Donne: ripartire da sé. - Fondazione Pangea Onlus

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Donne:
ripartire da sé.
La microfinanza di Fondazione Pangea
come strumento per uscire dalla povertà
attraverso un processo di empowerment
Sommario
1Premessa
di Luca Lo Presti, Fondatore e Presidente
Fondazione Pangea Onlus
3
Povertà ovvero
4
Definiamo la povertà
6 Donne e povertà
11 Rapporto delle Nazioni Unite per lo sviluppo 2014
13 L’empowermet economico delle donne
per uscire dalla povertà
16 La microfinanza, il microcredito, strumenti
di inclusione finanziaria
22 Fondazione Pangea e i suoi strumenti di lavoro:
la microfinanza olistica per l’empowerment delle donne
26 Progetto Jamila - Afghanistan
26 Premessa - Il Programma Afghanistan
27 La situazione di partenza
28 I servizi offerti da Pangea dal 2003 al 2014
29 Risultati quantitativi
32 Risultati qualitativi
34 Scheda Afghanistan
36 Incredibile India
37 Progetto Koppal: Percorsi di Autonomia
39 La situazione iniziale delle donne
40 Il lavoro di Pangea
43Schema sintetico dei servizi offerti da Pangea
dal 2006 al 2011
45 Risultati qualitativi
48 Progetto Donne Disabili - Calcutta
48 La situazione iniziale
49 Il lavoro di Pangea
51 Risultati
52 Scheda India
54 Progetto Sharma - Nepal
58 I servizi offerti da Pangea
59 Principali risultati
60 Risultati qualitativi
63 Italia
66 Microcredito Sociale per vittime di violenza
67 I risultati
68 Microcredito per l’avvio di imprese di donne
69 I risultati
71Conclusioni
di Simona Lanzoni, Vicepresidente e Direttrice
Programmi Fondazione Pangea Onlus
Premessa
In un contesto sociale segnato profondamente da una crisi economica che le recenti
generazioni non ricordano di aver mai vissuto, in occasione della Giornata Mondiale della
lotta contro la povertà Fondazione Pangea decide di rendere pubblici i risultati di un lavoro
che da 12 anni porta beneficio a moltissime persone.
Nelle pagine che seguono, non si troverà la ricetta a questa crisi, e neppure ci sogniamo di
possederla. Si raccontano invece le modalità di lavoro per uno sviluppo sostenibile e paritario,
attraverso le quali, dal 2002 a oggi, oltre 40 mila donne hanno potuto cogliere opportunità di
vita grazie all’empowerment economico e sociale che Pangea ha offerto loro, con programmi
a bassissimo costo, senza investimenti milionari, grazie unicamente a donazioni di singole
persone, privati o imprese.
Quando abbiamo cominciato, volevamo dimostrare che la povertà può essere sconfitta senza
necessariamente dover essere una grande agenzia delle Nazioni Unite o una grande organizzazione non governativa ma, semplicemente, costruendo un percorso insieme alle persone
e restando fedeli al nostro ideale.
Negli anni non abbiamo tradito questo spirito e siamo restati al fianco delle donne alle quali
avevamo promesso sostegno.
Con la microfinanza e il microcredito, quelli che erano progetti immaginati per durare 2 o 3
anni, sono divenuti programmi di empowerment e sviluppo di lungo periodo. Un’opportunità
di riscatto che si fonda ogni giorno su piccole azioni che tengono presente l’accoglienza,
l’ascolto, l’accompagnamento economico e sociale.
Regole semplici e logiche che spesso sono osservate con scetticismo e tenute in poco conto
dagli esperti delle grandi agenzie.
Nel 2005, a due anni dall’inizio del nostro percorso di microcredito in Afghanistan, Simona
Lanzoni (vice presidente e responsabile dei programmi di Fondazione Pangea) mi raccontò
di aver incontrato l’allora direttore del Microfinance Investment Support Facility for Afghanistan (MISFA). Gli parlò del nostro progetto di microcredito per le donne e lui disse che per
essere autosufficienti finanziariamente avremmo dovuto diminuire il tempo del prestito da un
1 / Pangea / Report 2014
anno a sei mesi, oltre al fatto che difficilmente le donne avrebbero sviluppato in quel Paese.
Simona gli rispose che non lo avremmo mai fatto e mi disse: “Come avrei potuto spiegargli
che le crisalidi hanno bisogno di tempo per diventare farfalle?” e il tempo le ha dato ragione.
Ci rendemmo conto in quell’occasione che il nostro lavoro seguiva una strada completamente
innovativa e che Fondazione Pangea avrebbe rappresentato la crepa nel muro non per cambiare un sistema, ma per sostenere chi da quel sistema è fuori e aspetta solo un’occasione
per inventarne uno diverso.
Parlando con grandi banchieri italiani, una volta, con evidente sarcasmo mi fu chiesto come
poteva Fondazione Pangea pensare di ottenere risultati che i grandi istituti di credito non
riuscivano a raggiungere, in termini di sviluppo territoriale e insolvenza. Risposi che non avevamo gli stessi obiettivi, e che la differenza sostanziale stava in piccoli accorgimenti del tipo:
non dare credito a uomini ricchi, ma a donne che, avendone bisogno, avrebbero velocizzato
i processi di sviluppo delle economie locali.
Dissi anche che, a differenza degli istituti di credito, Fondazione Pangea non avrebbe mai
posto il denaro al centro, come soggetto, ma lo avrebbe sempre considerato oggetto per il
raggiungimento di un obiettivo che non è restituzione del denaro, ma la realizzazione di un
progetto di vita. A essa seguirà, come logica conseguenza, la restituzione che, però, anche se
implementata da un tasso d’interesse, non avrà mai una formula speculativa, ma unicamente
il compito di accrescere un capitale comune.
Concetti semplici ma fondamentali, che mettono sempre al centro la persona e non il denaro.
Abbiamo voluto presentare questo rapporto dopo 12 anni di lavoro e non dopo 12 mesi per
non sentirci dire che da lì a poco il nostro sistema sarebbe fallito in quanto utopico.
Lo presentiamo oggi innanzi all’evidenza di un fallimento da parte di quei banchieri che ci
guardavano con sospetto.
Buona lettura
Luca Lo Presti
Fondatore e Presidente di Fondazione Pangea
2 / Pangea / Report 2014
Povertà ovvero?
Siamo cresciuti sin da piccoli con slogan che richiamavano alla lotta contro la povertà.
Dalle Nazioni Unite alle Organizzazioni Non Governative, alla parola “povertà” abbiamo associato l’immagine di un bambino denutrito, possibilmente di colore e con la pancia gonfia,
e il nostro immaginario collettivo ci ha spinto a impegnarci per fare qualcosa di più.
Oggi che, anche nei Paesi più ricchi, tocchiamo con mano giorno per giorno un generale impoverimento della maggioranza
della popolazione - immagine che non corrisponde a quella
che ci hanno servito, a pranzo e cena, in televisione - viviamo
in prima persona il fallimento delle politiche nazionali e internazionali a contrasto della povertà.
Ma di quale povertà stiamo parlando e come si può realmente
avviare un processo di sviluppo in cui le persone stesse siano
in grado di generare il proprio sviluppo, a partire dalle proprie
capacità all’interno di un contesto definito?
Sappiamo che è difficile elaborare e combinare indicatori misurabili che mettano insieme aspetti puramente economici e
quantitativi ad altri più difficilmente misurabili come la qualità
della vita, il benessere e il godimento dei diritti umani.
Perché parlare ora di tutto ciò? Perché noi di Fondazione Pangea vogliamo raccontarvi che cosa facciamo, da oltre un decennio e con grande passione, per dare il nostro contributo
nella lotta alla povertà.
3 / Pangea / Report 2014
Definiamo la povertà
La povertà spesso è legata idealmente alla scarsità generale, o alla mancanza totale,
di una certa quantità di beni materiali o denaro. Ma siamo sicuri che possiamo accontentarci
di questa definizione?
Le grandi organizzazioni internazionali - dalla Banca Mondiale alle Nazioni Unite - e gli Stati così
detti ricchi, dopo la Seconda Guerra Mondiale hanno associato l’idea dello sviluppo, e del sottosviluppo, alla crescita economica, lanciando così una “guerra” alla povertà a suon di miliardi.
La Banca Mondiale ha proclamato: “Il nostro sogno è un mondo libero dalla povertà”.
Per anni si è creduto che per sconfiggere
la povertà bastasse distribuire grandi
quantità di denaro.
Foto di Ugo Panella.
Intesa come povertà assoluta o miseria, essa si riferisce alla privazione dei bisogni umani fondamentali, che comprendono comunemente cibo, acqua, servizi igienico-sanitari, abbigliamento,
alloggio, assistenza sanitaria e istruzione. La povertà relativa, invece, è definita contestualmente come disuguaglianza economica nella posizione o società in cui le persone vivono1.
Anche le Nazioni Unite non sono state da meno quanto ad annunci. Nel primo degli Obiettivi
del Millennio c’è “sradicare la povertà estrema e la fame” per riuscire a dimezzare - tra il
1990 e il 2015 - il numero delle persone che
sul pianeta ne soffrono.
Ogni agenzia delle Nazioni Unite, poi, ha declinato il concetto di povertà sulla base della
propria specifica missione2.
Povertà e fame quindi sono strettamente
collegate: tradizionalmente, per misurare la
povertà, si prende come riferimento soprattutto il costo del cibo e della vita. Il motivo
è che i più poveri tra i poveri (cioè nei Paesi
poveri) spendono in media fino al 75% del
loro income per il cibo.
4 / Pangea / Report 2014
Adam Smith, padre
dell’economia moderna,
oltre 200 anni fa vide
nella povertà non solo
il problema di trovare
risposta alle necessità
di base per sostenersi
nella vita, ma anche uno
svantaggio sociale. In
questo senso, la povertà è
legata all’essere in grado
di seguire i costumi di
una data società e Paese,
perché è essenziale per
sentirsene parte.
In realtà, però, la povertà è un concetto “elastico” e il cibo da solo non è un elemento sufficiente a rappresentarne la multidimensionalità3.
Lo standard di riferimento utilizzato dalle Nazioni Unite per misurare la soglia di povertà
è individuato in 1,25 dollari (povertà assoluta) o in 2 dollari (povertà relativa) pro capite al
giorno. Pur essendo un metro utile per confrontare la povertà da Paese a Paese, per ottenere
un quadro generale di riferimento del problema a livello globale, non possiamo considerare
esclusi dalla povertà e dalla precarietà coloro che guadagnano 2,50 o 3 dollari al giorno
(parliamo quindi anche di persone che vivono in Italia).
La povertà non è una questione solo
economica, ma soprattutto di qualità
della vita. Foto di Giovanni De Sandre.
1. "Measuring Inequality". The World Bank. 2011.
2. Vedi per esempio l’Organizzazione Mondiale
della Sanità http://www.who.int/topics/
poverty/en/ e le altre agenzie.
3. Le misurazioni della soglia di povertà nei
vari Paesi sono impostate sulla base del costo
della quantità di cibo necessaria al giorno. La
norma scientifica internazionale è che un adulto
ha bisogno di circa 2.000 calorie al giorno
basandosi su uno standard occidentale di Paesi
ricchi e di produzione di derrate alimentari
occidentali (ovvero i cereali), ignorando
totalmente l'importanza di un'alimentazione
varia, a costi differenti, a base di pesce, frutta
e verdura. Se i governi tenessero conto di
un’alimentazione varia e dei beni essenziali,
le rispettive proporzioni di poveri nella
popolazione sarebbero alte sia in Paesi valutati
poveri sia in quelli considerati ricchi.
Povertà e fame sono concetti collegati,
ma il secondo non basta a spiegare il primo.
Foto di Ugo Panella.
Amartya Sen, premio Nobel per l’Economia nel 1998, ha definito la povertà come mancanza
di ciò di cui una persona ha bisogno per vivere all’interno di una società. Nel senso più ampio, significa sopravvivenza, ma anche il contributo e la partecipazione alle attività sociali
quotidiane. Il merito di Sen è di aver usato nuove categorie, capaci di superare i limiti delle
analisi economiche tradizionali. Grazie agli studi di Sen si viene infatti a delineare un nuovo
concetto di sviluppo che si differenzia da quello di crescita avviato dopo la Seconda Guerra
Mondiale. Lo sviluppo economico non coincide più con un aumento del reddito,
Secondo l’Enciclopedia Britannica
ma con un aumento della qualità della vita.
(2008) la povertà "è lo stato di chi è privo
Si può per esempio avere abbastanza cibo o acqua, ma non l’ambiente adedi un importo abituale o socialmente
guato, l’istruzione o le cure sanitarie che permettano alle persone di “sta- accettabile di denaro o di beni materiali.
re bene” nella società. Si possono avere abbastanza soldi per comprare un [...] Qualunque definizione sia utilizzata
computer, ma non avere le infrastrutture necessarie per avere Internet o l’e- [...], generalmente si suppone che gli
lettricità.
effetti della povertà siano dannosi sia per
L’analisi di Sen ha permesso così di riaprire un dibattito all’interno delle gli individui sia per la società".
maggiori istituzioni internazionali, che hanno iniziato a prestare più attenzione alla natura
multiforme della povertà4 . L’Indice di Sviluppo Umano dell’United Nation Development Programme (UNDP) è un buon esempio, dal momento che è calcolato sulla base dei valori di tre
parametri: il reddito, l’aspettativa di vita e l’alfabetizzazione.
4. http://www.poverties.org/what-is-poverty.html
5 / Pangea / Report 2014
Donne e povertà
La mancanza di dati sulla povertà e la fame sofferta dalle donne, nel mondo, ne limita
l’analisi quantitativa. Spesso i Paesi non rilevano i dati sulla base del sesso di appartenenza
e nella misurazione dei diversi aspetti della povertà le donne sono contestualizzate e “contabilizzate” nell’ambito del nucleo familiare.
Ciò rispecchia quanto le società, in generale e a livello globale, si aspettano dal genere
femminile, ovvero che assicurino la riproduzione “della specie”, il lavoro di cura5 in primis
verso la figliolanza, gli anziani e i malati, nonché della casa, e si occupino della sicurezza
alimentare di tutta la famiglia, siano esse in aree rurali o urbane6.
Da questa separazione di compiti tra donne e uomini nasce una differenza profonda nell’accesso al reddito, al mondo del lavoro, all’istruzione, ai tempi dedicati alla propria cura e
ai propri bisogni e alla partecipazione alla vita sociale. Alle attività che possono garantire
l’autonomia economica e finanziaria e l’autodeterminazione rispetto al ruolo che si vuole
ricoprire in famiglia e nella società, alle decisioni che si vogliono prendere.
5. Coltivare la terra e raccoglierne i frutti,
trasformare e cucinare gli alimenti, rifornirsi
d’acqua
6. Le donne pertanto da sempre lavorano
anche se non viene riconosciuto loro il valore
economico di questa quotidiana attività.
7. Il gruppo più numeroso è rappresentato da
donne nel settore dei servizi (46,3% - con gli
uomini rappresentano il 41,2%) e industria di
trasformazione (18,3% - con gli uomini pari al
26,6%) (ibidem).
8. http://digitalcommons.ilr.
cornell.edu/cgi/viewcontent.
cgi?article=1408&context=globaldocs
Per accedere alle risorse produttive, al credito, al reddito
da lavoro, al tempo, per decidere in autonomia, le donne
devono oltrepassare le attese
sociali, garantire comunque il
benessere familiare, superare
una serie di substrati culturali
e comportamentali discriminanti, palesi o impliciti, e/o
leggi che ne impediscono l’azione.
L’insieme degli ostacoli e
delle ineguaglianze di genere
presenti in una società in un
Il magnifico mondo del lavoro La discriminazione occupazionale di genere
sovraespone le donne rispetto agli uomini a una maggiore vulnerabilità che si
ripercuote nella difficoltà a entrare nel mondo del lavoro, a mantenere un posto e, a
ogni evento della vita privata che si sviluppa parallelamente alla vita professionale,
alla possibilità estremamente facile di uscire sia del mercato formale sia da quello
informale. Ciò espone le donne ad accettare lavori precari, part-time, a occupare posti
di lavoro stagionali e/o a bassa retribuzione, da cui consegue un’inferiore protezione
sociale presente e futura (le pensioni), aumentando il rischio di povertà. Nel 2011, il
50,5 % delle donne che lavoravano nel mondo occupavano una posizione vulnerabile,
spesso non protette dalla legislazione del lavoro, rispetto al 48,2 % per gli uomini21.
In media le donne sono pagate meno degli uomini, “Gender Pay Gap”, per un lavoro di
pari valore. Nella maggior parte dei Paesi, i salari delle donne rappresentano tra il
70% e il 90 % di quelli degli uomini, con un rapporto ancora più basso in paesi alcune
aree dell’Asia e dell’America Latina22. Solo una piccola minoranza occupa posizioni di
alto livello, il “tetto di cristallo” difficilmente permette loro di arrivare a posizioni
apicali per meriti acquisiti.
6 / Pangea / Report 2014
determinato momento espongono le donne a povertà, a processi
d’impoverimento e d’isolamento sociale maggiori rispetto a quelli
vissuti dagli uomini. La povertà femminile, sia essa economica,
culturale o decisionale, rischia maggiormente di trasmettersi sui
figli, perpetuandola.
9. 2012 World Development Report on Gender
Equality and Development http://econ.
worldbank.org/WBSITE/EXTERNAL/EXTDEC/
EXTRESEARCH/EXTWDRS EXTWDRùù
2012/0,,menuPK:7778074~pagePK:7778278~ù
piPK:7778320~theSitePK:7778063~contentMDK:
22851055,00.html
10. http://www.huffingtonpost.com/2011/09
/19/women-make-only-1-percent-wealth_
n_969439.html
11. Food and Agriculture Organization,
2010–2011, The State of Food and Agriculture:
Women in Agriculture: Closing the Gender Gap
for Development, p. 7
12. http://www.unwomen.org/~/media/
headquarters/attachments/sections/library
/publications/2014/gender%20gap%20
2014%20for%20web%20pdf.ashx
13. Nord Africa , in Asia meridionale e Asia
occidentale spiccano come regioni in cui le
donne sono particolarmente svantaggiate con
divari di genere nell'occupazione di 50,0, 48,9 e
48,3 punti percentuali rispettivamente
14. http://digitalcommons.ilr.cornell.edu/cgi/
viewcontentcgi?article=1408&context=
globaldocs
15. A livello globale, mentre prima della crisi
(2000-2007) il tasso di occupazione femminile
è diminuito solo modestamente di 0,1 punti
percentuali (rispetto ad un calo di 0,8 per
gli uomini), tra il 2007 e il 2012, il tasso di
occupazione femminile è diminuito di 1,3
punti percentuali rispetto al calo di 0,9 punti
percentuali per gli uomini.
16. http://www.economist.com/blogs/
freeexchange/2013/11/gender-and-finance
17 http://elibrary.worldbank.org/doi/
pdf/10.1596/1813-9450-6416
18. http://www.undp.org/content/undp/en/
home/ourwork/povertyreduction/focus_areas/
focus_gender_and_poverty
Nel 1995, uno dei primi rapporti sullo sviluppo dell’UNDP riportava: “L’agenda incompiuta per il cambiamento è ancora notevole.
Le donne costituiscono ancora il 70 % dei poveri e due terzi degli
analfabeti del mondo”.
Malgrado alcuni oggettivi miglioramenti, i dati di oggi dell’UNDP
riportano che su 10 poveri, 6 sono donne e i divari di genere rimangono consistenti.
Nel 2008, su 3 miliardi di persone che lavoravano nel mondo, il
40% (ovvero 1,2 miliardi7) erano donne8. La presenza femminile nel
mercato del lavoro globale non ha significato sempre una qualità
del lavoro decente, un’inclusione finanziaria e la riduzione della
povertà. Si calcola che i due terzi delle donne lavorano o nell’economia informale o in maniera sproporzionata nel lavoro di cura non
retribuito che svolgono in famiglia, che sia considerata allargata
o meno.
