POLITECNICO DI MILANO Scuola di Ingegneria Industriale e dell’Informazione Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Elettronica SVILUPPO DI UN RIVELATORE GAMMA BASATO SU SILICON PHOTOMULTIPLIER PER INSERT: UN SISTEMA DI IMAGING MULTIMODALE SPECT/MRI. Relatore: Correlatori: Prof. Carlo E. FIORINI Michele OCCHIPINTI Paolo BUSCA Tesi di Laurea Magistrale di: Stefano DONATI Matr. 797395 Anno Accademico 2013/14 Indice Introduzione 1 Il progetto INSERT 1.1 Imaging diagnostico multimodale . . . . . . . . . 1.1.1 Metodiche SPECT e PET . . . . . . . . . 1.1.2 Tecnica della Risonanza Magnetica . . . . 1.1.3 Sistemi PET/MRI e SPECT/MRI . . . . 1.2 Progetto INSERT . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2.1 Il Consorzio INSERT . . . . . . . . . . . . 1.2.2 Struttura del sistema INSERT . . . . . . . 1.2.2.1 Il modulo di rivelazione . . . . . 1.2.3 Design e prestazioni del sistema preclinico 1.2.4 Design e prestazioni del sistema clinico . . xviii . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma 2.1 Sistema di rivelazione gamma - Anger camera . . . . . . . 2.1.1 Definizione parametri di uscita della gamma camera 2.2 Fotorivelatori Silicon PhotoMultiplier (SiPM) . . . . . . . 2.2.1 Struttura, funzionamento e figure di merito . . . . . 2.3 Stima teorica della risoluzione energetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 Architettura della gamma camera 3.1 Cristallo scintillatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.1.1 Parametri fisici e geometrici del cristallo INSERT . . 3.2 Matrice di SiPM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.3 Struttura meccanica di supporto e sistema di raffreddamento 3.4 Elettronica di acquisizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.4.1 Preamplificatore di carica e stadio di amplificazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 2 3 5 7 10 11 12 13 15 16 . . . . . 19 20 21 24 25 45 . . . . . . 54 56 56 61 63 66 68 Indice . . . . . . . . . . 72 73 75 78 79 80 83 85 86 87 . 88 4 Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma 4.1 Elaborazione dati per la creazione dello spettro . . . . . . . . . . . . . 4.2 Elaborazione dati per il calcolo dei punti di interazione . . . . . . . . . 4.2.1 Algoritmo di ricostruzione basato sul metodo del centroide . . . 4.3 Risultati delle misure sperimentali relativi la risoluzione energetica . . . 4.3.1 Misure spettroscopiche con matrici a diverse dimensioni . . . . . 4.3.2 Risoluzione energetica al variare della tensione di polarizzazione 4.3.3 Variazione di risoluzione energetica al variare della temperatura 4.4 Risultati delle misure sperimentali relativi la risoluzione spaziale e FOV 4.4.1 Metodo per il calcolo della risoluzione . . . . . . . . . . . . . . . 4.4.2 Confronto singolo tile - 4 tile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.4.3 Linearizzazione dell’immagine e stima del campo di vista utile . 90 91 100 102 105 106 110 118 123 123 126 130 Conclusioni 135 Bibliografia 141 3.5 3.6 3.4.2 Peak stretcher e comparatore a soglia . . . . . . . . . . . . . . 3.4.3 Circuito per la correzione della linea di base . . . . . . . . . . 3.4.4 Logica per l’acquisizione sincrona dei 36 canali delle 18 schede Schede di supporto e controllo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.5.1 Microcontrollore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.5.2 Circuito per l’equalizzazione dei canali elettronici . . . . . . . 3.5.3 Circuito per la regolazione della polarizzazione dei SiPM . . . 3.5.4 Circuito di lettura temperatura . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.5.5 Circuito di lettura umidità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.5.6 Scheda esterna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Interfaccia utente per la gestione del microcontrollore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ii Elenco delle figure 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 Schematizzazione della struttura di rivelatori per la tecnica SPECT. Attraverso i collimatori vengono selezionate solo le radiazioni perpendicolari ai piani dei sistemi di rivelazione. Il posizionamento ad anello dei sistemi di rivelazione permette di ricostruire via software una localizzazione tridimensionale del radiotracciante. Per contro il sistema di collimazione riduce la sensitività del sistema. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . (Sinistra) rappresentazione del decadimento di un isotopo che porta all’emissione di un positrone. Dopo un percorso di pochi millimetri il positrone si annichila con un elettrone emettendo radiazioni γ in direzioni opposte all’energia di 511 keV . (Destra) rappresentazione della struttura di rivelazione PET, i moduli di rivelatori disposti ad anello permettono di selezionare eventi in posizioni diametralmente opposte con coincidenza temporale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Rappresentazione dell’orientamento dell’asse dei protoni di un materiale sottoposto a campo magnetico costante B0 . Gli spin assumono direzione concorde a quella campo, il moto di precessione avviene attorno a questa direzione. Il numero di protoni orientati in direzione parallela al campo magnetico è in numero maggiore rispetto a quello dei protoni in direzione antiparallela, ne consegue che il vettore risultate di magnetizzazione M è orientato lungo la direzione del campo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . Andamenti del vettore di magnetizzazione M in funzione del tempo durante il processo di rilassamento dei protoni. . . . . . . . . . . . . . . Possibili geometrie per sistemi multimodali PET/MRI. I due sistemi possono essere separati o integrati tra loro. . . . . . . . . . . . . . . . . 3 4 6 7 8 Elenco delle figure 1.6 Schema di principio del sistema SPECT/MRI da implementare al termine del progetto INSERT. L’obiettivo è quello di inserire un sistema di rivelazione SPECT all’interno del bore di una risonanza magnetica commerciale rispettando le specifiche di compatibilità di funzionamento con il macchinario della MRI, senza la necessità di una riprogettazione di quest’ultimo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.7 Descrizione della struttura del sistema preclinico da realizzare per il progetto INSERT. La struttura ad anello è modulare: ciascun elemento è costituito da un sistema di raffreddamento, una matrice di fotorivelatori, un cristallo monolitico scintillatore e un collimatore. All’interno dell’anello si trova l’antenna RF che ha la funzione di emettere e ricevere segnali a radiofrequenza in modo da implementare i meccanismi per la risonanza magnetica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.8 Modulo di rivelazione basato sui SiPM. Ogni matrice (tile) è costituita da 6×6 SiPM per un numero complessivo di 144 rivelatori su 4 tile. Le uscite di 4 SiPM adiacenti sono cortocircuitate per poter ridurre il numero complessivo di canali, semplificando l’elettronica per l’acquisizione e la l’elaborazione del segnale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.9 Rappresentazione di una porzione del sistema preclinico in cui si osserva al centro della struttura il collimatore multi-pinhole con fori quadrati che permette di affiancare proiezioni differenti senza sovrapposizioni sul modulo di rivelazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.10 Rappresentazione del sistema INSERT clinico. I moduli di rivelazione sono disposti ad anello e sono inseriti all’interno della struttura MRI. Come supporto meccanico al set di rivelatori si predispone di un lettino sul quale verrà appoggiata anche la testa del paziente. . . . . . . . . . . 2.1 2.2 10 13 15 16 17 Schematizzazione dell’architettura Anger camera: il collimatore seleziona le radiazioni perpendicolari al sistema, il cristallo scintillatore monolitico congiuntamente alla matrice di fotorivelatori convertono la radiazione in segnale elettrico, la guida di luce prima del cristallo permettere una maggiore diffusione della luce, l’elettronica a valle dei rivelatori processa e digitalizza il segnale, il computer viene utilizzato per l’elaborazione dati. 20 Spettro energetico ricostruito a partire da una radiazione con energia costante: la forma è quella di una gaussiana con valor medio E0 e larghezza caratterizzata dalla FWHM. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22 iv Elenco delle figure 2.3 2.4 2.5 2.6 2.7 2.8 2.9 2.10 Confronto tra ricostruzione ideale e ricostruzione con incertezza di un punto nello spazio. Da un punto di vista spaziale la risposta del sistema ad una sollecitazione puntiforme viene chiamata Point Spread Function (PSF). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Casi di sbagliato dimensionamento dell’area cristallo; in entrambe le situazioni si ha perdita di segnale utile. . . . . . . . . . . . . . . . . . . Struttura di un SiPM: array bidimensionale di fotodiodi indipendenti operanti in modalità Geiger con stessa polarizzazione e uscita cortocircuitata. Ciascuna microcella presenta una resistenza serie di quenching che permette di smorzare la corrente di valanga del diodo a fronte dall’assorbimento di un fotone di luce. . . . . . . . . . . . . . . . . . . Curva caratteristica della giunzione pn I-V in cui viene evidenziato il punto di breakdown VBD , oltre il quale la corrente diverge. . . . . . . . Sezione trasversale di due celle di un SiPM; l’impiantazione p su uno strato p-epi definisce l’area attiva del dispositivo; l’Anti Reflective Coating (ARC ) è uno strato antiriflessivo che permette una migliore collezione dei fotoni nel visibile. La resistenza di quenching è realizzata in polisilicio. Caratteristica del diodo polarizzato in inversa con evidenziate le regioni di funzionamento per un diodo APD (poco prima della tensione di breakdown) e per un diodo G-APD (oltre la tensione di breakdown). Avere una tensione di polarizzazione superiore quella di breakdown rende il guadagno del dispositivo molto elevato. . . . . . . . . . . . . . . . . . Andamento della lunghezza di assorbimento nel silicio in funzione della lunghezza d’onda del fotone incidente. Maggiore è l’energia del fotone minore è lo spessore del materiale necessario per l’assorbimento. . . . . Possibili profili di drogaggio per le celle di un SiPM. Dato che sono principalmente gli elettroni a dar luogo al processo di valanga, il tipo di dispositivo da utilizzare viene scelto in base la lunghezza d’onda che si intende rivelare. La prima struttura permette di avere una maggiore sensitività per fotoni con lunghezze d’onda tra 500 nm e 700 nm. La seconda, invece, fornisce una sensitività più elevata per fotoni con lunghezza d’onda inferiori, tra 300 nm e 500 nm. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . v 23 24 25 26 28 28 29 30 Elenco delle figure 2.11 Circuito equivalente di un singolo SPAD con quenching passivo a riposo: prima che venga scatenato il fenomeno di moltiplicazione a valanga. CD è la capacità introdotta dal diodo e dai parassitismi dei collegamenti; RS è la resistenza serie del diodo e delle connessioni; RQ è la resistenza di quenching con la funzione di smorzare la valanga riducendo la tensione ai capi del dispositivo quando viene attraversata da corrente elevata. . . 2.12 Schematizzazione del segnale di uscita in corrente della singola microcella di un SiPM. Il tempo di salita segue una costante di tempo τS = RS · CD ; la discesa è invece dominata dalla costante di tempo τQ = RQ · CD . Data la dipendenza da CD e RS l’andamento del segnale è fortemente influenzato sia dalla grandezza del dispositivo sia dalle dimensioni delle connessioni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.13 Possibili traiettorie dei fotoni incidenti sul rivelatore: possono essere riflessi o deviati dallo strato dielettrico in superficie (figura a sinistra), possono arrivare più o meno in profondità all’interno del silicio (figura a destra). Il dispositivo schematizzato è un SiPM di tipo RGB: adatto a rivelare fotoni nel visibile. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.14 Andamento delle probabilità di generare una valanga da parte di lacune (curva blu) eD elettroni (curva rosa) al variare dell’over-voltage. Si nota che l’andamento per entrambi i tipi di particelle è lineare crescente e che gli elettroni sono caratterizzati da una Ptrigger maggiore. . . . . . . . . 2.15 Grafico della PDE in funzione della lunghezza d’onda per dispositivi SiPM di tipo RGB (in rosso) e NUV (in blu) della FBK. La PDE per i NUV ha picco per λ = 390 nm, nel vicino ultravioletto, per gli RGB il picco è a λ = 550 nm, nel verde. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.16 Andamento della PDE in funzione dell’over-voltage per un valore di lunghezza d’onda di 560 nm. La pendenza della curva si riduce all’aumentare della VOV . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.17 Andamento del fill factor in funzione della dimensione delle microcelle nel caso della tecnologia RGB (attualmente utilizzata) e quella RGB - HD (in fase di sviluppo). Si può notare come la nuova tecnologia permetta di avere celle più piccole ed una εgeom comunque maggiore. . . . . . . . 2.18 Schematizzazione del processo di generazione cariche libere nel semiconduttore a causa di generazione termica attraverso il processo SHR. Il passaggio da banda di valenza a banda di conduzione avviene grazie ad un centro di generazione/ricombinazione nel mezzo del gap. . . . . . . . vi 30 31 33 34 35 35 36 37 Elenco delle figure 2.19 Schematizzazione del processo di generazione cariche libere nel semiconduttore a causa di effetto tunnel. Il passaggio da banda di valenza a banda di conduzione può avvenire in modo diretto o come per la generazione termica tramite passaggio intermedio per un centro di generazione/ricombinazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.20 Rappresentazione del meccanismo di crosstalk tra due microcelle adiacenti: un fotone generato dall’elevata corrente di breakdown di una giunzione pn viaggia all’interno del silicio, raggiunge la cella adiacente e genera lì un ulteriore processo di valanga. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.21 Figure che descrivono il fenomeno dell’afterpulsing. A sinistra il fenomeno fisico di intrappolamento di una carica in un livello profondo. A destra l’andamento del segnale di uscita al SiPM con impulsi spuri di ampiezza crescente a causa del tempo di recovering esponenziale del dispositivo. Durante il tempo di recupero, peggiorato dal fenomeno stesso di afterpulsing, non è possibile rivelare in modo efficace ulteriori fotoni in ingresso. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.22 Andamento della tensione di breakdown VBD in funzione della temperatura per i SiPM di tecnologia RGB utilizzati nelle misure sperimentali. Il coefficiente di proporzionalità è di circa 25 mV /◦ C. . . . . . . . . . . 2.23 Andamento del Dark Count Rate in funzione della temperatura per i dispositivi SiPM-RGB utilizzati alla tensione di over-voltage VOV = 2, 65 V . Una riduzione della temperatura di 10◦ C provoca una riduzione di circa il 50% del DCR. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.24 Andamento della PDE in funzione della lunghezza d’onda per 3 temperature diverse. Al diminuire della temperatura la PDE cresce per basse lunghezze d’onda, ma diminuisce per lunghezze d’onda maggiori. . . . . 2.25 Possibili andamenti del segnale di uscita del filtro preamplificatore normalizzato rispetto l’ampiezza. Nel caso il segnale di corrente in ingresso ha costante di tempo breve rispetto quella del filtro, si ha collezione completa della carica e l’impulso di uscita presenta ampiezza massima (curva blu). Viceversa se il segnale in ingresso è caratterizzato da una costante di tempo comparabile a quella del filtro l’impulso di uscita presenta un’ampiezza notevolmente ridotta a causa di una collezione incompleta della carica (curva rossa). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . vii 38 40 41 43 44 44 48 Elenco delle figure 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6 3.7 Schema a blocchi del sistema complessivo implementato per la rivelazione di radiazioni gamma. Il cristallo scintillatore e la matrice di SiPM convertono il raggio gamma in segnale elettrico, la scheda di supporto e l’elettronica di acquisizione comunicando con il PC permettono rispettivamente di ottimizzare l’attività di misura ed elaborare il segnale. Foto dei due cristalli utilizzati per la realizzazione del sistema di rivelazione. A sinistra il blocco di dimensioni 25 mm × 25 mm × 6 mm viene accoppiato ad una matrice di rivelazione di 36 SiPM (singolo tile). A destra il blocco 50 mm × 50 mm × 8 mm è utilizzato con una matrice di 144 rivelatori (4 tile). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Andamento normalizzato rispetto l’area del flusso di fotoni in uscita dal cristallo in funzione del tempo. Come evidenziato nell’immagine a destra, al diminuire della temperatura il tempo di fluorescenza si allunga comportando un peggioramento del deficit balistico. I fronti di salita delle curve non vengono rappresentati in modo completo a causa dell’elevata pendenza del segnale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Rappresentazione schematica della distribuzione di luce a partire dal punto di scintillazione fino al piano di rivelazione. I fotoni vengono emessi in modo isotropico e siccome la scintillazione avviene generalmente in superficie, maggiore è lo spessore del cristallo maggiore è la larghezza della campana di luce incidente sul piano di rivelazione. . . . . . . . . . Geometria del cristallo scintillatore monolitico utilizzato nel modulo di rivelazione gamma del progetto INSERT. La base è quadrata e due lati sono inclinati: questa forma permette un agevole affiancamento dei vari moduli. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Rappresentazione in dettaglio dei collegamenti superficiali dei catodi dei SiPM attraverso le ’bias bonding’. L’alimentazione arriva da un lato della matrice e viene trasmessa a tutti i dispositivi attraverso questi collegamenti. I rivelatori sono saldati su una scheda custom FR4. . . . Foto delle due matrici di SiPM di diversa grandezza utilizzate per le misure sperimentali di caratterizzazione. A sinistra: il singolo tile costituito da 36 SiPM di area 25 cm × 25 cm, si può osservare sul lato in alto la linea dei pad per dell’alimentazione. A destra: 4 tile affiancati ed allineati per formare la matrice da 144 SiPM di area 50 cm × 50 cm, che farà parte del modulo di rivelazione utilizzato nel progetto INSERT. . . viii 55 56 58 59 60 62 62 Elenco delle figure 3.8 3.9 3.10 3.11 3.12 3.13 3.14 Parte inferiore del tile. Il connettore a 40 pin permette la trasmissione dei segnali di uscita dei rivelatori e il fissaggio meccanico della matrice. La resistenza PT-100, con terminali connessi a due pin di uscita, consente il monitoraggio della temperatura del tile. . . . . . . . . . . . . . . . . In giallo: connettori per il fissaggio dei tile e trasferimento del seganle dai SiPM alla scheda. In rosso: connettori di uscita per la connessione all’elettronica di lettura segnale. Al centro è presente una piastra metallica forata, parte integrante del sistema di raffreddamento descritto di seguito. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Esploso dei blocchi del sistema di raffreddamento. Il blocco di alluminio, che viene a contatto con la parte posteriore delle matrici di SiPM e la piastra metallica forata permettono la conduzione del calore dai tile fino alla cella di Peltier. Quest’ultima pilotata in corrente genera un gradiente termico tra la superficie superiore (fredda) e la superficie inferiore (calda). Il blocco di rame ha la funzione di raffreddare la faccia del peltier con cui viene a contatto grazie ad una canalina interna nella quale viene fatta scorrere acqua fredda (∼ 5◦ C) spinta da un chiller. . . . . . . . . . . . Schema a blocchi del modulo per la lettura dei segnali in corrente in uscita dal rivelatore. Il diagramma in figura si riferisce ad un singolo canale di lettura. La scheda madre permette di alloggiare fino a 20 schede. Per il progetto è stata popolata di 18 schede per un totale di 36 canali. Schema dei blocchi principali presenti nella scheda di readout per un singolo canale. Tale schema è applicato a tutti e 36 i canali del sistema di rivelazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Schema dei primi due stadi per la lettura del segnale impulsivo di corrente in uscita dai SiPM. Il preamplificatore di carica effettua la conversione da corrente a tensione; l’amplificatore invertente applica guadagno. Vengono riportate le forme d’onda dei segnali ad ogni nodo. . . . . . . . . . . . . Preamplificatore di front-end del canale elettronico con all’ingresso la capacità equivalente introdotta dalla matrice di rivelatori CSiP M . Per studiare la stabilità del circuito è stato effettuato il calcolo del guadagno ad anello tagliando il circuito a valle dell’amplificatore. . . . . . . . . . ix 63 64 65 66 67 68 69 Elenco delle figure 3.15 Diagrammi di Bode per il modulo e la fase del guadagno ad anello dello stadio di ingresso dei canali elettronici. Sono riportati i grafici ottenuti per diversi valori di resistenza e capacità del filtro, mantenendo il prodotto R1 · C1 costante. Si osserva come il sistema rimane stabile all’aumentare del valore della resistenza R1 . . . . . . . . . . . . . . . . 3.16 Schematizzazione dell’effetto di pile-up dovuto alla sovrapposizione di più segnali esponenziali ravvicinati nella scala temporale a causa di una costante di tempo del filtro troppo lunga. Questo meccanismo può portare alla saturazione del segnale in uscita al secondo stadio. . . . . . 3.17 Schema del circuito implementato per il Peak Stretcher. Il valore di picco stabile all’uscita è ottenuto grazie alla capacità di memoria del condensatore e la proprietà di fungere da switch dei diodi. Il transistor è pilotato alla base da un segnale di reset fornito dal microcontrollore al termine del campionamento e della conversione del valore di picco. . . . 3.18 Schema del circuito comparatore che ha la funzione di identificare eventi utili rispetto al rumore confrontando l’ampiezza del segnale con una soglia. Questa viene trasmessa da microcontrollore tramite protocollo I 2 C e convertita in analogico da un modulo DAC a 12 bit. L’uscita del comparatore diventa alta nel momento di superamento della soglia. . . 3.19 Schema del circuito implementato per il controllo e la regolazione della linea di base per ogni canale elettronico di lettura. La sua funzionalità è quella di eliminare il contributo relativo alla corrente di buio dei SiPM e alle tensioni di offset introdotte dagli amplificatori operazionali. Questi valori possono assumere variazioni da un canale all’altro. . . . . . . . . 3.20 Schematizzazione del sistema per la sincronizzazione del campionamento dei 36 canali. La scheda sulla quale un canale ha superato in ampiezza la soglia impostata invia sul bus comune un segnale di trigger per l’inizio del campionamento da parte di tutti i microcontrollori. . . . . . . . . . 3.21 Forme d’onda tipiche di un canale con segnale utile (colonna di sinistra: canale i, scheda α) e di un canale con basso segnale (colonna di destra: canale j, scheda β). a) forma d’onda tipica all’uscita del blocco amplificatore V2 ; b) tensione di uscita del comparatore del rispettivo canale; c) segnale di trigger emesso dalla scheda sulla quale si è presentato un segnale sopra soglia e ricevuto dalle altre schede; d) forma d’onda all’uscita del peak stretcher con indicati punto di inizio campionamento e punto di reset alla fine della conversione. . . . . . . . . . . . . . . . . x 70 71 72 73 74 76 77 Elenco delle figure 3.22 Foto della scheda principale utilizzata durante le misure sperimentali per fornire supporto meccanico alle matrici di SiPM, settare la tensione di polarizzazione, impulsare i canali elettronici di lettura e monitorare la temperatura e l’umidità del sistema. La scheda è inserita all’interno della scatola di allumninio e si connette con la scheda secondaria tramite flat-cable. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.23 Schema a blocchi di principio del sistema implementato nelle schede di supporto e controllo. In particolare si ha una scheda principale interna alla scatola in cui avviene la rivelazione e una scheda esterna alla scatola: di supporto per le misure sperimentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.24 Il multivibratore monostabile ad ogni segnale di trigger inviato da microcontrollore fornisce in uscita un impulso di tensione di ampiezza 5 V e durata 4 µs. Il partitore dimezza l’ampiezza dell’impulso. L’amplificatore non invertente possiede un guadagno variabile in virtù del potenziometro digitale R2 comandato da microcontrollore con protocollo I 2 C. La resistenza RIM P permette di ottenere un valore di corrente noto che si suddivide tra i 36 canali. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.25 Andamento temporale della corrente all’uscita del filtro RIM P -CIM P per un singolo canale quando l’ampiezza dell’impulso di tensione corrispondente è pari a 5V. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.26 Circuito per la polarizzazione dei SiPM. Il filtro passa basso RIN -CIN smorza le variazioni ad alta frequenza della tensione di ingresso. Gli interruttori meccanici 1 e 2 permettono di scegliere il percorso dell’alimentazione (esterna o regolata). Il regolatore variabile setta la tensione VBIAS in base il valore della corrente IADJ che dipende dal rapporto tra R1 e R2 variabile in virtù del potenziometro digitale. Le capacità in ingresso e uscita dal regolatore permettono di stabilizzare le tensioni. . 3.27 Il circuito per la lettura della temperatura è costituito da un ponte di Wheatstone con resistenze R100 da 100 Ω, in cui è inserita la PT100; un amplificatore da strumentazione INA per amplificare le variazioni di tensione ai capi del ponte e un trimmer da 10 kΩ per poter effettuare l’equalizzazione tra i valori di uscita dei diversi circuiti di temperatura. La resistenza RV limita la corrente nel ponte; la RG definisce il guadagno dell’INA. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.28 Interfaccia implementata in Labview per il controllo da remoto delle funzionalità del microcontrollore. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . xi 78 79 80 83 84 86 88 Elenco delle figure 4.1 4.2 4.3 4.4 4.5 4.6 4.7 4.8 4.9 4.10 Diagramma a blocchi del flusso di elaborazione dati in MatLab a partire dalle informazioni raccolte nelle misure sperimentali. L’obiettivo della processazione è quello di risalire alla risoluzione energetica, risoluzione spaziale e field of view del sistema complessivo. . . . . . . . . . . . . . 93 Gli elementi della matrice riportata rappresentano gli istogrammi della tensione di uscita, in mV, dei canali di acquisizione a fronte di una sollecitazione con un treno di impulsi di corrente contenenti uguale quantità di carica. La risposta è di per se uniforme. . . . . . . . . . . . 94 Grafici relativi al Canale 1: a sinistra istogrammi del segnale di uscita al variare del valore degli impulsi in ingresso; a destra retta di equalizzazione ottenuta interpolando i punti medi delle curve gaussiane che effettuano il fitting gli istogrammi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95 Fitting lineare dei 6 punti medi delle curve gaussiane in funzione dei 6 valori di impulsazione per tutti i 36 canali: 36 rette di calibrazione ciascuna con proprio offset e coefficiente angolare. . . . . . . . . . . . . 96 Grafici che indicano la variabilità della risposta dei canali in termini di variazione offset (a sinistra) e variazione relativa di guadagno (a destra). 96 Rappresesentazione dei 36 istogrammi relativi ai 36 canali in funzione della tensione di uscita, in mV , per la misura di irradiazione uniforme a -18◦ C, VBIAS = 31, 8V . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97 Spettro del segnale in funzione dei canali ADC del sistema. La misura è stata effettuata con irradiazione uniforme a temperatura T=-18◦ C, tensione di alimentazione VBIAS = 31, 8V . . . . . . . . . . . . . . . . . 98 Spettro del segnale in funzione dei canali ADC con evidenziate curve di fitting gaussiane e soglie al di sopra delle quali si considera l’inviluppo dell’istogramma per effettuare l’approssimazione con la curva gaussiana. Le soglie del picco a 122 keV sono impostate al 50% dell’ampiezza massima. 99 Schematizzazione della retta di calibrazione per la conversione da canali ADC a Energia [keV] dello spettro: corrisponde alla retta passante per l’origine degli assi e per il picco caratteristico dello spettro, in questo modo il valor medio della gaussiana è associato al valore di 122 keV . . . 100 Schematizzazione dei vari percorsi tramite i quali i fotoni raggiungono il piano di rivelazione a partire dal punto di scintillazione: in modo diretto (rosso), con riflessione speculare (blu), con riflessione diffusiva (lilla). . . 101 xii Elenco delle figure 4.11 Distribuzione dei fotoni di luce, generati da un evento di scintillazione, sul piano di rivelazione. I dispositivi in prossimità del punto di interazione raccolgono una porzione maggiore della luce complessiva, sui restanti elementi si distribuisce parte della luce in modo uniforme. Ciascun elemento della matrice 6 × 6 rappresenta 4 SiPM. . . . . . . . . . . . . 4.12 Immagini relative alla ricostruzione dei punti di interazione ottenuti applicando l’algoritmo del centroide tradizionale e modificato. La misura effettuata è di tipo Flood (radiazione uniforme) a temperatura T = −18◦ C e tensione di polarizzazione VBIAS = 31, 8 V . La correzione della linea di base permette un recupero del campo di vista. . . . . . . . . . . . . . . 4.13 Misura di tipi Flood: la sorgente di raggi gamma, 57 Co, viene posta ad una distanza tale (40 cm) da poter irradiare uniformemente la superficie di rivelazione. La conversione da energia a segnale elettrico avviene in modo indiretto: il cristallo scintillatore monolitico produce una quantità di fotoni di luce proporzionale all’energia del raggio gamma assorbito, la matrice di fotorivelatori costituita da 144 SiPM permette la conversione del pacchetto di fotoni raccolto in un segnale elettrico di entità proporzionale. Un elevato numero di eventi raccolti permette una fedele ricostruzione dello spettro di energia della sorgente. . . . . . . . . . . . 4.14 Spettro tipico del 57 Co ottenuto con il singolo tile. La risoluzione energetica del picco a 122 keV ottenuta è di circa 11, 9%. La tensione di polarizzazione è VBIAS = 31, 6 V e la temperatura del sistema è stata portata a ∼ 0◦ C al fine di ridurre il contributo di rumore dovuto al rivelatore. Eventi di scintillazione acquisiti ∼ 500 000. . . . . . . . . . . 4.15 Spettro tipico del 57 Co ottenuto con 4 tile. La risoluzione energetica del picco a 122 keV ottenuta è di circa 19%. La tensione di polarizzazione è VBIAS = 31, 9 V e la temperatura del sistema è stata portata a ∼ 0◦ C al fine di ridurre il contributo di rumore dovuto al rivelatore. Eventi di scintillazione acquisiti ∼ 40 000. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.16 Andamento simulato delle componenti di risoluzione in funzione dell’area complessiva di rivelazione. Le componenti intrinseca e statistica sono pressoché costanti e il contributo dominante per la variazione complessiva è dato dalla componente di rumore. Vengono messi in evidenza i punti di lavoro: area di rivelazione singolo tile (576 mm2 ) e area di rivelazione 4 tile (2304 mm2 ). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . xiii 102 104 105 107 108 110 Elenco delle figure 4.17 Andamento della risoluzione energetica complessiva del sistema al variare della tensione di polarizzazione dei SiPM. La matrice di rivelazione è formata da 4 tile con 36 canali di uscita. Temperatura del sistema di conversione: ' 0◦ C. Il valore ottimo di risoluzione (19%) si ottiene per una tensione di polarizzazione di 31, 9 V . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.18 Andamento della risoluzione energetica complessiva del sistema al variare della tensione di polarizzazione dei SiPM. La matrice di rivelazione è formata da 4 tile con 36 canali di uscita. Temperatura del sistema di conversione: ' −18◦ C. Il valore ottimo di risoluzione (15, 5%) si ottiene per una tensione di polarizzazione di 31, 8 V . . . . . . . . . . . . . . . . 4.19 Andamento del DCR in funzione dell’over-voltage a due diverse temperature: T = 0◦ C e T = −18◦ C. Il rumore si riduce di circa il 50% per ogni variazione termica di ∼ 10◦ C, nel caso presentato la riduzione è di circa un fattore 4. Si osserva, inoltre, che per basse temperature la pendenza della curva del rumore è minore. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.20 Sono rappresentate le curve della PDE di un RGB-SiPM in funzione dell’over-voltage per valori di lunghezza d’onda di 400 nm (linea rossa) e 560 nm (linea blu). Al crescere della VOV si osserva una progressiva riduzione di pendenza delle curve. I dispositivi presi in considerazione sono ottimizzati per rivelare fotoni nel range di lunghezze d’onda 540 nm÷ 560 nm . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.21 Andamento dell’ENF in funzione dell’overvoltage è lineare ed in prima approssimazione risulta indipendente dalla temperatura. . . . . . . . . 4.22 Andamento della risoluzione complessiva e delle sue componenti in funzione dell’over-voltage applicato ai rivelatori per una temperatura T = 0◦ C. Si nota come il contributo della componente di rumore sia dominante ed esiste un valore di tensione di polarizzazione in cui la risoluzione assume valore minimo. In particolare il valore ottimo di over-voltage risulta essere intorno i 3,5 V . