MASSIMO LEMBO - ALESSANDRO LEMBO, Il destino dell`ipoteca

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MASSIMO LEMBO - ALESSANDRO LEMBO, Il destino dell’ipoteca iscritta sul bene colpito da sequestro finalizzato alla
confisca ai sensi del codice antimafia.
IL DESTINO DELL’IPOTECA ISCRITTA SUL BENE COLPITO DA SEQUESTRO FINALIZZATO ALLA CONFISCA AI SENSI DEL
CODICE ANTIMAFIA.
ESTENSIONE DEI PRINCIPI DI DIRITTO ALLA FATTISPECIE DEL PEGNO IRREGOLARE.
MASSIMO LEMBO 1 – ALESSANDRO LEMBO 2
SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Evoluzione giurisprudenziale – 3. L’onere probatorio – 4. Le fasi della tutela del terzo
titolare del diritto di garanzia – 5. Le problematiche specifiche del pegno – 6. La legittimazione della banca – 7.
Applicabilità alle garanzie finanziarie.
1.
Premessa.
Il “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione” (D. Lgs. n. 159/2011)3, che contiene le principali
norme penali finalizzate al contrasto delle attività di stampo mafioso, ha introdotto, tra le misure di prevenzione,
un’ulteriore tipologia di sequestro (prevista dagli artt. 20 e ss.) che si aggiunge a quelle già presenti nel codice di
procedura penale ovvero il sequestro probatorio, quello conservativo e quello preventivo, disciplinati, rispettivamente,
dagli artt. 253, 317 e 321 c.p.p..
Il sequestro finalizzato alla confisca rientra nel più ampio novero delle misure di prevenzione che possono essere
applicate, su proposta del Procuratore della Repubblica, del questore o del direttore della Direzione investigativa
antimafia, dal Tribunale del capoluogo della provincia in cui la persona colpita dal provvedimento dimora.
I soggetti che possono essere sottoposti alle misure di prevenzione patrimoniale sono individuati espressamente
dall’art. 4 del decreto.
Occorre altresì premettere che le misure di prevenzione patrimoniali, diversamente da quelle personali (foglio di via
obbligatorio, avviso orale, sorveglianza speciale di pubblica sicurezza), possono essere applicate a prescindere dalla
pericolosità sociale del soggetto destinatario della richiesta.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, infatti, ai fini dell’applicabilità delle misure di prevenzione
personale, è necessario guardare alla complessiva personalità del soggetto in quanto si tratta di un giudizio di natura
sintomatica che può essere formulato anche solo sulla base di situazioni che giustifichino sospetti e presunzioni,
purché gli uni e gli altri siano fondati su elementi specifici quali i precedenti penali e giudiziari, le denunce di polizia, la
frequentazione di pregiudicati 4.
In tema di accertamenti la giurisprudenza ha elaborato criteri oramai assolutamente costanti. Tra questi, in particolare,
ha statuito che l’accertamento dell’illecita provenienza va riferito ad ogni singolo bene oggetto di sequestro nell’ambito
di una ricostruzione complessiva della situazione reddituale e patrimoniale del soggetto colpito dal provvedimento e
dei suoi familiari.
La giurisprudenza è altresì concorde nel ritenere che ai fini dell’individuazione dell’oggetto del sequestro - in caso di
applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale “non è sufficiente un raffronto globale tra il patrimonio ed il reddito
formalmente disponibile ma è necessario accertare l’illecita provenienza di ogni singolo bene inserito nel patrimonio
Avvocato, professore a contratto presso l’Università di Udine di diritto dei prodotti bancari ed assicurativi.
Dottore in giurisprudenza, Responsabile Servizio Segreteria Generale e Supporto Legale della CR- BCC Treviglio.
3
Pubblicato sulla G.U. del 28.9.2011; cf. MINUTOLI, Verso una fallimentarizzazione del giudice della prevenzione antimafia in Il Fallimento,
2011, 1271 e ss.; vedi anche ADORNO – CALO’, Il nuovo codice antimafia in Il Foro Italiano, 2011, V, 325 e ss.. Il D. Lgs. n. 159/2011 è
stato poi integrato - e modificato - dal D. Lgs. 15.11.2012 n. 218 e dalla successiva “legge di stabilità 2013” (legge 24.12.2012 n. 228).
