Fisica Medica 2007/8 IMPEDENZA TISSUTALE Vorrei comprendere meglio il concetto di impedenza tissutale elettrica da noi studiato in fisica medica. In particolare vorrei capire perché un tessuto in risonanza abbia un impedenza in cui la componente reattiva si annulla. Vi ringrazio. Come noto un campione di materiale può essere caratterizzato dal punto di vista elettrico valutandone il comportamento che assume quando ad esso è applicata, tramite elettrodi, una tensione elettrica. A seconda delle proprietà conduttrici del materiale, l'entità del flusso di corrente elettrica provocata all'interno del campione dalla tensione applicata assume valori molto diversi. Nel caso semplice di sollecitazione in tensione di valore costante (regime continuo) il parametro che descrive l'entità della corrente è la resistenza elettrica (simbolo convenzionale R). Qualora la tensione elettrica non abbia valore costante ma variabile nel tempo con andamento periodico sinusoidale, la corrente che si sviluppa risulta avere (salvo rari casi) anch'essa andamento sinusoidale con lo stesso periodo o, equivalentemente, la stessa frequenza di oscillazione. In questo caso, tuttavia, la corrente elettrica è caratterizzata da due grandezze anziché una: - l'ampiezza, che descrive il valore massimo dell'oscillazione di corrente; - la fase relativa, ovvero il ritardo temporale (o l'anticipo!) che l'onda sinusoidale di corrente assume rispetto all'onda sinusoidale di tensione. Queste informazioni sono riassunte dalla grandezza impedenza elettrica (simbolo convenzionale Z) che rappresenta l'estensione formale della resistenza nel caso, peraltro molto frequente, di regime sinusoidale. È fondamentale ricordare qui che l'impedenza è rappresentabile da un numero complesso la cui parte immaginaria dipende dalla frequenza (f) dell'onda di tensione sollecitante. Ovviamente anche una sostanza organica, quale una fibra o un tessuto, può essere caratterizzata dal punto di vista elettrico; si parla, pertanto, di impedenza tissutale. L'effetto di risonanza può essere illustrato facendo riferimento alla rappresentazione schematica di un campione di materiale in Figura 1. Figura 1 - Semplice esempio di circuito risonante sollecitato dalla tensione sinusoidale V. In evidenza anche le cadute di potenziale sui singoli elementi. La resistenza R coincide, per basse frequenze, al valore di resistenza in regime continuo, la capacità C riassume gli effetti di accumulo di carica elettrica sul tessuto mentre l'induttanza L descrive gli effetti magnetici dovuti alla corrente variabile. La rappresentazione di Figura 1 è puramente astratta, nel senso che non è banale associarvi porzioni di tessuto né valutare il valore dei parametri necessari per analizzare a livello quantitativo il fenomeno. Per la rete generale di Figura 1 l'impedenza complessiva vale: dove il termine 2πfL prende il nome di reattanza induttiva (XL) e 1/(2πfC) si dice reattanza capacitiva (XC). Osservando la (1) si nota che esiste un particolare valore della frequenza f per la quale la componente induttiva bilancia la componente capacitiva annullando la parte immaginaria dell'impedenza. Dal punto di vista intuitivo si può interpretare il fenomeno considerando che il ritardo dell'onda di corrente rispetto all'onda di tensione provocato dagli effetti induttivi (L) sia perfettamente compensato dall'anticipo tra le onde stesse provocato dagli effetti capacitivi (C). In effetti capacità e induttanze rappresentano fenomeni descritti dalle equazioni di Maxwell dell'elettromagnetismo e rispecchiano la rispettiva dualità tra campo elettrico e magnetico. In queste condizioni, di risonanza appunto (in particolare risonanza "serie"), l'impedenza è una grandezza puramente reale e coincide con la resistenza R; ciò significa che la corrente elettrica ha sfasamento (cioè differenza di fase ovvero ritardo) nullo rispetto alla tensione (le onde si dicono appunto "in fase"). Per la legge di Ohm la corrente ha ampiezza massima: indipendente dai valori di L e C. Ancora dalla (1) risulta molto semplice valutare la frequenza alla quale si manifesta la risonanza. Infatti, affinché si annulli la componente immaginaria dell'impedenza deve essere: da cui: Si osservi che tale frequenza dipende esclusivamente dalle componenti reattive L e C ma non dalla resistenza R che interviene, d'altra parte, quale unico parametro per la definizione dell'ampiezza della corrente alla risonanza, vedi (2). Come curiosità si osservi che la tensione ai capi della resistenza ha ampiezza massima VR,MAX=IMAX*R=VMAX, cioè pari all'ampiezza massima della tensione applicata ai capi dell'intera rete mentre le tensioni massime ai capi della capacità C e dell'induttanza L sono rispettivamente: Si osservi inoltre che per valori di induttanza elevati e capacità piccole le tensioni VC,MAX e VL,MAX possono superare l'ampiezza massima della tensione applicata (VMAX); questo risultato, apparentemente sorprendente, è dovuto ad uno scambio reciproco di energia tra condensatore ed induttanza che non coinvolge la sorgente esterna. In condizioni di risonanza lo