Pregiudizi culturali o veri e propri
divieti legislativi impediscono
alle donne un accesso al credito
attraverso i canali ufficiali.
Foto di Alberto Giuliani
Nel 2011, la Banca Mondiale9 ha sottolineato che “Le donne rappresentano il 40% della forza lavoro mondiale, ma detengono solo
l’1% della ricchezza mondiale.”10
La FAO, nel 2012, ha affermato che in tutto il mondo, le donne
rappresentano il 43% della forza lavoro agricola11. Il 45 % della
popolazione mondiale dipende da agricoltura, foreste, pesca o
allevamento per il suo sostentamento. Statistiche comparate dimostrano che meno del 20% dei proprietari terrieri sono donne.
7 / Pangea / Report 2014
Milioni di donne che potrebbero
sopravvivere muoiono a causa
delle condizioni di discriminazione
a cui sono sottoposte.
Foto di Ugo Panella
Secondo UNWomen12 nel 2012, il tasso di occupazione femminile era ancora di 25,1 % inferiore a quello maschile13. Tra il
2000 e il 2012, il rapporto a livello mondiale tra donne occupate e popolazione è diminuito dal 48,5 % al 47,1 % rispetto
al 73,9% e 72,2 % per gli uomini.
Le crisi finanziarie ed economiche che si sono susseguite negli
ultimi anni nel mondo hanno contribuito in modo significativo
alla creazione di nuove economie informali14, povertà, disoccupazione, esclusione finanziaria. Le donne hanno subito un
impatto negativo notevole rispetto al lavoro15.
Inoltre l’esclusione finanziaria basata sul genere è profondamente radicata in tutto il mondo16. Secondo un recente
documento della Banca Mondiale più di 1,3 miliardi di donne sono “in gran parte al di fuori del sistema finanziario
formale”17.
19. Commissione economica e sociale
delle Nazioni Unite per l'Asia e il Pacifico UNESCAP, 2007
20. http://www.strategyand.pwc.com/media
/file/Strategyand_Empowering-the-ThirdBillion_Full-Report.pdf
21. International Labour Organization, 2012,
“Global Employment Trends: Preventing
a deeper jobs crisis,” p. 11. Le donne erano
molto più esposte degli uomini a essere
occupate in lavori vulnerabili nel Nord Africa
(55% contro 32%), Medio Oriente (42%
contro 27%) e l'Africa sub-sahariana (quasi
il 85% contro 70%)
22. International Labour Organization, 2009,
“Global Employment Trends for Women,” p. 19
23. http://econ.worldbank.org/WBSITE
/EXTERNAL/EXTDEC/EXTRESEARCH/EXTWDRS
/EXTWDR2012/0,,contentMDK:23003311~
pagePK:64167689~piPK:64167673~theSitePK:
7778063,00.html
24. http://www.education-inequalities.org/
25. http://www.unesco.org/new/en/education
/themes/education-building-blocks/literacy/
resources/statistics/
Circa il 75% delle donne del mondo non può ottenere prestiti
bancari perché ha un lavoro non retribuito o precario e non
ha il diritto di proprietà18 e/o vive in Paesi con leggi e costumi
che non glielo permettono.
Al di là dei dati, c’è una evidenza chiara: il “divario di genere”,
ossia lo svantaggio delle donne rispetto agli uomini nel poter
decidere liberamente per sé, per l’accesso, l’uso, la proprietà
e il controllo delle risorse e dei servizi di cui necessita.
La povertà è strettamente correlata alla mancanza di empowerment e di eguaglianza, sia personale sia sociale, e ciò
diminuisce la partecipazione e l’apporto femminile a livello
economico, finanziario, sociale, culturale e politico, a trasformare le idee in azioni e in risultati desiderati.
8 / Pangea / Report 2014
Essere sposa-bambina significa una
gravidanza entro i 15 anni e la scarsa
possibilità di sopravvivere al parto.
Foto di Ugo Panella
Se ogni tre analfabeti nel mondo due
appartengono al genere femminile, significa
che l’inclusione sociale di una donna non può
prescindere dall’istruzione.
Foto di Ugo Panella
From the womb to the tomb. Ci sono 4 milioni di donne
in meno ogni anno. La velocità con cui le persone di ogni
età appartenenti al genere femminile muoiono è più alto
nei Paesi a basso e medio reddito che nei Paesi ad alto
reddito. Se queste bambine, o feti di future bambine, e
donne fossero vissute in un Paese senza ineguaglianze
di genere, avessero potuto scegliere sulla loro vita e
salute, e avessero avuto un sistema sanitario capace
di garantire in strutture a costi calmierati le cure
necessarie, non sarebbero morte. A livello globale, ogni
anno vi è un eccesso di mortalità femminile di circa 3,9
milioni di donne di età inferiore ai 60 anni. Circa due
quinti di esse non sono mai nate, un quinto scompare in
tenera età e nell’infanzia e i restanti due quinti muoiono
in età compresa tra i 15 ei 59 anni23.
La discriminazione di genere sul mercato del lavoro ha un costo significativo perché riduce
la produttività delle donne influenzando negativamente la costruzione del PIL, quindi il benessere collettivo.
Nel 2007, è stato stimato che in Asia il mancato apporto di produttività femminile, a causa
di restrizioni sulla partecipazione al mercato del lavoro e sull’accesso alla scolarizzazione, è
costato fino a 80 miliardi di dollari l’anno19.
Si stima che in questo decennio, sino al 2020, entreranno nell’economia globale circa un miliardo di donne, (865 milioni circa), solo il 17% di loro avrà ricevuto una sufficiente educazione
e/o vivrà in un contesto che permetterà loro di inserirsi adeguatamente nel mercato formale
del lavoro20 l’83% della popolazione femminile invece non avrà ricevuto una istruzione ade-
Dalle donne ci si aspetta che
si occupino principalmente
se non solo di riproduzione
e cura della famiglia.
Foto di Giovanni De Sandre
9 / Pangea / Report 2014
Sapere è essere. Nel campo
dell’istruzione, se pur le
iscrizioni delle bambine
alla scuola primaria sono
aumentate, difficilmente
coloro che si avviano agli
studi li terminano e le donne
adulte non hanno raggiunto
un livello di alfabetizzazione
comparabile a quello
degli uomini24. Le donne
rappresentano i 2/3
delle persone adulte
analfabete, ovvero circa
503 milioni su 775 milioni.
Si stima che 122 milioni di
giovani a livello globale
non sanno né leggere né
scrivere, le giovani donne
rappresentano il 60,7%
del totale. Si calcola che
nei 17 Paesi più poveri del
mondo 9 bambine su 10
non hanno completato gli
studi25. L’istruzione è la
precondizione per avviare
un processo di inclusione
economica e finanziaria,
nonché socio culturale di
qualsiasi persona.
guata o non avrà il permesso a essere inclusa (presupposti di contesto). Un’economia e una
finanza non inclusive non riducono la povertà, non migliorano la parità e non producono posti
di lavoro. Si deve promuovere lo sviluppo umano sostenibile e lavorare per ridurre la povertà
e la partecipazione in tutte le sue dimensioni, compresa quella di genere. L’uguaglianza di
genere è una condizione e un’opportunità per tutte e tutti di sradicare la povertà, creare
benessere nei diversi ambiti della vita, pace e sviluppo rispettoso della natura.
26. World Health Organization, Global and
Regional Estimates of Violence against Women,
http://apps.who.int/iris/bitstream/10665/
85239/1/9789241564625_eng.pdf, p2
27. based on the World’s Women 1990,
UN Department of Economic and Social Affairs,
New York, cited in Black, M. 2001. “Early
Marriage: Child Spouses”. Innocenti Digest
Vol. 7, Florence: 11 and Pinheiro, P. S. and J.
Ward. 2008. From Invisible to Indivisible:
Promoting and Protecting the Right of the
Girl Child to be Free from Violence: 29.
United Nations, New York.
28. Figure derived from data based on a 20022011 reference period. International Labour
Organization, 2012, “ILO Global Estimate of
Forced Labour: Results and Methodology,”
p. 14, Geneva. - See more at: http://www.
unwomen.org/en/what-we-do/ending-violence
-against-women/facts-and-figures#sthash.
MSIP4LCZ.dpuf
29. http://www.unwomen.org/en/what-we-do/
ending-violence-against-women/facts-and-figures
Stop alla violenza. Secondo una revisione globale dei dati disponibili
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2013 il 35% delle donne di tutto il
mondo – 1 su 3 - ha vissuto una forma di violenza fisica o/e sessuale. Alcuni studi
nazionali sul tema dimostrano che fino al 70% delle donne ha sperimentato violenza da
una relazione affettiva e di intimità26. Più di 64 milioni di bambine in tutto il mondo sono
spose bambine, il 46 % delle donne intervistate tra i 20 e i 24 anni in Asia meridionale
e il 41% in Africa occidentale e centrale, ha dichiarato di essersi sposata prima dei 18
anni. Le conseguenze sono gravidanze precoci e indesiderate, rischi potenzialmente
letali per le complicazioni legate alla gestazione e al parto, principale causa di morte
tra le ragazze tra i 15 e i 19 anni semplicemente perché non possono scegliere27. Il
traffico di esseri umani intrappola milioni di donne e ragazze nella schiavitù moderna.
Le donne e le ragazze rappresentano il 55% dei circa 20,9 milioni di vittime del lavoro
forzato in tutto il mondo, e il 98 % dei circa 4,5 milioni di persone coinvolte nello
sfruttamento sessuale28. Lo stupro è una tattica dilagante delle guerre moderne. Ogni
conflitto porta con sé questa orrenda forma di violenza: Ukraina, Siria, Iraq, Somalia
sono i territori dove oggi il corpo delle donne e delle bambine paga un prezzo troppo
alto per una guerra di potere tra uomini. Stime prudenti indicano che tra 20.000 a
50.000 sono le donne violentate durante la guerra del 1992-1995 in Bosnia-Erzegovina,
mentre circa 250.000 a 500.000 donne e ragazze sono state prese di mira nel genocidio
del 1994 in Ruanda29. Ogni forma di violenza fisica sessuale, ma anche psicologica e lo
stalking, possono comportare debilitazioni più o meno permanenti e disabilità fisiche,
traumi psico-emotivi, difficoltà nelle relazioni affettive, lavorative, di mantenimento
di sé. Nel caso ci siano dei figli, la trasmissione intra generazionale della violenza
può creare un effetto domino se non viene recuperata in tempo.
10 / Pangea / Report 2014
Rapporto delle Nazioni Unite per lo sviluppo 2014
Nonostante da decenni si parli di politiche di riduzione della povertà a livello globale,
2,2 miliardi di persone sono oggi povere o quasi.
È così che apre il rapporto sullo sviluppo umano dell’UNDP presentato a Tokyo a luglio 2014,
dal titolo “Sostenere il Progresso Umano: ridurre le vulnerabilità e costruire la resilienza.”
I dati rilevano 1,2 miliardi di persone che vivono con circa 1,25 dollari al giorno. Tuttavia, secondo l’indice multidimensionale di povertà, quasi 1,5 miliardi di persone in 91 Paesi vivono
in condizioni di povertà, ovvero private della possibilità di accedere a servizi sanitari, (vedi
il caso di Ebola), all’istruzione (in particolare delle bambine) e in generale a uno standard di
vita qualitativamente degno di questo nome.
Anche se la povertà è leggermente in calo complessivamente, quasi 800 milioni di persone
oggi nel mondo rischiano di scivolare nel processo dell’impoverimento a causa di calamità
naturali, di crisi finanziarie o politiche, guerre nonché per disparità, discriminazioni e problemi
legati al ciclo della propria vita.
Il rapporto evidenzia che persistenti vulnerabilità minacciano lo sviluppo umano e, con l’assenza di un approccio sistematico tramite politiche e regolamentazioni sociali, i progressi non
saranno mai equi o durevoli. L’UNDP sottolinea che «ridurre la povertà e la vulnerabilità delle
popolazioni non vuol dire solo raggiungere il tasso di povertà zero, ma anche mantenerlo».
Inoltre rimarca che la possibilità di sviluppo femminile è inferiore dell’8% rispetto a quella
maschile, ma se si vuole assicurare un progresso è fondamentale eliminare le diseguaglianze
e sostenere percorsi di resilienza delle categorie più vulnerabili: i disabili, gli anziani, i più
piccoli; tutte persone legate al lavoro di cura prettamente femminile garantito in famiglia in
maniera più o meno retribuita dalle donne.
Infine l’UNDP richiama il bisogno di una protezione sociale completa per la popolazione mondiale più povera30, tenendo conto che circa l’80% non vi accede. Realizzare ciò “costerebbe
meno del 2% del Pil mondiale.”
30. in particolare la sanità e l’istruzione; e un
impegno per la piena occupazione
11 / Pangea / Report 2014
Per eliminare le disuguaglianze bisogna
concentrarsi sulle categorie più vulnerabili:
donne, bambini e anziani.
Foto di Giovanni De Sandre.
Rappresentazione
iconografica degli Obiettivi
di Sviluppo del Millennio.
http://www.un.org/
millenniumgoals/
31. http://sustainabledevelopment.un.org/
focussdgs.html
32. www.unwomen.org/ru/digital-library/.../
post-2015-long-paper
Dai Millennium Development Goals ai Sustainable Development Goals. Il report
dell’UNDP del 2014 viene pubblicato in un momento cruciale. Gli obiettivi di sviluppo
del millennio (MDGs) scadono nel 2015. Raggiunti solo parzialmente, sono stati sin
dall’inizio estremamente criticati perché espressione di una visione del mondo del secolo
passato, e non di una realtà mondiale complessa e in cambiamento. Rispetto al tema
dell’empowerment e dell’uguaglianza di genere - obiettivo n. 3 - non si sono affrontate
le cause strutturali alla base del problema e non si sono considerate nei diversi obiettivi
le problematiche fondamentali quali la violenza, la proprietà, la partecipazione ai
processi decisionali in ambito pubblico e privato e l’interconnessione tra i diversi altri
obiettivi rispetto al genere. A seguito della United Nations Conference on Sustainable
Development “Rio +20”, nel 2012, sulla base del documento presentato “Il futuro che
vogliamo”, si sta lavorando sulla nuova agenda 2015-2030 per individuare il nuovo quadro
di riferimento di sviluppo sostenibile, coerente e integrato nel programma delle Nazioni
Unite, multidimensionale e inclusivo dei diritti umani e della governance-role of law
(ruolo della legge e degli Stati), della sostenibilità ambientale, delle diseguaglianze: gli
Obiettivi di sviluppo sostenibile o SDGs (Sustainable Development Goals ). Il primo punto
resta l’eliminazione della povertà, un requisito indispensabile per lo sviluppo sostenibile.
Per assicurare che tutti gli uomini e le donne, in particolare i più poveri e vulnerabili,
abbiano pari diritti alle risorse economiche, così come all’accesso ai servizi di base, la
proprietà e il controllo sulla terra e le altre forme di proprietà, l’eredità, le risorse naturali,
adeguate nuove tecnologie, e servizi finanziari tra cui la microfinanza31. In merito alle
donne e le bambine, Unwomen chiede di inserire un obiettivo unico e trasformativo, capace
di integrare la parità di genere, l’empowerment e i diritti. Si chiede una metamorfosi
delle relazioni di genere e delle strutture di potere che le sottendono, come condizione
necessaria affinché le donne e le bambine siano libere dalla violenza; per sviluppare i
propri talenti, con la possibilità al pari degli uomini e dei bambini di accedere alle risorse
disponibili, ed avere pari presenza e voce nei diversi consessi istituzionali (dal privato
al pubblico, dal locale al globale) in cui vengono prese le decisioni che poi influenzano e
modellano la loro vita e il funzionamento delle loro famiglie e società32 . Senza attenzione
a questi temi, le cause strutturali della discriminazione basata sul genere rimarranno
invariate rallentando il nuovo che avanza, lo sviluppo sostenibile, il progresso delle
culture, lo sradicamento della povertà.
12 / Pangea / Report 2014
L’empowerment economico
delle donne per uscire dalla povertà
Le donne danno un enorme contributo all’economia, sia nelle imprese, nelle aziende
agricole, come imprenditrici o dipendenti, sia nel lavoro di cura non retribuito a casa. Malgrado ciò, ancora non si riconosce loro questo importante ruolo e apporto. La
mancanza di pari opportunità continua a ostacolarle e le pone sotto il giogo
di discriminazioni, sfruttamento e povertà33.
Investire nelle donne aiuta a velocizzare lo sviluppo delle economie locali e
a creare società più eque. Stime indicano che l'aumento dell'occupazione
femminile ai livelli maschili potrebbe avere un impatto diretto sul PIL degli
Stati Uniti del +5%, del Giappone del +9%, degli Emirati Arabi Uniti del +12%
e dell’Egitto del +34%34.
Permettere alle donne di essere potenti volani di sviluppo ha un impatto al
di là dei numeri di una crescita economica sostenibile: parliamo di diritti
umani che si realizzano, parliamo di povertà che diminuisce, di processi
che generano la moltiplicazione del benessere qualitativo nella vita di molte
persone in maniera molto concreta, parliamo di economia locale a filiera
corta e di finanza non speculativa. La capacità di portare avanti un cambiamento economico
individuale genera empowerment.35
33. http://www.icrw.org/what-we-do/economicempowerment
34. http://www.strategyand.pwc.com/media/
file/Strategyand_Empowering-the-Third-Billion_
Full-Report.pdf
35. Inteso come processo interno che
sviluppa capacità e talenti inespressi, volontà
decisionale, autostima e fiducia in una persona
affinché possa avere la forza di modificare
situazioni esterne che la ostacolano nella sua
libera espressione, decisione, movimento,
leadership; o rispetto al contesto esterno
in cui vive, la possibilità di modificare le
diseguaglianze che le impediscono di accedere,
partecipazione, utilizzare, controllare e avere
la proprietà di risorse, beni, servizi, istruzione,
cultura,lavoro, etc.
A livello internazionale, sono ormai diverse le personalità, gli accademici, le Istituzioni che
sostengono che investire sull’empowerment economico delle donne porta verso la parità
di genere, l'eliminazione della povertà e la crescita economica sostenibile e inclusiva. A
supporto di ciò troviamo anche documenti e convenzioni, come la Piattaforma d'azione di
Pechino del 1995, la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro
le donne (CEDAW), e una serie di convenzioni dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro
(ILO) sulla parità di genere.
L’aumento della capacità economica femminile influenza quella decisionale all'interno delle
famiglie e contribuisce a un miglioramento dei consumi, per coprire i bisogni primari, e dei
risparmi: nutrizione, alfabetizzazione, alloggio, migliorano i tassi di sopravvivenza di tutti i
componenti. Le donne sono più propense degli uomini a investire e risparmiare il loro reddito
13 / Pangea / Report 2014
Escluse dai circuiti tradizionali e bancari, le
donne trovano nel microcredito lo strumento
principale per accedere a dei finanziamenti.
Foto di Ugo Panella.
all’interno del nucleo familiare per la nutrizione, la salute e l'educazione dei figli e per un’abitazione dignitosa. Crescendo, le future generazioni migliorano perché istruite e più sane, diventando un fattore sociale ed economico positivo nella loro società. Le donne che accedono alle
tecnologie possono liberare e gestire diversamente il tempo, aumentare la propria produttività,
avviare attività generatrici di reddito: un cellulare, una pompa a pedale, un pannello solare, un
veicolo sono tutti mezzi da cui trarre vantaggi.
Se le donne hanno accesso al credito e hanno capacità di risparmiare possono avviare attività e in seguito essere imprenditrici di se stesse o disporre del denaro come ritengono sia
meglio, contribuendo in maniera più efficace al finanziamento
delle loro famiglie e comunità.
Se le donne governano la propria economia, nel tempo acquisiscono maggiore potere per fermare la violenza che subiscono in casa, per decidere della propria salute e curarsi; hanno
tempo per coltivare interessi e partecipare al miglioramento e
alle decisioni della comunità e della società nel suo insieme.