4
Cass. 13.1.1993 n. 4860.
1
2
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MASSIMO LEMBO - ALESSANDRO LEMBO, Il destino dell’ipoteca iscritta sul bene colpito da sequestro finalizzato alla
confisca ai sensi del codice antimafia.
comparando, al momento dell’acquisizione, il reddito ufficialmente disponibile con l’incremento patrimoniale determinato
dall’acquisto del bene5”.
Fatte queste brevi premesse sull’istituto in questione, è necessario ora analizzare la posizione della banca che si trovi
nella situazione di aver iscritto, a garanzia di un proprio credito, un’ipoteca su di un immobile successivamente colpito
dal sequestro prodromico alla confisca previsto, appunto, dal Codice Antimafia.
Sul punto si fa rinvio ad un provvedimento del 2016 della Corte d’Appello di Milano6, che, con riferimento alla posizione
di una banca che aveva acquisito un garanzia ipotecaria su beni oggetto di successivo sequestro, in riforma del
provvedimento del Tribunale di Monza7, ha rilevato “l’assenza di elementi certi (idonei) per affermare un difetto di buona
fede della banca nella concessione del mutuo” sul presupposto che “il risultato dell’istruttoria non evidenziava particolari
criticità” e “non basta un errore di valutazione a far ritenere sussistente un difetto di buona fede dell’istituto erogante,
dovendosi esaminare altresì se vi siano stati rapporti con il soggetto proposto o con soggetti a lui riferibili, atti a far sospettare
la fittizia intestazione del bene in oggetto a terzi”.
2.
L’evoluzione giurisprudenziale.
Per quanto riguarda le misure di prevenzione, le Sezioni Unite, con la sentenza n. 10532 del 7.5.2013, hanno
statuito che “la confisca penale sui beni della mafia, estingue le ipoteche sull’immobile entrato a far parte del patrimonio dello
Stato. Infatti, la tutela del superiore interesse pubblico legittima il pregiudizio cagionato al terzo di buona fede, titolare di un
diritto reale di godimento o di garanzia, che può unicamente essere ammesso ad una tutela di tipo risarcitorio. Prevale
dunque la misura di prevenzione patrimoniale, con la conseguente estinzione di diritto degli oneri e dei pesi iscritti o trascritti,
compresi quindi l’ipoteca, il sequestro conservativo e il pignoramento”. In altre parole, la Cassazione, con la citata
decisione8, pronunciandosi su di un provvedimento emesso prima dell’entrata in vigore del codice antimafia, ha
stabilito che il terzo creditore di buona fede, pur privato del diritto reale di garanzia, avesse titolo ad un risarcimento
del danno da parte dello Stato che aveva acquisito il bene gravato dalla predetta garanzia, attraverso un’apposita
procedura di natura para concorsuale.
Successivamente, riprendendo questo orientamento, la Cassazione civile9, ha individuato nell’entrata in vigore della
legge n. 228/2012 e quindi a partire dall’1/1/2013, una sorta di “linea spartiacque”.
Prima di tale data, in caso di trasferimento o aggiudicazione del bene confiscato, gli oneri ed i pesi iscritti o trascritti sui
beni in data anteriore a quella della confisca si estinguevano di diritto.
Dopo il 1 gennaio 2013 prevale invece la misura di prevenzione patrimoniale con conseguente estinzione dell’ipoteca ai
sensi dell’art. 2878 cc..
In conclusione, “nel conflitto tra l’interesse del creditore a soddisfarsi sull’immobile ipotecato e quello dello Stato a confiscare i
beni che siano frutto o provento di attività mafiosa, deve prevalere il secondo, onde è inopponibile allo Stato l’ipoteca iscritta
su di un bene immobile confiscato, ai sensi della legge 31.5.1965 n. 575, prima che ne sia stata pronunciata l’aggiudicazione
nel procedimento di espropriazione forzata, in virtù della norma di diritto transitorio prevista dalla legge n. 228/2012 (così
come già esplicitato dalle Sezioni Unite nella citata sentenza 10532/2013). La domanda di ammissione al passivo del
credito garantito da ipoteca su un bene sottoposto a confisca antimafia va proposta al tribunale che ha disposto la confisca, il
quale applica l’art. 666 c.p.p..