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.23 Andamento della risoluzione complessiva e delle sue componenti in funzione dell’over-voltage applicato ai rivelatori per una temperatura T = −18◦ C. Si osserva che il contributo della componente di rumore è ridotto rispetto al caso con temperatura maggiore e non è più presente una componente di risoluzione che predomina sulle altre. Il valore ottimo di over-voltage risulta essere intorno i 3,5 V . . . . . . . . . . . . . . . . xiv 111 111 112 113 114 115 116 Elenco delle figure 4.24 Confronto tra gli andamenti della risoluzione energetica in funzione dell’over-voltage per valori ottenuti sperimentalmente e valori ottenuti da stime teoriche. I grafici sono relativi alle temperature di T = 0◦ C e T = −18◦ C. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.25 Spettro tipico del 57 Co. La risoluzione energetica del picco a 122 keV ottenuta è di circa 15, 5%. La tensione di polarizzazione è VBIAS = 31, 8 V e la temperatura del sistema è stata portata a ∼ −18◦ C al fine di ridurre il contributo di rumore dovuto al rivelatore. . . . . . . . . . . . . . . . 4.26 Forme d’onda del segnale a valle del filtraggio RC normalizzate rispetto l’ampiezza per due diversi valori di temperatura. Da queste curve è possibile calcolare il deficit balistico: DB = 37, 54% per T = 0◦ C e DB = 45, 12% per T = −18◦ C. Il valore di picco più basso nel caso della temperatura minore è dovuto ad un tempo di scintillazione più lungo del cristallo: più si raffredda il sistema più i fotoni di luce sono rilasciati lentamente e il filtro RC riesce ad integrare meno carica utile. . . . . . 4.27 Andamenti del DCR e del Deficit Balistico in funzione della temperatura. Le due grandezze hanno andamenti opposti e contribuiscono in modo discorde alla determinazione della risoluzione energetica complessiva. . 4.28 Andamento della risoluzione energetica complessiva in funzione dei fattori che cambiano principalmente con la temperatura: DCR e DB. Una riduzione della temperatura permette di ridurre il DCR, ma nello stesso tempo provoca un aumento del DB. Per basse temperature, a pari intervalli di raffreddamento il miglioramento in termini di risoluzione energetica è sempre più contenuto. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.29 Distribuzione gaussiana delle coordinate di scintillazione ricostruite a partire da una radiazione γ collimata in una coordinata fissa del cristallo. I fotoni si distribuiscono sulla matrice di rivelazione in modo differente da evento ad evento con conseguente variabilità nella ricostruzione del punto di interazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.30 Misura di tipo Grid: il sistema è irradiato uniformemente dalla sorgente posta a 40 cm dal piano di rivelazione. Una griglia di piombo permette di selezionare i raggi γ in punti isolati del cristallo. Dalla larghezza della distribuzione degli eventi ricostruiti per ogni punto è possibile risalire alla risoluzione spaziale del sistema. La griglia possiede uno spessore di 4 mm e fori di diametro 1 mm, distanziati 3 mm. . . . . . . . . . . . . . xv 117 119 119 120 121 124 125 Elenco delle figure 4.31 Rappresentazione del profilo dei punti di scintillazione dovuti alla rivelazione del fascio di fotoni γ in corrispondenza di un foro della griglia. . . 4.32 Immagine dei punti di interazione della radiazione con il cristallo nell’acquisizione di tipo Grid con sistema a singolo tile. Si ottiene un F OV = 17, 14 mm × 17, 14 mm limitato alla linea congiungente i centri degli elementi più esterni della matrice e una risoluzione spaziale complessiva RS = 2, 52 mm. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.33 Immagine dei punti di interazione della radiazione con il cristallo nell’acquisizione di tipo Grid con sistema a 4 tile. Si ottiene un F OV = 41, 78 mm × 41, 78 mm limitato alla linea congiungente i centri degli elementi più esterni della matrice e una risoluzione spaziale complessiva RS = 1, 64 mm . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.34 Dimensioni del cristallo scintillatore nel caso in cui si utilizzi rispettivamente la matrice di rivelazione a singolo tile e nel caso in cui si utilizzino 4 tile. Si può osservare un diverso rapporto relativo tra le dimensioni del cristallo stesso. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.35 A sinistra: l’immagine della griglia ottenuta con 4 tile e in evidenza la linea di punti presa in considerazione per l’elaborazione dati. A destra: la distribuzione delle coordinate dei punti ricostruiti in funzione dell’asse x dove si evince una grande non linearità in prossimità dei bordi. . . . . 4.36 In rosso è indicata la posizione dei punti ricostruiti con l’algoritmo del centroide in funzione della posizione dei fori della griglia. In blu è indicata la posizione in cui si dovrebbero trovare i punti se si usasse una ricostruzione lineare. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.37 Linea rossa tratteggiata: distribuzione delle coordinate dei punti ricostruiti tramite algoritmo del centroide. Linea blu: profilo di distribuzione delle coordinate dei punti dopo aver applicato la linearizzazione. Si può osservare come il profilo dopo l’elaborazione sia più largo in prossimità dei bordi, con conseguente peggioramento della risoluzione spaziale. . . 4.38 Andamento del fitting dei valori di risoluzione intrinseca calcolati in corrispondenza dei punti ricostruiti a partire dal centro della griglia. La risoluzione aumenta all’aumentare della distanza dal centro. A titolo di esempio in figura sono messi in evidenza due valori di RIN T limite (1, 6% e 2%) dai quali è possibile risalire alla dimensione del campo di vista utile UFOV. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . xvi 126 127 128 128 131 132 133 133 Elenco delle tabelle 1.1 Radionuclidi utilizzati nella tecnica SPECT per il sistema preclinico. . 16 4.1 4.2 4.3 4.4 4.5 4.6 4.7 4.8 Misure spettroscopiche con singolo tile e 4 tile. . . . . . . . . . . . . . Confronto parametri ENF/PDE ed RST AT tra singolo tile e 4 tile . . Confronto RN OISE tra singolo tile e 4 tile . . . . . . . . . . . . . . . . Misure risoluzione al variare della tensione di polarizzazione. . . . . . Confronto dati ottenuti da risultati sperimentali e stime teoriche. . . Parametri SiPM e risoluzione energetica al variare della temperatura. Misure di tipo "Grid" con singolo tile e 4 tile. . . . . . . . . . . . . . . Risoluzione spaziale e FOV per singolo tile e 4 tile. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106 109 109 110 117 121 127 130 Introduzione Il seguente elaborato di tesi è frutto del lavoro svolto presso il laboratorio di Rivelatori di Radiazione ed Elettronica a Basso Rumore del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano nell’ambito della rivelazione di radiazione gamma per imaging diagnostico biomedicale. Nell’arco degli ultimi decenni è maturato, in campo medico, un crescente interesse verso lo sviluppo di tecniche innovative nel settore della diagnostica a fronte della possibilità di integrare in un unico strumento tecniche di imaging di tipo anatomico e funzionale. Sistemi diagnostici di medicina nucleare come ad esempio la SPECT (Single Photon Emission Computed Tomography) e la PET (Positron Emission Tomography) forniscono informazioni funzionali utili alla comprensione di processi metabolici in cellule, tessuti e organi, sia per condizioni fisiologiche che patologiche. Le tecniche per imaging anatomico come la CT (Computer Tomography) e l’MRI (Magnetic Resonance Imaging), forniscono invece immagini morfologiche precise ed accurate delle strutture indagate. E’ quindi evidente che l’acquisizione simultanea di immagini con caratteristiche complementari, funzionali ed anatomiche, potrebbe consentire di ottenere risultati ricchi di informazioni da un punto di vista diagnostico con conseguente ottimizzazione della terapia applicata. Non sorprende quindi che sistemi SPECT/CT e PET/CT, oggetto di forte innovazione e ricerca negli ultimi decenni, siano ormai sistemi capillarmente diffusi nella pratica ospedaliera. La frontiera dell’ultimo decennio mira alla sostituzione della CT con la risonanza magnetica, grazie alla possibilità di ottenere una risoluzione spaziale estremamente elevata, inferiore ai 500 µm, un miglior contrasto tra tessuti molli e una riduzione della dose di radiazioni ionizzanti rilasciata sul paziente. Lo sviluppo e l’integrazione di sistemi PET/MRI e SPECT/MRI rappresenta quindi a tutti gli effetti lo stato dell’arte nella ricerca dell’imaging biomedicale. In questo contesto si colloca il progetto europeo INSERT (INtegrated SPECT/MRI for Enhanced Stratification in Radio-chemoTherapy) che si propone di sviluppare un innovativo sistema clinico di imaging multi-modale per lo studio di patologie tumorali Introduzione nell’ambito della neuro-oncologia. L’obiettivo è la realizzazione di un sistema SPECT che possa essere inserito nel bore di risonanze magnetiche commerciali per l’acquisizione simultanea di informazioni funzionali e anatomiche, consentendo di migliorare la definizione della biologia del tumore e di fornire informazioni rilevanti per un trattamento personalizzato e maggiormente efficace. Il Politecnico di Milano si occupa di coordinare tale progetto ed è responsabile dello sviluppo dell’unità fondamentale del sistema SPECT, costituito da un modulo di rivelazione gamma. Il principio di funzionamento su cui si basa la rivelazione è quello a conversione indiretta tramite architettura ad Anger camera, in cui viene utilizzato un cristallo scintillatore monolitico che ha la funzione di assorbire i raggi gamma incidenti convertendoli in un flash di fotoni nel visibile, facilmente rivelabili da una matrice di fotorivelatori. Ciascun fotorivelatore fornisce un segnale elettrico, proporzionale alla luce raccolta, che viene letto e filtrato da un’apposita elettronica integrata a basso rumore e infine digitalizzato da un sistema di acquisizione. Come elemento base per la fotorivelazione è stato scelto il Silicon PhotoMultiplier (SiPM), dispositivo innovativo nel campo della rivelazione di radiazioni gamma e ormai affermata alternativa ai tubi fotomoltiplicatori (PMT). I SiPM, infatti, oltre ad un’elevata sensibilità e un basso rumore elettronico, offrono una struttura compatta e compatibilità ai campi magnetici. In particolare quest’ultima caratteristica unita alle elevate prestazioni in termini di timing (circa 300 ps) ha favorito nell’ambito della ricerca l’implementazione di tali dispositivi in moduli di rivelazione PET per sistemi PET/MRI. Grazie ad una rapida evoluzione tecnologica, che vede la progressiva riduzione del rumore e l’aumento dell’efficienza quantica, i SiPM possono essere candidati validi per la realizzazione di rivelatori in sistemi SPECT, in cui l’energia della radiazione di interesse assume valori minori rispetto quelli della PET. In questo ambito si inserisce l’attività relativa al seguente elaborato di tesi che presenta come obiettivo la caratterizzazione in termini di risoluzione energetica, risoluzione spaziale e campo di vista di un primo prototipo di rivelatore gamma per INSERT per confermare sperimentalmente la validità di risultati ottenuti da simulazioni Monte Carlo sui quali si basano i requisiti del progetto. Nel dettaglio, le principali specifiche del modulo, data una radiazione gamma a 140 keV (99m Tc), sono risoluzione energetica inferiore al 12%, risoluzione spaziale inferiore al millimetro e campo di vista di almeno 4, 5 × 4, 5 cm2 . Per le misure di caratterizzazione, è stata appositamente sviluppata un’Anger camera con elettronica di lettura a discreti che consente l’acquisizione e l’elaborazione del segnale in uscita dai fotorivelatori SiPM. xix Introduzione Nel primo capitolo del seguente elaborato di tesi vengono introdotte le tecniche di imaging diagnostico multimodale delineando gli aspetti fondamentali delle metodiche SPECT, PET e MRI. Successivamente viene descritto il progetto INSERT elencando le specifiche a cui deve sottostare il modulo di rivelazione e che dovranno essere confermate in fase di misura sperimentale. Nel secondo capitolo dopo aver descritto il principio di funzionamento dell’Anger camera sul quale si basa il modulo base di rivelazione del sistema SPECT , vengono descritti il funzionamento e i parametri caratteristici del SiPM, dispositivo innovativo e ad oggi mai utilizzato nell’ambito della rivelazione gamma a bassa energia. Per poter valutare le prestazioni del sistema da un punto di vista della risoluzione energetica, ne viene effettuata una stima teorica basata sui parametri del modulo base di rivelazione. Nel terzo capitolo viene delineato il set-up implementato per le misure sperimentali di caratterizzazione del modulo di rivelazione: sono descritti i processi logici per l’acquisizione e l’elaborazione del segnale con i rispettivi circuiti e sono descritte le schede elettroniche progettate per il supporto e l’ottimizzazione dell’attività sperimentale di misura e debug. Nel quarto capitolo sono presentati i risultati sperimentali ottenuti riguardanti sia misure di spettroscopia che di ricostruzione spaziale. Le misure di spettroscopia, finalizzate alla determinazione della risoluzione energetica, sono state eseguite a diverse temperature e diverse tensioni di polarizzazione dei SiPM per studiare l’andamento delle prestazione del sistema al variare di tali parametri. Le misure per la ricostruzione, volte alla valutazione della risoluzione spaziale, sono state effettuate con radiazione collimata in punti distinti del piano, in modo da stimare l’accuratezza nella ricostruzione del modulo. Le prestazioni complessive sono, infine, confrontate con le specifiche imposte dal progetto INSERT. xx Capitolo 1 Il progetto INSERT In ambito medico, durante gli ultimi decenni si sta assistendo ad un interesse sempre maggiore verso le tecniche di imaging multimodale. Questo nuovo approccio si basa sull’utilizzo contemporaneo di diverse tecniche per l’acquisizione delle immagini che consente di integrare informazioni complementari e fornisce come risultato un’immagine più completa di quella che si otterrebbe sommando le informazioni prese singolarmente. Nel seguente capitolo, dopo aver fornito una panoramica relativa all’imaging multimodale in ambito diagnostico, vengono descritti gli aspetti principali relativi alle metodiche SPECT, PET ed MRI che rappresentano le tecniche base per apparati più complessi come SPECT/MRI e PET/MRI. Nel contesto dell’imaging multimodale viene presentato il progetto INSERT (Integrated SPECT/MRI for Enhanced Stratification in RadiochemoTherapy) il quale si pone come obiettivo ultimo la realizzazione di un sistema SPECT/MRI per lo studio di gliomi, con lo scopo di consentire una caratterizzazione quantitativa e più accurata dei tumori più o meno sensibili alle radio-terapie e che necessitano trattamenti personalizzati. Capitolo 1. Il progetto INSERT 1.1 Imaging diagnostico multimodale L’evoluzione delle tecnologie ha dato origine a sistemi capaci di risolvere problemi di carattere conoscitivo in ambito medico, fornendo mezzi per osservare l’interno del corpo a fini diagnostici, prognostici e terapeutici. In questo contesto, l’imaging biomedicale è una tecnica usata per creare immagini delle strutture interne dell’organismo per scopi clinici e diagnostici. L’imaging diagnostico può essere generalmente suddiviso in due tipologie: anatomico e funzionale. L’imaging anatomico, di cui fanno parte la X-ray CT (Computed Tomography) e la Risonanza Magnetica (MRI, Magnetic Resonance Imaging), permette di ottenere informazioni morfologiche sui dettagli delle strutture interne con un’elevata risoluzione spaziale. L’imaging funzionale, invece, consente di indagare la funzionalità degli organi interni, studiando dall’esterno la distribuzione spazio-temporale di sostanze marcate correlate a specifici processi metabolici. Quest’ultima tipologia di imaging comprende tecniche di medicina nucleare ad emissione di radiazione quali la SPECT (Single Photon Emission Computed Tomography) e la PET (Positron Emission Tomography), descritte nel paragrafo successivo. Ogni immagine biomedica risulta essere, dunque, una rappresentazione parziale del corpo umano, qualunque sia la tecnica che l’ha prodotta. L’integrazione di diverse metodiche ha portato allo sviluppo di sistemi multimodali con conseguente arricchimento delle informazioni utili per le diagnosi e un migliore trattamento successivo. In ambito clinico e preclinico è possibile identificare diverse famiglie di imaging multimodale esistenti attualmente sul mercato, principalmente i sistemi PET/CT, SPECT/CT, PET/MRI. Con l’evoluzione della tecnologia inerente alle sequenze MRI, le immagini di risonanza magnetica consentono di ottenere informazioni superiori, rispetto all’esame CT, ad esempio riguardo alla caratterizzazione dei tessuti molli e alla detection dei tumori. La combinazione di un’immagine funzionale, come la PET, con una anatomica, come la MRI, permette di poter abbreviare i tempi di esecuzione dell’esame e di poter determinare in modo accurato la localizzazione anatomica delle lesioni funzionalmente sospette, con conseguente minore disagio per il paziente. Un altro vantaggio è l’uso dei dati MRI ad alta risoluzione spaziale per correggere gli artefatti da movimento [1]. Di seguito vengono forniti cenni relativi al funzionamento di sistemi di imaging nucleare (SPECT e PET) e risonanza magnetica (MRI), rimandando a testi più completi per maggiori dettagli [2, 3]. 2 Capitolo 1. Il progetto INSERT 1.1.1 Metodiche SPECT e PET Le metodiche SPECT e PET, nell’ambito della diagnostica medica, appartengono alla branca della medicina nucleare e il loro tipo di funzionamento sfrutta i principi della rivelazione di radiazioni, come descritto di seguito: SPECT (Single Photon Emission Computed Tomography) Al fine di tracciare le molecole metabolicamente attive, vengono utilizzati composti radioattivi che emettono radiazioni gamma isotropicamente. Un set di rivelatori planari permette di effettuare la rivelazione dei fotoni gamma in più direzioni come mostrato in Figura 1.1. Attraverso un apposito sistema di collimazione, vengono selezionate solo le radiazioni perpendicolari ai sistemi di rivelazione in modo da ottenere un’informazione relativa alle coordinate spaziali di emissione. Figura 1.1 Schematizzazione della struttura di rivelatori per la tecnica SPECT. Attraverso i collimatori vengono selezionate solo le radiazioni perpendicolari ai piani dei sistemi di rivelazione. Il posizionamento ad anello dei sistemi di rivelazione permette di ricostruire via software una localizzazione tridimensionale del radiotracciante. Per contro il sistema di collimazione riduce la sensitività del sistema. L’informazione raccolta dai rivelatori posizionati in modo circolare attorno il composto radioattivo permette la ricostruzione tridimensionale della distribuzione della sostanza marcata nell’organismo. L’utilizzo di collimatori limita la sensitività del sistema dato che gran parte della radiazione viene scartata. I radionuclidi principalmente utilizzati sono il Tecnezio 99 metastabile (99m T c), il Gallio 67 (67 Ga), l’Indio 111 (111 In), lo Iodio 123 (123 I) e il Tallio 201 (123 I) che emettono radiazioni gamma a bassa energia (fino a circa 300 keV ) e sono caratterizzati da un tempo di emivita dell’ordine di qualche ora. 3 Capitolo 1. Il progetto INSERT PET (Positron Emission Tomography) Nella seguente metodica un isotopo radioattivo viene legato alla molecola attiva a livello metabolico. Dopo un periodo di attesa la molecola si concentra nel tessuto di interesse e l’isotopo decade spontaneamente emettendo un positrone. Tale particella viaggia nel tessuto per una breve distanza (tipicamente pochi millimetri) perdendo energia cinetica fino a che interagisce con un elettrone [4]. L’incontro provoca l’annichilazione delle particelle e la generazione di una coppia di fotoni gamma entrambi con energia Eγ = 511 keV emessi in direzioni opposte tra loro, come mostrato alla Figura 1.2. Figura 1.2 (Sinistra) rappresentazione del decadimento di un isotopo che porta all’emissione di un positrone. Dopo un percorso di pochi millimetri il positrone si annichila con un elettrone emettendo radiazioni γ in direzioni opposte all’energia di 511 keV . (Destra) rappresentazione della struttura di rivelazione PET, i moduli di rivelatori disposti ad anello permettono di selezionare eventi in posizioni diametralmente opposte con coincidenza temporale. L’elemento cardine della metodica PET è la rivelazione simultanea della coppia di fotoni generati dal processo di annichilazione: se viene meno la simultaneità di cattura delle radiazioni da parte di detector situati in posizioni opposte l’evento viene scartato. Una caratteristica favorevole per l’utilizzo di questa tecnica è il fatto che l’emissione di fotoni gamma avviene solo lungo una certa direzione: non occorre alcuna collimazione per risalire alla coordinata di origine dell’evento, cosa che migliora la sensitività del sistema rispetto a quella della SPECT. In aggiunta, si ha a che fare con fotoni più energetici (Eγ = 511 keV ) che permettono di ottenere un rapporto segnale/rumore elevato a livello del rivelatore. Per contro i radionuclidi utilizzati nella PET sono isotopi con breve tempo di dimezzamento come il Carbonio 11 (11 C), l’Azoto 10 (10 N ), l’Ossigeno 15 (15 O) e il Fluoro 110(110 F ), cosa che comporta la necessità di disporre di un ciclotrone in prossimità del macchinario di scansione. Riguardo tale caratteristica la misura SPECT risulta vantaggiosa dato che viene effettuata con radionuclidi con tempo di emivita nell’ordine delle ore. 4 Capitolo 1. Il progetto INSERT Relativamente alla precisione di localizzazione del radiofarmaco, la PET risulta in linea di principio meno performante rispetto la SPECT dato che l’emissione del raggio gamma avviene alla distanza di qualche millimetro dalla posizione dell’isotopo. Un altro aspetto negativo è l’impossibilità di monitorare processi metabolici diversi durante una stessa misura dato che i fotoni gamma emessi dopo il meccanismo di annichilazione trasportano un energia fissa. Viceversa nella tecnica SPECT sono i radionuclidi stessi che emettono radiazioni quindi l’utilizzo simultaneo di radiotraccianti differenti rende possibile il monitoraggio di diverse funzionalità dell’organismo. 1.1.2 Tecnica della Risonanza Magnetica La Risonanza Magnetica (in inglese Magnetic Resonace Imaging - MRI) è una tecnica di imaging utilizzata per investigare l’anatomia e la fisiologia del corpo. Le particelle responsabili del segnale alla base della formazione delle immagini MRI sono i protoni, i quali sono principalmente localizzati in tessuti contenenti molecole d’acqua e hanno la caratteristica di ruotare attorno ad un asse (chiamato spin) generando un microscopico campo magnetico. In condizioni stazionarie i campi magnetici dei protoni sono orientati casualmente e il vettore magnetico risultante dalla loro somma è nullo. Quando lo scanner dell’MRI genera un forte campo magnetico costante B0 attorno all’area di cui si intende creare l’immagine i protoni si orientano tutti lungo la stessa direzione del campo. Questo orientamento può avvenire in maniera parallela, condizione di bassa energia o antiparallela, condizione di alta energia. I protoni paralleli sono in numero superiore a quelli antiparalleli provocando un vettore di magnetizzazione risultante M orientato parallelamente a B0 . In queste condizioni ciascun protone assume un moto rotatorio (di "precessione") attorno al proprio asse orientato nella direzione del campo ma con fasi diverse, come mostrato in Figura 1.3. La frequenza di precessione è caratteristica di ogni elemento atomico (frequenza di Larmor), nel caso della risonanza magnetica vengono utilizzati i protoni dell’idrogeno abbondanti nei tessuti ricchi di acqua. Per mettere in risonanza tali protoni, si invia un’onda radio (RF) con frequenza pari alla frequenza di Larmor per l’Idrogeno. L’onda RF può essere di due tipi: impulso a 90◦ o impulso a 180◦ ; il primo determina la sincronizzazione dei protoni nella stessa fase di precessione dando luogo ad un vettore di magnetizzazione trasversale con componenti anche sul piano (x,y), il secondo provoca il passaggio di alcuni protoni dalla condizione di bassa energia (spin parallelo) alla condizione di alta energia (spin antiparallelo). Cessato l’impulso RF avvengono due eventi: 5 Capitolo 1. Il progetto INSERT Figura 1.3 Rappresentazione dell’orientamento dell’asse dei protoni di un materiale sottoposto a campo magnetico costante B0 . Gli spin assumono direzione concorde a quella campo, il moto di precessione avviene attorno a questa direzione. Il numero di protoni orientati in direzione parallela al campo magnetico è in numero maggiore rispetto a quello dei protoni in direzione antiparallela, ne consegue che il vettore risultate di magnetizzazione M è orientato lungo la direzione del campo. • ritorno al livello energetico basso da parte dei protoni che avevano subito un inversione di direzione. • desincronizzazione della precessione dei protoni con conseguente decadimento della magnetizzazione trasversale. Come mostrato in Figura 1.4 il rilassamento dei protoni avviene con due costanti di tempo distinte. La costante T1 indica la rapidità con cui si ristabilisce il momento M del campo B0 : andamento esponenziale rappresentato in Figura 1.4a. La costante T2 indica, invece, il tempo di annullamento della componente di magnetizzazione trasversale determinata dalla sincronizzazione di fase dei movimenti di precessione, anch’essa può essere rappresentata da una funzione esponenziale come indicato in Figura 1.4b Il moto del vettore M è in grado di indurre ai capi di una bobina ricevente una forza elettromotrice che rappresenta il segnale della risonanza magnetica. Il segnale dell’MRI dipende quindi dai parametri T1, T2, e dal numero totale di protoni provvisti di spin per unità di volume (densità protonica - DP). In base la sequenza di impulsi RF scelti si possono ottenere informazioni relative a diversi tipi di tessuti. Da un punto di vista della struttura del sistema, le bobine a radiofrequenza riceventi si trovano all’interno del magnete principale e sono una per ogni piano geometrico in modo da poter monitorare nelle tre dimensioni le variazioni del vettore di magnetizzazione M. Il campo magnetico all’interno delle bobine non è omogeneo ma è caratterizzato da un 6 Capitolo 1. Il progetto INSERT (a) Funzione che descrive la rapidità con cui si ristabilisce il momento M del campo B0 . (b) Funzione che descrive l’annullamento della componente di magnetizzazione trasversale (componente x,y) del vettore M. Figura 1.4 Andamenti del vettore di magnetizzazione M in funzione del tempo durante il processo di rilassamento dei protoni. gradiente, questo permette di ottenere un segnale lievemente diverso in base al punto di emissione e di risalire quindi alla regione spaziale di interesse. L’MRI, visto il suo principio di funzionamento è particolarmente indicata nello studio di tessuti molli fornendo un eccellente risoluzione di contrasto tra strati di diverso tipo. È una tecnica non invasiva che non richiede radiazioni ionizzanti e permette di ottenere immagini diverse a seconda della struttura anatomica studiata. Vengono ora descritti i metodi di integrazione delle due tecniche di imaging funzionale e anatomica. 1.1.3 Sistemi PET/MRI e SPECT/MRI Esistono due possibili approcci che permettono la combinazione di due sistemi di imaging complementari, ad esempio di una PET con una MRI [5]: l’architettura sequenziale e l’architettura integrata. Il primo approccio consiste nell’effettuare due acquisizioni distinte e sequenziali (o tandem), in cui lo scanner PET è in posizione adiacente rispetto alla risonanza magnetica, come mostrato in Figura 1.5a. Questa configurazione necessita di modifiche minime per adattare i due sistemi a lavorare in sequenza e in modo complanare. Inoltre lo scanner della PET non è soggetto a tutti i vincoli geometrici e dimensionali dettati dal bore cilindrico della risonanza magnetica. Tuttavia la presenza dell’intenso campo magnetico creato dalla risonanza richiede l’installazione di schermature magnetiche e di apparati di rivelazione gamma compatibili. Lo svantaggio principale in ambito clinico della sequenza tandem è che l’acquisizione nelle due modalità non è contemporanea, 7 Capitolo 1. Il progetto INSERT di conseguenza sono richiesti complessi software dedicati per la co-registrazione delle immagini e la loro integrazione. Un’architettura che permette di superare gli svantaggi introdotti dalla sequenza tandem è quella rappresentata in Figura 1.5b, che consiste in una singola strumentazione bi-modale in cui gli strumenti possono funzionare simultaneamente. Questa configurazione comporta l’inserimento di uno scanner PET o all’interno del bore del sistema MRI, o addirittura integrato all’interno dell’MRI stessa. Di conseguenza la PET, e a seconda del grado di integrazione anche l’MRI, devono essere riprogettate per adattarsi ai vincoli imposti dal reciproco inserimento, con conseguente aumento dei costi rispetto al sistema tandem. Sono quindi richieste notevoli e numerose specifiche di progetto, prima fra tutte l’insensibilità al campo magnetico dei dispositivi usati per la rivelazione, tra cui i cristalli scintillatori, i rivelatori e l’elettronica di lettura. Inoltre, (a) Architettura sequenziale in cui il paziente viene spostato in sequenza tra i due sistemi separati. (b) Architettura simultanea in cui il paziente è inserito in un sistema che consente un acquisizione bimodale. Figura 1.5 Possibili geometrie per sistemi multimodali PET/MRI. I due sistemi possono essere separati o integrati tra loro. l’inserimento di un sistema PET potrebbe d’altra parte causare inomogeneità nel campo magnetico, col risultato di produrre artefatti nelle immagini MRI [6, 7]. La combinazione dell’esame MRI con la PET mira nei prossimi anni a portare sul mercato primi sistemi clinici che combinano l’elevata risoluzione spaziale (tipicamente ∼ 400 µm per sistemi MRI da 3 T) e l’eccellente contrasto della risonanza magnetica con l’alta sensitività della PET. Attualmente, notevoli sono gli sforzi nell’ambito dei progetti di ricerca per questo tipo di sistema. Si possono citare a titolo di esempio: • Hyper Image: "Simultaneous TOF-PET/MR imaging", che si propone di sviluppare una tecnologia di photodetector compatibile con la MRI e con una elevata risoluzione temporale (<200 ps) [8]; 8 Capitolo 1. Il progetto INSERT • Sublima: "PET/MR combined for maximal efficiency", con l’obiettivo di massimizzare il numero di fotoni rivelati (>40%), ottimizzando il materiale e la geometria del cristallo scintillatore utilizzato, introducendo una nuova tecnologia per l’accoppiamento ottico con un fotorivelatore digitale [9]; • Spadnet: sviluppo di un modulo PET/MRI per piccoli animali e per il cervello utilizzando un array di SPAD implementati con tecnologia CMOS [10, 11]; • Seoul National University: Prototipo PET per piccoli animali e sistema PET/MRI usando Silicon Photomultiplier (SiPM) nello scanner PET [12]; • Nagoya University (Giappone): Utilizzo di SiPM per lo sviluppo di un sistema integrato PET/MRI [13]. Inoltre è presente attualmente sul mercato uno scanner clinico PET/MRI della Siemens: Biograph mMR con MRI di 3 T [14] . La SPECT può essere considerata un’alternativa complementare alla PET per sistemi integrati poiché, ad esempio, consente l’utilizzo simultaneo di più traccianti facilmente accessibili e in linea di principio una risoluzione spaziale migliore. Lo sviluppo di sistemi integrati SPECT/MRI risulta ad oggi in una fase più embrionale rispetto ai sistemi PET/MRI, principalmente per due ragioni: la compatibilità magnetica dei collimatori, assenti nella PET, e la difficoltà di realizzare sistemi stazionari con sufficiente numero di proiezioni angolari [15]. Non sorprende, quindi, che quasi la totalità dei progetti SPECT/MRI sia focalizzata sullo sviluppo di sistemi preclinici per piccoli animali, elencati nel seguito: • University of Illinois per lo studio di un prototipo di un sistema SPECT/MRI per imaging in vivo su piccoli animali: fotorivelatori CdTe e CZT in un campo magnetico di 3 T [16, 17]; • Johns Hopkins University, sviluppo di un sistema SPECT/MRI per piccoli animali con fotorivelatori CZT in un campo di 3 T [18]; • University of California, studio di una nuova bobina RF e di una schermatura per radiazione γ per migliorare la qualità delle immagini in un sistema SPECT/MRI: fotorivelatori CZT in un campo magnetico di 4 T [19]. Tra questi gruppi di ricerca si inserisce anche il progetto INSERT, la cui peculiarità e differenza sta nel dover realizzare come obiettivo finale un sistema clinico. 