scambio è massimo perché l'energia elettrica immagazzinata nel condensatore C è in opposizione di fase all'energia magnetica contenuta nell'induttore L: quando uno dei due acquista energia l'altro la cede. Pertanto, le tensioni VC,MAX e VL,MAX, alla risonanza, hanno uguale ampiezza (basta sostituire la (3) nelle espressioni appena trovate) ma verso, istante per istante, opposto: nella somma, vedi Figura 1, tutta la differenza di potenziale V è sostenuta dalla resistenza. In Figura 2 è riportata un esempio di impedenza al variare della frequenza: sono evidenziati modulo (Figura 2a) e fase (Figura 2b) della grandezza completa Z. Si osservi che, come dimostrato, per f=fo (risonanza) l'impedenza è minima in modulo (L e C non giocano più nessun ruolo) e il ritardo di fase è nullo. Le applicazioni della risonanza sono svariate in tutti i campi dell'ingegneria e della fisica; in particolare, in ambito medico, si rivela utile lo studio dell'impedenza tissutale allo scopo di evidenziare anomalie del tessuto organico, indice di eventuali disfunzioni o patologie. APPLICAZIONE Indicazioni e limiti della Radiofrequenza in dermatologia La Radiofrequenza (RF) rappresenta una recente ed interessante metodica nel trattamento di alcuni inestetismi quali l’adiposità localizzata, la panniculopatia edemato-fibro-sclerotica (P.E.F.S.), meglio conosciuta con il nome di “cellulite”, l’invecchiamento cutaneo e le teleangiectasie. L’apparecchiatura consta di un generatore di corrente alternata ad alta frequenza, di manipoli con caratteristiche diverse in funzione delle patologie da trattare e forniti di un intrinseco sistema di raffreddamento essenziale per evitare il surriscaldamento dell’epidermide. Il principio su cui si basa questa metodica consiste nel riscaldamento controllato del tessuto, derma o sottocute, mediante l’induzione di un campo elettromagnetico che determina nel tessuto interessato una complessa e variegata risposta in funzione della modalità applicativa prescelta. La RF permette di trasmettere, in maniera controllata, calore ai tessuti sottostanti molto più in profondità di qualsiasi altro sistema ed in particolare della metodica laser. Il manipolo bipolare presenta al suo interno due elettrodi (+/-) che eccitati generano un campo elettromagnetico con una profondità di circa 3-6 mm. L’utilizzo bipolare è peculiare per il trattamento dell’invecchiamento del viso, collo e decolleté. Può essere usato da solo o meglio abbinato a sorgente laser anche per il trattamento delle teleangiectasie. Il manipolo monoplare è costituito da un unico elettrodo che genera, sempre attraverso la costituzione di un campo elettromagnetico, un riscaldamento controllato molto più profondo che nella modalità bipolare, arrivando sino a 4-6 cm di profondità. L’intensità del riscaldamento è in funzione della conducibilità tissutale ed in particolare modo della resistenza che ogni specifico tessuto oppone a farsi attraversare da una corrente elettrica. Questa resistenza, chiamata impedenza, varia notevolmente in funzione delle peculiarità del tessuto da trattare. Ad esempio, il sangue offre un’impedenza certamente maggiore al grasso, la cute disidratata si lascia più facilmente attraversare rispetto ad una cute ben idratata. Questi concetti fisici sono basilari per l’applicazione pratica di questa metodica, che deve essere quindi personalizzata per ogni paziente e distretto. In modalità bipolare, come innanzi accennato, la RF è particolarmente indicata nel trattamento dell’invecchiamento cutaneo sia cronologico sia fotoindotto. In particolare agisce sul trofismo del tessuto cutaneo migliorandone anche il tono. Il campo elettromagnetico indotto dal manipolo, con il conseguente rialzo termico del derma, induce una intensa stimolazione dei fibroblasti cui consegue la liberazione di sostanze vasoattive che riattivano il microcircolo ed una contestuale fibrillopoiesi e collagenogenesi che giustifica l’effettivo miglioramento dell’obiettività clinica. In eguale misura si osserva un ricompattamento del collageno preesistente che si dispone in maniera più ordinata sui piani spaziali. Non c’è necessità di anestesia ed il paziente, terminata la seduta, può tranquillamente riprendere la sua quotidianità e può truccarsi, se lo vuole. In modalità unipolare la RF è particolarmente indicata nel trattamento della adiposità localizzata e di quella condizione clinica identificata con l’acronimo di P.E.F.S., meglio conosciuta dall’utenza con il termine di “cellulite”. E’ bene precisare con i risultati migliori si hanno nel trattamento dell’adiposità localizzata in virtù dell’assenza delle anomalie anatomico-strutturali presenti nella P.E.F.S. responsabili di una maggiore resistenza del tessuto a farsi attraversare dall’impulso elettrico. La modalità utilizzata in entrambi i casi è quella monopolare. In questo caso, il campo elettromagnetico indotto dal manipolo, determina un riscaldamento termico del tessuto in profondità(4-6 cm) con duplice azione: 1- intensa attivazione del microcircolo con associato migliorato drenaggio (qualora trattasi di