Dare alle donne la possibilità di diventare finanziariamente
indipendenti e sfruttare al meglio il loro talento è la chiave
per aumentare lo standard di vita globale, trasformare vulnerabilità ed esclusione in resilienza, oggi più che in passato36.
36. http://www.unwomen.org/en/what-ci-do/
economic-empowerment#sthash.aPl9Wesw.
dpuf
14 / Pangea / Report 2014
Il modello vincente del microcredito
è di non avere un modello, perché si
costruisce ogni volta ascoltando i bisogni
reali delle persone.
Foto di Ugo Panella.
L’empowerment. L’empowerment non è evidentemente solo economico, è un concetto
più ampio. Linda Mayoux, una delle maggiori accademiche cha ha lavorato sul tema37,
lo indica come un cambiamento interno, di autostima e aumento delle proprie capacità
o di poter esterno, di questionare e cambiare situazioni di subordinazione connesse
al genere o ad altri tipi di potere e diseguaglianze. Un processo di empowerment si
attua quando le donne o le persone sfidano le norme e la cultura esistenti in un
determinato momento per effettivamente migliorare il loro benessere 38. In una
comunità, empowerment vuol dire la partecipazione nei processi e decisionali
attraverso i quali le persone si sentono capaci e in diritto di scegliere. Come però
argomenta Sen, l’empowerment personale può condurre al cambiamento di istituzioni
e norme, ma senza l’empowerment collettivo quello personale permette scelte limitate.
Nei report dell’UNDP, di UNIFEM e della stessa Banca Mondiale si indica che “le
ineguaglianze legate al genere in società in via di sviluppo e non soloinibiscono la
crescita verso lo sviluppo”. La World Bank sottolinea che “le società che discriminano
sulla base del genere pagano un enorme costo in povertà, crescita dell’economia
rallentata, debole governance,e basso standarddi qualità di vita delle persone”.
“La nostra esperienza ci insegna che anche con lievi
aumenti nelle opportunità offerte alle donne, e piccole
trasformazioni dei vincoli culturali e politici che le
ostacolano, possono portare benefici economici e sociali
spettacolari che spesso superano le nostre aspettative e
immaginazione.” Simona Lanzoni
37. http://www.ilo.org/wcmsp5/groups/
public/@ed_emp/documents/publication/
wcms_117993.pdf
38. “can micro finance empower women? SHG
in India.”Anjula Bali Swain, Upsala University,
dep. of economic-in ADA Dialogue n.37,
May2007
Altissime percentuali di restituzione
del prestito e investimenti diffusi
sulla famiglia e sulla comunità fanno
delle donne le migliori sviluppatrici
del microcredito.
Foto di Giovanni De Sandre.
15 / Pangea / Report 2014
La microfinanza, il microcredito,
strumenti di inclusione finanziaria
Secondo i dati dell’UNDP, il 20% più ricco della popolazione mondiale ottiene il 95%
del credito erogato. Gli “esclusi” o “non bancabili” sono circa 2 miliardi e mezzo a livello
globale, ma non sono solo i poveri dei poveri: oggi viviamo in una realtà in cui non avere garanzie reali, avere un lavoro precario e un reddito insufficiente, non permette di accedere al
credito neppure a molti di coloro che fanno parte della opulenta società dei consumi. I “non
bancabili” hanno quindi meno probabilità di iniziare la propria attività o assicurarsi contro
eventi imprevisti che fanno scivolare nella povertà39.
Se, come afferma la Banca Mondiale, le donne possiedono appena l’1% della ricchezza mondiale, sono i 2/3 della popolazione che lavora nell’economia informale e hanno un reddito
tra il 10% e il 30% inferiore a quello di un uomo, si fa presto a capire la composizione della
maggior parte dei non bancabili nel mondo.
La microfinanza è uno strumento che viene in aiuto per assicurare l’inclusione finanziaria,
l’accesso al credito, la raccolta di risparmio e per fornire diversi servizi finanziari e non40.
Dire quante persone al mondo usufruiscono di questo strumento è difficile, perché la natura degli operatori di microfinanza è
molteplice e si può rilevare solo nei casi in cui questi mettano in
evidenza i propri dati. Per esempio, le realtà che sono incluse nella
rete Mix Market evidenziano che sono 140milioni le persone che a
oggi usufruiscono della microfinanza41.
Tuttavia, l’offerta di microfinanza nel 2009 copriva solo il 10% circa
del bisogno potenziale.
Le donne che si rivolgono a Fondazione
Pangea non ricevono semplicemente
prestiti, ma anche corsi per aver accesso
a tutte le conoscenze e i diritti utili al loro
empowerment. Foto di Ugo Panella
Il microcredito è parte dei servizi finanziari contenuti nella microfinanza ed è la concessione di un piccolo prestito. Può essere
erogato al singolo o a un gruppo, ma in realtà le metodologie con
le quali si può concedere e richiederne la restituzione sono tantissime. Non esiste un unico
metodo di microcredito, ogni volta si costruisce sulla base dei bisogni delle persone, delle
loro disponibilità economiche seppur minime, rispetto ai contesti socio economici e alle
16 / Pangea / Report 2014
39. http://web.worldbank.org/WBSITE/
EXTERNAL/NEWS/0,,contentMDK:23172927
~pagePK:34370~piPK:34424~theSitePK:
4607,00.html
40. I Servizi Finanziari: Credito al consumo,
formativo, housing ed imprenditoriale;
Raccolta e gestione di risparmio;gestione
di rimesse, microassicurazioni, pensioni,
servizi di pagamento,carte di credito o
di debito, etc.. I servizi non finanziari
o sociali: formazione professionale
o di tipo educativo, gestionale, consulenze,
capacity building ecc.
41. http://www.slideshare.net/unglo
balpulse/3-scott-gaul?related=1
legislazioni vigenti, alla volontà dell’operatore. Anche in questo caso per calcolare quante
persone ne usufruiscano si può fare riferimento per sommi capi a realtà che coordinano diversi
operatori, come ad esempio la Microcredit Summit Campaing.
La microfinanza e il microcredito sono strumenti privilegiati per includere le donne a livello
finanziario: si calcola che in media sono donne circa l’84% dei clienti di microfinanza e il
75%42 del microcredito.
Ovunque nel mondo, negli anni le donne hanno dimostrato di essere affidabilissime nella
restituzione del prestito e nella capacità di reinvestire i profitti o risparmi delle loro attività
per l’educazione dei figli, l’assistenza sanitaria e l’abitazione, mentre gli uomini, in generale, prima spendono o investono i soldi per soddisfare le proprie esigenze e solo in seconda
battuta quelle della famiglia.
Le donne che ricevono un microcredito sono
costantemente monitorate da Fondazione
Pangea e dai suoi partner locali per aiutarle
nel loro percorso di crescita.
Foto di Giovanni De Sandre
Nonostante i risultati sorprendenti, molte persone di spicco, accademici e attiviste, hanno
duramente criticato la microfinanza e il microcredito per essere stati sopravvalutati e rappresentare uno dei tanti mercati della povertà. Non a torto. In realtà non si può fare di tutta
l’erba un fascio. Gli operatori
di microcredito sono diversi
e mossi da obiettivi differenti. Il vero problema è che la
maggioranza di essi, in effetti, non si è mossa in questo
ambito con la motivazione di
promuovere realmente l’empowerment delle persone né
di sradicare la povertà come
fa, per esempio, Fondazione
Pangea. Dopo l’incredibile
espansione che il mercato
della microfinanza ha avuto
17 / Pangea / Report 2014
42. Dati sezione statistiche della http://
www.microcreditsummit.org/; la media
è abbassata dalle percentuali dei paesi
del nord africa e centro Asia, in India
per esempio la media è del 93%.
dal 1996 al 2008/2009, c’è stata una battuta d’arresto forte, dovuta all’eccessiva piega speculativa che stavano prendendo alcuni operatori di microfinanza, in particolare in India.
I clienti che si erano indebitati o sovra indebitati e non riuscivano a restituire quanto dovuto
si suicidavano, perché sottoposti alla pressione psicologica e alla forzatura che facevano gli
operatori per la restituzione, anch’essi nervosi all’idea di vedere il loro stipendio decurtato
dell’ammontare dei prestiti non rientrati per mantenere il bilancio delle organizzazioni di
microfinanza non in perdita. In particolare ciò avveniva nella regione dell’Andhra Pradesh
e quando la notizia è risuonata nell’opinione pubblica in molti hanno smesso di restituire.
L’appartenenza a un gruppo o a una rete
sul territorio e la capacità di creare legami
sono le migliori garanzie fornite dalle donne
che ricevono un microcredito.
Foto di Ugo Panella
18 / Pangea / Report 2014
C’erano stati altri casi in passato, prima in Bosnia poi in Nicaragua con lo slogan “ No Pago”
e prima ancora in Marocco43, ma non avevano avuto la forza mediatica che i casi di suicidio
in India hanno creato (parliamo di decine di persone morte).
Sino a quel momento l’opinione pubblica e gli stessi donatori credevano che la microfinanza
fosse la panacea per far guadagnare chi faceva microfinanza e chi la riceveva. Mai giudizio è
stato più sbagliato. È importante fare chiarezza sugli operatori che fanno microfinanza. Sono
pochissimi infatti coloro che cercano di promuovere l’empowerment o la lotta alla povertà. Per
la maggioranza i poveri rappresentano solo un mercato come
un altro dove investire e guadagnare, cifre più basse ma sicure.
La battuta d’arresto ha permesso a tutti di interrogarsi su che
cosa migliorare, i governi si sono dotati di strumenti legislativi
e quadri di riferimento in grado di colmare l’eccesso di deregolamentazione all’interno del mercato della microfinanza, i
donatori hanno dato a livello mondiale un maggior valore e
spinta alla misurazione dell’impatto sociale che la microfinanza produce realmente, e gli operatori hanno sviluppato codici
di condotta e trasparenza tra loro e i propri clienti.
I partner locali che collaborano con
Fondazione Pangea ne condividono
completamente la mission e si compongono
di staff prevalentemente femminile.
Foto di Giovanni De Sandre
Ciò nonostante, vista la crisi finanziaria ed economica dilagante a livello mondiale, è chiaro che microfinanza e microcredito,
avendo alla base un meccanismo di restituzione e pagamento
dei servizi offerti, incontrano difficoltà sempre maggiori a rivolgersi ai poveri dei poveri. Il target non può scendere oltre un certo livello di povertà, perché
in quel caso serve un aiuto di altro genere.
Per fare chiarezza sull’insieme degli operatori che si muovono in questo enorme settore, in
continua crescita anche se a ritmi più pacati, è fondamentale chiarire approcci e natura, in
base a tre paradigmi:
19 / Pangea / Report 2014
43. http://www.financialaccess.org/blog/
2013/02/what%E2%80%99s-nextanother-repayment-crisis
Paradigma della sostenibilità finanziaria di chi eroga
Il focus dell’operatività è garantire la sostenibilità finanziaria dell’ente che eroga (es.
Banche, Istituzioni di microfinanza) e ciò avviene tramite il tasso di interesse,
il n. portfolio clienti, l’abbattimento dei costi. La ricaduta sociale che genera la
microfinanza interessa solo ai fini della restituzione del prestito e del mantenimento
di una buona reputazione nei confronti degli investitori, non dei clienti. Le donne
diventano un target perché statisticamente, da clienti, ripagano più degli uomini e
investono in attività più sicure e a gestione familiare, non sperperano i soldi. Questo
è l’approccio utilizzato da quasi tutti gli operatori di microfinanza e microcredito nel
mondo (vedi le realtà collegate a Microfinance Gateway, Microcredit Summit Campaign,
etc.).
Paradigma della riduzione della povertà
La microfinanza è uno strumento tra i tanti che può essere inserito in un programma
di riduzione della povertà, di solito nei contesti più ostici. Le donne diventano un target
perché sono le più povere tra i poveri; l’obiettivo non è l’empowerment, ma la lotta alla
povertà. La restituzione del prestito non è l’obiettivo dell’azione. Gli operatori di tali
interventi sono sostenuti da programmi di cooperazione allo sviluppo con istituzioni
pubbliche, donor e grandi agenzie internazionali, pertanto la sostenibilità è garantita
a prescindere. (agenzie ONU, banche di sviluppo, enti locali, chiese, ong, etc.).
Il Paradigma dell’empowerment
Si lavora attraverso la microfinanza per generare empowerment economico quale
propulsore per raggiungere un miglioramento anche sociale, culturale e una maggiore
partecipazione alla vita. Le donne diventano il target privilegiato in quanto
maggiormente discriminate nei diritti e nella partecipazione economica. Gli operatori
20 / Pangea / Report 2014
prediligono affiancare ad azioni di microfinanza altri strumenti non finanziari che per
mettono alle beneficiarie/clienti di crescere e riscattarsi nel proprio contesto familiare
e comunitario. La restituzione del prestito è parte del processo di empowerment.
La sostenibilità di tali organizzazioni è totalmente o parzialmente indipendentemente
dalle restituzioni dei prestiti. (Organizzazioni non governative, agenzie ONU).
Fondazione Pangea persegue questa modalità di lavoro.
Cenni storici sul microcredito e la microfinanza. In tutto il mondo si ritrovano
esperienze antichissime di raccolta del risparmio e concessione di piccoli crediti
con garanzie basate sulla rete di conoscenze e non sull’avere. Iniziative di
microcredito si fanno risalire ai monti di pietà francescani (1462, Perugia) e
al banchiere napoletato Lorenzo de Tonti (1602 circa – 1684 circa) che lavorò
sotto Mazarino Luigi XIV a metà del 1600 e poi in Senegal. Realtà di carattere
mutualistico e cooperativo sociale nascono poi nell’800 in Europa, dalle casse
rurali sociali di credito, alle associazioni popolari di credito (banche popolari).
Il microcredito come lo conosciamo noi, si sperimenta negli anni tra il 1960-1970
in America Latina (Accion in Bolivia e Brasile negli anni ’60) e in Asia (la SEWA,
sindacato di donne, in India nel 1972, e la Grameen in Bangladesh nel 1976 che
diventa banca nel 1983).Nel ‘97 si diede avvio alla Microcredit Summit Campaign
con l’obiettivo di garantire a 100 milioni di poveri nel mondo l’accesso al credito
per il 2005, risultato raggiunto e superato. L’Assemblea Generale delle Nazioni
Unite ha proclamato il 2005 Anno Internazionale del Microcredito. Nel 2006,
viene conferito il premio Nobel per la Pace a Muhammad Yunus. Nell’arco di
questi decenni oltre al microcredito si sono aggiunti nuovi servizi finanziari
e non, la parola indicata per comprendere tutto ciò è microfinanza.
21 / Pangea / Report 2014
Fondazione Pangea e i suoi strumenti di lavoro:
la microfinanza olistica per l’empowerment delle donne
Fondazione Pangea è una realtà senza scopo di lucro che vuole favorire l’empowerment
economico e l’emersione dalla povertà delle donne, perché – come già detto - rappresentano
metà della popolazione mondiale che soffre i più grandi ostacoli e discriminazioni a partecipare in maniera eguale agli uomini nell’accesso, nell’uso, nel controllo e nella proprietà di
beni, servizi, diritti, al godimento della vita nel suo insieme.
L’empowerment è il risultato atteso nei programmi di Fondazione Pangea, in particolare in
quelli di microcredito e microfinanza. Questo risultato non si ottiene incidentalmente: per
raggiungerlo utilizziamo un metodo di lavoro olistico, “a tutto tondo”, inclusivo di aspetti
economico-finanziari e sociali. Attraverso l’ascolto e il confronto, studiamo strategie e servizi
specifici che tengano in considerazione i bisogni delle donne, della loro famiglia, del contesto
in cui vivono.
L’accesso al credito e
ai servizi non finanziari
(accompagnamento
e formazione) non
rappresentano la condizione
sufficiente per creare
processi di empowerment
economico, pertanto il
lavoro di Pangea è anche
quello di integrare il prestito
con servizi non finanziari,
educativi, di informazione
e consapevolezza, di
autostima. Accompagniamo
le donne a sviluppare le
proprie capacità e talenti,
rassicurandole nei momenti
di fatica e sconforto, per
poi gioire con loro quando
riescono a esprimersi e
farsi valere .
Fondazione Pangea non è un’istituzione di microfinanza, ma agisce - direttamente o attraverso
partner locali - per sviluppare programmi di microfinanza e microcredito.
I partner sono selezionati con specifici criteri: sono composti da staff a maggioranza femminile, provenienti dalle aree in cui si opera. I partner hanno una totale condivisione della
mission e degli obiettivi di Pangea, elaborano con noi la strategia d’intervento e possono
ricevere supporto tecnico per il loro rafforzamento in itinere, sono monitorati nel loro operato.
Il nodo dell’accesso al credito è un importante lente attraverso cui le crisi finanziarie oggi
stanno portando il mondo a una generale sensazione di insicurezza e instabilità. Poter garantire sostegno finanziario delle donne, e permettere loro l’accesso al credito secondo principi
diversi da quelli del sistema bancario classico, è fondamentale per dare spazio “al nuovo che
avanza”, al raggiungimento dell’empowerment e alla riduzione della povertà, al superamento
delle disparità, perché permettono di rendere sostenibile la vita delle donne stesse.
Il microcredito e la microfinanza per Pangea hanno l’importanza di includere finanziariamente
donne che non hanno scelta, non sono bancabili, valorizzandone il capitale umano, l’esperienza di vita e le garanzie sociali. La capacità di fare parte di un gruppo, di confrontarsi, di
creare legami con il territorio e sviluppare reti di solidarietà è un modo per superare l’assenza
22 / Pangea / Report 2014
F o n d a z i o n e Pa n g e a è
profondamente convinta
che non basta avere i soldi
per migliorare la propria
qualità della vita, senza
conoscere i propri diritti
e ave r e l ’ o p p o rt u n i tà
di goderne; i soldi non
rendono più ricchi se si
è malnutriti e non si sa
quali cibi ci rendono sani,
né è sufficiente conoscere
i diritti se poi non si ha
la condizione economica
sufficiente per opporsi
davanti a discriminazioni
e soprusi. I soldi servono
a poco se non si ha una
rete di persone con cui
a f f r o nta r e i m o m e nt i
difficili della vita, ma
sicuramente aiutano a
sostenerne i costi e non
scivolare nella povertà
assoluta.
Pangea, lavorando nei
progetti di microcredito
e microfinanza, concorda
con quanti sostengono
che questi strumenti di
cooperazione non cambiano
direttamente le strutture di
potere e le norme sociali
che ostacolano le donne
nella loro ricerca di sviluppo
delle capacità, parità
di opportunità, scelta,
utilizzo, decisione, controllo
delle risorse. Pertanto è
fondamentale affiancare
alla microfinanza/
microcredito un lavoro di
gruppo che supporti lo
sviluppo dell’empowerment
a partire dalla
socializzazione di problemi
e discriminazioni vissute,
ad attività di tipo formativo
finanziario, sui diritti,
sull’educazione, la propria
salute e l’igiene, il contrasto
alla violenza e l’accesso alla
legalità. Ciò aiuta le donne
e le ragazze a sostenere la
pressione psicologica che
grava su di loro rispetto a
ruoli e tradizioni esistenti.
di garanzie reali e la mancanza di proprietà.
Pangea non vuole essere un problema peggiore della povertà e della diseguaglianza su cui
interviene. Le donne possono essere sicure che in noi troveranno un appoggio , ma solo se
vogliono rialzarsi in piedi per camminare da sole, altrimenti l’opportunità e la fiducia che
offriamo viene meno.
