adottare la contabilizzazione: 1/8/2012 2. caldaie di potenza superiore a 116,4 kW installate prima del 1/8/1998 data entro cui adottare la contabilizzazione: 1/8/2013 3. restanti impianti - data entro cui adottare la contabilizzazione: 1/8/2014 Il responsabile dell’impianto soggetto all’obbligo di installazione dei sistemi di termoregolazione e contabilizzazione deve assicurare il rispetto della scadenza che lo riguarda e assicurare che il sistema sia operativo entro il 15 ottobre successivo alla propria scadenza. Anche gli impianti collegati alla rete di teleriscaldamento sono soggetti alle medesime scadenze temporali in base alla vetustà dello scambiatore installato. La DGR 30.11.2011 n. IX\2601 sottolinea che in caso l’impianto sia provvisto di unità di contabilizzazione e di termoregolazione della temperatura l’amministratore 39 Speciale ambiente in tutte le unità (gestibile su almeno due livelli di temperatura nelle 24 ore), non saranno più in vigore i limiti temporali di accensione degli impianti (ovvero le canoniche 14 ore al giorno). L’impianto centralizzato potrà funzionare per le 24 ore intere, con le singole unità immobiliari che dovranno “prelevare” il calore al massimo per 14 ore ciascuna. Viene specificato che “per la corretta suddivisione delle spese inerenti alla climatizzazione invernale e all’uso di acqua calda sanitaria, se prodotta in modo centralizzato, l’importo complessivo deve essere suddiviso in relazione agli effettivi prelievi volontari di energia termica utile e ai costi generali per la manutenzione dell’impianto, secondo percentuali concordate. La quota da suddividere in base ai millesimi di proprietà non potrà superare comunque il limite massimo del 50%. E’ fatta salva la possibilità, per le prime due stagioni termiche successive all’installazione dei suddetti sistemi, che la suddivisione possa avvenire ancora in base solo ai millesimi di proprietà.” articolo 19 - amministratore di condominio obblighi Si tratta di una disposizione fitta di adempimenti, tutti tesi alla comunicazione di dati. Il mittente delle comunicazioni è l’amministratore, il destinatario è l’ente locale di competenza. Fra le prescrizioni v’è quella di comunicare la nomina ad amministratore e l’eventuale revoca, nonche’ le modificazioni di titolarità e consistenza dell’impianto. L’amministratore deve comunicare anche il nome del terzo responsabile, nonché vigilare sul rispetto dei tempi di accensione del riscaldamento e sulle temperature erogate rispetto a quelle previste dalla normativa di settore, sul divieto di riscaldamento di cantine e box, sulla installazione e manutenzione dei sistemi di contabilizzazione e termoregolazione. L’invio delle informazione deve avvenire col modo cartaceo e telematico secondo modalità formalizzate. La norma sintetizza gli obblighi dell’amministratore quale responsabile dell’impianto, con una tecnica precettiva a cui ormai il legislatore ci ha abituato, ma che va considerata non condivisbile poiché contra- 40 ANACIDAY stante con la prima regola della buona normazione, ovvero quella della semplicità, chiarezza ma anche della concisione. Il testo della DGR in parola è oggettivamente difficile, ma la critica non attiene al solo compendio normativo regionale, giacché di medesima colpa sono affetti tutti i più recenti interventi normativi in materia condominiale. La complessità normativa dei singoli testi di legge e l’interferenzialità fra i medesimi è un problema percepibile già a livello sociale, ma anche trattato ormai in ambito scientifico da parte delle istituzioni nazionali e comunitarie. Il che non meraviglia giacché la comunicazione delle istituzioni col cittadino è intuitivamente di importanza centrale. Nemmeno possiamo dire che il problema non sia stato trattato, anzi fra gli esperti ha trovato ampio plauso la iniziativa della Regione Toscana che con Legge regionale TOSCANA 22-10-2008, n. 55 (Disposizioni in materia di qualità della normazione). Il testo più rilevante in materia è però la circolare n. 1\1.1.26\10888\9.92 della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Guida alla redazione dei testi normativi), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 101 del 3\5\2011. Detta circolare è didattica e circostanziata sulle modalità di redazione dei testi legislativi e si dilunga per ben ottanta pagine, affrontando ogni aspetto del legiferare. Chi quotidianamente si occupi dell’applicazione delle leggi e della consulenza a chi le voglia rispettare, sempre dovrà considerare con rispetto la funzione legislativa e rettamente adoperarsi per l’affermazione del diritto. Tuttavia è pure doveroso invocare la lucida e consapevole attenzione del legislatore sulla ricaduta sul corpo sociale della normazione, tanto per intelleggibilità quanto effetti collaterali, quanto per capacità di cogliere i reali bisogni collettivi (non può dimenticarsi che è la legge che spesse volte forma le coscienze più che viceversa). Si approfitta di questa sede per approfondire minimamente il discorso cennato, riportando due pagine della Circolare Ministeriale suddetta, che colgono veramente il punto. l’amministratore Speciale l’amministratore ANACIDAY 41 Speciale 42 l’amministratore ANACIDAY Speciale Detto questo, occorre purtuttavia confrontarsi con le 46 pagine della DGR 30\11\2011. Dal profilo strettamente giuridico si affacciano alcuni problemi non ignoti agli esperti di settore, che già prima della normativa in questione si erano affrontati e che ora si ripropongono con maggiore urgenza. Un primo problema interpretativo attiene alla valenza precettiva dell’art. 10.2 laddove impone una ripartizione delle spese per riscaldamento in parte per consumi e in parte per millesimi, purchè questa ultima parte non superi la soglia del 50% della intera spesa. La collocazione del divieto di oltrepassare il 50% nella normativa regionale comporta certamente qualche problema applicativo, giacché non si potrà dimenticare che le Regioni non possono promulgare leggi che incidano sui rapporti fra privati, come ben specificato da Corte Cost. 14-11-2008 (08-10-2008), n. 369 per la quale nelle materie di competenza legislativa regionale residuale o concorrente, la regolamentazione statale, in forza dell’art. 117, secondo comma, lettera l) Cost., pone un limite diretto a evitare che la norma regionale incida su un principio di ordinamento civile. La Corte ha altresì precisato che l’esigenza di garantire l’uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che, nell’ambito dell’ordinamento civile, disciplinano i rapporti giuridici fra privati deve ritenersi una esplicazione del principio costituzionale di eguaglianza (da ultimo sentenze n. 189, n. 95 e n. 24 del 2007). Se tale effetti non possono avere le leggi regionali, a fortiori le deliberazioni della giunta regionale. Per la verità non è nuova la prescrizione di ripartire le spese di riscaldamento tenendo contemporaneamente conto dei consumi e dei millesimi, ovvero ripartendo per millesimi una quota fissa della spesa di riscaldamento. Di ciò tratta norma UNI CTI 10200. La UNI 10200 ripartisce il costo totale fra: • quota consumo - corrispettivo del calore consumato per il riscaldamento e l’acqua calda sanitaria • quota potenza - quota di spesa dovuta per potenza termica impegnata, ovvero la quota parte della somma di tutti gli oneri sostenuti per rendere disponibile il servizio, indipendentemente dai consumi (compresi gli oneri per la lettura e la ripartizione). ANACIDAY La quota di potenza, nell’appendice C della UNI 10200, comprende: - tutta la componente gestionale (costo del servizio di lettura e ripartizione) - parte dell’energia dispersa dalle tubazioni (almeno dalla centrale termica alla derivazione alle singole utenze) - corrispettivo del rendimento di caldaia medio stagionale (energia dispersa dalla caldaia) - corrispettivo dell’errore di valutazione dei singoli ripartitori - eventuali perdite d’acqua dell’impianto - eventuali perdite di combustibile In sostanza è la “descrizione” di quanto si eseguiva in precedenza stimando fra il 20 e il 40% la porzione a millesimi. Ovviamente al numero si può arrivare solo con un’analisi energetica corretta. E’ intuitiva la ragione per la quale la DGR 2601\2011 impone di non superare il 50% , nella scelta della parte di spesa da ripartire per millesimi. Il legislatore vuole abbandonare l’attribuzione della spesa con criteri predeterminati e senza attinenza al consumo effettivo a favore di criteri premianti della continenza. Il fine del risparmio energetico si raggiunge con lo strumento della misurazione del consumo individuale e l’attribuzione a ciascuno di una spesa direttamente proporzionale al consumo effettivo della sua unità abitativa. Pertanto più diretto è il rapporto fra consumo e compartecipazione alla spesa e più incentivato è il singolo a ridurre la richiesta di calore nel suo appartamento. Se tutti chiederanno meno calore [seppure] spinti da propria convenienza personale, è evidente che anche collettivamente si spenderà e consumerà meno. In tale ottica è sgradita una ripartizione della spesa per millesimi, giacchè sganciata da virtuose condotte tese al minimo uso del riscaldamento. Così la ripartizione per millesimi viene relegare alla quota di spesa dovuta per potenza termica impegnata, ovvero la quota parte della somma di tutti gli oneri sostenuti per rendere disponibile il servizio, indipendentemente dai consumi. Tuttavia la DGR 2601\2011 come del resto la norma UNI CTI 10200 non è vincolante nell’identificare la soglia del 50% come insuperabile, provenendo da fonte non abilitata a normare la suddivisione delle spese condominiali o peggio a imporre soglie e divieti invalicabili. l’amministratore 43 Speciale E’ unanime il coro degli interpreti nel dire che tanto la DGR come la UNI CTI 10200 danno indicazioni autorevoli, pur nella unanime convinzione che non può trattarsi di norme precettive o vincolanti. Esse possono però configurare criteri di riferimento in una materia che consente all’assemblea di agganciare le sue decisioni discrezionali a parametri oggettivizzabili. E’ antico l’orientamento giurisprudenziale che individua nell’art. 1123, II comma, CC la norma d’elezione per la ripartizione delle spese di riscaldamento. Cass. civ., sez. II, 04-08-1978, n. 3839 - Pres. NOVELLI T - Rel. VALENTE A - P.M. GRIMALDI F (CONF) - RONCAGLIA c. SARAULLO Comunione dei diritti reali - Condominio negli edifici - Contributi e spese condominiali - Spese di gestione (ripartizione) - Riscaldamento - Determinazione - Criteri - Raggiungimento in uno degli appartamenti di temperatura inferiore a quella degli altri - Irrilevanza - Criteri di ripartizione della spesa - Persistenza. In tema di ripartizione delle spese del servizio di riscaldamento in un edificio in condominio, la quantità dell’uso che un singolo appartamento può fare del servizio stesso, a norma dell’art. 1123, secondo comma, Cod. civ., va calcolata, ai fini della determinazione della spesa, in rapporto alla capacità potenziale di assorbimento, e cioè in forza del fabbisogno obiettivo dell’appartamento stesso, secondo uno dei tanti criteri possibili (numero dei radiatori o delle bocchette, massa o superficie irradiante, superficie