Effetti dell`Innovazione - Docenti Università di Siena

CORSO DI POLITICA ECONOMICA PER L’INNOVAZIONE
FACOLTÀ DI ECONOMIA R.GOODWIN
UNIVERSITÀ DI SIENA
PROF.SSA
MARIA ALESSANDRA ROSSI
[email protected]
Innovazione, competitività e crescita
CORSO DI POLITICA ECONOMICA PER L’INNOVAZIONE Prof. M.A.Rossi
SCHEMA DELLA LEZIONE
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Cosa si intende per competitività?
Cosa determina la competitività di lungo periodo?
Le teorie della crescita e l’innovazione
Implicazioni per le politiche pubbliche
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LA NOZIONE DI COMPETITIVITÀ (DI UN PAESE)
•  A livello intuitivo, la nozione di competitività è legata a:
–  Confronto relativo tra tassi di crescita o performance
–  Evoluzione dei pattern di commercio internazionale e dei vantaggi
competitivi •  Due accezioni principali di competitività
–  Competitività di prezzo di breve periodo
•  Aumento del tasso di cambio reale
•  Diminuzione dei costi unitari di produzione
–  Competitività di lungo periodo/tecnologica
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COMPETITIVITÀ DI PREZZO/1
Tasso di cambio nominale: prezzo della valuta estera in termini di
valuta nazionale.
Tasso di cambio reale (R): rapporto tra il prezzo del bene di produzione
nazionale, espresso in valuta locale, e il prezzo del bene di produzione estera,
anch’esso espresso in valuta locale.
R = P1/EP2
P1 prezzo del bene di produzione nazionale in valuta nazionale (es.€)
P2 prezzo del bene di produzione estera in valuta estera (es. $)
E tasso di cambio nominale (es.€ / $)
R
crescente (apprezzamento) indica una diminuzione della competitività internazionale di prezzo del produttore locale
R
decrescente (deprezzamento) indica un aumento della competitività internazionale di prezzo del produttore locale
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COMPETITIVITÀ DI PREZZO/2
•  La competitività di prezzo può essere ottenuta con: –  Una svalutazione del cambio nominale, ovvero un aumento di E
–  una diminuzione del prezzo dei beni di produzione locale (P1) ottenuta
mediante riduzione dei costi unitari
•  Il deprezzamento del cambio reale si può ottenere con una
riduzione del debito (↓debito→↓tasso
interesse→↑investimenti all’estero→↓valore valuta nazionale)
•  Non è una strategia sostenibile nel lungo periodo, infatti: ↑ prezzi beni importati→↑ inflazione →↓ investimenti interni→↓
produttività
•  La riduzione dei costi unitari è una strategia più sostenibile
(↓costi→↑esportazioni→ apprezzamento cambio) ma limitata
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I LIMITI DEL CONTENIMENTO DEI COSTI: IL CASO DEL COSTO DEL LAVORO IN ITALIA/1
Fonte: US Government Department of Commerce, BLS Novembre 2005 CORSO DI POLITICA ECONOMICA PER L’INNOVAZIONE Prof. M.A.Rossi
I LIMITI DEL CONTENIMENTO DEI COSTI: IL CASO DEL COSTO DEL LAVORO IN ITALIA/2
Costo del
Lavoro
Paesi (anno 2005)
Cuneo Fiscale
% crescita del
PIL
(previsioni su crescita
media annua
2001-2007)
Quota delle
esportazioni
sul PIL
(Dollari USA a parità di
potere di acquisto)
Germania
53.278
51,8%
0,9%
40,2%
Francia
47.824
50,1%
1,7%
26,3%
Italia
36.011
45,4%
0,8%
26,3%
EU-15
42.317
42.1%
1,7%
36,2%
Fon&: costo del lavoro e cuneo fiscale, OECD Economic Outlook N° 77, june 2005; PIL ed esportazioni, Eurostat StaKsKcal annex spring 2006. CORSO DI POLITICA ECONOMICA PER L’INNOVAZIONE Prof. M.A.Rossi
L’ANDAMENTO DELLA PRODUTTIVITÀ
Fonte: US Government Department of Commerce, BLS Novembre 2005 CORSO DI POLITICA ECONOMICA PER L’INNOVAZIONE Prof. M.A.Rossi
COMPETITIVITÀ TECNOLOGICA DI LUNGO TERMINE
•  Determinata dall’innovazione, che implica aumento della
produttività e delle esportazioni
•  È compatibile con: –  prezzi dei prodotti più elevati (indicatori di maggiore qualità)
–  un valore più elevato della valuta nazionale
•  È compatibile con l’idea che le relazioni fra paesi possano
essere caratterizzate come un ‘gioco a somma positiva’
piuttosto che un ‘gioco a somma zero’
–  Crescita →↑ ‘dimensioni torta’ → possibilità ↑benessere •  Come aumentare la competitività di lungo periodo è la
domanda principale che si pone la teoria della crescita
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LE QUESTIONI PRINCIPALI AFFRONTATE DALLA TEORIA DELLA CRESCITA
•  Cosa spiega la crescita delle economie?