Nei progetti di microfinanza abbiamo sempre operato nell’ambito delle legislazioni vigenti
nei Paesi in cui siamo presenti, attraverso partner locali, e abbiamo applicato una serie di
regole minime al fine di facilitare il nostro intervento:
• Pangea evita di concedere credito dove ci sono già indebitamenti nei confronti
di altre realtà;
• Le cifre concesse sono commisurate alla capacità di guadagnare, consumare e quindi
di rimborsare del nucleo familiare;
• L’ammontare concesso deve essere destinato all’avvio di una attività economica;
• Lo staff che gestisce i programmi sul campo deve essere a maggioranza, se non
al 100%, femminile e locale;
• Si valorizza il risparmio e se ne favorisce la raccolta come principio di sana finanza;
• Le donne che accedono al credito e raccolgono risparmio, devono gestire direttamente
e avere il controllo sul denaro di cui dispongono, per avviare il processo
di empowerment economico e sociale;
• L’alfabetizzazione finanziaria di base è il minimo comun denominatore per
lavorare insieme;
• Si programma sempre un incontro di gruppo o individuale sulla trasparenza delle
regole relative all’accesso al credito, i diritti e le responsabilità di chi riceve il microcredito;
• Si si chiede sempre disponibilità da parte delle donne a essere intervistate nell’arco
della durata del microcredito per verificare l’impatto economico e sociale che si verifica a
23 / Pangea / Report 2014
Le norme giuridiche e
culturali hanno un grande
impatto sulla possibilità
data alle donne di ottenere
pari (o qualsiasi) accesso
ai servizi finanziari. Basti
sapere che in alcuni
Pa e s i u n a d o n n a d e ve
richiedere al marito o
a un familiare di sesso
maschile di co-firmare la
richiesta di un prestito.
Nei Paesi in cui le donne
si trovano ad affrontare
la discriminazione
legale nella capacità di
lavorare o sono tenute
per legge a obbedire al
marito, le donne hanno
significativamente meno
p r o ba b i l ità r is pe t to
agli uomini di possedere
un conto corrente, di
contr a r r e p r estiti , d i
avviare attività.
seguito del percorso intrapreso con Pangea nella loro vita (es. se aumenta il reddito, se migliora
la quantità e la qualità del cibo, se aumentano le cure sanitarie della famiglia, se le
donne acquistano qualcosa per se stesse o la casa, se i figli e le figlie vanno a scuola, etc.)
• Le donne devono garantire la disponibilità a frequentare corsi di formazione e
attività che prevede il programma di microcredito/microfinanza, che possono essere
legati alla gestione del proprio prestito e all’attività economica che si è sviluppata44,
o legati allo sviluppo dell’empowerment sociale45.
Le caratteristiche dei microcrediti Pangea
A seconda di ogni Paese, le caratteristiche variano ma possono comunque
riassumersi nei seguenti punti:
•L’ammontare medio piccolo
•La durata di breve periodo
•La restituzione: rateizzata e ravvicinata nel tempo
•Procedure semplificate di restituzione
•Destinato ad una attività imprenditoriale
•Elargito senza vincolo di garanzie reali
•La relazione di fiducia è la base su cui costruire la relazione di credito
•Vi è un accompagnamento all’empowerment e alla leadership della donna
44. esempio sviluppare il proprio business,
tenere una contabilità complessa, avviare
attività produttive (sartoria, gioielli, cibo
essiccato, etc.)etc.
45. educazione civica ai diritti, al contrasto
alla violenza, all’alfabetizzazione,
alla salute riproduttiva e all’igiene,
sviluppo della leadership, councelling
24 / Pangea / Report 2014
Laila rappresenta il simbolo e un po’ la quintessenza del lavoro di Pangea.
Prima beneficiaria del progetto Jamila, avviato a Kabul nel 2003, Pangea
ha incontrato Laila che viveva in condizioni disperate con i suoi figli
piccoli.
Senza una vera casa, senza un uomo che potesse provvedere a
lei e assicurarle quello status sociale che in Afghanistan solo
un componente maschio della famiglia può garantire, Laila non
era considerata che poco più di un fantasma, sfruttata per pochi
afghani da uomini senza scrupoli, emarginata e sola.
Laila soleva il burqa in un gesto simbolico
che è anche la metafora della sua vita.
Foto di Ugo Panella
L’opportunità offertale dalle attività di Pangea – microcredito,
formazione professionale, alfabetizzazione – le ha consegnato tra
le mani una delle cose più importanti: la speranza di un futuro.
Oggi, a più di dieci anni dall’inizio, Laila è una delle responsabili
del progetto. Gestisce il programma di microcredito insieme alle
altre ragazze dello staff. Ed è di per se stessa un esempio per
tutte quelle donne e quelle mamme che ogni giorno si affidano ai nostri
programmi per trovare una luce e costruire un Afghanistan che non sia
solo sinonimo di guerra e distruzione. Un compito che le donne saranno in
grado più di ogni altro, di compiere.
25 / Pangea / Report 2014
Progetto Jamila - Afghanistan
Premessa
Quando Pangea è arrivata in Afghanistan, nel 2003, nel Paese non esisteva ancora un
sistema bancario formale, ma la richiesta di credito era comunque presente e l’economia si
stava appena ricostruendo.
La struttura sociale e le diffidenze create dai 30 anni di guerra che il Paese si lasciava alle
spalle non favoriva certo la creazione di gruppi di donne in grado di stringere un legame di
solidarietà ed economico, nessuna era in grado di garantire per un’altra anche solo per amicizia. Per superare la condizione di estrema oppressione che vivevano - e tutt’ora vivono - le
donne afgane, Pangea si è concentrata sulla promozione dell’empowerment economico come
strumento propulsivo di un cambiamento sotterraneo, ma non silenzioso, che permette di seminare e raccogliere i primi frutti di un futuro diverso e della ricostruzione di una rete sociale.
Il Programma Afghanistan
Il lavoro di Pangea è iniziato nell’area urbana di Kabul, nei quartieri di periferia, con
un progetto di microcredito e raccolta di risparmio individuale integrato, per il lato sociale,
da incontri di socializzazione di gruppo e di formazione per le donne.
Il target a cui si rivolge il Progetto Jamila sono donne estremamente povere, analfabete, con
famiglie estremamente numerose, vedove, orfane o giovani. Lavoriamo con coloro che hanno
una professione, un talento o un’idea per una attività generatrice di reddito, ma non hanno
l’opportunità di realizzarla e guadagnare da vivere per se stesse e la loro famiglia.
Concediamo un microcredito, ovvero un micro-prestito individuale, alle donne che devono
restituirlo nell’arco di un anno. La prima volta che si riceve il microcredito, l’ammontare
oscilla tra i 100 e i 250 euro. Questa opportunità può essere rinnovata per un secondo e un
terzo anno e in questo caso l’ammontare del prestito può arrivare fino a una massimo di 500
euro. Il tasso d’interesse applicato è sempre del 5% flat. Il denaro proveniente dai prestiti
26 / Pangea / Report 2014
La consegna dei diplomi al termine
di un corso di formazione professionale
per aspiranti parrucchiere svoltosi
presso Casa Pangea a Kabul.
Foto di Ugo Panella.
Progetto Jamila - Afghanistan
restituiti viene reinvestito in nuovi microcrediti destinati ad altre donne, creando
così un circolo virtuoso tutto al femminile.
Tutte le donne coinvolte nel Progetto Jamila ricevono una formazione su che cosa
è il microcredito, quale metodologia si applica, quali sono le regole e a quali condizioni viene concesso il prestito. Inoltre viene spiegata l’importanza del risparmio e le beneficiarie vengono invitate a praticarlo sin da subito e possibilmente
a ogni incontro per la restituzione della rata settimanale. Per tutta la durata del
prestito, le donne sono tenute a seguire corsi di alfabetizzazione, di matematica,
di educazione igienico-sanitaria, di educazione civica e sui diritti umani, nonché
incontri bimestrali di socializzazione, per favorire la condivisione e la solidarietà
e la loro partecipazione al progetto e alla vita sociale. Inoltre, per le partecipanti
ai corsi di educazione igienico-sanitaria che sono in gravidanza o hanno gravi
problemi di salute, il progetto garantisce la possibilità di sottoporsi a visite e accertamenti
sanitari e di sostenere le spese per eventuali cure e l’acquisto dei medicinali necessaria loro
e ai loro familiari.
La situazione di partenza
Le donne coinvolte nel nostro progetto sono per lo più sposate e con un nucleo familiare
tradizionale (73%), ovvero moglie, marito e una media di 5,6 figli. Oltre a loro ci sono le donne
sposate che vivono nelle famiglie allargate, ossia che vivono insieme alla prima moglie (2,5%)
o alla seconda moglie (1%) del marito. A seguire ci sono le vedove (12%), le single (8,4%) e
coloro che sono già state promesse in sposa (1%). Rarissimi sono i casi di donne che si sono
risposate. L’età delle beneficiarie varia dai 16 ai 60-65 anni, ma la maggior parte di loro si
trova nella fascia di età tra i 30 e i 50 anni. La maggior parte vive in alloggi composti di 1 o 2
stanze, in cui nella maggior parte dei casi coabitano almeno 2 famiglie.
Abbiamo iniziato nel 2003, distribuendo 26 microcrediti per un totale di quasi 2.300€ e un
tasso di restituzione dell’88%.
27 / Pangea / Report 2014
Una lezione durante un corso di aritmetica
ed economia domestica realizzato
presso uno dei centri donna partner
di Fondazione Pangea a Kabul.
Foto di Ugo Panella
Progetto Jamila - Afghanistan
I servizi offerti da Pangea dal 2003 al 2014
Dal 2003 a oggi abbiamo concesso 2.592 microcrediti per un totale di 482.965€ distribuiti e un tasso di restituzione del 99%. Solo 29 donne in 11 anni di attività, sono state
insolventi e tutte a causa di gravi problemi di salute e/o morte. In questi casi, Pangea non
ha mai richiesto la restituzione del prestito, ma ha assorbito le perdite e si è assicurata che
la famiglia avesse di che potersi sostentare nonostante la malattia o la perdita.
Inoltre, attraverso i centri donna, abbiamo realizzato:
• corsi di formazione professionale in sartoria, ricamo, lavorazione delle pelli, produzioni di gioielli,
parrucchiere a cui hanno partecipato in totale 1.102
donne
• programmi di educazione sanitaria e sulla salute
riproduttiva, corsi di aritmetica, alfabetizzazione,
diritti umani e diritti delle donne per un totale di
3.831 partecipanti.
Se calcoliamo che ogni donna ha un nucleo familiare di minimo cinque persone alle spalle il numero
di beneficiari indiretti viene moltiplicato esponenzialmente e arriva a toccare circa 19.155 individui.
Una riunione bimestrale tra le donne
che hanno ricevuto un microcredito
non è una verifica contabile, ma un vero
e proprio momento di socializzazione
e scambio di esperienze.
Foto di Ugo Panella.
28 / Pangea / Report 2014
Progetto Jamila - Afghanistan
Risultati quantitativi
I microcrediti distribuiti e rimborsati:
anno
n. donne
nuove
beneficiarie
rinnovo
2°anno
rinnovo
3°anno
Ammontare
credito distribuito
in euro
Ammontare
restituito
in euro
perdite
Insolventi
% di
restituzione
in euro
2014
247
140
63
44
40.880,00
2013
328
162
88
78
58.514,29
57.978,59
535,70
3
99,0%
2012
333
162
114
57
70.409,84
69.289,30
1.120,54
6
98,2%
2011
302
179
76
47
58.375,00
57.956,47
418,53
3
99%
2010
252
117
76
59
60.557,00
59.830,30
726,70
3
98,8%
2009
272
114
68
90
61.209,68
35.573,65
168,29
1
99,6%
2008
304
131
143
30
50.480,00
49.944,13
278,10
2
99,3%
2007
112
112
14.600,00
14.600,00
0
0
100%
2006
199
134
45
20
32.108,06
31.903,39
204,68
3
98,5%
2005
136
104
32
0
22.633,90
22.424,34
209,56
2
99%
2004
81
81
0
0
10.928,57
10.802,29
126,29
3
96%
2003
26
26
0
0
2.268,52
1.813,33
455,19
3
88%
Risultati
2.592
1.462
705
425
482.964,85
309.979,61
3.516,87
29
99,00%
29 / Pangea / Report 2014
Progetto Jamila - Afghanistan
I risparmi accantonati dalle donne per ogni anno di microcredito:
Anno
Risparmi
(tot AFG)
Risparmi
(tot €)
Risparmi individuali
AFG (media)
Risparmi individuali
€ (media)
Tasso cambio
2013
1.122.539
€ 16.036
3.422
€ 49
70
2012
1.319.564
€ 21.632
3.963
€ 65
61
2011
1.351.119
€ 21.111
4.474
€ 70
64
2010
1.332.919
€ 23.385
4.413
€ 77
57
2009
565.393
€ 9.119
2.079
€ 34
62
2008
605.117
€ 8.404
1.990
€ 28
72
2007
208.248
€ 3.204
1.859
€ 29
65
2006
379.092
€ 6.114
1.905
€ 31
62
2005
202.017
€ 3.424
1.485
€ 25
59
2004
106.078
€ 1.894
1.310
€ 23
56
€ 10
54
2003
13.428
Totale
7.205.514
€ 249
€ 114.573
537
27.437
€ 440
I microcrediti distribuiti sono stati investiti in attività di microimprenditoria e in particolare:
• Il 17% delle microimprese hanno riguardato la produzione e vendita di alimenti: attività di
panetteria, macelleria, cucina e vendita di zuppe e altri cibi locali, vendita di frutta e verdure
con carretti ambulanti ecc.
• Il 16% dei prestiti ha finanziato l’avvio di attività di sartoria (12%), ricamo e soprattutto
cucito di borse e trapunte
• Il 25% delle imprese è legato alla vendita ambulante, per cui il microcredito è stato investito nell’acquisto di carretti e merci di diverso genere (vestiti, fiori, legna, aquiloni, utensili,
oggetti usati ecc.)
• Il 15% dei microcrediti è stato investito per l’apertura o nel rifornimento di piccoli negozi
• Il 6% delle attività avviate è legata alla riparazione e vendita di scarpe
• La quota restante è rappresentata da attività di carpenteria, ferramenta, parrucchiera e
make-up, vendita di schede telefoniche ecc.
30 / Pangea / Report 2014
Progetto Jamila - Afghanistan
Attività avviate con i microcrediti
SARTORIA
RICAMO E CUCITO
PANETTERIA
MACELLERIA
ALIMENTARI
VENDITA AMBULANTE
PARRUCCHIERA E MAKE-UP
CALZATURE
FERRAMENTA
TELEFONIA
NEGOZIO (VARI)
CARPENTIERE
ALTRO
86
30
41
11
61
174
6
42
14
20
106
5
102
12%
4%
6%
2%
9%
25%
1%
6%
2%
3%
15%
1%
15%
Spesso le attività avviate hanno generato opportunità lavorative per diversi membri
della famiglia. Infatti se nel 17% dei casi è la donna stessa che si occupa della vendita, nel
27% dei casi è il o i figli, nel 49% il marito, nel 5% il fratello e nel 2% il padre (oltre ad alcuni
rari casi in cui sono il cognato o il suocero ad occuparsi della vendita). A ogni modo, è la donna
l’unica responsabile della gestione del microcredito e del risparmio nei confronti di Pangea,
questo è il patto che viene fatto sin dall’inizio. Le donne che hanno avuto risultati eccellenti,
sia per il business avviato, sia per la capacità di gestire i soldi e di risparmiare, sono state
facilitate nell’apertura di un conto corrente bancario.46
46. Ad oggi sono stati aperti 17 conti correnti
presso banche locali.
31 / Pangea / Report 2014
Progetto Jamila - Afghanistan
I risultati qualitativi sono evidenti nella vita di tutti i giorni e si evincono dalle riunioni bimestrali di socializzazione nonché dalle rilevazioni di monitoraggio che lo staff di
Pangea fa presso tutte le partecipanti:
1. migliora lo standard educativo delle donne stesse che imparano a scrivere e far di conto,
2. le donne imparano a prendersi cura della propria salute e di quella della propria famiglia,
hanno più cura e attenzione per l’ambiente in cui vivono e, grazie ai guadagni,
possono pagare le medicine e altre piccole spese, riparare e arredare la propria
casa, rendendola un ambiente pulito e sicuro,
3. i/le loro figli/e cominciano ad andare a scuola e alle figlie è garantita la stessa
educazione dei loro fratelli.
4. la qualità dell’alimentazione in famiglia migliora (92% delle famiglie), ad esempio
aumenta la quantità di volte che si mangia carne nell’arco di un mese (da nessuna
o una, fino a quattro volte al mese).
5. le donne diventano un esempio e un orgoglio per l’intera famiglia, contribuiscono
al reddito e al benessere familiare, aumenta la stima e la sicurezza in loro stesse,
hanno più rispetto e un migliore rapporto con i mariti e la violenza familiare diminuisce: sorridono e iniziano a pensare al futuro, risparmiano e seminano pace.
Attraverso questo tipo di interventi si migliora la visione e la concezione discriminante e
retrograda del ruolo della donna nella società afghana, facendo delle donne un perno dello
sviluppo e del benessere all’interno della propria famiglia e quindi della comunità.
Il progetto è implementato in partnership con la ong afgana AWSSO (Afghan Women Social
Service), che nasce dal lavoro di Pangea di tre anni in loco. Tutto il personale che gestisce
il progetto è afghano ed è composto da donne, formate negli anni da Pangea. Per lo svolgimento delle attività, lavoriamo in collaborazione con 5 centri donna, associazioni partner
del progetto. Appoggiarci ai centri donna vuol dire assicurare alle partecipanti e allo staff
32 / Pangea / Report 2014
Non solo le donne destinatarie, ma anche
i membri delle loro famiglie traggono
beneficio dalle opportunità lavorative
generate dal microcredito ricevuto.
Foto di Alberto Giuliani
Progetto Jamila - Afghanistan
un ambiente sicuro, in quanto circuiti protetti solo femminili, in cui le donne si recano tranquille, si incontrano, frequentano i vari corsi,e ricevono il microcredito. Fondazione Pangea
supervisiona il progetto e fornisce le competenze necessarie per la gestione del progetto
alle ong locali. I partner locali si occupano di: selezionare le beneficiarie, fare la formazione
sul microcredito, concedere i microcrediti, monitorare le beneficiarie nella loro attività e in
famiglia, per valutare l’impatto del progetto sulla loro vita personale, familiare e comunitaria, raccogliere settimanalmente le rate del prestito e i risparmi accumulati dalle donne e al
termine dei rimborsi, reinvestire i soldi restituiti in nuovi microcrediti.
Questo forno ipogeo per
il pane è un esempio di attività
di microimprenditoria realizzata
grazie a un microcredito distribuito
da Fondazione Pangea.
Foto di Ugo Panella.
33 / Pangea / Report 2014
Progetto Jamila - Afghanistan
AFGHANISTAN
Povertà: nel 2014 il governo afgano ha stimato che circa il 36% della popolazione afgana vive in povertà, con una
maggiore incidenza in caso di residenza in zone rurali: 29% nelle città al 54% nelle aree rurali.
Accesso al lavoro: Circa il 90% dell’economia afghana si basa sul settore informale e proprio questa peculiarità
rappresenta un elemento di grande criticità per le donne, la maggior parte delle quali, non potendo uscire, lavora
all’interno delle mura domestiche e, secondo stime dell’ILO, per una media di 70 ore alla settimana, svolgendo un
lavoro intensivo e non retribuito.
Dalle stime ufficiali risulta che le donne rappresentano solo il 18% della forza lavoro, contro l’80% degli uomini.
A questo va aggiunto il problema della carenza di educazione e qualifiche professionali, che rende l’inserimento nel
mercato del lavoro molto problematico e contribuisce a mantenere i salari medi molto bassi (secondo i dati dell’ILO,
circa 12 milioni di persone in Afghanistan, ovvero 8 persone in età da lavoro su 10, sono “lavoratori giornalieri
non qualificati” e guadagnano in media 410 dollari l’anno, ovvero 1 dollaro al giorno).
Istruzione: Il tasso di alfabetizzazione tra le donne adulte (sopra i 15 anni) è di appena il 17%. La percentuale di
bambine iscritte alla scuola primaria è del 48%. È iscritta alla scuola primaria solo una bimba ogni 2 bambini maschi,
ogni 4 alla scuola secondaria, e solo l’1% delle ragazze prosegue ulteriormente gli studi.