irradiata, cubatura degli ambienti, contatore, ecc) con la conseguenza che procedutosi a tale determinazione del fabbisogno, non può apportarsi alcuna diminuzione alla correlativa spesa proporzionale per effetto di ragioni particolari (nella specie: temperatura degli appartamenti dell’ultimo piano del fabbricato inferiore a quella degli altri che determinano quel fabbisogno o che lo aumentano rispetto ad appartamenti di eguale estensione od eguale cubatura. Ciò posto, è evidente l’urgenza con cui si pone l’interrogativo sul criterio più oggettivo per liquidare la quantità dell’uso, ovvero per orientare la discrezionalità dell’assemblea condominiale nella scelta di un criterio di ripartizione della spesa. In passato si erano usati indicatori più semplicistici (cubatura dei locali ri- 44 ANACIDAY scaldati, superficie radiante etc.). In questa ottica può trovare accoglienza non ostile il suggerimento del comitato tecnico (CTI UNI) o della norma regionale. E’ invece ormai risolto il problema del conflitto tra i regolamenti contrattuali e l’art. 26, V comma, L. 10\1991 ovvero la ripartizione della spesa di riscaldamento a consumo. Quand’anche il regolamento contrattuale imponga una ripartizione tabellata, prevarrà la legge o la facoltà che essa concede di ripartire la spesa in ragione del consumo?3. La valenza pubblicistica della norma di legge suddetta, porta inevitabilmente la prevalenza di questa sugli atti privati. L’interprete dovrà prepararsi anche ad affrontare le proteste dei condòmini e dei Condomìni per gli spegnimenti nelle singole unità abitative. E difatti l’installazione dei contabilizzatori e quindi la scelta di pervenire ad una corsa alla riduzione delle spese e dei consumi, fomenta le estreme conseguenze. Chi abbia l’appartamento vuoto o sfitto, cederà alla tentazione di chiudere le valvole e quindi il riscaldamento, con disperazione dei confinanti, raffreddati dal gelido vicino (cd. furto di calore). Mentre esiste un limite superiore, non altrettanto per quello inferiore. Non si può oltrepassare una certa temperatura interna, ma nessuno vieta di chiudere il riscaldamento e quindi le termovalvole. Il raffreddamento dell’unità immobiliare ovviamente pregiudica i contigui, che dovranno riscaldare di più casa propria per compensare l’importazione di freddo che deriva dal raggelamento del confinante. Di qui l’esigenza di imporre ai condomini di mantenere sempre una temperatura minima, senza mai scendere al di sotto. L’assemblea condominiale non ha il potere di imporre tale vincolo, che può validamente sussistere solo ove pattiziamente recepito. Né può dirsi che chi “chiude” il suo impianto danneggi il condominio, perché invece danneggia solo i vicini, che spenderanno di più per riscaldarsi. Non rimane quindi che far accettare a tutti la regola del mantenimento di una temperatura minima negli appartamenti, con lo schema della clausola contrattuale (in attesa di interventi legislativi). 1 D.Lgs. 19-08-2005, n. 192, Art. 17. - Clausola di cedevolezza 1. In relazione a quanto disposto dall’articolo 117, quinto comma, della Costituzione, e fatto salvo quanto previsto dall’articolo 16, l’amministratore ANACIDAY Speciale comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, per le norme affe- fino alla data di entrata in vigore dei predetti provvedimenti renti a materie di competenza esclusiva delle regioni e province regionali. autonome, le norme del presente decreto e dei decreti ministeriali 2. (…) applicativi nelle materie di legislazione concorrente si applicano per 3. Si riporta uno stralcio duna ordinanza del Giudice Grazia Fe- le regioni e province autonome che non abbiano ancora provveduto dele del Tribunale di Milano, sezione distaccata di Legnano, la al recepimento della direttiva 2002/91/CE fino alla data di entrata quale con ordinanza del 30\1\2009 nella causa n. 171318\08 in vigore della normativa di attuazione adottata da ciascuna regione (inedita), ha ritenuto che: e provincia autonoma. Nel dettare la normativa di attuazione le regioni e le province autonome sono tenute al rispetto dei vincoli “la fondatezza della impugnazione va esclusa almeno ad un som- derivanti dall’ordinamento comunitario e dei principi fondamentali mario esame sulla scorta del chiaro disposto dell’art. 26 co. 5 l. n. desumibili dal presente decreto e dalla stessa direttiva 2002/91/CE. 10\1991, poi confluito nel DPR n. 380\2001, che prevede che: “Per Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella l’adozione di sistemi di ……. contabilizzazione del calore e per il Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al con- fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. sumo effettivamente registrato, l’assemblea di condominio decide a maggioranza, in deroga agli artt. 1120 e1136 del codice civile”. 2 Art. 6. - Funzioni delle regioni e delle province autonome Ritenuto quindi che debba considerarsi sufficiente la deliberazione a 1. Ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo, fermo restan- maggioranza, poiché la citata norma, per evidenti connotazioni pub- do quanto disposto dal comma 3, le disposizioni del presente blicistiche che la caratterizzano, essendo volta a perseguire l’obietti- decreto si applicano per le regioni e province autonome che vo del contenimento energetico, va intesa come norma imperativa non abbiano ancora provveduto ad adottare propri provvedi- di legge, comunque sovraordinata ai regolamenti condominiali, menti in applicazione della direttiva 2002/91/CE e comunque sia pure contrattuali” termotecnica sestese www.termotecnica-sestese.it s.r.l. DA OLTRE 40 ANNI AL VOSTRO SERVIZIO INSTALLAZIONE SISTEMI DI TERMOREGOLAZIONE E CONTABILIZZAZIONE PROGETTAZIONE, INSTALLAZIONE, MANUTENZIONE CENTRALI TERMICHE, IMPIANTI AUTO CLAVE, CONDIZIONAMENTO, RIQUALIFICAZIONI CENTRALI TERMICHE, SERVIZIO ENERGIA, TERZO RESPONSABILE Tel. 02/2423285 - 02/2403814 Fax 02/26224172 [email protected] Via Carducci, 3 - Sesto San Giovanni l’amministratore 45 Speciale ANACIDAY LA TRACCIABILITA’ DEI PAGAMENTI Raffaele Caratozzolo (LIMITAZIONE alla CIRCOLAZIONE del DENARO CONTANTE) Come è ormai noto a tutti, dal 6 Dicembre 2011, la libera circolazione di denaro contante e relativi pagamenti è limitata ad € 1.000,00. Ciò significa che per importi pari o superiori al nuovo limite, occorre utilizzare mezzi tracciabili. La norma fa riferimento a quella originaria (D.Lgs. 231/2007) che parla di divieto di circolazione per importi “pari o superiori” a….., ciò sta a significare che già il limite minimo (pari) di € 1000 rientra nell’ obbligo della tracciabilità. Non è la prima volta che si interviene su tale problematica; ricordiamo che questo è il sesto intervento in materia: - Fino al 29 Aprile 2008 = limite € 12.500,00 - Dal 30 Aprile 2008 al 24 Giugno 2008 = € 5.000,00 - Dal 25 Giugno 2008 al 30 maggio 2010 = limite € 12.500,00 - Dal 31 Maggio 2010 al 12 Agosto 2011 = limite € 5.000,oo - Dal 13 Agosto 2010 al 5 Dicembre 2011 = limite € 2.500,00 - Dal 6 Dicembre 2011 = limite € 1.000,00 Esaminando più dettagliatamente la norma, l’ art. 12 co 3 del D.L. 201/2011 limita l’ uso del contante e dei titoli al portatore”, quindi, non è il solo denaro contante ad essere interessato, ma anche i libretti e i depositi bancari o postali, gli assegni (bancari/circolari) e vaglia bancari o postali, se “al portatore”. Una particolare attenzione è da porsi alle operazioni c.d. “frazionate” non dipendenti da un accordo contrattuale, le quali, ritenute artificiosamente “spezzettate”, entrano nella limitazione dei 1000 euro anche se, singolarmente, di importo inferiore. Un esempio può chiarire meglio il concetto : Un soggetto, obbligato a versare una somma di € 3000 a saldo di un debito, decide di versare detta somma in 5 quote da € 600 ciascuna, ritenendo di poter pagare in contante ogni quota in quanto inferiore al limite di € 1000. Detto frazionamento di somma è ritenuto irrilevante in quanto l’ importo complessivo viene ritenuto comunque riferito ad € 1000, e ogni versamento “frazionato”, anche se di importo inferiore, dovrà essere effettuato comunque con mezzi 46 tracciabili. Viceversa i pagamenti “frazionati” ritenuti leciti e quindi anche per importi inferiori al limite potranno essere effettuati se il “frazionamento” deriva da un accordo precontrattuale (le parti avevano già stipulato un accordo che prevedeva tali pagamenti in tempi diversi e per importi inferiori al limite). Si ricorda che per pagamenti non si intende solo il classico saldo di una fattura, ma viene ritenuto tale qualsiasi trasferimento a terzi di denaro contante o titoli al portatore. Altro esempio per spiegare meglio: Se io verso una somma, pari o superiore ad € 1000 nel mio c/c, questa operazione non è ritenuta un pagamento, bensì un versamento nel proprio conto; se, viceversa, effettuo un versamento, attraverso bonifico, in un conto corrente di altri soggetti, questa operazione è ritenuta un pagamento e quindi soggetta al rispetto del limite sulla libera circolazione del denaro contante. In conseguenza dell’entrata in vigore della norma che stiamo esaminando, tutti i titoli al portatore (generalmente depositi in libretti bancari o postali) di importo pari o superiore ad € 1000, esistenti alla data di entrata in vigore della norma stessa, dovranno essere o estinti o riportati ad una soglia inferiore al limite previsto dei 1000 euro. La tempistica per effettuare tali operazioni , fissata precedentemente al 31/12/2011, è stata spostata al 31/3/2012. Quale scelta potrà essere fatta dal detentore di tali depositi? O riduce l’ importo del deposito alla soglia inferiore al minimo, prelevando la differenza, o estingue l’intero deposito. Fatto ciò il detentore delle somme, che potrebbero essere anche a titolo di caparra da contratti di locazione, potrà versare la somma contante nel proprio c/c, aprire un ulteriore c/c, aprire un altro deposito bancario o postale però “nominativo”. Ovviamente non potevano mancare le sanzioni in caso di non ottemperanza alle nuove disposizioni, e più precisamente: - Per tutti i trasferimenti di denaro di importo superiore al limite consentito, per la mancata indicazione della clausola “non trasferibile” e del nome del “beneficiario” negli assegni l’amministratore Speciale bancari/circolari o postali, la sanzione va dall’1% al 40% dell’ importo dell’ operazione con un minimo di € 3000. Il minimo dell’ 1% è elevato al 3% in caso di importo superiore ad € 50.000. - Per i libretti bancari o postali al portatore di importi superiori al limite, la sanzione va dal 20% al 40% del saldo. In caso di importo superiore ad € 50.000, la percentuale diventa dal 30% al 60% (con la maggiorazione quindi del 50% rispetto alla precedente). - Per mancata estinzione o riduzione dell’ importo dei depositi al portatore entro il 31 marzo 2012, è applicabile la sanzione dal 10% al 20% del saldo (con la maggiorazione del 50% in caso di importi superiori a € 50.000). In caso di saldi inferiori a € 3000, la sanzione è pari allo stesso saldo. Un allarme ingiustificato è dato dalla supposta impossibilità di prelevare o versare somme nel proprio conto corrente di ammontare pari o superiore al limite dei 1000 euro. E’ stato confermato che