cellulite), 2- alterazione della carica elettrica citoplasmatica adipocitaria con conseguente attività lipolitica. La metodica non è invasiva ed è praticamente indolore, considerato che il paziente percepisce soltanto una sensazione di calore più o meno intensa secondo l'individuale sensibilità ed i parametri operativi utilizzati. E’ bene ricordare che i miglioramenti, già riscontrabili dopo le prime sedute, si stabilizzano ulteriormente nel prosieguo e sono decisamente più eclatanti se si abbina un’adeguata attività motoria ed igiene alimentare. Particolarmente interessante è l’utilizzo della RF nel trattamento delle teleangiectasie. In questo caso spesso viene associata con sorgenti laser il cui spot viene preceduto da un’emissione di RF che ne potenzia l’effetto, preriscaldando il “target”. I campi di utilizzo innanzi descritti meritano comunque un’attenta valutazione anche istologica, carenza questa frequente in campo dermoestetico. L’autore pertanto propone un’ampia carrellata di quadri clinici che attestano l’efficacia di questa nuova offerta terapeutica pur evidenziandone i limiti e le precise modalità d’uso DESCRIZIONE DELL'UTILIZZO 1 Porre il soggetto in posizione orizzontale, con le gambe e le braccia leggermente divaricate per 5 minuti, onde permettere un'omogenea distribuzione dei fluidi corporei. Non è richiesta alcuna preparazione del soggetto 2 Applicare i 4 elettrodi adesivi. Applicare le 4 pinzette ai relativi elettrodi (2 pinzette nere e 2 pinzette rosse) come mostrato in figura. 3 Accendere lo strumento e leggere i valori di Massa cellulare, Acqua extracellulare, Metabolismo basale e Angolo di fase espresso in gradi (indice della qualità cellulare) MODALITA' STA che compaiono sul display. PER USARE STA NELLA MODALITA' BIA SI EFFETTUANO COMUNQUE LE AZIONI DESCRITTE AI PUNTI 1 E 2 SALVO POI LEGGERE SUL DISPLAY I VALORI DI RESISTENZA E REATTANZA. 4 Inserire i valori di Resistenza e Reattanza mostrati dallo strumento nel software in dotazione. Per ogni soggetto viene creata una scheda nella quale trovano posto i dati antropometrici e le varie analisi effettuate che consentono di monitorare le condizioni del soggetto nel tempo. 5 Il software elabora i dati fornendo un rapporto dettagliato del soggetto in termini quantitativi. Esso mostra tutti i parametri misurati dal BIA-101 nell’unità di misura (kg, Lt o Kcal) e in percentuale. In questo caso siamo di fronte ad un soggetto che ha una massa grassa del 17,3% ed una massa muscolare di 57,4 kg su un peso complessivo di 88 kg. L’angolo di fase di 9,1 denota un’elevata vitalità. Il metabolismo basale viene misurato in 2404 Kcal. 6 Consultare i valori di riferimento presenti a video per identificare l’eventuale scostamento dalla norma dei parametri misurati. 7 Attivare il grafico Biavector. Questo strumento grafico, Clinicamente validato, permette di individuare lo stato del soggetto riuscendo a discriminare tra buona e cattiva nutrizione, l’obeso dall’atleta, il magro dal cachettico o dall’anoressica, misurare l’idratazione e segnalare l’eventuale catabolismo muscolare. In questo caso viene esaminato un soggetto che non riusciva ad incrementare la propria massa muscolare a causa di uno stato catabolico causato da cattiva alimentazione ed eccessivo allenamento. Prima misurazione Seconda misurazione (3 mesi dopo) Catabolismo muscolare causato da stress e cattiva alimentazione Migliorato l’apporto nutrizionale e ottimizzato l’allenamento BiaVector® Clinicamente validato Aumento ponderale di kg 0,5 La massa cellulare è aumentata di kg. 2,3 La Massa grassa è diminuita di kg 1,8. Aumentato il metabolismo basale in seguito all’aumento di massa cellulare. 8 Stampare il rapporto d’analisi che riporta il nome dello Studio e del Centro Sportivo assieme ai dati del soggetto e agli eventuali grafici selezionati. 9 Grazie ai valori misurati dai nostri Bioanalizzatori è subito possibile decidere gli opportuni interventi dietetici, farmacologici o motori che potranno essere monitorati nel tempo. Tutorial di matematica Potenze, radici, logaritmi 01 - Potenze. Con i numeri reali si possono fare le quattro usuali operazioni + - · / . Con i numeri reali si possono fare anche le potenze che, però, con costituiscono una nuova operazione. Si tratta in effetti di una sequenza di moltiplicazioni. La potenze sono molto utili perché con esse è possibile mettere in forma abbreviata e compatta numeri anche molto grandi e perché soddisfano importanti ed utili proprietà. Per esempio, la distanza terra-sole è di 150.000.000 km . Questo numero può essere scritto come: km oppure, come si usa nella notazione scientifica (la stessa delle calcolatrici elettroniche) : km . Ancora, la terra dista da Alpha Centauri 40.000.000.000.000 km . Usando le potenze si ha : km . Il vantaggio di usare le potenze (specialmente quelle a base 10 ) è innegabile ! Una potenza, quindi è un "oggetto" matematico in cui un numero funge da base ed un altro da esponente : La definizione di potenza è la seguente : la potenza è il prodotto di fattori uguali alla base tante volte quanto indicato