Le ragioni di credito vantate dai terzi nei confronti del soggetto sottoposto a misura di prevenzione dovranno quindi essere
accertate secondo le disposizioni contenute negli articoli 57, 58 e 59 del codice antimafia ovvero avanti al Giudice delegato
chiamato a pronunciarsi sulla misura cautelare adottata10”.
Invero la giurisprudenza penale era già da tempo consolidata nel ritenere che fosse onere del terzo titolare di un diritto
reale di garanzia sul bene oggetto del provvedimento di confisca dimostrare di avere positivamente adempiuto con
diligenza agli obblighi di informazione e di accertamento e, quindi, di avere maturato un affidamento incolpevole, sulla
Cass. Pen., sez. V, 28.3.2002 n. 23041.
Corte d’Appello di Milano, sez. V penale, decr. del 18.1.2016, inedito, non allegato per la lunghezza e la complessità del testo.
7
Decreto n. 22/2014 del 10/11/2014.
8
In Il Foro italiano, 2014, I, 192.
9
Sentenza 16.10.2013 n. 23428 in dejure.giuffre.it.
10
Trib. Trapani, 19.10.2012 in www.ilcaso.it.
5
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confisca ai sensi del codice antimafia.
base di una situazione di oggettiva apparenza, relativamente alla effettiva posizione del soggetto nei cui confronti si
acquisisce il diritto di garanzia.
In questo senso va distinta la posizione della banca che si sia trovata in una situazione di affidamento incolpevole da
quella dell’istituto che “colpevolmente” abbia concesso il finanziamento per ottenere i vantaggi derivanti dal pagamento
degli interessi e dall’ottenimento di una garanzia reale.
Ai fini dell’opponibilità del diritto di garanzia reale, quindi, non è sufficiente che l’ipoteca sia stata costituita, mediante
iscrizione nei pubblici registri immobiliari, anteriormente alla trascrizione del sequestro ma è anche necessario che il
creditore ipotecario si sia trovato in una situazione di buona fede e di affidamento incolpevole, dovendo individuarsi in
quest’ultimo requisito la base giustificativa della tutela del terzo di fronte al provvedimento di confisca.
Come già anticipato, il “Codice delle leggi antimafia” ha introdotto anche alcune importanti novità in tema di
regolamentazione dei diritti dei terzi nell’ambito delle misure di prevenzione e in relazione al rapporto con le procedure
concorsuali.
Sul punto emerge la prevalenza delle procedure di prevenzione su quelle concorsuali. Infatti, una volta dichiarato il
fallimento, i beni assoggettati a sequestro o confisca non vengono ricompresi nella massa fallimentare.
Uno degli obiettivi del Codice antimafia era quello di assicurare una maggiore tutela ai soggetti coinvolti nelle
procedure di prevenzione, tra i quali rientrano sicuramente i terzi che vantino un diritto di credito nei confronti del
soggetto il cui patrimonio sia stato assoggettato a sequestro o a confisca.
In proposito si ricorda anche che il Codice prevede che, contestualmente al sequestro, venga nominato un giudice
delegato alla procedura ed un amministratore giudiziario e che, in caso di confisca, il provvedimento perda efficacia
qualora la Corte d’Appello, in sede di impugnazione, non si sia pronunciata entro diciotto mesi dal deposito del ricorso.
L’art. 45 del Codice antimafia ribadisce poi che, a seguito del provvedimento definitivo di confisca, i beni vengono
acquisiti al patrimonio dello Stato liberi da oneri e pesi e “la tutela dei diritti dei terzi è garantita entro i limiti e nelle forme
di cui al titolo IV”.
Ad abundantiam si segnala che la Cassazione penale11, già in passato aveva definito due principi utilizzati,
successivamente, per la definizione del nuovo quadro normativo.