Violenza sulle donne e matrimoni forzati: secondo la ricerca di Global Rights Afghanistan, l’87,2% delle donne
afghane ha subito nella vita almeno una forma di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica. L’80% delle
donne ha subito un matrimonio forzato (che espone le donne a un maggiore rischio di violenza domestica) e almeno
la metà delle ragazze afghane si sposa a un’età inferiore ai 15 anni.
Tasso di mortalità materno-infantile: 460 donne muoiono ogni 100.000 bambini nati vivi, 71 bimbi su 1.000 nati vivi
non superano l’anno e 99 bambini su 1.000 non riescono a raggiungere i 5 anni di età.
Fonti: The National Risk and Vulnerability Assessment 2011-12, implemented by the Central Statistics Organization
of the Afghanistan Government, e Human Development Indicators - UNDP
34 / Pangea / Report 2014
India - Calcutta.
Il sorriso disarmante di Lakshmi
ci ricorda che chiunque ha sempre
una possibilità di riscatto.
Foto di Giovanni De Sandre
Lakshmi soffre da molti anni di una grave deformazione della spina dorsale che la costringe
a camminare curva. È stata la malnutrizione a ridurla così, una piaga che in India colpisce
migliaia di persone.
I suoi genitori non erano d’accordo a darle un’istruzione, e l’hanno costretta ad
abbandonare gli studi soltanto dopo la seconda elementare, anche perché la famiglia era
molto povera e aveva gravi problemi.
Pur di aiutare i genitori, Laxmi lavorava a volte facendo le pulizie nelle case, pagata
per una miseria, circa 1 rupia, circa un centesimo di euro.
In famiglia la consideravano un peso per le deboli risorse economiche; le davano
pochissimo da mangiare e non se ne occupavano, tranne in frequenti episodi di
violenze e abusi, che Laxmi sopportava senza poter fare nulla per difendersi.
Laxmi ha conosciuto Pangea durante una delle visite dello staff allo slum dove
viveva. Dopo aver frequentato il centro Pangea, i corsi sui diritti umani, le lezioni
di alfabetizzazione, e il programma di assistenza sanitaria, ora Laxmi lavora per il
progetto, aiutando molte altre ragazze disabili che hanno bisogno di un’opportunità
per rinascere.
Laxmi ora è felice; è molto attiva nel progetto: aiuta a identificare i casi di ragazze
disabili negli slums, supporta le beneficiarie nelle pratiche per ottenere la
Disability Card e ad accedere ai programmi governativi specifici per le persone con
disabilità. Organizza gli incontri mensili e prende parte alle rappresentazioni teatrali per
sensibilizzare i quartieri.
È entusiasta del suo lavoro ed è felice che perché è autosufficiente: ha finalmente
dimostrato alla sua famiglia che è in grado di lavorare e che non deve per forza accettare
passivamente una vita isolata e senza prospettive, senza felicità.
35 / Pangea / Report 2014
Incredible India
Premessa
In India la microfinanza è estremamente sviluppata. Vi
è il numero di clienti più grande del mondo e il numero più
alto di operatori. Vista la molteplicità della popolazione e la
diversità degli usi locali, anche il modo di fare microfinanza
varia, a seconda dell’operatore.
Vi possono essere gruppi di donne autorganizzate, organizzazioni non governative, cooperative di risparmio e credito,
istituzioni di microfinanza, banche private, fondazioni, tutte
realtà che esistono e lavorano contemporaneamente attraverso la microfinanza anche se con scopi differenti. C’è chi
vuole raggiungere la propria autonomia finanziaria in quanto
persona, chi come istituzione, chi ci vuole semplicemente guadagnare (vedi paragrafo dedicato ai paradigmi).
Noi di Pangea nel 2005 abbiamo incontrato due organizzazioni, capeggiate da donne eccezionali, che hanno accompagnato il nostro fare in questo immenso e meraviglioso continente
e ci hanno reso orgogliosi dei risultati raggiunti in questi anni.
Nel primo caso, le donne sono riuscite non solo a raggiungere un empowerment economico
personale e all’interno della famiglia, ma hanno strutturato 4 sportelli bancari distrettuali e 8
cooperative di risparmio e credito. Oggi questo progetto è sostenibile, coinvolge oltre 13mila
donne e Pangea ha finito qui la sua missione.
Il secondo è un progetto avviato da poco, per l’empowerment economico di donne disabili
che include nei casi più gravi anche i familiari. Il target è evidentemente difficile ed è ambiziosa l’idea di riuscire anche perché sono oltre 1000 le donne che vogliono essere coinvolte.
36 / Pangea / Report 2014
Uno degli 838 gruppi di risparmio
realizzato grazie al progetto
“Percorsi di autonomia” promosso
da Fondazione Pangea,
inserito in un circuito di 8 cooperative
e 4 sportelli bancari.
Foto di Giovanni De Sandre
Progetto Koppal - India
In India, Pangea lavora attraverso i Self Help Groups (SHG, ossia gruppi di auto aiuto,
che si tratti del risparmio e credito o di sostegno di altra natura) modalità di funzionamento
sociale tipica di questo Paese. Generalmente sono composti da un minimo di 5 a un massimo
di 20 donne. Le componenti degli SHG mettono in comune il loro risparmio - capitale monetario - e le loro capacità e fiducia reciproca - capitale sociale. Il risparmio comune raccolto
viene prestato a turno tra le componenti del gruppo che pagano gli interessi a loro volta capitalizzati nell’ammontare totale. Ciascuna ne può disporre per investirli in piccole attività,
o per mandare a scuola i propri figli, o per pagare le spese mediche, ecc.
Progetto Koppal: percorsi di autonomia
Nel distretto semiarido di Koppal, nello Stato del Karnataka, il programma che Fondazione Pangea ha realizzato dal 2006 al 2013 ha visto il coinvolgimento nel tempo, di gruppi
di risparmio e credito (SHG) per l’avvio di microattività economiche con 500 donne, alla
federazione dei gruppi (cluster) sino alla costituzione di 8 cooperative di risparmio e credito
di cui 4 hanno aperto sportelli bancari distrettuali coinvolgendo 11mila donne, ora arrivate - a
un anno dalla fine del progetto di Pangea - in autonomia a 13.363.
Ad oggi 10.757 socie delle cooperative hanno avuto un prestito attraverso il fondo di microcredito creato dal progetto costituito dai soldi del loro risparmio, dai fondi dedicati di Pangea e
da altre realtà locali.47 Il fondo di microcredito di Pangea è di circa 99.170€ (7.654.000 rupie).
Il 76% dei gruppi di risparmio e credito (SHG), che costituiscono le 8 cooperative, ha aperto
un proprio conto in banca.
47. La banca NABFINS ha erogato 10 prestiti
per un ammontare totale di 49.406.000 Rupie
(circa 64.000€) e l’IGS LampFund ha concesso
un finanziamento di 3.000.000 Rupie (quasi
39.000€) a 2 cooperative
L’obiettivo di partenza era quello di sviluppare empowerment economico e finanziario in
queste aree rurali molto povere, per dare alle beneficiarie del progetto gli strumenti necessari
a provvedere ai propri bisogni e a quelli della propria famiglia, migliorare le condizioni di vita
e promuovere il benessere della comunità.
37 / Pangea / Report 2014
Gli incontri dei gruppi di risparmio
diventano uno spazio dove
discutere anche di problemi personali
o sociali e momenti per aumentare
la solidarietà della comunità.
Foto di Ugo Panella
Progetto Koppal - India
Il target a cui ci si è rivolti era costituito da donne che vivevano una estrema vulnerabilità
economica e una forte discriminazione di genere, appartenenti a caste basse o fuori casta,
tra cui le devadasi, “prostitute sacre”, costrette a vendersi a uomini delle caste alte e ricche
per mantenere se stesse e la loro famiglia, tramandandosi questo lavoro di generazione in
generazione.
I prestiti erogati da Pangea hanno oscillato tra i 150€ e i 600€, con un tasso d’interesse del
12% (24% decrescente) e un tasso di restituzione che finora è stato del 98%. I microcrediti
distribuiti sono stati investiti in attività di agricoltura, allevamento, produzione e vendita di
prodotti caseari e apertura di piccoli negozi e/o servizi.
Da condizioni di estrema povertà e vulnerabilità, le donne del progetto hanno intrapreso un
cammino che le ha portate a essere imprenditrici, titolari di attività, leader di cooperative di
risparmio e credito gestite da socie in modo autonomo e sinergico a partire dai loro risparmi,
e promotrici di banche distrettuali, capaci di interfacciarsi da sole con le banche e gli istituti
di credito, per chiedere finanziamenti per i loro progetti. Queste donne hanno quindi percorso tutta la strada che, secondo Pangea, si poteva fare attraverso il nostro supporto e sono
divenute esse stesse promotrici di empowerment economico e sociale per altre donne nei
loro villaggi, leader di trasformazione e cambiamento.
AGRICOLTURA
BUSINESS
ALLEVAMENTO
ATTIVITÀ CASEARIA
EDUCAZIONE
ALTRO
38 / Pangea / Report 2014
Progetto Koppal - India
La situazione iniziale delle donne
Come accennato, il lavoro di Pangea è iniziato in 20 villaggi di Koppal con 588 donne di casta
bassa riunite in 43 gruppi di risparmio.
Dall’indagine condotta all’inizio del progetto, per analizzare in modo partecipato i bisogni
delle donne e la loro situazione socio-economica, risultava che delle 588 donne selezionate
215 vivevano in condizione di estrema povertà (dipendevano da lavori giornalieri saltuari,
vivevano in case fatte di paglia o materiali molto poveri, non avevano né una terra né un
animale da allevare, avevano molti figli ma erano costrette a farli lavorare anziché mandarli
a scuola); 277 vivevano in povertà, ossia possedevano 1 o 2 acri di terra arida e 1 animale
da allevamento, avevano lavoretti giornalieri, vivevano in alloggi concessi dal governo, e
avevano famiglie molto numerose. Infine, 96 donne si consideravano in una situazione “media”, possedevano 2-5 acri di terra, un’abitazione in condizioni
migliori delle altre, animali da allevamento, un impiego e un
reddito più o meno regolare, un ventilatore e una Tv a colori,
mandavano i figli a scuola e avevano una bicicletta o un altro
mezzo di trasporto.
Dalle indagini risultava che le donne coinvolte nel progetto avevano un’età media di 31,5 anni, la maggior parte sposate (quasi
tutte prima dei 20 anni) e con una media di 3 figli ognuna (per
le fuori casta la media è di 5 figli). Inoltre il 48% era analfabeta,
mentre tra le alfabetizzate solo la metà aveva completato il ciclo di studi e aveva conseguito il diploma; le altre avevano abbandonato la scuola per mancanza di soldi o perché, in quanto
donne, erano state scoraggiate a proseguire la loro educazione
o si sono erano dovute dedicare alla casa e/o sposare.
Da povere e vulnerabili ad imprenditrici
e leader di cooperative bancharie:
il percorso di empowement per le donne
di Koppal è così completato.
Foto di Ugo Panella
39 / Pangea / Report 2014
Progetto Koppal - India
Il lavoro di Pangea
Il lavoro di Fondazione Pangea è iniziato attraverso la formazione e il rafforzamento
di gruppi di risparmio e credito composti da donne (SHG). Le donne raccoglievano il loro risparmio e lo facevano circolare a turno tra loro. Tuttavia l’ammontare totale non era sufficiente
per avviare attività economiche che andassero oltre la sussistenza quotidiana. Per questo
Pangea, attraverso il microcredito, ha dato la possibilità a questi gruppi di accedere a prestiti
più consistenti e iniziare un percorso di autonomia finanziaria.
Contemporaneamente, ha sostenuto un percorso di formazione sia sugli aspetti tecnici delle
gestione del capitale, sugli SHG e sull’impresa; sia su come contribuire allo sviluppo sociale
locale (la salute, l’educazione, la consapevolezza dei propri diritti e l’impegno nella propria
comunità).
Una volta che i gruppi (SHG) hanno imparato a gestire le proprie operazioni di raccolta e
circolazione del risparmio e hanno dimostrato di sapere investire e gestire correttamente i
fondi erogati con il microcredito, si sono costituiti in federazioni di fatto (cluster) e hanno
seguito ulteriori corsi di formazione per approfondire le loro capacità finanziaria, gestionale
e imprenditoriale.
A livello di villaggio, affinché si potesse garantire l’empowerment, oltre ai soldi
Pangea ha sviluppato un percorso di formazione e sensibilizzazione sull’educazione igienico-sanitaria, la sensibilizzazione sui diritti umani e le discriminazioni di genere, la promozione
della microimprenditoria femminile e il sostegno all’educazione e della microimprenditoria
giovanile tra i ragazzi/e, figli di devadasi o appartenenti a famiglie di casta bassa o fuori
casta, che hanno abbandonato la scuola in tenera età.
Inoltre le donne si sono organizzate in piccoli comitati specifici per la gestione e la realizzazione del programma di educazione. I comitati per l’educazione, composti da 2-3 rappresentanti
di 3-6 SHG di uno stesso villaggio, avevano il compito di identificare i bambini più indigenti
e garantire loro l’iscrizione a scuola; organizzare corsi serali di supporto; organizzare campi
scolastici per motivare allo studio genitori e bambini; monitorare la condotta scolastica degli
studenti e facilitare incontri tra genitori e insegnanti.
40 / Pangea / Report 2014
Progetto Koppal - India
In seguito, forti dei buoni risultati, le donne hanno deciso di registrarsi come
cooperative di credito e risparmio, in modo da diversificare le fonti di credito rivolgendosi
anche a banche nazionali indiane e accedere ai programmi governativi di lotta alla povertà.
Per favorire questo processo, Pangea ha finanziato un ampio e articolato programma di formazione rivolto a tutte le donne dei gruppi di risparmio, al
fine di sviluppare le loro capacità di gestire le cooperative e
i finanziamenti a cui queste possono accedere: contabilità,
erogazione dei prestiti, motivazione delle nuove socie, ruoli
e responsabilità dei gruppi di risparmio e delle loro leader,
legislazione e gestione delle cooperative, progettazione e
strategie per lo sviluppo locale. Una formazione costante,
continua, sempre più pervasiva e specifica.
Tra i corsi sostenuti è stato fondamentale quello sulle capacità di leadership e di negoziazione delle donne membri delle
cooperative per ottenere finanziamenti esterni.
Inoltre si sono organizzate visite di conoscenza di altre realtà
cooperative presenti a Bangalore, dove le socie si sono potute
confrontare e hanno potuto raccogliere informazioni e idee
utili sulle modalità di lavoro, sulla gestione dello staff, sulla
contabilità ecc.
Grazie a queste visite, quattro cooperative - Eshwara, Sadhana, Bhumika, Gavisiddeshwara
- hanno mostrato grandi miglioramenti sia nella gestione del personale (migliorando le retribuzioni, definendo meglio ruoli e responsabilità...), sia nella gestione e nel coinvolgimento
dei gruppi di risparmio. Queste quattro realtà hanno poi stabilito i loro nuovi uffici nella zona
centrale dei loro villaggi, vi hanno inserito del personale che vi lavora a tempo pieno, li hanno
dotati di computer e connessione internet e hanno aperto degli sportelli bancari che ovviamente non possono fare trasferimenti ed emettere assegni, ma possono gestire il risparmio
e il credito locale, per questo sono chiamate banche distrettuali.
41 / Pangea / Report 2014
Un piccolo negozio di alimentari realizzato
grazie a un microcredito distribuito
da Fondazione Pangea e, soprattutto,
alla tenacia imprenditoriale di questa
giovane donna.
Foto di Giovanni De Sandre
Progetto Koppal - India
Per promuovere all’interno della propria comunità progetti di sviluppo locale,
sotto l’impulso di Pangea, le cooperative hanno creato un fondo ad hoc, generato dal tasso di
interesse del capitale investito in microcredito da parte di Pangea per il 50%, mentre il restante ottenuto ricapitalizzando il montante da distribuire come microcredito; e dal 25% di tasso
di interesse sull’ammontare del risparmio che ruota con il microcredito in ogni cooperativa.
Il fondo è gestito dal “Comitato per lo sviluppo sociale”. Per le componenti del Comitato si
sono svolti due workshop al fine di aiutare le donne ad analizzare e valutare i bisogni della
comunità e sviluppare quindi delle idee di intervento e sensibilizzare tutti i gruppi di risparmio
per rendere le donne consapevoli della necessità di utilizzare una quota del capitale delle
cooperative per lo sviluppo locale, attivarsi per raccogliere fondi per incrementare il capitale
da investire in queste attività, con contributi da imprese e dalle autorità locali dei villaggi.
Le aree prioritarie d’intervento sono: l’educazione delle ragazze e la situazione sanitaria
dei villaggi, il supporto legale per donne che
avevano subito violenze domestiche, la facilitazione per le componenti delle cooperative all’accesso ai programmi governativi di
contrasto alla povertà, per le donne incinte,
per le pensioni etc.
Un corso di formazione in gestione
del microcredito e promozione
dell’imprenditoria, indispensabile
per le donne delle cooperative
per raffinare le proprie competenze.
Foto di Ugo Panella
42 / Pangea / Report 2014
Progetto Koppal - India
Schema sintetico dei servizi offerti da Pangea dal 2006 al 2011
2006-2007
2007-2008
2008-2009
2009-2010
2010-2011
Promozione della microimprenditoria
Tot. donne
1960
N. partecipanti ai corsi di imprenditoria
393
637
494
61
N. microcrediti distribuiti
11
189
211
220
1585
308
Promozione della salute
939
8424
N. partecipanti corsi di educazione igienico-sanitaria
120
Visite mediche
300
1234
469
2285
4108
300
Accesso a programmi/servizi governativi (N. donne)
162
1887
1967
Sensibilizzazione della comunità
4016
29719
N. partecipanti agli incontri su legalità e giustizia
42
1725
2710
750
5227
N. bambini/e ai campi sull’educazione
338
1612
1040
2552
5542
N. partecipanti al Teatro di strada
2000
5250
6600
5100
18950
Supporto alla scolarizzazione
N. bambini/e iscritti a scuola
drop-outs
2211
388
565
498
418
342
53
31
4
0
43 / Pangea / Report 2014
2211
Progetto Koppal - India
Attraverso il progetto di Pangea sono state create, sino al 2013, 8 cooperative,
che raccoglievano 838 gruppi di risparmio, per un totale di 11.440 socie di 81 villaggi.
Nome Cooperativa
N. di Villaggi
N. di Gruppi
N. di Donne
1
Eshwara
14
200
2982
2
Bhumika
23
233
2841
3
Sadhana
16
138
1733
4
Gavisiddeshwara
15
160
2124
5
Sangama
2
23
336
6
Shreegandha
3
31
523
7
Bettadalinkeshwara
5
19
295
8
Sahana
3
34
606
TOTALE
81
838
11.440
Nell’arco di un anno 2013-2014
Nome Cooperativa
N. di Villaggi
N. di Gruppi
N. di Donne
1
Eshwara
23
278
3881
2
Bhumika
30
274
3317
3
Sadhana
19
171
2094
4
Gavisiddeshwara
17
177
2311
5
Sangama
2
23
336
6
Shrigandha
3
31
523
7
Bettadalinkeshwara
5
19
295
8
Sahana
3
34
606
TOTAL
102
1007
13363
44 / Pangea / Report 2014
Progetto Koppal - India
Risultati qualitativi
Da condizioni di estrema povertà e vulnerabilità, le donne del progetto hanno intrapreso
un cammino che le ha portate a essere imprenditrici, titolari di attività, leader di cooperative
capaci di dialogare (cioè di interfacciarsi da sole) con le banche e gli istituti di credito, per
chiedere finanziamenti per i loro progetti.
I principali cambiamenti rilevati dalle nostre indagini sono:
•acquisizione di sicurezza in se stesse: le beneficiarie ora sanno leggere, scrivere, far di
conto e gestire i rapporti con la banca, partecipano a riunioni e incontri con altre realtà, a
turno diventano leader del loro gruppo ecc..