dall'esponente. Per esempio : . Si noti che per cui l'operazione di elevamento a potenza non è commutativa rispetto allo scambio fra base ed esponente. La potenza ammette due tipi diversi di operazione inversa : la radice ed il logaritmo. Usando le lettere invece dei numeri, cosa molto comoda in matematica perché ci permette di ottenere formule generali valide per tutti i numeri, la definizione di potenza vale : dove la moltiplicazione è effettuata n volte. Si noti che n deve essere un numero intero maggiore di 1 . Questa precisazione è necessaria perché per avere un prodotto occorrono almeno due fattori. Vedremo più avanti come sia possibile definire potenze con esponente 1 , 0 o addirittura negativo e frazionario. Se la base è 10 , si ha la semplice regola che il numero che si ottiene è formato da 1 seguito da un numero di 0 pari all'esponente. Esempi : . 02 - Proprietà delle potenze. Le potenze soddisfano le seguenti fondamentali proprietà : - 1 - il prodotto di due potenze di ugual base è uguale ad una potenza che ha per base la stessa base e per esponente la somma degli esponenti : . Esempio : . - 2 - il quoziente di due potenze di ugual base è uguale ad una potenza che ha per base la stessa base e per esponente la differenza degli esponenti : . Esempio : . - 3 - la potenza di una potenza è uguale ad una potenza di ugual base elevata ad un esponente uguale al prodotto degli esponenti : . Esempio : . 03 - Esponenti ... particolari. Nella definizione di potenza abbiamo posto la condizione che l'esponente debba essere maggiore di 1, quindi possa prendere i valori 2, 3, 4 ... Cosa succede se immaginiamo di elevare una base ad un esponente uguale a 1 , a 0 o addirittura ad un numero negativo (per gli esponenti frazionari vedi più avanti) ? Secondo la definizione di potenza data in precedenza, queste operazioni sarebbero impossibili. E' però possibile una loro definizione estendendo il concetto di potenza, considerandola in senso più generalizzato. Queste operazioni sono allora possibili (sotto certe condizioni) e la loro definizione è tale da "salvare" le proprietà delle potenze. Useremo allora le proprietà delle potenze per definire questi nuove operazioni. Vediamo in dettaglio : - 1 - esponente uguale a 1 : Consideriamo la divisione 10 ³ / 10 ² = 1000 / 100 = 10 . Utilizzando le proprietà delle potenze il risultato sarebbe Non abbiamo ancora definito Se definiamo . . , la seconda proprietà delle potenze rimane valida. Generalizzando questo risultato a tutti i numeri, possiamo scrivere : . - 2 - esponente uguale a 0 : Consideriamo la divisione 10 ² / 10 ² = 100 / 100 = 1 . Utilizzando le proprietà delle potenze il risultato sarebbe Non abbiamo ancora definito Se definiamo . . , la seconda proprietà delle potenze rimane valida. Generalizzando questo risultato a tutti i numeri, possiamo scrivere : . Si noti che si deve porre la condizione perché non si può dividere per zero. - 3 - esponente negativo : Consideriamo la divisione . Utilizzando le proprietà delle potenze il risultato sarebbe Non abbiamo ancora definito Se definiamo . . , la seconda proprietà delle potenze rimane valida. Generalizzando questo risultato a tutti i numeri, possiamo scrivere : . Si noti che si deve porre la condizione perché non si può dividere per zero. 04 - Potenze a base 2 . Oltre alle potenze a base 10 , rivestono un ruolo molto importante quelle a base 2 . L'aritmetica con cui "funzionano" i computers è a base 2 !! Le informazioni (numeri, parole ecc .) che vengono elaborate o memorizzate in un computer sono codificate come sequenze di bit. Un bit (binary digit) è la più piccola unità di informazione e può prendere i valori : 0 oppure 1 . Un byte è una sequenza di 2 ³ = 8 bit . Per esempio : 00110101 è il possibile contenuto di un byte. Il Kb (chilobyte) corrisponde a bytes, cioè 1024 bytes (non 1000 come erroneamente molti pensano !). Il Mb (megabyte) corrisponde a Il Gb (gigabyte) corrisponde a Kb . Mb . Lasciamo al lettore il semplice calcolo di quanti bit è formato il Kb , il Mb ed il Gb . 05 - Radici. Consideriamo la potenza 5 ³ = 125 . Possiamo allora definire l' "operazione" di radice a indice 3 (o radice terza) : (dove il numero in alto a sinistra è l' indice mentre il numero sotto radice si chiama radicando), che ha come risultato quel numero che elevato all'indice dà il radicando. Infatti 5 elevato alla 3 dà 125 . In questo caso, siccome l'indice è 3 , la radice si chiama anche radice cubica. Se l'indice è 2 , la radice si chiama comunemente radice quadrata e, nello scriverla, si omette l'indice : . La radice ad indice 1 è ovviamente il numero stesso, per cui : perché 5 ¹ dà 5 . La definizione di radice è allora : Una radice secondo un certo indice di un numero dato è quel numero che elevato all'indice dà il numero dato. Le radici degli esempi precedenti hanno come risultato numeri naturali. Questo non è però il caso generale. In generale una radice fornisce come risultato un numero irrazionale (numeri con infiniti decimali non periodici). Esempi : La radice è l'operazione inversa della potenza perché si ha sempre : dove A è qualunque numero su cui si può estrarre la radice ed n è qualunque indice ( 1 , 2 , 3 , ... ). 