•  Perché alcune economie crescono più di altre?
•  E’ possibile che ci sia convergenza nei tassi di crescita delle
diverse economie o i ricchi sono destinati ad essere sempre
più ricchi e i poveri sempre più poveri?
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I PRINCIPALI APPROCCI DELLA TEORIA DELLA CRESCITA
•  Le origini: Malthus, Ricardo, Smith
•  Approccio keynesiano
–  Harrod&Domar
–  Kaldor
•  Approccio neoclassico
–  Esogeno (Solow&Swan)
–  Endogeno (Romer, Aghion&Howitt, ….)
•  Approccio evolutivo/neoschumpeteriano
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I PRECURSORI: LA SCUOLA CLASSICA/1
•  La questione della crescita era fondamentale nel pensiero
degli economisti classici (Smith, Ricardo, Malthus e Mill)
•  Il motore della crescita è l’investimento
•  L’investimento è possibile se il prodotto generato dalla
produzione consente di pagare rendite e salari, di rimborsare
il capitale circolante iniziale e di generare un surplus rispetto
al valore delle risorse impiegate.
•  Tale surplus coincide con il profitto dei capitalisti e può essere
investito incrementando di anno in anno il capitale impiegato
al fine di espandere la produzione.
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I PRECURSORI: LA SCUOLA CLASSICA/2
•  In un’economia agricola esiste un fattore fisso - la terra - che
determina l’arresto nel corso del tempo del processo di sviluppo
•  Ricardo: –  l’espansione della produzione conseguente all’accumulazione di capitale fa
sì che terre sempre meno fertili siano messe a coltura.
–  la produttività marginale del capitale decresce con
l’accumulazione ed arriva al punto in cui nessun profitto viene generato.
•  L’economia è destinata a raggiungere uno stato stazionario in
cui la crescita si interrompe se altri fattori non intervengono a
contrastare la produttività marginale decrescente del capitale.
•  Il progresso tecnico sostiene la crescita dopo il suo avvio.
•  Smith: l’introduzione di nuove tecnologie (ad es. una maggiore
divisione del lavoro) è possibile quando esiste una domanda effettiva
sufficientemente ampia.
•  Indicazione di policy: la politica economica deve occuparsi
principalmente di incoraggiare l’investimento.
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L’APPROCCIO DI HARROD (1939) E DOMAR (1946)/1
•  Harrod e Domar si chiedono quale sia il tasso di crescita del
reddito compatibile con le condizioni di offerta (produzione) e
quale debba essere la crescita della domanda per avere un tasso
di crescita bilanciato (NB: scrivono dopo la Grande
Depressione)
•  Il modello che elaborano, in modo indipendente:
–  Fa un’ipotesi forte sulla tecnologia: input utilizzabili in proporzioni fisse
–  Enfatizza il ruolo cruciale dell’investimento (e del risparmio) (↑risparmio →↑investimento→↑accumulazione capitale→↑crescita)
–  Spiega che non c’è alcuna ragione per cui la crescita debba essere
necessariamente su un sentiero bilanciato
–  Tuttavia, spiega che esiste un sentiero di crescita dell’investimento e
dell’economia in grado di generare una crescita bilanciata.