•un miglioramento nella posizione e nel ruolo delle donne all’interno della famiglia; hanno
accesso al reddito familiare, sono incoraggiate e supportate dai propri familiari a partecipare
alle attività dei propri gruppi di risparmio, partecipano a tutte le decisioni più importanti
della famiglia (i consumi e gli acquisti, la gestione dei risparmi, l’educazione e il matrimonio
dei figli e delle figlie)
•un incremento nella libertà di movimento: mentre prima le donne non uscivano di casa e
non svolgevano alcuna attività fuori casa, ora, grazie ai gruppi di risparmio, tutte escono,
si spostano e lavorano fuori casa e fuori dal villaggio
•un incremento del benessere familiare: migliorano le abitudini e la capacità di risparmio
della famiglia (nel 92% delle famiglie), si dispone di maggior credito per soddisfare le
esigenze familiari (84%), migliorano la salute (82%) e l’educazione di tutti i membri della
famiglia (82%), aumentano le opportunità d’impiego per tutti i membri della famiglia (73%),
si riesce ad accedere ai programmi e alle agevolazioni previste dal governo indiano per il
contrasto alla povertà (64%).
Un’idea più approfondita dei cambiamenti avvenuti durante il percorso di microcredito
ci è offerta da una dettagliata indagine che, tramite il partner locale, abbiamo condotto nel
2009 e poi abbiamo ripetuto nel 2012 per valutare eventuali progressi e criticità (si tratta di
4 interviste individuali condotte su 206 donne di diversi gruppi di risparmio).
Dall’indagine risulta che dopo il microcredito ci sono stati miglioramenti evidenti sulle condizioni abitative: non solo il numero medio di persone che convivono nella stessa casa è
diminuito (da 6,2 persone del 2009 a 5,6 nel 2012), ma è aumentato il numero di stanze a
45 / Pangea / Report 2014
Progetto Koppal - India
disposizione (nel 2009 la media era di 1,7 stanze per famiglia mentre nel 2012 la media è
salita a 2,4), e tutte le abitazioni sono dotate di acqua ed elettricità.
Le famiglie possono permettersi di acquistare diversi beni: medicine, vestiti e libri sono stati
gli articoli più comunemente acquistati con i primi guadagni, seguiti da cibo speciale, utensili
per la cucina, televisione, mobili, gioielli e, in piccola percentuale, bicicletta, animali e radio.
Infine per molte famiglie è cambiata l’alimentazione: se il numero di famiglie che mangiano
carne una sola volta al mese è rimasto invariato, il numero di famiglie che consumano carne
3 volte al mese è quasi raddoppiato (passando dal 17% al 31%). Il consumo di carne è un
indicatore valido solo per alcune famiglie, visto che alcune caste hanno un’alimentazione
puramente vegetariana (in quanto la religione induista promuove il non consumo della carne).
Dal punto di vista finanziario invece le donne hanno ora la capacità di:
•Favorire l’aumento del capitale, per aumentare incrementare la liquidità a disposizione
delle donne componenti delle cooperative e promuovere così la loro indipendenza e la loro
autonomia gestionale.
•Favorire l’accesso al credito delle donne nei villaggi, aumentando il numero dei
conti aperti, il numero delle socie, e rafforzando la capacità delle cooperative di accedere
ai finanziamenti delle banche e delle istituzioni finanziarie.
•Sviluppare le capacità gestionali delle componenti e i servizi delle cooperative con una
formazione continua allo staff sia sulla gestione delle cooperative sia sulla gestione del
capitale e delle operazioni finanziarie.
•Promuovere lo sviluppo sociale affinché il percorso non fosse limitato solo ad una
crescita puramente finanziaria ed economica, ma sviluppasse un alto livello di umanità e
solidarietà tra le componenti dei gruppi e a ricaduta nelle comunità di villaggio in cui vivono.
Il progetto è stato realizzato in collaborazione con l’organizzazione indiana Sampark, specializzata in capacity building (formazione) di organizzazioni non governative per lo sviluppo
della microimprenditoria e della microfinanza femminile, a favore di donne estremamente
povere. Sampark ha un approccio olistico, analogo a quello di Pangea, che tiene conto delle
questioni di genere, dei bisogni che nascono dalla povertà e di un modello di sviluppo sostenibile e compatibile con l’ambiente.
46 / Pangea / Report 2014
India - Koppal.
Durgamma alle prese con un lavoro
di cucito sotto lo sguardo benevolo
della sua insegnante.
Foto di Giovanni De Sandre
In una famiglia di 16 persone come quella di Durgamma riuscire a
guadagnarsi uno spazio vuol dire iniziare ben presto a portare del denaro
a casa.
Infatti Durgamma, sua sorella e le sue cognate, lavoravano come
braccianti agricole. È un lavoro duro, che non paga: solo 40 rupie a testa
al giorno, 50 centesimi di euro, o poco più.
Il desiderio di Durgamma, in realtà era di continuare a studiare,
ma genitori e fratelli hanno preteso che andasse a lavorare nei
campi, come tutti quelli che appartengono alla loro comunità di
intoccabili. Durgamma conosceva già il lavoro che Pangea sta
svolgendo nella zona, a favore delle donne più povere, e quando
ha saputo che venivano organizzati corsi di formazione ha deciso
di provare a seguire quello in sartoria.
Si è impegnata a fondo e giorno dopo giorno è diventata sempre
più esperta. Ancora prima che il corso finisse, con un microcredito
ha comprato una macchina da cucire per 3,200 rupie - 45 euro.
Ha iniziato con piccoli lavori per i vicini: rammendi, riparazioni
facili. Ma presto, dato i suoi prezzi economici, altre persone
con scarse disponibilità hanno cominciato a rivolgersi a lei
per confezionare interi abiti. Anche persone di caste più alte hanno
cominciato a cercarla, e ad affidarle lavori sempre più complessi.
Con i primi guadagni si è riscritta a scuola frequentando le lezioni al
mattino, e lavorando nel pomeriggio. Ora si è diplomata e si mantiene con
il suo lavoro di sarta.
47 / Pangea / Report 2014
Progetto Donne Disabili – Calcutta
Dal 2007 Fondazione Pangea lavora per promuovere l’empowerment delle donne e delle
bambine disabili che vivono negli slum di Calcutta e nelle zone rurali circostanti.
Affrontare e superare le molteplici discriminazioni legate alla disabilità, al genere e alla povertà, tenendo conto del fattore culturale, dell’importanza dell’integrazione socio-economica
e dell’accettazione e del rispetto di una disabile in famiglia è un obiettivo ambizioso che ci
siamo dati perché tutte e tutti devono avere una opportunità nella vita.
La situazione iniziale
In contesti di povertà e analfabetismo, essere disabili vuol dire essere oggetto di vergogna e scherno, portatori di sfortuna che automaticamente si estende alla famiglia di origine
e che per questo viene isolata dalla comunità.
Spesso la famiglia, per evitare l’onta sociale, nasconde agli occhi degli altri la persona disabile, emarginandola, escludendola completamente dalla vita pubblica, dalle celebrazioni o
dalle cerimonie “imprigionandola” in una vita di stenti dalla quale non potrà mai riscattarsi
senza il supporto di qualcuno che la guidi.
Il connubio tra povertà e appartenenza di genere aumenta ulteriormente la vulnerabilità delle
persone disabili, generando una serie di discriminazioni multiple: essere una donna disabile,
in India, significa essere considerata inutile per i lavori domestici, e non adatta ai ruoli di
moglie, madre, amante; significa vivere spesso una vita isolata, poco dignitosa e di pessima
qualità e affrontare ogni tipo di violazione dei diritti umani.
Le donne disabili risultano maggiormente esposte alle violenze familiari, o da parte della
comunità, e sono oggetto di derisione e di paure, utilizzate per mendicare quando sono
piccole, ritenute inutili da grandi perché nessuno le sposerà, restando un eterno costo e un
enorme fardello per la famiglia.
48 / Pangea / Report 2014
Far prendere consapevolezza
dei propri diritti a una donna
disabile, come ottenere la disability
card per accedere ai servizi sanitari,
è il primo passo per farle tornare
a vivere.
Foto di Ugo Panella
Progetto Donne Disabili - Calcutta - India
Un gruppo di auto-aiuto tra donne disabili
è il primo passo per costruire intorno
a loro una rete di solidarietà e per prendere
coscienza dei propri diritti.
Foto di Giovanni De Sandre
Il lavoro di Pangea
Per questi motivi, prima di avviare il lavoro di empowerment economico attraverso
la microfinanza, a Calcutta abbiamo dovuto realizzare una serie di attività che spronassero
le donne disabili a uscire di casa, a superare gli scherni e la vergogna, a recuperare dignità
e rispetto da parte della comunità e ad acquisire consapevolezza dei propri diritti e di come
tutelarli e affermarli. Un vasto programma di incontri, formazione, sensibilizzazione e attività
sulle problematiche dell’accesso ai servizi e dell’esercizio dei diritti è stato svolto dal 2007
a oggi con l’obiettivo di promuovere la crescita personale, l’autostima e l’autonomia delle
donne con disabilità e guidarle verso una consapevolezza nuova, che le rendesse soggetti
forti e attivi, capaci di alzare la voce per dire BASTA alle discriminazioni e pretendere il pieno
godimento dei diritti umani fondamentali.
Le donne e le bambine disabili sono state così accompagnate in un percorso di presa di “potere” delle proprie capacità e nella costruzione di
una rete di solidarietà e collaborazione tra donne disabili attraverso la
creazione di gruppi di auto-aiuto, riuniti a loro volta in una federazione
di donne disabili.
Per rafforzare questo percorso di emancipazione e acquisizione di autostima è diventato ora indispensabile introdurre la componente economica, ovvero creare delle opportunità per avviare attività generatrici di
reddito che possano rendere queste donne indipendenti o comunque
più forti perché in grado di percepire un piccolo reddito. Il primo passo
è stato realizzare corsi di formazione professionale, sulla base delle
richieste presentate dalle donne stesse, per imparare un lavoro. Sono
stati fatti corsi di sartoria, ricamo, produzione di giocattoli di stoffa, di gioielli, lavorazione e
confezionamento di spezie e alimenti.
Il secondo passo è consistito nel promuovere la trasformazione dei gruppi di auto-aiuto in
gruppi di risparmio, in modo che le donne disabili, che non avevano mai gestito i soldi perché
completamente dipendenti dalla propria famiglia, potessero imparare ad amministrare delle
piccole quantità di denaro. Laddove le donne dimostravano di saper mettere da parte dei
piccoli risparmi ogni mese e di gestirli all’interno del gruppo potevano ricevere dei prestiti
49 / Pangea / Report 2014
Progetto Donne Disabili - Calcutta - India
per avviare delle piccole attività (es. vendita di tè e snack all’uscita dalle scuole, riparazione
di scarpe, sartoria, ricamo ecc.).
I prestiti erogati finora hanno oscillato tra le 3.000 e le 8.000 rupie (tra i 50€ e i 100€) e possono essere rimborsati, senza alcun tasso d’interesse, nell’arco di 20 mesi. Le modalità di
restituzione del prestito, piuttosto agevolate, sono state studiate sulla base delle difficoltà
che, in quanto disabili e in quanto persone che non avevano mai avuto soldi, si sono riscontrate: è stato necessario molto tempo e tante riunioni perché le donne imparassero a mettere
da parte almeno 10-15 rupie al mese e a far circolare questi piccoli risparmi nel gruppo.
Servizi offerti
2007
Programma di promozione dell'educazione
8
Formazione professionale
2008
2009
2010
2011
2012
2013
TOT
24
37
25
20
22
24
160
46
7
27
30
58
40
208
Assistenza medica, terapie e supporti
ortopedici
37
70
50
58
79
30
67
391
Disability Card
4
30
13
57
100
45
49
298
formazione alla creazione di gruppi di
risparmio e credito
170
170
n. piccoli prestiti distribuiti
67
67
n. donne coinvolte nel programma di informazione all'empowerment e alla disablità
321
398
512
726
849
983
1.338
5.127
totale donne coinvolte
370
568
619
893
1078
1138
1755
6421
n di donne e uomini degli slum coinvolti
in iniziative di sensibilizzazione su diritti,
violenza, disabilità
200
300
500
1100
1150
3250
2360
8860
50 / Pangea / Report 2014
Progetto Donne Disabili - Calcutta - India
Risultati
A oggi circa il 25% delle donne coinvolte nel progetto
lavorano e sono impegnate in qualche attività generatrice di
reddito. A volte sono attività molto piccole e i redditi non sono
sufficienti per essere completamente autonome, ma per lo
meno permettono di contribuire al reddito familiare. In media
i guadagni si attestano sulle 1.000-1.200 rupie mensili (ossia
12-16 euro).
Attualmente, siamo arrivati alla creazione di 20 gruppi di risparmio e credito (costituiti in media da 10 donne ciascuno);
ogni gruppo si riunisce una volta al mese e raccoglie da ciascun membro 20 rupie di risparmio (circa 0,20€).
Nell’arco di 2-3 anni abbiamo erogato 67 piccoli prestiti a 67
donne (o alle loro famiglie) per un ammontare totale di circa
4.400€.
Alcune donne hanno restituito puntualmente il prestito, altre
invece hanno incontrato e tuttora incontrano diverse difficoltà
perché l’attività non garantisce entrate sufficienti per ripagare
le rate del prestito, o perché le donne non hanno ancora sviluppato buone capacità imprenditoriali e così facilmente si scoraggiano. Per questo il nostro obiettivo è ora quello di rafforzare
le capacità finanziarie e imprenditoriali delle donne disabili (o dei loro familiari nel caso in cui
la disabilità imponga impedimenti troppo grandi e la famiglia versi in condizioni di estrema
vulnerabilità), in modo che non perdano la motivazione e la forza di attivarsi, uscire di casa,
darsi da fare e cercarsi poco a poco altre opportunità.
I prossimi passi saranno lavorare per aumentare il numero di donne che si riuniscono nei
gruppi e accrescere il fondo di ogni gruppo di risparmio, in modo da incrementare i prestiti
per le componenti. A tal fine sarà necessario continuare con l’affiancamento e il capacity
building dell’organizzazione partner locale e di tutti i gruppi di risparmio e attivare un fondo
all’interno del progetto per garantire maggiori possibilità di credito tra i diversi gruppi di
risparmio. L’obiettivo è arrivare a un fondo di almeno 6.000-10.000 rupie per gruppo e di
agevolare per ciascun gruppo l’apertura di un conto in banca.
51 / Pangea / Report 2014
Anche un semplice corso di sartoria
diventa un passaggio fondamentale
per rendere le donne disabili finalmente
indipendenti, e non solo economicamente.
Foto di Ugo Panella
Progetto Donne Disabili - Calcutta - India
Il progetto è realizzato in partnership con Association for Women with Disabilities (AWWD),
un’associazione fondata nel 2002 a Subhi, area semi-rurale a nord di Calcutta. Nel 2007
l’associazione ha aperto, grazie al supporto di Fondazione Pangea, una sede a Calcutta, per
lavorare sull’integrazione delle donne con disabilità che vivono negli slum. L’associazione è
gestita al 99% da donne disabili.
INDIA
Povertà: nel 2013 il Governo Indiano ha stimato che il 21.9% della popolazione vive al di sotto della soglia minima
di povertà.
Accesso al lavoro: le donne rappresentano il 19.3% della forza lavoro nei settori non agricoli. Il mercato del lavoro
in India, infatti, sia per quanto riguarda l’industria che i servizi, è prettamente maschile, e il raggiungimento della
parità, stante al contesto socioculturale e alle dinamiche del mercato vigenti in India, è ancora molto lontano.
Istruzione: il livello di istruzione tra le donne è del 64.6%
Violenza sulle donne: Almeno il 70% delle donne indiane è vittima di violenza domestica. Secondo i dati del National
Crime Records Bureau nel 2012 si sono verificati 2,84 casi di stupro ogni ora (e nel 98% dei casi l’aggressore è una
persona vicina alla vittima, un familiare, un vicino di casa); un crimine contro una donna ogni 3 minuti; una morte
per dote ogni 77 minuti.
Tasso di mortalità materno-infantile: 230 donne muoiono ogni 100.000 bimbi nati vivi. Nonostante il parto presso le
strutture sanitarie si cresciuto dal 40,9% nel 2002 al 72,9% nel 2009, e il parto assistito da personale qualificato
dal 47,6% al 76,2%, ancora 44 neonati su 1.000 nati vivi non superano il primo anno di vita, e 56 su 1.000 i 5 anni.
Fonti: District level Household Survey, Coverage Evaluation Survey, UNDP
Aborti selettivi: La sex ratio (cioè il rapporto numerico tra maschi e femmine e che indica la popolazione di “bambine
mancanti” rispetto ai bimbi tra 0 e 6 anni di età) è 916 ragazze per 1000 ragazzi (Census 2011)
Fonti: Development Goals India Country Report 2014 e IV-V NGO Alternative CEDAW Report 2014
52 / Pangea / Report 2014
Quando Pangea ha incontrato Kumari nel villaggio di Jyamire in Nepal,
nel distretto di Sindhupalchowk, lei aveva già tentato il suicidio.
Le prime quattro gravidanze avevano portato solo femmine, e
il marito rabbioso e umiliato anche dalla situazione economica
difficile, alla quale comunque non contribuiva affatto, la picchiava,
la torturava. Sono seguiti tre maschietti, ma con 9 bocche da
sfamare in casa, le condizioni di povertà si sono ulteriormente
aggravate, tanto che Kumari ha dovuto scegliere se far mangiare i
figli o mandarli a scuola. Quindi anche i bambini la seguivano nei
campi a lavorare.
Nepal. Kumari mostra orgogliosamente
il suo vitellino, prezioso collaboratore
della sua attività lavorativa.
Foto di Archivio Fondazione Pangea Onlus
Lo staff di Pangea, già attivo nella zona, l’ha persuasa a unirsi al
progetto Sharma. Con il primo microcredito, attraverso al gruppo
di risparmio, ha comperato due capre; rivendendole ha acquistato
altri animali da cortile con i quali ha potuto iniziare a sostenere
la famiglia regolarmente e mandare i bambini a scuola. Con il
secondo prestito ha avviato con successo la produzione di latte bovino
con una mucca e il suo vitellino. I suoi figli sono cresciuti ora, e le hanno
insegnato anche a leggere e scrivere.
53 / Pangea / Report 2014
Progetto Sharma - Nepal
Dal 2005 al 2010, nel periodo in cui imperversava la guerra tra i ribelli maoisti e l’esercito del re, Pangea ha sostenuto l’avvio e la gestione di cinque Centri Donna in quattro distretti
del Paese, in aree povere prettamente agricole o semi-urbanizzate: Sindhupalchowk, zona
collinare vicino a Kathmandu; Dang, zona pianeggiante nel nord ovest del Paese, al confine
con l’India; Panchtar, zona collinare al confine con l’India nel sud ovest; e Jhapa, regione
pianeggiante a sud del Terai (dove sono stati aperti 2 Centri Donna).
Il progetto, realizzato in 5 anni, era rivolto a donne che vivevano in condizioni di estrema
povertà e che non godevano di molti dei più elementari diritti, primo fra tutti il diritto alla
cittadinanza. Fino a quegli anni, infatti, in Nepal, il diritto di cittadinanza non era riconosciuto
alla nascita, ma lo si poteva acquisire a partire dai 16 anni e, per le donne, solo su richiesta
di un membro maschile della famiglia. Senza un uomo che ne certificasse l’esistenza, una
donna non poteva godere di alcun diritto, tantomeno quello di accesso al credito presso una
banca. Data la situazione economica e culturale si trattava quindi di donne che subivano
pesanti soprusi, discriminazioni e violenze di genere.
Il metodo utilizzato da Pangea è stato simile a quello adottato in India, ovvero gruppi di
risparmio (Self Help Groups - SGH). Ogni mese i gruppi si riunivano48 e ogni singola donna
metteva il proprio risparmio in un fondo comune, con una cifra fissa che variava dalle 5 alle
200 rupie nepalesi, a seconda del livello di reddito del gruppo. Il risparmio raccolto veniva fatto circolare tra le partecipanti al gruppo, a rotazione, in maniera che tutte a turno ne
potessero usufruire per fronteggiare le spese quotidiane o per investirlo in piccole attività
economiche. Dal momento che i risparmi raccolti all’interno dei gruppi erano somme esigue,
che non risultavano sufficienti per avviare una vera attività economica, le donne erano spesso
costrette a chiedere a usurai e proprietari fondiari un prestito che poi le riduceva sul lastrico
perché veniva applicato un tasso di interesse altissimo impossibile da ripagare.