detti prelievi o versamenti sono liberi e senza determinare, in modo automatico, ANACIDAY una violazione in materia. Ogni Istituto di credito o postale dovrà valutare, unitamente ad altri elementi, la ricorrenza dei presupposti per ritenere “sospetta” quell’ operazione, in quanto, il più delle volte, la stessa nulla ha di veramente “sospetto”. Si pensi a versamenti da parte di un Amministratore di condominio nei conti correnti dei vari complessi gestiti, e relativi alla riscossione delle rate condominiali effettuati direttamente nel proprio ufficio. Prelevamenti frequenti dal proprio conto corrente e anche per importi superiori ad € 15.000 possono indurre a ritenere le stesse “sospette”, mentre prelevamenti di somme, magari sempre uguali, mensilmente, rientrano nella vita quotidiana di ogni cittadino. Altra prescrizione: le Pubbliche Amministrazioni non potranno più pagare stipendi o altre somme di importo superiore ad € 1000 (nella bozza era previsto € 500) se non con accreditamento in c/c bancari o postali o con altri strumenti elettronici scelti dal beneficiario. In generale anche i pensionati dovranno dotarsi di un c/c. A tal proposito i conti correnti aperti da soggetti titolari di pensioni minimi o sociali, saranno oggetto di particolari convenzioni al fine di azzerare i costi di mantenimento del rapporto stesso. l’amministratore 47 Speciale ANACIDAY IMPRESE E CONDOMINIO, DALL’ODIERNA CONGIUNTURA ALLE EVOLUZIONI PROBABILI Saverio Fossati I rapporti tra imprese e condominio sono sempre caratterizzati da pericolose vischiosità, dovute alla caratteristica fondamentale del condominio: non si tratta di una società di capitali dove l’amministratore delegato ha pieni poteri di organizzazione e amministrazione ma di un istituto fondamentalmente democratico dove ognuno ha il diritto di modificare il corso delle decisioni dell’amministratore (condominiale) proponendole in assemblee periodiche e spesso assai frequenti. La scarsa autonomia dell’amministratore, che sovente incontra la surrettizia adesione del professionista a una situazione in cui anche le sue responsabilità vengono fortemente limitate, lascia però spazio all’intervento di condomini spesso poco esperti e, a volte, semplicemente desiderosi di procurare lavoro a un’impresa con la quale hanno un rapporto di fiducia o amicizia, a prescindere da effettive capacità che difficilmente sono in grado di valutare. Per questo la riflessione andrebbe condotta, anzitutto, su questo piano: come convincere i partecipanti al condominio che prima di agire, magari ingenuamente, nell’interesse dell’impresa, occorrerebbe munirsi degli indispensabili strumenti di valutazione che solo pochi non professionisti possiedono? L’amministratore dovrebbe anzitutto invertire il suo atteggiamento, spesso determinato dal fastidio per un’espressa sfiducia nei suoi confronti o in quelli dell’impresa da lui individuata, aiutando i condomini a capire meglio cosa vanno discutendo e proponendo. La trasparenza, in un regime iperdemocratico come quello del condominio, è condizione necessaria per convincere i condomini della bontà della propria azione. Non lasciare che siano i condomini a decidere senza il dovuto aiuto, a costo di suscitare sospetti di parzialità, dovrebbe essere preciso dovere deontologico del professionista. Fatta questa premessa, è giusto richiamare in breve i legami formali tra impresa e condominio che, a 48 prescindere dal contratto di appalto o fornitura, negli ultimi anni si sono accumulate sulle spalle dell’amministratore, prime tra tutte l’obbligo di effettuare la ritenuta d’acconto sui compensi e le responsabilità in merito alla sicurezza sul lavoro in quanto committente. La sentenza sulla parziarietà dei debiti condominiali (Cassazione, sezioni unite 8 aprile 2008, n. 9148) ha poi ulteriormente complicato i rapporti tra l’amministratore e l’impresa, perché il rapporto di fiducia si incrina quando il professionista è costretto a comunicare che le insolvenze dei condomini si riverberano necessariamente sui creditori Sotto il primo profilo, non resta che registrare che l’obbligo avrebbe dovuto servire a far emergere il “nero” delle imprese che lavorano con i condominii ma come di consueto gli efetti sono stati inutili in alcune zone d’Italia, dove tutto è continuato come prima, e superflui laddove la pratica delle fatture regolari era già seguita. Sotto il secondo profilo, va sposata la prudenza che uno studioso come Silvio Rezzonico ha usato nell’affrontare il problema, affermando che nel condominio, inteso come luogo di lavoro, la titolarità degli obblighi di sicurezza, di cui al Dlgs 81/08, dipende dalla qualificabilità o meno del condominio come datore di lavoro. Sul condominio infatti gravano gli obblighi previsti, a carico del datore di lavoro, solo nei confronti dei propri lavoratori subordinati. In caso di affidamento dei lavori ad una impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi, è prevista la cooperazione e il coordinamento in merito alla predisposizione delle misure di prevenzione dei rischi sul lavoro, incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto, mediante l’elaborazione di un unico documento di valutazione dei rischi da interferenza (Duvri), da allegare al contratto l’amministratore Speciale di appalto o d’opera. Sul condominio datore di lavoro incombe infatti l’obbligo, sancito dall’articolo 26 del richiamato decreto, di informazione reciproca, al fine di eliminare i rischi dovuti alle interferenze con i lavori delle imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera. E, tuttavia, ai sensi del comma terzo dello stesso articolo 26, le disposizioni riguardanti la redazione del Duvri non si applicano ai rischi specifici, propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi. Alla stregua di quanto sopra, riteniamo che sul condominio - datore di lavoro e committente dei lavori - incombesse l’obbligo di nominare il coordinatore della sicurezza. In ogni caso, le sanzioni pecuniarie e le responsabilità conseguenti alla violazione degli obblighi di cui al Dlgs 81/08 gravano sul condominio e non sull’amministratore, che è solo il legale rappresentante del condominio. Per quanto riguarda l’infrazione relativa al dipendente sprovvisto di casco e di protezione su una scala mobile, riteniamo che la responsabilità debba addebitarsi all’appaltatore, posto che l’infrazione sembra da ricollegare, con prevedibile nesso di casualità, alle situazioni di pericolo derivanti dall’attività propria dell’impresa. Sotto il terzo profilo, va fatta una riflessione pratica: se che il contratto annuale con l’amministratore è stato stipulato in nome e per conto del condominio ed è stato fatto proprio o ratificato dall’assemblea, l’impresa creditrice può agire nei confronti dei proprietari in base alla sentenza del 2008. Va però ricordato che se è da ritenere che il condominio continua a essere debitore nei confronti di una impresa pur avendo liquidità in cassa l’amministratore deve provvedere al saldo di quanto dovuto, anche in presenza di morosità. In ogni caso, questa sentenza ha subito parecchi attacchi giurisprudenziali, che fanno presagire una marcia indietro. L’ultimo dei quali è stato mosso con la sentenza 21907/2011 della Cassazione (presidente Triola), che ha scelto però un’altra strada: partendo dal caso concreto, quello di una comunione ereditaria (quindi solo indirettamente legato al condominio), si è spinta a un’interpretazione più ampia del concetto di solidarietà passiva, arrivando a non ritenere «persuasiva la tesi che la solidarietà passiva, a parte le ipotesi speciali espressamente volute dal legislatore, dipenda dalla (e si leghi indissolubilmente alla) indivisibilità della prestazione e sia preordinata a proteggere, in fase ANACIDAY esecutiva, soltanto l’unità della prestazione indivisibile». La seconda sezione richiama quindi le ragioni storiche della solidarietà passiva, introdotta «in conseguenza della commercializzazione delle obbligazioni civili al fine di rafforzare, nella fase di attuazione del rapporto obbligatorio, tanto le probabilità per il creditore di vedere soddisfatto il suo interesse creditorio al bene oggetto della prestazione quanto la “comunione di interessi” dalla quale, nella realtà della vita, “più debitori... obbligati per un solo debito... sono legati intimamente” (Relazione al codice civile, n. 597)». Quindi, conclude il collegio, dato che «il fondamento della solidarietà passiva non risiede nell’esigenza di tutelare l’adempimento unitario di una obbligazione avente per oggetto una cosa o un fatto non suscettibile di divisione, bensì in quella di rafforzare le probabilità per il creditore di conseguire la prestazione, sia questa divisibile o indivisibile, è da escludere che l’indivisibilità della prestazione costituisca un necessario predicato dell’idem debitum». Il deposito di questa sentenza, che pur surrettiziamente è di fatto in contrasto con la 9148/2008, può quindi rappresentare il mattone principale di un ritorno delle Sezioni unite sulla questione, in modo da temperare gli effetti della pronuncia del 2008 e rendere finalmente più semplici i rapporti con l’impresa. l’amministratore La chiesa di San Cristoforo - Milano 49 Varie ed eventuali SESTO SAN GIOVANNI: NOVITA’ NEL RISCALDAMENTO In un teatro, il Manzoni di Sesto San Giovanni, affollato in platea ed in galleria all’inverosimile, più di ottocento persone, senz’altro i colleghi Nino Berti, Alberto Bonisolo, Giorgio Buonavitacola, Federico Cini, Guido Giuliani, Giuseppe Pisano, Stefano Romanini, Alessandro Zaghini, Virgilio Zanardi, Bruno Zoccoli hanno organizzato l’interessante convegno sulle nuove normative della Regione Lombardia in materia di riscaldamento (valvole e ripartitori). Dopo un intervento interessante del rappresentante della A2a, che si è intrattenuto sul teleriscaldamento, l’intervento del rappresentante tecnico della Regione Lombardia è stato pesantemente contestato dalla cittadinanza sestese, in quanto la nuova normativa porterà ad ogni condomino, a seconda del numero dei termosifoni, spese non indifferenti. E ciò in un momento in cui in molti condominii vi sono difficoltà nell’incasso delle quote condominiali. Il termotecnico Simone Prosperi ha intrattenuto la platea e la galleria sulle particolarità tecniche di valvole e ripartitori. L’avv. Marina Figini del Centro Studi Condominiali di Milano ha illustrato dal punto di vista giuridico l’obbligatorietà della normativa. Alla fine, dibattito acceso che il collega Berti moderatore del convegno ha faticato a dirigere . All’inizio Dario Guazzoni nella sua qualità di presidente provinciale e Pietro Membri nella sua qualità di presidente nazionale avevano introdotto il convegno soffermandosi sull’istituto giuridico condominio che rappresenta l’ottanta per cento della proprietà immobiliare italiana e che il Parlamento sta per modificare pesantemente in alcuni punti della vigente normativa giuridica. SITO ANACI MILANO Ricordiamo ai colleghi ed ai lettori de L’Amministratore che sul sito ufficiale di Anaci Milano, è pubblicato ogni numero della rivista. www. anacimilano.it La platea del teatro Manzoni gremita 50 l’amministratore Gianfranco Corazza Claudio Vai Maurizio