9 Capitolo 1. Il progetto INSERT 1.2 Progetto INSERT Il progetto INSERT (INtegrated SPECT/MRI for Enhanced Stratification in RadiochemoTherapy) supportato dalla Comunità Europea, come anticipato si colloca nell’ambito dell’imaging multimodale proponendo un sistema SPECT/MRI. L’obiettivo del progetto è quello di progettare, testare e validare un apparato SPECT che possa essere inserito all’interno di un gantry MRI commerciale, senza i costi aggiuntivi di una riprogettazione dell’MRI stessa come schematizzato nella Figura 1.6 [20]. Il sistema SPECT deve rispettare quindi le specifiche di compatibilità per poter funzionare correttamente in presenza di campi magnetici e nello stesso tempo non deve indurre variazioni alle linee di campo tipiche della risonanza magnetica. Figura 1.6 Schema di principio del sistema SPECT/MRI da implementare al termine del progetto INSERT. L’obiettivo è quello di inserire un sistema di rivelazione SPECT all’interno del bore di una risonanza magnetica commerciale rispettando le specifiche di compatibilità di funzionamento con il macchinario della MRI, senza la necessità di una riprogettazione di quest’ultimo. L’applicazione prevista si colloca nel campo della neuro-oncologia, l’obiettivo è quello di offrire una diagnosi precoce dei tumori cerebrali (in particolare i Gliomi) e la possibilità di effettuare terapie mirate per casi tumorali con specifiche caratteristiche biologiche e istologiche. Negli ultimi anni, assistiamo in campo medico allo sviluppo di un nuovo approccio terapeutico che mira alla classificazione dei gliomi in base al rischio attraverso parametri 10 Capitolo 1. Il progetto INSERT oggettivi: tale approccio eviterebbe di esporre i pazienti a trattamenti inappropriati, permettendo la somministrazione di una dose specifica e personalizzata per il tumore e il monitoraggio della risposta al trattamento, col risultato di ridurre l’elevata mortalità. Per questo motivo è di notevole interesse lo sviluppo di un metodo che integri variabili biologiche multiple in un modello di prognosi e in un trattamento applicabile ai pazienti in modo personalizzato e localizzato. In un contesto di questo tipo il sistema proposto dal progetto INSERT permette l’integrazione dei punti di forza delle tecniche MRI e SPECT. In particolare l’elevato contrasto dei tessuti molli ottenuto dalle immagini MRI permette un accurata localizzazione del tumore e un conseguente miglioramento del trattamento con radioterapia della zona interessata. La possibilità di utilizzare diversi radiotraccianti nella SPECT permette un’analisi biologica multiparametrica che a partire dall’osservazione di diversi processi metabolici permette un’accurata classificazione del tumore. Nell’ambito del progetto verranno realizzati due prototipi SPECT, uno dedicato all’imaging preclinico (campo magnetico di 7 e 9, 4 T; diametro bore 20 cm) che sarà utilizzato come punto di riferimento per un secondo sistema di imaging clinico (campo magnetico di 3 T; diametro bore 59 cm). In particolare il sistema preclinico verrà utilizzato per lo studio di modelli del glioma ricavati da topi e ratti, permettendo l’identificazione dei tratti biologici che contraddistinguono il tumore attraverso una tecnica di imaging in vivo non invasiva, che consente la stima della radio e chemio sensitività al trattamento. Il sistema clinico finale, invece, permetterà di effettuare studi diagnostici sul distretto testa-collo dell’uomo. 1.2.1 Il Consorzio INSERT Il progetto INSERT coinvolge differenti partner europei, guidati dal Politecnico di Milano, che sono elencati qui di seguito in quanto i loro studi e contributi saranno menzionati in alcune sezioni e capitoli [21]: • Politecnico di Milano (POLIMI-ITALY): studio delle specifiche del sistema, sviluppo del modulo di rivelazione e dell’elettronica di lettura, test del sistema e coordinamento del progetto; • Mediso Orvosi Berendezes Fejleszto es Szerviz Kft.(MEDISO-HUNGARY): sviluppo dei prototipi dei sistemi preclinico e clinico, sviluppo del software e dell’acquisizione dati, implementazione degli algoritmi di correzione e di ricostruzione e caratterizzazione delle performance del sistema; 11 Capitolo 1. Il progetto INSERT • Fondazione Bruno Kessler (FBK-ITALY): progettazione, design e realizzazione dei fotorivelatori; • Nuclearfields International BV (NUFI-The NETHERLANDS): sviluppo del sistema di collimazione compatibile con MRI; • MRI.TOOLS GmbH (MRI.TOOLS-GERMANY): test di compatibilità dei sistemi e dello sviluppo del coil RF del sistema; • University College of London (UCL-UK): design del sistema, degli algoritmi e del software di ricostruzione e calibrazione e trials clinici sul sistema sviluppato; • Università Vita-Salute San Raffaele (HSR-ITALY): test del sistema SPECT con la risonanza magnetica e trials clinici e preclinici dei sistemi sviluppati; • Università degli Studi di Milano (UNIMI-ITALY): sviluppo di un modello di studio per gli animali ed esperimenti preclinici; • CROmed Kutató és Szolgáltató Központok Kft. (CROmed-HUNGARY): studio dei modelli per animali, esperimenti preclinici e confronto tra il sistema INSERT e gli altri sistemi in commercio. 1.2.2 Struttura del sistema INSERT In Figura 1.7 viene mostrata la struttura del sistema preclinico che verrà realizzata nel corso del progetto. Al centro è posizionato il soggetto di cui si vuole fare l’imaging, attorno al quale è collocata l’antenna a radiofrequenza (RF) per la risonanza del campo magnetico. Nello strato successivo è posizionato il sistema di collimazione, infine sulla parte più esterna sono installati i moduli di rivelazione. Il laboratorio di rivelazione delle radiazioni in cui è stato portato avanti il lavoro per il seguente elaborato di tesi si è reso responsabile della progettazione e della realizzazione del modulo di rivelazione che verrà descritto nel seguito. La parte della struttura MRI che verrà ridisegnata nel corso del progetto è l’antenna a radiofrequenza (RF) ricevente/trasmittente per poter ottimizzare la qualità delle immagini posizionandola il più vicino possibile al paziente. 12 Capitolo 1. Il progetto INSERT Figura 1.7 Descrizione della struttura del sistema preclinico da realizzare per il progetto INSERT. La struttura ad anello è modulare: ciascun elemento è costituito da un sistema di raffreddamento, una matrice di fotorivelatori, un cristallo monolitico scintillatore e un collimatore. All’interno dell’anello si trova l’antenna RF che ha la funzione di emettere e ricevere segnali a radiofrequenza in modo da implementare i meccanismi per la risonanza magnetica. 1.2.2.1 Il modulo di rivelazione La funzione del modulo di rivelazione è la conversione dei raggi gamma in un segnale elettrico, la cui ampiezza è proporzionale all’energia incidente, che poi viene elaborato tramite un elettronica dedicata per ottenere immagini planari della distribuzione del radiofarmaco. I parametri che caratterizzano i componenti del modulo di rivelazione determinano le prestazioni del sistema SPECT in termini di risoluzione energetica, risoluzione spaziale e campo di vista (FOV) desiderato. L’unità di rivelazione fondamentale per il sistema SPECT di INSERT è una gamma camera di area 5 cm × 5 cm basata sulla consolidata struttura di Anger, descritta nel Capitolo 2. L’architettura si basa su un cristallo scintillatore monolitico che converte l’energia della radiazione gamma in fotoni luminosi rivelati da una matrice di rivelatori. Il segnale in uscita dai fotorivelatori viene elaborato da un’apposita elettronica di lettura e inviato al sistema di acquisizione (DAQ). Ciascun modulo del sistema è un blocco compatto e indipendente, ciò garantisce un alto grado di modularità e flessibilità e il campo di vista desiderato (FOV) può essere ottenuto affiancando il numero necessario di unità fondamentali. 13 Capitolo 1. Il progetto INSERT Nel caso in esame il modulo di rivelazione viene realizzato in modo da rispondere ai seguenti requisiti di progetto: • Useful Field of View (UFOV): 4, 5 cm × 4, 5 cm; • Risoluzione spaziale intrinseca : minore uguale a 1 mm a 140 keV ; • Risoluzione energetica: minore uguale al 12% a 140 keV ; • Compattezza e modularità: possibilità di assemblare più moduli e formare un ampia area di rivelazione. • Compatibilità elettromagnetica: inserimento nel bore del sistema MRI. Il lavoro svolto durante l’attività di tesi si è incentrato sulla caratterizzazione della parte del modulo relativa alla conversione del segnale: scintillatore accoppiato a matrice di fotorivelatori. L’obiettivo è quello di verificare che i requisiti imposti dal progetto INSERT siano rispettati e dimostrare la fattibilità di realizzare una gamma-camera per rivelazione SPECT basata su dispositivi SiPM. Fotorivelatori SiPM La matrice di fotorivelazione è popolata da dispositivi Silicon PhotoMultipliers (SiPM) realizzati da FBK, Trento. Una descrizione dettagliata sul funzionamento di questi dispositivi può essere trovata nel Capitolo 2 del seguente elaborato di tesi, dove si descrivono il principio di funzionamento e i parametri di merito. Il piano di rivelazione di un singolo modulo, come riportato in Figura 1.8, è composto da 12 × 12 singoli SiPM, ciascuno di 4 mm × 4 mm di area attiva. Si osserva che il piano di rivelazione è formato da 4 unità base (tile) di 6 × 6 SiPM. I tile sono separati tra di loro da 100 µm di spessore, inteso come spazio di allineamento tra le singole unità. Poiché un numero di canali pari a 144 introdurrebbe elevata complessità in termini di elettronica di lettura, è stata considerata la possibilità di cortocircuitare i terminali d’uscita a gruppi di 4 SiPM al fine di realizzare una rivelazione a macro-celle e ridurre il numero di canali a 36. Questo tipo di operazione è stata definita "channel merging" e la singola unità denominata "merged" è composta da 2 × 2 SiPM (8 mm × 8 mm di area attiva) [22]. Il singolo modulo avrà un’area complessiva di rivelazione di 50.60 mm × 51.70 mm,ma togliendo l’area morta di rivelazione (dead area) si ottiene un superficie attiva di 48 mm × 48 mm. 14 Capitolo 1. Il progetto INSERT Figura 1.8 Modulo di rivelazione basato sui SiPM. Ogni matrice (tile) è costituita da 6 × 6 SiPM per un numero complessivo di 144 rivelatori su 4 tile. Le uscite di 4 SiPM adiacenti sono cortocircuitate per poter ridurre il numero complessivo di canali, semplificando l’elettronica per l’acquisizione e la l’elaborazione del segnale. Cristallo scintillatore La funzione del cristallo scintillatore è quella di convertire l’energia della radiazione gamma incidente in fotoni di luce che possono essere raccolti e convertiti in segnale utile da parte dei fotorivelatori. La scelta del cristallo scintillatore non è secondaria dato che influenza le specifiche del sistema come la risoluzione spaziale, risoluzione energetica, efficienza di assorbimento e campo di vista utile. Per il progetto INSERT è stato scelto un cristallo di Ioduro di Cesio attivato con Tallio CsI(Tl): i motivi principali della scelta sono l’elevato numero di fotoni emessi per unità di energia della radiazione incidente e l’insensibilità al campo magnetico. Considerazioni dettagliate sulla scelta del materiale e la sua geometria saranno effettuate alla Sezione 3.1. 1.2.3 Design e prestazioni del sistema preclinico Come già accennato, nel corso del progetto saranno realizzati un sistema clinico e uno preclinico. Il sistema preclinico è composto da un anello circolare di 10 moduli di rivelazione SPECT che verrà montato nel bore della MRI di diametro 20 cm. Tra le specifiche richieste dal sistema preclinico particolarmente rilevante è la risoluzione energetica, poiché condiziona la possibilità di realizzare l’acquisizione simultanea di diversi radionuclidi. Ad esempio si desidera un valore prossimo al 10% a 140 keV per realizzare un’acquisizione simultanea con 99m T c (140 keV) e 123 I (159 keV), dato 15 Capitolo 1. Il progetto INSERT che presentano picchi di emissione molto vicini tra loro nello spettro. La Tabella 1.1 riporta i radionuclidi che si prevede di utilizzare nel sistema preclinico. Tabella 1.1 Radionuclidi utilizzati nella tecnica SPECT per il sistema preclinico. Radionuclide 99m Tc I 111 In 177 Lu 131 I 123 Energia 140 159 171/245 113/208 365 keV keV keV keV keV La sensitività è un altro parametro di merito del sistema, essa incide notevolmente sulla durata dell’esame diagnostico ed è strettamente legata alla tecnica di collimazione adottata. Per ottenere un’accettabile qualità dell’immagine occorre acquisire un numero minimo di conteggi, tanto maggiore è la sensitività del sistema tanto minore è il tempo richiesto per ottenerli. In INSERT il sistema di collimazione è basato su collimatori multi-pinhole, come mostrato in Figura 1.9, caratterizzati da fori quadrati tramite i quali è possibile affiancare proiezioni differenti, senza sovrapposizioni, su un singolo modulo di rivelazione. Figura 1.9 Rappresentazione di una porzione del sistema preclinico in cui si osserva al centro della struttura il collimatore multi-pinhole con fori quadrati che permette di affiancare proiezioni differenti senza sovrapposizioni sul modulo di rivelazione. I parametri del collimatore sono scelti in modo da fornire prestazioni ottimali con un compromesso adeguato tra sensitività e risoluzione spaziale. 1.2.4 Design e prestazioni del sistema clinico Nella seconda fase del progetto verrà realizzato il prototipo clinico, mostrato in Figura 1.10. 16 Capitolo 1. Il progetto INSERT Figura 1.10 Rappresentazione del sistema INSERT clinico. I moduli di rivelazione sono disposti ad anello e sono inseriti all’interno della struttura MRI. Come supporto meccanico al set di rivelatori si predispone di un lettino sul quale verrà appoggiata anche la testa del paziente. Il sistema clinico è pensato per l’imaging dell’intera zona testa/collo del paziente per diagnosi su tessuti interessanti il cervello ed il tronco encefalico, senza la necessità di informazioni a priori sulla localizzazione del tumore derivanti da altre modalità. I requisiti richiesti al modulo di rivelazione sono gli stessi di quelli del sistema preclinico. Le ultime decisioni portano ad un disegno dell’anello SPECT aperto a 21 moduli fisso, senza la necessità di alcuna rotazione del sistema. Dalle simulazioni realizzate in fase di studio si nota che questo numero di rivelatori consente di ottenere una sensitività e una qualità dell’immagine ottimali e l’aggiunta di moduli di rivelazione non comporterebbe miglioramenti sostanziali. Nel complesso le scelte sono state effettuate per implementare una struttura che ottimizzi il costo, il peso e la dimensione totale del sistema a fronte di un soddisfacimento delle prestazioni richieste. Come per il sistema preclinico, anche in questo caso la specifica sulla risoluzione energetica (10% a 140 keV ) è legata alla scelta dei radionuclidi da utilizzare. Nel sistema clinico questa scelta sarà limitata a 99m T c, 123 I e 177 Lu. Lo spessore del cristallo viene scelto in modo da ottimizzare l’efficienza di assorbimento ad alte energie, ad esempio a 365 keV , a fronte della necessità di ridurre il più possibile lo spessore per ottimizzare la risoluzione spaziale intrinseca. Altro parametro importante per la sua influenza sulle prestazioni del sistema complessivo è la temperatura: un livello termico controllato e costante permette il corretto 17 Capitolo 1. Il progetto INSERT funzionamento dei dispositivi rivelatori. Il sistema di raffreddamento è quindi parte integrante della struttura e implica un isolamento termico e una protezione meccanica contro l’umidità. Oltre a raffreddare e mantenere costante la temperatura del modulo di rivelazione, il sistema di raffreddamento viene utilizzato per dissipare il calore generato dall’elettronica in corrispondenza di ogni modulo. I materiali più idonei per la realizzazione dell’anello di supporto sono le materie plastiche, grazie al basso grado di assorbimento delle radiazioni, alla capacità di isolamento elettrico, alla facilità di fabbricazione e alla compatibilità con il sistema MRI. La possibilità di modificare i singoli moduli separatamente semplificherà le eventuali operazioni di riparazione del sistema, ma implica che siano previste schermature per la luce e protezioni per l’umidità singole per ogni photodetector. 18 Capitolo 2 Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma Il modulo di conversione energia-segnale implementato in un Anger camera classica consiste in un cristallo scintillatore monolitico accoppiato ad una matrice di fotorivelatori, generalmente tubi fotomoltiplicatori (PMT). L’aspetto innovativo del sistema di rivelazione implementato per il modulo di INSERT è quello di utilizzare una matrice di Silicon PhotoMultiplier al posto dei classici fototubi. Questa scelta consente di realizzare un blocco maggiormente compatto e insensibile al campo magnetico, parametro fondamentale per il sistema in esame, volto alla realizzazione di una tecnica di imaging SPECT/MRI. Nel seguente capitolo viene descritto il modulo di rivelazione Anger classico e successivamente il funzionamento e i parametri di merito dei SiPM. A partire dai parametri del blocco di rivelazione della gamma camera viene, infine, effettuata una stima teorica della risoluzione energetica del sistema complessivo, che risulterà un punto di riferimento per le considerazioni riguardo i risultati delle misure sperimentali. Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma 2.1 Sistema di rivelazione gamma - Anger camera Un sistema o "modulo" per la rivelazione di radiazioni gamma è un apparato che permette di convertire l’energia della radiazione rivelata in un segnale elettrico di entità proporzionale. Nel caso particolare del progetto INSERT e quindi del lavoro svolto per questo elaborato di tesi, si ha l’obiettivo di creare un sistema che, oltre a rivelare la radiazione e fornirne un segnale elettrico proporzionale, sia in grado di ricostruire un’immagine fedele dei punti di interazione della radiazione con il sistema. La formazione di un’immagine necessita la decodificazione dell’informazione spaziale tramite alcuni passaggi nel processo di rivelazione. La tecnica implementata nel progetto è quella con singolo cristallo continuo accoppiato ad un array di fotorivelatori. Questo dispositivo fornisce più segnali che possono essere processati per stimare le coordinate spaziali e l’energia relativi ai singoli raggi gamma incidenti [23]. Il principio descritto è quello da cui deriva l’architettura dell’Anger camera (dal nome del fisico Hal Anger che la ideò nel 1957), sviluppata per le misure sperimentali di imaging, i cui risultati sono riportati in seguito e sulla quale si basa l’unità fondamentale del progetto INSERT. L’architettura di Anger originaria viene schematizzata nella Figura 2.1 [23]. Figura 2.1 Schematizzazione dell’architettura Anger camera: il collimatore seleziona le radiazioni perpendicolari al sistema, il cristallo scintillatore monolitico congiuntamente alla matrice di fotorivelatori convertono la radiazione in segnale elettrico, la guida di luce prima del cristallo permettere una maggiore diffusione della luce, l’elettronica a valle dei rivelatori processa e digitalizza il segnale, il computer viene utilizzato per l’elaborazione dati. Questa struttura effettua una conversione indiretta del segnale che consiste nel trasdurre l’energia della radiazione in segnale elettrico attraverso due passaggi successivi. Un cristallo scintillatore monolitico assorbe il fotone gamma e genera una quantità di fotoni di luce (a bassa energia) proporzionale all’energia della radiazione assorbita secondo un guadagno caratteristico del materiale (Yield). La propagazione della luce 20 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma avviene in modo isotropico nel materiale e viene rivelata da una matrice di tubi fotomoltiplicatori (PMT), ciascuno dei quali fornisce un segnale elettrico proporzionale al numero di fotoni ricevuti. La somma delle ampiezze dei segnali è una quantità proporzionale all’energia della radiazione originaria. La doppia conversione è opportuna dal momento che le energie delle radiazioni gamma incidenti sono superiori ai 100 keV : a tali energie il fotocatodo in GaP del tubo fotomoltiplicatore ha un’efficenza quantica troppo bassa per poter fornire informazione sufficiente. Lo scintillatore invece, si caratterizza per avere un’efficienza di assorbimento elevata fino ad alte energie permettendo la rivelazione di radiazioni con volumi limitati. Davanti al cristallo viene posto un collimatore (solitamente piombo o tungsteno) con lo scopo di bloccare tutte le radiazioni non perpendicolari al piano dello scintillatore. Il vantaggio nell’utilizzo del collimatore sta nel fatto che il punto di scintillazione ha coordinata coerente con quella di emissione del raggio gamma; per contro si ha una grande penalizzazione da un punto di vista della sensibilità del sistema dato che parte della radiazione viene assorbita dal collimatore stesso. L’elettronica a valle dei fotorivelatori ha la funzione di elaborare il segnale col fine di ottimizzarne il campionamento e la conversione in digitale. I dati raccolti sono trasmessi ad un computer dove avviene l’elaborazione attraverso appositi algoritmi per la ricostruzione delle coordinate di scintillazione degli eventi. Nell’ambito del progetto INSERT si ha l’obiettivo di sviluppare un modulo di rivelazione basato sul principio dell’Anger camera descritto, da implementare in un macchinario SPECT integrabile in una struttura per la risonanza magnetica (MRI). Il materiale scelto per il cristallo di scintillazione è lo Ioduro di Cesio drogato con Tallio CsI(Tl) e la matrice di fotorivelatori a cui viene accoppiato è costituita da dispositivi Silicon Photo Multiplier (SiP M ). I segnali di uscita dei rivelatori sono mandati in parallelo su canali elettronici di lettura, ciascuno dei quali fornisce in uscita un segnale di tensione la cui ampiezza assume valore proporzionale alla quantità di carica ricevuta in ingresso. In questo modo è possibile ottenere un’informazione relativa sia all’energia della radiazione incidente sia alla distribuzione di luce sul piano di rivelazione. 2.1.1 Definizione parametri di uscita della gamma camera Per poter giustificare le scelte effettuate riguardo il cristallo scintillatore e il tipo di dispositivi utilizzati occorre elencare e definire i principali parametri di uscita che 21 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma caratterizzano una gamma camera utilizzata con fini diagnostici: • Risoluzione energetica RE : consiste nella capacità di un sistema di rivelazione di determinare in modo accurato l’energia della radiazione incidente. Minore è il valore di risoluzione energetica, maggiore è la capacità del sistema di discriminare picchi spettrali vicini tra loro. Dati processi stocastici indipendenti, lo spettro energetico di eventi che depositano la stessa energia E0 , prodotti all’interno di un fotorivelatore a seguito dell’interazione di un raggio gamma, presenta un allargamento rispetto la distribuzione ideale dentiforme [24]. La distribuzione energetica misurata risulta quindi ben approssimabile ad una gaussiana come schematizzato in Figura 2.2. Figura 2.2 Spettro energetico ricostruito a partire da una radiazione con energia costante: la forma è quella di una gaussiana con valor medio E0 e larghezza caratterizzata dalla FWHM. Da un punto di vista quantitativo, la risoluzione energetica viene definita come il rapporto tra l’ampiezza a metà altezza (FWHM) del picco spettrale di interesse e l’energia media del picco stesso (E0 ). RE = F W HM E0 [%] (2.1) Nel caso particolare della funzione gaussiana la FWHM risulta proporzionale alla deviazione standard della curva secondo la relazione FWHM=2, 355 · σ [24], quindi l’Equazione 2.1 diventa: RE = 2, 355 · σ E0 [%] (2.2) • Risoluzione spaziale RS : viene definita come la minima distanza alla quale è ancora possibile discriminare due punti distinti nel piano di ricostruzione. Anche 22 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma in questo caso, se il sistema viene sollecitato da una radiazione collimata in un punto dello spazio, in uscita la distribuzione delle coordinate ricostruite risulta avere andamento gaussiano e viene chiamata Point Spread Function (PSF). Figura 2.3 Confronto tra ricostruzione ideale e ricostruzione con incertezza di un punto nello spazio. Da un punto di vista spaziale la risposta del sistema ad una sollecitazione puntiforme viene chiamata Point Spread Function (PSF). Da un punto di vista quantitativo la risoluzione spaziale corrisponde alla FWHM (in mm) del profilo della Point Spread Function (PSF) del sistema. RS = F W HM [mm] (2.3) Una basso valore di risoluzione spaziale permette di risalire in modo accurato alla posizione di emissione della radiazione. • Field Of View F OV : è per definizione il campo di vista del sistema di rivelazione, in altre parole la porzione di spazio attraversata da radiazione gamma che è possibile ricostruire (viene indicato in mm2 ). Nel caso di condizioni ottimali di ricostruzione il campo di vista coinciderebbe con l’area della matrice di rivelatori, la quale a sua volta è uguale all’area del cristallo. Un’ area dello scintillatore maggiore comporterebbe una perdita di luce dovuta ai fotoni uscenti ai bordi; un’area minore comporterebbe invece una minore raccolta della radiazione gamma in ingresso. Nella Figura 2.4 sono esemplificati i due casi di sbagliato dimensionamento. I dati raccolti dal sistema di rivelazione sono successivamente elaborati da algoritmi per la ricostruzione dei punti di interazione della radiazione incidente. Il processamento delle informazioni (descritto in seguito) introduce non linearità nella ricostruzione, in particolare riduce il FOV del sistema complessivo. 23 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma (a) Cristallo troppo grande per l’area del rivelatore: perdita di fotoni utili (b) Cristallo troppo piccolo per l’area del rivelatore: perdita radiazione incidente Figura 2.4 Casi di sbagliato dimensionamento dell’area cristallo; in entrambe le situazioni si ha perdita di segnale utile. 2.2 Fotorivelatori Silicon PhotoMultiplier (SiPM) Il motivo principale che ha condotto alla scelta dell’utilizzo dei SiPM nel modulo di rivelazione sviluppato per il progetto INSERT è il guadagno interno, paragonabile a quello di un tubo fotomoltiplicatore, che permette di raggiungere la sensitività del singolo fotone. Questo rende i SiPM immuni al rumore dell’elettronica di lettura semplificando notevolmente sia l’assemblaggio dei moduli di rivelazione sia lo sviluppo dell’elettronica di lettura. Come i tubi fotomoltiplicatori, i Silicon PhotoMultiplier presentano un’elevata sensibilità per lunghezze d’onda nel range del visibile, parametro di merito dato che nell’architettura in esame sono accoppiati ad un cristallo scintillatore che emette fotoni di luce. Rispetto i PMT, i seguenti rivelatori presentano il vantaggio di essere dispositivi allo stato solido (come i fotodiodi a valanga e diodi PIN), offrendo la possibilità di lavorare con basse tensioni di polarizzazione, avere un’elevata uniformità di risposta ed essere compatti e robusti da un punto di vista meccanico. In aggiunta, risultano insensibili ai campi magnetici: caratteristica fondamentale dal momento che il modulo di rivelazione nel quale sono utilizzati dovrà essere inserito e lavorare correttamente all’interno di un macchinario per la risonanza magnetica. Un’altra proprietà dei SiPM, legata al fatto che sono dispositivi allo stato solido, è la rapidità di risposta. Ciò li ha resi molto diffusi, negli ultimi anni, per la realizzazione di moduli di rivelazione in macchinari PET, in cui si richiedono stringenti requisiti di timing. La progressiva diffusione di questo tipo di rivelatori ha favorito il progresso delle performance in termini di rumore, guadagno, efficienza quantica e uniformità di risposta, 24 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma che li ha resi adatti anche all’implementazione di rivelatori gamma a bassa energia. Di seguito viene descritta in dettaglio la struttura fisica dei SiPM, il funzionamento e le principali figure di merito che ne caratterizzano il comportamento. 2.2.1 Struttura, funzionamento e figure di merito Il rivelatore SiPM è un array bidimensionale di fotodiodi a valanga indipendenti con uscita cortocircuitata operanti in modalità Geiger (G-APD) [25] come mostrato in Figura 2.5; Figura 2.5 Struttura di un SiPM: array bidimensionale di fotodiodi indipendenti operanti in modalità Geiger con stessa polarizzazione e uscita cortocircuitata. Ciascuna microcella presenta una resistenza serie di quenching che permette di smorzare la corrente di valanga del diodo a fronte dall’assorbimento di un fotone di luce. Ogni microcella del dispositivo è costituita da un diodo polarizzato in inversa e una resistenza di quenching necessaria per limitare la corrente durante il meccanismo di valanga del fotorivelatore. Ciascun diodo colpito da uno o più fotoni di luce viene mandato in valanga e genera un impulso di corrente all’uscita del dispositivo di ampiezza fissa (indipendente dal numero di fotoni incidenti fintanto che si permane in un lasso di tempo definito refrattario). I diodi G-APD hanno il medesimo guadagno variabile nell’intervallo 105 ÷ 106 e sono isolati tra loro sia elettricamente che otticamente. Essendo le uscite cortocircuitate, il segnale di corrente in uscita è dato dalla somma dei segnali delle singole microcelle. In un sistema basato sull’architettura di Anger il cristallo scintillatore assorbe una radiazione gamma dotata di una certa energia, in proporzione alla quale emette 25 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma un numero di fotoni di luce proporzionale, che incidono sulla matrice di rivelazione provocando la valanga dei diodi G-APD. Se la quantità di fotoni generati risulta molto minore del numero di microcelle presenti sul piano di rivelazione, ogni microcella con elevata probabilità è colpita da al più un fotone e l’ampiezza del segnale di uscita del modulo assume valore proporzionale all’energia della radiazione assorbita. I SiPM utilizzati per INSERT sono costituiti da circa 9600 SPAD ciascuno, considerando che la matrice di rivelazione è costituita da 144 dispositivi il numero complessivo di fotodiodi è circa 1,3 milioni. Dato che il cristallo scintillatore utilizzato a fronte dell’assorbimento di una radiazione emessa dal 99m T c fornisce circa 2000 fotoni di luce, la probabilità che la stessa microcella venga colpita da più fotoni contemporaneamente è molto bassa. È possibile quindi affermare che per l’applicazione considerata l’entità della luce emessa dal cristallo è ampiamente contenuta nel Range Dinamico del sistema e i segnali in uscita dalla matrice di rivelazione hanno ampiezza linearmente proporzionale al numero di fotoni raccolti Di seguito vengono riportate la struttura, la modalità di funzionamento e i parametri di merito di questo tipo di dispositivi. Tensione di breakdown La tensione di breakdown di un fotodiodo (VBD ) è definita come la maggiore tensione applicabile in inversa senza causare una crescita esponenziale della corrente nel dispositivo; in altre parole, come si può notare dalla Figura 2.6 è il punto della caratteristica I-V del diodo (per tensioni negative) per cui si ha il massimo della derivata seconda. Figura 2.6 Curva caratteristica della giunzione pn I-V in cui viene evidenziato il punto di breakdown VBD , oltre il quale la corrente diverge. La tensione di overvoltage (VOV ) è la differenza tra la tensione a cui si polarizza 26 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma il dispositivo (VBIAS ) e la tensione di breakdown ed è un parametro importante per caratterizzare il funzionamento del dispositivo. La VBD è fortemente legata al tipo di drogaggio e alla grandezza della giunzione pn del diodo: minore è la dimensione della giunzione, a parità di tensioni applicate esternamente, maggiore è il campo elettrico all’interno, con conseguente riduzione del valore assoluto della tensione di breakdown. A livello di produzione, al fine di avere una risposta uniforme del sistema, è importante che ci sia uniformità non solo tra tutte le microcelle di un singolo SiPM, ma anche tra un SiPM e l’altro all’interno di una matrice. Infatti la tensione di polarizzazione è unica per tutti i dispositivi e una variazione della VBD tra un dispositivo e l’altro darebbe luogo ad un over-voltage di valore diverso tra i rivelatori con conseguenti differenze nella risposta. I dispositivi utilizzati per le misure sperimentali di laboratorio, gli RGB - SiPM, hanno una VBD ' 28, 5 V alla temperatura di 0◦ C e a proposito di uniformità la ditta produttrice FBK assicura un’ uniformità al di sotto degli 0,2 V su tutto il wafer di produzione. Inoltre la tensione di breakdown dipendente fortemente dalla temperatura: in particolare aumenta all’aumentare di T (per quanto riguarda la dipendenza dei parametri del SiPM dalla temperatura si faccia riferimento ad un sottoparagrafo nel seguito). Fotodiodo a valanga in modalità Geiger La struttura fisica della microcella di un SiPM, rappresentata nella Figura 2.7 [26], è quella di un fotodiodo a valanga (Avalanche Photo Diode - APD) con in serie una resistenza integrata in polisilicio di circa 500 kΩ a temperatura ambiente. Per la fabbricazione del diodo si parte da un substrato di tipo p++ su cui viene cresciuto in modo epitassiale uno strato p, poco drogato. Segue un impiantazione profonda di una regione p che definisce l’area attiva e la tensione di breakdown del dispositivo. In superficie viene effettuata l’impiantazione di un sottile strato n+ e un successivo rivestimento con un materiale (ARC) antiriflessivo per ottimizzare la raccolta dei fotoni di luce. La caratteristica principale di un fotodiodo operante in modalità Geiger consiste nel fatto che una carica fotogenerata nella zona di svuotamento può generare a sua volta nella zona ad alto campo elettrico, tramite ionizzazione per impatto, una moltiplicazione a valanga di carica in cui sono coinvolte sia cariche positive che negative. Dato che in questo processo sono coinvolti entrambi i tipi di carica si crea un feedback positivo, grazie al quale la valanga si autosostiene. 27 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma Figura 2.7 Sezione trasversale di due celle di un SiPM; l’impiantazione p su uno strato p-epi definisce l’area attiva del dispositivo; l’Anti Reflective Coating (ARC) è uno strato antiriflessivo che permette una migliore collezione dei fotoni nel visibile. La resistenza di quenching è realizzata in polisilicio. Questo tipo di comportamento è dovuto al fatto che il G-APD, come mostrato nella caratteristica in Figura 2.8 [27], viene polarizzato ad una tensione in modulo superiore alla VOV del dispositivo: il passaggio di una singola carica nella giunzione pn con tale campo elettrico provoca l’instaurarsi di una corrente divergente, caratterizzando la microcella per un guadagno molto elevato. Figura 2.8 Caratteristica del diodo polarizzato in inversa con evidenziate le regioni di funzionamento per un diodo APD (poco prima della tensione di breakdown) e per un diodo G-APD (oltre la tensione di breakdown). Avere una tensione di polarizzazione superiore quella di breakdown rende il guadagno del dispositivo molto elevato. Dato che il processo di valanga non si estingue autonomamente la corrente viene limitata dalla caduta ohmica sulla resistenza di quenching in serie al diodo. 