48. I gruppi possono riunirsi anche più di
una volta al mese, non solo per la gestione
dei loro piccoli prestiti e risparmi, ma anche
per condividere e parlare dei propri problemi
familiari, sociali, economici.
Per questo Pangea è intervenuta con il progetto Sharma, per aumentare l’ammontare del
capitale da investire attraverso la concessione di un microcredito. Così le donne all’interno
del loro gruppo continuavano a risparmiare tra loro e a concedere a rotazione il loro fondo
di risparmio; parallelamente ogni donna poteva fare richiesta, individualmente, di un micro-
54 / Pangea / Report 2014
Uno dei principali risultati ottenuti
da Fondazione Pangea in Nepal
è stato quello di creare un forte legame
di solidarietà tra le donne aumentando
la consapevolezza dei loro diritti.
Foto di Giovanni De Sandre
Progetto Sharma - Nepal
credito al Centro Donna, per l’avvio di un’attività di microimprenditoria; se il gruppo trovava
l’attività concreta e redditizia, se ne faceva garante e sosteneva la richiesta al Centro Donna.
Il fondo per il microcredito di Pangea è stato di 36.990 euro, ogni prestito poteva oscillare da
un minimo di 5.000 a un massimo di 30.000 rupie nepalesi, ossia da 50€ a 300€ e poteva
essere rimborsato in 1 o 2 anni, a seconda delle attività (le attività agricole richiedevano tempi
più lunghi), con un tasso d’interesse del 12% (24% decreasing) con il 100% delle restituzioni.
In questa maniera, il fondo di rotazione restava una piccola alternativa per avere
liquidità subito e da ripagare a breve termine (in genere entro sei mesi); mentre
il microcredito era il vero investimento a uno o due anni.
I Centri Donna erano i punti di riferimento per i gruppi di risparmio e, grazie al
lavoro svolto con il progetto, sono diventati in pochi anni luoghi di ritrovo e
aggregazione per le donne dei villaggi, volti a favorire sia la formazione professionale e il reinserimento economico - attraverso il microcredito, la microimprenditoria e la conciliazione famiglia-lavoro per le donne lavoratrici attraverso
la creazione di asili - sia l’educazione, l’informazione sui diritti e sulle questioni
di genere, il sostegno psicologico e legale di donne vittime di discriminazioni
e/o violenza e in stato di bisogno, animazione sociale. A ogni centro fa capo
una rete di 500-600 donne.
La classe dell’asilo auto-organizzato
presso un Centro da alcune donne
con lo scopo di accogliere i bambini
delle madri in difficoltà.
Foto di Giovanni De Sandre
Nel 2006 abbiamo svolto un’indagine tra le prime donne coinvolte nel progetto e
abbiamo intervistato 843 donne provenienti da 4 distretti per valutare la loro situazione di
partenza ed eventuali progressi.
La situazione in cui versavano le partecipanti ai gruppi di risparmio all’inizio del progetto era
la seguente: il 49% delle intervistate era alfabetizzata, il 35% scarsamente alfabetizzata e il
16% analfabeta. Si consideravano “alfabetizzate” coloro in grado di leggere e scrivere e che
avevano frequentato la scuola primaria. Coloro che affermavano di essere “poco alfabetiz55 / Pangea / Report 2014
Progetto Sharma - Nepal
zate” avevano ricevuto nella maggior parte dei casi un’educazione informale e difficilmente
erano in grado di leggere e scrivere: la maggior parte aveva abbandonato la scuola dopo i
primi 2-3 anni e riceveva un’educazione informale presso i centri donna, dove si svolgevano
corsi di alfabetizzazione di 2 ore al giorno rivolti esclusivamente alle donne.
Mettendo in correlazione il livello di alfabetizzazione delle donne con la loro età e con il
numero dei figli, risultava che:
Età media delle donne
Numero medio di figli
Istruite
30,1
2,1
Poco istruite
37,2
3,3
41
3,7
Analfabete
il livello di istruzione era inversamente proporzionale all’età e al numero di figli. In genere
le donne analfabete corrispondevano a quelle di età più avanzata, e dichiaravano di non
aver studiato perché la famiglia era contraria all’educazione scolastica delle figlie. Inoltre i
matrimoni precoci combinati tra bambini avevano costretto le donne a sposarsi in giovane
età e a rinunciare a studiare.
NUBILI
SPOSATE
RISPOSATE
VEDOVE
ABBANDONATE
56 / Pangea / Report 2014
Progetto Sharma - Nepal
L’età delle donne intervistate era molto varia, in media si attestava intorno ai 33 anni, oscillando tuttavia da un minimo di 11 anni a un massimo di 75 anni.
La situazione familiare predominante era quella del nucleo tradizionale, con una media di 3
figli per ciascun nucleo.
All’interno delle famiglie, nel 34% dei casi solo il marito percepiva un reddito (in realtà nella
maggior parte dei casi anche le donne e i figli lavoravano e contribuivano al reddito famigliare ma la loro attività non era percepita dagli stessi come produttrice di reddito, sebbene
svolgessero un ruolo determinante nelle attività a conduzione familiare, come la gestione di
un piccolo negozio, l’allevamento di animali e la coltivazione dei campi) e solo il 14% delle
donne dichiarava di avere un proprio reddito.
La maggior parte delle donne guadagnava giornalmente tra le 40 e le 200 rupie, ossia tra i
4 centesimi e i 2 euro, ciò equivale a dire che la stragrande maggioranza di loro viveva al di
sotto della soglia di povertà assoluta.
Prevalentemente erano costrette a un duro lavoro nei campi, nelle fabbriche e nelle industrie,
o si ingegnavano in lavori di ogni sorta per riuscire a sopravvivere (come il trasporto di carichi
o la vendita ambulante di tè e verdure). In ogni caso si trovavano a lavorare in media 10 ore
al giorno, in condizioni e in luoghi insalubri e per un salario che difficilmente consentiva loro
di coprire le spese quotidiane per i pasti.
Il 94% delle donne dichiarava che la propria casa era stata costruita su un terreno privato e
dalle interviste risultava che solo 70 donne pagavano un affitto per il terreno in cui vivevano.
Le altre non pagavano un affitto perché prevalentemente vivevano su una terra di proprietà
del latifondista per il quale lavoravano, il quale, tuttavia, poteva intimare loro in qualsiasi
momento di lasciare la terra e quindi la casa.
Il 74% delle donne sposate ha dichiarato che il matrimonio era stato imposto dai genitori (e in particolare nel 76% dei casi dal padre) e per il 30% di loro quando erano ancora bambine. Nel 24% dei
casi il matrimonio era stata una scelta fatta insieme con il proprio marito e solo in 2 casi, secondo
le interviste, è stato frutto di una scelta della donna stessa. La maggior parte ammetteva di avere
problemi con il marito ma solo il 17% dichiarava di essere picchiata dal marito (o dalla famiglia di lui),
il 5% di avere problemi di droga in famiglia, il 15% di alcol e l’8% problemi legati al gioco d’azzardo.
57 / Pangea / Report 2014
Un bell’esempio vincente, che rende
orgogliosa la donna protagonista,
di uno dei quasi 200 microcrediti
investiti in attività agricole o
di allevamento.
Foto di Giovanni De Sandre
Progetto Sharma - Nepal
I servizi offerti da Pangea:
Obiettivi/attività
Risultati
Capacity building dei Centri donna e dei gruppi di risparmio
formazione e workshops
7 donne di WF formate in genere e sviluppo umano, counseling e micro finanza
1500 donne informate/formate su diritti delle donne, leadership, igiene, sanità,
salute riproduttiva, gruppi di risparmio e microfinanza, tratta, alcolismo gioco
d'azzardo, tecniche agricole
Incremento dei gruppi di risparmio e delle socie
287 nuove donne si sono associate ai gruppi
22 nuovi gruppi si sono formati
viaggi interdistrettuali
15 rappresentanti dei Centri Donna hanno viaggiato e visitato i Centri degli altri
distretti
indagini socio-economiche
1493 interviste sono state condotte tra le partecipanti al progetto
Contrasto alla violenza di genere
Servizio di accoglienza e supporto
211 donne vittime di soprusi e violenze hanno ricevuto assistenza psicologia e
legale
Educazione
Corsi di alfabetizzazione
500 donne hanno seguito corsi di alfabetizzazione e calcolo
Formazione professionale
Corsi di sartoria
35 donne hanno seguito il corso in sartoria e 30 di loro hanno avviato un'attività
Sviluppo Economico
Microcredito
270 microcrediti distribuiti di cui:
• 238 primo prestito
• 30 secondo rinnovo
• 2 terzo rinnovo
36.990€ l'ammontare distribuito in microcrediti
Microimprese avviate
• 163 microcrediti investiti in allevamento,
• 24 microcrediti in attività agricole,
• 65 microcrediti in piccoli negozi/chioschi (vendita di cibo, vestiti, prodotti per
l’igiene, materiale elettrico),
• 17 microcrediti in sartoria
• 1 microcredito in informatica
58 / Pangea / Report 2014
Progetto Sharma - Nepal
Principali risultati:
Dal 2005 al 2010 abbiamo coinvolto nel programma almeno 1.500 donne e, se consideriamo il loro nucleo familiare, almeno 6.000 individui hanno beneficiato del miglioramento
delle condizioni socio-economiche innescato dall’intervento.
Abbiamo distribuito 270 microcrediti investiti nell’avvio di attività generatrici di reddito per
un ammontare di circa 36.990€, una media di circa 137 euro a persona, al di là dei prestiti
che le donne stesse hanno generato con il loro risparmio.
Microcrediti distibuiti per distretto
P
S
J2
J1
Attività avviate con i microcrediti
D
P
S
J2
J1
D
400.000
ammontare (NRS)
350.000
300.000
250.000
ALLEVAMENTO
200.000
AGRICOLTURA
150.000
NEGOZIO
100.000
SARTORIA
50.000
0
2006
2007
2008
2009
2010
anno
59 / Pangea / Report 2014
Progetto Sharma - Nepal
Risultati qualitativi
Dalle interviste condotte alle donne coinvolte nel progetto, i più importanti cambiamenti registrati sono stati:
•Tutte hanno preso consapevolezza del loro essere donna e dei loro diritti umani fondamentali: non sono più rassegante e disposte a subire passivamente soprusi e violenze, cercano
il rispetto della loro famiglia e della comunità, dichiarano di avere un ruolo importante nella
società tanto quanto gli uomini, perché “non ci sarà mai sviluppo sociale della comunità
senza la partecipazione delle donne” e perché “le donne non sono solo mogli e madri ma
sono prima di tutto donne”, richiedono il diritto di cittadinanza.
•È aumentata la loro mobilità: non vivono più rilegate tra le mura domestiche, ma ognuna
di loro è coinvolta in attività al di fuori della famiglia e della casa e alcune di loro hanno
presto parte alle attività dei comitati di villaggio
•Hanno creato un forte legame di solidarietà tra di loro, convinte che questo è il primo strumento che hanno per affrontare difficoltà e discriminazioni
•Tutte hanno preso parte attiva nella gestione del reddito familiare e contribuisco alle decisioni più importanti che riguardano la famiglia: l’87% dichiara di contribuire alla gestione
del reddito familiare e tra queste ben il 77% di essere la sola responsabile della gestione
dei soldi in famiglia
•Sono diventate più consapevoli e attente alla salute e all’alimentazione della propria famiglia: il 75% mangia carne 2 o 3 volte al mese
•Tutte mandano i loro figli a scuola senza fare discriminazioni tra figli maschi e femmine.
I Centri Donna sono diventati punti di riferimento fondamentali per le donne dei villaggi, luoghi di aggregazione e socializzazione dove le donne che hanno avuto problemi di
violenza domestica e sociale o che versano in situazioni di grave povertà vengono accolte,
ascoltate, consigliate, possono partecipare ad attività educative e formative e trovano strumenti concreti per superare situazioni di difficoltà e disagio. Tra di loro parlano liberamente,
60 / Pangea / Report 2014
Progetto Sharma - Nepal
condividono problemi, si organizzano e collaborano nel difendere le abitanti dei villaggi che
chiedono aiuto da un marito violento o dai soprusi subiti nella loro comunità, o ancora nel
fermare la tratta delle donne destinate al mercato della prostituzione in India. Sono luoghi
sicuri dove le donne possono trovare un supporto legale e psicologico e dove si incontrano
e gestiscono il loro fondo di risparmio.
Le donne della comunità si sentono sempre più vicine tra loro e continuano
a incontrarsi e ad organizzare, anche dopo l’intervento di Pangea, incontri di
sensibilizzazione per la comunità sui diritti e sulle questioni di genere, incontri di educazione su diritti umani e diritti legali, educazione igienico-sanitaria.
In alcuni distretti si sono organizzate (e Pangea le ha supportate con un
piccolo co-finanziamento) per attrezzare il Centro Donna con un asilo nido,
per accogliere i figli e le figlie delle donne che si rivolgono al Centro. Offrire
un luogo di assistenza dove ci si prenda cura della salute e dell’educazione
dei bambini è un modo per aiutare quelle donne che, dovendo lavorare tutto il giorno e non avendo un appoggio familiare, erano costrette a lasciare
spesso i figli soli a casa, legati per l’intera giornata per paura che potessero
farsi male o, in alternativa, a portarli con sé mentre lavoravano nei campi o
per la strada, tenendoli in grembo o sulle spalle, o lasciandoli soli in qualche
angolo del campo.
Una piccola bottega di sartoria nata grazie
alle competenze acquisite attraverso
un corso di taglio e cucito organizzato
da Fondazione Pangea.
Foto di Giovanni De Sandre
Gli incontri e le diverse attività promosse al loro interno hanno accresciuto l’autostima, la
determinazione e la solidarietà tra le donne che vi prendono parte. Gli ottimi risultati raggiunti, il rispetto e la stima che si sono conquistate da parte degli abitanti del villaggio e una
nuova consapevolezza dei loro diritti e delle loro capacità le incoraggiano ad organizzare con
irrefrenabile entusiasmo sempre più attività.
Il progetto è stato realizzato in collaborazione con la partner nepalese The Women’s Foundation, un’organizzazione no-profit nata nel 1988 per dare supporto alle donne e ai minori vittime di discriminazioni, violenza e povertà. L’organizzazione lavora su diversi livelli. A livello
nazionale svolge attività di lobby e advocacy, per eliminare ogni forma di discriminazione
61 / Pangea / Report 2014
Progetto Sharma - Nepal
di genere e fornisce assistenza legale alle donne provenienti da diverse aree del Nepal, per
proteggerle e tutelare i loro diritti. Al livello rurale opera in diversi villaggi nelle aree pianeggianti del Paese ed è impegnata in programmi di educazione e sensibilizzazione ai diritti,
all’igiene e sanità; in attività di consulenza psicologico legale contro gli abusi perpetrati sulle
donne; nella promozione dello sviluppo socio-economico delle donne attraverso la formazione professionale e la promozione di attività generatrici di reddito; nella promozione della
partecipazione delle donne all’interno delle loro comunità.
La riunione di un gruppo di risparmio
si è spesso trasformata in un momento
di svago o di condivisione dei propri
problemi personali e familiari.
Foto di Giovanni De Sandre
62 / Pangea / Report 2014
Italia
49. il processo attraverso il quale un individuo
affronta barriere o vincoli all’accesso e/o
all’uso di servizi e prodotti finanziari basilari
ed adeguati ai propri bisogni, al punto da
compromettere la propria posizione sociale,
definizione della Commissione Europea
(2008), “Financial Services Provision and
Prevention of Financial Exclusion” http://
ec.europa.eu/employment_social/spsi/docs/
social_inclusion/2008/financial_exclusion_
study_en.pdf
50. http://www.pangeaonlus.org/r/Pangea/
Documenti/Pdf/advocacy/piattaformapechino/Pechino%202009_2014.doc_July%20
22_DEF%20.pdf
La microfinanza e il microcredito nascono nel mondo per risponde ai bisogni dell’accesso al credito di chi non ha garanzie reali da offrire e si trova in situazione di estrema vulnerabilità economica, povertà ed esclusione finanziaria.
In Europa, rispondono a nuove povertà e a disagi di società che hanno raggiunto il loro “pieno
sviluppo economico” inteso in termini “classici”, ma non hanno ancora quello della partecipazione alla cittadinanza e delle necessità delle persone. La stessa attuale crisi mostra i
sintomi della incongruenza tra diritti, economia e finanza.
Le vulnerabilità del mondo occidentale sono strutturali al sistema del mercato del lavoro (quali
la disoccupazione o l’inoccupazione), e sono legate all’appartenenza ad alcuni segmenti di
popolazione e categorie sociali che spesso sono particolarmente discriminate nell’accesso
al credito e al mercato del lavoro. Le donne ne sono parte.
Il microcredito risponde pertanto all’esclusione finanziaria49, a politiche di integrazione nel
mercato del lavoro che mirano a generare indipendenza economica, una presa di responsabilità e non di assistenzialismo, in un’ottica di restituzione di benessere alla collettività e
di generazione di stili di vita di qualità a basso costo. Tale prospettiva ben si sposa con gli
obiettivi del prossimo settennio europeo 2014-2020.
L’ attuale crisi economica e finanziaria che l’Europa e tutta l’Italia sta vivendo pone tutta
la popolazione in forte disagio, si acuisce il bisogno di lavoro e di credito, non si trova una
occupazione, bisogna spesso crearsela, ne pagano le conseguenze anche i ceti abbienti.
Il quadro della situazione femminile in rapporto alla crisi, ai processi di impoverimento e alle
povertà in Italia è strettamente collegato a discriminazioni di genere e forti disuguaglianze di
accesso al lavoro (e alla conseguente pensione), al credito (e ai conseguenti consumi), all’eccessivo peso del lavoro di cura familiare sulle spalle delle donne e alla mancanza di servizi
di welfare che rende ancora più complesso il disagio in un contesto di veloci trasformazioni
economiche, sociali e delle strutture familiari.50
Secondo i dati dell’ultimo Rapporto Istat sul Benessere Equo e sostenibile in Italia (2014) a
febbraio di quest’anno risultava occupato il 46,6% delle donne e il 64% degli uomini.
Come recentemente dimostrato anche da Bankitalia, le donne guadagnano meno e le retribuzioni delle lavoratrici sono più basse di quelle dei loro colleghi a parità di qualifica: circa
1.400 euro contro 1.800 al mese. Le donne pertanto hanno meno proprietà, si indebitano di
63 / Pangea / Report 2014
Foto di Ugo Panella
Italia
meno anche per l’acquisto della casa. Solo il 60% delle famiglie guidate da donne possiede
l’abitazione in cui vive (contro il 65% degli uomini) e sono meno (14%, contro il 18 dei maschi)
quelle che si indebitano per l’acquisto.51
Lo scarso “potere contrattuale” dovuto a redditi inferiori delle donne rispetto a quelli degli
uomini (gender pay gap) sicuramente influisce nel processo di richiesta da parte delle stesse
donne e nella concessione di prestiti da parte delle banche, che pretendono garanzie per
tutelarsi da possibili insolvenze a partire dai redditi percepiti.52
51. 46,7% al dicembre 2013
52. L’istituto di ricerca Red Sintesi ha elaborato
per Repubblica i dati di Banca d’Italia sui bilanci
delle famiglie italiane 2012
53. Il diritto al lavoro è un presupposto
fondamentale della Costituzione Italiana
Come risposta alla crisi, le donne sono disposte ad accettare lavori a condizioni a ribasso
drammatiche per arrotondare il bilancio di casa. E ciò fa incrementare l’economia del sommerso, lontano da tutele sociali o salariali.