Vanzini Guido Faini Giorgio Buonavitacola Leonardo Caruso Vitantonio Palmisano Paolo Frisenna Gianfranco Calvio LA CARTINA DELLE 9 DELEGAZIONI ANACI IN PROVINCIA DI MILANO Varie ed eventuali Le 9 delegazioni dell’Anaci in provincia Questa rubrica è dedicata a ciò che succede in provincia di Milano. Tutti i responsabili di zona dell’Associazione relazionano sulla situazione in modo tale da tenere aggiornati gli associati sulle novità delle varie aree territoriali. Un servizio che Anaci crede possa essere utile per tutti i lettori per far loro capire quali siano le realtà che ci circondano. CINISELLO BALSAMO – Leonardo Caruso – Via Vittoria, 7 – Tel./Fax 02/66014056 Per rimare sempre aggiornati su tutto quello che accade a Cinisello Balsamo sarà sufficiente iscriversi alla Newsletter del Comune. Si tratta di uno dei principali strumenti di comunicazione offerti dal Comune. Ha cadenza settimanale e comprende tutte le notizie che riguardano la vita della città: eventi, incontri, progetti e iniziative del Comune e delle diverse associazioni che operano sul territorio e che hanno ottenuto il patrocinio del Comune. Abbonarsi alla Newsletter rappresenta il modo più semplice ed efficace per restare sempre aggiornati in tutti gli ambiti, dalla politica alla cultura, dallo sport al volontariato e molto altro ancora. Inoltre, già a partire dallo scorso marzo, è attiva una nuova newsletter, denominata “News Giovani”, con cadenza quindicinale, dedicata principalmente agli under 30 e legata al sito “Pagine Giovani” del Comune. La news raccoglie notizie sugli eventi promossi da e per i giovani, sulle iniziative del Comune e delle Associazioni locali. Sarà inoltre possibile reperire informazioni su bandi, concorsi, opportunità di lavoro e di formazione. La newsletter è gratuita e l’iscrizione semplicissima: basta inserire il proprio indirizzo e-mail nell’apposito spazio che si trova nell’home page del sito istituzionale. ABBIATEGRASSO - Claudio Vai - Ozzero Cascina Sega, 3 - Tel. 347/8889531 - Fax 02/90834421 E’ stata costituita ufficialmente il 23 gennaio a Calvignasco l’Azienda Speciale Consortile, dopo anni di lavoro e confronto tra i Comuni del territorio per rispondere alle problematiche sociali acuite ultimamente dalla crisi. I 15 Comuni: Abbiategrasso, Albairate, Besate, Bubbiano, Calvignasco, Cassinetta di Lugagnano, Cisliano, Gaggiano, Gudo Visconti, Morimondo, Motta Visconti, Ozzero, Rosate, Vermezzo, Zelo Surri- 52 gone con una popolazione complessiva di ca. 79.000 abitanti hanno portato a termine un lavoro condiviso per gestire il Piano di Zona socio-sanitario e, più in generale, la gestione dei servizi alla persona a prevalente carattere sociale. “Data la rivoluzione nei finanziamenti, tolti dal governo - ha detto l’assessore Garzetti cerchiamo di mantenere i servizi. Questa Azienda gestirà tutti i servizi alla persona, si occuperà prevalentemente delle fasce l’amministratore deboli della cittadinanza: minori, disabili, anziani, adulti in difficoltà. E’ importante soprattutto per i Comuni più piccoli condividere le esigenze per dare risposte che da soli stenterebbero ad affrontare. L’Azienda Speciale consortile si è scelto di costituirla a Calvignasco, il Comune più piccolo, perché si è superato ogni particolarismo comunale e per sottolineare che l’Azienda rappresenta tutta la comunità dell’abbiatense, senza distinzioni”. Varie ed eventuali SESTO SAN GIOVANNI - Giorgio Buonavitacola - Via Dante, 105 - Tel. 02/2440343 - 02/2423604 - Fax 02/24235787 All’inizio del 2012 la città di Sesto San Giovanni deve far fronte a un’escalation di atti vandalici che hanno preso di mira i giochi e le attrezzature dei parchi pubblici. Spesso sono vere e proprie bande di giovinastri annoiati che danno corso alle loro bravate per riempire serate altrimenti vuote di contenuti. Già nello scorso dicembre l’argomento è arrivato sul tavolo del Consiglio Comunale e si evidenziava lo stato di degrado dei giochi per i bambini presenti nei giardini di Carlo Marx, della Villa Zorn - in pieno centro - ed al parco Comi. L’Amministrazione si è presa a carico la segnalazione precisando tuttavia che non è possibile effettuare le riparazioni in quanto verrebbe meno la ‘certificazione’ delle attrezzature danneggiate, né acquistarne subito di nuove, visti i prezzi delle stesse. Risultato: rimozione dei giochi danneggiati. Vengono a mancare in special modo quelli dedicati ai bambini in fascia di età 0/3 anni. Si auspica che con il fondo di integrazione di € 800.000 che il Comune riceverà dalla Regione come premio per la virtuosità dei propri bilanci si proceda all’acquisto dei giochi rimossi ed a studiare la futura stipulazione di una polizza assicurativa specifica per gli atti vandalici che purtroppo accadono. MELZO - Guido Faini - Via Verdi, 1 - Tel. 02/95738228 - Fax 02/95711686 Il Sistema Bibliotecario Milano Est (SIME) è giunto su Facebook! Con questa novità da oggi è possibile condividere le recensione dei libri, parlare degli eventi organizzati dalle singole biblioteche o direttamente dal SBME e pubblicarne le foto. Il SIME fornisce servizi per le biblioteche dei 30 Comuni associati, tutti geograficamente situati nell’area sud-est della Provincia di Milano, servendo un bacino d’utenza di circa 362.413 abitanti. Tale dimensione permette notevoli economie di scala ed elevati standard qualitativi di servizio. Fondato nel 1979 da pochi comuni il SIME ora conta 39 biblioteche. Il SIME ha per scopo promuovere, sostenere e rendere operativi i servizi di informazione e lettura delle biblioteche associate, valorizzare e diffondere il loro patrimonio librario e documentario, rendere possibile l’accesso alle risorse informative remote, promuovere attività culturali legate alla diffusione della lettura, del libro e dell’informazione. Il suo funzionamento è regolato da una convenzione approvata da tutti i comuni associati. Con questa esperienza di collaborazione sovraterritoriale si è realizzata una piena integrazione delle risorse delle biblioteche che renda possibile a tutti i cittadini l’accesso a tutti i servizi disponibili, indipendentemente dalla sede che desiderano utilizzare o del comune in cui risiedono. MELEGNANO - Vitantonio Palmisano - Via Nino Bixio, 7 - Tel. 02/9834157 - Fax 02/9832196 E’ di questo mese la notizia che la Polizia Forestale di Lodi ha verificato l’impianto di depurazione delle acque gestito dalla società Sal (Società Acque Lodigiano) e ne ha disposto il sequestro giudiziario del sito ubicato al Costino. La denuncia è stata promossa da Legambiente Lombardia, la quale ha indicato anche i depuratori “di agglomerato” di San Giuliano Ovest e San Giuliano Est con Mediglia, Melegnano con Vizzolo Predabissi, San Colombano al Lambro insieme a Borghetto Lodigiano e Graffignana come strutture in procinto di essere multate dalla Commissione europea a norma di controlli avviati fra 2007 e 2008. L’associazione ambientalista ha anche fornito le motivazioni dello scostamento dai parametri legali: a San Giuliano/ Mediglia l’allacciamento è incompleto, come del resto a Melegnano/Vizzolo Predabissi; a San Colombano e comuni limitrofi ad essere incompleta è la rete di depurazione. Nella sola Lombardia ci sarebbero 491 comuni allacciati a linee di depurazione ritenute inadeguate, parziali, e deficitarie in vari modi rispetto a quello che è il parametro guida di oggi ovvero la procedura 2034 del 2009. Dire 491 in lista nera è quasi un comune su due; il che dà l’idea dell’estremo tecnicismo della materia. TREZZANO SUL NAVIGLIO - Gianfranco Corazza - Via Manzoni, 20 - Tel. 02/48401064 - Fax 0248461231 Trezzano sul Naviglio dichiara guerra al traffico divenuto ormai insopportabile. La previsione di un nuovo reticolo viabilistico sarà uno dei punti qualificanti dell’agenda relativa al futuro urbanistico della città. Il sindaco di Trezzano Giorgio Tomasino considera di prioritaria importanza affrontare il tema, rimandato da tanti anni, sul traffico di attraversamento. D’altra parte Trezzano ha le caratteristiche di molte cittadine della periferia milanese, con la particolarità che oltre ad essere attraversato dalla tangenziale ovest, subisce gli effetti negativi del traffico che transita lungo le due Vigevanesi, la vecchia e la nuova, dei mezzi che da Cusago vanno verso Gaggiano e Zibido e viceversa. Inoltre, il tessuto industriale e produttivo è inserito nel contesto urbanizzato, determinando problemi viabilistici anche per il traffico pesante. Nel frattempo, torna d’attualità l’ordinanza emessa l’amministratore nel maggio 2011 del limite dei trenta all’ora nei tratti urbani di Trezzano, non ancora revocata. Il provvedimento veniva istituito, temporaneamente e per motivi di sicurezza, per far fronte alle numerose voragini presenti nelle vie di Trezzano che, complici le piogge, il passaggio di mezzi pesanti e una manutenzione stradale non sempre puntuale, costringono gli automobilisti a pericolosi slalom per non rischiare di rovinare la propria auto. 53 MONDIAL TAPPETI Servizi e forniture Condominiali dal 1962 Passatoie Zerbini Casellari postali Imbiancature Levigatura marmo Corrimano Creazione ripostigli sottoscala Creazione buche per zerbini Bacheche portapubblicità e portabiciclette Vi a l e M o n z a , 11 3 - 2 0 1 3 5 M i l a n o Te l . 0 2 - 2 6 1 4 11 6 0 F a x 0 2 - 2 6 11 6 4 0 0 e-mail: [email protected] www.mondialtappeti.it Sacchi raccolta differenziata Prodotti per la pulizia Lampadine Trespoli e Cassonetti Scale e Carrelli Antinfortunistica √ Sopralluoghi e preventivi gratuiti e tempestivi √ Garanzia di lavori eseguiti a regola d’arte √ Materiali pronti a magazzino √ Consegne gratuite e veloci richiedete il nostro catalogo Varie ed eventuali DA AMSA RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO LE NOVITA’ PER LA RACCOLTA RIFIUTI NELLA NOSTRA CITTA’ 0LODQRIHEEUDLR 3URW&5( *HQWLOH$PPLQLVWUDWRUH LQ TXHVWL DQQL JUD]LH DOOD 6XD SUH]LRVD FROODERUD]LRQH DOOҋD]LRQH GHL FLWWDGLQL H DOOҋDYDQ]DWRVLVWHPDGLUDFFROWDGL$PVD0LODQRKDSRWXWRFRQVHJXLUHEXRQLULVXOWDWL QHOODUDFFROWDGLIIHUHQ]LDWD5LVXOWDWLFKHSHUzGREELDPRFRQWLQXDUHDPLJOLRUDUHSHU ULVSHWWDUH JOL REEOLJKL LPSRVWL GDOOH QRUPH YLJHQWL H SHU HVVHUH VHPSUH H SL RUJRJOLRVLGHOODQRVWUDFLWWj $ TXHVWR ILQH $PVD LQ DFFRUGR FRQ LO &RPXQH GL 0LODQR KD GHFLVR GL DSSRUWDUH XQҋLPSRUWDQWH PRGLILFD DOOD PRGDOLWj GL UDFFROWD GHL ULILXWL FKH YLHQH LQWURGRWWD DWWUDYHUVR Oҋ2UGLQDQ]D GHO 6LQGDFR Q ² 3* DSDUWLUHGDO IHEEUDLRFRQHIIHWWRSHUHQWRULRGDOPDJJLR $ SDUWLUH GDO IHEEUDLR /H FKLHGLDPR GL IDU VRVWLWXLUH LO VDFFR QHUR FRQGRPLQLDOH SUHYLVWR SHUOD UDFFROWDGHOULILXWRLQGLIIHUHQ]LDWR FRQTXHOORQHXWUR WUDVSDUHQWH /ҋRELHWWLYR GL WDOH FDPELDPHQWR qTXHOORGLLQWHUFHWWDUHXQDPDJJLRUHTXDQWLWj GL PDWHULDOH FKH DWWXDOPHQWH YLHQH LPSURSULDPHQWH LQVHULWD DOOҋLQWHUQR GHO VDFFR QHUR SHU GHVWLQDUOD DO ULFLFOR , FLWWDGLQL VDUDQQR FRVu LQFHQWLYDWL D ULVSHWWDUH OH UHJROH GHOOD UDFFROWD GLIIHUHQ]LDWD H L QRVWUL RSHUDWRUL VDUDQQR DJHYRODWL QHOOH DWWLYLWj GLFRQWUROORDYLVWDGLHYHQWXDOLFRQIHULPHQWLQRQFRUUHWWL /D ULQJUD]LDPR ILQ GҋRUD GHOOD 6XD FROODERUD]LRQH LQGLVSHQVDELOH SHU GLIIRQGHUH TXHVWDQXRYDPRGDOLWjGLUDFFROWDSUHVVRWXWWLJOLVWDELOLGD/HLDPPLQLVWUDWL $PVDSURYYHGHUjDOODGLVWULEX]LRQHHDIILVVLRQHGLORFDQGLQHLQIRUPDWLYHSUHVVRWXWWLL