Donne: ripartire da sé. La microfinanza di Fondazione Pangea come strumento per uscire dalla povertà attraverso un processo di empowerment Sommario 1Premessa di Luca Lo Presti, Fondatore e Presidente Fondazione Pangea Onlus 3 Povertà ovvero 4 Definiamo la povertà 6 Donne e povertà 11 Rapporto delle Nazioni Unite per lo sviluppo 2014 13 L’empowermet economico delle donne per uscire dalla povertà 16 La microfinanza, il microcredito, strumenti di inclusione finanziaria 22 Fondazione Pangea e i suoi strumenti di lavoro: la microfinanza olistica per l’empowerment delle donne 26 Progetto Jamila - Afghanistan 26 Premessa - Il Programma Afghanistan 27 La situazione di partenza 28 I servizi offerti da Pangea dal 2003 al 2014 29 Risultati quantitativi 32 Risultati qualitativi 34 Scheda Afghanistan 36 Incredibile India 37 Progetto Koppal: Percorsi di Autonomia 39 La situazione iniziale delle donne 40 Il lavoro di Pangea 43Schema sintetico dei servizi offerti da Pangea dal 2006 al 2011 45 Risultati qualitativi 48 Progetto Donne Disabili - Calcutta 48 La situazione iniziale 49 Il lavoro di Pangea 51 Risultati 52 Scheda India 54 Progetto Sharma - Nepal 58 I servizi offerti da Pangea 59 Principali risultati 60 Risultati qualitativi 63 Italia 66 Microcredito Sociale per vittime di violenza 67 I risultati 68 Microcredito per l’avvio di imprese di donne 69 I risultati 71Conclusioni di Simona Lanzoni, Vicepresidente e Direttrice Programmi Fondazione Pangea Onlus Premessa In un contesto sociale segnato profondamente da una crisi economica che le recenti generazioni non ricordano di aver mai vissuto, in occasione della Giornata Mondiale della lotta contro la povertà Fondazione Pangea decide di rendere pubblici i risultati di un lavoro che da 12 anni porta beneficio a moltissime persone. Nelle pagine che seguono, non si troverà la ricetta a questa crisi, e neppure ci sogniamo di possederla. Si raccontano invece le modalità di lavoro per uno sviluppo sostenibile e paritario, attraverso le quali, dal 2002 a oggi, oltre 40 mila donne hanno potuto cogliere opportunità di vita grazie all’empowerment economico e sociale che Pangea ha offerto loro, con programmi a bassissimo costo, senza investimenti milionari, grazie unicamente a donazioni di singole persone, privati o imprese. Quando abbiamo cominciato, volevamo dimostrare che la povertà può essere sconfitta senza necessariamente dover essere una grande agenzia delle Nazioni Unite o una grande organizzazione non governativa ma, semplicemente, costruendo un percorso insieme alle persone e restando fedeli al nostro ideale. Negli anni non abbiamo tradito questo spirito e siamo restati al fianco delle donne alle quali avevamo promesso sostegno. Con la microfinanza e il microcredito, quelli che erano progetti immaginati per durare 2 o 3 anni, sono divenuti programmi di empowerment e sviluppo di lungo periodo. Un’opportunità di riscatto che si fonda ogni giorno su piccole azioni che tengono presente l’accoglienza, l’ascolto, l’accompagnamento economico e sociale. Regole semplici e logiche che spesso sono osservate con scetticismo e tenute in poco conto dagli esperti delle grandi agenzie. Nel 2005, a due anni dall’inizio del nostro percorso di microcredito in Afghanistan, Simona Lanzoni (vice presidente e responsabile dei programmi di Fondazione Pangea) mi raccontò di aver incontrato l’allora direttore del Microfinance Investment Support Facility for Afghanistan (MISFA). Gli parlò del nostro progetto di microcredito per le donne e lui disse che per essere autosufficienti finanziariamente avremmo dovuto diminuire il tempo del prestito da un 1 / Pangea / Report 2014 anno a sei mesi, oltre al fatto che difficilmente le donne avrebbero sviluppato in quel Paese. Simona gli rispose che non lo avremmo mai fatto e mi disse: “Come avrei potuto spiegargli che le crisalidi hanno bisogno di tempo per diventare farfalle?” e il tempo le ha dato ragione. Ci rendemmo conto in quell’occasione che il nostro lavoro seguiva una strada completamente innovativa e che Fondazione Pangea avrebbe rappresentato la crepa nel muro non per cambiare un sistema, ma per sostenere chi da quel sistema è fuori e aspetta solo un’occasione per inventarne uno diverso. Parlando con grandi banchieri italiani, una volta, con evidente sarcasmo mi fu chiesto come poteva Fondazione Pangea pensare di ottenere risultati che i grandi istituti di credito non riuscivano a raggiungere, in termini di sviluppo territoriale e insolvenza. Risposi che non avevamo gli stessi obiettivi, e che la differenza sostanziale stava in piccoli accorgimenti del tipo: non dare credito a uomini ricchi, ma a donne che, avendone bisogno, avrebbero velocizzato i processi di sviluppo delle economie locali. Dissi anche che, a differenza degli istituti di credito, Fondazione Pangea non avrebbe mai posto il denaro al centro, come soggetto, ma lo avrebbe sempre considerato oggetto per il raggiungimento di un obiettivo che non è restituzione del denaro, ma la realizzazione di un progetto di vita. A essa seguirà, come logica conseguenza, la restituzione che, però, anche se implementata da un tasso d’interesse, non avrà mai una formula speculativa, ma unicamente il compito di accrescere un capitale comune. Concetti semplici ma fondamentali, che mettono sempre al centro la persona e non il denaro. Abbiamo voluto presentare questo rapporto dopo 12 anni di lavoro e non dopo 12 mesi per non sentirci dire che da lì a poco il nostro sistema sarebbe fallito in quanto utopico. Lo presentiamo oggi innanzi all’evidenza di un fallimento da parte di quei banchieri che ci guardavano con sospetto. Buona lettura Luca Lo Presti Fondatore e Presidente di Fondazione Pangea 2 / Pangea / Report 2014 Povertà ovvero? Siamo cresciuti sin da piccoli con slogan che richiamavano alla lotta contro la povertà. Dalle Nazioni Unite alle Organizzazioni Non Governative, alla parola “povertà” abbiamo associato l’immagine di un bambino denutrito, possibilmente di colore e con la pancia gonfia, e il nostro immaginario collettivo ci ha spinto a impegnarci per fare qualcosa di più. Oggi che, anche nei Paesi più ricchi, tocchiamo con mano giorno per giorno un generale impoverimento della maggioranza della popolazione - immagine che non corrisponde a quella che ci hanno servito, a pranzo e cena, in televisione - viviamo in prima persona il fallimento delle politiche nazionali e internazionali a contrasto della povertà. Ma di quale povertà stiamo parlando e come si può realmente avviare un processo di sviluppo in cui le persone stesse siano in grado di generare il proprio sviluppo, a partire dalle proprie capacità all’interno di un contesto definito? Sappiamo che è difficile elaborare e combinare indicatori misurabili che mettano insieme aspetti puramente economici e quantitativi ad altri più difficilmente misurabili come la qualità della vita, il benessere e il godimento dei diritti umani. Perché parlare ora di tutto ciò? Perché noi di Fondazione Pangea vogliamo raccontarvi che cosa facciamo, da oltre un decennio e con grande passione, per dare il nostro contributo nella lotta alla povertà. 3 / Pangea / Report 2014 Definiamo la povertà La povertà spesso è legata idealmente alla scarsità generale, o alla mancanza totale, di una certa quantità di beni materiali o denaro. Ma siamo sicuri che possiamo accontentarci di questa definizione? Le grandi organizzazioni internazionali - dalla Banca Mondiale alle Nazioni Unite - e gli Stati così detti ricchi, dopo la Seconda Guerra Mondiale hanno associato l’idea dello sviluppo, e del sottosviluppo, alla crescita economica, lanciando così una “guerra” alla povertà a suon di miliardi. La Banca Mondiale ha proclamato: “Il nostro sogno è un mondo libero dalla povertà”. Per anni si è creduto che per sconfiggere la povertà bastasse distribuire grandi quantità di denaro. Foto di Ugo Panella. Intesa come povertà assoluta o miseria, essa si riferisce alla privazione dei bisogni umani fondamentali, che comprendono comunemente cibo, acqua, servizi igienico-sanitari, abbigliamento, alloggio, assistenza sanitaria e istruzione. La povertà relativa, invece, è definita contestualmente come disuguaglianza economica nella posizione o società in cui le persone vivono1. Anche le Nazioni Unite non sono state da meno quanto ad annunci. Nel primo degli Obiettivi del Millennio c’è “sradicare la povertà estrema e la fame” per riuscire a dimezzare - tra il 1990 e il 2015 - il numero delle persone che sul pianeta ne soffrono. Ogni agenzia delle Nazioni Unite, poi, ha declinato il concetto di povertà sulla base della propria specifica missione2. Povertà e fame quindi sono strettamente collegate: tradizionalmente, per misurare la povertà, si prende come riferimento soprattutto il costo del cibo e della vita. Il motivo è che i più poveri tra i poveri (cioè nei Paesi poveri) spendono in media fino al 75% del loro income per il cibo. 4 / Pangea / Report 2014 Adam Smith, padre dell’economia moderna, oltre 200 anni fa vide nella povertà non solo il problema di trovare risposta alle necessità di base per sostenersi nella vita, ma anche uno svantaggio sociale. In questo senso, la povertà è legata all’essere in grado di seguire i costumi di una data società e Paese, perché è essenziale per sentirsene parte. In realtà, però, la povertà è un concetto “elastico” e il cibo da solo non è un elemento sufficiente a rappresentarne la multidimensionalità3. Lo standard di riferimento utilizzato dalle Nazioni Unite per misurare la soglia di povertà è individuato in 1,25 dollari (povertà assoluta) o in 2 dollari (povertà relativa) pro capite al giorno. Pur essendo un metro utile per confrontare la povertà da Paese a Paese, per ottenere un quadro generale di riferimento del problema a livello globale, non possiamo considerare esclusi dalla povertà e dalla precarietà coloro che guadagnano 2,50 o 3 dollari al giorno (parliamo quindi anche di persone che vivono in Italia). La povertà non è una questione solo economica, ma soprattutto di qualità della vita. Foto di Giovanni De Sandre. 1. "Measuring Inequality". The World Bank. 2011. 2. Vedi per esempio l’Organizzazione Mondiale della Sanità http://www.who.int/topics/ poverty/en/ e le altre agenzie. 3. Le misurazioni della soglia di povertà nei vari Paesi sono impostate sulla base del costo della quantità di cibo necessaria al giorno. La norma scientifica internazionale è che un adulto ha bisogno di circa 2.000 calorie al giorno basandosi su uno standard occidentale di Paesi ricchi e di produzione di derrate alimentari occidentali (ovvero i cereali), ignorando totalmente l'importanza di un'alimentazione varia, a costi differenti, a base di pesce, frutta e verdura. Se i governi tenessero conto di un’alimentazione varia e dei beni essenziali, le rispettive proporzioni di poveri nella popolazione sarebbero alte sia in Paesi valutati poveri sia in quelli considerati ricchi. Povertà e fame sono concetti collegati, ma il secondo non basta a spiegare il primo. Foto di Ugo Panella. Amartya Sen, premio Nobel per l’Economia nel 1998, ha definito la povertà come mancanza di ciò di cui una persona ha bisogno per vivere all’interno di una società. Nel senso più ampio, significa sopravvivenza, ma anche il contributo e la partecipazione alle attività sociali quotidiane. Il merito di Sen è di aver usato nuove categorie, capaci di superare i limiti delle analisi economiche tradizionali. Grazie agli studi di Sen si viene infatti a delineare un nuovo concetto di sviluppo che si differenzia da quello di crescita avviato dopo la Seconda Guerra Mondiale. Lo sviluppo economico non coincide più con un aumento del reddito, Secondo l’Enciclopedia Britannica ma con un aumento della qualità della vita. (2008) la povertà "è lo stato di chi è privo Si può per esempio avere abbastanza cibo o acqua, ma non l’ambiente adedi un importo abituale o socialmente guato, l’istruzione o le cure sanitarie che permettano alle persone di “sta- accettabile di denaro o di beni materiali. re bene” nella società. Si possono avere abbastanza soldi per comprare un [...] Qualunque definizione sia utilizzata computer, ma non avere le infrastrutture necessarie per avere Internet o l’e- [...], generalmente si suppone che gli lettricità. effetti della povertà siano dannosi sia per L’analisi di Sen ha permesso così di riaprire un dibattito all’interno delle gli individui sia per la società". maggiori istituzioni internazionali, che hanno iniziato a prestare più attenzione alla natura multiforme della povertà4 . L’Indice di Sviluppo Umano dell’United Nation Development Programme (UNDP) è un buon esempio, dal momento che è calcolato sulla base dei valori di tre parametri: il reddito, l’aspettativa di vita e l’alfabetizzazione. 4. http://www.poverties.org/what-is-poverty.html 5 / Pangea / Report 2014 Donne e povertà La mancanza di dati sulla povertà e la fame sofferta dalle donne, nel mondo, ne limita l’analisi quantitativa. Spesso i Paesi non rilevano i dati sulla base del sesso di appartenenza e nella misurazione dei diversi aspetti della povertà le donne sono contestualizzate e “contabilizzate” nell’ambito del nucleo familiare. Ciò rispecchia quanto le società, in generale e a livello globale, si aspettano dal genere femminile, ovvero che assicurino la riproduzione “della specie”, il lavoro di cura5 in primis verso la figliolanza, gli anziani e i malati, nonché della casa, e si occupino della sicurezza alimentare di tutta la famiglia, siano esse in aree rurali o urbane6. Da questa separazione di compiti tra donne e uomini nasce una differenza profonda nell’accesso al reddito, al mondo del lavoro, all’istruzione, ai tempi dedicati alla propria cura e ai propri bisogni e alla partecipazione alla vita sociale. Alle attività che possono garantire l’autonomia economica e finanziaria e l’autodeterminazione rispetto al ruolo che si vuole ricoprire in famiglia e nella società, alle decisioni che si vogliono prendere. 5. Coltivare la terra e raccoglierne i frutti, trasformare e cucinare gli alimenti, rifornirsi d’acqua 6. Le donne pertanto da sempre lavorano anche se non viene riconosciuto loro il valore economico di questa quotidiana attività. 7. Il gruppo più numeroso è rappresentato da donne nel settore dei servizi (46,3% - con gli uomini rappresentano il 41,2%) e industria di trasformazione (18,3% - con gli uomini pari al 26,6%) (ibidem). 8. http://digitalcommons.ilr. cornell.edu/cgi/viewcontent. cgi?article=1408&context=globaldocs Per accedere alle risorse produttive, al credito, al reddito da lavoro, al tempo, per decidere in autonomia, le donne devono oltrepassare le attese sociali, garantire comunque il benessere familiare, superare una serie di substrati culturali e comportamentali discriminanti, palesi o impliciti, e/o leggi che ne impediscono l’azione. L’insieme degli ostacoli e delle ineguaglianze di genere presenti in una società in un Il magnifico mondo del lavoro La discriminazione occupazionale di genere sovraespone le donne rispetto agli uomini a una maggiore vulnerabilità che si ripercuote nella difficoltà a entrare nel mondo del lavoro, a mantenere un posto e, a ogni evento della vita privata che si sviluppa parallelamente alla vita professionale, alla possibilità estremamente facile di uscire sia del mercato formale sia da quello informale. Ciò espone le donne ad accettare lavori precari, part-time, a occupare posti di lavoro stagionali e/o a bassa retribuzione, da cui consegue un’inferiore protezione sociale presente e futura (le pensioni), aumentando il rischio di povertà. Nel 2011, il 50,5 % delle donne che lavoravano nel mondo occupavano una posizione vulnerabile, spesso non protette dalla legislazione del lavoro, rispetto al 48,2 % per gli uomini21. In media le donne sono pagate meno degli uomini, “Gender Pay Gap”, per un lavoro di pari valore. Nella maggior parte dei Paesi, i salari delle donne rappresentano tra il 70% e il 90 % di quelli degli uomini, con un rapporto ancora più basso in paesi alcune aree dell’Asia e dell’America Latina22. Solo una piccola minoranza occupa posizioni di alto livello, il “tetto di cristallo” difficilmente permette loro di arrivare a posizioni apicali per meriti acquisiti. 6 / Pangea / Report 2014 determinato momento espongono le donne a povertà, a processi d’impoverimento e d’isolamento sociale maggiori rispetto a quelli vissuti dagli uomini. La povertà femminile, sia essa economica, culturale o decisionale, rischia maggiormente di trasmettersi sui figli, perpetuandola. 9. 2012 World Development Report on Gender Equality and Development http://econ. worldbank.org/WBSITE/EXTERNAL/EXTDEC/ EXTRESEARCH/EXTWDRS EXTWDRùù 2012/0,,menuPK:7778074~pagePK:7778278~ù piPK:7778320~theSitePK:7778063~contentMDK: 22851055,00.html 10. http://www.huffingtonpost.com/2011/09 /19/women-make-only-1-percent-wealth_ n_969439.html 11. Food and Agriculture Organization, 2010–2011, The State of Food and Agriculture: Women in Agriculture: Closing the Gender Gap for Development, p. 7 12. http://www.unwomen.org/~/media/ headquarters/attachments/sections/library /publications/2014/gender%20gap%20 2014%20for%20web%20pdf.ashx 13. Nord Africa , in Asia meridionale e Asia occidentale spiccano come regioni in cui le donne sono particolarmente svantaggiate con divari di genere nell'occupazione di 50,0, 48,9 e 48,3 punti percentuali rispettivamente 14. http://digitalcommons.ilr.cornell.edu/cgi/ viewcontentcgi?article=1408&context= globaldocs 15. A livello globale, mentre prima della crisi (2000-2007) il tasso di occupazione femminile è diminuito solo modestamente di 0,1 punti percentuali (rispetto ad un calo di 0,8 per gli uomini), tra il 2007 e il 2012, il tasso di occupazione femminile è diminuito di 1,3 punti percentuali rispetto al calo di 0,9 punti percentuali per gli uomini. 16. http://www.economist.com/blogs/ freeexchange/2013/11/gender-and-finance 17 http://elibrary.worldbank.org/doi/ pdf/10.1596/1813-9450-6416 18. http://www.undp.org/content/undp/en/ home/ourwork/povertyreduction/focus_areas/ focus_gender_and_poverty Nel 1995, uno dei primi rapporti sullo sviluppo dell’UNDP riportava: “L’agenda incompiuta per il cambiamento è ancora notevole. Le donne costituiscono ancora il 70 % dei poveri e due terzi degli analfabeti del mondo”. Malgrado alcuni oggettivi miglioramenti, i dati di oggi dell’UNDP riportano che su 10 poveri, 6 sono donne e i divari di genere rimangono consistenti. Nel 2008, su 3 miliardi di persone che lavoravano nel mondo, il 40% (ovvero 1,2 miliardi7) erano donne8. La presenza femminile nel mercato del lavoro globale non ha significato sempre una qualità del lavoro decente, un’inclusione finanziaria e la riduzione della povertà. Si calcola che i due terzi delle donne lavorano o nell’economia informale o in maniera sproporzionata nel lavoro di cura non retribuito che svolgono in famiglia, che sia considerata allargata o meno. Pregiudizi culturali o veri e propri divieti legislativi impediscono alle donne un accesso al credito attraverso i canali ufficiali. Foto di Alberto Giuliani Nel 2011, la Banca Mondiale9 ha sottolineato che “Le donne rappresentano il 40% della forza lavoro mondiale, ma detengono solo l’1% della ricchezza mondiale.”10 La FAO, nel 2012, ha affermato che in tutto il mondo, le donne rappresentano il 43% della forza lavoro agricola11. Il 45 % della popolazione mondiale dipende da agricoltura, foreste, pesca o allevamento per il suo sostentamento. Statistiche comparate dimostrano che meno del 20% dei proprietari terrieri sono donne. 