28 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma Per quanto riguarda il processo di assorbimento, un fotone che viaggia nel silicio interagisce con gli atomi del materiale fornendo energia agli elettroni che passano da banda di valenza a banda di conduzione. Una volta ceduta completamente la propria energia cinetica il fotone può definirsi assorbito. Come mostrato in Figura 2.9 [28], nel silicio, tanto maggiore è l’energia della particella incidente (minore lunghezza d’onda) tanto minore è lo spazio in cui viene assorbita. Figura 2.9 Andamento della lunghezza di assorbimento nel silicio in funzione della lunghezza d’onda del fotone incidente. Maggiore è l’energia del fotone minore è lo spessore del materiale necessario per l’assorbimento. In un diodo APD polarizzato in inversa la zona utile per l’assorbimento di fotoni risulta essere la regione svuotata dove le forze del campo elettrico trasportano la carica generata (elettrone/lacuna) in direzioni opposte; la zona in cui si genera il processo di valanga, invece, è quella ad alto campo elettrico, attorno la giunzione pn. Generalmente si fa in modo che ad innescare la valanga siano le cariche negative; infatti gli elettroni all’interno del semiconduttore hanno una mobilità maggiore delle lacune e, a parità di campo elettrico, riescono a generare una corrente più ampia in tempi brevi. Nella Figura 2.10 [27] sono mostrate due possibili soluzioni di drogaggio per la realizzazione di un dispositivo G-APD La struttura in Figura 2.10a viene utilizzata nel caso in cui si desideri ottenere un’elevata sensitività per lunghezze d’onda nel range del visibile: gli elettroni utili per generare la valanga sono forniti dall’assorbimento di fotoni in profondità (zona p+ o p− epi). In relazione all’intervallo di lunghezza d’onda dei fotoni a cui sono maggiormente sensibili, i dispositivi costituiti da microcelle di questo tipo vengono chiamati RGB-SiPM (Red - Green - Blu SiPM). La struttura in Figura 2.10b viene utilizzata nel caso in cui si vogliano rivelare fotoni a lunghezze d’onda inferiori: in questo caso gli elettroni utili che danno luogo alla valanga derivano dall’assorbimento di fotoni in strati superficiali (zona p+ ). In 29 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma (a) Struttura n su p. RGB - SiPM (b) Struttura p su n. NUV - SiPM Figura 2.10 Possibili profili di drogaggio per le celle di un SiPM. Dato che sono principalmente gli elettroni a dar luogo al processo di valanga, il tipo di dispositivo da utilizzare viene scelto in base la lunghezza d’onda che si intende rivelare. La prima struttura permette di avere una maggiore sensitività per fotoni con lunghezze d’onda tra 500 nm e 700 nm. La seconda, invece, fornisce una sensitività più elevata per fotoni con lunghezza d’onda inferiori, tra 300 nm e 500 nm. modo analogo agli RGB, dispositivi con microcelle di questo tipo vengono chiamati NUV-SiPM (Near - Ultra - Violet SiPM). Detto ciò, la scelta del tipo di dispositivo viene effettuata in base la lunghezza d’onda tipica dei fotoni in uscita al cristallo scintillatore a cui viene accoppiato. In particolare per la realizzazione delle misure sperimentali del progetto INSERT, in cui il cristallo scelto CsI(Tl) emette fotoni intorno la lunghezza d’onda λ0 = 540 nm, vengono scelti gli RGB-SiPM ottimizzati per la rivelazione di fotoni nel range del visibile. Segnale della microcella La microcella di un SiPM consiste in un Single-Photon Avalanche Diode (SPAD) con quenching passivo. In Figura 2.11 [27] viene mostrato il circuito equivalente della microcella. L’interruttore aperto indica che il circuito è a riposo. Figura 2.11 Circuito equivalente di un singolo SPAD con quenching passivo a riposo: prima che venga scatenato il fenomeno di moltiplicazione a valanga. CD è la capacità introdotta dal diodo e dai parassitismi dei collegamenti; RS è la resistenza serie del diodo e delle connessioni; RQ è la resistenza di quenching con la funzione di smorzare la valanga riducendo la tensione ai capi del dispositivo quando viene attraversata da corrente elevata. 30 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma Questa configurazione permette di rilasciare un’alta quantità di carica in un tempo breve e limitato. Complessivamente il segnale di uscita dello SPAD risulta essere un impulso di corrente con forma a doppia esponenziale, come schematizzato nella Figura 2.12. Figura 2.12 Schematizzazione del segnale di uscita in corrente della singola microcella di un SiPM. Il tempo di salita segue una costante di tempo τS = RS · CD ; la discesa è invece dominata dalla costante di tempo τQ = RQ · CD . Data la dipendenza da CD e RS l’andamento del segnale è fortemente influenzato sia dalla grandezza del dispositivo sia dalle dimensioni delle connessioni. I tempi di salita e discesa dell’impulso di corrente sono fortemente dipendenti sia dall’area del singolo SPAD sia dalla grandezza delle connessioni dato che CD ed RQ dipendono dalle dimensioni della cella e delle piste di collegamento. Le microcelle degli RGB-SiPM utilizzati presentano dimensioni di 40 µm × 40 µm e sono caratterizzate per fornire un impulso di corrente con tempo di salita di ∼ 3, 5 ns e un tempo di recupero di ∼ 220 ns: tempi di risposta così brevi permettono di trascurare la costante di tempo introdotta dal SiPM rispetto quella del cristallo scintillatore, che risulta essere dell’ordine dei microsecondi (come descritto in seguito). Guadagno del SiPM Il guadagno di un SiPM è il rapporto tra la quantità totale di carica contenuta in un impulso di corrente di uscita dalla singola microcella e la carica primaria (dovuta a rumore o fotone assorbito) che da luogo al processo di valanga: M= CD · (VBIAS − VBD ) qe (2.4) Il guadagno dipende quindi dalla tensione di over-voltage VOV e dalla capacità totale della cella CD , data dalla capacità del diodo e da quelle parassite. In modo indiretto il guadagno dipende anche dalla dimensione della cella, quanto maggiore è la sua area tanto maggiore è la capacità e quindi il guadagno ottenibile. 31 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma Ogni SPAD nel processo di breakdown a valanga fornisce una quantità di carica quantizzata e fortemente uniforme. Se due o più fotoni arrivano simultaneamente sulla stessa microcella danno luogo allo stesso segnale. Per questo motivo il diodo APD funzionante in modalità Geiger può essere considerato al pari di un dispositivo digitale: un interruttore azionato dall’arrivo di fotoni, che può essere acceso o spento e non può fornire un informazione riguardo la grandezza del flusso istantaneo di fotoni incidente [28]. Per avere un’ informazione riguardo la quantità di fotoni di scintillazione raccolti dalla matrice occorre misurare l’intensità dell’impulso di corrente in uscita al SiPM in cui i segnali delle microcelle vengono sommati tra loro. L’uscita ha una natura discreta: quanti più SPAD sono mandati in valanga tanto maggiore è l’ampiezza dell’impulso Sout . X Sout = Si (2.5) i dove le Si rappresentano i segnali di ampiezza uniforme delle singole celle della matrice di SPAD. Tuttavia se il numero di fotoni incidente diventa comparabile al numero di microcelle del sistema si va incontro ad un fenomeno di saturazione dell’uscita e si perde la proporzionalità con il numero di fotoni descritta (problema non considerato vista la struttura del sistema implementato). I SiPM utilizzati per l’attività di misure sperimentali hanno un guadagno M ' 2 · 106 in corrispondenza di una VOV = 3 V . Un guadagno di questo tipo permette di trascurare il rumore introdotto dall’elettronica di lettura del segnale. Photon Detection Efficiency La Photon Detection Efficiency (PDE) di un SiPM è la probabilità statistica che un fotone incidente sul dispositivo generi valanga e quindi un impulso in uscita. Quantitativamente è così definita: P DE = Nel P RIM ARI = QE · Ptrigger · εgeom NF OT ON I (2.6) Dove QE è l’efficienza quantica dell’area attiva, rappresenta la probabilità che un fotone fornisca ad un elettrone l’energia sufficiente per passare da banda di valenza a banda di conduzione e quindi la capacità di muoversi nel semiconduttore; Ptrigger è la probabilità che un portatore di carica inneschi una valanga quando attraversa la regione ad alto campo elettrico; εgeom è il fill factor geometrico, cioè il rapporto tra area utile 32 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma di rivelazione e area totale. L’efficienza quantica ha principalmente due fattori limitanti: la trasmittanza finita del dielettrico alla superficie del silicio e la probabilità (<100%) che il fotone incidente venga assorbito nella regione attiva. Infatti, se un fotone per effetto fotoelettrico genera un elettrone nelle zone ad alto drogaggio (in superficie o in profondità) quest’ultimo ha un’alta probabilità di ricombinazione senza dare contributo al segnale utile. Questo fatto indica una forte dipendenza dell’efficenza quantica dalla lunghezza d’onda comportando una dipendenza anche della PDE. Nella Figura 2.13, prendendo come riferimento un SiPM-RGB, vengono rappresentati i possibili percorsi che possono seguire i fotoni luminosi una volta arrivati sul rivelatore prima di essere assorbiti. (a) Il dielettrico in superficie riflette una parte dei fotoni incidenti. (b) Il fotone in base la lunghezza d’onda arriva più o meno in profondità nel silicio. Figura 2.13 Possibili traiettorie dei fotoni incidenti sul rivelatore: possono essere riflessi o deviati dallo strato dielettrico in superficie (figura a sinistra), possono arrivare più o meno in profondità all’interno del silicio (figura a destra). Il dispositivo schematizzato è un SiPM di tipo RGB: adatto a rivelare fotoni nel visibile. Per ottimizzare la QE viene deposto sulla superficie un rivestimento antiriflessivo ARC (Anti-Reflective-Coating) in modo da ottimizzare la raccolta dei fotoni; la giunzione viene implementata il più possibile in superficie per poter raccogliere fotoni a piccole λ che vengono assorbiti in strati superficiali; lo strato epitassiale viene cresciuto di un certo spessore per assorbire il maggior numero possibile di fotoni con grande lunghezza d’onda. La probabilità di trigger, come riportato nella Figura 2.14 [27], varia linearmente con la VOV e in base al portatore (elettrone o lacuna) che genera la valanga: un maggiore 33 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma overvoltage permette di avere un campo elettrico più elevato, quindi un’energia più alta dei portatori liberi e maggiore probabilità di ionizzazione per impatto. Allo stesso tempo, però, gli elettroni hanno una mobilità più alta e quindi, a parità di campo elettrico, una velocità maggiore rispetto le lacune; ciò permette loro di generare una valanga con probabilità maggiore. Figura 2.14 Andamento delle probabilità di generare una valanga da parte di lacune (curva blu) eD elettroni (curva rosa) al variare dell’over-voltage. Si nota che l’andamento per entrambi i tipi di particelle è lineare crescente e che gli elettroni sono caratterizzati da una Ptrigger maggiore. A causa della dipendenza dalla Ptrigger la PDE ha una dipendenza lineare dalla tensione di over-voltage. La probabilità maggiore da parte degli elettroni rispetto le lacune di generare valanga comporta la dipendenza della probabilità di trigger dalla lunghezza d’onda della radiazione incidente. Infatti in base la λ del fotone gamma varia la profondità a cui viene generata la coppia elettrone/lacuna e quindi il tipo di portatore che scatena la moltiplicazione a valanga. Vengono riportati di seguito andamenti caratteristici della PDE in funzione dei diversi parametri da cui dipende. In Figura 2.15 [29] è rappresentato l’andamento della Photon Detection Efficency di dispositivi RGB-SiPM e NUV-SiPM con microcella di 40 µm e VOV = 4, 5 V in funzione della lunghezza d’onda. I SiPM-RGB hanno picco a 550 nm, i SiPM-NUV invece a 390 nm: la scelta del tipo di dispositivo da usare viene fatto in base la lunghezza d’onda caratteristica dei fotoni emessi dallo scintillatore con cui viene accoppiato il SiPM. Nel caso delle misure 34 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma Figura 2.15 Grafico della PDE in funzione della lunghezza d’onda per dispositivi SiPM di tipo RGB (in rosso) e NUV (in blu) della FBK. La PDE per i NUV ha picco per λ = 390 nm, nel vicino ultravioletto, per gli RGB il picco è a λ = 550 nm, nel verde. sperimentali effettuate risultano decisamente più adatti i SiPM-RGB dato che il cristallo CsI(Tl) emette fotoni con λ0 ' 540 nm. In Figura 2.16 [26] è rappresentato l’andamento della PDE crescente in funzione dell’over-voltage per i SiPM di tipo RGB e lunghezza d’onda 560 nm, questo trend è imputabile alla dipendenza dalla VOV della probabilità di trigger. Figura 2.16 Andamento della PDE in funzione dell’over-voltage per un valore di lunghezza d’onda di 560 nm. La pendenza della curva si riduce all’aumentare della VOV . Il fill factor geometrico può essere ottimizzato, a parità di area del SiPM, utilizzando un basso numero di celle più grandi; riducendo in questo modo la percentuale di area 35 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma morta rispetto quella attiva. Questo comporta, tuttavia, degli svantaggi quali un basso Range Dinamico, maggiore probabilità di trigger da parte di cariche generate termicamente e un maggiore tempo di recupero a causa di una capacità del diodo più grande. Nel complesso, per ottenere guadagno e PDE elevate occorre avere alti overvoltage e grandi aree delle microcelle. Per contro ciò provoca un aumento della probabilità di generazione termica delle cariche libere che contribuiscono ad impulsi di corrente spuri in uscita con tempo di recovering maggiore viste le capacità più grandi in gioco. Negli ultimi anni si stanno sviluppando nuove tecnologie per accrescere il fill factor riducendo la dimensione delle microcelle e lo spessore della regione morta tra uno SPAD e l’altro. In Figura 2.17 [30] viene riportato l’andamento del εgeom in funzione delle dimensioni delle microcelle per la tecnologia RGB (SiPM utilizzati attualmente) e per la tecnologia RGB-HD (SiPM in fase di sviluppo). Figura 2.17 Andamento del fill factor in funzione della dimensione delle microcelle nel caso della tecnologia RGB (attualmente utilizzata) e quella RGB - HD (in fase di sviluppo). Si può notare come la nuova tecnologia permetta di avere celle più piccole ed una εgeom comunque maggiore. Si può notare, come con SPAD di dimensioni minori è possibile accrescere la PDE grazie all’alta densità delle celle. Questa nuova tecnologia permette di avere una maggiore uniformità della tensione di breakdown e quindi migliore uniformità di guadagno, minore probabilità di generazione termica della carica e impulsi di corrente con tempo di recovering più breve [29]. Dark Count Rate Il processo di breakdown a valanga può essere scatenato, oltre che da un elettrone 36 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma derivante da un’interazione del fotone con il reticolo del silicio, anche da cariche libere presenti all’interno del dispositivo: il segnale presente in uscita al rivelatore senza alcuna sorgente di luce, viene detto corrente di buio o Dark Counts Rate (DCR). Dato che questo rumore è il risultato del susseguirsi di una serie di impulsi la sua entità viene quotata in [Hz/mm2 ]. La corrente di buio non contiene alcuna informazione utile per quanto riguarda l’energia della radiazione incidente, per questo motivo è un parametro che deve essere limitato il più possibile. Esistono principalmente tre processi che contribuiscono a generare cariche libere nel semiconduttore, ciascuno dei quali ha comportamenti diversi al variare della temperatura in quanto hanno cause e energie di attivazione differenti : • Generazione termica all’interno della zona di svuotamento dovuta al processo Shockley-Read-Hall (SRH): come mostrato in Figura 2.18 [27] un elettrone che ha acquisito energia termica passa dalla banda di valenza alla banda di conduzione grazie ad uno stato intermedio presente nel gap del semiconduttore (centro di generazione/ricombinazione). Lo stato localizzato è dovuto alle impurità del reticolo e ha la capacità di catturare e rilasciare successivamente gli elettroni fornendo loro un percorso da BV a BC a minore energia. Questo processo Figura 2.18 Schematizzazione del processo di generazione cariche libere nel semiconduttore a causa di generazione termica attraverso il processo SHR. Il passaggio da banda di valenza a banda di conduzione avviene grazie ad un centro di generazione/ricombinazione nel mezzo del gap. è predominante a temperatura ambiente e ha un’energia di attivazione che è nominalmente EGAP /2 [26]: differenza energetica tra stato localizzato e bande BV, BC. Per avere un basso rumore di generazione termica occorre utilizzare dispositivi con basso numero di impurità, oppure portare i fotorivelatori a lavorare a bassa temperatura. • Tunneling nella regione di moltiplicazione dovuta al processo Trap Assisted Tunneling (TAT): come mostrato in Figura 2.19 [27] il processo di generazione di 37 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma cariche libere in questo caso avviene a causa di un forte piegamento delle bande energetiche del semiconduttore dovuto a campo elettrico. In queste condizioni ad un elettrone serve una minore energia per passare da banda di valenza a banda di conduzione. È quindi un processo rilevante in presenza di forti campi elettrici: ha Figura 2.19 Schematizzazione del processo di generazione cariche libere nel semiconduttore a causa di effetto tunnel. Il passaggio da banda di valenza a banda di conduzione può avvenire in modo diretto o come per la generazione termica tramite passaggio intermedio per un centro di generazione/ricombinazione. un’energia di attivazione di circa EGAP /2 e la presenza di uno stato localizzato nel gap non è necessaria in questo caso. Non essendo un fenomeno dipendente dalla temperatura diventa dominante a bassi livelli termici. In prima approssimazione il DCR è linearmente dipendente dal tempo di vita medio dei portatori minoritari τg , dal volume effettivo della zona attiva (area microcella per larghezza zona di svuotamento) Vef f e dalla probabilità che un portatore generi valanga Ptrigger : DCR ∝ τg · Vef f · Ptrigger (2.7) Considerando che la probabilità di trigger è proporzionale alla tensione di polarizzazione, anche il DCR lo sarà: DCR ∝ VBIAS (2.8) Questa dipendenza lineare è vera solo fino a tensioni di overvoltage non troppo elevate; infatti ad alti VOV cominciano a manifestarsi effetti di crosstalk (fenomeno spiegato successivamente) che danno luogo ad eventi di Dark Count di ampiezza diverse volte maggiore rispetto quelli dovuti ad una singola cella e soprattutto con maggiore frequenza. Per diminuire l’entità dei campi elettrici nel dispositivo 38 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma è possibile quindi ridurre la tensione di polarizzazione. Avere una piccola VBIAS , per contro, porta con se lo svantaggio di un guadagno e una PDE minori. A tal proposito per i SiPM-RGB utilizzati nelle misure sperimentali il contributo dovuto al Tunneling sarà considerato di entità trascurabile dato che sono prodotti con una tecnologia volta ad ottimizzare le linee di campo elettrico e ridurre al minimo il Dark count Field-enhanced, cioè dovuto ad una forte tensione di polarizzazione. • Diffusione di cariche minoritarie nella zona svuotata: è la generazione predominante ad alte temperature poiché richiede un’elevata energia di attivazione, pari ad EGAP . Per quanto riguarda le misure sperimentali presentate il processo di diffusione risulta essere di entità trascurabile in quanto il sistema viene raffreddato. Come visto nella Formula 2.7 la generazione termica di cariche è proporzionale al volume della zona svuotata, tuttavia, per una stima più accurata, va preso in considerazione anche il tipo di drogaggio. Se la zona attiva è di tipo n i portatori minoritari (le lacune) viaggiano verso la zona ad alto campo elettrico e scatenano la valanga, viceversa se la zona attiva è di tipo p sono gli elettroni ad andare verso la regione con alto campo elettrico. Gli elettroni hanno una maggiore probabilità di scatenare il Breakdown quindi, a parità di volume, la configurazione n-on-p risulta essere più rumorosa. Crosstalk ottico Una componente aggiuntiva al rumore del SiPM è il Crosstalk ottico tra le microcelle. Durante il processo di breakdown a valanga la corrente generata è sostenuta da un forte campo elettrico, ne consegue che in media, ogni 105 cariche che attraversano la giunzione, vengono emessi nel materiale 3 fotoni con energia superiore a quella del Gap del silicio: E>1,14eV. Se questi fotoni generati viaggiano nel mezzo e vengono assorbiti da una microcella adiacente possono dar luogo con una certa probabilità ad un breakdown a valanga spurio: provocando un impulso di corrente di uscita maggiore del dovuto. I fotoni che danno maggiore criticità sono quelli con lunghezze d’onda nell’infrarosso poichè penetrano maggiormente nel silicio e percorrono distanze maggiori senza essere assorbiti. L’entità di questo tipo di rumore è inversamente proporzionale alla distanza tra le aree di moltiplicazione delle microcelle ed è proporzionale quadraticamente alla tensione VOV , infatti sia il flusso di cariche nella regione ad alto campo sia il guadagno della cella sono proporzionali all’overvoltage. 39 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma Figura 2.20 Rappresentazione del meccanismo di crosstalk tra due microcelle adiacenti: un fotone generato dall’elevata corrente di breakdown di una giunzione pn viaggia all’interno del silicio, raggiunge la cella adiacente e genera lì un ulteriore processo di valanga. Un modo per limitare il Crosstalk è lavorare con una bassa tensione di polarizzazione al fine di ridurre il guadagno e conseguentemente il numero di cariche generate nel processo di valanga. Ciò influisce negativamente sulla PDE e quindi sulla risoluzione energetica complessiva del sistema. Per ridurre il guadagno del dispositivo senza intaccare la PDE è possibile ridurre la capacità CD accrescendo la larghezza della zona di svuotamento. Un’altra tecnica adottata per ridurre questo tipo di disturbo è creare delle scanalature tra una cella e l’altra per poi riempirle di un materiale isolante dal punto di vista ottico. In questo modo non si influisce sul guadagno del dispositivo, ma si modifica la PDE poiché viene ridotto inevitabilmente il fill factor. Afterpulsing Il silicio, a causa di impurità del reticolo cristallino, presenta stati localizzati tra banda di valenza e banda di conduzione. Durante il processo di breakdown è molto probabile che cariche libere vengano intrappolate in questi stati e rilasciate dopo un tempo di ritardo come schematizzato in Figura 2.21a. Ne consegue che il segnale di uscita oltre l’impulso di corrente principale presenta impulsi secondari di diversa ampiezza. Questo fenomeno, rappresentato in Figura 2.21b [27], viene chiamato ’Afterpulsing’. La probabilità di avere fenomeni di Afterpulse decresce molto velocemente nel tempo e più del 90% degli impulsi secondari avvengono nell’arco di 30 ns dopo l’impulso principale [31]. Da un punto di vista quantitativo la probabilità che avvenga un evento di Afterpulsing è descritta dalla seguente formula [27]: t e− τ PAf terpulse (t) = Pc · · Ptrigger (2.9) τ dove Pc è la probabilità di intrappolamento della carica: questa probabilità è proporzionale al flusso di cariche durante la valanga (dipende dalla tensione di over-voltage) e al numero di trappole presenti (parametro legato alla purezza del silicio). τ è il tempo 40 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma (a) La carica viene intrappolata in un livello energetico profondo e rilasciata dopo un certo tempo di ritardo. (b) Corrente in uscita al SiPM in funzione del tempo. Dopo l’evento di valanga primario, gli impulsi successivi presentano un’ampiezza minore a causa di una tensione del dispositivo ancora non a regime. Figura 2.21 Figure che descrivono il fenomeno dell’afterpulsing. A sinistra il fenomeno fisico di intrappolamento di una carica in un livello profondo. A destra l’andamento del segnale di uscita al SiPM con impulsi spuri di ampiezza crescente a causa del tempo di recovering esponenziale del dispositivo. Durante il tempo di recupero, peggiorato dal fenomeno stesso di afterpulsing, non è possibile rivelare in modo efficace ulteriori fotoni in ingresso. di cattura della trappola, tanto maggiore quanto più profonda è la trappola rispetto la banda di conduzione. Ptrigger è la probabilità che una carica generi il processo di valanga, anch’essa proporzionale all’over-voltage. Come per il caso del Crosstalk il fenomeno di Afterpulsing ha una dipendenza quadratica dall’over-voltage. La presenza di impulsi spuri a seguito di quello principale comporta una sovrastima del numero di fotoni raccolti dal SiPM con conseguente errore nel calcolo della risoluzione. Inoltre tale fenomeno prolunga il tempo di recovering del dispositivo, comportando un aumento del tempo morto di rivelazione (tempo durante il quale non è possibile rivelare ulteriori fotoni). Dalla Figura 2.21b è possibile notare, come durante il tempo di recupero del segnale, gli impulsi dovuti al fenomeno di afterpulse risultino di ampiezza minore rispetto quello principale a causa di una tensione di polarizzazione delle microcelle non ancora a regime. Excess Noise Factor La quantità di carica in uscita da un SiPM è legata al numero di microcelle che sono state mandate in valanga (a partire da elettroni generati termicamente o dall’assorbimento di fotoni). Ciononostante a causa degli eventi di Afterpulse e Crosstalk, che danno luogo ad impulsi spuri di uscita a seguito di impulsi primari, viene prodotta una carica addizionale. La corrente di buio complessiva quindi trasporta sia la carica dovuta agli 41 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma impulsi primari di rumore sia quella derivante dai fenomeni correlati. La carica prodotta in eccesso viene indicata come fattore di rumore in eccesso (Excess Noise Factor - ENF ) e quantitativamente segue la questa relazione [26]: EN F = ID q · DCR · M (2.10) con ID corrente di buio complessiva in uscita dal dispositivo. Se idealmente il sistema non presentasse carica di rumore in eccesso la corrente di buio dipenderebbe solo dal DCR e l’ENF assumerebbe valore pari a 1. La principale caratteristica di questo fattore è la proporzionalità dal numero di eventi primari di valanga derivanti da fenomeni di rumore termico o provocati dall’assorbimento di fotoni di luce. Riguardo le fonti di rumore di un SiPM è importante sottolineare: • I tre tipi di rumore descritti (DCR, Crosstalk e Afterpulsing) subiscono una riduzione significativa al diminuire della VBIAS dei SiPM. Questo va a discapito del guadagno e della PDE. Occorre trovare una tensione di polarizzazione ottima che trovi un compromesso tra il guadagno e il rumore del dispositivo. • Mentre il Dark Count è un rumore indipendente dal segnale, presente a prescindere dalla luce che colpisce il rivelatore; Il Crosstalk e l’Afterpulsing sono legati all’intensità del segnale in uscita al dispositivo: crescono al crescere della luce rilevata e creano quindi non linearità nella risposta del dispositivo. • Crosstalk e Afterpulsing contribuiscono a peggiorare il rumore in eccesso (ENF ) del dispositivo. Dipendenza parametri dalla temperatura Le variazioni di temperatura hanno effetto su diversi parametri di funzionamento dei SiPM: • La tensione di breakdown VBD , come mostrato in Figura 2.22 [26], cresce all’aumentare della temperatura: più alto è il livello termico del sistema maggiore è la frequenza con cui le cariche urtano contro il reticolo del materiale perdendo energia. Come conseguenza si ha una riduzione del cammino libero medio delle cariche e quindi una minore mobilità. Per poter dar luogo al processo di ionizzazione fautore della valanga è necessaria una tensione di polarizzazione maggiore 42 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma Figura 2.22 Andamento della tensione di breakdown VBD in funzione della temperatura per i SiPM di tecnologia RGB utilizzati nelle misure sperimentali. Il coefficiente di proporzionalità è di circa 25 mV /◦ C. • Il Dark Count Rate DCR si riduce al diminuire della temperatura: il contributo di rumore dominante, come descritto in precedenza, è dato dalla generazione termica di coppie elettrone/lacuna per il processo SRH. Una diminuzione del livello termico del sistema fa si che gli elettroni non riescano ad acquisire un’energia sufficiente per passare dalla banda di valenza allo stato localizzato nel gap del silicio. In Figura 2.23 [26] è mostrato il supposto andamento del DCR relativo ai dispositivi utilizzati in funzione della temperatura, per una tensione di overvoltage VOV = 2, 65 V . • La Photo Detection Efficiency P DE assume un andamento con la temperatura risultato del contributo di due fattori: fissato l’overvoltage la probabilità di trigger Ptrigger al ridursi della temperatura, ma allo stesso tempo cresce anche l’energia del gap EGAP del silicio. L’andamento complessivo della PDE di uno SPAD del SiPM in funzione della lunghezza d’onda per tre valori diversi di temperatura viene rappresentato in Figura 2.24 [27]. Per piccoli valori di lunghezza d’onda al diminuire della temperatura la PDE cresce grazie alla maggiore probabilità di trigger. Per lunghezze d’onda maggiori, invece, al diminuire della temperatura, a causa dell’aumento dell’energia di gap del semiconduttore, i fotoni incidenti formano coppie elettrone/lacuna con minore probabilità. Occorre osservare che i tre andamenti della PDE in funzione della lunghezza 43 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma Figura 2.23 Andamento del Dark Count Rate in funzione della temperatura per i dispositivi SiPM-RGB utilizzati alla tensione di over-voltage VOV = 2, 65 V . Una riduzione della temperatura di 10◦ C provoca una riduzione di circa il 50% del DCR. Figura 2.24 Andamento della PDE in funzione della lunghezza d’onda per 3 temperature diverse. Al diminuire della temperatura la PDE cresce per basse lunghezze d’onda, ma diminuisce per lunghezze d’onda maggiori. d’onda presentati sono relativi a temperature molto diverse tra loro (da 22◦ C a −147◦ C). Per quanto riguarda il sistema implementato, le temperature alle quali sono state effettuate le misure sperimentali variano tra 0◦ C e −20◦ C, quindi la variazione della PDE può essere considerata trascurabile. • L’Afterpulsing cresce al diminuire della temperatura: al diminuire della T il tempo di vita medio delle trappole cresce e le cariche vengono rilasciate con un ritardo maggiore. Ciò provoca un ulteriore allungamento del tempo di recupero del SiPM a seguito di un processo di valanga. 44 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma • Il Crosstalk ottico si riduce al diminuire della temperatura. Dato che a basse temperature per fotoni di grandi lunghezze d’onda (quelli che percorrono un percorso più lungo nel silicio) la PDE del dispositivo diminuisce, è meno probabile che avvenga l’assorbimento in celle adiacenti a quella in cui si è sviluppata la valanga. Nel complesso l’ENF, proporzionale alla PDE del sistema, viene approssimato come parametro costante al variare della temperatura. Se la tensione di over-voltage viene mantenuta costante variando la tensione di polarizzazione al variare della temperatura anche il guadagno del SiPM non risente delle variazioni termiche. 2.3 Stima teorica della risoluzione energetica La scelta di utilizzare i SiPM per lo sviluppo del modulo di rivelazione del progetto INSERT è guidata, oltre che dai motivi elencati all’inizio della Sezione2.2, dall’ipotesi che questi dispositivi possano mostrare buone prestazioni in termini di risoluzione spaziale ed energetica per la rivelazione di fotoni gamma a basse energie nell’ambito di applicazioni SPECT. Il motivo per il quale è stato sviluppato il set-up presentato nel seguente elaborato di tesi è la verifica di tale ipotesi. In questa sezione viene fatta una stima teorica quantitativa della risoluzione energetica evidenziando le dipendenze dai parametri dei SiPM. Dato che il modulo di rivelazione che si intende sviluppare in INSERT è finalizzato alla realizzazione di un macchinario per imaging multimodale SPECT/MRI il fatto di avere buone prestazioni in termini di risoluzione energetica consente di utilizzare nella stessa misura radionuclidi differenti. Prendendo in considerazione la Formula 2.2, per ottenere una stima della risoluzione occorre conoscere principalmente due fattori: il segnale utile di uscita della catena elettronica Sout , legato al temine E0 e la deviazione standard del segnale a valle delle elaborazioni σout che dipende dal rumore introdotto dal sistema di conversione e dai canali elettronici. Segnale di uscita dell’elettronica L’entità del segnale di uscita è frutto di vari passaggi di conversione che hanno origine dall’interazione della radiazione gamma di energia Eγ con lo scintillatore. 