QXPHULFLYLFLGL0LODQRHDGXOWHULRULD]LRQLGLFRPXQLFD]LRQHPLUDWD /HULFRUGLDPRLQROWUHFKHqD6XDGLVSRVL]LRQHLO1XPHUR9HUGHSHU HYHQWXDOLLQIRUPD]LRQL &RUGLDOPHQWH /D3UHVLGHQWH 'UVVD6RQLD&DQWRQL 56 l’amministratore Varie ed eventuali IL CAFFE’ DEL GENOEUCC Pinuccio Del Menico E’ giunta per Milano l’ora di riprendersi un primato. Basta con l’apologia di “na tazzulella ‘e caffè”. Riprendiamoci la nostra chicchera, la tazzina con il manico, che prese nome dal termine spagnolo “jicara” che a sua volta deriva dalla parola atzeca che indicava il guscio di un frutto tropicale usato come ciotola. A confermacelo non una leggenda, ma la storia. Quella iniziata nel 1570, quando il medico e botanico veneziano Prospero Alpino cominciò a prescrivere l’infuso come medicina per le sue qualità “ stimolanti e digestive”. Peccato che soli trentanni dopo Papa Clemente VIII condannò il suo uso considerandolo una eresia. Per fortuna lo assaggiò e si ricredette velocemente. Nel 1670 aprì il primo bar a Berlino. Cinquantanni dopo il Florian a Venezia. Bisognerà attendere oltre due secoli però per vedere la prima macchina del caffè. La inventò il torinese Angelo Moriondo che la brevettò il 16 maggio 1884 sotto la voce: “Nuovi apparecchi a vapore per la confezione economica ed istantaneo del caffè in bevanda”. Ma ancora si trattava in un infuso, nulla a che vedere con il cremoso corroborante dei nostri giorni. La svolta avvenne 17 anni dopo, e qui si ritorna nella nostra Milano, grazie all’ intuizione di Luigi Bezzecchi che brevettò il 5 giugno 1902 le “Innovazioni negli apparecchi per preparare e servire istantaneamente il caffè in bevanda”. Un curioso bidoncino verticale di lucidissimo ottone con caldaia scaldata da un fornello che permetterà di servire di volta in volta la bevanda l’amministratore ai clienti senza attingere, come nella precedente versione della macchina, ad un serbatoio pieno di caffè già preparato. Insomma aroma fresco ad ogni tirata di manetta. 57 Varie ed eventuali Tre anni dopo il brevetto venne acquistato da Desiderio Pavoni che nella sua piccola officina di via Parini cominciò la produzione di una macchina al giorno dando il via ad un successo che si concretizzò l’ anno successivo nella prima Fiera Internazionale di Milano. In breve tutti i bar ne ebbero una. Ma a casa? Trionfava ancora la vecchia cuccuma, magari alimentata dall’olandese che altro non era se non cicoria tostata e così chiamato perché la coltivazione della pianta erbacea era sviluppata soprattutto nel nord Europa, quando Alfonso Bialetti, nel 1933, nella sua fabbrichetta di Crusinallo, vicino Verbania, inventò la Moka, quella dei Caroselli con l’omino coi baffi creato dalla matita di Paul Campani. Ma come deve essere preparato un caffè al bar per essere perfetto? Innanzi tutto non è detto che una buona miscela dia un buon caffè. Il primo e fondamentale requisito è che i chicchi di caffè, magari provenienti da una confezione appena aperta, siano macinati al momento. Il dosato- re deve rilasciarne nel filtro sette grammi. Con meno risulterebbe annacquato. Poi va pressato con una forza pari a venti chilogrammi, badando bene che sia disposto nel filtro perfettamente orizzontale affinché l’ acqua, che funge da solvente, passi uniformemente. Infine il tempo occorrente per farlo scendere nella chicchera che deve essere tra i venti e i trenta secondi. E quindi via con la fantasia ed il gusto personale. Caffè ristretti o lunghi, macchiati o corretti, marocchini e bicerin con l’opzione del decaffeinato. Discorso a parte per i cappuccino dove la mano del barista si sente anche nella preparazione del latte. In una tazza da 20 centilitri andranno un espresso, latte e aria. Questi ultimi due ingredienti perfettamente amalgamati tra di loro, in modo che la schiuma non presenti tracce di bollicine che devono essere invisibili. Fondamentale la temperatura che deve essere tra i 55 e i 60 gradi. A casa, invece non rimane che ripescare la vecchia moka. Una sola atmosfera di pressione contro le 9 della macchina al bar, ma un aroma prezioso se si ha la cura di macinare i chicchi a momento, magari dopo avere ripescato il macinino della nonna. Chissà magari proprio quello che serviva a preparare una specialità che più milanese di così non si può: il caffè del genoeucc. In realtà di gastronomico c’è molto poco e bisogna ritornare ai tempi pre movida, quando il lavoro era tanto e la sera si andava a casa presto. Milano diventava così una città deserta,i bar e le osterie chiuse, pochi tiratardi in giro che finivano inevitabilmente sotto i portici meridionali di piazza Duomo. Unica bevanda a disposizione era proprio il caffè distribuito da un carrettino sopra il quale stava una piccola caldaia con il rubinetto. Un carrettino talmente basso che il venditore, per riempire la chicchera, doveva abbassarsi fino ad appoggiare un ginocchio a terra. Poi lo si beveva chiacchierando seduti su di un gradino o una panchina e nelle pause tra un sorso e l’altro la tazzina veniva appoggiata sul ginocchio. Due le versioni. A voi la scelta sul come è nato il “caffè del genoeucc”. Importante novità sui CORSI DI FORMAZIONE PER DIPENDENTI DI CONDOMINIO sulla sicurezza nel lavoro (d.lgs. 81/2008) Per le ultime novità legislative, i dipendenti di condominio che hanno già frequentato il corso di formazione dovranno essere aggiornati quinquennalmente tramite nuovo corso di 6 ore. I dipendenti che hanno frequentato il corso prima del 2008 dovranno frequentare, entro gennaio 2013, un corso di aggiornamento di 6 ore. Informazioni e prenotazioni presso la sede Anaci di Milano e-mail: [email protected] tel. 0258322122 58 l’amministratore Tasse e guai Cedolare secca Romano Bionda Rammentando che, con il decreto legislativo n. 23 del 14 marzo 2011, il legislatore delegato ha introdotto nel nostro ordinamento tributario la cosiddetta “cedolare secca” sui canoni di locazione ad uso abitativo percepiti da persone fisiche (vedi: Luigi Donzelli, Cedolare secca, in “L’Amministratore” n. 4/2011 pag. 59), si ritiene utile ritornare in argomento al solo scopo di illustrare gli aspetti sanzionatori innovati dal ricordato decreto legislativo, anche alla luce dei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 26/E, emanata dalla Direzione Centrale Normativa. imposta dovuta, nel caso di indicazione nella dichiarazione dei redditi di un canone inferiore all’effettivo (infedele dichiarazione). Nell’ipotesi in cui l’accertamento dell’ufficio, relativamente ai canoni di locazione ad uso abitativo, sia accettato dal contribuente oppure questi pervenga, con l’ufficio, ad un accertamento con adesione, le sanzioni previste per il caso di omessa dichiarazione o di infedele dichiarazione si applicano nella misura già prevista (quindi: non raddoppiata) ma senza la riduzione ad un quarto del minimo, in deroga al terzo comma dell’art. 3 del D.Lgs. 218/1997. Sanzioni in tema di imposizione diretta. Atteso che la normativa sulla “cedolare secca” è stata introdotta nel nostro ordinamento giuridico al dichiarato scopo di contrastare l’evasione fiscale, nei casi di omessa dichiarazione o di infedele dichiarazione (cioè se nella dichiarazione dei redditi delle persone fisiche il canone di locazione degli immobili ad uso abitativo non è dichiarato oppure è dichiarato in misura inferiore a quella effettiva) le sanzioni previste dall’art. 1, commi 1 e 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997 n. 471, sono raddoppiate e precisamente: Analogamente, anche la sanzione del 30%, prevista per il caso di omesso o tardivo versamento delle imposte afferenti i redditi di locazione di immobili ad uso abitativo, viene applicata in misura piena anche nelle ipotesi di rinuncia al ricorso o di accertamento con adesione. Si segnala poi, ai fini dell’accertamento, che l’art. 41 ter del D.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973 (introdotto dal comma 342 dell’art. 1 della legge n. 311/2004) prevede che, in caso di omessa registrazione del contratto di locazione, si presuma l’esistenza del rapporto di locazione anche per i quattro periodi d’imposta antecedenti a quello nel corso del quale è stato accertato il rapporto. In tal caso, ai fini della determinazione del reddito imponibile, si assume un canone annuo pari al 10% del valore catastale dell’immobile (pari a cento volte la rendita catastale rivalutata del 5%). • la sanzione amministrativa già prevista nella misura dal 120 al 240 per cento dell’imposta dovuta, con un minimo di 258 euro, si applica nella misura dal 240 al 480 per cento dell’imposta dovuta, con un minimo di 516 euro, nel caso di omessa indicazione del canone nella dichiarazione dei redditi; • la sanzione amministrativa già prevista nella misura dal 100 al 200 per cento della Per completezza, si rammenta che, in materia maggiore imposta dovuta, si applica nella mi- di imposte sui redditi, l’attività di accertamento sura dal 200 al 400 per cento della maggiore degli Uffici finanziari è preclusa nel caso in cui il l’amministratore 59 Tasse e guai proprietario, nella propria dichiarazione dei redditi, indichi l’ammontare più elevato tra: • il canone di locazione risultante dal contratto, ridotto del 15%; • il 10% del valore catastale dell’immobile. Sanzioni in tema di imposizione indiretta e conseguenze sul piano civilistico. rendita catastale (se tale importo è inferiore al canone pattuito tra le parti) che verrebbe adeguato, dal secondo anno, in base al 75% dell’aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai (resterebbe invece fermo il canone pattuito tra le parti qualora fosse inferiore alla predetta misura). Di particolare rilievo sono le conseguenze che si possono verificare nell’ipotesi di contratti di locazione ad uso abitativo non registrati o registrati per un importo inferiore all’effettivo oppure sotto forma di comodato fittizio. Inoltre, nell’ipotesi di un contratto di locazione non registrato, oppure registrato tardivamente, risulta sempre dovuta l’imposta di registro, maggiorata delle relative sanzioni (dovute solidalmente dai soggetti obbligati a chiedere la registrazione del contratto di locazione). In primo luogo si ricorda che, a norma dell’art. 1 - comma 346 - della Legge 30 dicembre 2004 n. 311, “i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati”. In particolare, l’omessa registrazione del contratto comporta, oltre all’obbligo di versare l’imposta di registro evasa (2% del canone annuo di locazione) l’applicazione di una sanzione amministrativa il cui importo varia dal 120% al 240% dell’imposta dovuta (art. 69 del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131). In secondo luogo, l’art. 3 del ricordato decreto legislativo n. 23 del 14 marzo 2011 – con i commi 8 e 9 – introduce una specifica disciplina per i contratti di locazione ad uso abitativo che, ricorrendone i presupposti di legge, non sono registrati entro i termini previsti: 30 giorni dalla data di stipulazione del contratto o della sua esecuzione. Analogamente, il parziale occultamento del corrispettivo pattuito determina, oltre all’accertamento dell’imposta evasa (2% del maggiore canone annuo accertato) l’irrogazione di una sanzione amministrativa il cui ammontare varia dal 200% al 400% della