7 / Pangea / Report 2014 Milioni di donne che potrebbero sopravvivere muoiono a causa delle condizioni di discriminazione a cui sono sottoposte. Foto di Ugo Panella Secondo UNWomen12 nel 2012, il tasso di occupazione femminile era ancora di 25,1 % inferiore a quello maschile13. Tra il 2000 e il 2012, il rapporto a livello mondiale tra donne occupate e popolazione è diminuito dal 48,5 % al 47,1 % rispetto al 73,9% e 72,2 % per gli uomini. Le crisi finanziarie ed economiche che si sono susseguite negli ultimi anni nel mondo hanno contribuito in modo significativo alla creazione di nuove economie informali14, povertà, disoccupazione, esclusione finanziaria. Le donne hanno subito un impatto negativo notevole rispetto al lavoro15. Inoltre l’esclusione finanziaria basata sul genere è profondamente radicata in tutto il mondo16. Secondo un recente documento della Banca Mondiale più di 1,3 miliardi di donne sono “in gran parte al di fuori del sistema finanziario formale”17. 19. Commissione economica e sociale delle Nazioni Unite per l'Asia e il Pacifico UNESCAP, 2007 20. http://www.strategyand.pwc.com/media /file/Strategyand_Empowering-the-ThirdBillion_Full-Report.pdf 21. International Labour Organization, 2012, “Global Employment Trends: Preventing a deeper jobs crisis,” p. 11. Le donne erano molto più esposte degli uomini a essere occupate in lavori vulnerabili nel Nord Africa (55% contro 32%), Medio Oriente (42% contro 27%) e l'Africa sub-sahariana (quasi il 85% contro 70%) 22. International Labour Organization, 2009, “Global Employment Trends for Women,” p. 19 23. http://econ.worldbank.org/WBSITE /EXTERNAL/EXTDEC/EXTRESEARCH/EXTWDRS /EXTWDR2012/0,,contentMDK:23003311~ pagePK:64167689~piPK:64167673~theSitePK: 7778063,00.html 24. http://www.education-inequalities.org/ 25. http://www.unesco.org/new/en/education /themes/education-building-blocks/literacy/ resources/statistics/ Circa il 75% delle donne del mondo non può ottenere prestiti bancari perché ha un lavoro non retribuito o precario e non ha il diritto di proprietà18 e/o vive in Paesi con leggi e costumi che non glielo permettono. Al di là dei dati, c’è una evidenza chiara: il “divario di genere”, ossia lo svantaggio delle donne rispetto agli uomini nel poter decidere liberamente per sé, per l’accesso, l’uso, la proprietà e il controllo delle risorse e dei servizi di cui necessita. La povertà è strettamente correlata alla mancanza di empowerment e di eguaglianza, sia personale sia sociale, e ciò diminuisce la partecipazione e l’apporto femminile a livello economico, finanziario, sociale, culturale e politico, a trasformare le idee in azioni e in risultati desiderati. 8 / Pangea / Report 2014 Essere sposa-bambina significa una gravidanza entro i 15 anni e la scarsa possibilità di sopravvivere al parto. Foto di Ugo Panella Se ogni tre analfabeti nel mondo due appartengono al genere femminile, significa che l’inclusione sociale di una donna non può prescindere dall’istruzione. Foto di Ugo Panella From the womb to the tomb. Ci sono 4 milioni di donne in meno ogni anno. La velocità con cui le persone di ogni età appartenenti al genere femminile muoiono è più alto nei Paesi a basso e medio reddito che nei Paesi ad alto reddito. Se queste bambine, o feti di future bambine, e donne fossero vissute in un Paese senza ineguaglianze di genere, avessero potuto scegliere sulla loro vita e salute, e avessero avuto un sistema sanitario capace di garantire in strutture a costi calmierati le cure necessarie, non sarebbero morte. A livello globale, ogni anno vi è un eccesso di mortalità femminile di circa 3,9 milioni di donne di età inferiore ai 60 anni. Circa due quinti di esse non sono mai nate, un quinto scompare in tenera età e nell’infanzia e i restanti due quinti muoiono in età compresa tra i 15 ei 59 anni23. La discriminazione di genere sul mercato del lavoro ha un costo significativo perché riduce la produttività delle donne influenzando negativamente la costruzione del PIL, quindi il benessere collettivo. Nel 2007, è stato stimato che in Asia il mancato apporto di produttività femminile, a causa di restrizioni sulla partecipazione al mercato del lavoro e sull’accesso alla scolarizzazione, è costato fino a 80 miliardi di dollari l’anno19. Si stima che in questo decennio, sino al 2020, entreranno nell’economia globale circa un miliardo di donne, (865 milioni circa), solo il 17% di loro avrà ricevuto una sufficiente educazione e/o vivrà in un contesto che permetterà loro di inserirsi adeguatamente nel mercato formale del lavoro20 l’83% della popolazione femminile invece non avrà ricevuto una istruzione ade- Dalle donne ci si aspetta che si occupino principalmente se non solo di riproduzione e cura della famiglia. Foto di Giovanni De Sandre 9 / Pangea / Report 2014 Sapere è essere. Nel campo dell’istruzione, se pur le iscrizioni delle bambine alla scuola primaria sono aumentate, difficilmente coloro che si avviano agli studi li terminano e le donne adulte non hanno raggiunto un livello di alfabetizzazione comparabile a quello degli uomini24. Le donne rappresentano i 2/3 delle persone adulte analfabete, ovvero circa 503 milioni su 775 milioni. Si stima che 122 milioni di giovani a livello globale non sanno né leggere né scrivere, le giovani donne rappresentano il 60,7% del totale. Si calcola che nei 17 Paesi più poveri del mondo 9 bambine su 10 non hanno completato gli studi25. L’istruzione è la precondizione per avviare un processo di inclusione economica e finanziaria, nonché socio culturale di qualsiasi persona. guata o non avrà il permesso a essere inclusa (presupposti di contesto). Un’economia e una finanza non inclusive non riducono la povertà, non migliorano la parità e non producono posti di lavoro. Si deve promuovere lo sviluppo umano sostenibile e lavorare per ridurre la povertà e la partecipazione in tutte le sue dimensioni, compresa quella di genere. L’uguaglianza di genere è una condizione e un’opportunità per tutte e tutti di sradicare la povertà, creare benessere nei diversi ambiti della vita, pace e sviluppo rispettoso della natura. 26. World Health Organization, Global and Regional Estimates of Violence against Women, http://apps.who.int/iris/bitstream/10665/ 85239/1/9789241564625_eng.pdf, p2 27. based on the World’s Women 1990, UN Department of Economic and Social Affairs, New York, cited in Black, M. 2001. “Early Marriage: Child Spouses”. Innocenti Digest Vol. 7, Florence: 11 and Pinheiro, P. S. and J. Ward. 2008. From Invisible to Indivisible: Promoting and Protecting the Right of the Girl Child to be Free from Violence: 29. United Nations, New York. 28. Figure derived from data based on a 20022011 reference period. International Labour Organization, 2012, “ILO Global Estimate of Forced Labour: Results and Methodology,” p. 14, Geneva. - See more at: http://www. unwomen.org/en/what-we-do/ending-violence -against-women/facts-and-figures#sthash. MSIP4LCZ.dpuf 29. http://www.unwomen.org/en/what-we-do/ ending-violence-against-women/facts-and-figures Stop alla violenza. Secondo una revisione globale dei dati disponibili dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2013 il 35% delle donne di tutto il mondo – 1 su 3 - ha vissuto una forma di violenza fisica o/e sessuale. Alcuni studi nazionali sul tema dimostrano che fino al 70% delle donne ha sperimentato violenza da una relazione affettiva e di intimità26. Più di 64 milioni di bambine in tutto il mondo sono spose bambine, il 46 % delle donne intervistate tra i 20 e i 24 anni in Asia meridionale e il 41% in Africa occidentale e centrale, ha dichiarato di essersi sposata prima dei 18 anni. Le conseguenze sono gravidanze precoci e indesiderate, rischi potenzialmente letali per le complicazioni legate alla gestazione e al parto, principale causa di morte tra le ragazze tra i 15 e i 19 anni semplicemente perché non possono scegliere27. Il traffico di esseri umani intrappola milioni di donne e ragazze nella schiavitù moderna. Le donne e le ragazze rappresentano il 55% dei circa 20,9 milioni di vittime del lavoro forzato in tutto il mondo, e il 98 % dei circa 4,5 milioni di persone coinvolte nello sfruttamento sessuale28. Lo stupro è una tattica dilagante delle guerre moderne. Ogni conflitto porta con sé questa orrenda forma di violenza: Ukraina, Siria, Iraq, Somalia sono i territori dove oggi il corpo delle donne e delle bambine paga un prezzo troppo alto per una guerra di potere tra uomini. Stime prudenti indicano che tra 20.000 a 50.000 sono le donne violentate durante la guerra del 1992-1995 in Bosnia-Erzegovina, mentre circa 250.000 a 500.000 donne e ragazze sono state prese di mira nel genocidio del 1994 in Ruanda29. Ogni forma di violenza fisica sessuale, ma anche psicologica e lo stalking, possono comportare debilitazioni più o meno permanenti e disabilità fisiche, traumi psico-emotivi, difficoltà nelle relazioni affettive, lavorative, di mantenimento di sé. Nel caso ci siano dei figli, la trasmissione intra generazionale della violenza può creare un effetto domino se non viene recuperata in tempo. 10 / Pangea / Report 2014 Rapporto delle Nazioni Unite per lo sviluppo 2014 Nonostante da decenni si parli di politiche di riduzione della povertà a livello globale, 2,2 miliardi di persone sono oggi povere o quasi. È così che apre il rapporto sullo sviluppo umano dell’UNDP presentato a Tokyo a luglio 2014, dal titolo “Sostenere il Progresso Umano: ridurre le vulnerabilità e costruire la resilienza.” I dati rilevano 1,2 miliardi di persone che vivono con circa 1,25 dollari al giorno. Tuttavia, secondo l’indice multidimensionale di povertà, quasi 1,5 miliardi di persone in 91 Paesi vivono in condizioni di povertà, ovvero private della possibilità di accedere a servizi sanitari, (vedi il caso di Ebola), all’istruzione (in particolare delle bambine) e in generale a uno standard di vita qualitativamente degno di questo nome. Anche se la povertà è leggermente in calo complessivamente, quasi 800 milioni di persone oggi nel mondo rischiano di scivolare nel processo dell’impoverimento a causa di calamità naturali, di crisi finanziarie o politiche, guerre nonché per disparità, discriminazioni e problemi legati al ciclo della propria vita. Il rapporto evidenzia che persistenti vulnerabilità minacciano lo sviluppo umano e, con l’assenza di un approccio sistematico tramite politiche e regolamentazioni sociali, i progressi non saranno mai equi o durevoli. L’UNDP sottolinea che «ridurre la povertà e la vulnerabilità delle popolazioni non vuol dire solo raggiungere il tasso di povertà zero, ma anche mantenerlo». Inoltre rimarca che la possibilità di sviluppo femminile è inferiore dell’8% rispetto a quella maschile, ma se si vuole assicurare un progresso è fondamentale eliminare le diseguaglianze e sostenere percorsi di resilienza delle categorie più vulnerabili: i disabili, gli anziani, i più piccoli; tutte persone legate al lavoro di cura prettamente femminile garantito in famiglia in maniera più o meno retribuita dalle donne. Infine l’UNDP richiama il bisogno di una protezione sociale completa per la popolazione mondiale più povera30, tenendo conto che circa l’80% non vi accede. Realizzare ciò “costerebbe meno del 2% del Pil mondiale.” 30. in particolare la sanità e l’istruzione; e un impegno per la piena occupazione 11 / Pangea / Report 2014 Per eliminare le disuguaglianze bisogna concentrarsi sulle categorie più vulnerabili: donne, bambini e anziani. Foto di Giovanni De Sandre. Rappresentazione iconografica degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. http://www.un.org/ millenniumgoals/ 31. http://sustainabledevelopment.un.org/ focussdgs.html 32. www.unwomen.org/ru/digital-library/.../ post-2015-long-paper Dai Millennium Development Goals ai Sustainable Development Goals. Il report dell’UNDP del 2014 viene pubblicato in un momento cruciale. Gli obiettivi di sviluppo del millennio (MDGs) scadono nel 2015. Raggiunti solo parzialmente, sono stati sin dall’inizio estremamente criticati perché espressione di una visione del mondo del secolo passato, e non di una realtà mondiale complessa e in cambiamento. Rispetto al tema dell’empowerment e dell’uguaglianza di genere - obiettivo n. 3 - non si sono affrontate le cause strutturali alla base del problema e non si sono considerate nei diversi obiettivi le problematiche fondamentali quali la violenza, la proprietà, la partecipazione ai processi decisionali in ambito pubblico e privato e l’interconnessione tra i diversi altri obiettivi rispetto al genere. A seguito della United Nations Conference on Sustainable Development “Rio +20”, nel 2012, sulla base del documento presentato “Il futuro che vogliamo”, si sta lavorando sulla nuova agenda 2015-2030 per individuare il nuovo quadro di riferimento di sviluppo sostenibile, coerente e integrato nel programma delle Nazioni Unite, multidimensionale e inclusivo dei diritti umani e della governance-role of law (ruolo della legge e degli Stati), della sostenibilità ambientale, delle diseguaglianze: gli Obiettivi di sviluppo sostenibile o SDGs (Sustainable Development Goals ). Il primo punto resta l’eliminazione della povertà, un requisito indispensabile per lo sviluppo sostenibile. Per assicurare che tutti gli uomini e le donne, in particolare i più poveri e vulnerabili, abbiano pari diritti alle risorse economiche, così come all’accesso ai servizi di base, la proprietà e il controllo sulla terra e le altre forme di proprietà, l’eredità, le risorse naturali, adeguate nuove tecnologie, e servizi finanziari tra cui la microfinanza31. In merito alle donne e le bambine, Unwomen chiede di inserire un obiettivo unico e trasformativo, capace di integrare la parità di genere, l’empowerment e i diritti. Si chiede una metamorfosi delle relazioni di genere e delle strutture di potere che le sottendono, come condizione necessaria affinché le donne e le bambine siano libere dalla violenza; per sviluppare i propri talenti, con la possibilità al pari degli uomini e dei bambini di accedere alle risorse disponibili, ed avere pari presenza e voce nei diversi consessi istituzionali (dal privato al pubblico, dal locale al globale) in cui vengono prese le decisioni che poi influenzano e modellano la loro vita e il funzionamento delle loro famiglie e società32 . Senza attenzione a questi temi, le cause strutturali della discriminazione basata sul genere rimarranno invariate rallentando il nuovo che avanza, lo sviluppo sostenibile, il progresso delle culture, lo sradicamento della povertà. 12 / Pangea / Report 2014 L’empowerment economico delle donne per uscire dalla povertà Le donne danno un enorme contributo all’economia, sia nelle imprese, nelle aziende agricole, come imprenditrici o dipendenti, sia nel lavoro di cura non retribuito a casa. Malgrado ciò, ancora non si riconosce loro questo importante ruolo e apporto. La mancanza di pari opportunità continua a ostacolarle e le pone sotto il giogo di discriminazioni, sfruttamento e povertà33. Investire nelle donne aiuta a velocizzare lo sviluppo delle economie locali e a creare società più eque. Stime indicano che l'aumento dell'occupazione femminile ai livelli maschili potrebbe avere un impatto diretto sul PIL degli Stati Uniti del +5%, del Giappone del +9%, degli Emirati Arabi Uniti del +12% e dell’Egitto del +34%34. Permettere alle donne di essere potenti volani di sviluppo ha un impatto al di là dei numeri di una crescita economica sostenibile: parliamo di diritti umani che si realizzano, parliamo di povertà che diminuisce, di processi che generano la moltiplicazione del benessere qualitativo nella vita di molte persone in maniera molto concreta, parliamo di economia locale a filiera corta e di finanza non speculativa. La capacità di portare avanti un cambiamento economico individuale genera empowerment.35 33. http://www.icrw.org/what-we-do/economicempowerment 34. http://www.strategyand.pwc.com/media/ file/Strategyand_Empowering-the-Third-Billion_ Full-Report.pdf 35. Inteso come processo interno che sviluppa capacità e talenti inespressi, volontà decisionale, autostima e fiducia in una persona affinché possa avere la forza di modificare situazioni esterne che la ostacolano nella sua libera espressione, decisione, movimento, leadership; o rispetto al contesto esterno in cui vive, la possibilità di modificare le diseguaglianze che le impediscono di accedere, partecipazione, utilizzare, controllare e avere la proprietà di risorse, beni, servizi, istruzione, cultura,lavoro, etc. A livello internazionale, sono ormai diverse le personalità, gli accademici, le Istituzioni che sostengono che investire sull’empowerment economico delle donne porta verso la parità di genere, l'eliminazione della povertà e la crescita economica sostenibile e inclusiva. A supporto di ciò troviamo anche documenti e convenzioni, come la Piattaforma d'azione di Pechino del 1995, la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW), e una serie di convenzioni dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) sulla parità di genere. L’aumento della capacità economica femminile influenza quella decisionale all'interno delle famiglie e contribuisce a un miglioramento dei consumi, per coprire i bisogni primari, e dei risparmi: nutrizione, alfabetizzazione, alloggio, migliorano i tassi di sopravvivenza di tutti i componenti. Le donne sono più propense degli uomini a investire e risparmiare il loro reddito 13 / Pangea / Report 2014 Escluse dai circuiti tradizionali e bancari, le donne trovano nel microcredito lo strumento principale per accedere a dei finanziamenti. Foto di Ugo Panella. all’interno del nucleo familiare per la nutrizione, la salute e l'educazione dei figli e per un’abitazione dignitosa. Crescendo, le future generazioni migliorano perché istruite e più sane, diventando un fattore sociale ed economico positivo nella loro società. Le donne che accedono alle tecnologie possono liberare e gestire diversamente il tempo, aumentare la propria produttività, avviare attività generatrici di reddito: un cellulare, una pompa a pedale, un pannello solare, un veicolo sono tutti mezzi da cui trarre vantaggi. Se le donne hanno accesso al credito e hanno capacità di risparmiare possono avviare attività e in seguito essere imprenditrici di se stesse o disporre del denaro come ritengono sia meglio, contribuendo in maniera più efficace al finanziamento delle loro famiglie e comunità. Se le donne governano la propria economia, nel tempo acquisiscono maggiore potere per fermare la violenza che subiscono in casa, per decidere della propria salute e curarsi; hanno tempo per coltivare interessi e partecipare al miglioramento e alle decisioni della comunità e della società nel suo insieme. Dare alle donne la possibilità di diventare finanziariamente indipendenti e sfruttare al meglio il loro talento è la chiave per aumentare lo standard di vita globale, trasformare vulnerabilità ed esclusione in resilienza, oggi più che in passato36. 