Nello specifico aveva stabilito che il creditore avesse l’onere di provare di essersi trovato in una situazione di
affidamento incolpevole, non essendo in grado, attraverso l’ordinaria diligenza, di rendersi conto - o anche
fondatamente sospettare - che il bene oggetto della garanzia ipotecaria fosse frutto di attività illecita e che lo stato di
buona fede del creditorie consentisse la prevalenza del diritto privato del terzo rispetto all’interesse pubblico.
Come già anticipato, rispetto al sistema previgente, il codice antimafia ha introdotto una maggior tutela per i creditori
offrendo loro la possibilità di fare ricorso ad istituti di stampo civilistico per far valere le proprie ragioni nell’ambito del
procedimento di prevenzione12
Con l’introduzione del codice antimafia, infatti, l’amministratore giudiziario ed il giudice delegato sono chiamati a
compiere un vero e proprio accertamento circa la sussistenza e l’ammontare delle passività, tenendo conto sia della
natura che della causa di ciascuno dei crediti in gioco.
L’accertamento dei diritti dei terzi è disciplinato negli artt. 57-6213 e le modalità con le quali l’accertamento viene
operato ricalcano, sostanzialmente, le procedure adottate in ambito fallimentare in sede di accertamento del passivo.
Recentemente la Cassazione penale14 ha affermato che l’ipoteca iscritta dalla banca a garanzia di un finanziamento
resiste alla confisca anche nel caso di connivenza del dipendente a condizione che venga dimostrato che la banca sia
stata vittima e, a causa delle circostanze, si sia trovata quindi in una situazione di affidamento incolpevole.
Sentenza 26.9.2012 n. 36990.
Ove venga disposto il sequestro dei beni di un socio illimitatamente responsabile di società fallita ex art. 64 del codice antimafia
dovrà disporsi la separazione dei beni sequestrati dalla massa attiva del fallimento e la consegna degli stessi ad un amministratore
giudiziario (Trib. Santa Maria Capua Vetere, 29.4.2014 consultabile sul sito www.ilcaso.it).
13
L’art. 61 prevede la prededuzione dei debiti contratti in forza di specifica disposizione di legge in occasione o in funzione del
procedimento di prevenzione.
14
Cass. Pen. 31.7.2014 n. 34039.
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confisca ai sensi del codice antimafia.
La Cassazione penale15 ha altresì escluso che nei confronti del terzo creditore di buona fede, estraneo all’illecito penale
(nello specifico una banca creditrice pignoratizia), sia configurabile, nell’ambito del procedimento che porta al sequestro
preventivo, una situazione di responsabilità oggettiva.
Per concludere l’excursus giurisprudenziale, si evidenzia che la Cassazione civile16 ha ribadito la natura civilistica,
ancorché inserita nell’ambito di un procedimento penale, dell’opponibilità del credito vantato da un terzo alla confisca o
più in generale alla misura di prevenzione. Spetta quindi al terzo fornire la prova della sua buona fede al momento della
conclusione del contratto di credito attraverso l’allegazione di elementi idonei.
Si tenga presente anche che la disciplina dettata dalla legge n. 228/2012, in caso di confisca antimafia, non prevede, a
differenza di quanto previsto dal D. Lgs. n. 159/2011, alcuna possibilità di insinuazione tardiva del creditore ipotecario
che non abbia presentato tempestiva domanda di ammissione del credito 17.
Ancor più recentemente, è stato chiarito che in caso di accollo da parte di un soggetto terzo - implicato in vicende
mafiose - di un mutuo fondiario concesso ad un soggetto estraneo ai fatti, la buona fede della banca - ex art. 52. - non
può essere messa in discussione18 qualora quest’ultima non abbia espresso il proprio consenso all’accollo e ciò in
considerazione del fatto che l’accollo cumulativo non interviene a modificare soggettivamente il rapporto obbligatorio
originario.
Ancora, in tema di misure di prevenzione, la Suprema Corte ha precisato che è legittima la confisca di un edificio
realizzato con fondi di provenienza illecita su di un suolo di provenienza lecita nel caso in cui il valore dell’edificio sia
preponderante rispetto a quello del terreno, in quanto, nel caso in cui il bene si componga di più elementi distinti, il
regime penalistico a cui assoggettare il cespite nella sua interezza è quello proprio della parte di valore economico e di
utilizzabilità prevalente, diventando irrilevante il principio civilistico dell’accessione (artt. 934 e ss., art. 2811 cc.)19.