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L’APPROCCIO DI HARROD (1939) E DOMAR (1946)/2
•  Tecnologia a coefficienti fissi
Kt/Yt = v
v >0 = intensità capitalistica della produzione
s>0 = propensione marginale al risparmio
•  Risparmio
St = sYt
•  Equilibrio macroeconomico in economia chiusa
St = It
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L’APPROCCIO DI HARROD (1939) E DOMAR (1946)/3
•  Tasso di crescita garantito o di equilibrio (gw)
–  Si verifica quando le imprese fanno previsioni esatte sulla domanda,
calcolano gli incrementi necessari di produzione e fanno gli
investimenti corrispondenti
•  gw dipende da s (↑s →↑ gw) e da v (↑v →↓ gw) •  Tasso di crescita naturale (gn) = tasso di crescita produttività del
lavoro (Δπ/π) + tasso di crescita della forza lavoro ( ΔN/N)
•  Nulla assicura che gw = gn –  gw < gn → disoccupazione strutturale
•  N cresce troppo velocemente, s è insufficiente, la domanda attesa è bassa
e I è insufficiente
–  gw > gn → depressione
•  S e I sono eccessivi, la domanda attesa è alta e si accumula troppo (dato N
e tecnologia) CORSO DI POLITICA ECONOMICA PER L’INNOVAZIONE Prof. M.A.Rossi
IMPLICAZIONI PER LA POLITICA ECONOMICA
•  La politica economica è importante per stabilizzare
l’economia
•  Non tutte le variabili su cui si può intervenire sono efficaci:
–  N – politiche demografiche – poco efficaci
–  Δπ/π – interventi sulla produttività del lavoro (R&S) – efficaci ma di
lungo periodo
–  s – propensione al risparmio – difficile da influenzare attraverso la
politica economica
–  v – intensità capitalistica della produzione – più facile da influenzare
(es. industria pesante vs. industria leggera)
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LA ‘CONTABILITÀ DELLA CRESCITA’
•  Abramovitz (1956) ed altri negli anni ‘50 e ‘60 hanno cercato di
scomporre la crescita del PIL a livello empirico •  La crescita del PIL si spiega solo in minima parte (4,7%) con
l’aumento della quantità di fattori produttivi (K e L)
•  La maggior parte della crescita (95,3%) si spiega con un insieme di
‘fattori invisibili’ – il ‘residuo’:
– 
– 
– 
– 
– 
– 
Organizzazione del lavoro e della produzione
Economie di scala
Investimento in R&S e uso di conoscenze più avanzate
Formazione dei lavoratori
Caratteristiche istituzionali
…
•  Il ‘residuo’ è spesso chiamato la ‘produttività totale dei fattori’ (Total
Factor Productivity - TFP)
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IL MODELLO DI SOLOW (1954)/1
•  Solow riporta il progresso tecnologico al centro dell’analisi
della crescita
–  Abbandona l’ipotesi di fattori in proporzioni fisse
–  Introduce la possibilità di perfetta sostituibilità fra gli input
–  Ipotizza che il progresso tecnologico (esogeno) determina la crescita
determinando innovazioni negli strumenti e nelle tecniche di
produzione
•  Diversamente da Harrod e Domar, Solow conclude che
l’accumulazione capitalistica non è sufficiente a garantire la
crescita del reddito pro-capite, in assenza di progresso tecnico
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IL MODELLO DI SOLOW (1954)/2
•  Assunzioni di base:
–  Funzione di produzione con:
•  Rendimenti di scala costanti
•  la produttività marginale del lavoro e del capitale decrescenti
–  Concorrenza perfetta
–  Tecnologia esogena (‘manna dal cielo’)
–  Tecnologia come "free good” (costo di accesso alla tecnologia = 0)
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IL MODELLO DI SOLOW (1954)/2
•  Implicazioni:
–  Il sistema dei prezzi è in grado di rendere coerenti le scelte degli
agenti economici con il raggiungimento e la permanenza su un
sentiero di crescita bilanciato;
–  Lungo periodo: dal momento che il capitale fisso ha una produttività
marginale descrescente, e in assenza di progresso tecnologico, c’è
convergenza delle economie su un unico sentiero di crescita di
lungo periodo – lo stato stazionario – determinato dalla
disponibilità di forza lavoro e dal progresso tecnico;
•  ↑K → ↓incentivo ad investire
•  I paesi poveri hanno <K e quindi > incentivo ad investire e a crescere
–  Breve periodo: si possono avere tassi di crescita al di sopra del tasso
stabile di lungo periodo utilizzando in modo più efficiente il capitale ed
il lavoro, data la tecnologia. CORSO DI POLITICA ECONOMICA PER L’INNOVAZIONE Prof. M.A.Rossi
IMPLICAZIONI PER LE POLITICHE PUBBLICHE •  Il modello di Solow porta ad un risultato per certi versi
paradossale:
–  Individua nel progresso tecnologico la chiave della crescita