36. http://www.unwomen.org/en/what-ci-do/ economic-empowerment#sthash.aPl9Wesw. dpuf 14 / Pangea / Report 2014 Il modello vincente del microcredito è di non avere un modello, perché si costruisce ogni volta ascoltando i bisogni reali delle persone. Foto di Ugo Panella. L’empowerment. L’empowerment non è evidentemente solo economico, è un concetto più ampio. Linda Mayoux, una delle maggiori accademiche cha ha lavorato sul tema37, lo indica come un cambiamento interno, di autostima e aumento delle proprie capacità o di poter esterno, di questionare e cambiare situazioni di subordinazione connesse al genere o ad altri tipi di potere e diseguaglianze. Un processo di empowerment si attua quando le donne o le persone sfidano le norme e la cultura esistenti in un determinato momento per effettivamente migliorare il loro benessere 38. In una comunità, empowerment vuol dire la partecipazione nei processi e decisionali attraverso i quali le persone si sentono capaci e in diritto di scegliere. Come però argomenta Sen, l’empowerment personale può condurre al cambiamento di istituzioni e norme, ma senza l’empowerment collettivo quello personale permette scelte limitate. Nei report dell’UNDP, di UNIFEM e della stessa Banca Mondiale si indica che “le ineguaglianze legate al genere in società in via di sviluppo e non soloinibiscono la crescita verso lo sviluppo”. La World Bank sottolinea che “le società che discriminano sulla base del genere pagano un enorme costo in povertà, crescita dell’economia rallentata, debole governance,e basso standarddi qualità di vita delle persone”. “La nostra esperienza ci insegna che anche con lievi aumenti nelle opportunità offerte alle donne, e piccole trasformazioni dei vincoli culturali e politici che le ostacolano, possono portare benefici economici e sociali spettacolari che spesso superano le nostre aspettative e immaginazione.” Simona Lanzoni 37. http://www.ilo.org/wcmsp5/groups/ public/@ed_emp/documents/publication/ wcms_117993.pdf 38. “can micro finance empower women? SHG in India.”Anjula Bali Swain, Upsala University, dep. of economic-in ADA Dialogue n.37, May2007 Altissime percentuali di restituzione del prestito e investimenti diffusi sulla famiglia e sulla comunità fanno delle donne le migliori sviluppatrici del microcredito. Foto di Giovanni De Sandre. 15 / Pangea / Report 2014 La microfinanza, il microcredito, strumenti di inclusione finanziaria Secondo i dati dell’UNDP, il 20% più ricco della popolazione mondiale ottiene il 95% del credito erogato. Gli “esclusi” o “non bancabili” sono circa 2 miliardi e mezzo a livello globale, ma non sono solo i poveri dei poveri: oggi viviamo in una realtà in cui non avere garanzie reali, avere un lavoro precario e un reddito insufficiente, non permette di accedere al credito neppure a molti di coloro che fanno parte della opulenta società dei consumi. I “non bancabili” hanno quindi meno probabilità di iniziare la propria attività o assicurarsi contro eventi imprevisti che fanno scivolare nella povertà39. Se, come afferma la Banca Mondiale, le donne possiedono appena l’1% della ricchezza mondiale, sono i 2/3 della popolazione che lavora nell’economia informale e hanno un reddito tra il 10% e il 30% inferiore a quello di un uomo, si fa presto a capire la composizione della maggior parte dei non bancabili nel mondo. La microfinanza è uno strumento che viene in aiuto per assicurare l’inclusione finanziaria, l’accesso al credito, la raccolta di risparmio e per fornire diversi servizi finanziari e non40. Dire quante persone al mondo usufruiscono di questo strumento è difficile, perché la natura degli operatori di microfinanza è molteplice e si può rilevare solo nei casi in cui questi mettano in evidenza i propri dati. Per esempio, le realtà che sono incluse nella rete Mix Market evidenziano che sono 140milioni le persone che a oggi usufruiscono della microfinanza41. Tuttavia, l’offerta di microfinanza nel 2009 copriva solo il 10% circa del bisogno potenziale. Le donne che si rivolgono a Fondazione Pangea non ricevono semplicemente prestiti, ma anche corsi per aver accesso a tutte le conoscenze e i diritti utili al loro empowerment. Foto di Ugo Panella Il microcredito è parte dei servizi finanziari contenuti nella microfinanza ed è la concessione di un piccolo prestito. Può essere erogato al singolo o a un gruppo, ma in realtà le metodologie con le quali si può concedere e richiederne la restituzione sono tantissime. Non esiste un unico metodo di microcredito, ogni volta si costruisce sulla base dei bisogni delle persone, delle loro disponibilità economiche seppur minime, rispetto ai contesti socio economici e alle 16 / Pangea / Report 2014 39. http://web.worldbank.org/WBSITE/ EXTERNAL/NEWS/0,,contentMDK:23172927 ~pagePK:34370~piPK:34424~theSitePK: 4607,00.html 40. I Servizi Finanziari: Credito al consumo, formativo, housing ed imprenditoriale; Raccolta e gestione di risparmio;gestione di rimesse, microassicurazioni, pensioni, servizi di pagamento,carte di credito o di debito, etc.. I servizi non finanziari o sociali: formazione professionale o di tipo educativo, gestionale, consulenze, capacity building ecc. 41. http://www.slideshare.net/unglo balpulse/3-scott-gaul?related=1 legislazioni vigenti, alla volontà dell’operatore. Anche in questo caso per calcolare quante persone ne usufruiscano si può fare riferimento per sommi capi a realtà che coordinano diversi operatori, come ad esempio la Microcredit Summit Campaing. La microfinanza e il microcredito sono strumenti privilegiati per includere le donne a livello finanziario: si calcola che in media sono donne circa l’84% dei clienti di microfinanza e il 75%42 del microcredito. Ovunque nel mondo, negli anni le donne hanno dimostrato di essere affidabilissime nella restituzione del prestito e nella capacità di reinvestire i profitti o risparmi delle loro attività per l’educazione dei figli, l’assistenza sanitaria e l’abitazione, mentre gli uomini, in generale, prima spendono o investono i soldi per soddisfare le proprie esigenze e solo in seconda battuta quelle della famiglia. Le donne che ricevono un microcredito sono costantemente monitorate da Fondazione Pangea e dai suoi partner locali per aiutarle nel loro percorso di crescita. Foto di Giovanni De Sandre Nonostante i risultati sorprendenti, molte persone di spicco, accademici e attiviste, hanno duramente criticato la microfinanza e il microcredito per essere stati sopravvalutati e rappresentare uno dei tanti mercati della povertà. Non a torto. In realtà non si può fare di tutta l’erba un fascio. Gli operatori di microcredito sono diversi e mossi da obiettivi differenti. Il vero problema è che la maggioranza di essi, in effetti, non si è mossa in questo ambito con la motivazione di promuovere realmente l’empowerment delle persone né di sradicare la povertà come fa, per esempio, Fondazione Pangea. Dopo l’incredibile espansione che il mercato della microfinanza ha avuto 17 / Pangea / Report 2014 42. Dati sezione statistiche della http:// www.microcreditsummit.org/; la media è abbassata dalle percentuali dei paesi del nord africa e centro Asia, in India per esempio la media è del 93%. dal 1996 al 2008/2009, c’è stata una battuta d’arresto forte, dovuta all’eccessiva piega speculativa che stavano prendendo alcuni operatori di microfinanza, in particolare in India. I clienti che si erano indebitati o sovra indebitati e non riuscivano a restituire quanto dovuto si suicidavano, perché sottoposti alla pressione psicologica e alla forzatura che facevano gli operatori per la restituzione, anch’essi nervosi all’idea di vedere il loro stipendio decurtato dell’ammontare dei prestiti non rientrati per mantenere il bilancio delle organizzazioni di microfinanza non in perdita. In particolare ciò avveniva nella regione dell’Andhra Pradesh e quando la notizia è risuonata nell’opinione pubblica in molti hanno smesso di restituire. L’appartenenza a un gruppo o a una rete sul territorio e la capacità di creare legami sono le migliori garanzie fornite dalle donne che ricevono un microcredito. Foto di Ugo Panella 18 / Pangea / Report 2014 C’erano stati altri casi in passato, prima in Bosnia poi in Nicaragua con lo slogan “ No Pago” e prima ancora in Marocco43, ma non avevano avuto la forza mediatica che i casi di suicidio in India hanno creato (parliamo di decine di persone morte). Sino a quel momento l’opinione pubblica e gli stessi donatori credevano che la microfinanza fosse la panacea per far guadagnare chi faceva microfinanza e chi la riceveva. Mai giudizio è stato più sbagliato. È importante fare chiarezza sugli operatori che fanno microfinanza. Sono pochissimi infatti coloro che cercano di promuovere l’empowerment o la lotta alla povertà. Per la maggioranza i poveri rappresentano solo un mercato come un altro dove investire e guadagnare, cifre più basse ma sicure. La battuta d’arresto ha permesso a tutti di interrogarsi su che cosa migliorare, i governi si sono dotati di strumenti legislativi e quadri di riferimento in grado di colmare l’eccesso di deregolamentazione all’interno del mercato della microfinanza, i donatori hanno dato a livello mondiale un maggior valore e spinta alla misurazione dell’impatto sociale che la microfinanza produce realmente, e gli operatori hanno sviluppato codici di condotta e trasparenza tra loro e i propri clienti. I partner locali che collaborano con Fondazione Pangea ne condividono completamente la mission e si compongono di staff prevalentemente femminile. Foto di Giovanni De Sandre Ciò nonostante, vista la crisi finanziaria ed economica dilagante a livello mondiale, è chiaro che microfinanza e microcredito, avendo alla base un meccanismo di restituzione e pagamento dei servizi offerti, incontrano difficoltà sempre maggiori a rivolgersi ai poveri dei poveri. Il target non può scendere oltre un certo livello di povertà, perché in quel caso serve un aiuto di altro genere. Per fare chiarezza sull’insieme degli operatori che si muovono in questo enorme settore, in continua crescita anche se a ritmi più pacati, è fondamentale chiarire approcci e natura, in base a tre paradigmi: 19 / Pangea / Report 2014 43. http://www.financialaccess.org/blog/ 2013/02/what%E2%80%99s-nextanother-repayment-crisis Paradigma della sostenibilità finanziaria di chi eroga Il focus dell’operatività è garantire la sostenibilità finanziaria dell’ente che eroga (es. Banche, Istituzioni di microfinanza) e ciò avviene tramite il tasso di interesse, il n. portfolio clienti, l’abbattimento dei costi. La ricaduta sociale che genera la microfinanza interessa solo ai fini della restituzione del prestito e del mantenimento di una buona reputazione nei confronti degli investitori, non dei clienti. Le donne diventano un target perché statisticamente, da clienti, ripagano più degli uomini e investono in attività più sicure e a gestione familiare, non sperperano i soldi. Questo è l’approccio utilizzato da quasi tutti gli operatori di microfinanza e microcredito nel mondo (vedi le realtà collegate a Microfinance Gateway, Microcredit Summit Campaign, etc.). Paradigma della riduzione della povertà La microfinanza è uno strumento tra i tanti che può essere inserito in un programma di riduzione della povertà, di solito nei contesti più ostici. Le donne diventano un target perché sono le più povere tra i poveri; l’obiettivo non è l’empowerment, ma la lotta alla povertà. La restituzione del prestito non è l’obiettivo dell’azione. Gli operatori di tali interventi sono sostenuti da programmi di cooperazione allo sviluppo con istituzioni pubbliche, donor e grandi agenzie internazionali, pertanto la sostenibilità è garantita a prescindere. (agenzie ONU, banche di sviluppo, enti locali, chiese, ong, etc.). Il Paradigma dell’empowerment Si lavora attraverso la microfinanza per generare empowerment economico quale propulsore per raggiungere un miglioramento anche sociale, culturale e una maggiore partecipazione alla vita. Le donne diventano il target privilegiato in quanto maggiormente discriminate nei diritti e nella partecipazione economica. Gli operatori 20 / Pangea / Report 2014 prediligono affiancare ad azioni di microfinanza altri strumenti non finanziari che per mettono alle beneficiarie/clienti di crescere e riscattarsi nel proprio contesto familiare e comunitario. La restituzione del prestito è parte del processo di empowerment. La sostenibilità di tali organizzazioni è totalmente o parzialmente indipendentemente dalle restituzioni dei prestiti. (Organizzazioni non governative, agenzie ONU). Fondazione Pangea persegue questa modalità di lavoro. Cenni storici sul microcredito e la microfinanza. In tutto il mondo si ritrovano esperienze antichissime di raccolta del risparmio e concessione di piccoli crediti con garanzie basate sulla rete di conoscenze e non sull’avere. Iniziative di microcredito si fanno risalire ai monti di pietà francescani (1462, Perugia) e al banchiere napoletato Lorenzo de Tonti (1602 circa – 1684 circa) che lavorò sotto Mazarino Luigi XIV a metà del 1600 e poi in Senegal. Realtà di carattere mutualistico e cooperativo sociale nascono poi nell’800 in Europa, dalle casse rurali sociali di credito, alle associazioni popolari di credito (banche popolari). Il microcredito come lo conosciamo noi, si sperimenta negli anni tra il 1960-1970 in America Latina (Accion in Bolivia e Brasile negli anni ’60) e in Asia (la SEWA, sindacato di donne, in India nel 1972, e la Grameen in Bangladesh nel 1976 che diventa banca nel 1983).Nel ‘97 si diede avvio alla Microcredit Summit Campaign con l’obiettivo di garantire a 100 milioni di poveri nel mondo l’accesso al credito per il 2005, risultato raggiunto e superato. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 2005 Anno Internazionale del Microcredito. Nel 2006, viene conferito il premio Nobel per la Pace a Muhammad Yunus. Nell’arco di questi decenni oltre al microcredito si sono aggiunti nuovi servizi finanziari e non, la parola indicata per comprendere tutto ciò è microfinanza. 21 / Pangea / Report 2014 Fondazione Pangea e i suoi strumenti di lavoro: la microfinanza olistica per l’empowerment delle donne Fondazione Pangea è una realtà senza scopo di lucro che vuole favorire l’empowerment economico e l’emersione dalla povertà delle donne, perché – come già detto - rappresentano metà della popolazione mondiale che soffre i più grandi ostacoli e discriminazioni a partecipare in maniera eguale agli uomini nell’accesso, nell’uso, nel controllo e nella proprietà di beni, servizi, diritti, al godimento della vita nel suo insieme. L’empowerment è il risultato atteso nei programmi di Fondazione Pangea, in particolare in quelli di microcredito e microfinanza. Questo risultato non si ottiene incidentalmente: per raggiungerlo utilizziamo un metodo di lavoro olistico, “a tutto tondo”, inclusivo di aspetti economico-finanziari e sociali. Attraverso l’ascolto e il confronto, studiamo strategie e servizi specifici che tengano in considerazione i bisogni delle donne, della loro famiglia, del contesto in cui vivono. L’accesso al credito e ai servizi non finanziari (accompagnamento e formazione) non rappresentano la condizione sufficiente per creare processi di empowerment economico, pertanto il lavoro di Pangea è anche quello di integrare il prestito con servizi non finanziari, educativi, di informazione e consapevolezza, di autostima. Accompagniamo le donne a sviluppare le proprie capacità e talenti, rassicurandole nei momenti di fatica e sconforto, per poi gioire con loro quando riescono a esprimersi e farsi valere . Fondazione Pangea non è un’istituzione di microfinanza, ma agisce - direttamente o attraverso partner locali - per sviluppare programmi di microfinanza e microcredito. I partner sono selezionati con specifici criteri: sono composti da staff a maggioranza femminile, provenienti dalle aree in cui si opera. I partner hanno una totale condivisione della mission e degli obiettivi di Pangea, elaborano con noi la strategia d’intervento e possono ricevere supporto tecnico per il loro rafforzamento in itinere, sono monitorati nel loro operato. Il nodo dell’accesso al credito è un importante lente attraverso cui le crisi finanziarie oggi stanno portando il mondo a una generale sensazione di insicurezza e instabilità. Poter garantire sostegno finanziario delle donne, e permettere loro l’accesso al credito secondo principi diversi da quelli del sistema bancario classico, è fondamentale per dare spazio “al nuovo che avanza”, al raggiungimento dell’empowerment e alla riduzione della povertà, al superamento delle disparità, perché permettono di rendere sostenibile la vita delle donne stesse. Il microcredito e la microfinanza per Pangea hanno l’importanza di includere finanziariamente donne che non hanno scelta, non sono bancabili, valorizzandone il capitale umano, l’esperienza di vita e le garanzie sociali. La capacità di fare parte di un gruppo, di confrontarsi, di creare legami con il territorio e sviluppare reti di solidarietà è un modo per superare l’assenza 22 / Pangea / Report 2014 F o n d a z i o n e Pa n g e a è profondamente convinta che non basta avere i soldi per migliorare la propria qualità della vita, senza conoscere i propri diritti e ave r e l ’ o p p o rt u n i tà di goderne; i soldi non rendono più ricchi se si è malnutriti e non si sa quali cibi ci rendono sani, né è sufficiente conoscere i diritti se poi non si ha la condizione economica sufficiente per opporsi davanti a discriminazioni e soprusi. I soldi servono a poco se non si ha una rete di persone con cui a f f r o nta r e i m o m e nt i difficili della vita, ma sicuramente aiutano a sostenerne i costi e non scivolare nella povertà assoluta. Pangea, lavorando nei progetti di microcredito e microfinanza, concorda con quanti sostengono che questi strumenti di cooperazione non cambiano direttamente le strutture di potere e le norme sociali che ostacolano le donne nella loro ricerca di sviluppo delle capacità, parità di opportunità, scelta, utilizzo, decisione, controllo delle risorse. Pertanto è fondamentale affiancare alla microfinanza/ microcredito un lavoro di gruppo che supporti lo sviluppo dell’empowerment a partire dalla socializzazione di problemi e discriminazioni vissute, ad attività di tipo formativo finanziario, sui diritti, sull’educazione, la propria salute e l’igiene, il contrasto alla violenza e l’accesso alla legalità. Ciò aiuta le donne e le ragazze a sostenere la pressione psicologica che grava su di loro rispetto a ruoli e tradizioni esistenti. di garanzie reali e la mancanza di proprietà. Pangea non vuole essere un problema peggiore della povertà e della diseguaglianza su cui interviene. Le donne possono essere sicure che in noi troveranno un appoggio , ma solo se vogliono rialzarsi in piedi per camminare da sole, altrimenti l’opportunità e la fiducia che offriamo viene meno. Nei progetti di microfinanza abbiamo sempre operato nell’ambito delle legislazioni vigenti nei Paesi in cui siamo presenti, attraverso partner locali, e abbiamo applicato una serie di regole minime al fine di facilitare il nostro intervento: • Pangea evita di concedere credito dove ci sono già indebitamenti nei confronti di altre realtà; • Le cifre concesse sono commisurate alla capacità di guadagnare, consumare e quindi di rimborsare del nucleo familiare; • L’ammontare concesso deve essere destinato all’avvio di una attività economica; • Lo staff che gestisce