3.
L’onere probatorio.
Quanto all’onere probatorio, la stessa giurisprudenza penale ha affermato che è in capo ai terzi che vantano
diritti reali sul bene confiscato l’onere di provare i fatti costitutivi delle rispettive pretese. Il terzo che intenda far valere
la prevalenza della garanzia ipotecaria sul provvedimento di sequestro/confisca deve quindi dimostrare che il proprio
affidamento incolpevole è stato ingenerato da una situazione di oggettiva apparenza, che ha reso scusabile l’ignoranza,
l’errore o il difetto di diligenza.
Su quest’ultimo punto si segnala l’importanza, in fase istruttoria, di accertare, oltre all’eventuale assenza di
proporzionate fonti lecite di guadagno - che deve essere accertata non solo attraverso il reddito dichiarato ma anche in
base all’attività economica esercitata - anche la titolarità effettiva dell’immobile posto a garanzia.
In proposito si ricorda che l’art. 26 prevede che nel caso in cui venga accertata l’intestazione fittizia dei beni sottoposti a
sequestro il Giudice, con il decreto che dispone la confisca degli stessi, dichiari la nullità dei relativi atti di disposizione.
Secondo la giurisprudenza, nel considerare la titolarità effettiva del bene, particolare attenzione deve essere data alla
valutazione sull’esistenza o meno di un’ipotesi di intestazione fittizia quando il bene risulti di proprietà di soggetti terzi
rispetto al soggetto proposto per la misura di prevenzione. L’intestazione fittizia può essere anche solo presunta (art.
26 comma 2) qualora il trasferimento del bene ai familiari o al convivente, anche a titolo oneroso, sia avvenuto
all’interno di un “periodo sospetto” di due anni, analogo, per alcuni versi, a quello previsto dalla legge fallimentare.
In ogni caso il ricorso al credito bancario o a forme alternative di finanziamento, non dimostra di per sé la provenienza
lecita delle somme utilizzate per l’acquisizione del bene posto in sequestro.
Il pagamento di beni immobili attraverso finanziamenti costituisce spesso un artificio attraverso il quale si cerca di
reinserire nel circuito legale il denaro proveniente da attività illecite che viene utilizzato per far fronte al pagamento
delle rate cercando, al contempo, di mettere l’immobile acquisito a riparo da provvedimenti ablativi.
Sull’onere della prova in ordine alla effettività dell’intestazione del bene ad un soggetto terzo tuttavia la giurisprudenza
è ancora divisa.
Sentenza n. 44010/2015.
Sentenza 4.8.2015 n. 34106.
17
Cass. Pen. 17.5.2016 n. 20479 in www.ilcaso.it.
18
Cass. n. 22143/2016 in www.ilcaso.it.
19
Cass. Pen., n. 23805/2016 in www.ilcaso.it.
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confisca ai sensi del codice antimafia.
Da ultimo si segnala come nel corso dell’istruttoria effettuata dalla banca possano assumere una certa rilevanze anche
questioni legate al rispetto della normativa antiriciclaggio (D. Lgs. n. 231/2007), con riferimento, a titolo esemplificativo,
al mancato accertamento - e di conseguenza alla mancata segnalazione - della provenienza delittuosa delle somme
necessarie all’acquisizione di titoli messi a garanzia del finanziamento20.
4.
Le fasi della tutela del terzo titolare del diritto di garanzia.
Altra questione particolarmente dibattuta è il momento in cui la banca può intervenire nel procedimento per
far valere le proprie ragioni, e in particolare, per offrire la prova del proprio affidamento incolpevole.
Sicuramente alla banca è riconosciuto il diritto di intervenire già nel corso dell’udienza -in Camera di Consiglio - fissata
per la discussione dell’ordinanza di sequestro, all’esito della quale il tribunale può disporre la confisca dei beni
sequestrati.