45 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma Il cristallo si caratterizza per un guadagno di conversione (Yeld [ph/M eV ]) e genera un numero medio di fotoni: Nph = Eγ · Y (2.11) La luce generata non è completamente raccolta nell’area attiva dei fotorivelatori dato che tra un SiPM e l’altro sono presenti delle aree morte; inoltre il materiale con cui è ricoperto il cristallo sulle 4 facce laterali e su quella superiore (Teflon), al fine di riflettere i fotoni in modo diffusivo, si caratterizza per avere una perdita percentuale di luce. Questi contributi danno luogo ad un efficienza di collezione dei fotoni, ηCOLL , minore di 1. Una volta che il fotone raggiunge il rivelatore la probabilità che venga generato un elettrone è data dalla PDE del dispositivo: funzione della lunghezza d’onda e della tensione di over-voltage. Il numero medio di fotoelettroni primari generati nei SiPM a seguito dell’assorbimento di fotoni di luce è quindi dato dalla seguente formula: Npe = Nph · ηCOLL · P DE (2.12) Come già osservato nella descrizione dei parametri del dispositivo, il numero di fotoni generati dall’assorbimento di un raggio gamma alle energie tipiche per la SPECT (100 keV ÷ 200 keV ) è ampiamente compreso nel range dinamico del dispositivo. Il numero di celle attivate è quindi pari al numero di fotoni raccolti e il segnale di uscita risulta linearmente proporzionale alla quantità di luce incidente. Il segnale in uscita dai SiPM è un impulso di corrente che trasporta una quantità di carica (NQ ) risultato del prodotto tra il numero medio di fotoelettroni generati nell’area attiva e il fattore di moltiplicazione M della microcella: NQ = Npe · M (2.13) L’obiettivo dei canali elettronici di lettura è quello di convertire la quantità di carica ricevuta in ingresso in un segnale di tensione di ampiezza proporzionale. In conclusione il segnale all’uscita di un canale di elaborazione è dato dalla quantità media di carica fornita dai rivelatori moltiplicata per il guadagno introdotto dagli stadi elettronici G: Sout = Eγ · Y · ηCOLL · P DE · M · G 46 (2.14) Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma Deficit Balistico Il segnale impulsivo di corrente in ingresso alla catena elettronica di elaborazione x(t) è caratterizzato per avere un andamento esponenziale decrescente con costante τscint dovuta al tempo di scintillazione del cristallo (considerando trascurabile la costante di tempo introdotta dai SiPM). Al fine di estrarre un’informazione relativa alla quantità di carica fornita dai fotorivelatori, come stadio di ingresso della catena elettronica viene utilizzato un preamplificatore caratterizzato da risposta impulsiva h(t) anch’essa esponenziale decrescente con costante di tempo τRC . All’uscita dello stadio di ingresso la forma d’onda del segnale y(t) è data quindi dalla convoluzione nel tempo tra i segnali x(t) e h(t): y(t) = x(t) ∗ h(t). (2.15) L’andamento di y(t) è una doppia esponenziale con valore di picco tanto più elevato quanto maggiore è la carica di segnale integrata dal filtro preamplificatore. Se la durata del segnale di ingresso non può essere trascurata rispetto il tempo di formatura τRC del filtro utilizzato sorge il fenomeno del Deficit Balistico (DB) [32]. Il DB è dovuto ad un’integrazione incompleta della carica dell’impulso di corrente in ingresso da parte del preamplificatore. In Figura 2.25 vengono mostrati due possibili andamenti del segnale in uscita al filtro normalizzati rispetto l’ampiezza massima ottenibile. In blu la curva che si ottiene da un’integrazione completa della carica di segnale, in rosso la curva che si ottiene da un’integrazione parziale. Nel complesso il Deficit Balistico è dovuto ad un’elaborazione dei dati da parte del preamplificatore prima ancora che tutta la carica sia stata raccolta. Da un punto di vista quantitativo la riduzione percentuale dell’ampiezza del segnale di uscita rispetto al valore massimo è fornita dalla seguente relazione: DB = 1 − M ax[y(t)] M ax[h(t)] (2.16) che è un numero compreso tra 0 e 1. Per quanto riguarda il sistema elettronico di lettura implementato, l’informazione relativa alla quantità di luce raccolta dai SiPM viene ricavata dal valore di picco del segnale in uscita al preamplificatore. Una riduzione di quest’ultimo porta a sottostimare l’entità del segnale utile Sout di un fattore (1-DB) a discapito del SNR complessivo, provocando un peggioramento della risoluzione energetica e spaziale del sistema. Occorre osservare, tuttavia, che all’aumentare della costante di tempo RC oltre a 47 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma Figura 2.25 Possibili andamenti del segnale di uscita del filtro preamplificatore normalizzato rispetto l’ampiezza. Nel caso il segnale di corrente in ingresso ha costante di tempo breve rispetto quella del filtro, si ha collezione completa della carica e l’impulso di uscita presenta ampiezza massima (curva blu). Viceversa se il segnale in ingresso è caratterizzato da una costante di tempo comparabile a quella del filtro l’impulso di uscita presenta un’ampiezza notevolmente ridotta a causa di una collezione incompleta della carica (curva rossa). raccogliere più segnale, si integra una quantità sempre maggiore di rumore. Esiste quindi un valore RC del filtro che permette di ottenere il risultato ottimo al fine di minimizzare il Deficit Balistico. Per quanto riguarda il dimensionamento dell’elettronica di lettura della gamma camera implementata, sono state effettuate simulazioni che hanno permesso di trovare come valore ottimo τRC = 10 µs. Rumore in uscita al canale elettronico Il rumore di un canale elettronico si manifesta sotto forma di fluttuazioni del valore di picco dell’impulso di uscita. Nella ricostruzione dello spettro energetico queste oscillazioni comportano incertezza nel determinare il valore esatto di energia della radiazione incidente. La deviazione standard dello spettro rispetto al valor medio di energia è data dalla sovrapposizione di 3 processi stocastici indipendenti: • statistica di generazione fotoelettroni: contributo statistico σstat ; • non idealità del cristallo scintillatore: contributo intrinseco σint ; 48 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma • rumore introdotto dal rivelatore e dalla catena elettronica di elaborazione: contributo di rumore σnoise . Di seguito sono descritti i tre processi elencati. Contributo statistico σstat Il numero di fotoni luminosi emessi dal cristallo a seguito dell’assorbimento di radiazioni gamma con uguale energia segue la distribuzione statistica di Poisson in cui la varianza coincide con la media: µ = σ 2 . Detto ciò si può affermare che anche i fotoelettroni generati nel silicio seguono la stessa distribuzione: 2 σstat,pe = Npe = Eγ · Y · ηCOLL · P DE (2.17) Una volta generate le cariche primarie, queste danno luogo ad un processo di moltiplicazione a valanga anch’esso di natura stocastica. Durante il processo di moltiplicazione, l’ENF del dispositivo contribuisce ad un ulteriore dispersione di fotoni. La dispersione statistica diventa: 2 2 σstat,SiP (2.18) M = Npe · M · EN F Le cariche in uscita dai rivelatori sono mandate in ingresso alla catena elettronica in cui la quantità di carica utile si riduce con un fattore (1-DB) a causa di una collezione incompleta del segnale da parte del filtro di ingresso. Il canale elettronico infine introduce il guadagno G. La varianza complessiva statistica in uscita risulta quindi essere: 2 σstat,out = Eγ · Y · ηCOLL · P DE · M 2 · EN F · (1 − DB) · G2 (2.19) Contributo intrinseco σint Il materiale del cristallo scintillatore può essere visto come un semicondutore ad alto bandgap in cui il raggio gamma incidente fornisce agli elettroni energia sufficiente per distaccarsi dal nucleo atomico. I fotoelettroni generati sono liberi di muoversi all’interno del reticolo e a loro volta generano per ionizzazione coppie elettrone/lacuna che ricombinandosi danno luogo a fotoni di luce. Tuttavia a causa della composizione chimica del cristallo l’energia assunta dai fotoelettroni varia statisticamente da evento a evento e a seconda della loro energia si ha un tasso di produzione di coppie e/l differente con conseguente alterazione del numero finale di fotoni prodotti. 49 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma Questo fenomeno fisico viene chiamato non proporzionalià della risposta dello scintillatore [33]: fotoelettroni con energie diverse producono un numero di fotoni per unità di energia diverso. Per motivi di semplicità, questo contributo alla deviazione standard viene approssimato come una costante σint caratteristica del materiale del cristallo. Rumore elettronico σnoise Il rumore introdotto dalla catena elettronica di elaborazione viene solitamente indicato con ENC (Equivalent Noise Charge), ovvero la carica che dovrebbe generare il fotorivelatore per creare un rapporto segnale/rumore pari a 1 [34]. Per quantificare questo tipo di rumore occorre fare delle modellizzazioni: il fotorivelatore viene rappresentato come un generatore di corrente in parallelo ad una capacità CD relativa alla capacità di svuotamento equivalente; il preamplificatore viene schematizzato solo attraverso il componente di ingresso, da cui dipende maggiormente il rumore dell’elettronica, ovvero il transistor FET con capacità di gate CG . Le fonti di rumore in ingresso al sistema si possono dividere in rumore bianco serie (di tensione), rumore bianco parallelo (di corrente) e rumore flicker. Gli stadi successivi introducono rumore trascurabile, infatti normalmente solo le sorgenti di rumore localizzate all’ingresso della catena elettronica risultano rilevanti nella determinazione dell’ENC. Invertendo l’equazione dell’SNR e valutando i contributi di rumore in gioco si ricava che il valore quadratico dell’ENC può essere espresso dalla somma di tre contributi indipendenti [34]: EN C 2 = (CD + CG )2 · a · A1 · 1 + (CD + CG )2 · c · A2 + b · A3 · τ τ (2.20) dove τ è il tempo di formatura legato alla larghezza dell’impulso di uscita ed è chiamato shaping time; A1 , A2 , A3 sono coefficienti che dipendono dalla forma del segnale in uscita dal sistema di lettura e dalla definizione scelta per il τ ; CD e CG sono rispettivamente la capacità di svuotamento del fotorivelatore e la capacità di gate del FET; a, b, c sono le densità spettrali di rumore descritte di seguito: • rumore bianco di corrente o parallelo: è dovuto principalmente al rumore shot della corrente di leakage dei fotorivelatori e corrisponde al DCR dei SiPM amplificato del guadagno M e del fattore ENF. Siw ' q · ID · M 2 · EN F = b 50 (2.21) Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma • rumore bianco di tensione o serie: è legato al rumore termico del transistor FET di ingresso. 2·K ·T 2·K ·T Svw = α · = α· =a (2.22) gm ωt · C G Dove α è una costante pari a 2/3 nei FET, K è la costante di Boltzmann, T la temperatura, CG è la capacità di gate e gm è la transconduttanza del transistor legata alla frequenza di taglio: ωt = CgmG ; • rumore flicker 1/f : dipende principalmente dalle trappole nella zona del canale del transistor e ha uno spettro che va con ω −1 . Svf = α · 2·K ·T ω1 1 c · · = CG ωT |ω| |ω| (2.23) Con ω1 che è la pulsazione alla quale lo spettro del rumore bianco serie eguaglia il rumore 1/f. Per quanto riguarda i dispositivi SiPM il fattore di moltiplicazione M ' 2 · 106 amplifica sia il segnale che il rumore in uscita dai rivelatori, quindi nel calcolo dell’ENC i contributi di rumore di tensione sono trascurabili e la sorgente primaria di rumore risulta essere quella dovuta al rumore bianco di corrente. Quindi la formula dell’ENC si riduce a: EN C 2 = b · A3 · τ (2.24) In definitiva la varianza dovuta al rumore in uscita alla catena elettronica con guadagno G è: σDCR,out = b · A3 · τ · G2 (2.25) Siccome i tre processi che contribuiscono all’allargamento dello spettro di energia rispetto la distribuzione ideale sono indipendenti tra loro, la deviazione standard complessiva risulta essere la radice della somma quadratica delle componenti: σout = q 2 2 2 σint + σstat,out + σDCR,out (2.26) Risoluzione energetica complessiva Una volta calcolati i contributi di Sout e σout la formula teorica che fornisce la risoluzione 51 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma energetica complessiva del sistema è: q 2 2 2 + σDCR,out + σstat,out σint σout = 2, 355 · R = 2, 355 · Sout Npe · (1 − DB) · M · G (2.27) Riscrivendola sostituendo i valori delle varianze si ottiene: q R = 2, 355 · 2 σint + Npe · (1 − DB) · M 2 · EN F · G2 + (EN C · G)2 Npe · (1 − DB) · M · G (2.28) Scomponendo la formula nelle componenti caratteristiche: v ! u u ∆E 2 t R = 2, 355 · + E i EN F EN C + Npe · (1 − DB) Npe · (1 − DB) · M !2 (2.29) Le componenti che contribuiscono a determinare il valore della risoluzione energetica sono: • contributo dovuto alla generazione statistica di fotoni da parte del cristallo q EN F RST AT = 2, 355 · Npe · ; (1−DB) • contributo dovuto al DCR del dispositivo RN OISE = 2, 355 · r EN C Npe · (1−DB) · M 2 ; • contributo intrinseco dipendente dalla chimica del cristallo calcolato r struttura 2 ∆E sperimentalmente RIN T = 2, 355 · . E i Dalla formula ottenuta si può notare come i parametri dei SiPM influiscano sul valore di risoluzione complessiva. In particolare il fattore di rumore in eccesso ENF e la corrente di buio DCR ne determinano un peggioramento; viceversa la PDE che influisce sul numero di fotoelettroni generati Npe , contribuisce a migliorare la risoluzione. Questi parametri dipendono tutti in modo proporzionale dalla tensione di overvoltage dei dispositivi rivelatori, ciò fa ipotizzare che esista un livello di tensione di polarizzazione ottimo per il quale la risoluzione assume valore minimo. Riguardo questa dipendenza sono state effettuate misure sperimentali i cui risultati sono presentati al Capitolo 4. Nel caso in cui si utilizzasse un cristallo ideale il limite teorico della risoluzione è dato dal contributo statistico. Sperimentalmente, per ottenere la componente di risoluzione intrinseca del cristallo occorre utilizzare un’elettronica a basso rumore tale da 52 Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma non influire sul calcolo della risoluzione complessiva. La differenza tra la risoluzione energetica ottenuta e la componente statistica fornisce il contributo intrinseco. 53 Capitolo 3 Architettura della gamma camera L’obiettivo principale dell’attività svolta nell’ambito del presente elaborato di tesi è dimostrare che il prototipo di rivelatore gamma implementato nel sistema SPECT di INSERT, realizzato con fotorivelatori SiPM, sia un sistema adatto per effettuare rivelazione gamma a basse energie (140 keV ). Nel seguente capitolo viene delineata l’architettura del set-up che ha permesso di svolgere le misure di caratterizzazione del modulo. In particolare viene descritta la catena elettronica di acquisizione ed elaborazione dei segnali in uscita dai fotorivelatori e vengono descritte le funzionalità delle schede elettroniche progettate appositamente per poter fornire supporto al modulo di rivelazione e ottimizzare l’attività di misura. Capitolo 3. Architettura della gamma camera In questo capitolo viene descritto in dettaglio il sistema di rivelazione per radiazioni gamma implementato in laboratorio al fine di caratterizzare il modulo di conversione utilizzato per il progetto INSERT in termini di risoluzione energetica, risoluzione spaziale e FOV. Il sistema si compone di diverse parti strettamente connesse tra loro, nella Figura 3.1 ne viene riportata una schematizzazione. Figura 3.1 Schema a blocchi del sistema complessivo implementato per la rivelazione di radiazioni gamma. Il cristallo scintillatore e la matrice di SiPM convertono il raggio gamma in segnale elettrico, la scheda di supporto e l’elettronica di acquisizione comunicando con il PC permettono rispettivamente di ottimizzare l’attività di misura ed elaborare il segnale. Il set-up si basa sulla struttura consolidata dell’Anger camera con un cristallo monolitico scintillatore di CsI(Tl), per l’assorbimento di fotoni gamma, accoppiato con un array di fotorivelatori SiPM da 36 o da 144 elementi. Ciascun SiPM produce un segnale elettrico proporzionale alla frazione di luce con cui viene investito. Cristallo e rivelatori sono posti all’interno di una scatola di alluminio in modo da creare un ambiente schermato dalla luce e isolato dall’esterno termicamente. Il segnale di uscita dei rivelatori è convogliato verso un elettronica di lettura, all’esterno della scatola, in cui viene processato e convertito in digitale in modo che i campioni possano essere trasferiti a PC dove i dati vengono elaborati per una ricostruzione accurata sia della localizzazione spaziale, sia dell’energia dell’evento. All’interno della scatola di alluminio è presente una scheda elettronica multifunzione con lo scopo di fornire un supporto meccanico alla matrice di rivelazione e agevolare le operazioni di misura sperimentale. Questa scheda gestita da microcontrollore permette di generare e inviare all’elettronica di acquisizione impulsi di corrente di frequenza e entità programmabili, impostare in modo variabile la tensione di polarizzazione dei SiPM, monitorare il livello termico e di umidità del sistema. 55 Capitolo 3. Architettura della gamma camera In prossimità dei fotorivelatori è stato implementato un sistema di raffreddamento in modo da poter ridurre il rumore di DCR dei SiPM e stabilizzare il guadagno di moltiplicazione. 3.1 Cristallo scintillatore La scelta del tipo di cristallo di scintillazione, le sue dimensioni e il materiale di rivestimento sono importanti fattori che influenzano la risoluzione energetica, spaziale e il Field Of View del modulo di rivelazione gamma complessivo. Il cristallo scintillatore scelto per l’architettura di rivelazione è lo Ioduro di Cesio attivato con Tallio CsI(Tl) (Scionix, The Netherlands). Viene utilizzato un unico blocco di dimensioni 25 mm × 25 mm × 6 mm nel caso si usi un’unica matrice di 36 SiPM, e di dimensioni 50 mm × 50 mm × 8 mm nel caso si usino 4 matrici da 36 rivelatori ciascuna. In Figura 3.2 viene riportata una foto dei due cristalli con dimensione diversa. Figura 3.2 Foto dei due cristalli utilizzati per la realizzazione del sistema di rivelazione. A sinistra il blocco di dimensioni 25 mm × 25 mm × 6 mm viene accoppiato ad una matrice di rivelazione di 36 SiPM (singolo tile). A destra il blocco 50 mm × 50 mm × 8 mm è utilizzato con una matrice di 144 rivelatori (4 tile). 3.1.1 Parametri fisici e geometrici del cristallo INSERT Parametri del materiale Per quanto riguarda la scelta del tipo di materiale dello scintillatore occorre tenere in considerazione diversi parametri: 56 Capitolo 3. Architettura della gamma camera • Yield Y : numero di fotoni ottici emessi per unità di energia della radiazione incidente. N ph Y = E0 " ph M eV # (3.1) Il CsI si caratterizza per essere uno dei materiali con Yield maggiore, YCsI = 65 000 [ph/M eV ]. Nel caso in esame si vuole sviluppare un sistema di rivelazione per SPECT e le energie in gioco sono relativamente basse (' 140 keV ). Il parametro di Yield risulta di primaria importanza nella scelta finale del materiale di scintillazione, infatti avere un elevato numero di fotoni, nonostante la bassa energia, permette di ottenere una sensibilità maggiore del sistema. Al contrario, nel caso di rivelazione radiazioni ad alta energia (ad esempio nella tecnica PET: 511 keV ) questo parametro assume un valore di ordine minore. • Densità δ: definita come massa per unità di volume del materiale ed espressa in [g/cm3 ]. Questo parametro è strettamente legato all’efficenza di assorbimento. La legge di Lambert-Beer, espressa dalla seguente equazione, descrive l’andamento dell’intensità della radiazione in funzione della profondità nel materiale x: Iph (x) = Iph (0) · e −µρx Nph . cm · s (3.2) con Iph (0) flusso fotonico in superficie, µ [cm2 /g] coefficiente di attenuazione di massa e ρ [g/cm3 ] densità del materiale. A parità di energia della radiazione incidente, maggiore è la densità del materiale, minore è la profondità nel materiale alla quale la radiazione viene più probabilmente assorbita. Tuttavia, dato che il modulo di rivelazione ha la funzione di rivelare radiazioni gamma a bassa energia (per apparecchiature SPECT), la densità non è tra i parametri fondamentali per la scelta del cristallo: quella del CsI assume il valore ρCsI = 4, 51 g/cm3 . • Lunghezza d’onda di emissione λ0 : come descritto precedentemente, il cristallo colpito da raggi gamma (fotoni energetici) emette fotoni ad energia minore; in particolare ciascun materiale scintillatore si caratterizza per avere un diverso spettro di emissione in funzione della lunghezza d’onda. In un sistema ideale il picco dello spettro di emissione del cristallo dovrebbe coincidere con il picco dello spettro dell’efficienza quantica (QE) del rivelatore 57 Capitolo 3. Architettura della gamma camera utilizzato. Nel caso in esame, in cui il CsI viene attivato col Tallio, si ha una λ0 = 540 nm (emissione di fotoni nel verde) che, come spiegato nella Sezione 2.2.1 cade nell’intervallo di lunghezze d’onda in cui i SiPM utilizzati hanno massima efficenza quantica. • Timing: ogni materiale scintillatore è caratterizzato da una velocità con la quale rilascia il pacchetto di fotoni per ogni particella gamma rivelata. Tipicamente la fluorescenza di un cristallo segue un andamento esponenziale prima crescente poi decrescente nel tempo. Nel caso particolare del CsI, il materiale si caratterizza per avere un andamento temporale di scintillazione I(t) risultato della somma di più componenti esponenziali [35]: I(t) = X − τt ai · e i (3.3) i dove ai e τ i sono coefficienti caratteristici che variano con la temperatura. In Figura 3.3 viene riportato l’andamento di I(t) normalizzato rispetto l’area per le temperature di 20◦ C, 0◦ C e −20◦ C e, in particolare, è stata messa in evidenza la coda del segnale che al diminuire della temperatura si estingue in tempi più lunghi. Figura 3.3 Andamento normalizzato rispetto l’area del flusso di fotoni in uscita dal cristallo in funzione del tempo. Come evidenziato nell’immagine a destra, al diminuire della temperatura il tempo di fluorescenza si allunga comportando un peggioramento del deficit balistico. I fronti di salita delle curve non vengono rappresentati in modo completo a causa dell’elevata pendenza del segnale. Le costanti di decadimento tipiche a 0◦ C sono τCsI 1 = 0,68 µ s per il 64% dell’ampiezza del segnale iniziale e τCsI 2 = 3,34 µ s per il restante 36%. 58 Capitolo 3. Architettura della gamma camera Nel caso di sistemi di rivelazione SPECT non si hanno specifiche stringenti da un punto di vista del tempo di risposta e, dato che un cristallo veloce è generalmente meno efficiente, viene prediletta un’alta efficienza di conversione ad un tempo di fluorescenza breve. Viceversa per un rivelatore PET si prediligono cristalli veloci dato che sono richiesti requisiti stringenti di timing. Spessore del cristallo Per la scelta dello spessore si deve tener conto del compromesso tra efficienza di assorbimento (influente sulla sensitività del sistema) e distribuzione della luce sul piano di rivelazione (influente sulla risoluzione spaziale). Infatti un cristallo spesso consente di assorbire un elevata frazione di raggi γ, ma nello stesso tempo genera una campana di luce che si allarga maggiormente. La distribuzione della luce può essere modellizzata attraverso la seguente equazione [36]: I(r) = I0 3 [1 + ( rt )2 ] 2 (3.4) che approssima il contributo diretto, trascurando le riflessioni alle pareti e sulla parte superiore del cristallo. Nella formula, come rappresentato in Figura 3.4 si ha: I0 intensità di luce nel punto di scintillazione, r distanza dal piano della normale, t distanza del punto di scintillazione dal piano di rivelazione. Figura 3.4 Rappresentazione schematica della distribuzione di luce a partire dal punto di scintillazione fino al piano di rivelazione. I fotoni vengono emessi in modo isotropico e siccome la scintillazione avviene generalmente in superficie, maggiore è lo spessore del cristallo maggiore è la larghezza della campana di luce incidente sul piano di rivelazione. Considerando la legge di Lambert-Beer, descritta dalla Formula 3.2, è possibile dedurre che si ha una maggiore probabilità di avere il punto di scintillazione in superficie 59 Capitolo 3. Architettura della gamma camera piuttosto che in profondità. Data una radiazione ad energia Eγ = 140 keV , coefficiente di attenuazione di massa del cristallo µCsI = 7, 29 · 10−1 cm2 /g [37], e densità ρCsI = 4, 51 g/cm3 si ottiene un coefficiente di assorbimento lineare: λCsI = µCsI · ρCsI = 3, 288 cm−1 (3.5) Quindi, la lunghezza di attenuazione, profondità alla quale si raggiunge un assorbimento del 63% dell’energia incidente, risulta essere: LCsI = 1 λCsI = 0, 3 cm = 3 mm (3.6) Da ciò è possibile affermare che un cristallo eccessivamente spesso comporterebbe un peggioramento della risoluzione spaziale visto l’aumento del termine t nell’Equazione 3.4, senza un considerevole aumento di sensitività. Lo spessore del cristallo per il modulo INSERT è stato quindi fissato a 8 mm. Forma del cristallo La forma scelta per il cristallo è quella di un parallelepipedo con lati inclinati come mostrato in Figura 3.5 che, rispetto la forma classica con lati perpendicolari, comporta Figura 3.5 Geometria del cristallo scintillatore monolitico utilizzato nel modulo di rivelazione gamma del progetto INSERT. La base è quadrata e due lati sono inclinati: questa forma permette un agevole affiancamento dei vari moduli. il vantaggio di dare una migliore raccolta di luce [38], quindi una maggiore quantità di dati a parità di tempo di acquisizione che porta ad una migliore statistica nel calcolo della risoluzione energetica. Inoltre con tale forma si riesce ad affiancare più facilmente i moduli nel sistema finale, in cui ci saranno più blocchi vicini a formare un anello (come descritto nel Capitolo 1). Per ottimizzare la risoluzione energetica del sistema è necessario raccogliere la maggiore quantità di informazione possibile, quindi massimizzare la raccolta della luce di scintillazione. A tal fine il CsI(Tl) viene rivestito lateralmente e sulla faccia superiore con cinque strati di Teflon: materiale che possiede un elevato livello di riflessività 60 Capitolo 3. Architettura della gamma camera diffusiva dei nel visibile. In questo modo si ottiene una redistribuzione uniforme della luce e una raccolta più efficiente dell’informazione luminosa. Infine, lo scintillatore caratterizzato per un indice di rifrazione di 1, 5, viene accoppiato alla matrice di SiPM tramite Meltmount (Cargille), una resina ottica con indice di rifrazione 1, 605 che permette un fissaggio ottimale del cristallo e un accoppiamento ottico che ottimizza la trasmissione. 3.2 Matrice di SiPM Il fotorivelatore elementare utilizzato è un SiPM con 4 mm × 4 mm di area attiva (FBK). La tecnologia dei rivelatori è denominata RGB, ottimizzata per la rivelazione di fotoni con lunghezze d’onda nell’intervallo del visibile. Con una P DE ' 30% intorno a λ = 550 nm, come mostrato nella Figura 2.15, questi dispositivi sono ideali per rivelare i fotoni in uscita al cristallo scintillatore scelto. Il DCR è di circa 800 kHz/mm2 a temperatura ambiente. Ciascun fotorivelatore è costituito da 9 340 microcelle SPAD di dimensioni 40 µm × 40 µm che danno luogo ad un fill factor complessivo di εgeom = 60%. I SiPM sono raggruppati in matrici quadrate composte da 6 × 6 elementi saldati su una scheda custom FR4 con dimensioni 25,30 mm × 25,85 mm × 2,1 mm. Ciascun dispositivo possiede due elettrodi: catodo e anodo. Il catodo, con pad sulla faccia frontale del dispositivo, fornisce una tensione di polarizzazione di valori tipici tra 30 V ÷ 34 V . L’anodo ha la funzione di raccogliere i segnali in uscita dagli SPAD e si trova nella parte posteriore del dispositivo. La matrice è ricoperta da un sottile strato di resina ottica per la protezione del rivelatore e delle bonding wires di alimentazione che connettono i catodi sulla parte frontale della matrice come rappresentato nella Figura 3.6. Come mostrato nella figura le linee di alimentazione si originano da alcuni pad posizionati su un lato della matrice. Grazie alle bias bonding si evitano pad addizionali tra un SiPM e l’altro per la polarizzazione. Ogni SiPM è isolato elettricamente e otticamente da quelli adiacenti con uno spazio insensibile alla radiazione di 40 µm e nel complesso si ottiene una percentuale di area morta del 11,8% su tutta la matrice. A livello di scheda vengono cortocircuitati gli anodi di 4 SiPM adiacenti (processo definito di channel merging). Questa operazione riduce il numero di pixel di un singolo tile da 36 a 9 e nella ricostruzione del segnale, per ciascuna matrice, si vedranno 9 elementi di area attiva 8 mm × 8 mm. 61 Capitolo 3. Architettura della gamma camera Figura 3.6 Rappresentazione in dettaglio dei collegamenti superficiali dei catodi dei SiPM attraverso le ’bias bonding’. L’alimentazione arriva da un lato della matrice e viene trasmessa a tutti i dispositivi attraverso questi collegamenti. I rivelatori sono saldati su una scheda custom FR4. Per le misure sperimentali di caratterizzazione vengono utilizzate matrici quadrate di fotorivelatori di due diverse dimensioni: matrici con singolo tile, di 36 SiPM e 9 canali Figura 3.7a; e matrici con 4 tile di 144 SiPM complessivi e quindi 36 canali elettronici Figura 3.7b. (a) Matrice di 36 SiPM allineati in formato 6 × 6. (b) Matrice di 144 SiPM allineati in formato 12 × 12, ottenuta dall’affiancamento di 4 tile. Figura 3.7 Foto delle due matrici di SiPM di diversa grandezza utilizzate per le misure sperimentali di caratterizzazione. A sinistra: il singolo tile costituito da 36 SiPM di area 25 cm × 25 cm, si può osservare sul lato in alto la linea dei pad per dell’alimentazione. A destra: 4 tile affiancati ed allineati per formare la matrice da 144 SiPM di area 50 cm × 50 cm, che farà parte del modulo di rivelazione utilizzato nel progetto INSERT. Come è mostrato nella foto in Figura 3.8, sulla parte posteriore della matrice è saldato un connettore tramite il quale è possibile prelevare i segnali di uscita dei 62 Capitolo 3. Architettura della gamma camera rivelatori e connettere il tile alla scheda elettronica di supporto. Figura 3.8 Parte inferiore del tile. Il connettore a 40 pin permette la trasmissione dei segnali di uscita dei rivelatori e il fissaggio meccanico della matrice. La resistenza PT-100, con terminali connessi a due pin di uscita, consente il monitoraggio della temperatura del tile. Sempre sul retro di ciascuna matrice è stata saldata una resistenza PT-100 che permette il monitoraggio della temperatura durante l’attività sperimentale. Questo è un controllo importate dato che parametri come PDE, guadagno e DCR sono fortemente influenzati dalla temperatura di sistema e dalle sue variazioni nel tempo. Per poter permettere il raffreddamento dei dispositivi sulla parte posteriore del tile, in corrispondenza di ogni SiPM, vengono saldati pad metallici che permettono una migliore conduzione del calore verso gli strati superiori. I pad sono elettricamente isolati e ricoperti con una resina di protezione. 3.3 Struttura meccanica di supporto e sistema di raffreddamento I segnali di uscita dei fotorivelatori sono portati all’esterno della matrice attraverso il connettore saldato sul retro del tile, questo permette inoltre il collegamento per incastro meccanico con la scheda multifunzione. Come mostrato nella Figura 3.9 i 4 connettori sui quali sono inseriti i tile sono allineati in modo tale da ridurre al minimo le aree morte tra una matrice e l’altra, massimizzando l’efficienza di collezione dei fotoni. Ogni connettore riporta i 36 segnali corrispondenti ai 36 SiPM sulla scheda dove viene effettuata l’operazione di merging. Tale operazione consiste nel cortocircuitare le uscite di rivelatori adiacenti (quattro a quattro) della matrice, accorpando segnali in uscita da ogni tile: da 36 a 9. In questo modo viene ridotto il numero di canali che 63 Capitolo 3. Architettura della gamma camera dovranno elaborare il segnale e si riduce la complessità e l’ingombro dell’elettronica di lettura a valle del sistema di conversione. I 36 canali ottenuti, attraverso piste su scheda, sono connessi a connettori di uscita dai quali si prelevano i segnali da fornire in ingresso all’elettronica. Figura 3.9 In giallo: connettori per il fissaggio dei tile e trasferimento del seganle dai SiPM alla scheda. In rosso: connettori di uscita per la connessione all’elettronica di lettura segnale. Al centro è presente una piastra metallica forata, parte integrante del sistema di raffreddamento descritto di seguito. Il rumore dominante nelle misure con dispositivi SiPM è quello di generazione termica SRH (Shockley-Read-Hall): senza che si verifichi assorbimento di alcun fotone nel materiale del rivelatore si generano spontaneamente cariche libere, le quali spinte dalle forze di campo elettrico entrano nella regione di moltiplicazione e generano un processo di breakdown a valanga. Il segnale derivante da eventi di questo genere non fornisce alcun contributo utile nella rivelazione di radiazioni, ma provoca variazioni nell’ampiezza degli impulsi utili di corrente. Ne consegue un peggioramento del rapporto segnale/rumore che va a deteriorare la risoluzione spaziale ed energetica del sistema complessivo. Nel caso in esame il rumore a temperatura ambiente del singolo SiPM è DCR ' 800 kHz/mm2 : di entità non trascurabile dal momento che per rivelare la luce in uscita dal cristallo viene utilizzata una matrice di 144 fotorivelatori, ciascuno dei quali introduce il proprio rumore. 64 Capitolo 3. Architettura della gamma camera Al fine di ridurre tale contributo è stato quindi implementato un sistema volto a raffreddare i dispositivi fotorivelatori. Questa struttura, mostrata in Figura 3.10, si trova all’interno della scatola di alluminio e funge anche da supporto per il sistema di conversione radiazione-segnale formato da cristallo scintillatore e matrice di SiPM. Figura 3.10 Esploso dei blocchi del sistema di raffreddamento. Il blocco di alluminio, che viene a contatto con la parte posteriore delle matrici di SiPM e la piastra metallica forata permettono la conduzione del calore dai tile fino alla cella di Peltier. Quest’ultima pilotata in corrente genera un gradiente termico tra la superficie superiore (fredda) e la superficie inferiore (calda). Il blocco di rame ha la funzione di raffreddare la faccia del peltier con cui viene a contatto grazie ad una canalina interna nella quale viene fatta scorrere acqua fredda (∼ 5◦ C) spinta da un chiller. L’elemento cardine del sistema implementato è la cella Peltier, dispositivo termoelettrico che genera un gradiente termico tra due superfici opposte proporzionale all’intensità di corrente con cui viene pilotato. Nel caso in esame la superficie fredda è quella superiore, posta in contatto con la piastra metallica conduttiva disegnata appositamente al centro della scheda di supporto. La piastra si caratterizza per avere su tutta la superficie fori metallizzati che permettono una migliore conduzione di calore tra le due facce. Sulla parte superiore della scheda, in corrispondenza della piazzola, viene posto un parallelepipedo di alluminio che permette il contatto termico tra la superficie posteriore della matrice di SiPM e il lato freddo della cella Peltier. In questo modo vengono raffreddati i dispositivi fotorivelatori. 