i programmi sul campo deve essere a maggioranza, se non al 100%, femminile e locale; • Si valorizza il risparmio e se ne favorisce la raccolta come principio di sana finanza; • Le donne che accedono al credito e raccolgono risparmio, devono gestire direttamente e avere il controllo sul denaro di cui dispongono, per avviare il processo di empowerment economico e sociale; • L’alfabetizzazione finanziaria di base è il minimo comun denominatore per lavorare insieme; • Si programma sempre un incontro di gruppo o individuale sulla trasparenza delle regole relative all’accesso al credito, i diritti e le responsabilità di chi riceve il microcredito; • Si si chiede sempre disponibilità da parte delle donne a essere intervistate nell’arco della durata del microcredito per verificare l’impatto economico e sociale che si verifica a 23 / Pangea / Report 2014 Le norme giuridiche e culturali hanno un grande impatto sulla possibilità data alle donne di ottenere pari (o qualsiasi) accesso ai servizi finanziari. Basti sapere che in alcuni Pa e s i u n a d o n n a d e ve richiedere al marito o a un familiare di sesso maschile di co-firmare la richiesta di un prestito. Nei Paesi in cui le donne si trovano ad affrontare la discriminazione legale nella capacità di lavorare o sono tenute per legge a obbedire al marito, le donne hanno significativamente meno p r o ba b i l ità r is pe t to agli uomini di possedere un conto corrente, di contr a r r e p r estiti , d i avviare attività. seguito del percorso intrapreso con Pangea nella loro vita (es. se aumenta il reddito, se migliora la quantità e la qualità del cibo, se aumentano le cure sanitarie della famiglia, se le donne acquistano qualcosa per se stesse o la casa, se i figli e le figlie vanno a scuola, etc.) • Le donne devono garantire la disponibilità a frequentare corsi di formazione e attività che prevede il programma di microcredito/microfinanza, che possono essere legati alla gestione del proprio prestito e all’attività economica che si è sviluppata44, o legati allo sviluppo dell’empowerment sociale45. Le caratteristiche dei microcrediti Pangea A seconda di ogni Paese, le caratteristiche variano ma possono comunque riassumersi nei seguenti punti: •L’ammontare medio piccolo •La durata di breve periodo •La restituzione: rateizzata e ravvicinata nel tempo •Procedure semplificate di restituzione •Destinato ad una attività imprenditoriale •Elargito senza vincolo di garanzie reali •La relazione di fiducia è la base su cui costruire la relazione di credito •Vi è un accompagnamento all’empowerment e alla leadership della donna 44. esempio sviluppare il proprio business, tenere una contabilità complessa, avviare attività produttive (sartoria, gioielli, cibo essiccato, etc.)etc. 45. educazione civica ai diritti, al contrasto alla violenza, all’alfabetizzazione, alla salute riproduttiva e all’igiene, sviluppo della leadership, councelling 24 / Pangea / Report 2014 Laila rappresenta il simbolo e un po’ la quintessenza del lavoro di Pangea. Prima beneficiaria del progetto Jamila, avviato a Kabul nel 2003, Pangea ha incontrato Laila che viveva in condizioni disperate con i suoi figli piccoli. Senza una vera casa, senza un uomo che potesse provvedere a lei e assicurarle quello status sociale che in Afghanistan solo un componente maschio della famiglia può garantire, Laila non era considerata che poco più di un fantasma, sfruttata per pochi afghani da uomini senza scrupoli, emarginata e sola. Laila soleva il burqa in un gesto simbolico che è anche la metafora della sua vita. Foto di Ugo Panella L’opportunità offertale dalle attività di Pangea – microcredito, formazione professionale, alfabetizzazione – le ha consegnato tra le mani una delle cose più importanti: la speranza di un futuro. Oggi, a più di dieci anni dall’inizio, Laila è una delle responsabili del progetto. Gestisce il programma di microcredito insieme alle altre ragazze dello staff. Ed è di per se stessa un esempio per tutte quelle donne e quelle mamme che ogni giorno si affidano ai nostri programmi per trovare una luce e costruire un Afghanistan che non sia solo sinonimo di guerra e distruzione. Un compito che le donne saranno in grado più di ogni altro, di compiere. 25 / Pangea / Report 2014 Progetto Jamila - Afghanistan Premessa Quando Pangea è arrivata in Afghanistan, nel 2003, nel Paese non esisteva ancora un sistema bancario formale, ma la richiesta di credito era comunque presente e l’economia si stava appena ricostruendo. La struttura sociale e le diffidenze create dai 30 anni di guerra che il Paese si lasciava alle spalle non favoriva certo la creazione di gruppi di donne in grado di stringere un legame di solidarietà ed economico, nessuna era in grado di garantire per un’altra anche solo per amicizia. Per superare la condizione di estrema oppressione che vivevano - e tutt’ora vivono - le donne afgane, Pangea si è concentrata sulla promozione dell’empowerment economico come strumento propulsivo di un cambiamento sotterraneo, ma non silenzioso, che permette di seminare e raccogliere i primi frutti di un futuro diverso e della ricostruzione di una rete sociale. Il Programma Afghanistan Il lavoro di Pangea è iniziato nell’area urbana di Kabul, nei quartieri di periferia, con un progetto di microcredito e raccolta di risparmio individuale integrato, per il lato sociale, da incontri di socializzazione di gruppo e di formazione per le donne. Il target a cui si rivolge il Progetto Jamila sono donne estremamente povere, analfabete, con famiglie estremamente numerose, vedove, orfane o giovani. Lavoriamo con coloro che hanno una professione, un talento o un’idea per una attività generatrice di reddito, ma non hanno l’opportunità di realizzarla e guadagnare da vivere per se stesse e la loro famiglia. Concediamo un microcredito, ovvero un micro-prestito individuale, alle donne che devono restituirlo nell’arco di un anno. La prima volta che si riceve il microcredito, l’ammontare oscilla tra i 100 e i 250 euro. Questa opportunità può essere rinnovata per un secondo e un terzo anno e in questo caso l’ammontare del prestito può arrivare fino a una massimo di 500 euro. Il tasso d’interesse applicato è sempre del 5% flat. Il denaro proveniente dai prestiti 26 / Pangea / Report 2014 La consegna dei diplomi al termine di un corso di formazione professionale per aspiranti parrucchiere svoltosi presso Casa Pangea a Kabul. Foto di Ugo Panella. Progetto Jamila - Afghanistan restituiti viene reinvestito in nuovi microcrediti destinati ad altre donne, creando così un circolo virtuoso tutto al femminile. Tutte le donne coinvolte nel Progetto Jamila ricevono una formazione su che cosa è il microcredito, quale metodologia si applica, quali sono le regole e a quali condizioni viene concesso il prestito. Inoltre viene spiegata l’importanza del risparmio e le beneficiarie vengono invitate a praticarlo sin da subito e possibilmente a ogni incontro per la restituzione della rata settimanale. Per tutta la durata del prestito, le donne sono tenute a seguire corsi di alfabetizzazione, di matematica, di educazione igienico-sanitaria, di educazione civica e sui diritti umani, nonché incontri bimestrali di socializzazione, per favorire la condivisione e la solidarietà e la loro partecipazione al progetto e alla vita sociale. Inoltre, per le partecipanti ai corsi di educazione igienico-sanitaria che sono in gravidanza o hanno gravi problemi di salute, il progetto garantisce la possibilità di sottoporsi a visite e accertamenti sanitari e di sostenere le spese per eventuali cure e l’acquisto dei medicinali necessaria loro e ai loro familiari. La situazione di partenza Le donne coinvolte nel nostro progetto sono per lo più sposate e con un nucleo familiare tradizionale (73%), ovvero moglie, marito e una media di 5,6 figli. Oltre a loro ci sono le donne sposate che vivono nelle famiglie allargate, ossia che vivono insieme alla prima moglie (2,5%) o alla seconda moglie (1%) del marito. A seguire ci sono le vedove (12%), le single (8,4%) e coloro che sono già state promesse in sposa (1%). Rarissimi sono i casi di donne che si sono risposate. L’età delle beneficiarie varia dai 16 ai 60-65 anni, ma la maggior parte di loro si trova nella fascia di età tra i 30 e i 50 anni. La maggior parte vive in alloggi composti di 1 o 2 stanze, in cui nella maggior parte dei casi coabitano almeno 2 famiglie. Abbiamo iniziato nel 2003, distribuendo 26 microcrediti per un totale di quasi 2.300€ e un tasso di restituzione dell’88%. 27 / Pangea / Report 2014 Una lezione durante un corso di aritmetica ed economia domestica realizzato presso uno dei centri donna partner di Fondazione Pangea a Kabul. Foto di Ugo Panella Progetto Jamila - Afghanistan I servizi offerti da Pangea dal 2003 al 2014 Dal 2003 a oggi abbiamo concesso 2.592 microcrediti per un totale di 482.965€ distribuiti e un tasso di restituzione del 99%. Solo 29 donne in 11 anni di attività, sono state insolventi e tutte a causa di gravi problemi di salute e/o morte. In questi casi, Pangea non ha mai richiesto la restituzione del prestito, ma ha assorbito le perdite e si è assicurata che la famiglia avesse di che potersi sostentare nonostante la malattia o la perdita. Inoltre, attraverso i centri donna, abbiamo realizzato: • corsi di formazione professionale in sartoria, ricamo, lavorazione delle pelli, produzioni di gioielli, parrucchiere a cui hanno partecipato in totale 1.102 donne • programmi di educazione sanitaria e sulla salute riproduttiva, corsi di aritmetica, alfabetizzazione, diritti umani e diritti delle donne per un totale di 3.831 partecipanti. Se calcoliamo che ogni donna ha un nucleo familiare di minimo cinque persone alle spalle il numero di beneficiari indiretti viene moltiplicato esponenzialmente e arriva a toccare circa 19.155 individui. Una riunione bimestrale tra le donne che hanno ricevuto un microcredito non è una verifica contabile, ma un vero e proprio momento di socializzazione e scambio di esperienze. Foto di Ugo Panella. 28 / Pangea / Report 2014 Progetto Jamila - Afghanistan Risultati quantitativi I microcrediti distribuiti e rimborsati: anno n. donne nuove beneficiarie rinnovo 2°anno rinnovo 3°anno Ammontare credito distribuito in euro Ammontare restituito in euro perdite Insolventi % di restituzione in euro 2014 247 140 63 44 40.880,00 2013 328 162 88 78 58.514,29 57.978,59 535,70 3 99,0% 2012 333 162 114 57 70.409,84 69.289,30 1.120,54 6 98,2% 2011 302 179 76 47 58.375,00 57.956,47 418,53 3 99% 2010 252 117 76 59 60.557,00 59.830,30 726,70 3 98,8% 2009 272 114 68 90 61.209,68 35.573,65 168,29 1 99,6% 2008 304 131 143 30 50.480,00 49.944,13 278,10 2 99,3% 2007 112 112 14.600,00 14.600,00 0 0 100% 2006 199 134 45 20 32.108,06 31.903,39 204,68 3 98,5% 2005 136 104 32 0 22.633,90 22.424,34 209,56 2 99% 2004 81 81 0 0 10.928,57 10.802,29 126,29 3 96% 2003 26 26 0 0 2.268,52 1.813,33 455,19 3 88% Risultati 2.592 1.462 705 425 482.964,85 309.979,61 3.516,87 29 99,00% 29 / Pangea / Report 2014 Progetto Jamila - Afghanistan I risparmi accantonati dalle donne per ogni anno di microcredito: Anno Risparmi (tot AFG) Risparmi (tot €) Risparmi individuali AFG (media) Risparmi individuali € (media) Tasso cambio 2013 1.122.539 € 16.036 3.422 € 49 70 2012 1.319.564 € 21.632 3.963 € 65 61 2011 1.351.119 € 21.111 4.474 € 70 64 2010 1.332.919 € 23.385 4.413 € 77 57 2009 565.393 € 9.119 2.079 € 34 62 2008 605.117 € 8.404 1.990 € 28 72 2007 208.248 € 3.204 1.859 € 29 65 2006 379.092 € 6.114 1.905 € 31 62 2005 202.017 € 3.424 1.485 € 25 59 2004 106.078 € 1.894 1.310 € 23 56 € 10 54 2003 13.428 Totale 7.205.514 € 249 € 114.573 537 27.437 € 440 I microcrediti distribuiti sono stati investiti in attività di microimprenditoria e in particolare: • Il 17% delle microimprese hanno riguardato la produzione e vendita di alimenti: attività di panetteria, macelleria, cucina e vendita di zuppe e altri cibi locali, vendita di frutta e verdure con carretti ambulanti ecc. • Il 16% dei prestiti ha finanziato l’avvio di attività di sartoria (12%), ricamo e soprattutto cucito di borse e trapunte • Il 25% delle imprese è legato alla vendita ambulante, per cui il microcredito è stato investito nell’acquisto di carretti e merci di diverso genere (vestiti, fiori, legna, aquiloni, utensili, oggetti usati ecc.) • Il 15% dei microcrediti è stato investito per l’apertura o nel rifornimento di piccoli negozi • Il 6% delle attività avviate è legata alla riparazione e vendita di scarpe • La quota restante è rappresentata da attività di carpenteria, ferramenta, parrucchiera e make-up, vendita di schede telefoniche ecc. 30 / Pangea / Report 2014 Progetto Jamila - Afghanistan Attività avviate con i microcrediti SARTORIA RICAMO E CUCITO PANETTERIA MACELLERIA ALIMENTARI VENDITA AMBULANTE PARRUCCHIERA E MAKE-UP CALZATURE FERRAMENTA TELEFONIA NEGOZIO (VARI) CARPENTIERE ALTRO 86 30 41 11 61 174 6 42 14 20 106 5 102 12% 4% 6% 2% 9% 25% 1% 6% 2% 3% 15% 1% 15% Spesso le attività avviate hanno generato opportunità lavorative per diversi membri della famiglia. Infatti se nel 17% dei casi è la donna stessa che si occupa della vendita, nel 27% dei casi è il o i figli, nel 49% il marito, nel 5% il fratello e nel 2% il padre (oltre ad alcuni rari casi in cui sono il cognato o il suocero ad occuparsi della vendita). A ogni modo, è la donna l’unica responsabile della gestione del microcredito e del risparmio nei confronti di Pangea, questo è il patto che viene fatto sin dall’inizio. Le donne che hanno avuto risultati eccellenti, sia per il business avviato, sia per la capacità di gestire i soldi e di risparmiare, sono state facilitate nell’apertura di un conto corrente bancario.46 46. Ad oggi sono stati aperti 17 conti correnti presso banche locali. 31 / Pangea / Report 2014 Progetto Jamila - Afghanistan I risultati qualitativi sono evidenti nella vita di tutti i giorni e si evincono dalle riunioni bimestrali di socializzazione nonché dalle rilevazioni di monitoraggio che lo staff di Pangea fa presso tutte le partecipanti: 1. migliora lo standard educativo delle donne stesse che imparano a scrivere e far di conto, 2. le donne imparano a prendersi cura della propria salute e di quella della propria famiglia, hanno più cura e attenzione per l’ambiente in cui vivono e, grazie ai guadagni, possono pagare le medicine e altre piccole spese, riparare e arredare la propria casa, rendendola un ambiente pulito e sicuro, 3. i/le loro figli/e cominciano ad andare a scuola e alle figlie è garantita la stessa educazione dei loro fratelli. 4. la qualità dell’alimentazione in famiglia migliora (92% delle famiglie), ad esempio aumenta la quantità di volte che si mangia carne nell’arco di un mese (da nessuna o una, fino a quattro volte al mese). 5. le donne diventano un esempio e un orgoglio per l’intera famiglia, contribuiscono al reddito e al benessere familiare, aumenta la stima e la sicurezza in loro stesse, hanno più rispetto e un migliore rapporto con i mariti e la violenza familiare diminuisce: sorridono e iniziano a pensare al futuro, risparmiano e seminano pace. Attraverso questo tipo di interventi si migliora la visione e la concezione discriminante e retrograda del ruolo della donna nella società afghana, facendo delle donne un perno dello sviluppo e del benessere all’interno della propria famiglia e quindi della comunità. Il progetto è implementato in partnership con la ong afgana AWSSO (Afghan Women Social Service), che nasce dal lavoro di Pangea di tre anni in loco. Tutto il personale che gestisce il progetto è afghano ed è composto da donne, formate negli anni da Pangea. Per lo svolgimento delle attività, lavoriamo in collaborazione con 5 centri donna, associazioni partner del progetto. Appoggiarci ai centri donna vuol dire assicurare alle partecipanti e allo staff 32 / Pangea / Report 2014 Non solo le donne destinatarie, ma anche i membri delle loro famiglie traggono beneficio dalle opportunità lavorative generate dal microcredito ricevuto. Foto di Alberto Giuliani Progetto Jamila - Afghanistan un ambiente sicuro, in quanto circuiti protetti solo femminili, in cui le donne si recano tranquille, si incontrano, frequentano i vari corsi,e ricevono il microcredito. Fondazione Pangea supervisiona il progetto e fornisce le competenze necessarie per la gestione del progetto alle ong locali. I partner locali si occupano di: selezionare le beneficiarie, fare la formazione sul microcredito, concedere i microcrediti, monitorare le beneficiarie nella loro attività e in famiglia, per valutare l’impatto del progetto sulla loro vita personale, familiare e comunitaria, raccogliere settimanalmente le rate del prestito e i risparmi accumulati dalle donne e al termine dei rimborsi, reinvestire i soldi restituiti in nuovi microcrediti. Questo forno ipogeo per il pane è un esempio di attività di microimprenditoria realizzata grazie a un microcredito distribuito da Fondazione Pangea. Foto di Ugo Panella. 33 / Pangea / Report 2014 Progetto Jamila - Afghanistan AFGHANISTAN Povertà: nel 2014 il governo afgano ha stimato che circa il 36% della popolazione afgana vive in povertà, con una maggiore incidenza in caso di residenza in zone rurali: 29% nelle città al 54% nelle aree rurali. Accesso al lavoro: Circa il 90% dell’economia afghana si basa sul settore informale e proprio questa peculiarità rappresenta un elemento di grande criticità per le donne, la maggior parte delle quali, non potendo uscire, lavora all’interno delle mura domestiche e, secondo stime dell’ILO, per una media di 70 ore alla settimana, svolgendo un lavoro intensivo e non retribuito. Dalle stime ufficiali risulta che le donne rappresentano solo il 18% della forza lavoro, contro l’80% degli uomini. A questo va aggiunto il problema della carenza di educazione e qualifiche professionali, che rende l’inserimento nel mercato del lavoro molto problematico e contribuisce a mantenere i salari medi molto bassi (secondo i dati dell’ILO, circa 12 milioni di persone in Afghanistan, ovvero 8 persone in età da lavoro su 10, sono “lavoratori giornalieri non qualificati” e guadagnano in media 410 dollari l’anno, ovvero 1 dollaro al giorno). Istruzione: Il tasso di alfabetizzazione tra le donne adulte (sopra i 15 anni) è di appena il 17%. La percentuale di bambine iscritte alla scuola primaria è del 48%. È iscritta alla scuola primaria solo una bimba ogni 2 bambini maschi, ogni 4 alla scuola secondaria, e solo l’1% delle ragazze prosegue ulteriormente gli studi. Violenza sulle donne e matrimoni forzati: secondo la ricerca di Global Rights Afghanistan, l’87,2% delle donne afghane ha subito nella vita almeno una forma di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica. L’80% delle donne ha subito un matrimonio forzato (che espone le donne a un maggiore rischio di violenza domestica) e almeno la metà delle ragazze afghane si sposa a un’età inferiore ai 15 anni. Tasso di mortalità materno-infantile: 460 donne muoiono ogni 100.000 bambini nati vivi, 71 bimbi su 1.000 nati vivi non superano l’anno e 99 bambini su 1.000 non riescono a raggiungere i 5 anni di età. Fonti: The National Risk and Vulnerability Assessment 2011-12, implemented by the Central Statistics Organization of the Afghanistan Government, e Human Development Indicators - UNDP 34 / Pangea / Report 2014 India - Calcutta. Il sorriso disarmante di Lakshmi ci ricorda che chiunque ha sempre una possibilità di riscatto. Foto di Giovanni De Sandre Lakshmi soffre da molti anni di una grave deformazione della spina dorsale che la costringe a camminare curva. È stata la malnutrizione a ridurla così, una piaga che in India colpisce migliaia di persone. I suoi genitori non erano d’accordo a darle un’istruzione, e l’hanno costretta ad abbandonare gli studi soltanto dopo la seconda elementare, anche perché la famiglia era molto povera e aveva gravi problemi. Pur di aiutare i genitori, Laxmi lavorava a volte facendo le pulizie nelle case, pagata per una miseria, circa 1 rupia, circa un centesimo di euro. In famiglia la consideravano un peso per le deboli risorse economiche; le davano pochissimo da mangiare e non se ne occupavano, tranne in frequenti episodi di violenze e abusi, che Laxmi sopportava senza poter fare nulla per difendersi. Laxmi ha conosciuto Pangea durante una delle visite dello staff allo slum dove viveva. Dopo aver frequentato il centro Pangea, i corsi sui diritti umani, le lezioni di alfabetizzazione, e il programma di assistenza sanitaria, ora Laxmi lavora per il progetto, aiutando molte altre ragazze disabili che hanno bisogno di un’opportunità per rinascere. Laxmi ora è felice; è molto attiva nel progetto: aiuta a identificare i casi di ragazze disabili negli slums, supporta le beneficiarie nelle pratiche per ottenere la Disability Card e ad accedere ai programmi governativi specifici per le persone con disabilità. Organizza gli incontri mensili e prende parte alle rappresentazioni teatrali per sensibilizzare i quartieri. È entusiasta del suo lavoro ed è felice che perché è autosufficiente: ha finalmente dimostrato alla sua famiglia che è in grado di lavorare e che non deve per forza accettare passivamente una vita isolata e senza prospettive, senza felicità. 