L’art. 23 del Codice Antimafia prevede infatti che i terzi proprietari - o comproprietari - dei beni sequestrati o che
vantino diritti reali o personali di godimento sui beni in sequestro, nei trenta giorni successivi all'esecuzione del
sequestro, siano chiamati dal tribunale ad intervenire nel procedimento con il decreto motivato che contiene la
fissazione dell'udienza in Camera di Consiglio.
I provvedimenti con i quali il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati, la revoca del sequestro ovvero la
restituzione della cauzione o la liberazione delle garanzie o la confisca della cauzione o la esecuzione sui beni costituiti
in garanzia sono suscettibili di impugnazione da parte degli interessati, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt.
10 e 27, avanti la Corte di Appello.
All’intermediario che non abbia potuto - o voluto - intervenire nel procedimento di prevenzione ai sensi del già citato
art. 23 è riconosciuto altresì il diritto di far valere le proprie ragioni in sede di incidente di esecuzione.
Tale previsione è supportata dal fatto che quest’ultimo assumerebbe una posizione del tutto assimilabile, nel
procedimento di prevenzione, a quella dei soggetti terzi che per i più vari motivi non siano stati messi a conoscenza
dell’esistenza del procedimento21.
Quello che appare certo è che la mancata costituzione in primo grado non potrà, in ogni caso, essere intesa né come
una rinuncia all’impugnazione né come disinteresse ad agire da parte della banca.
Resta quindi a carico dell’intermediario valutare in quale momento intervenire per far valere le proprie ragioni.
Tale scelta dipenderà in gran parte dalla correttezza delle valutazioni effettuate dall’intermediario stesso in fase di
istruttoria ben chiaro essendo che un eventuale pronunciamento in primo grado a danno della Banca potrebbe
rappresentare per la Corte d’Appello, unitamente alla ricostruzione probatoria utilizzata ai fini dell’emissione del
decreto, un elemento ulteriore da utilizzarsi a sostengo della definitiva pronuncia di cancellazione dell’ipoteca
sull’immobile colpito da provvedimento di confisca.
E’ chiaro, tuttavia, che per dimostrare il difetto di buona fede in capo all’intermediario non è sufficiente che la Corte
rilevi un mero errore di valutazione dovendosi considerare l’intera istruttoria che ha portato alla erogazione del
finanziamento ed all’acquisizione della garanzia ipotecaria.
5.
Le problematiche specifiche del pegno.
La Cassazione penale22 si è espressa anche sulla legittimità del provvedimento di sequestro preventivo
disposto su un bene sottoposto a pegno (irregolare) dalla banca a garanzia di un’anticipazione bancaria.
Il ragionamento della Corte, in questo caso, è fondato sulla differenza tra pegno “regolare” e pegno “irregolare”,
fattispecie, questa, disciplinata dal codice civile, all’art. 1851, ove si stabilisce che “se a garanzia di uno o più crediti sono
vincolati depositi di denaro, merci o titoli che non siano stati individuati o per i quali sia stata conferita alla banca la facoltà di
disporre, la banca deve restituire solo la somma o la parte delle merci e dei titoli che eccedono l’ammontare dei crediti
garantiti”.
Ciò significa che, contrariamente ai principi generali in tema di pegno (artt. 2784 e ss. cc.), in caso di pegno irregolare, la
banca diventa proprietaria dell’oggetto del pegno e l’originario proprietario del denaro, dei titoli o delle merci diventa
creditore della banca di quanto eccede il tantundem eiusdem generis et qualitatis.
Cass. Pen., sez. VI, 24.10.2005 n. 44234.
Tra le tante, v. Cass. Pen., sez. I, 21.4.2010 n. 16806.
22
Cass. Pen., Sez. III, 11.5.2016 n. 19500 pubblicata in dirittobancario.it.
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confisca ai sensi del codice antimafia.
Di seguito viene riepilogato l’iter giurisprudenziale che ha portato la Corte a pronunciarsi in merito alla possibilità di
disporre il sequestro preventivo sul ben sottoposto a pegno.