maggiore imposta dovuta (art. 72 del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131). In tale ipotesi si produrrebbero le seguenti Si precisa, ad ogni buon fine, che l’attività conseguenze, sul piano civilistico: di accertamento è preclusa agli Uffici finanziari quando il contratto registrato indica un canone • dalla data della registrazione del contrat- annuo almeno pari al 10% del valore catastale to, sia essa “volontaria” (su richiesta dell’in- dell’unità immobiliare, ottenuto moltiplicando quilino) ovvero sia “d’ufficio”, si stabilirebbe per 120 il valore della rendita catastale rivalutata in quattro anni la durata della locazione, rin- del 5% (art. 52, commi 4 e 5 del D.P.R. 26 aprile novabile per altri quattro anni, salvo eccezio- 1986 n. 131, come modificato dall’art. 1-bis co. ni, ai sensi dell’art. 2 comma 1 della legge n. 7 del D.L. 12/07/2004 n. 168 conv. nella Legge 431 del 1998; 30/07/2004 n. 191). • si fisserebbe, a decorrere dalla data della registrazione del contratto, un canone anAnche all’imposta di registro è stata estesa nuo di locazione in misura pari al triplo della l’operatività del ravvedimento operoso, che con- 60 l’amministratore Tasse e guai siste nell’effettuare spontaneamente gli adem- pendenti alla data del 1° gennaio 2011. pimenti omessi o irregolarmente eseguiti, entro determinate scadenze, fruendo in tal modo di una Tuttavia, per la tardiva registrazione del conriduzione delle sanzioni (art. 13 D.Lgs. 18 no- tratto di locazione restano sempre e comunque vembre 1997 n. 472). dovute, dalle parti contraenti, le sanzioni commisurate all’imposta di registro calcolata sul corriIn proposito, si ritiene opportuno richiamare i spettivo pattuito per l’intera durata del contratto. chiarimenti forniti dalla Circolare n. 26/E dell’A- Naturalmente, qualora i soggetti obbligati alla genzia delle Entrate per il caso in cui il locatore, registrazione del contratto si avvalgano dell’istiin sede di registrazione tardiva del contratto di tuto del ravvedimento operoso, le sanzioni dovulocazione, eserciti l’opzione per il regime della te in solido dalle parti contraenti sono ridotte ad cedolare secca. un ottavo del minimo (nuova misura della riduzione introdotta, a partire dal 1° febbraio 2011, Atteso che la cedolare secca sostituisce l’im- dall’art. 1- comma 20 - della legge 13 dicembre posta di registro dovuta sul canone di locazione, 2010 n. 220). per il periodo di durata dell’opzione per la cedolare secca il locatore non è tenuto al versamento Un caso pratico dell’imposta di registro, neppure nel caso di registrazione tardiva del contratto, qualora i termini Ipotizziamo che il proprietario abbia concesdi registrazione del contratto siano stati ancora so in locazione un proprio appartamento (la cui Febbraio 2012 - Milano nella morsa del gelo! 61 l’amministratore 61 Tasse e guai rendita catastale è pari ad Euro 292,83) ad un canone mensile di Euro 450,00, con un contratto non registrato. Qualora l’inquilino provveda autonomamente, pur in assenza di un contratto scritto, alla registrazione del contratto di locazione presentando all’Ufficio una “apposita denuncia in doppio originale, unitamente al modello 69 debitamente compilato”, si renderebbe applicabile l’art. 3 – commi 8 e 9 - del D.Lgs. 14/03/2011 n. 23; di conseguenza: • la durata del contratto sarebbe stabilita in quattro anni a decorrere dal momento della registrazione, rinnovabile per altri quattro anni ai sensi dell’art. 2 della legge n. 431/1998; • il canone annuo sarebbe fissato nella misura di Euro 922,41 (pari a tre volte la rendita catastale di Euro 292,83 rivalutata del 5%) a cui corrisponderebbe un canone mensile di Euro 76,87 – di gran lunga inferiore a quello già pattuito tra le parti, di Euro 450,00. Il proprietario, pur ricevendo un canone mensile di soli Euro 76,87 (drasticamente ridotto rispetto a quello inizialmente pattuito di Euro 450,00) non dovrebbe poter chiedere lo sfratto dell’inquilino per morosità perché i contratti non registrati sono considerati nulli, ai sensi dell’art. 1, comma 346, della legge n. 311 del 30/12/2004. Non si può concludere, d’altro canto, senza evidenziare le perplessità che emergono dalla lettura della norma sopra citata, la quale appare in aperto contrasto con l’art. 10, comma 3 (ultima parte) della Legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente) secondo cui “Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto”. PRODOTTI e SOLUZIONI per il S U P E R A M E N T O delle BARRIERE ARCHITETTONICHE w w w. i r e d a . e u IRE.DA. & C. srl 1 Rampe componibili in polietilene 2 Rampe portatili 3 Rampe modulari in alluminio Sede Operativa con Magazzino ed Esposizione - Via Savonarola, 5 - 20016 PERO (MI) Tel 02.30062323 - Fax 02.33910275 - Cell 393.9334031 - E mail: [email protected] 62 l’amministratore Tasse e guai VADEMECUM OPERATIVO PER AGEVOLAZIONI FISCALI Raffaele Caratozzolo (Manutenzioni Ordinarie/straordinarie Ristrutturazioni e Risparmio energetico) ******** Si ricorda, preliminarmente, che mentre la detrazione d’ imposta per opere dirette al risparmio energetico (55%) può riguardare sia immobili adibiti ad abitazione, che immobili adibiti ad uso diverso, quella relativa alle manutenzioni ordinarie/straordinarie e ristrutturazione dirette all’ agevolazione del 36%, riguarda esclusivamente immobili adibiti ad abitazioni e loro pertinenze. Un’altra avvertenza da tenere presente è data dal tipo di intervento relativo alla proprietà dell’ immobile sul quale si attuano alcune spese; Relativo all’agevolazione del 36%: - Se l’immobile oggetto delle opere finalizzate all’ agevolazione è PRIVATO, sono detraibili solo le manutenzioni STRAORDINARIE e per un massimo di € 48.000,00 - Se le opere finalizzate all’agevolazione hanno per oggetto le parti comuni di un Condominio, sono agevolabili sia quelle per manutenzioni ORDINARIE che STRAORDINARIE, e per un massimo di € 48.000,00 per il numero di unità di cui è composto il condominio stesso (10 unità = limite di spesa € 480.000,00). Relativo all’agevolazione del 55%: - Il problema non si pone in quanto non è l’immobile il riferimento principale, bensì l’ opera tra quelle tassativamente previste e che devono avere la certificazione del Tecnico abilitato. Limitiamo il vademecum alle opere di manutenzioni ordinarie o straordinarie in CONDOMINIO Non è raro, anzi è frequente, che in Condominio vi sia la necessità di procedere a manutenzioni sia ordinarie che straordinarie, così come è più raro, o meglio meno frequente, che si debba procedere ad opere finalizzate al risparmio energetico. Generalmente è lo stesso Amministratore che pone il problema, ma è normale anche che siano gli stessi condomini a chiedere gli interventi ritenuti necessari. Se l’opera non riveste carattere di urgenza e l’iniziativa viene dall’ Amministratore, questi la inserirà nell’Ordine del Giorno della prima Assemblea utile (generalmente quella ordinaria annuale); ma è anche possibile che, sempre su iniziativa dell’ Amministratore, venga indetta una Assemblea Straordinaria. L’inserimento può essere suggerito dagli stessi condomini o dai vari Consiglieri, se esistenti, così come può essere richiesta formalmente da almeno 2 condomini che rappresentino almeno 1/6 dei millesimi di proprietà (art. 66 delle disp. Att. Del codice civile). In ogni caso, e da qualsiasi parte o modo in cui viene richiesta la discussione, è bene, e necessario/opportuno in caso di cifre rilevanti, che ogni delibera venga presa in piena coscienza in seno ad una regolare assemblea dei condomini, convocata secondo le norme ad essa applicabile e con i quorum di legge a secondo del caso specifico. Fatta la doverosa premessa, si passa quindi in seno all’Assemblea ad analizzare la l’amministratore 63 Tasse e guai problematica in atto e le possibili soluzioni. Difficilmente l’ Assemblea, alla prima riunione, delibera l’ opera e stanzia i fondi relativi; si dovrà, eventualmente decidere il prosieguo dell’ attività di redazione di un capitolato di appalto da parte di un tecnico. In quella riunione preliminare, quindi, si affiderà l’incarico ad un tecnico del settore, stabilendo anche un preventivo di spesa. Ovviamente ci stiamo riferendo al lavori di una certa importanza e non certo per il cambio di lampadine o di aggiustamento di un tombino o di un pluviale; in tale contesto si dovrà verificare la possibilità che quel determinato lavoro rientri o meno nelle opere per le quali è prevista l’ agevolazione del 36% o 55% (vedi Guide Operative dell’ Agenzia delle Entrate Novembre e Dicembre 2011). Una volta fatto il capitolato di appalto, che già prevede dei prezzi di mercato in base ai prezziari in vigore, si procederà alla richiesta di preventivi alle varie ditte conosciute sia dall’ Amministratore che da parte dei condomini, allegando il capitolato, senza, ovviamente i prezzi. E’ buona norma riunire i preventivi e aprirli alla presenza di alcuni rappresentanti del condomino (es. i consiglieri) per verificarne l’ integrità delle buste e la veridicità del contenuto. Gli stessi preventivi saranno consegnati al tecnico che ha elaborato il capitolato di appalto per le opportune valutazioni. Nel frattempo si convocherà una assemblea straordinaria con la previsione dell’ analisi dei preventivi, la delibera dei lavori e lo stanziamento dei fondi con le modalità di versamento (anche per avanzamento lavori) e si procederà all’ affidamento dei lavori deliberati con tutte le previsioni di tempi, modi di realizzazione, importi da pagare alle relative scadenze, non dimenticando di far deliberare la possibilità di aprire o un c/c dedicato all’ operazione o un libretto nominativo per il deposito delle somme relative all’ intervento. Un Amministratore accorto pretenderà la nomina anche di un Direttore Lavori e di un Responsabile della Sicurezza o, se il caso, di un 64 Coordinatore per la Sicurezza. Queste figure di professionisti sollevano l’ Amministratore da responsabilità specifica e per compiti per i quali, quasi sempre, lo stesso non è qualificato o competente. E’ buona norma, soprattutto se in seno alla riunione ci sono state molte opposizioni o “minacce” di impugnazione delle delibere, dare esecutività alla delibera stessa solo dopo la scadenza dei termini previsti per l’ impugnazione ( 30gg dall’ assemblea per i presenti e 30gg dal ricevimento del verbale per gli assenti). Un altro suggerimento operativo: spedire la copia del verbale assemblea il più presto possibile, ricordando che più si aspetta a spedire le copie, più si “allunga” il termine dei 30gg per gli assenti alla riunione, che hanno intenzione di presentare l’ impugnazione. Si procederà quindi alla stipula del contratto di appalto (o d’opera a cui è sempre meglio applicare specificatamente le clausole dell’ appalto). Si ricorda che prima dell’ inizio dei lavori la ditta appaltatrice dovrà consegnare il DURC (documento attestante la regolarità contributiva della ditta stessa nei confronti dei dipendenti). Attenzione: la mancata acquisizione del DURC, mette a rischio il Condominio, che potrebbe essere chiamato a rispondere di debiti contributivi non versati dalla ditta appaltatrice relativa ai dipendenti impiegati nell’ opera. Si