35 / Pangea / Report 2014 Incredible India Premessa In India la microfinanza è estremamente sviluppata. Vi è il numero di clienti più grande del mondo e il numero più alto di operatori. Vista la molteplicità della popolazione e la diversità degli usi locali, anche il modo di fare microfinanza varia, a seconda dell’operatore. Vi possono essere gruppi di donne autorganizzate, organizzazioni non governative, cooperative di risparmio e credito, istituzioni di microfinanza, banche private, fondazioni, tutte realtà che esistono e lavorano contemporaneamente attraverso la microfinanza anche se con scopi differenti. C’è chi vuole raggiungere la propria autonomia finanziaria in quanto persona, chi come istituzione, chi ci vuole semplicemente guadagnare (vedi paragrafo dedicato ai paradigmi). Noi di Pangea nel 2005 abbiamo incontrato due organizzazioni, capeggiate da donne eccezionali, che hanno accompagnato il nostro fare in questo immenso e meraviglioso continente e ci hanno reso orgogliosi dei risultati raggiunti in questi anni. Nel primo caso, le donne sono riuscite non solo a raggiungere un empowerment economico personale e all’interno della famiglia, ma hanno strutturato 4 sportelli bancari distrettuali e 8 cooperative di risparmio e credito. Oggi questo progetto è sostenibile, coinvolge oltre 13mila donne e Pangea ha finito qui la sua missione. Il secondo è un progetto avviato da poco, per l’empowerment economico di donne disabili che include nei casi più gravi anche i familiari. Il target è evidentemente difficile ed è ambiziosa l’idea di riuscire anche perché sono oltre 1000 le donne che vogliono essere coinvolte. 36 / Pangea / Report 2014 Uno degli 838 gruppi di risparmio realizzato grazie al progetto “Percorsi di autonomia” promosso da Fondazione Pangea, inserito in un circuito di 8 cooperative e 4 sportelli bancari. Foto di Giovanni De Sandre Progetto Koppal - India In India, Pangea lavora attraverso i Self Help Groups (SHG, ossia gruppi di auto aiuto, che si tratti del risparmio e credito o di sostegno di altra natura) modalità di funzionamento sociale tipica di questo Paese. Generalmente sono composti da un minimo di 5 a un massimo di 20 donne. Le componenti degli SHG mettono in comune il loro risparmio - capitale monetario - e le loro capacità e fiducia reciproca - capitale sociale. Il risparmio comune raccolto viene prestato a turno tra le componenti del gruppo che pagano gli interessi a loro volta capitalizzati nell’ammontare totale. Ciascuna ne può disporre per investirli in piccole attività, o per mandare a scuola i propri figli, o per pagare le spese mediche, ecc. Progetto Koppal: percorsi di autonomia Nel distretto semiarido di Koppal, nello Stato del Karnataka, il programma che Fondazione Pangea ha realizzato dal 2006 al 2013 ha visto il coinvolgimento nel tempo, di gruppi di risparmio e credito (SHG) per l’avvio di microattività economiche con 500 donne, alla federazione dei gruppi (cluster) sino alla costituzione di 8 cooperative di risparmio e credito di cui 4 hanno aperto sportelli bancari distrettuali coinvolgendo 11mila donne, ora arrivate - a un anno dalla fine del progetto di Pangea - in autonomia a 13.363. Ad oggi 10.757 socie delle cooperative hanno avuto un prestito attraverso il fondo di microcredito creato dal progetto costituito dai soldi del loro risparmio, dai fondi dedicati di Pangea e da altre realtà locali.47 Il fondo di microcredito di Pangea è di circa 99.170€ (7.654.000 rupie). Il 76% dei gruppi di risparmio e credito (SHG), che costituiscono le 8 cooperative, ha aperto un proprio conto in banca. 47. La banca NABFINS ha erogato 10 prestiti per un ammontare totale di 49.406.000 Rupie (circa 64.000€) e l’IGS LampFund ha concesso un finanziamento di 3.000.000 Rupie (quasi 39.000€) a 2 cooperative L’obiettivo di partenza era quello di sviluppare empowerment economico e finanziario in queste aree rurali molto povere, per dare alle beneficiarie del progetto gli strumenti necessari a provvedere ai propri bisogni e a quelli della propria famiglia, migliorare le condizioni di vita e promuovere il benessere della comunità. 37 / Pangea / Report 2014 Gli incontri dei gruppi di risparmio diventano uno spazio dove discutere anche di problemi personali o sociali e momenti per aumentare la solidarietà della comunità. Foto di Ugo Panella Progetto Koppal - India Il target a cui ci si è rivolti era costituito da donne che vivevano una estrema vulnerabilità economica e una forte discriminazione di genere, appartenenti a caste basse o fuori casta, tra cui le devadasi, “prostitute sacre”, costrette a vendersi a uomini delle caste alte e ricche per mantenere se stesse e la loro famiglia, tramandandosi questo lavoro di generazione in generazione. I prestiti erogati da Pangea hanno oscillato tra i 150€ e i 600€, con un tasso d’interesse del 12% (24% decrescente) e un tasso di restituzione che finora è stato del 98%. I microcrediti distribuiti sono stati investiti in attività di agricoltura, allevamento, produzione e vendita di prodotti caseari e apertura di piccoli negozi e/o servizi. Da condizioni di estrema povertà e vulnerabilità, le donne del progetto hanno intrapreso un cammino che le ha portate a essere imprenditrici, titolari di attività, leader di cooperative di risparmio e credito gestite da socie in modo autonomo e sinergico a partire dai loro risparmi, e promotrici di banche distrettuali, capaci di interfacciarsi da sole con le banche e gli istituti di credito, per chiedere finanziamenti per i loro progetti. Queste donne hanno quindi percorso tutta la strada che, secondo Pangea, si poteva fare attraverso il nostro supporto e sono divenute esse stesse promotrici di empowerment economico e sociale per altre donne nei loro villaggi, leader di trasformazione e cambiamento. AGRICOLTURA BUSINESS ALLEVAMENTO ATTIVITÀ CASEARIA EDUCAZIONE ALTRO 38 / Pangea / Report 2014 Progetto Koppal - India La situazione iniziale delle donne Come accennato, il lavoro di Pangea è iniziato in 20 villaggi di Koppal con 588 donne di casta bassa riunite in 43 gruppi di risparmio. Dall’indagine condotta all’inizio del progetto, per analizzare in modo partecipato i bisogni delle donne e la loro situazione socio-economica, risultava che delle 588 donne selezionate 215 vivevano in condizione di estrema povertà (dipendevano da lavori giornalieri saltuari, vivevano in case fatte di paglia o materiali molto poveri, non avevano né una terra né un animale da allevare, avevano molti figli ma erano costrette a farli lavorare anziché mandarli a scuola); 277 vivevano in povertà, ossia possedevano 1 o 2 acri di terra arida e 1 animale da allevamento, avevano lavoretti giornalieri, vivevano in alloggi concessi dal governo, e avevano famiglie molto numerose. Infine, 96 donne si consideravano in una situazione “media”, possedevano 2-5 acri di terra, un’abitazione in condizioni migliori delle altre, animali da allevamento, un impiego e un reddito più o meno regolare, un ventilatore e una Tv a colori, mandavano i figli a scuola e avevano una bicicletta o un altro mezzo di trasporto. Dalle indagini risultava che le donne coinvolte nel progetto avevano un’età media di 31,5 anni, la maggior parte sposate (quasi tutte prima dei 20 anni) e con una media di 3 figli ognuna (per le fuori casta la media è di 5 figli). Inoltre il 48% era analfabeta, mentre tra le alfabetizzate solo la metà aveva completato il ciclo di studi e aveva conseguito il diploma; le altre avevano abbandonato la scuola per mancanza di soldi o perché, in quanto donne, erano state scoraggiate a proseguire la loro educazione o si sono erano dovute dedicare alla casa e/o sposare. Da povere e vulnerabili ad imprenditrici e leader di cooperative bancharie: il percorso di empowement per le donne di Koppal è così completato. Foto di Ugo Panella 39 / Pangea / Report 2014 Progetto Koppal - India Il lavoro di Pangea Il lavoro di Fondazione Pangea è iniziato attraverso la formazione e il rafforzamento di gruppi di risparmio e credito composti da donne (SHG). Le donne raccoglievano il loro risparmio e lo facevano circolare a turno tra loro. Tuttavia l’ammontare totale non era sufficiente per avviare attività economiche che andassero oltre la sussistenza quotidiana. Per questo Pangea, attraverso il microcredito, ha dato la possibilità a questi gruppi di accedere a prestiti più consistenti e iniziare un percorso di autonomia finanziaria. Contemporaneamente, ha sostenuto un percorso di formazione sia sugli aspetti tecnici delle gestione del capitale, sugli SHG e sull’impresa; sia su come contribuire allo sviluppo sociale locale (la salute, l’educazione, la consapevolezza dei propri diritti e l’impegno nella propria comunità). Una volta che i gruppi (SHG) hanno imparato a gestire le proprie operazioni di raccolta e circolazione del risparmio e hanno dimostrato di sapere investire e gestire correttamente i fondi erogati con il microcredito, si sono costituiti in federazioni di fatto (cluster) e hanno seguito ulteriori corsi di formazione per approfondire le loro capacità finanziaria, gestionale e imprenditoriale. A livello di villaggio, affinché si potesse garantire l’empowerment, oltre ai soldi Pangea ha sviluppato un percorso di formazione e sensibilizzazione sull’educazione igienico-sanitaria, la sensibilizzazione sui diritti umani e le discriminazioni di genere, la promozione della microimprenditoria femminile e il sostegno all’educazione e della microimprenditoria giovanile tra i ragazzi/e, figli di devadasi o appartenenti a famiglie di casta bassa o fuori casta, che hanno abbandonato la scuola in tenera età. Inoltre le donne si sono organizzate in piccoli comitati specifici per la gestione e la realizzazione del programma di educazione. I comitati per l’educazione, composti da 2-3 rappresentanti di 3-6 SHG di uno stesso villaggio, avevano il compito di identificare i bambini più indigenti e garantire loro l’iscrizione a scuola; organizzare corsi serali di supporto; organizzare campi scolastici per motivare allo studio genitori e bambini; monitorare la condotta scolastica degli studenti e facilitare incontri tra genitori e insegnanti. 40 / Pangea / Report 2014 Progetto Koppal - India In seguito, forti dei buoni risultati, le donne hanno deciso di registrarsi come cooperative di credito e risparmio, in modo da diversificare le fonti di credito rivolgendosi anche a banche nazionali indiane e accedere ai programmi governativi di lotta alla povertà. Per favorire questo processo, Pangea ha finanziato un ampio e articolato programma di formazione rivolto a tutte le donne dei gruppi di risparmio, al fine di sviluppare le loro capacità di gestire le cooperative e i finanziamenti a cui queste possono accedere: contabilità, erogazione dei prestiti, motivazione delle nuove socie, ruoli e responsabilità dei gruppi di risparmio e delle loro leader, legislazione e gestione delle cooperative, progettazione e strategie per lo sviluppo locale. Una formazione costante, continua, sempre più pervasiva e specifica. Tra i corsi sostenuti è stato fondamentale quello sulle capacità di leadership e di negoziazione delle donne membri delle cooperative per ottenere finanziamenti esterni. Inoltre si sono organizzate visite di conoscenza di altre realtà cooperative presenti a Bangalore, dove le socie si sono potute confrontare e hanno potuto raccogliere informazioni e idee utili sulle modalità di lavoro, sulla gestione dello staff, sulla contabilità ecc. Grazie a queste visite, quattro cooperative - Eshwara, Sadhana, Bhumika, Gavisiddeshwara - hanno mostrato grandi miglioramenti sia nella gestione del personale (migliorando le retribuzioni, definendo meglio ruoli e responsabilità...), sia nella gestione e nel coinvolgimento dei gruppi di risparmio. Queste quattro realtà hanno poi stabilito i loro nuovi uffici nella zona centrale dei loro villaggi, vi hanno inserito del personale che vi lavora a tempo pieno, li hanno dotati di computer e connessione internet e hanno aperto degli sportelli bancari che ovviamente non possono fare trasferimenti ed emettere assegni, ma possono gestire il risparmio e il credito locale, per questo sono chiamate banche distrettuali. 41 / Pangea / Report 2014 Un piccolo negozio di alimentari realizzato grazie a un microcredito distribuito da Fondazione Pangea e, soprattutto, alla tenacia imprenditoriale di questa giovane donna. Foto di Giovanni De Sandre Progetto Koppal - India Per promuovere all’interno della propria comunità progetti di sviluppo locale, sotto l’impulso di Pangea, le cooperative hanno creato un fondo ad hoc, generato dal tasso di interesse del capitale investito in microcredito da parte di Pangea per il 50%, mentre il restante ottenuto ricapitalizzando il montante da distribuire come microcredito; e dal 25% di tasso di interesse sull’ammontare del risparmio che ruota con il microcredito in ogni cooperativa. Il fondo è gestito dal “Comitato per lo sviluppo sociale”. Per le componenti del Comitato si sono svolti due workshop al fine di aiutare le donne ad analizzare e valutare i bisogni della comunità e sviluppare quindi delle idee di intervento e sensibilizzare tutti i gruppi di risparmio per rendere le donne consapevoli della necessità di utilizzare una quota del capitale delle cooperative per lo sviluppo locale, attivarsi per raccogliere fondi per incrementare il capitale da investire in queste attività, con contributi da imprese e dalle autorità locali dei villaggi. Le aree prioritarie d’intervento sono: l’educazione delle ragazze e la situazione sanitaria dei villaggi, il supporto legale per donne che avevano subito violenze domestiche, la facilitazione per le componenti delle cooperative all’accesso ai programmi governativi di contrasto alla povertà, per le donne incinte, per le pensioni etc. Un corso di formazione in gestione del microcredito e promozione dell’imprenditoria, indispensabile per le donne delle cooperative per raffinare le proprie competenze. Foto di Ugo Panella 42 / Pangea / Report 2014 Progetto Koppal - India Schema sintetico dei servizi offerti da Pangea dal 2006 al 2011 2006-2007 2007-2008 2008-2009 2009-2010 2010-2011 Promozione della microimprenditoria Tot. donne 1960 N. partecipanti ai corsi di imprenditoria 393 637 494 61 N. microcrediti distribuiti 11 189 211 220 1585 308 Promozione della salute 939 8424 N. partecipanti corsi di educazione igienico-sanitaria 120 Visite mediche 300 1234 469 2285 4108 300 Accesso a programmi/servizi governativi (N. donne) 162 1887 1967 Sensibilizzazione della comunità 4016 29719 N. partecipanti agli incontri su legalità e giustizia 42 1725 2710 750 5227 N. bambini/e ai campi sull’educazione 338 1612 1040 2552 5542 N. partecipanti al Teatro di strada 2000 5250 6600 5100 18950 Supporto alla scolarizzazione N. bambini/e iscritti a scuola drop-outs 2211 388 565 498 418 342 53 31 4 0 43 / Pangea / Report 2014 2211 Progetto Koppal - India Attraverso il progetto di Pangea sono state create, sino al 2013, 8 cooperative, che raccoglievano 838 gruppi di risparmio, per un totale di 11.440 socie di 81 villaggi. Nome Cooperativa N. di Villaggi N. di Gruppi N. di Donne 1 Eshwara 14 200 2982 2 Bhumika 23 233 2841 3 Sadhana 16 138 1733 4 Gavisiddeshwara 15 160 2124 5 Sangama 2 23 336 6 Shreegandha 3 31 523 7 Bettadalinkeshwara 5 19 295 8 Sahana 3 34 606 TOTALE 81 838 11.440 Nell’arco di un anno 2013-2014 Nome Cooperativa N. di Villaggi N. di Gruppi N. di Donne 1 Eshwara 23 278 3881 2 Bhumika 30 274 3317 3 Sadhana 19 171 2094 4 Gavisiddeshwara 17 177 2311 5 Sangama 2 23 336 6 Shrigandha 3 31 523 7 Bettadalinkeshwara 5 19 295 8 Sahana 3 34 606 TOTAL 102 1007 13363 44 / Pangea / Report 2014 Progetto Koppal - India Risultati qualitativi Da condizioni di estrema povertà e vulnerabilità, le donne del progetto hanno intrapreso un cammino che le ha portate a essere imprenditrici, titolari di attività, leader di cooperative capaci di dialogare (cioè di interfacciarsi da sole) con le banche e gli istituti di credito, per chiedere finanziamenti per i loro progetti. I principali cambiamenti rilevati dalle nostre indagini sono: •acquisizione di sicurezza in se stesse: le beneficiarie ora sanno leggere, scrivere, far di conto e gestire i rapporti con la banca, partecipano a riunioni e incontri con altre realtà, a turno diventano leader del loro gruppo ecc.. •un miglioramento nella posizione e nel ruolo delle donne all’interno della famiglia; hanno accesso al reddito familiare, sono incoraggiate e supportate dai propri familiari a partecipare alle attività dei propri gruppi di risparmio, partecipano a tutte le decisioni più importanti della famiglia (i consumi e gli acquisti, la gestione dei risparmi, l’educazione e il matrimonio dei figli e delle figlie) •un incremento nella libertà di movimento: mentre prima le donne non uscivano di casa e non svolgevano alcuna attività fuori casa, ora, grazie ai gruppi di risparmio, tutte escono, si spostano e lavorano fuori casa e fuori dal villaggio •un incremento del benessere familiare: migliorano le abitudini e la capacità di risparmio della famiglia (nel 92% delle famiglie), si dispone di maggior credito per soddisfare le esigenze familiari (84%), migliorano la salute (82%) e l’educazione di tutti i membri della famiglia (82%), aumentano le opportunità d’impiego per tutti i membri della famiglia (73%), si riesce ad accedere ai programmi e alle agevolazioni previste dal governo indiano per il contrasto