–  Ma, assumendo produttività marginale decrescente dei fattori e
convergenza, suggerisce che l’intervento di politica economica è inutile
e che si debbano lasciar operare le forze del mercato
–  Inoltre, ipotizzando che il progresso tecnologico è esogeno, non
esplora la cruciale questione di come possa essere stimolato il
progresso tecnologico
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NEW GROWTH THEORY O TEORIA DELLA CRESCITA
ENDOGENA/1
•  Le teorie della crescita endogena cercano di individuare fattori endogeni
(quindi: modificabili) che determinano il progresso tecnologico e dunque
la crescita
•  La crescita economica è garantita dalla presenza di esternalità positive
derivanti dalla conoscenza tecnologica che comportano rendimenti
di scala crescenti anche in presenza di produttività marginale
decrescente dei fattori
•  La funzione di produzione tipica di questi modelli è:
Y = F(A, K, L)
•  dove A sono le conoscenze tecnologiche e i rendimenti crescenti di scala
si hanno solo se si considera la presenza di A
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NEW GROWTH THEORY O TEORIA DELLA CRESCITA
ENDOGENA/2
•  Le conoscenze tecnologiche possono avere diverse forme
–  Conoscenze incorporate nel capitale fisico attraverso il learning by doing ed imitabili
da altre imprese (Romer, 1986)
–  Capitale umano (Lucas, 1988)
–  Stock di idee prodotte dall’attività di R&S (Romer, 1990)
•  Le conoscenze tecnologiche sono, almeno in parte, non escludibili e
possono essere accumulate •  L’accumulazione delle conoscenze complementari al capitale fisico dipende dalle
scelte degli agenti economici del sistema (è endogena all’economia) ed evita che
la crescita rallenti nel corso del tempo.
•  esistenza di una divergenza nell’equilibrio di lungo periodo fra i
diversi sistemi economici. Le economie con condizioni iniziali migliori sono
destinate a prevalere, anche nel lungo periodo, su quelle già in partenza
svantaggiate.
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DUE TIPI DI MODELLI
•  Modelli di ‘scala di qualità’ o differenziazione verticale (es.
Aghion e Howitt, 1992)
–  Ogni innovazione successiva rimpiazza la precedente
–  Le imprese hanno un monopolio temporaneo che svanisce se un’altra
impresa introduce un’innovazione
–  Le conoscenze si diffondono in modo intertemporale da un innovatore
al successivo
•  Modelli di ‘varietà di beni’ o differenziazione orizzontale (es.
Romer, 1990)
–  L’innovazione introduce nuovi beni capitale in concorrenza con i beni
precedenti
–  Le imprese competono per produrre tali innovazioni
–  Le innovazioni aumentano il livello generale delle conoscenze
disponibili nell’economia
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GENERAL PURPOSE TECHNOLOGIES E CRESCITA
(HELPMAN, 1998)
•  GPT indicano tecnologie pervasive che influenzano intere
economie (es. motore a vapore, elettricità, ICT)
•  Implicano la diffusione nell’economia di molti beni (capitali)
intermedi
•  Sono associati ad una crescita ciclica
–  Fase di bassa crescita: GPT scoperta ma non operativa perché non
sono ancora sufficientemente diffusi i beni intermedi necessari
–  Fase di alta crescita: GPT pienamente sviluppata per la presenza di
molti beni capitali, soppianta vecchia GPT
•  Questa teoria ha elementi in comune con alcuni aspetti della
teoria evolutiva (v. sotto) CORSO DI POLITICA ECONOMICA PER L’INNOVAZIONE Prof. M.A.Rossi
IMPLICAZIONI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
•  La concorrenza non è sufficiente ad assicurare l’ottimo sociale
per via della presenza di esternalità (le scelte individuali non
prendono in considerazione gli effetti positivi sugli altri agenti
economici)
•  L’intervento pubblico può (deve) correggere il problema di
esternalità introducendo stimoli all’investimento in
conoscenza •  Forme di intervento:
– 
– 
– 
– 
– 
– 
Incentivi all’investimento in capitale fisico e umano
Protezione dei diritti di proprietà (sia fisici che intellettuali)
Stabilità del quadro macroeconomico
Stabilità e qualità delle istituzioni finanziarie
Apertura dei mercati agli scambi (per internalizzare spillover)
Importanza degli assetti istituzionali (che influenzano le scelte
individuali)
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MODELLI DI CRESCITA CUMULATIVA O NEO-KEYNESIANI
•  Lo sviluppo è caratterizzato dall’esistenza di circoli viziosi o virtuosi di
causazione cumulativa che causano crescita economica
permanentemente accelerata o rallentata.