In passato, la Cassazione aveva costantemente ritenuto, che la disciplina del pegno irregolare rappresentasse una
regola generale applicabile ogniqualvolta il debitore avesse vincolato un determinato titolo a favore del creditore e, al
contempo, gli avesse conferito anche la facoltà di disporne23.
Elemento distintivo tra il pegno regolare e quello irregolare è l’attribuzione alla banca – nel primo caso – del mandato
ad amministrare i titoli ed eventualmente a sostituirli o a venderli in caso di inadempimento mentre – nel secondo caso
– nel trasferimento diretto della proprietà del denaro o dei titoli depositati presso il creditore con il diritto di soddisfarsi
direttamente sugli stessi24 per corrispondente quantità, allorquando non sia stata adempiuta l’obbligazione25.
Il pegno irregolare, in sostanza, equivale ad una forma di garanzia atipica, ancorché codificata, rispetto a quella
ordinaria.
La Cassazione penale, con sentenza n. 2365926 del 6.5.2010, aveva già affermato che non si potesse legittimamente
disporre presso una banca il sequestro preventivo (e la successiva confisca per equivalente) sul conto corrente
bancario e sul conto titoli intestati all’imputato qualora fosse risultato che le somme ed i valori ivi depositati fossero
stati costituiti in pegno irregolare a garanzia dell'anticipazione bancaria concessa ai correntisti, stante la immediata
acquisizione della proprietà da parte del creditori. Ciò a prescindere dall’effettiva escussione del credito e salvo che
all’esito degli accertamenti risultasse il ricorso a particolari clausole contrattuali o comunque la presenza di circostanze
idonee a far dubitare della trasparenza dell'operazione per le quali la disponibilità dei beni sia rimasta, in tutto o in
parte, ai debitori.
Al contempo, in materia fallimentare è stato chiarito che il creditore, per il soddisfacimento del proprio credito
derivante da un pegno irregolare, non è tenuto ad insinuarsi nel fallimento ed a chiedere l’autorizzazione alla vendita ex
art. 53 L.f. potendo quindi procedere immediatamente al realizzo ed all’incameramento27 senza incorrere nel divieto di
patto commissorio previsto dall’art. 2744 cc.28.
Nel pegno regolare, invece, l’acquisizione da parte del creditore garantito di quanto realizzato dà luogo ad un atto
solutorio suscettibile di revocatoria fallimentare a differenza di quanto avviene a seguito dell’acquisizione del
controvalore del pegno irregolare. In quest’ultimo caso - in deroga all’art. 53 l.f. – è invece possibile procedere alla
compensazione con il credito garantito29 (lecita ex art. 56 l.f.), senza ricorrere all’autorizzazione del giudice delegato, al
di fuori del concorso e del meccanismo previsto dagli artt. 2796 – 2798 cc. 30 e senza il passaggio per la procedura di
ammissione al passivo 31.
La presenza, di clausole o accordi il cui tenore sia incompatibile con il trasferimento della proprietà non potrà
comunque dare luogo ad un pegno irregolare.
In questo senso, più recentemente, si è affermata l’inefficacia dell’incameramento fatto dalla banca attraverso
l’escussione del pegno sul saldo di un conto corrente qualora nell’atto di pegno non sia stata prevista la facoltà di poter
disporre del denaro. In tal caso infatti non può parlarsi di pegno irregolare32.
Cass. 1.4.2011 n. 7583 e, in precedenza, Cass. n. 5845/2000 e Cass. n. 5592/1996; tematica da tenere in considerazione nel caso del
contratto di prestito titoli, contratto innominato a cui recentemente si è fatto molto ricorso per ottenere la disponibilità dei titoli della
clientela per porre in essere operazioni di rifinanziamento presso la Banca Centrale Europea o altri istituti bancari.
24
Questo diritto è definito dalla sentenza n. 19500/2016 citata come “l’elemento semeioticamente decisivo” nella differenziazione tra le
due figure di pegno.
25
App. Torino, 26.1.2011 in Il Fallimento, 2011, 579 con commento di Giorgio TARZIA.
26
Consultabile sul Foro Italiano, 2011, II, 633. Orientamento confermato dalla successiva sentenza n. 49719 del 10.12.2013 emessa da
diversa sezione della Corte.