alla povertà (64%). Un’idea più approfondita dei cambiamenti avvenuti durante il percorso di microcredito ci è offerta da una dettagliata indagine che, tramite il partner locale, abbiamo condotto nel 2009 e poi abbiamo ripetuto nel 2012 per valutare eventuali progressi e criticità (si tratta di 4 interviste individuali condotte su 206 donne di diversi gruppi di risparmio). Dall’indagine risulta che dopo il microcredito ci sono stati miglioramenti evidenti sulle condizioni abitative: non solo il numero medio di persone che convivono nella stessa casa è diminuito (da 6,2 persone del 2009 a 5,6 nel 2012), ma è aumentato il numero di stanze a 45 / Pangea / Report 2014 Progetto Koppal - India disposizione (nel 2009 la media era di 1,7 stanze per famiglia mentre nel 2012 la media è salita a 2,4), e tutte le abitazioni sono dotate di acqua ed elettricità. Le famiglie possono permettersi di acquistare diversi beni: medicine, vestiti e libri sono stati gli articoli più comunemente acquistati con i primi guadagni, seguiti da cibo speciale, utensili per la cucina, televisione, mobili, gioielli e, in piccola percentuale, bicicletta, animali e radio. Infine per molte famiglie è cambiata l’alimentazione: se il numero di famiglie che mangiano carne una sola volta al mese è rimasto invariato, il numero di famiglie che consumano carne 3 volte al mese è quasi raddoppiato (passando dal 17% al 31%). Il consumo di carne è un indicatore valido solo per alcune famiglie, visto che alcune caste hanno un’alimentazione puramente vegetariana (in quanto la religione induista promuove il non consumo della carne). Dal punto di vista finanziario invece le donne hanno ora la capacità di: •Favorire l’aumento del capitale, per aumentare incrementare la liquidità a disposizione delle donne componenti delle cooperative e promuovere così la loro indipendenza e la loro autonomia gestionale. •Favorire l’accesso al credito delle donne nei villaggi, aumentando il numero dei conti aperti, il numero delle socie, e rafforzando la capacità delle cooperative di accedere ai finanziamenti delle banche e delle istituzioni finanziarie. •Sviluppare le capacità gestionali delle componenti e i servizi delle cooperative con una formazione continua allo staff sia sulla gestione delle cooperative sia sulla gestione del capitale e delle operazioni finanziarie. •Promuovere lo sviluppo sociale affinché il percorso non fosse limitato solo ad una crescita puramente finanziaria ed economica, ma sviluppasse un alto livello di umanità e solidarietà tra le componenti dei gruppi e a ricaduta nelle comunità di villaggio in cui vivono. Il progetto è stato realizzato in collaborazione con l’organizzazione indiana Sampark, specializzata in capacity building (formazione) di organizzazioni non governative per lo sviluppo della microimprenditoria e della microfinanza femminile, a favore di donne estremamente povere. Sampark ha un approccio olistico, analogo a quello di Pangea, che tiene conto delle questioni di genere, dei bisogni che nascono dalla povertà e di un modello di sviluppo sostenibile e compatibile con l’ambiente. 46 / Pangea / Report 2014 India - Koppal. Durgamma alle prese con un lavoro di cucito sotto lo sguardo benevolo della sua insegnante. Foto di Giovanni De Sandre In una famiglia di 16 persone come quella di Durgamma riuscire a guadagnarsi uno spazio vuol dire iniziare ben presto a portare del denaro a casa. Infatti Durgamma, sua sorella e le sue cognate, lavoravano come braccianti agricole. È un lavoro duro, che non paga: solo 40 rupie a testa al giorno, 50 centesimi di euro, o poco più. Il desiderio di Durgamma, in realtà era di continuare a studiare, ma genitori e fratelli hanno preteso che andasse a lavorare nei campi, come tutti quelli che appartengono alla loro comunità di intoccabili. Durgamma conosceva già il lavoro che Pangea sta svolgendo nella zona, a favore delle donne più povere, e quando ha saputo che venivano organizzati corsi di formazione ha deciso di provare a seguire quello in sartoria. Si è impegnata a fondo e giorno dopo giorno è diventata sempre più esperta. Ancora prima che il corso finisse, con un microcredito ha comprato una macchina da cucire per 3,200 rupie - 45 euro. Ha iniziato con piccoli lavori per i vicini: rammendi, riparazioni facili. Ma presto, dato i suoi prezzi economici, altre persone con scarse disponibilità hanno cominciato a rivolgersi a lei per confezionare interi abiti. Anche persone di caste più alte hanno cominciato a cercarla, e ad affidarle lavori sempre più complessi. Con i primi guadagni si è riscritta a scuola frequentando le lezioni al mattino, e lavorando nel pomeriggio. Ora si è diplomata e si mantiene con il suo lavoro di sarta. 47 / Pangea / Report 2014 Progetto Donne Disabili – Calcutta Dal 2007 Fondazione Pangea lavora per promuovere l’empowerment delle donne e delle bambine disabili che vivono negli slum di Calcutta e nelle zone rurali circostanti. Affrontare e superare le molteplici discriminazioni legate alla disabilità, al genere e alla povertà, tenendo conto del fattore culturale, dell’importanza dell’integrazione socio-economica e dell’accettazione e del rispetto di una disabile in famiglia è un obiettivo ambizioso che ci siamo dati perché tutte e tutti devono avere una opportunità nella vita. La situazione iniziale In contesti di povertà e analfabetismo, essere disabili vuol dire essere oggetto di vergogna e scherno, portatori di sfortuna che automaticamente si estende alla famiglia di origine e che per questo viene isolata dalla comunità. Spesso la famiglia, per evitare l’onta sociale, nasconde agli occhi degli altri la persona disabile, emarginandola, escludendola completamente dalla vita pubblica, dalle celebrazioni o dalle cerimonie “imprigionandola” in una vita di stenti dalla quale non potrà mai riscattarsi senza il supporto di qualcuno che la guidi. Il connubio tra povertà e appartenenza di genere aumenta ulteriormente la vulnerabilità delle persone disabili, generando una serie di discriminazioni multiple: essere una donna disabile, in India, significa essere considerata inutile per i lavori domestici, e non adatta ai ruoli di moglie, madre, amante; significa vivere spesso una vita isolata, poco dignitosa e di pessima qualità e affrontare ogni tipo di violazione dei diritti umani. Le donne disabili risultano maggiormente esposte alle violenze familiari, o da parte della comunità, e sono oggetto di derisione e di paure, utilizzate per mendicare quando sono piccole, ritenute inutili da grandi perché nessuno le sposerà, restando un eterno costo e un enorme fardello per la famiglia. 48 / Pangea / Report 2014 Far prendere consapevolezza dei propri diritti a una donna disabile, come ottenere la disability card per accedere ai servizi sanitari, è il primo passo per farle tornare a vivere. Foto di Ugo Panella Progetto Donne Disabili - Calcutta - India Un gruppo di auto-aiuto tra donne disabili è il primo passo per costruire intorno a loro una rete di solidarietà e per prendere coscienza dei propri diritti. Foto di Giovanni De Sandre Il lavoro di Pangea Per questi motivi, prima di avviare il lavoro di empowerment economico attraverso la microfinanza, a Calcutta abbiamo dovuto realizzare una serie di attività che spronassero le donne disabili a uscire di casa, a superare gli scherni e la vergogna, a recuperare dignità e rispetto da parte della comunità e ad acquisire consapevolezza dei propri diritti e di come tutelarli e affermarli. Un vasto programma di incontri, formazione, sensibilizzazione e attività sulle problematiche dell’accesso ai servizi e dell’esercizio dei diritti è stato svolto dal 2007 a oggi con l’obiettivo di promuovere la crescita personale, l’autostima e l’autonomia delle donne con disabilità e guidarle verso una consapevolezza nuova, che le rendesse soggetti forti e attivi, capaci di alzare la voce per dire BASTA alle discriminazioni e pretendere il pieno godimento dei diritti umani fondamentali. Le donne e le bambine disabili sono state così accompagnate in un percorso di presa di “potere” delle proprie capacità e nella costruzione di una rete di solidarietà e collaborazione tra donne disabili attraverso la creazione di gruppi di auto-aiuto, riuniti a loro volta in una federazione di donne disabili. Per rafforzare questo percorso di emancipazione e acquisizione di autostima è diventato ora indispensabile introdurre la componente economica, ovvero creare delle opportunità per avviare attività generatrici di reddito che possano rendere queste donne indipendenti o comunque più forti perché in grado di percepire un piccolo reddito. Il primo passo è stato realizzare corsi di formazione professionale, sulla base delle richieste presentate dalle donne stesse, per imparare un lavoro. Sono stati fatti corsi di sartoria, ricamo, produzione di giocattoli di stoffa, di gioielli, lavorazione e confezionamento di spezie e alimenti. Il secondo passo è consistito nel promuovere la trasformazione dei gruppi di auto-aiuto in gruppi di risparmio, in modo che le donne disabili, che non avevano mai gestito i soldi perché completamente dipendenti dalla propria famiglia, potessero imparare ad amministrare delle piccole quantità di denaro. Laddove le donne dimostravano di saper mettere da parte dei piccoli risparmi ogni mese e di gestirli all’interno del gruppo potevano ricevere dei prestiti 49 / Pangea / Report 2014 Progetto Donne Disabili - Calcutta - India per avviare delle piccole attività (es. vendita di tè e snack all’uscita dalle scuole, riparazione di scarpe, sartoria, ricamo ecc.). I prestiti erogati finora hanno oscillato tra le 3.000 e le 8.000 rupie (tra i 50€ e i 100€) e possono essere rimborsati, senza alcun tasso d’interesse, nell’arco di 20 mesi. Le modalità di restituzione del prestito, piuttosto agevolate, sono state studiate sulla base delle difficoltà che, in quanto disabili e in quanto persone che non avevano mai avuto soldi, si sono riscontrate: è stato necessario molto tempo e tante riunioni perché le donne imparassero a mettere da parte almeno 10-15 rupie al mese e a far circolare questi piccoli risparmi nel gruppo. Servizi offerti 2007 Programma di promozione dell'educazione 8 Formazione professionale 2008 2009 2010 2011 2012 2013 TOT 24 37 25 20 22 24 160 46 7 27 30 58 40 208 Assistenza medica, terapie e supporti ortopedici 37 70 50 58 79 30 67 391 Disability Card 4 30 13 57 100 45 49 298 formazione alla creazione di gruppi di risparmio e credito 170 170 n. piccoli prestiti distribuiti 67 67 n. donne coinvolte nel programma di informazione all'empowerment e alla disablità 321 398 512 726 849 983 1.338 5.127 totale donne coinvolte 370 568 619 893 1078 1138 1755 6421 n di donne e uomini degli slum coinvolti in iniziative di sensibilizzazione su diritti, violenza, disabilità 200 300 500 1100 1150 3250 2360 8860 50 / Pangea / Report 2014 Progetto Donne Disabili - Calcutta - India Risultati A oggi circa il 25% delle donne coinvolte nel progetto lavorano e sono impegnate in qualche attività generatrice di reddito. A volte sono attività molto piccole e i redditi non sono sufficienti per essere completamente autonome, ma per lo meno permettono di contribuire al reddito familiare. In media i guadagni si attestano sulle 1.000-1.200 rupie mensili (ossia 12-16 euro). Attualmente, siamo arrivati alla creazione di 20 gruppi di risparmio e credito (costituiti in media da 10 donne ciascuno); ogni gruppo si riunisce una volta al mese e raccoglie da ciascun membro 20 rupie di risparmio (circa 0,20€). Nell’arco di 2-3 anni abbiamo erogato 67 piccoli prestiti a 67 donne (o alle loro famiglie) per un ammontare totale di circa 4.400€. Alcune donne hanno restituito puntualmente il prestito, altre invece hanno incontrato e tuttora incontrano diverse difficoltà perché l’attività non garantisce entrate sufficienti per ripagare le rate del prestito, o perché le donne non hanno ancora sviluppato buone capacità imprenditoriali e così facilmente si scoraggiano. Per questo il nostro obiettivo è ora quello di rafforzare le capacità finanziarie e imprenditoriali delle donne disabili (o dei loro familiari nel caso in cui la disabilità imponga impedimenti troppo grandi e la famiglia versi in condizioni di estrema vulnerabilità), in modo che non perdano la motivazione e la forza di attivarsi, uscire di casa, darsi da fare e cercarsi poco a poco altre opportunità. I prossimi passi saranno lavorare per aumentare il numero di donne che si riuniscono nei gruppi e accrescere il fondo di ogni gruppo di risparmio, in modo da incrementare i prestiti per le componenti. A tal fine sarà necessario continuare con l’affiancamento e il capacity building dell’organizzazione partner locale e di tutti i gruppi di risparmio e attivare un fondo all’interno del progetto per garantire maggiori possibilità di credito tra i diversi gruppi di risparmio. L’obiettivo è arrivare a un fondo di almeno 6.000-10.000 rupie per gruppo e di agevolare per ciascun gruppo l’apertura di un conto in banca. 51 / Pangea / Report 2014 Anche un semplice corso di sartoria diventa un passaggio fondamentale per rendere le donne disabili finalmente indipendenti, e non solo economicamente. Foto di Ugo Panella Progetto Donne Disabili - Calcutta - India Il progetto è realizzato in partnership con Association for Women with Disabilities (AWWD), un’associazione fondata nel 2002 a Subhi, area semi-rurale a nord di Calcutta. Nel 2007 l’associazione ha aperto, grazie al supporto di Fondazione Pangea, una sede a Calcutta, per lavorare sull’integrazione delle donne con disabilità che vivono negli slum. L’associazione è gestita al 99% da donne disabili. INDIA Povertà: nel 2013 il Governo Indiano ha stimato che il 21.9% della popolazione vive al di sotto della soglia minima di povertà. Accesso al lavoro: le donne rappresentano il 19.3% della forza lavoro nei settori non agricoli. Il mercato del lavoro in India, infatti, sia per quanto riguarda l’industria che i servizi, è prettamente maschile, e il raggiungimento della parità, stante al contesto socioculturale e alle dinamiche del mercato vigenti in India, è ancora molto lontano. Istruzione: il livello di istruzione tra le donne è del 64.6% Violenza sulle donne: Almeno il 70% delle donne indiane è vittima di violenza domestica. Secondo i dati del National Crime Records Bureau nel 2012 si sono verificati 2,84 casi di stupro ogni ora (e nel 98% dei casi l’aggressore è una persona vicina alla vittima, un familiare, un vicino di casa); un crimine contro una donna ogni 3 minuti; una morte per dote ogni 77 minuti. Tasso di mortalità materno-infantile: 230 donne muoiono ogni 100.000 bimbi nati vivi. Nonostante il parto presso le strutture sanitarie si cresciuto dal 40,9% nel 2002 al 72,9% nel 2009, e il parto assistito da personale qualificato dal 47,6% al 76,2%, ancora 44 neonati su 1.000 nati vivi non superano il primo anno di vita, e 56 su 1.000 i 5 anni. Fonti: District level Household Survey, Coverage Evaluation Survey, UNDP Aborti selettivi: La sex ratio (cioè il rapporto numerico tra maschi e femmine e che indica la popolazione di “bambine mancanti” rispetto ai bimbi tra 0 e 6 anni di età) è 916 ragazze per 1000 ragazzi (Census 2011) Fonti: Development Goals India Country Report 2014 e IV-V NGO Alternative CEDAW Report 2014 52 / Pangea / Report 2014 Quando Pangea ha incontrato Kumari nel villaggio di Jyamire in Nepal, nel distretto di Sindhupalchowk, lei aveva già tentato il suicidio. Le prime quattro gravidanze avevano portato solo femmine, e il marito rabbioso e umiliato anche dalla situazione economica difficile, alla quale comunque non contribuiva affatto, la picchiava, la torturava. Sono seguiti tre maschietti, ma con 9 bocche da sfamare in casa, le condizioni di povertà si sono ulteriormente aggravate, tanto che Kumari ha dovuto scegliere se far mangiare i figli o mandarli a scuola. Quindi anche i bambini la seguivano nei campi a lavorare. Nepal. Kumari mostra orgogliosamente il suo vitellino, prezioso collaboratore della sua attività lavorativa. Foto di Archivio Fondazione Pangea Onlus Lo staff di Pangea, già attivo nella zona, l’ha persuasa a unirsi al progetto Sharma. Con il primo microcredito, attraverso al gruppo di risparmio, ha comperato due capre; rivendendole ha acquistato altri animali da cortile con i quali ha potuto iniziare a sostenere la famiglia regolarmente e mandare i bambini a scuola. Con il secondo prestito ha avviato con successo la produzione di latte bovino con una mucca e il suo vitellino. I suoi figli sono cresciuti ora, e le hanno insegnato anche a leggere e scrivere. 53 / Pangea / Report 2014 Progetto Sharma - Nepal Dal 2005 al 2010, nel periodo in cui imperversava la guerra tra i ribelli maoisti e l’esercito del re, Pangea ha sostenuto l’avvio e la gestione di cinque Centri Donna in quattro distretti del Paese, in aree povere prettamente agricole o semi-urbanizzate: Sindhupalchowk, zona collinare vicino a Kathmandu; Dang, zona pianeggiante nel nord ovest del Paese, al confine con l’India; Panchtar, zona collinare al confine con l’India nel sud ovest; e Jhapa, regione pianeggiante a sud del Terai (dove sono stati aperti 2 Centri Donna). Il progetto, realizzato in 5 anni, era rivolto a donne che vivevano in condizioni di estrema povertà e che non godevano di molti dei più elementari diritti, primo fra tutti il diritto alla cittadinanza. Fino a quegli anni, infatti, in Nepal, il diritto di cittadinanza non era riconosciuto alla nascita, ma lo si poteva acquisire a partire dai 16 anni e, per le donne, solo su richiesta di un membro maschile della famiglia. Senza un uomo che ne certificasse l’esistenza, una donna non poteva godere di alcun diritto, tantomeno quello di accesso al credito presso una banca. Data la situazione economica e culturale si trattava quindi di donne che subivano pesanti soprusi, discriminazioni e violenze di genere. Il metodo utilizzato da Pangea è stato simile a quello adottato in India, ovvero gruppi di risparmio (Self Help Groups - SGH). Ogni mese i gruppi si riunivano48 e ogni singola donna metteva il proprio risparmio in un fondo comune, con una cifra fissa che variava dalle 5 alle 200 rupie nepalesi, a seconda del livello di reddito del gruppo. Il risparmio raccolto veniva fatto circolare tra le partecipanti al gruppo, a rotazione, in maniera che tutte a turno ne potessero usufruire per fronteggiare le spese quotidiane o per investirlo in piccole attività economiche. Dal momento che i risparmi raccolti all’interno dei gruppi erano somme esigue, che non risultavano sufficienti per avviare una vera attività economica, le donne erano spesso costrette a chiedere a usurai e proprietari fondiari un prestito che poi le riduceva sul lastrico perché veniva applicato un tasso di interesse altissimo impossibile da ripagare. 