06 - Logaritmi. Esiste un altro modo di definire l'operazione inversa dell'elevamento a potenza : il logaritmo. Consideriamo ancora la potenza 5 ³ = 125 . Chiediamoci : qual'è il numero per cui elevare la base 5 per ottenere 125 ? Ovviamente questo numero è 3 . Abbiamo così definito il concetto di logaritmo. Scriviamo allora : dove il numero 5 scritto in basso a destra del simbolo log si chiama base ed il numero di cui si fa il logaritmo si chiama argomento. La definizione di logaritmo è allora : Il logaritmo di un numero secondo una certa base è quel numero per cui si deve elevare quella base per ottenere il numero dato. Esempi : perché 10 ¹ = 10 perché 10 ² = 100 perché 10 ³ = 1000 . Il calcolo del logaritmo non conduce sempre ad un risultato "semplice", come negli esempi dati. Per esempio : dove il risultato, essendo 11 compreso fra 10 e 100 , è compreso fra 1 e 2 ed è un numero irrazionale. Si può fare , ovviamente, il logaritmo di un numero reale qualunque (sotto certe condizioni che vedremo in seguito). Per esempio : . E' molto importante notare che : perché 10 ° = 1 perché 5 ° = 1 . Quindi, il logaritmo di 1 è sempre 0 , qualunque base (permessa) si scelga. Si noti anche che : perché Si noti infine l'importantissimo caso : . . Non esiste nessun numero per cui elevare la base 10 in modo che il risultato sia 0 !!! Siamo arrivati all'importantissimo risultato che il logaritmo di 0 (fatto rispetto ad ogni base) non esiste. I logaritmi si possono fare rispetto a basi qualsiasi (sotto particolari condizioni). Quelli più usati sono i logaritmi a base 10 , i cosiddetti logaritmi decimali. Molto usati sono anche i logaritmi a base 2 . Vi sono poi i logaritmi naturali o neperiani in cui la base è il numero e = 2,718 ... , il cosiddetto numero di Nepero (John Napier, inglese, 1550 - 1617), che è un numero irrazionale di enorme importanza in matematica. Ritorneremo su questo numero e sulle sue proprietà in seguito. I logaritmi naturali si indicano usualmente con la semplice sigla ln . Per esempio : 07 - Cenni sulla storia del logaritmo. Il concetto di logaritmo risale a Nepero (John Napier, teologo scozzese 1550-1617). Il matematico inglese Henry Briggs (1556-1630) perfezionò l' idea di Nepero e pubblicò nel 1617 (anno della morte di Nepero) un libro contenente i logaritmi in base 10 dei numeri da 1 a 1000 . I logaritmi in base 10 sono detti logaritmi decimali o volgari e venivano usati per "velocizzare" i calcoli prima dell'avvento delle calcolatrici e dei computer. Il grande matematico svizzero Eulero (Leonhard Euler, 1701-1783) introdusse successivamente il numero irrazionale e = 2,718 ... che chiamò numero di Nepero in onore dell'inventore dei logaritmi. Egli pose questo numero come base dei logaritmi che per questo vengono chiamati logaritmi neperiani o naturali. Il perché fu introdotto un tale numero così "complicato" a fungere da base per i logaritmi, è da ricercarsi nelle particolari ed importanti proprietà analitiche che la funzione logaritmo naturale ha (le vedremo in seguito quando studieremo le derivate). 08 - Numero di Nepero. Il numero di Nepero e può essere definito nei seguenti modi : - 1 - Come limite della successione : ovvero il limite della successione : ; ; ; ecc. ecc. per n tendente all'infinito. - 2 - Come limite della sommatoria (serie) : ovvero : . In futuro approfondiremo i concetti di limite, successione e serie. 09 - Potenze a esponente frazionario. Le radici possono essere espresse in forma di potenze ad esponente frazionario. Per esempio : . Il perché di questo risulta molto semplice se si considera che la radice è l'operazione inversa della potenza e se si estende la proprietà della potenza di potenza agli esponenti frazionari : . Analogamente si ha : , , . In generale si ha : . dove a indica un numero. Fine. Funzioni elementari Vedere il Link FUNZIONI ELEMENTARI Funzioni elementari. Introduzione ... matmedia.ing.unina.it/Didattica/Proposte%20e%20questioni%20didattiche/Funzioni%20elementari/indice/indice.htm - 6k - Copia cache - Pagine simili Introduzione Dispense di Matematica Insiemi e Funzioni; Vettori; Funzioni inverse; Funzioni esponenziali e logaritmiche; Limiti e casi di indeterminazione; Sintesi sulle distribuzioni discrete ... www.mclink.it/personal/MC2113/dispenseMatematica.html 16k - Pagine simili Funzione Esponenziale La funzione esponenziale è una delle più importanti funzioni in matematica. La sua proprietà fondamentale è che la derivata della funzione esponenziale f(x) = ex è sé stessa. A volte, specialmente nelle scienze, si indicano come funzioni esponenziali tutte quelle della forma kax, dove a, chiamato base, è un numero reale positivo. Questo articolo si concentrerà inizialmente sulla funzione esponenziale di base e. Definizione grafica Per i non esperti del formalismo matematico si può dire che un andamento esponenziale di tipo crescente o decrescente si può costruire numericamente su un diagramma cartesiano fissando un valore qualunque (positivo