27
Cass. Sez. un. 14.5.2001 n. 202 in Banca borsa e titoli di credito, 2003, II, 648, conferma App. Milano 3.6.1997; successivamente, in
senso conforme, App. Milano, 23.1.2004 in Banca borsa e titoli di credito, 2005, II, 170.
28
Cass. 1.4.2011 n. 7563.
29
Cass. 22.1.2009 n. 1609 in Il Fallimento, 2009, 809.
30
Trib. Bergamo, 22.10.2015 in www.ilcaso.it.
31
Cass. Sez. un. n. 202 e 203/2001, confermata da Cass. n. 5111/2003.
32
Cass.8.8.2016 n. 16618 in dirittobancario.it.
23
Dottrina
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MASSIMO LEMBO - ALESSANDRO LEMBO, Il destino dell’ipoteca iscritta sul bene colpito da sequestro finalizzato alla
confisca ai sensi del codice antimafia.
E’ ormai acclarato che il pegno costituito sul saldo di un conto corrente non equivale automaticamente ad un pegno su
denaro e quindi non è per sua natura sempre irregolare. La natura del rapporto discende invece dalle norme
codicistiche in tema di contratti reali di garanzia opponibili ai terzi, norme queste che hanno carattere indisponibile33.
La Corte ha quindi individuato come linea di demarcazione tra le due fattispecie la “facoltà del creditore di soddisfarsi
immediatamente sul bene conferito in pegno senza dover passare per alcuna ulteriore fase intermedia” e, quindi, nell’analisi di
quella che è stata la concreta volontà delle parti all’atto della costituzione della garanzia evocando quanto la
giurisprudenza fallimentare e quella penale avevano sinora riconosciuto.
6.
La legittimazione della banca.
Impregiudicato quanto già detto in relazione al codice antimafia, la banca, quale persona giuridica titolare di un
diritto di proprietà sulla cosa sequestrata ex art. 318 c.p.p. è legittimata, a norma dell’art. 324 c.p.p., ad impugnare
(rectius proporre richiesta di riesame34) il provvedimento di sequestro 35 diversamente da quanto avviene per il titolare
di un diritto di garanzia che, pur assistito dal diritto di sequela, non è legittimato a chiedere la revoca della misura
cautelare in quanto la sua posizione giuridica non è assimilabile a quella del titolare del diritto di proprietà, il quale ha
diritto all’immediata restituzione del bene ai sensi dell’art. 321 comma 3 c.p.p. 36.
7.
Applicabilità alle garanzie finanziarie.
Quanto sopra è già previsto, in tema di garanzie finanziarie, dal D. Lgs. n. 170/2004.
Queste ultime, si ricorda, possono essere prestate, anche a garanzia di debiti altrui, da ogni entità giuridica, con
esclusione però delle persone fisiche.
In particolare, l’art. 4 esenta il creditore che intende escutere la garanzia in pendenza di procedura (salva la restituzione
dell’eventuale eccedenza) da quanto disposto dall’art. 53 L.f. (tesi peraltro non del tutto pacifica in virtù della necessità
di sottoporre a verifica il credito).
Sul punto si segnala che la garanzia finanziaria si perfeziona con la registrazione degli strumenti finanziari
dematerializzati sui conti della banca ai sensi dell’art. 30 D. Lgs. n. 213/1998 associata all’annotazione nello specifico
conto per il contante (artt. 83 bis e seguenti TUF). Consente, inoltre, l’acquisizione automatica della data certa e la
possibilità di utilizzare, durante la vita del contratto, i titoli oggetto del pegno nonché, in caso di inadempimento
dell’obbligazione garantita, di appropriarsi legittimamente del bene stesso senza violare il divieto di patto commissorio.
Cass. 31.1.2014 n. 2120.
Si tratta del c.d. “ricorso de libertate”.
35
Cass. Pen. sez. VI, 15.5.1995 n. 507.
36
Cass, Pen. sez. II, 5.3.2014 n. 10471 cit. nonché Cass. Pen. 11.5.2016 n. 19500 cit.
33
34
Dottrina
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