65 Capitolo 3. Architettura della gamma camera La superficie calda del dispositivo termoelettrico è posta in contatto con un dissipatore di rame all’interno del quale sono presenti delle canaline in cui viene fatta scorrere acqua alla temperatura di circa 5◦ C pompata da un chiller (Julabo). Il liquido passando vicino la sorgente di calore si riscalda e permette di dissipare l’energia termica presente nel sistema. Tra un blocco e l’altro viene deposta della pasta termica che permette un’uniforme ed efficiente conduzione di calore attraverso le componenti del sistema. 3.4 Elettronica di acquisizione Come mostrato nello schema in Figura 3.11 il segnale in uscita dai rivelatori viene letto e digitalizzato dalle schede di readout, che a loro volta inviano i dati acquisiti ad una scheda di acquisizione commerciale della National Instruments (sbRIO9606) tramite protocollo di comunicazione SPI (Serial Peripheral Interface). Il sistema elettronico per la lettura dei segnali include un modulo di alimentazione che a partire da 12 V genera le alimentazioni richieste dai componenti delle schede di lettura e della scheda sbRIO. Figura 3.11 Schema a blocchi del modulo per la lettura dei segnali in corrente in uscita dal rivelatore. Il diagramma in figura si riferisce ad un singolo canale di lettura. La scheda madre permette di alloggiare fino a 20 schede. Per il progetto è stata popolata di 18 schede per un totale di 36 canali. I dati digitalizzati vengono trasmessi tramite cavo Ethernet al computer dove è stata sviluppata un’interfaccia Labview per il controllo delle schede da remoto e il salvataggio dei dati. Nel complesso sono presenti 18 schede di acquisizione (readout) ciascuna delle quali permette la lettura di due canali elettronici per un totale di 36 canali. Nella Figura 3.12 viene raffigurato lo schema a blocchi relativo agli elementi principali di un canale di lettura. 66 Capitolo 3. Architettura della gamma camera Figura 3.12 Schema dei blocchi principali presenti nella scheda di readout per un singolo canale. Tale schema è applicato a tutti e 36 i canali del sistema di rivelazione. L’impulso di corrente dovuto alla somma del segnale di uscita di 4 SiPM entra in ingresso al filtro RC che permette la conversione del segnale in impulso di tensione. La forma dell’impulso in uscita al preamplificatore è il risultato della convoluzione nel tempo tra l’andamento del segnale di ingresso e l’andamento della risposta impulsiva del filtro. Il dimensionamento dei parametri del preamplificatore è un processo di particolare importanza per quanto riguarda la raccolta della carica di segnale, influente nel calcolo della risoluzione energetica finale. Il segnale di tensione viene poi amplificato attraverso uno stadio di guadagno ed entra in tre blocchi differenti. Il Peak Streatcher ha il compito di mantenere costante il picco del segnale, contenente l’informazione sulla quantità di luce letta dal canale, per un tempo tale da garantire la conversione da parte dell’ADC del microcontrollore. Il Filtro passa basso ha la funzione di estrarre la linea di base del segnale (il valore in continua), che viene campionata dal microcontrollore: questo valore viene utilizzato per portare a zero la linea di base stessa tramite un circuito di feedback, attraverso il blocco Correzione della linea di base che agisce sul nodo prima dello stadio di guadagno. Il Comparatore ha il compito di confrontare il valore dell’impulso di tensione con una soglia impostata dall’utente: il superamento della soglia attiva un trigger per l’avvio della fase di inseguimento del segnale da parte del peak stretcher. Una volta campionati i valori in uscita dal peak stretcher il microcontrollore li trasmette alla scheda sbRIO tramite SPI. Di seguito vengono descritti in dettaglio i blocchi principali relativi alla lettura di un canale. 67 Capitolo 3. Architettura della gamma camera 3.4.1 Preamplificatore di carica e stadio di amplificazione La corrente in uscita dai SiPM entra in un primo stadio a transimpedenza che converte il segnale in tensione. Il secondo stadio, costituito da un amplificatore operazionale in configurazione invertente, aggiunge un guadagno al segnale. Figura 3.13 Schema dei primi due stadi per la lettura del segnale impulsivo di corrente in uscita dai SiPM. Il preamplificatore di carica effettua la conversione da corrente a tensione; l’amplificatore invertente applica guadagno. Vengono riportate le forme d’onda dei segnali ad ogni nodo. La costante di tempo del preamplificatore è stata scelta a seguito di simulazioni teoriche col fine di ottimizzare il tempo di integrazione del segnale in uscita dal sistema di conversione. In particolare, l’impulso di corrente fornito dai SiPM presenta un andamento nel tempo che in prima approssimazione è associabile ad un’esponenziale decrescente con costante di tempo τscint = 3µs (data dal tempo di scintillazione del cristallo scelto). In uscita al primo stadio la forma d’onda del segnale di tensione è il risultato della convoluzione tra l’andamento del segnale di ingresso al sistema e l’andamento della risposta impulsiva del filtro R1 C1 : f (t) = 1 − t · e R1 C1 C1 (3.7) Se il filtro introducesse una costante di tempo comparabile con quella del segnale di ingresso si riscontrerebbe il problema del Deficit Balistico, dovuto ad un’integrazione incompleta della carica, che darebbe luogo ad un picco del segnale di uscita più basso del dovuto. L’ampiezza del picco di tensione rappresenta l’unica informazione relativa alla quantità di fotoni emessi dal cristallo: minore è il valore di tensione letto, peggiore 68 Capitolo 3. Architettura della gamma camera risulta il rapporto segnale/rumore con conseguente errore nella stima della risoluzione energetica e spaziale del sistema. In generale la quantità di fotoni letti dipende dal rapporto tra la τ di scintillazione e la τ del filtro: maggiore è la costante di tempo del filtro maggiore è la quantità di carica utile che si riesce ad integrare. Di contro un tempo di integrazione lungo comporta una maggiore collezione di rumore. Nel caso in esame i valori dei componenti del filtro sono stati scelti in modo da avere τRC = 10µs. Per quanto riguarda il dimensionamento del preamplificatore, oltre al tempo di integrazione, occorre considerare la stabilità del circuito. La matrice di SiPM viene vista all’ingresso del canale elettronico come una capacità di valore CSiP M ' 15 nF (valore calcolato sperimentalmente). Tale capacità introduce un polo a bassa frequenza che potrebbe rendere instabile il primo stadio del canale elettronico. Per verificare la stabilità del sistema viene calcolato l’andamento del guadagno ad anello del circuito presentato alla Figura 3.14. Figura 3.14 Preamplificatore di front-end del canale elettronico con all’ingresso la capacità equivalente introdotta dalla matrice di rivelatori CSiP M . Per studiare la stabilità del circuito è stato effettuato il calcolo del guadagno ad anello tagliando il circuito a valle dell’amplificatore. L’amplificatore operazionale utilizzato è un OPA659 (Texas Instruments) caratterizzato dalla seguente funzione di trasferimento: A(jω) = A0 1 + jωτ0 (3.8) con guadagno in continua A0 = 795 e costante di tempo τ0 = 0.36µs. Il taglio dell’anello viene effettuato a valle dell’amplificatore il quale viene visto come generatore ideale di tensione con uscita ad impedenza nulla. 69 Capitolo 3. Architettura della gamma camera La funzione che si ottiene per il guadagno ad anello è: Gloop (jω) = 1 + jωR1 C1 VT = −A(jω) · VP 1 + jωR1 (C1 + CSiP M ) (3.9) con due poli e uno zero. In Figura 3.15 vengono rappresentati i diagrammi del modulo e della fase di Gloop per vari valori di resistenza e capacità del filtro, mantenendo costante il loro prodotto. Figura 3.15 Diagrammi di Bode per il modulo e la fase del guadagno ad anello dello stadio di ingresso dei canali elettronici. Sono riportati i grafici ottenuti per diversi valori di resistenza e capacità del filtro, mantenendo il prodotto R1 · C1 costante. Si osserva come il sistema rimane stabile all’aumentare del valore della resistenza R1 . Si può notare come un aumento della resistenza e conseguente riduzione della capacità di feedback non porti ad un’instabilità del sistema dato che lo zero si trova ad una frequenza maggiore rispetto quella del polo. Di contro, aumentare il valore della resistenza R1 comporta un’amplificazione maggiore oltre che del segnale anche del DCR. Una carica di rumore maggiormente amplificata contribuisce ad un aumento della linea di base all’uscita del primo stadio. Dato che il circuito per la sottrazione della baseline ha una capacità limitata di correzione, il valore della tensione in uscita al preamplificatore rischia di saturare. 70 Capitolo 3. Architettura della gamma camera Nel caso considerato è stato scelto un valore R1 = 24 kΩ che permette il corretto funzionamento del circuito e fornisce un valore di guadagno in continua del primo stadio pari a G1 = 24 kΩ. Al fine di rendere positivo il segnale e adattarlo alla dinamica dell’ ADC del microcontrollore è necessario introdurre un secondo stadio di amplificazione dimensionato con guadagno G2 = 3. In questo caso viene amplificato solo il segnale utile dato che la corrente di buio amplificata dal primo stadio, come sarà descritto nella Sezione 3.4.3, viene sottratta attraverso un ramo di reazione da parte del circuito per la correzione della linea di base. Complessivamente si ottiene un guadagno in continua: GT OT = G1 · G2 = 72 kΩ. (3.10) L’andamento in funzione del tempo dell’impulso di tensione in uscita risulta essere: = R 1 C1 ISiP M − t − t · · e τscint − e R1 C1 C1 τscint − R1 C1 V2 (t) = G1 · G2 · ISiP M · e = G1 · G2 · 1 − t ∗ · e R1 C1 C1 −τ t scint (3.11) Va ricordato che scegliere una τ troppo lunga col fine di integrare più segnale comporta la collezione di una maggiore quantità di rumore e un tempo di recupero più lungo della tensione di uscita. Ciò aumenta la probabilità che si instauri il fenomeno del pile-up, fenomeno schematizzato in Figura 3.16: un tempo di recovering troppo lungo fa si che impulsi successivi nel tempo si sovrappongano provocando una saturazione del segnale utile. Figura 3.16 Schematizzazione dell’effetto di pile-up dovuto alla sovrapposizione di più segnali esponenziali ravvicinati nella scala temporale a causa di una costante di tempo del filtro troppo lunga. Questo meccanismo può portare alla saturazione del segnale in uscita al secondo stadio. 71 Capitolo 3. Architettura della gamma camera In corrispondenza dei morsetti positivi degli OP AMP, come è possibile vedere dalla Figura 3.13, sono state inserite le resistenze R2 e R5 , di valore pari alle resistenze viste dai morsetti negativi, che permettono di compensare l’offset introdotto dalle correnti di bias degli operazionali. Per quanto riguarda la correzione dell’offset in continua, dovuto ai generatori di tensione di rumore in ingresso agli amplificatori, essa viene effettuata grazie al circuito per la regolazione della linea di base. 3.4.2 Peak stretcher e comparatore a soglia Il circuito del Peak Stretcher mostrato in Figura 3.17 riceve in ingresso il segnale di uscita dallo stadio amplificatore e ha la funzione di mantenere costante il valore del picco: proporzionale all’energia del raggio gamma incidente sul sistema di rivelazione. Ciò permette il campionamento e la conversione in formato digitale da parte del microcontrollore. Figura 3.17 Schema del circuito implementato per il Peak Stretcher. Il valore di picco stabile all’uscita è ottenuto grazie alla capacità di memoria del condensatore e la proprietà di fungere da switch dei diodi. Il transistor è pilotato alla base da un segnale di reset fornito dal microcontrollore al termine del campionamento e della conversione del valore di picco. Il valore di picco dell’impulso viene salvato sulla capacità e quindi mantenuto costante all’uscita fino a quando non viene attivato il transistor che fornisce un percorso conduttivo verso massa. Il transistor viene acceso dal microcontrollore una volta finita la conversione. Il segnale di uscita dello stadio amplificatore va in ingresso anche al blocco comparatore mostrato in Figura 3.18. Oltre al segnale il comparatore riceve il valore di soglia con cui confrontare il segnale stesso. 72 Capitolo 3. Architettura della gamma camera Figura 3.18 Schema del circuito comparatore che ha la funzione di identificare eventi utili rispetto al rumore confrontando l’ampiezza del segnale con una soglia. Questa viene trasmessa da microcontrollore tramite protocollo I 2 C e convertita in analogico da un modulo DAC a 12 bit. L’uscita del comparatore diventa alta nel momento di superamento della soglia. Quando il segnale supera il valore di soglia il circuito da in uscita un impulso positivo che va in ingresso al microcontrollore e indica che l’evento è da considerarsi utile rispetto al rumore di fondo. Come verrà approfondito in seguito, l’impulso fornito dal comparatore porta all’attivazione del campionamento del segnale all’uscita dei peak stretcher su tutti i canali. Il valore della soglia è impostato attraverso l’interfaccia Labview e trasmessa tramite protocollo SPI al microcontrollore, che a sua volta la ritrasmette al comparatore con comunicazione I 2 C. Per la conversione della soglia da valore digitale ad analogico viene utilizzato un DAC da 12 bit. 3.4.3 Circuito per la correzione della linea di base In Figura 3.19 viene mostrato il circuito hardware per il controllo e la correzione della linea di base di ogni canale elettronico. Ciascun canale è caratterizzato da una linea di base diversa dovuta principalmente al rumore introdotto dai SiPM e in minor parte alle non idealità dei componenti elettronici. Il circuito presentato in questo paragrafo regola la linea di base e rende confrontabili i segnali di uscita dei 36 canali. A valle dello stadio amplificatore è stato introdotto un filtro RC passa basso con dimensionamento dei componenti tale da ottenere una frequenza di polo molto minore rispetto la frequenza di segnale. In questo modo il segnale utile viene filtrato e si estrae il valore in continua VDC . Se si considera che il segnale in ingresso ha una salita con costante si tempo τscint ' 3 µs, la massima frequenza del segnale fs è: fs = 1 ' 53 kHz. 2 · π · τscint 73 (3.12) Capitolo 3. Architettura della gamma camera Figura 3.19 Schema del circuito implementato per il controllo e la regolazione della linea di base per ogni canale elettronico di lettura. La sua funzionalità è quella di eliminare il contributo relativo alla corrente di buio dei SiPM e alle tensioni di offset introdotte dagli amplificatori operazionali. Questi valori possono assumere variazioni da un canale all’altro. Il polo del filtro fp viene quindi scelto a due decadi di distanza: fp = 1 ' 530 Hz. 2 · π · R7 · C2 (3.13) La VDC viene letta ciclicamente dal microcontrollore che effettuata una correzione digitale del valore della linea di base fino a che questa risulta pari a zero. Il modulo DAC permette di convertire in analogico il fattore di correzione digitale. La sottrazione della linea di base viene effettuata sottraendo corrente all’ingresso dello stadio di amplificazione in corrispondenza del nodo sommatore rappresentato. La tensione continua all’uscita del filtro passa basso è dovuta principalmente dalla corrente di dark count proveniente dal modulo rivelatore e in parte dalle tensioni di offset introdotte dagli stadi di ingresso del canale; le correnti di polarizzazione non contribuiscono dato che sono state opportunamente compensate. VDC = ID · R1 · R4 R4 R4 ∓ VO 1 · ± VO 2 · 1 + R3 R3 R3 (3.14) Dopo la compensazione, per il principio di sovrapposizione degli effetti, si ottiene che la tensione in uscita allo stadio amplificatore è data dalla VDC a cui viene sottratta la tensione regolata dal microcontrollore amplificata dal rapporto delle resistenze di feedback: R4 V2 = VDC − VBL · (3.15) R6 74 Capitolo 3. Architettura della gamma camera La corrente di buio è fortemente influenzata dalla tensione di over-voltage applicata ai SiPM e dalla temperatura del sistema, quindi la correzione della linea di base viene effettuata ogni volta che si verifica una variazione di questi parametri. 3.4.4 Logica per l’acquisizione sincrona dei 36 canali delle 18 schede In questa sezione viene spiegata la logica utilizzata per l’acquisizione sincrona e il campionamento dei 36 canali della gamma camera. Ciò che si vuole campionare è il valore di picco del segnale amplificato: valore proporzionale alla quantità di luce di scintillazione raccolta da ciascun fotorivelatore. Per la conversione da analogico a digitale si utilizza l’ADC a 12 bit del microcontrollore, presente su ciascuna delle 18 schede. Il range dinamico del segnale di ingresso è 0÷3, 3 V e viene diviso in 4096 livelli assegnati in base al valore letto. Dopo il comando di avvio impostato da interfaccia Labview si iniziano a campionare i valori di picco fino al raggiungimento della capacità massima di memoria del microcontrollore di 12 800 valori, 6 400 per ogni canale. Attraverso protocollo SPI i dati sono trasmessi alla scheda sbRIO e poi al programma Labview tramite cavo Ethernet. Sul PC avviene il salvataggio dei dati che possono essere elaborati in fase successiva tramite Matlab per ricostruire la posizione degli eventi di scintillazione e lo spettro di energia. Il segnale in uscita allo stadio amplificatore V2 , come descritto in precedenza, viene dato in ingresso al Peak Stretcher e al comparatore. Se l’ampiezza del segnale di uno dei 36 canali supera la soglia VT H impostata il compratore fornisce un segnale positivo per l’avvio del campionamento al microcontrollore della scheda corrispondente. Nello stesso tempo, come schematizzato in Figura 3.20, dalla scheda interessata viene mandato un segnale impulsivo di trigger di durata 2 µs a tutte le schede. Il segnale provoca l’avvio del processo di campionamento su tutti i canali indipendentemente dal fatto che su di essi il valore di soglia sia stato superato. Nella Figura 3.21 vengono descritte le forme d’onda di due canali del sistema di lettura. Per chiarezza della spiegazione si considerano il canale i-esimo della scheda α, sul quale è presente segnale utile al superamento della soglia, e il canale j-esimo della scheda β, che invece ha raccolto una minore quantità di carica. Nel grafico a) è rappresentata la forma d’onda del segnale di uscita dello stadio amplificatore di un canale che può raggiungere o meno il livello della soglia VT H . Nel grafico b) viene descritto l’andamento della tensione di uscita del comparatore, che 75 Capitolo 3. Architettura della gamma camera Figura 3.20 Schematizzazione del sistema per la sincronizzazione del campionamento dei 36 canali. La scheda sulla quale un canale ha superato in ampiezza la soglia impostata invia sul bus comune un segnale di trigger per l’inizio del campionamento da parte di tutti i microcontrollori. rimane alta per tutto il tempo in cui il segnale ha un ampiezza maggiore della soglia. Il grafico c) è relativo al segnale di trigger, nel caso riportato viene emesso dalla scheda α in cui è stato rivelato segnale utile, tutte le altre ricevono l’informazione in ingresso grazie al bus di comunicazione. Dopo 5 µs dal fronte di salita del trigger inizia la fase di campionamento e quindi la conversione dei segnali in uscita dai peak stretcher da parte di tutti i microcontrollori in parallelo come viene rappresentato nel grafico d). Il ritardo tra l’attivazione del trigger e la fase di campionamento (5 µs) assicura che l’uscita del peak stretcher abbia effettivamente raggiunto il massimo della forma d’onda. Terminata la conversione il microcontrollore pilota l’accensione di un transistor di reset che pone a zero l’uscita del PS. Il sistema è quindi pronto a ricevere un nuovo impulso di tensione utile. Questo sistema permette di campionare in maniera sincrona il picco dei segnali sui 36 canali anche nell’eventualità di un superamento della soglia da parte di un singolo canale. 76 Capitolo 3. Architettura della gamma camera Figura 3.21 Forme d’onda tipiche di un canale con segnale utile (colonna di sinistra: canale i, scheda α) e di un canale con basso segnale (colonna di destra: canale j, scheda β). a) forma d’onda tipica all’uscita del blocco amplificatore V2 ; b) tensione di uscita del comparatore del rispettivo canale; c) segnale di trigger emesso dalla scheda sulla quale si è presentato un segnale sopra soglia e ricevuto dalle altre schede; d) forma d’onda all’uscita del peak stretcher con indicati punto di inizio campionamento e punto di reset alla fine della conversione. 77 Capitolo 3. Architettura della gamma camera 3.5 Schede di supporto e controllo Al fine di creare un supporto meccanico per le matrici di SiPM, aggiungere funzionalità al set-up sperimentale e ottimizzare le funzioni di controllo umidità, temperatura e tensione di alimentazione del sistema sono state progettate due schede elettroniche, una principale e una secondaria. La foto della scheda principale viene mostrata alla Figura 3.22. Figura 3.22 Foto della scheda principale utilizzata durante le misure sperimentali per fornire supporto meccanico alle matrici di SiPM, settare la tensione di polarizzazione, impulsare i canali elettronici di lettura e monitorare la temperatura e l’umidità del sistema. La scheda è inserita all’interno della scatola di allumninio e si connette con la scheda secondaria tramite flat-cable. In Figura 3.23 viene data una schematizzazione logica delle funzionalità delle schede; di queste, la principale si trova all’interno della scatola e l’altra esternamente collegata tramite flat-cable. Si può notare come il microcontrollore abbia un ruolo chiave nel gestire le diverse funzionalità delle schede. In questa sezione si procederà nel descrivere in dettaglio le funzioni implementate assumendo di utilizzare 4 tile per formare la matrice di rivelazione. 78 Capitolo 3. Architettura della gamma camera Figura 3.23 Schema a blocchi di principio del sistema implementato nelle schede di supporto e controllo. In particolare si ha una scheda principale interna alla scatola in cui avviene la rivelazione e una scheda esterna alla scatola: di supporto per le misure sperimentali 3.5.1 Microcontrollore Il microcontrollore usato è il PIC24FV16KA302 della Microchip alimentato a 5V, composto da 28 pin e programmato tramite connettore ICSP. Il dispositivo possiede una CPU a 16 bit, un modulo ADC da 12 bit con un massimo di 16 canali di input, due moduli I 2 C (Inter Integrated Circuit), due moduli SPI (Serial Peripheral Interface) e due moduli UART (Universal Asynchronous Receiver-Trasmitter). Le funzioni eseguite dal microcontrollore nel caso in esame sono: • campionamento e conversione in digitale dei valori in continua delle tensioni in uscita dai circuiti di lettura dell’umidità e della temperatura per il monitoraggio ciclico di tali parametri; • programmazione tramite protocollo I 2 C dei potenziometri digitali che permettono la regolazione della tensione di polarizzazione dei SiPM e la variazione dell’ampiezza dell’impulso nel circuito di impulsazione; • programmazione tramite protocollo I 2 C dello schermo LCD posto sulla scheda esterna per la rappresentazione dei valori di umidità e temperatura; • controllo del segnale di trigger per l’attivazione del circuito monostabile che genera un impulso di tensione in uscita; 79 Capitolo 3. Architettura della gamma camera • pilotaggio con onda quadra della base del transistor bipolare che alimenta il buzzer per segnalare il raggiungimento di un valore limite di umidità; • ricezione dati dal chip FT232 tramite protocollo UART per lo scambio di informazioni con il PC. Come riferimento per il clock di sistema viene utilizzato un oscillatore al quarzo da 8 MHz (ABMM2, Abracon). Lo scambio dati con PC avviene tramite cavo USB; sulla scheda attraverso il componente FT232 è possibile convertire la trasmissione dati in protocollo UART ed interfacciarsi al microcontrollore. Questo sistema permette di gestire alcuni registri del microcontrollore senza la necessità di effettuare la programmazione con connettore ICSP. 3.5.2 Circuito per l’equalizzazione dei canali elettronici Sulla scheda di supporto interna è stato progettato un sistema che permette di inviare, in parallelo, direttamente ai terminali di uscita (descritti nella Sezione 3.3) impulsi di corrente, emulando il segnale di uscita dei SiPM. Questa funzionalità consente di verificare il corretto funzionamento e l’uniformità di risposta dei 36 canali elettronici, permettendo un’eventuale operazione di equalizzazione a livello software. Lo schema del circuito implementato è mostrato in Figura 3.24. Figura 3.24 Il multivibratore monostabile ad ogni segnale di trigger inviato da microcontrollore fornisce in uscita un impulso di tensione di ampiezza 5 V e durata 4 µs. Il partitore dimezza l’ampiezza dell’impulso. L’amplificatore non invertente possiede un guadagno variabile in virtù del potenziometro digitale R2 comandato da microcontrollore con protocollo I 2 C. La resistenza RIM P permette di ottenere un valore di corrente noto che si suddivide tra i 36 canali. 80 Capitolo 3. Architettura della gamma camera A partire da impulsi di tensione con ampiezza nota e modificabile si generano impulsi di corrente che trasportano una quantità di carica dello stesso ordine di grandezza di quella dovuta tipicamente alla rivelazione di un raggio gamma del sistema di rivelazione. La gestione del funzionamento del circuito è affidata al microcontrollore. Il PIC invia il segnale di trigger al multivibratore monostabile (LTC6993CS6, Linear Tecnology) che fornisce in uscita un unico impulso di tensione di ampiezza pari alla tensione di alimentazione del circuito: 5V . Da microcontrollore è quindi possibile programmare il numero di impulsi che si intendono inviare e la distanza temperale tra uno e l’altro. La lunghezza temporale di ogni impulso è fissata a 4 µs da una configurazione di resistenze tra i terminali del monostabile. Per poter inviare all’elettronica di lettura pacchetti di carica di entità diversa si modifica l’ampiezza degli impulsi: la tensione di uscita dal monostabile, dopo esser stata scalata attraverso un partitore resistivo è data in ingresso ad un amplificatore non invertente con guadagno variabile. Il guadagno viene modificato agendo sulla resistenza R2 implementata con un potenziometro digitale da 100 kΩ (MCP4561-104E/MS, Microchip) comandato da microcontrollore tramite protocollo I 2 C. L’impulso di tensione arriva al filtro passa alto dato dalla resistenza RIM P e il banco di capacità in parallelo CIM P . Il filtro viene dimensionato con una costante di tempo molto maggiore rispetto la durata dell’impulso di tensione: τIM P = RIM P · 36 · CIM P 4µs. (3.16) In questo modo per ogni impulso di tensione si ottengono impulsi di corrente quasi rettangolari a valle delle capacità di ciascun canale, cosa che permette di calcolare agevolmente la quantità di carica inviata. Il dimensionamento dei componenti del circuito è stato fatto in modo da poter generare pacchetti di carica di entità confrontabile con quella fornita dai SiPM in seguito al processo di rivelazione. Per quantificarla occorre fare alcune considerazioni, tenendo conto dei parametri con cui si caratterizzano i dispostivi e i materiali scelti per la conversione energia-segnale. Si considera la radiazione gamma di energia Eγ = 122 keV dovuta al decadimento del 57 Co (sorgente utilizzata per le misure sperimentali). Il fotone viene assorbito dal cristallo scintillatore [CsI(Tl)] che si caratterizza per un guadagno di conversione (Yield) pari a Y = 64 000[ph/M eV ]. Il numero medio di fotoni generati in seguito all’assorbimento della radiazione è quindi: 81 Capitolo 3. Architettura della gamma camera Nph = Eγ · Y = 7808 ph. (3.17) Il cristallo è ricoperto da strati di Teflon che, grazie alle proprietà riflessive, permette di raccogliere circa il 90% dei fotoni generati (dato ottenuto con simulatore ottico). Lo scintillatore è accoppiato alla matrice di SiPM, che presenta un’area attiva del 88.2% sull’area complessiva, a causa di aree morte di rivelazione dovute allo spazio tra un dispositivo e l’altro. Complessivamente si ottiene un’efficienza di collezione ηCOLL ' 80%. La probabilità che un fotone raccolto nel silicio generi un elettrone è data dalla media integrale della PDE(λ, VOV ) dei rivelatori calcolata sullo spettro di emissione del cristallo CsI(Tl) in funzione della lunghezza d’onda. Per una VOV = 3 V si ottiene una P DE ' 30%; quindi il numero medio di fotoelettroni generati risulta essere: Npe = Nph · ηCOLL · P DE = 1874 pe. (3.18) Si può osservare che il numero di fotoni generati dovuti all’assorbimento di un raggio gamma a questa energia è ampiamente compreso nel range dinamico del dispositivo. Infatti la matrice di rivelatori è costituita da 144 SiPM, ciascuno dei quali contiene circa 9000 SPAD, per un totale di quasi 1, 3 M di celle. Non sono pertanto considerati i fenomeni di saturazione: il numero di celle attivate è pari al numero di fotoni raccolti e il segnale di uscita risulta essere linearmente proporzionale alla quantità di luce incidente. Il massimo segnale in uscita ottenibile, in termini di quantità di carica, è dato dal numero medio di fotoelettroni generato moltiplicato per la carica di un elettrone q = 1, 6 · 10−19 C e per il guadagno del dispositivo M = CD ·q VOV : QM AX = Npe · q · M = 607 pC. (3.19) Questa è la quantità massima di carica ottenibile in uscita da un canale di rivelazione, dovuta alla raccolta di tutti i fotoni di luce generati da parte dei 4 SiPM corrispondenti ad un unico canale. Se invece i fotoni si distribuiscono uniformemente su tutta la matrice di rivelazione, si ottiene il valore minimo di segnale ottenibile in uscita. In questo caso la carica viene ridotta di un fattore 36 rispetto quella massima. Npe · q · M = 17 pC. (3.20) 36 Detto ciò, il dimensionamento dei componenti del circuito di impulsazione deve QM IN = 82 Capitolo 3. Architettura della gamma camera essere effettuato in modo tale che la carica trasportata dagli impulsi di corrente generati sia compresa nell’intervallo 17 pC - 607 pC. Le resistenze scelte per il partitore hanno pari valore RP = 100 kΩ in modo da dimezzare l’ampiezza del segnale; la resistenza R1 dell’amplificatore non invertente viene impostata a 100 kΩ al fine di avere come guadagno massimo 2 e poter variare l’ampiezza dell’impulso di uscita da 2, 5 V a 5 V ; la resistenza di impulsazione RIM P = 1 kΩ fissa l’ampiezza del picco di corrente; la capacità corrispondente ad ogni canale CIM P = 1 nF viene scelta in modo che il filtro passa alto abbia una costante di tempo lunga rispetto la durata dell’impulso: con questi valori si ottiene τIM P = 36 µs. Nella Figura 3.25 viene mostrato l’andamento dell’impulso di corrente quasi rettangolare in uscita al singolo canale con impulso di tensione pari a 5V (la curva è stata simulata con Matlab). Figura 3.25 Andamento temporale della corrente all’uscita del filtro RIM P -CIM P per un singolo canale quando l’ampiezza dell’impulso di tensione corrispondente è pari a 5V. In queste condizioni con impulsi di 2, 5 V si inviano pacchetti di carica QM IN ' 260 pC, con impulsi di 5 V si ottengono valori di QM AX ' 530 pC: ampiamente all’interno dell’intervallo di valori reali di carica precedentemente trovato. 3.5.3 Circuito per la regolazione della polarizzazione dei SiPM Per il funzionamento dei dispositivi SiPM è necessaria una tensione di polarizzazione VBIAS che porti i diodi APD a funzionare in modalità Geiger. Nella scheda di supporto principale è stato disegnato un circuito che permette di alimentare i rivelatori o con una tensione proveniente da generatore esterno, o con tensione controllata da un regolatore variabile (LT3008 - Linear Tecnology), come rappresentato in Figura 3.26. 83 Capitolo 3. Architettura della gamma camera Figura 3.26 Circuito per la polarizzazione dei SiPM. Il filtro passa basso RIN -CIN smorza le variazioni ad alta frequenza della tensione di ingresso. Gli interruttori meccanici 1 e 2 permettono di scegliere il percorso dell’alimentazione (esterna o regolata). Il regolatore variabile setta la tensione VBIAS in base il valore della corrente IADJ che dipende dal rapporto tra R1 e R2 variabile in virtù del potenziometro digitale. Le capacità in ingresso e uscita dal regolatore permettono di stabilizzare le tensioni. Alla tensione VHV (' 40V ), proveniente da un generatore esterno, si applica un filtraggio passa basso attraverso i componenti RIN -CIN per limitare disturbi ad alta frequenza; i valori dei componenti sono RIN = 1 kΩ e CIN = 100 µF elettrolitico. Una coppia di interruttori meccanici permette di scegliere se mandare al catodo dei SiPM direttamente la tensione filtrata o quella in uscita al regolatore. In particolare tale componente regola la tensione di uscita in funzione del rapporto tra i valori delle resistenze R1 e R2 secondo la seguente formula: R2 = 600 mV · 1 + − (IADJ · R2 ) R1 VBIAS (3.21) Ciò che comanda il valore di tensione di uscita è l’intensità della corrente IADJ uscente dal pin ADJ il quale presenta tensione fissa pari a 600 mV . Modificando il rapporto R2 /R1 varia la corrente in uscita da ADJ e quindi la tensione VBIAS . La resistenza R1 viene implementata come la serie tra una resistenza costante (R1F ) e una variabile (R1V ) data da un potenziometro digitale (MCP4562-104E/MS Microchip), controllabile da microcontrollore tramite protocollo I 2 C. La R2 assume un valore pari a 10 M Ω, la R1F vale 150 kΩ e il potenziometro può fornire una resistenza tra 0Ω è 100 kΩ con 257 step possibili: complessivamente, agendo sulla resistenza variabile, è possibile far variare la tensione di polarizzazione dei rivelatori tra i 25 V e i 40 V circa. Occorre osservare che la VBIAS e la R1V sono legati da una relazione non lineare. A livello software è stata quindi implementata una funzione che a partire dalla tensione 84 Capitolo 3. Architettura della gamma camera di polarizzazione che si intende impostare permette di risalire al valore corrispondente della resistenza con cui programmare il potenziometro digitale. I condensatori posti all’ingresso e all’uscita del regolatore permettono di avere le tensioni stabili ai rispettivi terminali e un funzionamento corretto del componente. 