per semplicità) ed aggiungendo o togliendo sempre la stessa percentuale dell'ultimo risultato ottenuto partendo dal valore prefissato avendo quantizzando l'asse X a passi uguali per ognuna di queste operazioni. Viene solitamente indicata come rappresenta la base del logaritmo naturale. oppure , dove Come funzione della variabile reale x, ex è sempre positivo (sopra l'asse x) e crescente. Non tocca mai l'asse x, sebbene giunga arbitrariamente vicino ad esso (in altri termini l'asse x è un asintoto orizzontale al grafico). La sua funzione inversa, il logaritmo naturale, ln(x), è definita per tutti gli x positivi. Proprietà Le funzioni esponenziali godono delle seguenti proprietà: Esse sono valide per tutti i numeri reali a e b e tutti i numeri reali x ed y. Le espressioni contenenti frazioni e radici possono spesso essere semplificate utilizzando la notazione esponenziale perché: e, per ogni a e b numeri reali con a > 0, e per ogni intero n > 1: Importanza della funzione esponenziale (derivata) [modifica] L'uguaglianza tra la funzione esponenziale e la sua derivata, (proprietà unica tra le funzioni reali di variabile reale) fa sì che la la funzione f(x) = ex e le funzioni da essa composte risolvano tutta una classe di equazioni differenziali che esprimono in termini matematici i più importanti problemi fisici. In particolare questo accade quando il tasso di crescita (o di diminuzione) di una grandezza è proporzionale alla sua dimensione — come nel caso della crescita illimitata della popolazione (vedi catastrofe malthusiana), di interesse composto continuamente, o di decadimento radioattivo — allora si può scrivere la variabile come prodotto di una costante per la funzione esponenziale del tempo. In effetti molte equazioni differenziali danno origine a funzioni esponenziali, comprese l'equazione di Schrödinger e l'equazione di Laplace, come pure le equazioni per il moto armonico semplice. Esempio fisico di funzione esponziale [modifica] Un esempio semplice è quello di un oggetto lanciato ad una velocità v0 in un mezzo viscoso. Se supponiamo che la resistenza posta dal mezzo all'avanzamento dell'oggetto sia proporzionale alla velocità v di quest'ultimo: F = - kv si ha una relazione tra la velocità e la sua variazione nel tempo (l'accelerazione a): ma = -k v ovvero m dv/dt = -k v E' possibile dimostrare che la soluzione di questa equazione è: v = v0 e-t/tau = v0 e-t/(m/k) Nel caso di un proiettile sparato nell'aria sarebbe più corretto supporre che la resistenza sia proporzionale al quadrato della velocità, cionondimeno l'andamento della velocità nel tempo è descritto da una funzione formata a partire dalla costante matematica e. Formulazioni equivalenti Formulazioni equivalenti di questa proprietà sono: La pendenza del grafico in ogni punto è uguale all'altezza del grafico in quel punto. Il tasso di crescita della funzione in x è uguale al valore della funzione in quel punto. La funzione risolve l'equazione differenziale y′ = y. Per quanto riguarda le funzioni esponenziali di altre basi: Dunque qualunque funzione esponenziale è pari ad un multiplo costante della sua derivata. Per lo studio delle funzioni di ogni tipo,periodiche,armoniche,sawtooth,Fourier,si invita a collegarsi al sito che segue. Vi si trovano anche riferimenti ad argomenti di fisica affrontati a lezione. Lista di funzioni - Wikipedia 2.1 Funzioni polinomiali; 2.2 Funzioni periodiche elementari; 2.3 Funzioni trascendenti elementari. 3 Funzioni speciali. 3.1 Antiderivate di funzioni ... it.wikipedia.org/wiki/Lista_di_funzioni - 44k - Pagine simili Funzioni periodiche Una funzione f(.) definita su tutto l'asse reale, si dice T-periodica , dove T è un numero positivo se per ogni x risulta f(x)=f(x+T). (1) Osserviamo che una funzione T-periodica è anche nT-periodica per ogni intero positivo n. Si chiama periodo della funzione periodica il più piccolo numero positivo tale che valga la (1). Esempi di funzioni periodiche sono le funzioni sen(.), cos(.) e tg(.): le prime due di periodo , la terza di periodo . La somma di due funzioni periodiche non è necessariamente periodica! Esempio La somma di due funzioni periodiche tali che il rapporto fra i loro periodi sia razionale è una funzione periodica. Esempio Lo stesso dicasi del prodotto. In generale, le vibrazioni (onde) indipendentemente dalla loro origine (sonora, luminosa,meccanica) sono la sovrapposizione di onde "semplici", chiamate onde sinusoidali pure. Queste sono del tipo: Asen(x+). Introduciamo della terminologia: 1. 2. 3. 4. 