48. I gruppi possono riunirsi anche più di una volta al mese, non solo per la gestione dei loro piccoli prestiti e risparmi, ma anche per condividere e parlare dei propri problemi familiari, sociali, economici. Per questo Pangea è intervenuta con il progetto Sharma, per aumentare l’ammontare del capitale da investire attraverso la concessione di un microcredito. Così le donne all’interno del loro gruppo continuavano a risparmiare tra loro e a concedere a rotazione il loro fondo di risparmio; parallelamente ogni donna poteva fare richiesta, individualmente, di un micro- 54 / Pangea / Report 2014 Uno dei principali risultati ottenuti da Fondazione Pangea in Nepal è stato quello di creare un forte legame di solidarietà tra le donne aumentando la consapevolezza dei loro diritti. Foto di Giovanni De Sandre Progetto Sharma - Nepal credito al Centro Donna, per l’avvio di un’attività di microimprenditoria; se il gruppo trovava l’attività concreta e redditizia, se ne faceva garante e sosteneva la richiesta al Centro Donna. Il fondo per il microcredito di Pangea è stato di 36.990 euro, ogni prestito poteva oscillare da un minimo di 5.000 a un massimo di 30.000 rupie nepalesi, ossia da 50€ a 300€ e poteva essere rimborsato in 1 o 2 anni, a seconda delle attività (le attività agricole richiedevano tempi più lunghi), con un tasso d’interesse del 12% (24% decreasing) con il 100% delle restituzioni. In questa maniera, il fondo di rotazione restava una piccola alternativa per avere liquidità subito e da ripagare a breve termine (in genere entro sei mesi); mentre il microcredito era il vero investimento a uno o due anni. I Centri Donna erano i punti di riferimento per i gruppi di risparmio e, grazie al lavoro svolto con il progetto, sono diventati in pochi anni luoghi di ritrovo e aggregazione per le donne dei villaggi, volti a favorire sia la formazione professionale e il reinserimento economico - attraverso il microcredito, la microimprenditoria e la conciliazione famiglia-lavoro per le donne lavoratrici attraverso la creazione di asili - sia l’educazione, l’informazione sui diritti e sulle questioni di genere, il sostegno psicologico e legale di donne vittime di discriminazioni e/o violenza e in stato di bisogno, animazione sociale. A ogni centro fa capo una rete di 500-600 donne. La classe dell’asilo auto-organizzato presso un Centro da alcune donne con lo scopo di accogliere i bambini delle madri in difficoltà. Foto di Giovanni De Sandre Nel 2006 abbiamo svolto un’indagine tra le prime donne coinvolte nel progetto e abbiamo intervistato 843 donne provenienti da 4 distretti per valutare la loro situazione di partenza ed eventuali progressi. La situazione in cui versavano le partecipanti ai gruppi di risparmio all’inizio del progetto era la seguente: il 49% delle intervistate era alfabetizzata, il 35% scarsamente alfabetizzata e il 16% analfabeta. Si consideravano “alfabetizzate” coloro in grado di leggere e scrivere e che avevano frequentato la scuola primaria. Coloro che affermavano di essere “poco alfabetiz55 / Pangea / Report 2014 Progetto Sharma - Nepal zate” avevano ricevuto nella maggior parte dei casi un’educazione informale e difficilmente erano in grado di leggere e scrivere: la maggior parte aveva abbandonato la scuola dopo i primi 2-3 anni e riceveva un’educazione informale presso i centri donna, dove si svolgevano corsi di alfabetizzazione di 2 ore al giorno rivolti esclusivamente alle donne. Mettendo in correlazione il livello di alfabetizzazione delle donne con la loro età e con il numero dei figli, risultava che: Età media delle donne Numero medio di figli Istruite 30,1 2,1 Poco istruite 37,2 3,3 41 3,7 Analfabete il livello di istruzione era inversamente proporzionale all’età e al numero di figli. In genere le donne analfabete corrispondevano a quelle di età più avanzata, e dichiaravano di non aver studiato perché la famiglia era contraria all’educazione scolastica delle figlie. Inoltre i matrimoni precoci combinati tra bambini avevano costretto le donne a sposarsi in giovane età e a rinunciare a studiare. NUBILI SPOSATE RISPOSATE VEDOVE ABBANDONATE 56 / Pangea / Report 2014 Progetto Sharma - Nepal L’età delle donne intervistate era molto varia, in media si attestava intorno ai 33 anni, oscillando tuttavia da un minimo di 11 anni a un massimo di 75 anni. La situazione familiare predominante era quella del nucleo tradizionale, con una media di 3 figli per ciascun nucleo. All’interno delle famiglie, nel 34% dei casi solo il marito percepiva un reddito (in realtà nella maggior parte dei casi anche le donne e i figli lavoravano e contribuivano al reddito famigliare ma la loro attività non era percepita dagli stessi come produttrice di reddito, sebbene svolgessero un ruolo determinante nelle attività a conduzione familiare, come la gestione di un piccolo negozio, l’allevamento di animali e la coltivazione dei campi) e solo il 14% delle donne dichiarava di avere un proprio reddito. La maggior parte delle donne guadagnava giornalmente tra le 40 e le 200 rupie, ossia tra i 4 centesimi e i 2 euro, ciò equivale a dire che la stragrande maggioranza di loro viveva al di sotto della soglia di povertà assoluta. Prevalentemente erano costrette a un duro lavoro nei campi, nelle fabbriche e nelle industrie, o si ingegnavano in lavori di ogni sorta per riuscire a sopravvivere (come il trasporto di carichi o la vendita ambulante di tè e verdure). In ogni caso si trovavano a lavorare in media 10 ore al giorno, in condizioni e in luoghi insalubri e per un salario che difficilmente consentiva loro di coprire le spese quotidiane per i pasti. Il 94% delle donne dichiarava che la propria casa era stata costruita su un terreno privato e dalle interviste risultava che solo 70 donne pagavano un affitto per il terreno in cui vivevano. Le altre non pagavano un affitto perché prevalentemente vivevano su una terra di proprietà del latifondista per il quale lavoravano, il quale, tuttavia, poteva intimare loro in qualsiasi momento di lasciare la terra e quindi la casa. Il 74% delle donne sposate ha dichiarato che il matrimonio era stato imposto dai genitori (e in particolare nel 76% dei casi dal padre) e per il 30% di loro quando erano ancora bambine. Nel 24% dei casi il matrimonio era stata una scelta fatta insieme con il proprio marito e solo in 2 casi, secondo le interviste, è stato frutto di una scelta della donna stessa. La maggior parte ammetteva di avere problemi con il marito ma solo il 17% dichiarava di essere picchiata dal marito (o dalla famiglia di lui), il 5% di avere problemi di droga in famiglia, il 15% di alcol e l’8% problemi legati al gioco d’azzardo. 57 / Pangea / Report 2014 Un bell’esempio vincente, che rende orgogliosa la donna protagonista, di uno dei quasi 200 microcrediti investiti in attività agricole o di allevamento. Foto di Giovanni De Sandre Progetto Sharma - Nepal I servizi offerti da Pangea: Obiettivi/attività Risultati Capacity building dei Centri donna e dei gruppi di risparmio formazione e workshops 7 donne di WF formate in genere e sviluppo umano, counseling e micro finanza 1500 donne informate/formate su diritti delle donne, leadership, igiene, sanità, salute riproduttiva, gruppi di risparmio e microfinanza, tratta, alcolismo gioco d'azzardo, tecniche agricole Incremento dei gruppi di risparmio e delle socie 287 nuove donne si sono associate ai gruppi 22 nuovi gruppi si sono formati viaggi interdistrettuali 15 rappresentanti dei Centri Donna hanno viaggiato e visitato i Centri degli altri distretti indagini socio-economiche 1493 interviste sono state condotte tra le partecipanti al progetto Contrasto alla violenza di genere Servizio di accoglienza e supporto 211 donne vittime di soprusi e violenze hanno ricevuto assistenza psicologia e legale Educazione Corsi di alfabetizzazione 500 donne hanno seguito corsi di alfabetizzazione e calcolo Formazione professionale Corsi di sartoria 35 donne hanno seguito il corso in sartoria e 30 di loro hanno avviato un'attività Sviluppo Economico Microcredito 270 microcrediti distribuiti di cui: • 238 primo prestito • 30 secondo rinnovo • 2 terzo rinnovo 36.990€ l'ammontare distribuito in microcrediti Microimprese avviate • 163 microcrediti investiti in allevamento, • 24 microcrediti in attività agricole, • 65 microcrediti in piccoli negozi/chioschi (vendita di cibo, vestiti, prodotti per l’igiene, materiale elettrico), • 17 microcrediti in sartoria • 1 microcredito in informatica 58 / Pangea / Report 2014 Progetto Sharma - Nepal Principali risultati: Dal 2005 al 2010 abbiamo coinvolto nel programma almeno 1.500 donne e, se consideriamo il loro nucleo familiare, almeno 6.000 individui hanno beneficiato del miglioramento delle condizioni socio-economiche innescato dall’intervento. Abbiamo distribuito 270 microcrediti investiti nell’avvio di attività generatrici di reddito per un ammontare di circa 36.990€, una media di circa 137 euro a persona, al di là dei prestiti che le donne stesse hanno generato con il loro risparmio. Microcrediti distibuiti per distretto P S J2 J1 Attività avviate con i microcrediti D P S J2 J1 D 400.000 ammontare (NRS) 350.000 300.000 250.000 ALLEVAMENTO 200.000 AGRICOLTURA 150.000 NEGOZIO 100.000 SARTORIA 50.000 0 2006 2007 2008 2009 2010 anno 59 / Pangea / Report 2014 Progetto Sharma - Nepal Risultati qualitativi Dalle interviste condotte alle donne coinvolte nel progetto, i più importanti cambiamenti registrati sono stati: •Tutte hanno preso consapevolezza del loro essere donna e dei loro diritti umani fondamentali: non sono più rassegante e disposte a subire passivamente soprusi e violenze, cercano il rispetto della loro famiglia e della comunità, dichiarano di avere un ruolo importante nella società tanto quanto gli uomini, perché “non ci sarà mai sviluppo sociale della comunità senza la partecipazione delle donne” e perché “le donne non sono solo mogli e madri ma sono prima di tutto donne”, richiedono il diritto di cittadinanza. •È aumentata la loro mobilità: non vivono più rilegate tra le mura domestiche, ma ognuna di loro è coinvolta in attività al di fuori della famiglia e della casa e alcune di loro hanno presto parte alle attività dei comitati di villaggio •Hanno creato un forte legame di solidarietà tra di loro, convinte che questo è il primo strumento che hanno per affrontare difficoltà e discriminazioni •Tutte hanno preso parte attiva nella gestione del reddito familiare e contribuisco alle decisioni più importanti che riguardano la famiglia: l’87% dichiara di contribuire alla gestione del reddito familiare e tra queste ben il 77% di essere la sola responsabile della gestione dei soldi in famiglia •Sono diventate più consapevoli e attente alla salute e all’alimentazione della propria famiglia: il 75% mangia carne 2 o 3 volte al mese •Tutte mandano i loro figli a scuola senza fare discriminazioni tra figli maschi e femmine. I Centri Donna sono diventati punti di riferimento fondamentali per le donne dei villaggi, luoghi di aggregazione e socializzazione dove le donne che hanno avuto problemi di violenza domestica e sociale o che versano in situazioni di grave povertà vengono accolte, ascoltate, consigliate, possono partecipare ad attività educative e formative e trovano strumenti concreti per superare situazioni di difficoltà e disagio. Tra di loro parlano liberamente, 60 / Pangea / Report 2014 Progetto Sharma - Nepal condividono problemi, si organizzano e collaborano nel difendere le abitanti dei villaggi che chiedono aiuto da un marito violento o dai soprusi subiti nella loro comunità, o ancora nel fermare la tratta delle donne destinate al mercato della prostituzione in India. Sono luoghi sicuri dove le donne possono trovare un supporto legale e psicologico e dove si incontrano e gestiscono il loro fondo di risparmio. Le donne della comunità si sentono sempre più vicine tra loro e continuano a incontrarsi e ad organizzare, anche dopo l’intervento di Pangea, incontri di sensibilizzazione per la comunità sui diritti e sulle questioni di genere, incontri di educazione su diritti umani e diritti legali, educazione igienico-sanitaria. In alcuni distretti si sono organizzate (e Pangea le ha supportate con un piccolo co-finanziamento) per attrezzare il Centro Donna con un asilo nido, per accogliere i figli e le figlie delle donne che si rivolgono al Centro. Offrire un luogo di assistenza dove ci si prenda cura della salute e dell’educazione dei bambini è un modo per aiutare quelle donne che, dovendo lavorare tutto il giorno e non avendo un appoggio familiare, erano costrette a lasciare spesso i figli soli a casa, legati per l’intera giornata per paura che potessero farsi male o, in alternativa, a portarli con sé mentre lavoravano nei campi o per la strada, tenendoli in grembo o sulle spalle, o lasciandoli soli in qualche angolo del campo. Una piccola bottega di sartoria nata grazie alle competenze acquisite attraverso un corso di taglio e cucito organizzato da Fondazione Pangea. Foto di Giovanni De Sandre Gli incontri e le diverse attività promosse al loro interno hanno accresciuto l’autostima, la determinazione e la solidarietà tra le donne che vi prendono parte. Gli ottimi risultati raggiunti, il rispetto e la stima che si sono conquistate da parte degli abitanti del villaggio e una nuova consapevolezza dei loro diritti e delle loro capacità le incoraggiano ad organizzare con irrefrenabile entusiasmo sempre più attività. Il progetto è stato realizzato in collaborazione con la partner nepalese The Women’s Foundation, un’organizzazione no-profit nata nel 1988 per dare supporto alle donne e ai minori vittime di discriminazioni, violenza e povertà. L’organizzazione lavora su diversi livelli. A livello nazionale svolge attività di lobby e advocacy, per eliminare ogni forma di discriminazione 61 / Pangea / Report 2014 Progetto Sharma - Nepal di genere e fornisce assistenza legale alle donne provenienti da diverse aree del Nepal, per proteggerle e tutelare i loro diritti. Al livello rurale opera in diversi villaggi nelle aree pianeggianti del Paese ed è impegnata in programmi di educazione e sensibilizzazione ai diritti, all’igiene e sanità; in attività di consulenza psicologico legale contro gli abusi perpetrati sulle donne; nella promozione dello sviluppo socio-economico delle donne attraverso la formazione professionale e la promozione di attività generatrici di reddito; nella promozione della partecipazione delle donne all’interno delle loro comunità. La riunione di un gruppo di risparmio si è spesso trasformata in un momento di svago o di condivisione dei propri problemi personali e familiari. Foto di Giovanni De Sandre 62 / Pangea / Report 2014 Italia 49. il processo attraverso il quale un individuo affronta barriere o vincoli all’accesso e/o all’uso di servizi e prodotti finanziari basilari ed adeguati ai propri bisogni, al punto da compromettere la propria posizione sociale, definizione della Commissione Europea (2008), “Financial Services Provision and Prevention of Financial Exclusion” http:// ec.europa.eu/employment_social/spsi/docs/ social_inclusion/2008/financial_exclusion_ study_en.pdf 50. http://www.pangeaonlus.org/r/Pangea/ Documenti/Pdf/advocacy/piattaformapechino/Pechino%202009_2014.doc_July%20 22_DEF%20.pdf La microfinanza e il microcredito nascono nel mondo per risponde ai bisogni dell’accesso al credito di chi non ha garanzie reali da offrire e si trova in situazione di estrema vulnerabilità economica, povertà ed esclusione finanziaria. In Europa, rispondono a nuove povertà e a disagi di società che hanno raggiunto il loro “pieno sviluppo economico” inteso in termini “classici”, ma non hanno ancora quello della partecipazione alla cittadinanza e delle necessità delle persone. La stessa attuale crisi mostra i sintomi della incongruenza tra diritti, economia e finanza. Le vulnerabilità del mondo occidentale sono strutturali al sistema del mercato del lavoro (quali la disoccupazione o l’inoccupazione), e sono legate all’appartenenza ad alcuni segmenti di popolazione e categorie sociali che spesso sono particolarmente discriminate nell’accesso al credito e al mercato del lavoro. Le donne ne sono parte. Il microcredito risponde pertanto all’esclusione finanziaria49, a politiche di integrazione nel mercato del lavoro che mirano a generare indipendenza economica, una presa di responsabilità e non di assistenzialismo, in un’ottica di restituzione di benessere alla collettività e di generazione di stili di vita di qualità a basso costo. Tale prospettiva ben si sposa con gli obiettivi del prossimo settennio europeo 2014-2020. L’ attuale crisi economica e finanziaria che l’Europa e tutta l’Italia sta vivendo pone tutta la popolazione in forte disagio, si acuisce il bisogno di lavoro e di credito, non si trova una occupazione, bisogna spesso crearsela, ne pagano le conseguenze anche i ceti abbienti. Il quadro della situazione femminile in rapporto alla crisi, ai processi di impoverimento e alle povertà in Italia è strettamente collegato a discriminazioni di genere e forti disuguaglianze di accesso al lavoro (e alla conseguente pensione), al credito (e ai conseguenti consumi), all’eccessivo peso del lavoro di cura familiare sulle spalle delle donne e alla mancanza di servizi di welfare che rende ancora più complesso il disagio in un contesto di veloci trasformazioni economiche, sociali e delle strutture familiari.50 Secondo i dati dell’ultimo Rapporto Istat sul Benessere Equo e sostenibile in Italia (2014) a febbraio di quest’anno risultava occupato il 46,6% delle donne e il 64% degli uomini. Come recentemente dimostrato anche da Bankitalia, le donne guadagnano meno e le retribuzioni delle lavoratrici sono più basse di quelle dei loro colleghi a parità di qualifica: circa 1.400 euro contro 1.800 al mese. Le donne pertanto hanno meno proprietà, si indebitano di 63 / Pangea / Report 2014 Foto di Ugo Panella Italia meno anche per l’acquisto della casa. Solo il 60% delle famiglie guidate da donne possiede l’abitazione in cui vive (contro il 65% degli uomini) e sono meno (14%, contro il 18 dei maschi) quelle che si indebitano per l’acquisto.51 Lo scarso “potere contrattuale” dovuto a redditi inferiori delle donne rispetto a quelli degli uomini (gender pay gap) sicuramente influisce nel processo di richiesta da parte delle stesse donne e nella concessione di prestiti da parte delle banche, che pretendono garanzie per tutelarsi da possibili insolvenze a partire dai redditi percepiti.52 51. 