Affinché le donne possano realmente avere pari diritti, indipendenza economica e realizzazione professionale53. è opportuno leggere l’economia anche in Italia sotto la lente della
dimensione della parità di genere nel mercato del lavoro (inclusione sociale, lavorativa e
finanziaria).
La poca analisi di genere sulle conseguenze della mancanza della presenza delle donne nel
mondo del lavoro sottostima l’impatto che ha sulla democrazia, la partecipazione e l’uguaglianza, nonché il benessere del nostro paese.
Il Parlamento dell’Unione europea nel documento “Impatto della crisi economica sull’uguaglianza di genere e i diritti della donna”del 2013 riporta:
“Considerando che le donne svolgono un ruolo cruciale come forza trainante dello sviluppo
economico; che l’ulteriore empowerment delle donne può avere l’effetto economico di far
uscire le comunità e le famiglie dalla povertà;”
“Considerando che le donne che iniziano la loro vita lavorativa svolgono un ruolo guida nel
ritorno alla crescita; producono un incremento del reddito familiare, il che determina un
aumento dei consumi e contribuisce a rilanciare l’economia; la parità di genere ha quindi un
impatto positivo sulla produttività e sulla crescita economica;”
Sapendo che Pangea non può avere la soluzione a problemi strutturali del Paese che necessitano riforme importanti, e davanti a una società che è in trasformazione - sia per quel che
riguarda la domanda e l’offerta di beni e servizi, sia per l’esposizione che si vive di fronte a
64 / Pangea / Report 2014
Italia
una continua e sempre maggiore precarietà lavorativa ed economica - non potevamo lasciare l’ Italia fuori dal nostro lavoro, perché convinti che le donne sono parte della soluzione
alla crisi, in termini di valorizzazione e pieno utilizzo delle competenze e delle capacità; per
favorire il ritorno al lavoro delle donne a tutti i livelli, verso l’emersione di nuove professioni,
creative e innovative, rivolte all’innovazione e alla responsabilità sociale e ambientale in una
ottica di sostenibilità.
Infatti basti ri-sottolineare che le donne italiane hanno rispetto agli uomini una alta scolarizzazione, ma nel momento dell’entrata sul mercato del lavoro vi è uno scarso riconoscimento
delle loro competenze, così come la crescente presenza di donne migranti e neo mamme
o donne in età già adulta tra imprenditrici e consumatrici crea nuove esigenze e stimoli di
mercato.
Pangea dal 2009 ha sperimentato diversi progetti pilota di microcredito in Italia, sia quello
sociale per donne vittime di violenza, sia destinato alla promozione dell’imprenditoria, con
donne in generale con difficoltà di accesso al credito, intenzionate a valorizzare le loro professionalità.
L’Europa ha stabilito che il tetto massimo del microcredito è di 25mila euro e in Italia l’unica
differenza tra microcredito e un piccolo prestito è il percorso di accompagnamento (o servizio
non finanziario) che viene affiancato prima della concessione del credito.
Pangea ha creato una partnership finanziaria basata sulla condivisione di valori con Banca
Popolare Etica per erogare credito (servizio finanziario) con un fondo di garanzia.
Pangea si occupa dell’accompagnamento (servizi non finanziari), non come semplice trasferimento di tecnicismi, ma come sostegno a un percorso di “capacitazione”, di autostima, di
leadership della propria vita, con l’ascolto, l’orientamento e il sostegno necessari.
Dal 2009 è parte di RITMI - Rete Italiana degli operatori di Microfinanza - e dall’autunno del
2012 è membro della European Microfinance Network; inoltre partecipa a iniziative di informazione e raccolta dati dell’Ente Nazionale per il microcredito in Italia.
65 / Pangea / Report 2014
Italia
Microcredito Sociale per vittime di violenza
Tra il 2010 e il 2011, abbiamo sperimentato il microcredito sociale.
Volevamo valutare la possibilità di integrare l’aspetto economico-finanziario all’interno del
percorso di uscita dalla violenza domestica e il reinserimento sociale.
Il target a cui ci siamo rivolti era costituito da donne vittime di violenza, tutte con livelli di
istruzione differenti e, ove presenti, con trascorsi lavorativi diversificati. Si trattava di donne
con figli o senza, accolte in centri antiviolenza,54 o già fuori da questa fase della loro vita ma
con evidenti difficoltà a trovare un equilibrio socio economico anche perché escluse dall’accesso al credito.
Avevano problemi legati nell’affrontare le spese di una vita quotidiana: pagare la caparra
dell’affitto, l’acquisto di un veicolo usato, conseguire la patente, riqualificarsi professionalmente, ma anche coprire le spese per affrontare problemi sanitari o trattamenti specifici e
costosi non coperti dal sistema nazionale.
I prestiti erano di modesta entità, da un minimo 1000 a massimo 3000 euro per non più di
3 anni.
Abbiamo spiegato alle operatrici di cinque centri antiviolenza in diverse parti d’Italia che cosa
è il microcredito, e svolto corsi di formazione55 ad hoc alle donne che avevano subito abusi,
per prepararle a una tale scelta. Le donne maltrattate hanno chiesto di partecipare ai corsi
ma, salvo in pochissimi casi, non hanno voluto accedere al microcredito.
Il timore di aggiungere un prestito al bagaglio emotivo e nodoso che si portavano dietro pesava troppo, le angosciava e preferivano concentrare le loro energie per sciogliere problematiche
personali di altra natura. Ciò pur avendo subito, per la maggioranza dei casi anche violenza
economica, ma quasi tutte loro l’avevano rimosso, in parte perché prese dall’elaborazione del
trauma nel suo complesso e in parte perché frenate all’idea di affrontare questioni economico
finanziarie, e perché consapevoli delle difficoltà a reinserirsi lavorativamente.
Gli incontri con Pangea sono stati un’occasione per far riemergere questo aspetto della violenza subita e per lavorare sulle conseguenze concrete che si reiteravano nel tempo. Pertanto
Pangea, durante il progetto, ha orientato le donne a risolvere la loro situazione debitoria, ad
agire anche senza prendere un credito.
54. Latina Caserta L’Aquila Milano Roma
55. A Caserta e Latina su richiesta delle donne
coinvolte nel progetto.
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Italia
Ciò che è emerso con forza è che le donne che hanno subito maltrattamenti si sentono in
credito verso la vita, e solo dopo essersi affrancate dal trauma, sono in grado di misurarsi
con una esperienza di microfinanza; l’accompagnamento in questa fase diventa l’elemento
essenziale per affrontare questa ulteriore scommessa di ricominciare da sè.
I risultati
28 le donne richiedenti di microcredito, 8 donne dalla provincia di Caserta, 9 donne dalla
provincia di Latina, 6 donne dalla provincia di Milano, 5 donne dalla provincia di Roma.
Sono state istruite 21 richieste. Su 21 istruttorie avviate solo 5 hanno terminato tutto l’iter di
esame.
Sono state presentate 5 istruttorie a Banca Popolare Etica e sono stati erogati 4 microcrediti.
8 delle donne richiedenti hanno parzialmente risolto i loro problemi tramite l’accompagnamento
fornito da Pangea. Sono 13 le donne che hanno partecipato ai percorsi di autostima e bilancio di
competenze nell’ottica di ricevere un microcredito. Di queste, tre hanno ottenuto un microcredito.
Una donna giovane con tre figli piccoli a carico ha acquistato un autoveicolo. Tale acquisto le
ha reso più facile la vita rispetto al tempo tra i figli e il lavoro, anzi permettendole di lavorare
di più e aumentare le sue entrate.
Una seconda giovane donna ha acquistato anche lei un veicolo per spostarsi e far seguire
le terapie alla figlia di otto anni, permettendo il miglioramento “mentale-cognitivo” della
bimba, causate da un gravissimo shock emotivo causato dell’aver assistito al tentativo di
omicidio della madre.
La terza donna ha utilizzato i soldi del microcredito per coprire le spese mediche necessarie
per una dei suoi quattro figli.
La quarta donna ha aperto un’attività in un mercato rionale di Roma, un banco di prodotti per la
casa. Tutte hanno restituito tranne una che non è riuscita a pagare le ultime tre rate di 50 euro,
perché l’ex marito aveva cessato di versarle gli alimenti. Pangea ha chiuso per lei la pratica.
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Italia
Microcredito per l’avvio di imprese di donne
Nel 2012-2013 abbiamo lavorato su “Futura” un progetto pilota di microcredito per l’avvio
all’impresa per donne residenti in Italia.
La necessità di misurarci anche sull’avvio d’impresa è nata per venire incontro alle sempre
più crescenti richieste di aiuto che abbiamo incrociato nel nostro fare. Dal 2008, la congiuntura economica e finanziaria ha reso sempre più difficile accedere a un prestito per avviare
attività economiche anche a persone che sino a poco tempo fa avevano un profilo bancabile.
Le donne a cui ci siamo rivolte, di estrazione economica, educativa e sociale molto diverse
da caso a caso, avevano esigenze differenti: per esempio di emergere da situazioni di occupazioni “in nero” o precaria; che desideravano uscire da un lavoro ripetitivo e sottopagato,
oppure con idee troppo innovative perché le banche si assumessero il rischio di un credito,
in alcuni casi erano donne over 45 che avevano perso il lavoro e non era più interessanti per
un mercato che richiede sempre di più i giovani; alcune infine avevano la necessità di rientrare in ambito lavorativo dopo la maternità pur senza trovare opportunità. Tutte donne che
volevano scommettere su se stesse, sulle loro esperienze, capacità, oltreché motivazioni,
ma che erano per vari motivi considerate “non bancabili”.
L’analisi di partenza per quel che riguarda l’imprenditoria femminile e l’accesso al credito su
diverse indagini della Banca d’Italia e alcune organizzazioni delle Pmi56, sottolinea le difficoltà
delle imprese femminili a essere finanziate, pur dimostrando livelli di affidabilità nei rientri
superiori a quelli di analoghe imprese a conduzione maschile.57”.
56. http://www.lavocesociale.it/facilitarelaccesso-al-credito-alle-donne-imprenditrici/
57. Viceministro con delega alle Pari opportunità
Maria Cecilia Guerra 2013
58. http://ingenere.it/articoli/imprenditricibanca-sportelli-faccia
59. http://www.pangeaonlus.org/r/Pangea/
Documenti/Pdf/advocacy/piattaformapechino/
Pechino%202009_2014.doc_July%2022_
DEF%20.pdf
Prevale una generale situazione di scoraggiamento delle imprese al femminile. Uno degli
ostacoli principali che si oppone alla concessione di un finanziamento a una donna è proprio
la richiesta da parte degli istituti di credito del coinvolgimento del coniuge nell’avallo o nella
fornitura di garanzie: in regime di separazione dei beni o di separazione coniugale ciò è di
fatto quasi impossibile, perché rende la moglie imprenditrice dipendente dalla volontà58 del
marito59. Oltre alla difficoltà a ottenere capitali da investire, si somma la lentezza di un sistema burocratico cavilloso nel disbrigo delle pratiche di avvio di una impresa, se pur piccola,
la totale assenza di facilitazioni fiscali per l’avvio, e il peso da sopportare di una eccesiva
pressione fiscale delle piccole attività.
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Italia
L’ammontare massimo richiedibile 25.000 euro, per non oltre sette anni, a un tasso variabile
che oscilla tra il 5% e il 6% (tasso di Banca Popolare Etica).
I servizi non finanziari che abbiamo proposto sono stati relativi all’accompagnamento come
importante preambolo per il rafforzamento dell’autostima e la costruzione motivazionale,
l’individuazione e la messa a punto dell’idea e del modello d’impresa, la verifica delle proprie
competenze economiche e relazionali e l’accrescimento delle stesse e superare le incertezze
di percorso, la costruzione del Business Plan, l’accompagnamento in banca per la richiesta
di microcredito. Nel caso di avvio di microimpresa, a seguito dell’erogazione, si monitora e si
danno consigli per non lasciare sole le neoimprenditrici nei momenti di difficoltà, se vogliono.
I risultati
Abbiamo svolto un corso di formazione per individuazione e costruzione del modello di
impresa per 16 aspiranti imprenditrici, abbiamo dedicato 564 ore tra selezione e accompagnamento personale delle richiedenti per altre 26 donne. Abbiamo avviato 6 istruttorie bancarie
e fatto concedere 6 microcrediti per un totale di 61mila euro, che hanno visto coinvolte 16
persone. Altre due imprese hanno aperto senza chiedere il finanziamento del microcredito,
ma usufruendo del nostro accompagnamento. Il tutto si è svolto nell’area metropolitana della città di Roma. Il costo dell’accompagnamento è stato coperto da una donazione privata.
Esaurita questa sono finite le risorse per proseguire il lavoro.
Ciononostante dal settembre 2013 a metà 2014 abbiamo ricevuto oltre 200 richieste da tutta
Italia.
Tutta la formazione che Pangea ha fatto nei Paesi del sud per capacitare le donne a essere
buone imprenditrici di se stesse, sicure di sé, buone risparmiatrici in grado di gestire un
credito (servizi non finanziari), è possibile anche qui in Italia, ma spesso si dà per scontato
che, vivendo in un Paese che ha raggiunto già molti traguardi - in cui la maggioranza delle
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Italia
persone sanno leggere, scrivere, fare di conto, hanno uno smartphone e leggi in loro favore
– chiunque abbia la capacità e le competenze per avviare una impresa.
La nostra esperienza ha evidenziato che invece ci vuole una formazione sui temi dell’impresa
e ci vuole un approccio di genere che tenga conto della specificità che comporta l’apertura
di un’attività di una donna. Ci vuole un assiduo accompagnamento, di gruppo e personalizzato, senza correre, nel rispetto dei tempi, fatto di sostegno nei momenti di incertezza e
di tecnicismi nei momenti di necessità. Questo lavoro professionale in Italia però stenta a
essere riconosciuto e troppo spesso non si tiene in considerazione il costo che ne discende.
Dal nostro punto di vista, oggi più che mai il microcredito per l’impresa alle donne deve
essere concepito in un’ottica di rete fatta di diversi attori intorno a una persona che vuole
uscire dall’esclusione economica e finanziaria nella quale si trova, per recuperare la dignità
di azione e proiettarsi in ambiti e settori dove la propria valorizzazione possa esprimersi al
meglio. Un microcredito concepito per offrire qualità e non marginalità. Ciò serve per sviluppare piccole imprese legate ai territori, fatte di persone e di relazioni, di risposte ai bisogni,
di recupero di eccellenze, di attenzione e quotidianità, per rinnovare i saperi e/o innovare
con responsabilità, piccole dosi di economia sana, quanto serve per restituire benessere in
una società che guarda al futuro con incertezza.
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Conclusioni
In questo rapporto vi abbiamo raccontato come, dal 2003 a oggi, Fondazione Pangea ha lavorato per offrire delle opportunità, opportunità che sono state colte da oltre 40mila donne, di
cui 13.696 hanno beneficiato di un microcredito. Ciò ha generato una ricaduta positiva non
solo individuale e in famiglia, dal momento che sono stati coinvolti almeno altri 35mila tra
donne, uomini e bambini nei percorsi di sensibilizzazione presso le comunità di riferimento.
Gli elementi che fanno da filo conduttore nei nostri programmi sono:
•i metodi d’intervento e l’applicazione delle tecniche di microfinanza e microcredito utilizzate, diversi a seconda del contesto in cui si interviene, ma tutti attuati in una visione di
sviluppo olistico della persona, affinché generino un empowerment economico e sociale
reale e duraturo nel tempo. A strumenti prettamente finanziari Pangea affianca sempre
servizi non finanziari di formazione tecnica legata alle attività di imprenditoria, di gestione
del credito e raccolta del risparmio e, oltre a essi, strumenti che rafforzino nelle donne le
capacità di leadership, l’autostima, la consapevolezza dei propri diritti, della propria salute,
le capacità (alfabetizzazione etc.);
•ogni programma nasce da un confronto con le donne delle comunità presso cui si va a operare; ogni microcredito è concesso sulla base di regole trasparenti tra Pangea e la richiedente;
•il microcredito di Pangea ha una sua specificità rispetto ai legami con il territorio, alla filiera
corta della produzione e della vendita, alla rete locale che si sviluppa attraverso e intorno
a una microimpresa o attività di auto impiego. Ciò non toglie che le attività sviluppate possano essere nel tempo ampliate su scala e avere buone potenzialità per essere esportate
in altri contesti.
•Fondazione Pangea, lavora nel mondo con staff principalmente composto da donne, contrariamente a quanto succede nella la maggioranza delle strutture che lavorano nella microfinanza e che in genere hanno una governance ai livelli apicali e operativi quasi completamente costituita da uomini, pur rivolgendosi a un target di mercato composto da donne;
•le donne nei programmi di microfinanza e microcredito di Pangea hanno dimostrato ampiamente di riuscire a migliorare la loro vita, quella della loro famiglia e nella loro comunità .
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Concludiamo con alcuni pensieri sparsi su cui ci piacerebbe si aprisse un dibattito.
•La microfinanza e il microcredito sono strumenti che ben si predispongono per avviare
attività con caratteristiche di alta innovazione sociale, e/o d’innovazione tecnologica a
basso costo e impatto ambientale.
•Questi strumenti non sono la panacea a questioni di politica macro, né è la soluzione alla
mancanza di lavoro. La microfinanza e il microcredito non sostituiscono un piano industriale
di rilancio dell’economia. Sono però uno strumento finanziario diverso, frontale, flessibile,
che potenzialmente può rispondere a quel fermento di rinnovazione sotterranea che c’è,
malgrado povertà o crisi, nell’economia, e che non deve restare nell’informalità ma emergere e partecipare alla spinta propulsiva per la costruzione di nuovi modelli economici,
sostenibili, innovativi e di economia sociale.
•I processi di empowerment delle donne, nelle società in cui la vulnerabilità è maggiore,
si attuano principalmente in gruppo, in maniera da suddividere il peso dello scontro di
potere con l’ordine costituito (morale o fisico) nel momento in cui si vogliono modificare
delle regole. La solidarietà tra donne pertanto diventa fattore trasformativo fondamentale.
•I processi di empowerment delle donne nelle società in cui il benessere è maggiore (ad
esempio in Italia) sono di natura individuale e più difficoltosi. La rete della solidarietà
spesso è più fragile e si limita al perimetro familiare (di origine o acquisito). Lo status di
benessere che proviene dal passato può rappresentare un ostacolo, al contrario, persone
che non hanno mai vissuto tale idea di se stesse, fanno minor fatica a “mettersi in gioco”
nel chiedere un microcredito.
•L’autostima è il vero credito che ognuno deve concedere a se stesso, perché non si può
acquistare in nessun dove e con nessuna banca. È dentro ognuno di noi, donne e uomini, e
viene riflessa nella fiducia delle persone che ci accompagnano, con cui si fa rete, nel proprio
percorso di riscatto economico e sociale.
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La nostra esperienza in Afghanistan, India, Nepal e Italia ci insegna che lievi aumenti nelle
opportunità offerte alle donne, possono portare benefici economici e sociali spettacolari che
spesso superano le nostre aspettative e immaginazione.
Investire sulle donne e con le donne aiuta a velocizzare lo sviluppo delle economie locali e
crea società più eque. Ciò permette la trasformazione lenta ma costante dei vincoli culturali
e politici che ostacolano ancora oggi nel mondo la parità, i diritti, un’economia sociale, una
finanza etica, la Pace.
Simona Lanzoni
Vicepresidente e Direttrice dei Programmi
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Rapporto a cura di Simona Lanzoni
Hanno collaborato: Claudia Signoretti, Carolina Lami, Marta Vida
Foto Credits: Ugo Panella, Giovanni De Sandre
Ricerca iconografica: Paolo Riva
Progetto grafico: Rebelot Design
Ottobre 2014
Fondazione Pangea oggi è:
Luca Lo Presti
Simona Lanzoni
Luigi Restelli
Teresa Antinoro
Anamaria Galarreta
Carolina Lami
Monica Mancini
Claudia Signoretti
Silvia Redigolo
Paolo Riva
Marta Vida
Fondazione Pangea Onlus
www.pangeaonlus.org
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