3.5.4 Circuito di lettura temperatura Al fine di poter ottenere risultati accurati è importante che la temperatura del sistema rimanga stabile per tutto il tempo della misura sperimentale; inoltre conoscere il livello termico a cui si trovano i dispositivi di rivelazione permette di stimare il valore di parametri caratteristici quali: PDE, guadagno e DCR che influenzano la risoluzione energetica e spaziale del sistema complessivo. A tal proposito sulla scheda di supporto interna, per ciascun tile è stato progettato un circuito per la lettura della temperatura: a partire dalla resistenza PT-100 (PTS0805 - Vishay) saldata sulla parte posteriore di ogni tile si riesce a monitorare il livello di raffreddamento del sistema. L’andamento della PT-100 al variare della temperatura è il seguente: R(T ) = R0 · (1 + AT + BT 2 ) (3.22) con R0 = 100Ω, A = 3, 9 · 10−3 ◦ C −1 , B = −5, 77 · 10−7 ◦ C −2 . I terminali della PT-100 sono portati su scheda grazie ai connettori precedentemente descritti. In questo modo la resistenza termica viene inserita in un circuito a ponte di Wheatstone, come mostrato nello schema in Figura 3.27. La RV tra il ponte e l’alimentazione serve per limitare la corrente nella PT-100, così da evitare fenomeni di autoriscaldamento della resistenza. Questo resistore tuttavia comporta una relazione non lineare tra la tensione ai capi del ponte e la temperatura del sistema di cui ne viene tenuto conto a livello software. A valle del ponte è stato inserito un amplificatore da strumentazione INA (INA826AID - Texas Instruments) che amplifica la differenza tra le tensioni di ingresso e filtra il modo comune. La tensione all’uscita dell’amplificatore è: + − VT EM P = (VIN − VIN ) · GIN A + VRef con GIN A 49, 4 kΩ =1+ RG ! (3.23) Nel complesso si ottengono 4 tensioni relative alle temperature di ogni tile: VT EM P A , VT EM P B , VT EM P C , VT EM P D che vengono portate in ingresso al modulo ADC del 85 Capitolo 3. Architettura della gamma camera Figura 3.27 Il circuito per la lettura della temperatura è costituito da un ponte di Wheatstone con resistenze R100 da 100 Ω, in cui è inserita la PT100; un amplificatore da strumentazione INA per amplificare le variazioni di tensione ai capi del ponte e un trimmer da 10 kΩ per poter effettuare l’equalizzazione tra i valori di uscita dei diversi circuiti di temperatura. La resistenza RV limita la corrente nel ponte; la RG definisce il guadagno dell’INA. microcontrollore. L’operazione di campionamento e conversione avviene in modo sequenziale e ciclico per i quattro canali, ogni 2 secondi il valore di temperatura di un canale diverso viene mandato allo schermo LCD, posto sulla scheda secondaria esterna, attraverso protocollo di comunicazione I 2 C. Il guadagno dell’amplificatore INA viene scelto, dimensionando la RG , in modo da ottimizzare la dinamica dell’ADC del microcontrollore (12 bit) e tenendo conto che l’intervallo di temperatura di interesse va dai −22◦ C ai 22◦ C. 3.5.5 Circuito di lettura umidità I SiPM-RGB utilizzati per le misure sperimentali presentano un Dark Count a temperatura ambiente di 800 kHz/mm2 , dovuto principalmente alla generazione termica di carica. Tale rumore risulta essere piuttosto elevato in relazione al fatto che la rivelazione viene effettuata con una matrice costituita da 144 dispositivi per un’area complessiva di 2 500 mm2 . Un DCR di questo tipo comporta variabilità nell’ampiezza dell’impulso utile di uscita al dispositivo, deteriorando la risoluzione energetica e spaziale. Per ridurre il rumore termico dei dispositivi si utilizza un sistema di raffreddamento volto a portare a basse temperature (tra 0◦ Ce − 20◦ C) tutto il sistema all’interno della scatola di alluminio, compresa la scheda elettronica di supporto con i relativi connettori. Il fatto di scendere in temperatura comporta una condensazione dell’aria umida e quindi la formazione di gocce d’acqua sulla scheda e sui connettori che potrebbero generare cortocircuiti non voluti tra componenti elettronici o tra canali di segnale. Al fine di 86 Capitolo 3. Architettura della gamma camera prevenire la condensazione, all’interno della scatola viene iniettato costantemente azoto (N) che permette la formazione di un ambiente secco. Il livello di umidità dell’aria all’interno del sistema al variare della temperatura viene monitorato grazie ad un sensore di umidità (HIH - 4000 Series - Honeywell) in grado di fornire in uscita un valore di tensione proporzionale al livello di umidità percepita. La tensione in uscita al sensore è proporzionale all’umidità RH in modo lineare: VHU M = mH · RH + cH (3.24) con mH = 31, 483 mV /RH(%) e cH = 0, 826V . La tensione VHU M viene portata in ingresso al modulo ADC del microcontrollore; con periodo di circa 2 secondi il valore viene campionato e convertito nel corrispondente valore di umidità. Come per i valori temperatura, anche il livello di umidità viene trasmesso allo schermo LCD posto sulla scheda esterna alla scatola attraverso protocollo di comunicazione I 2 C. 3.5.6 Scheda esterna I valori fisici di temperatura e umidità ottenuti attraverso gli appositi sensori e circuiti di lettura sono visualizzati su uno schermo LCD (Midas) saldato sulla scheda esterna alla scatola di alluminio. In questo modo è possibile monitorare costantemente questi parametri durante l’attività di misura sperimentale. Per il trasferimento dati tra microcontrollore e schermo è utilizzato il protocollo di comunicazione I 2 C. Il segnale e l’alimentazione vengono portati alla scheda esterna attraverso un cavo flessibile con degli appositi connettori ai terminali. Oltre lo schermo, sulla scheda esterna è stato installato un trasduttore sonoro piezoelettrico (buzzer, TDK) pilotato in corrente da un transistor bipolare. La funzionalità di questo strumento è quella di emettere un tono ad una certa frequenza quando viene attraversato da corrente periodica. In questo caso viene utilizzato per segnalare il superamento di un valore di umidità limite impostato nel microcontrollore: quando il sensore di umidità invia un valore di tensione oltre la soglia limite, il PIC emette da un pin specifico un segnale periodico che pilota la base del transistor BJT. La corrente di collettore attiva il dispositivo piezoelettrico. 87 Capitolo 3. Architettura della gamma camera 3.6 Interfaccia utente per la gestione del microcontrollore Un’interfaccia grafica utente, sviluppata in Labview, permette il controllo da remoto del microcontrollore. I dati tra scheda e PC sono scambiati attraverso comunicazione USB. Per avere la possibilità di interfacciarsi al microcontrollore viene usato il componente FT232 (FTDI Chip) che permette la conversione della comunicazione da USB a UART. In Figura 3.28 è mostrata l’interfaccia così come si presenta all’utente. Figura 3.28 Interfaccia implementata in Labview per il controllo da remoto delle funzionalità del microcontrollore. Le operazioni che è possibile svolgere attraverso questa interfaccia sono: • Riquadro 1: Settaggio parametri di comunicazione per la corretta sincronizzazione tra Labview e microcontrollore: nella prima casella viene indicato automaticamente il nome con cui viene riconosciuto il dispositivo hardware dallo standard VISA; nelle altre caselle si possono settare velocità di trasmissione, numero di bit per dato trasmessi, presenza del bit di parità, presenza del bit di stop e del controllo del flusso dati. • Riquadro 2: Selezione informazioni da rappresentare su schermo LCD. Lo schermo LCD (Midas) utilizzato è composto da due righe (16 caratteri ciascuna). Sulla 88 Capitolo 3. Architettura della gamma camera prima riga viene indicata la temperatura di uno o più tile in modo sequenziale, sulla seconda si da l’informazione riguardo l’umidità del sistema. Selezionando i tasti T EM P _A, T EM P _B, T EM P _C, T EM P _D, HU M IDIT Y è possibile sceigliere quale informazione rappresentare a schermo. Avere l’informazione riguardo tutte e quattro le temperature dei tile permette di verificare l’uniformità del raffreddamento del sistema. L’informazione relativa alla temperatura di una sola matrice risulta utile quando si effettuano misure sperimentali con singolo tile. • Riquadro 3: Impostazione tensione di polarizzazione SiPM. Durante le misure sperimentali questa funzionalità permette di variare la VOV applicata ai rivelatori cambiando la tensione di polarizzazione nell’intervallo: 28, 5 V ÷ 39, 2 V . Al variare dell’over-voltage cambiano alcuni parametri di funzionamento dei rivelatori come la PDE, il Rumore e il Guadagno: risulta quindi utile osservare cambiamenti nella risposta del sistema di rivelazione in funzione della VOV . In aggiunta il raffreddamento del sistema comporta una diminuzione della tensione di breakdown e nel caso si voglia mantenere costante l’over-voltage occorre ridurre anche la VBIAS . • Riquadro 4: Controllo del circuito di impulsazione. È possibile impostare il numero, l’ampiezza in tensione, e la distanza temporale reciproca degli impulsi in uscita dal multivibratore monostabile. Il numero di impulsi inviati ha effetto sulla durata dell’acquisizione che viene eseguita; l’ampiezza è un parametro legato alla quantità di carica contenuta nell’impulso di corrente corrispondente (si possono generare ampiezze nell’intervallo 2, 5 V ÷ 5 V ); la distanza temporale tra un trigger e l’altro deve essere tale da evitare sovrapposizione delle code degli impulsi, cosa che comporterebbe una variazione della linea di base durante il processo di rivelazione. • Riquadro 5: Settaggio del valore limite di umidità che indica la soglia di attivazione del buzzer. Con il tasto booleano BUZZER ENABLE viene attivato il dispositivo piezoelettrico. Nel riquadro in basso, invece, si indica il valore di umidità limite (in %) oltre il quale si vuole avere un sibilo di allerta da parte del dispositivo. 89 Capitolo 4 Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma I principali parametri su cui si basa la caratterizzazione del modulo rivelatore di un sistema SPECT sono: la risoluzione spaziale (RS ), che indica l’accuratezza in millimetri con la quale viene ricostruita la coordinata di origine della radiazione; il campo di vista (F OV ), che rappresenta la porzione di area che il sistema è in grado di ricostruire e la risoluzione energetica (RE ), che è un fattore legato alla capacità del sistema di discriminare sorgenti di radiazioni differenti con picchi di emissione energeticamente vicini. I risultati delle misure sperimentali presentati nel seguente capitolo sono volti a valutare le prestazioni del modulo di conversione di INSERT, inteso come cristallo scintillatore accoppiato a matrice di fotorivelatori, in termini dei parametri elencati. Occorre sottolineare che le performance del sistema complessivo sono influenzate anche da parametri esterni, come la temperatura e la tensione di polarizzazione dei SiPM, trovare il trend delle prestazioni complessive in funzione di ciascuno di essi permette di ottimizzare le condizioni di funzionamento del sistema finale. Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma 4.1 Elaborazione dati per la creazione dello spettro Una volta ottenute dall’elettronica di lettura le informazioni relative alla quantità di fotoni di luce e la loro distribuzione sul piano di rivelazione, i dati sono elaborati via software per ottenere lo spettro della radiazione incidente. Dallo spettro ottenuto è possibile risalire alla risoluzione energetica del sistema e individuare l’intervallo di energie in cui gli eventi possono considerarsi utili per la ricostruzione dei punti di interazione della radiazione. In particolare, per l’attività sperimentale di caratterizzazione della gamma camera, è stata scelta la sorgente di radiazioni gamma 57 Co che si caratterizza per emettere radiazioni a 14 keV, 122 keV e 136 keV. Il picco più importante dello spettro, sul quale verrà fatto il calcolo della risoluzione, è il 122 keV: il picco a 14 keV si trova a energia troppo bassa ed è sommerso dal rumore, quello a 136 keV risulta avere probabilità di accadimento limitata. Nel caso preso in considerazione, in cui viene utilizzato lo Ioduro di Cesio attivato al Tallio CsI(Tl) come cristallo di scintillazione, appare nello spettro un picco a 92 keV: il picco di escape. Quando la radiazione incidente viene assorbita da parte del cristallo nelle regioni poco in profondità può succedere che la radiazione X emessa dal decadimento di un elettrone in un orbitale a minore energia fuoriesca dallo scintillatore senza dar luogo ad ulteriori ionizzazioni. La quantità di energia persa (quella del fotone X che non rimane nel cristallo) è un valore quantizzato dato che i livelli energetici su cui si possono trovare gli elettroni sono quantizzati e in questo caso vale 30 keV. Complessivamente lo spettro risultante della sorgente ottenuto con questo tipo di gamma camera è caratterizzato da due picchi principali: l’escape a 92 keV e quello proprio di emissione della sorgente a 122 keV. Quanto maggiore è il numero di eventi raccolti tanto più fedele risulta lo spettro energetico della sorgente ricostruito dato che le fluttuazioni statistiche dell’istogramma per un elevato numero di conteggi risultano meno influenti. È stato valutato in modo sperimentale che il numero di eventi necessari al fine di ricostruire correttamente lo spettro si aggira nell’intervallo 500 000 ÷ 1Milione. Per raccogliere un numero sufficiente di eventi utili in tempi ragionevoli (ordine dei secondi) vengono effettuate acquisizioni ponendo la sorgente (puntiforme) ad una distanza tale da poter irradiare il cristallo uniformemente e fornire segnale utile a tutti i SiPM della matrice di rivelazione. Per una descrizione dettagliata dei tipi di misura effettuati si rimanda alle Sezioni 4.3, 4.4. 91 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma Nella Figura 4.1 sono schematizzati in un diagramma a blocchi i vari passaggi, a partire dai dati raccolti, che portano alla formazione dello spettro energetico della sorgente e alla ricostruzione dei punti di interazione. Di seguito sono descritti nel dettaglio i vari passaggi per il processamento del segnale. Filtraggio dati Viene caricata la matrice di dati raccolti nelle acquisizioni, d’ora in poi chiamata "Frame": costituita da 36 colonne, una per ciascun canale elettronico, e tante righe quanti sono gli eventi rivelati durante la misura. I valori di segnale memorizzati sono espressi in termini di canali ADC i quali, avendo utilizzato un convertitore a 12 bit, assumono valori da 0 a 4096. Considerando che i componenti elettronici delle schede di acquisizione sono alimentati a 3,3 V, per fare la conversione del segnale in mV, viene applicato il fattore moltiplicativo 3300/4096 ad ogni valore campionato. Viene fatto un controllo sulla validità dei singoli eventi: è possibile che venga acquisito un evento senza che nessun canale abbia riscontrato un superamento della soglia o ci sia un evento in cui uno o più canali saturano al valore massimo della dinamica; in entrambi i casi l’evento non risulta corretto e utile per la ricostruzione dello spettro e viene quindi filtrato. Conoscendo il numero complessivo di eventi acquisiti è possibile calcolare la percentuale di eventi scartati. Equalizzazione canali elettronici Prima di creare lo spettro della sorgente occorre verificare il corretto funzionamento del sistema di acquisizione in termini di uniformità di risposte dei 36 canali; ovvero ciascun canale elettronico a parità di segnale in ingresso (considerando la radiazione uniforme) deve fornire uno spettro con picchi caratteristici perfettamente sovrapponibili. La mancata uniformità di risposta dipende principalmente da due fattori: • Variabilità intrinseca tra i SiPM legata al processo di produzione. Il drogaggio non uniforme determina una diversa tensione di breakdown (VBD ) che a sua volta incide sul fattore di moltiplicazione [38]: M ∝ VBIAS − VBD (4.1) • Variabilità tra i canali elettronici di lettura del segnale dovuta alla tolleranza dei componenti. 92 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma Figura 4.1 Diagramma a blocchi del flusso di elaborazione dati in MatLab a partire dalle informazioni raccolte nelle misure sperimentali. L’obiettivo della processazione è quello di risalire alla risoluzione energetica, risoluzione spaziale e field of view del sistema complessivo. Per quanto riguarda la variabilità del guadagno tra un dispositivo e l’altro, FBK assicura uniformità della tensione di breakdown (VBD ' 28, 5 V a 0◦ C), con variazione massima di 0, 2 V su dispositivi dello stesso wafer. 93 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma Dal punto di vista dei canali elettronici di acquisizione è possibile testare l’uniformità della risposta facendo ricorso al circuito di impulsazione appositamente progettato, descritto nel Paragrafo 3.5.2. Tale circuito permette di inviare sequenze di impulsi di corrente con ampiezza e distanza variabile ai 36 canali di lettura in parallelo, emulando il segnale di uscita dei SiPM. Al fine di verificare offset e guadagno uniformi tra i canali vengono effettuate 6 acquisizioni (ciascuna di circa 40 000 eventi), ciascuna caratterizzata per un valore diverso di ampiezza degli impulsi di corrente mandati parallelamente in ingresso ai canali elettronici. Per semplicità, ogni tipo di acquisizione verrà indicata con l’ampiezza dell’impulso di tensione mandato in ingresso al filtro RIM P CIM P : 2,5V, 3V, 3,5V, 4V, 4,5V, 5V. I dati acquisiti dall’impulsazione subiscono lo stesso filtraggio di una Frame di segnale e per ciascun canale, per ogni tipo di acquisizione viene creato l’istogramma delle ampiezze del segnale di uscita in mV. Nella Figura 4.2 a titolo di esempio sono rappresentati gli istogrammi dei 36 canali nel caso in cui viene mandato un treno di impulsi a 5V. Dalla figura è possibile notare come i 36 canali elaborino il segnale in modo Figura 4.2 Gli elementi della matrice riportata rappresentano gli istogrammi della tensione di uscita, in mV, dei canali di acquisizione a fronte di una sollecitazione con un treno di impulsi di corrente contenenti uguale quantità di carica. La risposta è di per se uniforme. piuttosto uniforme a prescindere dal processo di equalizzazione. La scarsa variabilità di 94 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma risposta si presume sia dovuta all’implementazione di un circuito elettronico di lettura semplice con capacità e resistenze caratterizzate da piccole tolleranze. Viene ripetuta la stessa misura per le 6 diverse ampiezze degli impulsi in ingresso all’elettronica di lettura in modo da ottenere 6 istogrammi per ciascun canale. Nella Figura 4.3a, a titolo di esempio, sono rappresentati quelli relativi al canale 1. Di (a) Istogrammi del segnale di uscita dal Canale 1 (b) In blu i punti medi delle curve gaussiane; in nelle 6 acquisizioni degli impulsi. rosso l’interpolazione lineare di questi per formare la retta di equalizzazione del Canale 1. Figura 4.3 Grafici relativi al Canale 1: a sinistra istogrammi del segnale di uscita al variare del valore degli impulsi in ingresso; a destra retta di equalizzazione ottenuta interpolando i punti medi delle curve gaussiane che effettuano il fitting gli istogrammi. ciascuna curva viene fatto un fitting gaussiano in modo da poter ricavare il punto medio analiticamente. Si ripete questa operazione per tutti i canali. Fatto ciò, vengono riportati su un grafico i 6 valori medi delle gaussiane in funzione della tensione degli impulsi corrispondenti: la curva risultante viene chiamata retta di equalizzazione, che caratterizza ogni canale per un offset e un guadagno. In Figura 4.3b viene riportata quella del Canale 1 ricostruita a partire dai punti medi delle curve gaussiane della figura a fianco. In Figura 4.4 vengono riportate le 36 rette di equalizzazione sovrapposte, in modo da poter confrontare il comportamento reciproco tra un canale e l’altro. Si può notare come le rette non si sovrappongano perfettamente tra loro, indice del fatto che ciascun canale è caratterizzato da un proprio offset, con piccole variazioni tra un canale e l’altro. Inoltre l’andamento pressoché parallelo suggerisce che il guadagno vari poco tra i diversi canali. Per quantificare queste affermazioni la Figura 4.5 mostra il valore di offset e della variazione relativa di guadagno per ciascuno dei 36 canali. Dai seguenti grafici si deduce che a monte del processo di equalizzazione i canali hanno 95 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma Figura 4.4 Fitting lineare dei 6 punti medi delle curve gaussiane in funzione dei 6 valori di impulsazione per tutti i 36 canali: 36 rette di calibrazione ciascuna con proprio offset e coefficiente angolare. (a) Offset dei canali. (b) Errore relativo del Guadagno di ciascun canale rispetto al guadagno medio. Figura 4.5 Grafici che indicano la variabilità della risposta dei canali in termini di variazione offset (a sinistra) e variazione relativa di guadagno (a destra). comportamenti fortemente uniformi. Si osserva che l’errore di offset ricopre una fascia di circa 80 mV: piccolo, considerando che si ha a che fare con segnali che vanno dai 500mV ai 3,3V. La variazione relativa di guadagno ∆R G risulta rimanere all’interno di poche unità percentuali (variazione massima 6%). Per ogni canale la variazione di guadagno relativa viene calcolata come: ∆R G = Gj − Gmedio Gmedio 96 (4.2) Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma dove Gj è il guadagno del canale j-esimo e Gmedio è il guadagno medio dei 36 canali. Al fine di equalizzare la risposta dei 36 canali, a ciascun dato raccolto vengono applicate le seguenti operazioni (è stato considerato il dato i-esimo del j-esimo canale, dij ): • Sottrazione dell’offset relativo al canale j-esimo Of f seteq j che può essere positivo o negativo: d0ij = dij − Of f seteq j (4.3) • Normalizzazione al guadagno medio Gmedio : d00ij = d0ij · Gmedio Gj (4.4) Questa correzione permette di rendere uguali le risposte dei 36 canali elettronici. In Figura 4.6 sono riportati gli istogrammi della tensione di uscita dei 36 canali equalizzati, a fronte di un’irradiazione uniforme della matrice di rivelazione da parte della sorgente 57 Co. La temperatura del sistema è stata impostata a circa −18◦ C e la tensione di polarizzazione dei dispositivi a 31, 8 V . Figura 4.6 Rappresesentazione dei 36 istogrammi relativi ai 36 canali in funzione della tensione di uscita, in mV , per la misura di irradiazione uniforme a -18◦ C, VBIAS = 31, 8V . Dal grafico è possibile notare come gli spettri non si sovrappongano perfettamente: questo comportamento, vista l’equalizzazione, è legato unicamente alla non-uniformità delle tensioni di breakdown dei dispositivi e quindi ad una variabilità di guadagno tra un SiPM e l’altro. Nel complesso, però, la varianza è comunque limitata e l’uscita dei 97 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma canali può essere considerata in prima approssimazione uniforme. Creazione istogramma Nel processo di rivelazione il cristallo scintillatore fornisce una quantità di fotoni nel visibile proporzionale all’energia del raggio incidente. In funzione della porzione di luce raccolta i fotorivelatori generano in uscita un impulso di corrente che sarà letto dall’elettronica di acquisizione. Ciascun canale fornisce in uscita un segnale di tensione la cui ampiezza dipende dalla quantità di carica ricevuta all’ingresso. Complessivamente, la somma dei valori di picco campionati in uscita dai 36 canali relativa ad un evvenimento di scintillazione è una quantità proporzionale all’energia della radiazione incidente. Considerando l’i-esimo evento la sua energia risulta: Ei ∝ 36 X ADCval ji (4.5) j=1 In Figura 4.7 è riportata la forma dello spettro caratteristico della sorgente ottenuto a partire delle somme dei valori ADC dei canali per ogni evento. Figura 4.7 Spettro del segnale in funzione dei canali ADC del sistema. La misura è stata effettuata con irradiazione uniforme a temperatura T=-18◦ C, tensione di alimentazione VBIAS = 31, 8V . Creazione spettro energetico Per poter fare valutazioni quantitative riguardo l’istogrammma ottenuto occorre farne prima un fitting con una curva descrivibile analiticamente. Vista la distribuzione dei dati intorno al picco caratteristico risulta agevole un adattamento di quest’ultimo ad una curva gaussiana con punto medio l’ascissa corrispondente del picco stesso. L’espressione 98 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma della funzione gaussiana è la seguente: g(x) = σ· 1 √ 2π · e− (x−µ)2 2σ 2 (4.6) Da cui si possono ricavare parametri caratteristici come il valor medio µ e la deviazione standard σ. Nell’istogramma realizzato vengono stabilite le soglie per il fitting, cioè il livello di ampiezza minima dal quale viene considerata la curva dell’istogramma per l’estrazione di un adattamento gaussiano più fedele possibile: sono scelte la soglia destra e sinistra, come mostrato nella Figura 4.8. La curva risultante dovrà rispettare fedelmente l’inviluppo dell’istogramma almeno fino al 50% dell’ampiezza di picco poiché la risoluzione è strettamente dipendente dall’ampiezza a metà altezza (FWHM). Figura 4.8 Spettro del segnale in funzione dei canali ADC con evidenziate curve di fitting gaussiane e soglie al di sopra delle quali si considera l’inviluppo dell’istogramma per effettuare l’approssimazione con la curva gaussiana. Le soglie del picco a 122 keV sono impostate al 50% dell’ampiezza massima. Per creare uno spettro della radiazione incidente in funzione dell’energia è necessaria una calibrazione, questa viene effettuata a partire dal picco caratteristico della sorgente a 122 keV . Come mostrato in Figura 4.9 si associa al valore ADC del punto medio della gaussiana il valore di energia noto. In questo modo è possibile ricavare la retta di calibrazione, grazie alla quale viene effettuata la conversione biunivoca tra canali ADC ed energia per ogni evento acquisito: Energia = mcal · CanaliADC 99 (4.7) Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma Figura 4.9 Schematizzazione della retta di calibrazione per la conversione da canali ADC a Energia [keV] dello spettro: corrisponde alla retta passante per l’origine degli assi e per il picco caratteristico dello spettro, in questo modo il valor medio della gaussiana è associato al valore di 122 keV . Si ottiene quindi lo spettro tipico della sorgente in funzione dell’energia dal quale è possibile calcolare la risoluzione energetica del sistema: RE = 2, 355 · F W HM E0 (4.8) con F W HM ed E0 rispettivamente l’ampiezza a metà altezza e il valore medio del picco principale. I valori di risoluzione energetica ottenuti dalle misure sperimentali saranno presentati successivamente in questo capitolo. 4.2 Elaborazione dati per il calcolo dei punti di interazione Per poter ricostruire il punto di interazione della radiazione con il sistema occorre conoscere il modo in cui la luce si distribuisce a partire dal punto di scintillazione. Quando un fotone gamma colpisce il cristallo scintillatore in un punto del piano di coordinate (x,y) si genera un complesso di eventi di scintillazione da cui sono emessi in modo isotropico i fotoni di luce [36]. Il cristallo sulle facce non a contatto con la 100 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma matrice di rivelatori è rivestito da 5 strati sottili di Teflon, materiale che si caratterizza per fornire una riflessione principalmente diffusiva dei fotoni incidenti: in questo modo viene massimizzata la raccolta dei fotoni sul piano di rivelazione. Per contro questo rivestimento fa si che le particelle di energia luminosa possano raggiungere i SiPM secondo percorsi differenti [39] come schematizzato nella Figura 4.10. Figura 4.10 Schematizzazione dei vari percorsi tramite i quali i fotoni raggiungono il piano di rivelazione a partire dal punto di scintillazione: in modo diretto (rosso), con riflessione speculare (blu), con riflessione diffusiva (lilla). • Alcuni fotoni raggiungono il cristallo tramite una traiettoria diretta (in rosso); • Alcuni colpiscono i rivelatori dopo aver subito una riflessione speculare sulle pareti interne del cristallo. Come mostrato nella Figura 4.10, questo tipo di traiettoria corrisponde teoricamente alla traiettoria che avrebbero i fotoni che raggiungono direttamente la matrice di SiPM nello stesso punto a partire da una coordinata di scintillazione specchiata rispetto al lato di riflessione (in blu); • Altri escono dal volume del cristallo, entrano negli strati superficiali del Teflon e dopo successive riflessioni interne ritornano nel cristallo con traiettorie casuali. Questo tipo di riflessione genera una distribuzione uniforme del segnale di luce su tutta la matrice di SiPM provocando all’uscita dei rivelatori un segnale uniforme privo di informazione spaziale utile (in lilla). Nella Figura 4.11 come esempio è riportata la distribuzione della luce sulla matrice di rivelazione risultato di un evento di scintillazione. Dall’immagine presentata si può osservare: • una maggiore raccolta di fotoni da parte dei rivelatori più vicini all’evento di scintillazione; 101 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma Figura 4.11 Distribuzione dei fotoni di luce, generati da un evento di scintillazione, sul piano di rivelazione. I dispositivi in prossimità del punto di interazione raccolgono una porzione maggiore della luce complessiva, sui restanti elementi si distribuisce parte della luce in modo uniforme. Ciascun elemento della matrice 6 × 6 rappresenta 4 SiPM. • una linea di base non nulla e uniforme su tutto il piano a causa del termine diffusivo. Data una distribuzione di luce di questo tipo, l’algoritmo di ricostruzione spaziale dei punti di interazione deve tener conto dei dati provenienti da tutti i SiPM della matrice ed effettuare un’operazione di correzione della linea di base. Viene ora descritto nel dettaglio il tipo di elaborazione implementato. 4.2.1 Algoritmo di ricostruzione basato sul metodo del centroide L’algoritmo per la ricostruzione dell’immagine vede il piano di rivelazione come una matrice di 36 elementi: uno per ogni canale elettronico di lettura. Ad ogni canale vengono associate le coordinate (xc e yc ) del centro dell’elemento della matrice corrispondente: in modo da stabilire una corrispondenza tra il segnale in uscita a un canale e la posizione nel piano di rivelazione. Il metodo implementato per trovare le coordinate di scintillazione è l’algoritmo del centroide modificato. Come mostrato nell’Equazione 4.9, per ricostruire il punto di interazione viene effettuata una media dei centri degli elementi della matrice pesata per 102 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma la quantità di segnale luminoso raccolto da ciascuno di essi. x= xc j · (Qj − φ) P36 j=1 (Qj − φ) P36 j=1 y= P36 j=1 yc j · (Qj − φ) j=1 (Qj − φ) P36 (4.9) dove j è l’indice degli elementi della matrice; Qj è l’intensità di segnale in uscita al j-esimo canale, proporzionale alla quantità di fotoni incidente sul j-esimo elemento; φ è la linea di base (approssimata costante) che viene sottratta al segnale per rendere più accurata l’identificazione del punto di interazione. Un primo vantaggio, evidente, che si ha nell’implementare quest’algoritmo è la sua semplicità: non richiede un alto costo computazionale. Un altro vantaggio è la correzione della linea di base: necessaria per una corretta ricostruzione dell’immagine. Infatti, se per ogni evento tutti i canali fornissero un segnale pressochè uniforme, ogni centro (xc j e yc j ) sarebbe pesato con coefficienti di valori simili e si otterrebbe una compressione dei punti ricostruiti al centro dell’immagine, Figura 4.12a . Viceversa, se ad ogni evento acquisito viene filtrato il rumore di fondo in modo che solo i canali interessati forniscano segnale utile per la ricostruzione, l’immagine risultante risulterà più estesa Figura 4.12b. Per quanto riguarda i limiti dell’algoritmo del baricentro, questo è caratterizzato dal problema che opera correttamente solo nella ricostruzione di punti prossimi al centro del piano di rivelazione, caso in cui la luce investe diversi elementi della matrice. Per punti di scintillazione vicino al bordo, invece, investe un numero di rivelatori minore, parte della luce viene persa e la ricostruzione avviene nei centri degli elementi più esterni. Quindi, si può affermare che maggiore è il numero di rivelatori presi in considerazione più precisa è la ricostruzione della coordinata. Nel caso si abbia un evento la cui luce viene raccolta da un singolo canale la ricostruzione avviene esattamente alle coordinate xc e yc dell’elemento corrispondente; analogamente nel caso in cui siano due i canali interessati, la ricostruzione del punto risulterà lungo il segmento congiungente i due centri, spostato verso il gruppo di rivelatori che ha raccolto più luce. Questo limite provoca una riduzione del campo di vista del sistema dato che non è possibile ricostruire punti al di fuori della linea che congiunge i centri degli elementi più esterni. I punti ai bordi del piano di rivelazione collassano verso l’interno distorcendo l’immagine agli estremi come è possibile osservare nella Figura 4.12b. In aggiunta, nel caso un SiPM non funzionasse, la luce raccolta dal canale corrispon103 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma (a) Ricostruzione dell’immagine attraverso il (b) Ricostruzione dell’immagine applicando il memetodo del centroide tradizionale. todo del centroide modificato con sottrazione di un valore costante su tutti i canali (linea di base). Figura 4.12 Immagini relative alla ricostruzione dei punti di interazione ottenuti applicando l’algoritmo del centroide tradizionale e modificato. La misura effettuata è di tipo Flood (radiazione uniforme) a temperatura T = −18◦ C e tensione di polarizzazione VBIAS = 31, 8 V . La correzione della linea di base permette un recupero del campo di vista. dente sarebbe minore del dovuto con conseguente distorsione dell’immagine. Nell’algoritmo implementato per la ricostruzione dell’immagine vengono considerati solo gli eventi con un energia appartenente all’intervallo (Emin , Emax ) scelto in base l’andamento dello spettro attorno al picco di interesse a 122 keV: in questo modo vengono scartati gli eventi di rumore. Inoltre è possibile che avvengano eventi di scintillazione molto in profondità nel cristallo, in prossimità del piano di rivelazione: questi danno luogo ad un pacchetto di fotoni che con alta probabilità investe un solo elemento della matrice. Un evento di questo tipo, come già spiegato, non contribuisce a dare una corretta informazione sul punto di scintillazione poiché verrà ricostruito esattamente nel centro dell’elemento considerato. Per far fronte a questo problema vengono filtrati gli eventi in cui solo un limitato numero di canali (2, 3, 4) portano segnale. 