Emarginazione e esclusione. Qualche volta un piccolo libro

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Emarginazione e esclusione.
Qualche volta un piccolo libro,apparentemente insignificante, ci richiama al senso della realtà,
puntualizza l’esperienza di un aspetto della vita quotidiana che, per essere abituale, ci sfugge nel suo
significato. I fenomeni che ci sono abituali, scriveva Nietzsche, sono i fatti più difficili da studiare. Quando
poi la capacità dell’autore è tale da elaborare l’osservazione scavando nel profondo e inserendola in un
quadro culturale e concettuale di buon livello, allora riusciamo a cogliere tutto il senso di quei piccoli fatti
significativi che fanno parte della nostra quotidianità. Tale è il caso del volumetto di Emanuele Rossi, In
disparte. Appunti per una sociologia del margine, pubblicato da Armando Editore (2012) con una prefazione
di Franco Ferrarotti e una postfazione di Marieli Ruini. Dall’osservazione di casi di marginalità e di
esclusione l’autore riesce, con eccellente capacità analitica, a dipingere in brevi tratti le forme più rilevanti
in cui emerginazione e esclusione si riproducono nelle nostre società culturalmente evolute e al tempo
stesso generano nuove forme di socialità.
I “piccoli fatti significativi” scriveva un grande storico francese (H. Taine) sono “l’alpha e l’omega di
ogni conoscenza”. Ragionando su di essi potremo arrivare a quelle conclusioni per le quali sarebbe servito
un lungo e astratto discorso. Ma noi in genere siamo troppo distanti da questi fatti, abbacinati
dall’astrazione, dalla tecnica e dalla tirannia del metodo, e perciò abbiamo perso la sensibilità per
l’osservazione viva, immediata e se si vuole microscopica sulla quale poter riflettere liberi da schematismi
astratti. Il potere della tecnica ci suggestiona, come scrive Heinrich Popitz nella sua Fenomenologia del
potere (Il Mulino,1990). “Il principio tecnico – scrive a sua volta Ferrarotti nella prefazione al libro –
subordina a sé, alle proprie esigenze, rigidamente scandite, le dimensioni umane e i processi naturali:
cultura contro natura, meccanico contro organico, precisione numerica contro approssimazione intuitiva.
Peccato che la tecnica sia una perfezione priva di scopo. Adottare il principio tecnico significa trasformare i
valori strumentali in valori finali: un equivoco dalle conseguenze catastrofiche”. Quanti pregiudizi e quante
falsità si moltiplicano oggi all’ombra di schemi dati come assoluti, di principi tecnici e di metodo assunti
come inderogabili in discipline come la sociologia e la scienza politica!
Emarginazione e esclusione, come testimonia il libro di Rossi, determinano attraverso il valore
tecnico e di metodo forme ideologiche di distinzione e selezione meccanica della società e dei gruppi che la
compongono, producono forme di disumanizzazione della relazione sociale, per cui l’individuo diventa cosa.
Come scriveva Erich Fromm, “ciò che non è stato visto come uomo, eppure lo è, viene trasformato in cosa”
e “le cose non possono più avere un loro io”.
L’iperrazionalismo vorrebbe trasformare gli individui in meccanismi sociali o altrimenti emarginarli
o escluderli. Vorrebbe avere solo tecnici al servizio di un potere invisibile, cioè “gaudenti senza cuore” o
“specialisti senza intelligenza” (M. Weber), mentre “gli ultimi uomini” dovrebbero essere relegati in un
limbo senza futuro. Per questo sono preziosi i lavori come quello di Rossi che ci riportano ad una sensibilità
diversa per l’umano che vive accanto a noi e condivide in diverse condizioni la nostra quotidianità troppo
asservita alla ragione astratta. Visitando “lo spazio del povero”, “il piccolo mercatino”, “la stazione del
metrò”, Rossi ci riporta ad aspetti della cultura contemporanea che spesso volutamente ci sfuggono, anche
perché suonano come un rimprovero verso noi stessi. Queste visitazioni ci fanno cogliere, in un piccolo
mondo che cerca la sopravvivenza, il senso di una realtà ingrata per l’uomo che la vive, il quale rifiuta di
diventare cosa costruendo un suo bassifondo civile, che è al tempo stesso bassifondo della rassegnazione,
riproduzione di una “società minore” e rifiuto del tragico. E’ un bassifondo che ricrea società a dispetto di
emarginazione e esclusione prodotte dall’economicismo, dalla tecnica e dai sacerdoti del metodo.
Dobbiamo essere grati a Emanuele Rossi di averci fatto da guida in queste rivisitazioni istruttive.
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