•  Importante modifica delle assunzioni: la conoscenza non è un “free good”
ma è di proprietà di chi la crea
•  Le economie tendono a percorrere sentieri di crescita divergenti:
–  I paesi che riescono a generare un circolo virtuoso cresceranno a tassi
crescenti;
–  I paesi intrappolati in un circolo vizioso cresceranno a tassi via via decrescenti.
•  Si tratta di modelli di equilibrio economico parziale perché necessitano
dell’ipotesi che le risorse necessarie a sostenere i cicli virtuosi:
–  siano disponibili ed inutilizzate nell’economia (es. disoccupazione) –  oppure possano essere permanentemente “importate” da altre economie.
•  Il processo di crescita in questo contesto viene avviato e sostenuto dalla
domanda estera.
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L’APPROCCIO EVOLUTIVO ALLA CRESCITA: RIPASSO DEGLI ELEMENTI CHIAVE
•  Razionalità limitata e routines
•  Incertezza forte
•  La crescita è spiegata da:
–  Selezione (mercati)
–  Generazione di novità (innovazione)
•  L’insieme di possibilità di produzione è limitato:
–  Paradigmi tecnologici
–  Traiettorie tecnologiche – governate da circostanze specifiche
•  Eterogeneità delle imprese rispetto alle scelte tecnologiche e
alle attività di ricerca
•  Lo stimolo all’innovazione viene dalla riduzione del tasso di
rendimento di un’impresa al di sotto di un certo valore
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L’APPROCCIO EVOLUTIVO ALLA CRESCITA: IMPLICAZIONI
Differenze rispetto all’approccio neoclassico:
•  Instabilità temporale del cambiamento tecnologico →
l’economia tende a gravitare lontano dallo stato stazionario
•  I processi di crescita non sono deterministici, ma influenzati da
fattori causali
•  L’innovazione tecnologica può introdurre dinamiche
discontinue (cfr. ‘sciami’ di Schumpeter, ‘onde lunghe’, gruppi di
innovazioni complementari)
•  Anche l’approccio evolutivo ritiene importanti le politiche
pubbliche, ma sottolinea che esse comportano forti
complementarietà e che quindi è difficile prevederne
esattamente gli impatti
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CONCENTRAZIONE DELLE INNOVAZIONI, CICLI E CRESCITA
Introduzione innovazione
e rapido progresso
Riduzione delle
opportunità tecnologiche
Fase di normalizzazione,
in cui i profitti
Schumpeteriani si
riducono
progressivamente
Il tasso di crescita economica varia nel tempo in funzione del tasso
di innovazione, generando cicli
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METODOLOGIA DI ANALISI
•  I modelli evolutivi ricorrono molto alle simulazioni, per
analizzare gli effetti della eterogeneità delle imprese
•  Nelson e Winter (1982)
–  Le imprese utilizzano tecniche produttive con un rapporto fisso tra
capitale e lavoro.
–  Varietà introdotta con attività di ricerca
•  Ricerca locale (possibilità di successo che diminuisce in funzione della
distanza tecnologica con le tecnologie esistenti)
•  Ricerca imitativa (tecniche impiegate dalle altre imprese).
–  Simulato al computer con i dati di Solow fornisce risultati
qualitativamente simili
•  Modelli “history-friendly” (Malerba et al., 1999).
–  Partono dalla descrizione delle variabili di settore (crescita,
concentrazione, occupazione) e attraverso simulazioni descrivono le
dinamiche (insieme ristretto di valori di riferimento).
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