5. A è l'ampiezza; è la pulsazione; 2 è il periodo; il reciproco del periodo è la frequenza; è lo sfasamento. Vediamo il grafico di una funzione di questo tipo: Addizione di onde Quando due onde si propagano nello stesso mezzo simultaneamente, esse possono sommarsi. La somma di due onde "semplici" dello stesso periodo T è una onda sinusoidale pura di periodo T : consideriamo la funzione f(x)=Acos(x)+Bsen(x). Osserviamo che f(x)=(A2+B2)1/2(A/(A2+B2)1/2 cos(x)+B/(A2+B2)1/2 sen(x)), che i numeri s=A/(A2+B2)1/2 e c=B/(A2+B2)1/2 soddisfano la relazione c2+s2=1 e che quindi esiste un angolo tale che c=cos e s=sen . Fissato , risulta allora f(x)=(A2+B2)1/2(sen cos(x)+cos sen(x)) . Applicando la formula di addizione per il seno, otteniamo che: f(x)=(A2+B2)1/2sen(x+). Moltiplicazione di onde Quando due onde di frequenze diverse si propagano nello stesso mezzo esse possono moltiplicarsi. Ciò avviene, per esempio, nella cassa armonica di uno strumento o nel nostro orecchio. In questo caso si dice anche che il mezzo è nonlineare. Consideriamo ad esempio la funzione g(x)=sen(2fx)sen(2Fx), prodotto di una funzione di frequenza f e di una di frequenza F. In generale, per quanto già visto, g non è una funzione periodica. Ricordiamo la formula trigonometrica: cos(a)-cos(b)=2 sen((a+b)/2) sen((a-b)/2). Ponendo (a+b)/2=2f e (a-b)/2=2F e risolvendo rispetto ad a e b ricaviamo che a=2(f-F) e b=2(f+F). Quindi usando la formula ricordata sopra, ricaviamo che la funzione g si può sc rive come somma di una funzione di frequenza pari alla differenza e di una di frequenza pari alla somma delle frequenze delle onde originali. In applicazioni musicali, risulta più intensa l'onda di frequenza pari alla differenza, che prende il nome di terzo suono. La scoperta di questo fenomeno è dovuta a G. Tartini nel 1714. Fenomeni Transitori Introduzione In una rete elettrica con elementi reattivi, l'applicazione o la soppressione di un'alimentazione, genera un fenomeno transitorio. Questo fenomeno si manifesta a causa dell'inerzia presentata dagli elementi reattivi, che impediscono alle correnti e alle tensioni di raggiungere il valore di regime istantaneamente. Ciò significa che il valore di regime viene raggiunto gradatamente dopo un certo tempo, caratteristico della rete elettrica in esame. E' noto, infatti, che: a) un condensatore sottoposto ad una variazione di tensione non raggiunge istantaneamente il valore finale; b) un induttore, sottoposto ad una variazione della corrente non consente a questa di raggiunge il valore finale istantanenamente. Legge di Ohm per reti elementari Lo studio dei fenomeni transitori riguarderà soltanto le reti elettriche lineari, per le quali vale il principio della sovrapposizione degli effetti. Le reti elettriche, sottoposte a f.e.m variabili, sono descritte dalla legge di Ohm per valori istantanei. In particolare per il circuito RL serie: L'equazione del circuito è un'equazione differenziale del I° ordine e lineare, perchè contiene una derivata del primo ordine. Per il circuito RC serie sottoposto ad una f.e.m. variabile nel tempo la legge di Ohm per i valori istantanei presenta un intengrale. La tensione ai capi di un condensatore in funzione del tempo, infatti, è data: Dove il termine con l'integrale rappresenta la tensione ai capi del condensatrore C. E' necessario effettuare qualche operazione su questo termine per trasformare la legge di Ohm dalla forma integro-differenziale precedente alla forma di equazione differenziale del primo ordine. Nell'equazione integro-differenziale, la tensione ai capi del condensatore è espressa dal termine: La risoluzione dell'equazione differenziale consente di determinare la tensione ai capi di un generico condensatore. Metodo di risoluzione dell'equazione differenziale di un circuito sottoposto a transitorio In un qualsiasi circuito elettrico sottoposto a brusche variazioni di tensione o di corrente, nascono in queste delle componenti dette transitorie, le quali dopo un certo tempo si estinguono ( da ciò il termine transitorio ). Le componenti transitorie, permettono alle compenti permanenti, a cui i circuito tende necessariamente, di instaurarsi in modo graduale e non in modo violento. Questo comportamento è dovuto alla presenza di induttanze e condensatori che presentano una certa inerzia a lasciarsi coinvolgere in brusche variazioni di corrente e tensione. Si può affermare che la tensione e la corrente di un circuito lineare, in queste condizioni di transitorio, sono sempre date dalla somma di due termini: a) un termine permanente, detto anche termine forzato, che si determina con i calcoli relativi a circuiti in regime permanente; b) un termine trasitorio, detto anche termine libero; La risoluzione di qualsiasi problema inerente i transitori, richiede di determinare i valori delle grandezze descritti ai punti a) e b) e, applicando la sovrapposizione degli effetti, risalire al grandezza in funzione del tempo. dove : ip = termine permanente della corrente o corrente a regime; itr(t) = termine transitorio della corrente. vp = termine permanente della corrente o corrente a regime; vtr(t) = termine transitorio della corrente. Trovare i termini permanente e transitorio consente di conoscere l'espressione della tensione e della corrente in un circuito sottoposto a transitorio. A questo scopo occorre risolvere l'equazione differenziale che descrive il circuito applicanto i metodi dell'analisi matematica. Esiste, in alternativa un metodo, che consente di pervenire alle stesse conclusioni, utilizzando una parte di analisi matematica ed una parte di elettrotecnica: ad esempio se si vuole conoscere la corrente che circola in un