46,7% al dicembre 2013 52. L’istituto di ricerca Red Sintesi ha elaborato per Repubblica i dati di Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane 2012 53. Il diritto al lavoro è un presupposto fondamentale della Costituzione Italiana Come risposta alla crisi, le donne sono disposte ad accettare lavori a condizioni a ribasso drammatiche per arrotondare il bilancio di casa. E ciò fa incrementare l’economia del sommerso, lontano da tutele sociali o salariali. Affinché le donne possano realmente avere pari diritti, indipendenza economica e realizzazione professionale53. è opportuno leggere l’economia anche in Italia sotto la lente della dimensione della parità di genere nel mercato del lavoro (inclusione sociale, lavorativa e finanziaria). La poca analisi di genere sulle conseguenze della mancanza della presenza delle donne nel mondo del lavoro sottostima l’impatto che ha sulla democrazia, la partecipazione e l’uguaglianza, nonché il benessere del nostro paese. Il Parlamento dell’Unione europea nel documento “Impatto della crisi economica sull’uguaglianza di genere e i diritti della donna”del 2013 riporta: “Considerando che le donne svolgono un ruolo cruciale come forza trainante dello sviluppo economico; che l’ulteriore empowerment delle donne può avere l’effetto economico di far uscire le comunità e le famiglie dalla povertà;” “Considerando che le donne che iniziano la loro vita lavorativa svolgono un ruolo guida nel ritorno alla crescita; producono un incremento del reddito familiare, il che determina un aumento dei consumi e contribuisce a rilanciare l’economia; la parità di genere ha quindi un impatto positivo sulla produttività e sulla crescita economica;” Sapendo che Pangea non può avere la soluzione a problemi strutturali del Paese che necessitano riforme importanti, e davanti a una società che è in trasformazione - sia per quel che riguarda la domanda e l’offerta di beni e servizi, sia per l’esposizione che si vive di fronte a 64 / Pangea / Report 2014 Italia una continua e sempre maggiore precarietà lavorativa ed economica - non potevamo lasciare l’ Italia fuori dal nostro lavoro, perché convinti che le donne sono parte della soluzione alla crisi, in termini di valorizzazione e pieno utilizzo delle competenze e delle capacità; per favorire il ritorno al lavoro delle donne a tutti i livelli, verso l’emersione di nuove professioni, creative e innovative, rivolte all’innovazione e alla responsabilità sociale e ambientale in una ottica di sostenibilità. Infatti basti ri-sottolineare che le donne italiane hanno rispetto agli uomini una alta scolarizzazione, ma nel momento dell’entrata sul mercato del lavoro vi è uno scarso riconoscimento delle loro competenze, così come la crescente presenza di donne migranti e neo mamme o donne in età già adulta tra imprenditrici e consumatrici crea nuove esigenze e stimoli di mercato. Pangea dal 2009 ha sperimentato diversi progetti pilota di microcredito in Italia, sia quello sociale per donne vittime di violenza, sia destinato alla promozione dell’imprenditoria, con donne in generale con difficoltà di accesso al credito, intenzionate a valorizzare le loro professionalità. L’Europa ha stabilito che il tetto massimo del microcredito è di 25mila euro e in Italia l’unica differenza tra microcredito e un piccolo prestito è il percorso di accompagnamento (o servizio non finanziario) che viene affiancato prima della concessione del credito. Pangea ha creato una partnership finanziaria basata sulla condivisione di valori con Banca Popolare Etica per erogare credito (servizio finanziario) con un fondo di garanzia. Pangea si occupa dell’accompagnamento (servizi non finanziari), non come semplice trasferimento di tecnicismi, ma come sostegno a un percorso di “capacitazione”, di autostima, di leadership della propria vita, con l’ascolto, l’orientamento e il sostegno necessari. Dal 2009 è parte di RITMI - Rete Italiana degli operatori di Microfinanza - e dall’autunno del 2012 è membro della European Microfinance Network; inoltre partecipa a iniziative di informazione e raccolta dati dell’Ente Nazionale per il microcredito in Italia. 65 / Pangea / Report 2014 Italia Microcredito Sociale per vittime di violenza Tra il 2010 e il 2011, abbiamo sperimentato il microcredito sociale. Volevamo valutare la possibilità di integrare l’aspetto economico-finanziario all’interno del percorso di uscita dalla violenza domestica e il reinserimento sociale. Il target a cui ci siamo rivolti era costituito da donne vittime di violenza, tutte con livelli di istruzione differenti e, ove presenti, con trascorsi lavorativi diversificati. Si trattava di donne con figli o senza, accolte in centri antiviolenza,54 o già fuori da questa fase della loro vita ma con evidenti difficoltà a trovare un equilibrio socio economico anche perché escluse dall’accesso al credito. Avevano problemi legati nell’affrontare le spese di una vita quotidiana: pagare la caparra dell’affitto, l’acquisto di un veicolo usato, conseguire la patente, riqualificarsi professionalmente, ma anche coprire le spese per affrontare problemi sanitari o trattamenti specifici e costosi non coperti dal sistema nazionale. I prestiti erano di modesta entità, da un minimo 1000 a massimo 3000 euro per non più di 3 anni. Abbiamo spiegato alle operatrici di cinque centri antiviolenza in diverse parti d’Italia che cosa è il microcredito, e svolto corsi di formazione55 ad hoc alle donne che avevano subito abusi, per prepararle a una tale scelta. Le donne maltrattate hanno chiesto di partecipare ai corsi ma, salvo in pochissimi casi, non hanno voluto accedere al microcredito. Il timore di aggiungere un prestito al bagaglio emotivo e nodoso che si portavano dietro pesava troppo, le angosciava e preferivano concentrare le loro energie per sciogliere problematiche personali di altra natura. Ciò pur avendo subito, per la maggioranza dei casi anche violenza economica, ma quasi tutte loro l’avevano rimosso, in parte perché prese dall’elaborazione del trauma nel suo complesso e in parte perché frenate all’idea di affrontare questioni economico finanziarie, e perché consapevoli delle difficoltà a reinserirsi lavorativamente. Gli incontri con Pangea sono stati un’occasione per far riemergere questo aspetto della violenza subita e per lavorare sulle conseguenze concrete che si reiteravano nel tempo. Pertanto Pangea, durante il progetto, ha orientato le donne a risolvere la loro situazione debitoria, ad agire anche senza prendere un credito. 54. Latina Caserta L’Aquila Milano Roma 55. A Caserta e Latina su richiesta delle donne coinvolte nel progetto. 66 / Pangea / Report 2014 Italia Ciò che è emerso con forza è che le donne che hanno subito maltrattamenti si sentono in credito verso la vita, e solo dopo essersi affrancate dal trauma, sono in grado di misurarsi con una esperienza di microfinanza; l’accompagnamento in questa fase diventa l’elemento essenziale per affrontare questa ulteriore scommessa di ricominciare da sè. I risultati 28 le donne richiedenti di microcredito, 8 donne dalla provincia di Caserta, 9 donne dalla provincia di Latina, 6 donne dalla provincia di Milano, 5 donne dalla provincia di Roma. Sono state istruite 21 richieste. Su 21 istruttorie avviate solo 5 hanno terminato tutto l’iter di esame. Sono state presentate 5 istruttorie a Banca Popolare Etica e sono stati erogati 4 microcrediti. 8 delle donne richiedenti hanno parzialmente risolto i loro problemi tramite l’accompagnamento fornito da Pangea. Sono 13 le donne che hanno partecipato ai percorsi di autostima e bilancio di competenze nell’ottica di ricevere un microcredito. Di queste, tre hanno ottenuto un microcredito. Una donna giovane con tre figli piccoli a carico ha acquistato un autoveicolo. Tale acquisto le ha reso più facile la vita rispetto al tempo tra i figli e il lavoro, anzi permettendole di lavorare di più e aumentare le sue entrate. Una seconda giovane donna ha acquistato anche lei un veicolo per spostarsi e far seguire le terapie alla figlia di otto anni, permettendo il miglioramento “mentale-cognitivo” della bimba, causate da un gravissimo shock emotivo causato dell’aver assistito al tentativo di omicidio della madre. La terza donna ha utilizzato i soldi del microcredito per coprire le spese mediche necessarie per una dei suoi quattro figli. La quarta donna ha aperto un’attività in un mercato rionale di Roma, un banco di prodotti per la casa. Tutte hanno restituito tranne una che non è riuscita a pagare le ultime tre rate di 50 euro, perché l’ex marito aveva cessato di versarle gli alimenti. Pangea ha chiuso per lei la pratica. 67 / Pangea / Report 2014 Italia Microcredito per l’avvio di imprese di donne Nel 2012-2013 abbiamo lavorato su “Futura” un progetto pilota di microcredito per l’avvio all’impresa per donne residenti in Italia. La necessità di misurarci anche sull’avvio d’impresa è nata per venire incontro alle sempre più crescenti richieste di aiuto che abbiamo incrociato nel nostro fare. Dal 2008, la congiuntura economica e finanziaria ha reso sempre più difficile accedere a un prestito per avviare attività economiche anche a persone che sino a poco tempo fa avevano un profilo bancabile. Le donne a cui ci siamo rivolte, di estrazione economica, educativa e sociale molto diverse da caso a caso, avevano esigenze differenti: per esempio di emergere da situazioni di occupazioni “in nero” o precaria; che desideravano uscire da un lavoro ripetitivo e sottopagato, oppure con idee troppo innovative perché le banche si assumessero il rischio di un credito, in alcuni casi erano donne over 45 che avevano perso il lavoro e non era più interessanti per un mercato che richiede sempre di più i giovani; alcune infine avevano la necessità di rientrare in ambito lavorativo dopo la maternità pur senza trovare opportunità. Tutte donne che volevano scommettere su se stesse, sulle loro esperienze, capacità, oltreché motivazioni, ma che erano per vari motivi considerate “non bancabili”. L’analisi di partenza per quel che riguarda l’imprenditoria femminile e l’accesso al credito su diverse indagini della Banca d’Italia e alcune organizzazioni delle Pmi56, sottolinea le difficoltà delle imprese femminili a essere finanziate, pur dimostrando livelli di affidabilità nei rientri superiori a quelli di analoghe imprese a conduzione maschile.57”. 56. http://www.lavocesociale.it/facilitarelaccesso-al-credito-alle-donne-imprenditrici/ 57. Viceministro con delega alle Pari opportunità Maria Cecilia Guerra 2013 58. http://ingenere.it/articoli/imprenditricibanca-sportelli-faccia 59. http://www.pangeaonlus.org/r/Pangea/ Documenti/Pdf/advocacy/piattaformapechino/ Pechino%202009_2014.doc_July%2022_ DEF%20.pdf Prevale una generale situazione di scoraggiamento delle imprese al femminile. Uno degli ostacoli principali che si oppone alla concessione di un finanziamento a una donna è proprio la richiesta da parte degli istituti di credito del coinvolgimento del coniuge nell’avallo o nella fornitura di garanzie: in regime di separazione dei beni o di separazione coniugale ciò è di fatto quasi impossibile, perché rende la moglie imprenditrice dipendente dalla volontà58 del marito59. Oltre alla difficoltà a ottenere capitali da investire, si somma la lentezza di un sistema burocratico cavilloso nel disbrigo delle pratiche di avvio di una impresa, se pur piccola, la totale assenza di facilitazioni fiscali per l’avvio, e il peso da sopportare di una eccesiva pressione fiscale delle piccole attività. 68 / Pangea / Report 2014 Italia L’ammontare massimo richiedibile 25.000 euro, per non oltre sette anni, a un tasso variabile che oscilla tra il 5% e il 6% (tasso di Banca Popolare Etica). I servizi non finanziari che abbiamo proposto sono stati relativi all’accompagnamento come importante preambolo per il rafforzamento dell’autostima e la costruzione motivazionale, l’individuazione e la messa a punto dell’idea e del modello d’impresa, la verifica delle proprie competenze economiche e relazionali e l’accrescimento delle stesse e superare le incertezze di percorso, la costruzione del Business Plan, l’accompagnamento in banca per la richiesta di microcredito. Nel caso di avvio di microimpresa, a seguito dell’erogazione, si monitora e si danno consigli per non lasciare sole le neoimprenditrici nei momenti di difficoltà, se vogliono. I risultati Abbiamo svolto un corso di formazione per individuazione e costruzione del modello di impresa per 16 aspiranti imprenditrici, abbiamo dedicato 564 ore tra selezione e accompagnamento personale delle richiedenti per altre 26 donne. Abbiamo avviato 6 istruttorie bancarie e fatto concedere 6 microcrediti per un totale di 61mila euro, che hanno visto coinvolte 16 persone. Altre due imprese hanno aperto senza chiedere il finanziamento del microcredito, ma usufruendo del nostro accompagnamento. Il tutto si è svolto nell’area metropolitana della città di Roma. Il costo dell’accompagnamento è stato coperto da una donazione privata. Esaurita questa sono finite le risorse per proseguire il lavoro. Ciononostante dal settembre 2013 a metà 2014 abbiamo ricevuto oltre 200 richieste da tutta Italia. Tutta la formazione che Pangea ha fatto nei Paesi del sud per capacitare le donne a essere buone imprenditrici di se stesse, sicure di sé, buone risparmiatrici in grado di gestire un credito (servizi non finanziari), è possibile anche qui in Italia, ma spesso si dà per scontato che, vivendo in un Paese che ha raggiunto già molti traguardi - in cui la maggioranza delle 69 / Pangea / Report 2014 Italia persone sanno leggere, scrivere, fare di conto, hanno uno smartphone e leggi in loro favore – chiunque abbia la capacità e le competenze per avviare una impresa. La nostra esperienza ha evidenziato che invece ci vuole una formazione sui temi dell’impresa e ci vuole un approccio di genere che tenga conto della specificità che comporta l’apertura di un’attività di una donna. Ci vuole un assiduo accompagnamento, di gruppo e personalizzato, senza correre, nel rispetto dei tempi, fatto di sostegno nei momenti di incertezza e di tecnicismi nei momenti di necessità. Questo lavoro professionale in Italia però stenta a essere riconosciuto e troppo spesso non si tiene in considerazione il costo che ne discende. Dal nostro punto di vista, oggi più che mai il microcredito per l’impresa alle donne deve essere concepito in un’ottica di rete fatta di diversi attori intorno a una persona che vuole uscire dall’esclusione economica e finanziaria nella quale si trova, per recuperare la dignità di azione e proiettarsi in ambiti e settori dove la propria valorizzazione possa esprimersi al meglio. Un microcredito concepito per offrire qualità e non marginalità. Ciò serve per sviluppare piccole imprese legate ai territori, fatte di persone e di relazioni, di risposte ai bisogni, di recupero di eccellenze, di attenzione e quotidianità, per rinnovare i saperi e/o innovare con responsabilità, piccole dosi di economia sana, quanto serve per restituire benessere in una società che guarda al futuro con incertezza. 70 / Pangea / Report 2014 Conclusioni In questo rapporto vi abbiamo raccontato come, dal 2003 a oggi, Fondazione Pangea ha lavorato per offrire delle opportunità, opportunità che sono state colte da oltre 40mila donne, di cui 13.696 hanno beneficiato di un microcredito. Ciò ha generato una ricaduta positiva non solo individuale e in famiglia, dal momento che sono stati coinvolti almeno altri 35mila tra donne, uomini e bambini nei percorsi di sensibilizzazione presso le comunità di riferimento. Gli elementi che fanno da filo conduttore nei nostri programmi sono: •i metodi d’intervento e l’applicazione delle tecniche di microfinanza e microcredito utilizzate, diversi a seconda del contesto in cui si interviene, ma tutti attuati in una visione di sviluppo olistico della persona, affinché generino un empowerment economico e sociale reale e duraturo nel tempo. A strumenti prettamente finanziari Pangea affianca sempre servizi non finanziari di formazione tecnica legata alle attività di imprenditoria, di gestione del credito e raccolta del risparmio e, oltre a essi, strumenti che rafforzino nelle donne le capacità di leadership, l’autostima, la consapevolezza dei propri diritti, della propria salute, le capacità (alfabetizzazione etc.); •ogni programma nasce da un confronto con le donne delle comunità presso cui si va a operare; ogni microcredito è concesso sulla base di regole trasparenti tra Pangea e la richiedente; •il microcredito di Pangea ha una sua specificità rispetto ai legami con il territorio, alla filiera corta della produzione e della vendita, alla rete locale che si sviluppa attraverso e intorno a una microimpresa o attività di auto impiego. Ciò non toglie che le attività sviluppate possano essere nel tempo ampliate su scala e avere buone potenzialità per essere esportate in altri contesti. •Fondazione Pangea, lavora nel mondo con staff principalmente composto da donne, contrariamente a quanto succede nella la maggioranza delle strutture che lavorano nella microfinanza e che in genere hanno una governance ai livelli apicali e operativi quasi completamente costituita da uomini, pur rivolgendosi a un target di mercato composto da donne; •le donne nei programmi di microfinanza e microcredito di Pangea hanno dimostrato ampiamente di riuscire a migliorare la loro vita, quella della loro famiglia e nella loro comunità . 71 / Pangea / Report 2014 Concludiamo con alcuni pensieri sparsi su cui ci piacerebbe si aprisse un dibattito. •La microfinanza e il microcredito sono strumenti che ben si predispongono per avviare attività con caratteristiche di alta innovazione sociale, e/o d’innovazione tecnologica a basso costo e impatto ambientale. •Questi strumenti non sono la panacea a questioni di politica macro, né è la soluzione alla mancanza di lavoro. La microfinanza e il microcredito non sostituiscono un piano industriale di rilancio dell’economia. Sono però uno strumento finanziario diverso, frontale, flessibile, che potenzialmente può rispondere a quel fermento di rinnovazione sotterranea che c’è, malgrado povertà o crisi, nell’economia, e che non deve restare nell’informalità ma emergere e partecipare alla spinta propulsiva per la costruzione di nuovi modelli economici, sostenibili, innovativi e di economia sociale. •I processi di empowerment delle donne, nelle società in cui la vulnerabilità è maggiore, si attuano principalmente in gruppo, in maniera da suddividere il peso dello scontro di potere con l’ordine costituito (morale o fisico) nel momento in cui si vogliono modificare delle regole. La solidarietà tra donne pertanto diventa fattore trasformativo fondamentale. •I processi di empowerment delle donne nelle società in cui il benessere è maggiore (ad esempio in Italia) sono di natura individuale e più difficoltosi. La rete della solidarietà spesso è più fragile e si limita al perimetro familiare (di origine o acquisito). Lo status di benessere che proviene dal passato può rappresentare un ostacolo, al contrario, persone che non hanno mai vissuto tale idea di se stesse, fanno minor fatica a “mettersi in gioco” nel chiedere un microcredito. •L’autostima è il vero credito che ognuno deve concedere a se stesso, perché non si può acquistare in nessun dove e con nessuna banca. È dentro ognuno di noi, donne e uomini, e viene riflessa nella fiducia delle persone che ci accompagnano, con cui si fa rete, nel proprio percorso di riscatto economico e sociale. 72 / Pangea / Report 2014 La nostra esperienza in Afghanistan, India, Nepal e Italia ci insegna che lievi aumenti nelle opportunità offerte alle donne, possono portare benefici economici e sociali spettacolari che spesso superano le nostre aspettative e immaginazione. Investire sulle donne e con le donne aiuta a velocizzare lo sviluppo delle economie locali e crea società più eque. Ciò permette la trasformazione lenta ma costante dei vincoli culturali e politici che ostacolano ancora oggi nel mondo la parità, i diritti, un’economia sociale, una finanza etica, la Pace. Simona Lanzoni Vicepresidente e Direttrice dei Programmi 73 / Pangea / Report 2014 Rapporto a cura di Simona Lanzoni Hanno collaborato: Claudia Signoretti, Carolina Lami, Marta Vida Foto Credits: Ugo Panella, Giovanni De Sandre Ricerca iconografica: Paolo Riva Progetto grafico: Rebelot Design Ottobre 2014 Fondazione Pangea oggi è: Luca Lo Presti Simona Lanzoni Luigi Restelli Teresa Antinoro Anamaria Galarreta Carolina Lami Monica Mancini Claudia Signoretti Silvia Redigolo Paolo Riva Marta Vida Fondazione Pangea Onlus www.pangeaonlus.org [email protected]