firma, quindi, il contratto di appalto, stabilendo soprattutto gli importi a stati di avanzamento. Si firma anche il mandato professionali a tutti quei tecnici nominati dall’ Assemblea (Direttore lavori, Responsabile o Coordinatore per la Sicurezza) Attenzione anche alla redazione, se dovuta o richiesta, del DVR o del DUVRI, in presenza di più ditte per rischi da interferenza. Già prima di iniziare l’ opera si comincerà a riscuotere le somme in base alla tempistica stabilita, versando le stesse o nel c/c dedicato o nel libretto nominativo. Si ricorda, a proposito, che non esiste un obbligo ad aprire ulteriori c/c o libretti nominativi, e di depositare il tutto l’amministratore Tasse e guai nello stesso c/c esistente a nome del Condominio; tale accorgimento si mette in atto per evitare che somme destinate ad uno specifico lavoro vengano utilizzati per spese condominiali che rivestono carattere di gestione ordinaria. Se il lavoro impone comunicazione ai vari Enti, sarà il Direttore Lavori a procedere alla redazione delle eventuali domande o denunce, fermo restando che la firma è messa dall’ Amministratore, quale rappresentante del Condominio da lui gestito. Quando il Direttore Lavori ha controllato lo stato di avanzamento lavori, in base ai controlli effettuati in loco e alla verifica della corrispondenza con quanto contenuto nel contratto di appalto, invia all’ Amministratore l’ importo da versare. L’Amministratore, prelevando la somma o dal c/c normale o da quello dedicato o dal libretto nominativo aperto allo scopo, effettuerà un bonifico da ristrutturazione alla ditta appaltatrice, senza effettuare alcuna ritenuta di acconto. Si ricorda che fino a Luglio del 2010 era l’ Amministratore ad effettuare una ritenuta di acconto sulla fattura dell’ appaltatore e pari al 4%. Nel 2011, il 4% era passato al 10% ma addossando l’ onere del prelievo all’ Istituto Bancario o Postale che riceveva il versamento. A fine 2011 la percentuale è ritornata al 4% fermo restando l’ Ente preposto alla trattenuta. E così fino alla fine dei lavori e saldo di quanto dovuto. Con la fine dell’ anno (entro i mese di Febbraio dell’ anno successivo) l’ Amministratore dovrà redigere un prospetto di riparto ai condomini (vedi allegato) , specificando l’ importo versato dal Condominio (totale dei bonifici effettuati) e attribuendo ad ogni condomino la quota a suo carico. In corrispondenza di tali importi, sarà specificato che tale somma il condomino l’ ha regolarmente versata o meno. Si ricorda, pertanto, che l’ agevolazione spetta per versamenti effettivamente effettuati dal condomino, fermo restando il fatto che l’ Amministratore l’ abbia regolarmente versata alla ditta appaltatrice entro l’ anno di competenza. Si ricorda anche che, il condomino che non ha effettuato il versamento della sua quota entro l’ anno, e che in base a tale evento non potrebbe detrarre l’ importo nella sua dichiarazione dei redditi, può comunque usufruire della detrazione se quel versamento lo effettua entro il termine di presentazione della dichiarazione riferita al periodo di competenza. Nel caso in cui i lavori condominiali si sono protratti oltre l’ anno, l’ Amministratore dovrà procedere a due piani di riparti; uno per le somme versate nell’ anno e un altro per quelle versate nel periodo successivo e entro il quale si sono ultimati i lavori e versamenti. Pro memoria Tutte le spese relative alle prestazioni tecniche richieste per l’ intervento di manutenzione ordinaria o straordinaria sono detraibili agli effetti dell’ agevolazione, ad eccezione delle competenze dell’ Amministratore per la maggiorazione a lui spettante e deliberata dall’ Assemblea in relazione alla pratica del 36 o 55%. Tale eccezione era stata già oggetto di una risposta ad interpello alla Agenzia delle Entrate da parte di un associato ANACI e ribadita anche negli ultimi provvedimenti del 2011 a livello normativo. ULTIMO ATTO E’ opportuno che l’Amministratore presenti il Bilancio consuntivo anche per dette opere straordinarie con le relative ripartizioni, al fine di ottenere l’ approvazione da parte dell’ Assemblea e poter procedere ad eventuali azioni di recupero coattivo per somme non riscosse. Si ricorda, infine, che le fatture sulle quali è stata effettuata una ritenuta di acconto confluiranno nel solo modello 770 e non anche nel quadro AC dell’ Amministratore. Quelle fatture, oggetto di manutenzione ordinaria o straordinarie per le quali è stato effettuato un versamento attraverso “bonifico da ristrutturazione”, viceversa, vanno elencate nel solo quadro AC dell’ Amministratore in quanto ad effettuare la ritenuta di acconto non è stato il Condominio, bensì l’ Istituto di credito o postale, e spetterà quindi solo ad essi procedere alla redazione e presentazione del modello 770. l’amministratore 65 Tasse e guai Manovra “Salva Italia”: Tassa comunale sui rifiuti e sui servizi comunali indivisibili Franco Guazzone L’ultimo tributo istituito con la manovra “salva Italia”, a norma dell’art. 14 del Dl 201/2011, convertito dalla Legge 214/2011, è quello relativo alle spese di gestione dei rifiuti urbani e suoi assimilati, in sostituzione della Tarsu e della TIA, ma anche a copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili, che i comuni forniscono ai residenti, quali la manutenzione e l’illuminazione delle strade, i servizi di sicurezza e controllo del territorio, nonché i costi dei servizi amministrativi. I soggetti passivi Il tributo è dovuto da chiunque possieda, occupi o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani, con vincolo di solidarietà tra i componenti del nucleo familiare o tra coloro che utilizzano in comune i locali o le aree stesse (inquilini, comodatari, usuari), con esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie a civili abitazioni e le aree comuni condominiali di cui all’art. 1117 del C.c., che non siano detenute o occupate in via esclusiva. Nel caso di utilizzi temporanei, di durata non superiore a sei 66 mesi, nel corso dello stesso anno, il tributo è dovuto dal possessore dei locali e delle aree a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione o superficie. Per le multiproprietà e i centri commerciali integrati, il soggetto che gestisce i servizi comuni è responsabile del versamento. La tariffa del tributo Gli enti locali deliberano le tariffe e le aliquote del tributo, entro la data fissata dallo Stato per il deposito del bilancio preventivo. Il tributo deve essere corrisposto sulla base di una tariffa rapportata ad anno solare, in base ad un’autonoma obbligazione tributaria, commisurata alla qualità e quantità medie ordinarie di rifiuti urbani, prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e tipologie di attività svolte. Per le unità di tipo ordinario (Gruppi catastali A, B e C), iscritte o iscrivibili al Catasto urbano, la superficie assoggettabile al tributo, è pari all’80% di quella determinata ai sensi dell’art. 3, comma 3, allegato C del Dpr 138/98, con cui si calcola la superficie catastale. In sostanza, poiché la superficie catastale è comprensiva delle murature interne ed esterne, riducendola del 20%, si ottiene l’amministratore la superficie calpestabile. Per gli immobili già denunciati, qualora la superficie risultasse inferiore a quella catastale, sarà rettificata dai Comuni, dandone comunicazione ai contribuenti. Nel caso in cui negli atti catastali, manchino gli elementi per determinare la superficie, i Comuni inviteranno i contribuenti a presentare all’Agenzia provinciale del Territorio competente, una planimetria dell’immobile, con le procedure previste dall’art.1 del Dm 19 aprile 1994, mediante il programma Docfa, previo incarico ad in tecnico iscritto all’Albo degli ingegneri, architetti, geometri, dottori agronomi, periti edili o agrari e agrotecnici. Nel caso di unità di tipo speciale, iscrivibili nel Gruppo catastale D, la superficie assoggettabile al tributo è quella calpestabile. La tariffa è composta da una quota calcolata in base al costo dei servizi di rimozione e smaltimento dei rifiuti, e una quota rapportata ai costi di gestione del servizio, con le modalità previste da un Regolamento da emanarsi entro il 31 ottobre 2012, ai sensi dall’art. 17, comma 1 della legge 400/88, su proposta del Ministero delle Finanze e dell’Ambiente. Alla tariffa come sopra Tasse e guai determinata, si applica una maggiorazione del 30% , a copertura dei costi indivisibili dei Comuni, che possono elevarla fino al 40% in rapporto alla tipologia dell’immobile e della zona in cui è ubicato. In particolare, sono esclusi dal tributo le istituzioni scolastiche, di cui all’art. 33-bis della legge 31/2008. abitazioni ed aree scoperte, adibiti ad uso stagionale non continuativo, ma ricorrente; • abitazioni occupate da soggetti che risiedano o abbiano la dimora, per più di sei mesi all’anno, all’estero; • fabbricati rurali ad uso abitativo. Riduzioni tariffarie Col regolamento approvato dal Comune, possono essere previste riduzioni tariffarie, nella misura massima del 30%, in caso di: • abitazione con unico occupante; • abitazione tenuta a disposizione per uso stagionale o altro uso limitato e/o discontinuo; • locali diversi dalle Nelle zone in cui non è svolto il servizio di raccolta, il tributo è dovuto in misura non superioreal 40%, in maniera graduale, in relazione alla distanza dal più vicino punto di raccolta, rientrante nella zona perimetrata o di fatto servita. Nella tariffa, è assicurato un coefficiente riduttivo : a) per la raccolta differenziata, riferibile alle utenze domestiche; b) proporzionale ai rifiuti assimilati l’amministratore che il produttore dimostri di aver avviato al recupero. E’ facoltà del Comune di concedere ulteriori riduzioni o esenzioni, qualora la relativa copertura sia assicurata da altre risorse. Il tributo è dovuto nella misura massima del 20% della tariffa, nel caso di mancato svolgimento del servizio di gestione rifiuti, ovvero di effettuazione dello stesso con grave ritardo. Con regolamento adottato ai sensi dell’art. 52 del Dlgs 446/97, il Comune determina la disciplina del tributo riguardante tra l’altro: a) la classificazione delle categorie di attività con omogenea potenzialità produttiva di rifiuti; b) la disciplina delle riduzioni tariffarie, c) la disciplina delle eventuali riduzioni ed esenzioni; 67 Tasse e guai d) l’individuazione di categorie di attività produttive di rifiuti speciali alle quali applicare, nell’obiettiva difficoltà di delimitare le superfici dove tali rifiuti si formano, percentuali di riduzione rispetto all’intera superficie su cui l’attività viene svolta; e) i termini di presentazione delle dichiarazioni e di versamento del tributo. Nel caso di occupazione temporanea di locali o aree pubbliche o di uso pubblico, i Comuni stabiliscono le modalità di applicazione del tributo, in base alla tariffa giornaliera. Si ha occupazione temporanea, quando il periodo di occupazione di protrae per meno di 183 giorni nell’anno. L’obbligo di presentazione della dichiarazione, è assolto con pagamento del tributo, con le modalità e termini previsti per la tassa di occupazione temporanea 68 di spazi ed aree pubbliche, ovvero col pagamento dell’imposta municipale secondaria (art. 11 Dlgs 23/2011). Il tributo provinciale per la tutela, protezione ed igiene dell’ambiente, è applicato nella misura percentuale deliberata dalla provincia, sull’importo del tributo. I Comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico, possono prevedere l’applicazione di una tariffa, avente natura corrispettiva, in luogo del tributo. I soggetti passivi del tributo presentano la dichiarazione entro i termini stabiliti dal Comune, dalla data di inizio del possesso, dell’occupazione o detenzione e, nel caso di occupazione in comune con altri, la dichiarazione può essere presentata da uno solo degli obbligati. La denuncia, redatta su modello messo a disposizione del Comune, ha effetto anche per gli anni successivi, sempreché non si l’amministratore verifichino modificazioni. Il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, è versato esclusivamente al Comune, in quattro rate trimestrali, scadenti nei mesi di gennaio, aprile, luglio e ottobre, mediante bollettino di cc postale, ma è consentito il pagamento in unica soluzione entro il mese di giugno. Il Comune designa il funzionario responsabile, a cui sono attribuiti tutti i poteri per l’esercizio delle attività organizzative e gestionali, compresa la sottoscrizione dei provvedimenti afferenti a tale attività, compresa la rappresentanza in giudizio, per le controversie relative al tributo medesimo. In tale ambito, detto funzionario può richiedere ai contribuenti, la compilazione di questionari richiedenti informazioni e notizie, o disporre l’accesso ai locali ed aree soggette al tributo, di personale debitamente autorizzato, con preavviso di almeno sette giorni. Tasse e guai Sanzioni In caso di omesso o insufficiente versamento del tributo, si applicano le sanzioni di cui all’art. 13 del Dlgs 471/97. In caso di omessa presentazione della dichiarazione, si applica la sanzione dal 100 al 200 per cento del tributo non versato, con un minimo di 50 Euro. In caso di infedele dichiarazione, si applica la sanzione dal 50 al 100 per cento del tributo non versato, con un minimo di 50 Euro. In caso di mancata, incompleta o infedele risposta al questionario, entro 60 giorni dal ricevimento, si applica la sanzione da Euro 100 a 500. Le sanzioni di cui sopra, potranno essere ridotte ad un terzo, qualora entro il termine per la proposizione del ricorso,intervenisse l’acquiescenza del contribuente, col pagamento del tributo, sanzioni ed interessi di mora. Per tutto quanto non previsto dalle disposizioni istitutive del nuovo tributo, si applicano le disposizioni di cui all’art. 1, commi dal 161 al 170, della legge 296/2006 (Finanziaria per il 2007) che prevedono quanto segue. di accertamento, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui sono stati o avrebbero dovuto essere presentate le denuncie. Nello stesso termine dovranno essere irrogate le sanzioni, ai sensi degli art. 16 e 17 del Dlgs 472/97. Motivazione degli avvisi di accertamento Gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio, devono Termini di decadenza per la essere motivati in relazione ai rettifica delle dichiarazioni o presupposti di fatto e alle ragioni giuridiche che li hanno deterdei versamenti I comuni possono rettificare minati e qualora facessero rifele dichiarazioni e i versamen- rimento ad altro atto, questo ti insufficienti e accertare quel- dovrà essere allegato o ampiali omessi, notificando gli avvisi mente riassunto nei contenuti. Il palazzo della Regione Lombardia l’amministratore 69 Tasse e guai Riscossione coattiva Nel caso di riscossione coattiva del tributo, il titolo esecutivo deve essere notificato,a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo. Rimborsi Il rimborso delle somme versate e non dovute, deve essere richiesto entro il quinto anno dalla data del versamento, ovvero da quello in cui è stato riconosciuto il diritto al rimborso. La misura annua degli interessi, è determinata da ciascun ente impositore, nei limiti di tre punti di differenza rispetto al tasso di interesse legale. Soppressioni A decorrere dal 1°gennaio 2013, sono soppressi tutti i prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale, sia di natura tributaria, compresa l’addizionale per l’integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza. Commento Il nuovo tributo in esame, è composto da una quota prevalente, che và a sostituire quella precedente relativa alla Tarsu e alla TIA, commisurata alla superficie degli immobili o delle aree possedute dai soggetti passivi, mentre la quota residua, calcolata nella misura ordinaria del 30% di quella sui rifiuti, estensibile con delibera comunale al 40%, in ragione della tipologia dell’immobile e della zona, andrà a coprire le spese indivisibili che i comuni sostengono per la manutenzione ed illuminazione delle strade, la sorveglianza del territorio e le spese amministrative. Questa seconda parte del tributo, è una componente di nuova concezione, destinata a compensare gli enti locali, della quota del 50% netto dell’IMU, da conferire allo Stato, al quale invece nulla era dovuto per l’ICI. Di fatto pertanto, dal 1° gennaio 2013, la pressione fiscale sugli immobili è destinata ad incrementarsi di questa componente, che va ad aggiungersi all’IMU propria, all’IMU secondaria e alla tassa di scopo, nel caso di suo utilizzo, facendo acquisire al nostro sfortunato paese, il record percentuale delle imposte (45,7%) sul reddito complessivo percepito. La causa principale di tale aggravio, deve ricercarsi nell’anomala entità di evasione fiscale, presente anche nel settore immobiliare, per locazioni non dichiarate, specie nel campo turistico stagionale o studentesco che, con l’entrata in vigore dell’IMU, ha visto l’abrogazione di tutte le agevolazioni in merito ai contratti concordati, di cui alla legge 431/98. Ci auguriamo che, superato il momento di crisi economica, il legislatore ripensi a questo particolare e delicato settore, reintroducendo per talune categorie di locatari deboli, le agevolazioni preesistenti, bilanciando così quelle notevoli, introdotte per i locatori, con la cedolare secca sugli affitti. Il grande polo universitario dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca 70 l’amministratore Le tabelle INPS A. Lavoratori dipendenti FORME ASSICURATIVE Operai Impiegati Portieri Pulitori Totale Dip. Totale Dip. Totale Dip. Totale Dip. 33,00 9,19 33,00 9,19 32,30 8,84 33,00 9,19 DS 1,61 - 1,61 - 1,61 - 1,61 - CUAF 0,68 - 0,68 - 0,68 - 0,68 - TFR 0,20 - 0,20 - 0,20 - 0,20 - MALATTIA 2,44 - - - - - 2,44 - MATERNITÀ 0,24 - 0,24 - 0,24 - 0,24 - 38,17 9,19 35,73 9,19 35,03 8,84 38,17 9,19 FPLD TOTALE B. Lavoratori parasubordinati (lavoratori a progetto - collaboratori coordinati e continuativi) Campo di applicazione Massimale contributivo IVS Maternità, ANF, Malattia Totale Contributo collaboratore Contributo committente Non iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria 93.437,00 (*) 27,00 0,72 27,72 9,24 18,48 Titolari di pensione diretta 93.437,00 (*) 18,00 - 18,00 6,00 12,00 Iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria o titolari di pensione di reversibilità 93.437,00 (*) 18,00 - 18,00 6,00 12,00 $WXWW RJJLO ,136QRQKDFRPXQLFDWRO LPSRUWRGHOQXRYRPDVVLPDOHSHULO C. Associati in partecipazione - Non iscritti ad altre gestioni e non pensionati C1. Retribuzione annua IVS Maternità, ANF, malattia Totale contributi Contributo associante Contributo associato 0 - 93.437,00 (*) 27,00 0,72 27,72 15,25 12,47 Associati in partecipazione - Iscritti ad altre gestioni o pensionati Retribuzione annua IVS Totale contributi Contributo associante Contributo associato 0 - 93.437,00 (*) 18,00 18,00 9,99 8,01 (*) A tutt'oggi l'INPS non ha comunicato l'importo del nuovo massimale per il 2012 CONTRIBUTI COLF-BADANTI: AGGIORNAMENTO 2011 Da gennaio a dicembre 2011 CONTRIBUTI LAVORATORI DOMESTICI Importo Contributivo Orario Retribuzione Effettiva Oraria Con quota assegni familiari Totale contributo orario Di cui a carico del lavoratore l’amministratore Senza quota assegni familiari Totale contributo orario Di cui a carico del lavoratore 71 Le tabelle INPS Rapporto di lavoro di durata fino alle 24 ore settimanali (*) Retribuzione oraria effettiva da € 0 a € 7,34 Euro 1,36 Euro 0,33 Euro 1,37 Euro 0,33 Retribuzione oraria effettiva oltre € 7,34 fino a € 8,95 Euro 1,54 Euro 0,37 Euro 1,55 Euro 0,37 Retribuzione oraria effettiva oltre € 8,95 Euro 1,88 Euro 0,45 Euro 1,89 Euro 0,45 Rapporto di lavoro di durata non inferiore alle 24 ore settimanali (*) Euro 0,99 Euro 0,24 TABELLA CALCOLI COSTO DEL LAVORO RETRIBUZIONE LORDA (1) RATEO 13° (2) Totale Euro 1,00 Euro 0, Contributi INPS A) per i portieri (x 26,19%) A1) addetti alle pulizie (“X” x 28,98%) € A € B ________ _ __ € X Premio INAIL Per i portieri ed addetti alle pulizie (“X” x 21,21°°/°°) ASSENTEISMO (assenze varie quali Malattie, Infortuni, Permessi non retribuiti, ecc. ipotizzando una media annua di 6 giorni) (A x 1,67%) da inserire tra (“1” e “2”) T.F.R.: (“X” ovvero (1+2) / 13,5) c c1 c2 ___ _______ __ € Y € Z TABELLE DEI MINIMI RETRIBUTIVI 01/01/2012 (Art. 36 del CCNL 24/01/2012) TABELLA - A) - Lavoratori conviventi LIVELLI VALORI INDENNITA MENSILI A AS B BS C CS D DS 595,36 703,61 757,73 811,85 865,99 920,11 1.082,48 1.136,60 TABELLA - D) - Assistenza notturna (valori mensili) AUTOSUFF. NON AUTOSUFF. BS 933,63 CS 1.058,12 DS 1.307,10 160,07 160,07 TABELLA - C) - Lavoratori non conviventi (valori orari) A 4,33 AS 5,10 B 5,42 BS 5,74 C 6,06 CS 6,37 D 7,36 DS 7,68 72 TABELLA - B) - lavoratori di cui art. 15 2 comma (valori mensili) B 541,24 BS 568,30 C 627,83 TABELLA - E) - Presenza notturna (valori mensili) LIVELLO UNICO 625,14 TABELLA - F) - Indennità (valori giornalieri) Pranzo e/o colazione Cena Alloggio Totale l’amministratore 1,81 1,81 1,57 5,19 Le nostre tabelle INDICI NAZIONALI DEI PREZZI AL CONSUMO PER LE FAMIGLIE DI OPERAI E IMPIEGATI INDICE GENERALE VARIAZIONI PERCENTUALI DEL MESE INDICATO RISPETTO ALLO STESSO MESE DELL’ANNO PRECEDENTE ANNO GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC 2002 + 2,3 + 2,3 + 2,4 + 2,4 + 2,3 + 2,3 + 2,3 + 2,5 + 2,6 + 2,6 + 2,7 + 2,7 2003 + 2,7 + 2,5 + 2,6 + 2,5 + 2,4 + 2,3 + 2,5 + 2,5 + 2,5 + 2,4 + 2,4 + 2,3 2004 + 2,0 + 2,2 + 1,9 + 2,0 + 2,1 + 2,2 + 2,1 + 2,1 + 1,8 + 1,7 + 1,7 + 1,7 2005 + 1,6 + 1,6 + 1,6 + 1,7 + 1,7 + 1,6 + 1,8 + 1,8 + 1,9 + 2,0 + 1,8 + 1,9 2006 + 2,2 + 2,1 + 2,1 + 2,0 + 2,2 + 2,1 + 2,1 + 2,1 + 2,0 + 1,7 + 1,7 + 1,7 2007 + 1,5 + 1,5 + 1,5 + 1,4 + 1,4 + 1,6 + 1,6 + 1,6 + 1,6 + 2,0 + 2,3 + 2,6 2008 + 2,9 + 2,9 + 3,3 + 3,3 + 3,5 + 3,8 + 4,0 + 3,9 + 3,7 + 3,4 + 2,6 + 2,0 2009 + 1,5 + 1,5 + 1,0 + 1,0 + 0,7 + 0,4 - 0,1 + 0,2 + 0,1 + 0,2 + 0,7 + 1,0 2010 + 1,3 + 1,3 + 1,5 + 1,6 + 1,5 + 1,3 + 1,7 + 1,5 +1,6 +1,7 +1,7 +1,9 2011 + 2,2 + 2,3 + 2,5 + 2,6 + 2,6 + 2,7 + 2,7 + 2,8 +3,0 +3,2 +3,2 +3,2 2012 TABELLA DEL TASSO DEGLI INTERESSI LEGALI ANNO TASSO Dal 19/04/1942 al 15/12/1990 5% Dal 16/12/1990 al 31/12/1996 10% Dal 01/01/1997 al 31/12/1998 5% Dal 01/01/1999 al 31/12/2000 2,50% Dal 01/01/2001 al 31/12/2001 3,50% Dal 01/01/2002 al 31/12/2003 3% Dal 01/01/2004 al 31/12/2007 2,50% Dal 01/01/2008 al 31/12/2009 3% Dal 01/01/2010 al 31/12/2010 1% Dal 01/01/2011 al 31/12/2011 1,50% Dal 01/01/2012 2,50%