circuito RL serie sottoposto a trasnitorio, per quel circuito vale la legge vista: i(t) = ip + itr(t); Dall'Elettrotecnica si determina il termine ip, cioè la corrente che rcircolerà nel circuito RL quando il transitorio si è esaurito; l'analisi matematica fornisce l'espressione del termine transitorio, che per un sistema del I° ordine qualsiasi è sempre del tipo: itr(t) = A est 3) dove: A è una costante che si determina con le condizioni iniziali imposte al circuito; s è una costante che si determina, di solito in due modi, e dipente dalle caratteristiche del circuito. s è sempre uguale all'inverso della costante di tempo del circuito cambiata di segno. La funzione esponenziale est La funzione esponenziale est a seconda del valore dell'esponente s assume, nel tempo, i seguenti andamenti: Il transitorio nel circuito RL serie Dato il circuito di figura: determinare l'andamento della corrente quando all'istante t = 0 viene portato l'interruttore T dalla posizione 0 alla posizione. Dopo un tempo sufficientemente lungo, l'interruttore viene portato nella posizione 2), determinare l'andamento della corrente che circola sull'induttanza. Soluzione La f.e.m. costante è fornita da un generatore ideale di tensione, che viene inserita bruscamente quando il tasto passa dalla posizione 0 alla posizione 1. poi viene bruscamente disinserita quando il tasto T viene portato nella posizione 2. Prima di procedere al calcolo vero e proprio è necessario fissare una scaletta di lavoro per risolvere il problema del trasnitorio cui è sottoposto il circuito RL di figura. Fasi della soluzione La risoluzione classica del transitorio a cui è sottoposto un circuito elettrico, prevede alcune fasi: a) scrivere la legge di Ohm per il circuito dato ( RL serie nel caso in esame ). L'equazione che si ottiene è di tipo differenziale del primo ordine completa, perché contiene il termine relativo all'alimentazione, fornita dal generatore ( vedi equazione 1) ); b) la grandezza elettrica, di cui si vuole determinare l'andamento in funzione del tempo, viene espressa come somma di due termini: il termine permanente ed il termine transitorio. Nel circuito RL serie la grandezza elettrica è la corrente, perché l'equazione 1) esprime il legame tra la variabile indipendente, il tempo, e la variabile dipendente, la corrente. Quindi: i(t) = ip + itr(t); c) si calcola il termine permanente, in assenza di transitorio, con le regole viste in Elettrotecnica; d) si calcola il termine transitorio, espresso da una sola funzione esoponenziale, perché l'equazione differenziale del circuito è del primo ordine, come indicato dall'equazione 3). La funzione esponenziale suddetta contiene due costanti A ed s che vanno calcolate caso per caso perché dipendono dal circuito in esame e dalle condizioni in cui si trova il circuito stesso. La costante A, detta ampiezza della funzione esponenziale, viene calcolata con le condizioni iniziali, imponendo t= 0 per la grandezza eletterica sottoposta a transitorio. La costante s è legata alla costante di tempo del circuito. Calcoli Il punto a) si attua partendo dal circuito elettrico. Il punto b) definisce il legame tra la grandezza sottoposta a transitorio e il tempo: i(t) = ip + itr(t) Sostituendo al termine transitorio la 3) si ottiene: i(t) = ip + A est 4) Il punto c) Calcolo del termine permanente. Il termine permanente nela caso dell'esempio in oggetto è la corrente che circola nel circuito quando il transitorio si è esaurito e precisamente: Il punto d) Calcolo del termine transitorio, prevede due parti: il calcolo di A ed il calcolo di s. A,ì si determina con le condizioni iniziali. Inizialmente, con l'interruttore nella posizione 0, la corrente del circuito vale 0, e vale altrettanto nell'istante in cui l'interruttore T viene portato, all'istante t= 0, nella posizione 1. Nella 4), sostituendo quanto dedotto e il termine permanente, calcolato al punto c), si ottiene: Per il calcolo della costante s si parte dall'equazione differenziale del circuito: Sostituendo i valori trovati nei vari punti e sostituendoli nella 4) si ottiene: L'equazione che descrive l'andamento della corrente in funzione del tempo deve essere verificata per qualsiasi istante. Per verificare se tale legge descrive il circuito RL serie, si considerino i tempi t = 0 e t molto maggiore della costante di tempo. Seconda parte Dopo un tempo sufficientemente lungo ( maggiore o uguale a 5 volte la costante di tempo del circuito ), l'interruttore T viene spostato sulla posizione 2. Il circuito corrispondente è mostrato in figura: La f.e.m costante E viene esclusa, come mostra la figura. La legge di Ohm, quindi diventa un'equazione differenziale omogenea del I° ordine a coefficienti costanti. Le fasi per lo studio del transitorio, che porterà la corrente dal valore E/R a 0 saranno del tutto simili a quelle viste. La corrente di estinzione del transitorio è data da : Per verificare se tale legge descrive il circuito di estinzione del transitorio in un circuito RL serie, si considerino i tempi t = 0 e t molto maggiore della costante di tempo del circuito.