104 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma 4.3 Risultati delle misure sperimentali relativi la risoluzione energetica In questa sezione vengono presentati i risultati ottenuti dalle misure sperimentali relativi la risoluzione energetica. Il tipo di misura effettuato per acquisire i dati e ricostruire lo spettro energetico della sorgente è stato definito "Flood". Il sistema di conversione viene irradiato uniformemente tramite la sorgente 57 Co posta a circa 40 cm di distanza dalla faccia superiore del cristallo, come schematizzato in Figura 4.13 Figura 4.13 Misura di tipi Flood: la sorgente di raggi gamma, 57 Co, viene posta ad una distanza tale (40 cm) da poter irradiare uniformemente la superficie di rivelazione. La conversione da energia a segnale elettrico avviene in modo indiretto: il cristallo scintillatore monolitico produce una quantità di fotoni di luce proporzionale all’energia del raggio gamma assorbito, la matrice di fotorivelatori costituita da 144 SiPM permette la conversione del pacchetto di fotoni raccolto in un segnale elettrico di entità proporzionale. Un elevato numero di eventi raccolti permette una fedele ricostruzione dello spettro di energia della sorgente. Dato che la ricostruzione dello spettro è tanto più fedele quanto maggiore è il numero di eventi utili raccolti, l’irradiazione uniforme di tutto il piano di rivelazione permette di ridurre al minimo il tempo della misura. Nel caso in esame, per ogni acquisizione di tipo Flood, sono raccolti approssimativamente 500 000 eventi. Ciascun elemento della matrice di rivelazione è costituito da un complesso di 4 SiPM dato che, al fine di ridurre i costi e la complessità dell’elettronica di lettura, è stata 105 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma effettuata l’operazione di "channel merging" che consiste nel cortocircuitare le uscite di 4 dispositivi fotorivelatori. Le matrici di rivelatori utilizzate sono di due dimensioni: • singolo tile: matrice quadrata di 6 × 6 SiPM, ma 3 × 3 canali di lettura, con dimensioni 25 mm × 25 mm complessive. • 4 tile: matrice quadrata di 12×12 SiPM, ma 6×6 canali di lettura, con dimensioni 50 mm × 50 mm complessive. Le dimensioni del cristallo scintillatore CsI(Tl) con cui vengono accoppiati i fotorivelatori cambiano in funzione della grandezza della matrice utilizzata: per le misure con singolo tile si utilizza un cristallo di dimensioni 24 mm × 24 mm × 6 mm, per le misure con 4 tile le dimensioni sono 51, 7 mm × 50, 6 mm × 8 mm [20]. 4.3.1 Misure spettroscopiche con matrici a diverse dimensioni Nel seguente paragrafo vengono presentati i risultati delle misure spettroscopiche effettuate con matrice di rivelazione a singolo tile (Spettro 1) e matrice di rivelazione a 4 tile (Spettro 2). Come mostrato nella Tabella 4.1 le misure eseguite sono di tipo Flood; il sistema è stato raffreddato fino alla temperatura di circa 0◦ C. Misure spettroscopiche con singolo tile e 4 tile. Tabella 4.1 Nome misura Tipo misura Numero tile Temperatura Tensione polarizzazione Spettro 1 Flood 1 0◦ C 31, 6 V Spettro 2 Flood 4 0◦ C 31, 9 V Le due misure sono state effettuate a tensioni di polarizzazione diverse al fine di ottimizzare il rapporto segnale/rumore in entrambi i casi. La risoluzione energetica calcolata in corrispondenza del picco a 122 keV nei due spettri cambia significativamente: si ha una R = 11, 9% per la misura effettuata con singolo tile e una R = 19% per quella effettuata con 4 tile. Da un punto di vista quantitativo per poter giustificare questi valori occorre considerare la formula per la risoluzione energetica ricavata nella Sezione 2.3: v ! u u ∆E 2 t R = 2, 355 · + E i EN F EN C 2 + Npe · (1 − DB) (Npe · (1 − DB))2 106 (4.10) Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma Figura 4.14 Spettro tipico del 57 Co ottenuto con il singolo tile. La risoluzione energetica del picco a 122 keV ottenuta è di circa 11, 9%. La tensione di polarizzazione è VBIAS = 31, 6 V e la temperatura del sistema è stata portata a ∼ 0◦ C al fine di ridurre il contributo di rumore dovuto al rivelatore. Eventi di scintillazione acquisiti ∼ 500 000. Riscrivendola in funzione delle componenti caratteristiche si ha: R = 2, 355 · q 2 2 2 RIN T + RST AT + RN OISE (4.11) L’unica componente che contribuisce a differenziare la risoluzione nei due casi presentati è quella dovuta al rumore, RN OISE . In particolare l’ENC complessivo cresce all’aumentare del numero di SiPM a parità di segnale raccolto. Infatti lo stesso segnale in uscita dallo scintillatore si distribuisce su un maggior numero fotorivelatori, mentre il rumore cresce all’aumentare dell’area complessiva di rivelazione. Nella Formula 4.10 il termine EN C 2 assume la seguente definizione: EN C 2 = b · A3 · τ con b = q · Id · M 2 · EN F (4.12) La corrente di buio Id è direttamente proporzionale all’area di fotorivelazione A: Id = q · DCR · A (4.13) con DCR la frequenza con la quale si presentano in uscita dal SiPM gli impulsi di corrente di rumore. 107 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma Figura 4.15 Spettro tipico del 57 Co ottenuto con 4 tile. La risoluzione energetica del picco a 122 keV ottenuta è di circa 19%. La tensione di polarizzazione è VBIAS = 31, 9 V e la temperatura del sistema è stata portata a ∼ 0◦ C al fine di ridurre il contributo di rumore dovuto al rivelatore. Eventi di scintillazione acquisiti ∼ 40 000. Ciò giustifica il peggioramento della risoluzione energetica del sistema a 4 tile rispetto quella del sistema a singolo tile. A prova di quanto detto sono state effettuate simulazioni teoriche con Matlab utilizzando i seguenti valori di riferimento ricavati da altre simulazioni o da informazioni fornite da produttori: • energia del raggio gamma incidente Eγ = 122 keV ; • fattore di conversione del cristallo Y = 64 000 [ph/keV ]; • fattore di collezione della luce ηcoll = 0, 8; • Photon Detection Efficency P DE(VOV , λ) stimata in base i dati ottenuti da fornitore; • Excess Noise Factor EN F (VOV ) da [29]; • rumore a temperatura ambiente DCR ' 820 kHz: si riduce del 50% per una variazione in temperatura ∆T ' −10◦ C; • deficit balistico DB ottenuto dalla convoluzione tra le forme d’onda normalizzate del segnale di scintillazione e risposta impulsiva del filtro RC; 108 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma Il contributo intrinseco della risoluzione dovuto alle non idealità di scintillazione del cristallo possiede un valore costante, indipendente dalle dimensioni del cristallo stesso. In corrispondenza di una radiazione Eγ = 120 keV si ha [40]: RIN T = 7% (4.14) Il contributo statistico dipende dal deficit balistico (DB) e dal rapporto tra il fattore di rumore in eccesso (ENF) e il numero di fotoelettroni (Npe ). Il DB è strettamente legato all’andamento temporale della curva di scintillazione del cristallo che non cambia per i due casi presentati. Il rapporto EN F/Npe analogamente rimane invariato: l’ENF è proporzionale all’overvoltage data la dipendenza dal fattore di moltiplicazione M dei SiPM e la Npe cresce con la VOV vista la relazione con la PDE dei dispositivi. Nei casi presentati gli spettri sono stati ottenuti a tensioni di polarizzazione diverse: 31, 6 V per la matrice a singolo tile e 31, 9 V per la matrice a 4 tile. Ciò provoca una piccola variazione dei parametri ENF e P DE, che nel complesso mantengono un rapporto pressochè costante: Tabella 4.2 Confronto parametri ENF/PDE ed RST AT tra singolo tile e 4 tile Grandezza EN F P DE RST AT 1 Tile 4 Tile 4, 10 4, 12 7, 7% 7, 9% Nella Figura 4.16 viene mostrato l’andamento simulato delle tre componenti della risoluzione e di quella complessiva in funzione dell’area di fotorivelazione. Si può notare come il contributo che influenza maggiormente il trend della risoluzione è quello della RN OISE . Nel grafico sono stati evidenziati i punti di lavoro in corrispondenza delle aree 576 mm2 (Spettro 1) e 2304 mm2 (Spettro 2). È possibile notare come una corrente di buio complessiva 4 volte maggiore, a causa di un’area quadruplicata, comporta una RN OISE di valore doppio. Tabella 4.3 Confronto RN OISE tra singolo tile e 4 tile Grandezza 1 Tile 4 Tile RN OISE 7, 2% 14, 5% 109 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma Figura 4.16 Andamento simulato delle componenti di risoluzione in funzione dell’area complessiva di rivelazione. Le componenti intrinseca e statistica sono pressoché costanti e il contributo dominante per la variazione complessiva è dato dalla componente di rumore. Vengono messi in evidenza i punti di lavoro: area di rivelazione singolo tile (576 mm2 ) e area di rivelazione 4 tile (2304 mm2 ). 4.3.2 Risoluzione energetica al variare della tensione di polarizzazione In questo paragrafo viene analizzato l’andamento del valore di risoluzione energetica complessiva in funzione della tensione di polarizzazione applicata ai SiPM. Come riportato nella Tabella 4.4 sono state effettuate misure di tipo Flood a 0◦ C e −18◦ C per tensioni di overvoltage diverse impostate tramite l’interfaccia utente implementata in Labview. Per ogni livello di polarizzazione viene calcolata la risoluzione complessiva del sistema, elaborando i dati attraverso il metodo descritto alla Sezione 4.1. Tabella 4.4 Misure risoluzione al variare della tensione di polarizzazione. Nome misura Tipo misura Numero tile Temperatura Tensione polarizzazione Risoluzione 1 Flood 4 0◦ C variabile Risoluzione 2 Flood 4 −18◦ C variabile Dalle curve ottenute si può osservare un valore di polarizzazione che permette di minimizzare la risoluzione del sistema. La curva ricavata alla temperatura di 0◦ C 110 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma Figura 4.17 Andamento della risoluzione energetica complessiva del sistema al variare della tensione di polarizzazione dei SiPM. La matrice di rivelazione è formata da 4 tile con 36 canali di uscita. Temperatura del sistema di conversione: ' 0◦ C. Il valore ottimo di risoluzione (19%) si ottiene per una tensione di polarizzazione di 31, 9 V . Figura 4.18 Andamento della risoluzione energetica complessiva del sistema al variare della tensione di polarizzazione dei SiPM. La matrice di rivelazione è formata da 4 tile con 36 canali di uscita. Temperatura del sistema di conversione: ' −18◦ C. Il valore ottimo di risoluzione (15, 5%) si ottiene per una tensione di polarizzazione di 31, 8 V . 111 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma presenta un valore ottimo di risoluzione pari al 19% per una tensione di polarizzazione di 31, 9 V , mentre la curva ottenuta alla temperatura di −18◦ C mostra un valore minimo di risoluzione del 15, 5% per una tensione di polarizzazione di 31, 8 V . Analogamente a quanto fatto nel paragrafo precedente, per giustificare i risultati ottenuti, viene analizzato l’andamento della risoluzione in funzione dell’over-voltage a partire dalla Formula teorica 4.10. I parametri dei dispositivi rivelatori su cui influisce la tensione di polarizzazione sono il DCR, la PDE e l’ENF: • il DCR cresce con l’over-voltage dato che all’aumentare dei campi elettrici in gioco aumenta la probabilità che un elettrone generato termicamente dia luogo ad un processo di valanga: Ptrigger ∝ VOV quindi DCR ∝ VOV . Come viene mostrato in Figura 4.19 [29] il DCR presenta un andamento lineare con la tensione di over-voltage ed è fortemente dipendente dalla temperatura. Nel dettaglio il rumore di buio dei dispositivi si riduce di circa il 50% ad ogni variazione del livello termico di ∆T ' −10◦ C. Nel grafico sono riportati gli andamenti del Dark Figura 4.19 Andamento del DCR in funzione dell’over-voltage a due diverse temperature: T = 0◦ C e T = −18◦ C. Il rumore si riduce di circa il 50% per ogni variazione termica di ∼ 10◦ C, nel caso presentato la riduzione è di circa un fattore 4. Si osserva, inoltre, che per basse temperature la pendenza della curva del rumore è minore. Count per i valori di temperatura a cui sono state effettuate le misure: T = 0◦ C e T = −18◦ C, questa differenza di temperatura porta ad una riduzione del rumore di circa un fattore 4. 112 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma • il valore di PDE è anch’esso proporzionale alla probabilità di trigger e aumenta con la tensione di polarizzazione: Ptrigger ∝ VOV quindi P DE ∝ VOV . Questo parametro presenta un andamento che si discosta dalla linearità all’aumentare dell’over-voltage, come mostrato in Figura 4.20. Da ciò si deduce che per alte tensioni di polarizzazione la crescita del rumore risulta più ripida rispetto quella del numero di fotoelettroni con conseguente peggioramento delle prestazioni del sistema. La temperatura non influisce in modo significativo sulle variazioni della PDE. Figura 4.20 Sono rappresentate le curve della PDE di un RGB-SiPM in funzione dell’overvoltage per valori di lunghezza d’onda di 400 nm (linea rossa) e 560 nm (linea blu). Al crescere della VOV si osserva una progressiva riduzione di pendenza delle curve. I dispositivi presi in considerazione sono ottimizzati per rivelare fotoni nel range di lunghezze d’onda 540 nm ÷ 560 nm . Il grafico presentato è stato ottenuto a partire dai dati forniti dal produttore [26] per una temperatura T = 20◦ C e una dimensione della microcella d = 40 µm. • il fattore di rumore in eccesso ENF presenta un andamento lineare con l’overvoltage come mostrato alla Figura 4.21 e in prima approssimazione risulta indipendente dalla temperatura del sistema [29]: EN F ∝ VOV . I tre parametri presentano valori proporzionali alla tensione di polarizzazione, ma contribuiscono in modo discorde alla determinazione della risoluzione energetica. Il fattore di rumore in eccesso ENF e il DCR, che influenza il valore dell’ENC, si presentano al numeratore della Formula 4.10 e danno luogo ad un peggioramento della risoluzione all’aumentare della tensione di polarizzazione. Viceversa la PDE rientra nel calcolo 113 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma Figura 4.21 Andamento dell’ENF in funzione dell’overvoltage è lineare ed in prima approssimazione risulta indipendente dalla temperatura. del numero di fotoelettroni generati Npe che aumentano al crescere dell’overvoltage e contribuiscono ad un miglioramento della risoluzione. La tensione di polarizzazione influisce quindi sulla componente statistica e di rumore della risoluzione complessiva. Di conseguenza il valore ottimo di VBIAS per il sistema è quello che fornisce un compromesso tra gli andamenti dei parametri elencati. Per bassi valori di overvoltage la PDE dei SiPM è limitata e il segnale utile risultante risulta confrontabile con il rumore. In queste condizioni le fluttuazioni dovute principalmente al DCR introducono una variabilità considerevole sulla quantità di carica contenuta negli impulsi forniti dai dispositivi con conseguente allargamento del picco spettrale ricostruito. All’aumentare della tensione di polarizzazione cresce l’entità del segnale e il rumore introduce variazioni sempre meno influenti sulla quantità di carica utile. Il peggioramento della risoluzione a partire da una certa tensione di VOV è imputabile al fatto che il segnale (dipendente dalla PDE) comincia a convergere ad un valore costante, mentre il DCR e l’ENF continuano a crescere linearmente. Da un punto di vista quantitativo sono state fatte simulazioni che descrivono l’andamento delle componenti della risoluzione in funzione dell’over-voltage utilizzando i dati elencati in precedenza. In Figura 4.22 sono mostrati gli andamenti delle componenti e della risoluzione complessiva valutati per una temperatura T = 0◦ C. Si può osservare come il contributo della componente relativa al rumore sia più importante rispetto quello delle componenti 114 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma Figura 4.22 Andamento della risoluzione complessiva e delle sue componenti in funzione dell’over-voltage applicato ai rivelatori per una temperatura T = 0◦ C. Si nota come il contributo della componente di rumore sia dominante ed esiste un valore di tensione di polarizzazione in cui la risoluzione assume valore minimo. In particolare il valore ottimo di over-voltage risulta essere intorno i 3,5 V . statistica e intrinseca. Come per i risultati sperimentali, si ottiene un andamento per il quale la risoluzione complessiva presenta un valore minimo in corrispondenza di un certo over-voltage (VOV = 3,5 V ). Il valore ottimo di polarizzazione ottenuto dai dati sperimentali è di VBIAS = 31,9 V , considerando che alla temperatura di 0◦ C i dispositivi presentano una tensione di breakdown VBD = 28,5 V (dati FBK) l’over-voltage ottimo misurato risulta essere di 3,4 V , coerentemente con quanto trovato dalle simulazioni teoriche. In Figura 4.23 sono mostrati gli andamenti valutati per una temperatura T = −18◦ C. In questo caso l’andamento delle varie componenti di risoluzione è lo stesso di quello assunto per una T = 0◦ C, ma nessuna delle componenti risulta predominante sulle altre. La riduzione della temperatura del sistema ha permesso di limitare notevolmente il DCR dei dispositivi SiPM (circa di un fattore 4) con conseguente riduzione della componente di rumore di circa il 50%. Per contro la componente statistica assume valori più elevati a causa di un aumento del Deficit Balistico causato da un andamento più lento del segnale di scintillazione a basse temperature. Il valore ottimo di polarizzazione ottenuto alla temperatura T = −18◦ C nelle misure sperimentali risulta pari a VBIAS = 31,8 V che corrisponde ad un over-voltage di 3,8 V dato che la tensione di breakdown a questa temperatura scende al valore di 28 V . Anche 115 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma Figura 4.23 Andamento della risoluzione complessiva e delle sue componenti in funzione dell’over-voltage applicato ai rivelatori per una temperatura T = −18◦ C. Si osserva che il contributo della componente di rumore è ridotto rispetto al caso con temperatura maggiore e non è più presente una componente di risoluzione che predomina sulle altre. Il valore ottimo di over-voltage risulta essere intorno i 3,5 V . nel presente caso i risultati sperimentali e quelli teorici sono coerenti. È possibile notare come per una temperatura più bassa (T = −18◦ C) il valore di over-voltage ottimo risulta maggiore rispetto quello trovato per una temperatura più elevata (T = 0◦ C). Tale variazione è riconducibile al fatto che il DCR in funzione dell’over-voltage ha un andamento con pendenza minore a temperature più basse, quindi il rapporto P DE/DCR comincia a decrescere per una VOV più alta. Nella Figura 4.24 vengono messe a confronto le curve della risoluzione in funzione dell’over-voltage per i dati ottenuti sperimentalmente e i dati stimati da un punto di vista teorico. In corrispondenza dei valori di over-voltage ottimo l’approssimazione della risoluzione energetica effettuata dal modello teorico, come è possibile osservare dalla Tabella 4.5, non si discosta molto da quella ottenuta sperimentalmente. Il fatto che esista un valore ottimo di polarizzazione dei dispositivi, come sottolineato in precedenza, è legato principalmente all’andamento dei parametri PDE, DCR ed ENF in funzione dell’over-voltage. Questi tre fattori sono proporzionali alla VOV , ma contribuiscono in modo discorde alla determinazione del valore della risoluzione energetica. I risultati ottenuti hanno permesso di trovare il valore di polarizzazione per il quale si raggiunge un compromesso tra una riduzione di rumore del sistema e una 116 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma (a) Curve della risoluzione energetica sperimen- (b) Curve della risoluzione energetica sperimentale tale (rossa) e teorica (blu) al variare della VOV (rossa) e teorica (blu) al variare della VOV per T = −18◦ C. per T = 0◦ C. Figura 4.24 Confronto tra gli andamenti della risoluzione energetica in funzione dell’overvoltage per valori ottenuti sperimentalmente e valori ottenuti da stime teoriche. I grafici sono relativi alle temperature di T = 0◦ C e T = −18◦ C. Tabella 4.5 Confronto dati ottenuti da risultati sperimentali e stime teoriche. Temperatura [◦ C] Tipo di risultato Risoluzione ottima [%] Over-voltage ottimo [V] 0 Sperimentale 19 3, 4 Teorico 18, 6 3, 5 Sperimentale 15, 5 3, 8 Teorico 14 3, 5 −18 massimizzazione del numero di fotoelettroni generati. Tuttavia dal confronto tra le curve sperimentali e quelle teoriche si nota una netta differenza di pendenza allontanandosi dal valore di over-voltage ottimo. Tale divergenza dal modello potrebbe essere imputabile ai seguenti motivi: • i valori dei parametri PDE, DCR ed ENF in funzione della tensione di polarizzazione e della temperatura non sono facilmente accessibili da letteratura e in laboratorio non si dispongono di strumenti adatti per misurarli. Le approssimazioni effettuate quindi per ricavare stime teoriche non rispecchiano fedelmente i valori reali; 117 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma • il modello della risoluzione energetica descritto non tiene sufficientemente conto delle non linearità introdotte dal set-up implementato. Al crescere della tensione di over-voltage, cresce il guadagno M dei dispositivi fotorivelatori con conseguente aumento della quantità di carica fornita in uscita a fronte della rivelazione di fotoni di luce. Maggiore è la carica integrata dal front-end analogico dell’elettronica di lettura, maggiore è l’ampiezza dell’impulso di tensione in uscita ai canali, che possono saturare la dinamica di alimentazione dell’amplificatore operazionale utilizzato. Eventi con segnali di questo tipo, come descritto nella Sezione 4.1, vengono scartati dall’algoritmo di ricostruzione dello spettro. Ciò comporta una riduzione della percentuale di eventi utili rispetto al numero complessivo e una formazione del picco spettrale meno accurata. Per limitare fenomeni di questo tipo i componenti dei circuiti elettronici per l’acquisizione e l’elaborazione del segnale dei fotorivelatori sono stati dimensionati per operare correttamente intorno al valore ottimo di over-voltage ricavato dalle stime teoriche. 4.3.3 Variazione di risoluzione energetica al variare della temperatura In questo paragrafo viene presentato lo spettro di energia ottenuto con una matrice di rivelatori formata da 4 tile (144 SiPM - 50 mm × 50 mm) alla temperatura di −18◦ C. La risoluzione energetica ottenuta risulta essere del 15,5%, da confrontare con quella dello spettro a 0◦ C rappresentato nella Figura 4.15: 19% Rispetto lo spettro ottenuto a 0◦ C il miglioramento è dovuto ad una riduzione del DCR del sistema e quindi della componente RN OISE . D’altro canto occorre considerare, che una riduzione della temperatura porta all’aumento del Deficit Balistico del sistema. A basse temperature il cristallo rilascia i fotoni di luce con costanti di tempo più lunghe [35], il filtro RC conseguentemente riesce ad integrare una minore quantità di carica utile dando luogo ad un impulso di tensione di ampiezza ridotta: in Figura 4.26 sono mostrati gli andamenti normalizzati per i due casi. La forma del segnale è stata ottenuta dalla convoluzione nel tempo tra l’andamento del segnale di scintillazione normalizzato rispetto l’area e quello della risposta impulsiva del filtro normalizzato rispetto l’ampiezza. Il valori di Deficit Balistico ottenuti sono di 37, 54% per una temperatura T = 0◦ C e 45, 12% per T = −18◦ C. 118 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma Figura 4.25 Spettro tipico del 57 Co. La risoluzione energetica del picco a 122 keV ottenuta è di circa 15, 5%. La tensione di polarizzazione è VBIAS = 31, 8 V e la temperatura del sistema è stata portata a ∼ −18◦ C al fine di ridurre il contributo di rumore dovuto al rivelatore. Figura 4.26 Forme d’onda del segnale a valle del filtraggio RC normalizzate rispetto l’ampiezza per due diversi valori di temperatura. Da queste curve è possibile calcolare il deficit balistico: DB = 37, 54% per T = 0◦ C e DB = 45, 12% per T = −18◦ C. Il valore di picco più basso nel caso della temperatura minore è dovuto ad un tempo di scintillazione più lungo del cristallo: più si raffredda il sistema più i fotoni di luce sono rilasciati lentamente e il filtro RC riesce ad integrare meno carica utile. Come è possibile verificare dalla Formula 4.10 un aumento di questo parametro contribuisce a peggiorare la risoluzione del sistema. L’effetto di una variazione del DB 119 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma è maggiormente rilevante per la componente statistica in cui risulta l’unico termine che varia sensibilmente con la temperatura. Viceversa per la componente di rumore l’aumento del DB è compensato dalla diminuzione del DCR. In Figura 4.27 sono riportati i valori di Deficit Balistico e Dark Count Rate al variare della temperatura. Figura 4.27 Andamenti del DCR e del Deficit Balistico in funzione della temperatura. Le due grandezze hanno andamenti opposti e contribuiscono in modo discorde alla determinazione della risoluzione energetica complessiva. Si nota come le due grandezze abbiano andamenti con pendenza opposta (anche se su scale differenti) e contribuiscano in modo discorde alla determinazione della risoluzione energetica. In relazione a quanto detto ne consegue che lavorare a basse temperature non porta solo benefici da un punto di vista della risoluzione. Nel caso particolare del modulo di rivelazione implementato il DCR è il principale fattore che deteriora la risoluzione energetica, infatti viene utilizzato un numero elevato di SiPM (144) ciascuno dei quali produce un aumento del rumore del sistema. Una riduzione della temperatura permette di limitare notevolmente tale contributo e di avere un miglioramento delle prestazioni nonostante il deficit balistico ne risenta negativamente. Per ottenere valori di risoluzione energetica soddisfacenti senza ricorrere alla riduzione della temperatura occorre utilizzare SiPM con migliore tecnologia e minore DCR a temperatura ambiente. Nella Figura 4.28 viene mostrato l’andamento simulato della risoluzione energetica in funzione del DCR e del DB che sono i due parametri che variano principalmente con 120 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma la temperatura. Figura 4.28 Andamento della risoluzione energetica complessiva in funzione dei fattori che cambiano principalmente con la temperatura: DCR e DB. Una riduzione della temperatura permette di ridurre il DCR, ma nello stesso tempo provoca un aumento del DB. Per basse temperature, a pari intervalli di raffreddamento il miglioramento in termini di risoluzione energetica è sempre più contenuto. In corrispondenza delle temperature di interesse e per una tensione di over-voltage ottima è stata calcolata la risoluzione energetica del sistema, i valori dei parametri ottenuti sono riportati nella Tabella 4.6. Parametri SiPM e risoluzione energetica al variare della temperatura. Tabella 4.6 Temperatura [◦ C] DCR [kHz] Deficit Balistico [%] Risoluzione [%] 20 820 33, 66 28, 75 10 410 35, 85 22, 23 0 205 37, 54 18, 61 −10 102, 5 42, 87 15, 45 −20 51, 25 45, 21 13, 65 Si può notare come la risoluzione sia fortemente influenzata dal Dark Count dei dispositivi e che una riduzione della temperatura contribuisce a migliorare le prestazioni 121 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma del sistema. Dato che si ha una riduzione del DCR di circa il 50% per ogni variazione negativa di circa 10◦ C della temperatura, a bassi livelli termici il miglioramento della risoluzione è sempre più contenuto. La crescita del Deficit Balistico risulta di scarsa influenza nel computo della risoluzione energetica complessiva per il modulo di rivelazione implementato. In corrispondenza della tensione di polarizzazione ottima, i valori di risoluzione energetica stimati da un punto di vista teorico si discostano da quelli ottenuti sperimentalmente con un errore di circa il 10%. Come già accennato nel paragrafo precedente, i dati relativi ai parametri dei SiPM in funzione della temperatura e dell’over-voltage sono difficilmente rinvenibili da letteratura e in sede di laboratorio non si ha la disponibilità di una strumentazione sperimentale adeguata per misurare quelli dei dispositivi utilizzati in condizioni specifiche. Ne consegue che per poter determinare un andamento teorico di tali parametri sono state effettuate delle approssimazioni a partire dai dati forniti dal produttore. Per quanto riguarda le prestazioni del modulo di conversione (cristallo scintillare accoppiato a matrice di fotorivelatori), la tecnologia dei SiPM attualmente utilizzati non consente di rispettare le specifiche del progetto INSERT, in cui si richiede una risoluzione energetica inferiore al 12%. In futuro, per l’implementazione del seguente rivelatore, verranno utilizzati SiPM con tecnologia migliorata, denominata RGB-HD, che dovrebbe consentire di ottimizzare i parametri di DCR, PDE ed ENF grazie ad una maggiore densità e una riduzione dell’area delle microcelle del dispositivo. In particolare i valori dei parametri previsti per tali dispositivi sono DCR = 200 kHz a temperatura ambiente, e P DE = 45% alla lunghezza d’onda di λ = 550 nm. Il fatto di utilizzare dispositivi con un DCR minore consente di ottenere prestazioni soddisfacenti del sistema a temperature più elevate (0◦ C anziché −18◦ C). In queste condizioni, inoltre, il cristallo si caratterizza per un tempo di scintillazione più breve con conseguente miglioramento del deficit balistico. Considerando una tensione di over-voltage VOV = 3, 8 V , una temperatura di 0◦ C e utilizzando i valori dei parametri attesi degli RGB-HD sopra elencati, a partire dalla Formula 4.10 si ottiene una stima della risoluzione energetica tramite modello: R = 10% per una radiazione a Eγ = 140 keV relativa al 122 99m (4.15) T c. Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma Ipotizzando che la stima effettuata presenti un errore del 15% (caso peggiorativo) rispetto l’effettivo valore sperimentale, la risoluzione energetica che si prevede di ottenere con questo tipo di sistema a 0◦ C è di circa R = 11, 5%, valore che rientra nelle specifiche di progetto. 4.4 Risultati delle misure sperimentali relativi la risoluzione spaziale e FOV Nel seguente paragrafo vengono riportati i risultati ottenuti riguardo la risoluzione spaziale e il Field Of View del sistema. La determinazione di questi parametri si basa sull’immagine dei punti di interazione della radiazione col cristallo, ricostruita attraverso l’algoritmo del centroide modificato. Prima di presentare i risultati viene descritta la tecnica utilizzata per effettuare la misura e la modalità di calcolo della risoluzione a partire dal principio fisico di funzionamento dei materiali di cui è costituito il modulo di conversione. 4.4.1 Metodo per il calcolo della risoluzione Quando un raggio gamma viene assorbito dal cristallo, da luogo ad una serie di eventi di scintillazione che generano fotoni luminosi in modo isotropico attraverso il materiale. Gli eventi che provocano l’assorbimento della radiazione come l’effetto fotoelettrico, la ionizzazione per impatto e la ricombinazione di coppie elettrone/lacuna sono processi statistici la cui probabilità di accadimento varia da evento ad evento. I fotoni vengono raccolti da una matrice di fotorivelatori i quali a loro volta sono caratterizzati da rumore, anch’esso di natura statistica, il quale può essere sia indipendente (DCR) che dipendente (Crosstalk, Afterpulsing) dalla quantità di luce raccolta. Detto ciò, ne consegue che anche se idealmente si avessero raggi gamma collimati in un punto esatto del cristallo, a causa delle proprietà dei materiali, la quantità di luce raccolta da ogni SiPM cambierebbe di volta in volta per ogni evento di scintillazione, oscillando attorno ad un valor medio caratteristico: Nph j = Nj ± σ (4.16) Nj è il numero di fotoni medio sul j-esimo elemento della matrice di rivelazione e σ è la deviazione standard corrispondente. 123 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma L’algoritmo del centroide modificato, utilizzato per ricostruire il punto di scintillazione, prende in considerazione l’informazione raccolta da tutti i 36 canali del sistema. Dato che più eventi di scintillazione con medesima coordinata (x,y) danno luogo a distribuzioni diverse di fotoni sulla matrice di rivelazione, gli eventi non vengono ricostruiti tutti alla stessa coordinata (caso ideale), ma anch’essi saranno caratterizzati dall’avere una distribuzione di coordinate con un valore medio ed una certa varianza. Effettuando l’istogramma dei punti ricostruiti nel piano si ottiene un andamento gaussiano in 3 dimensioni con punto di massimo nella coordinata in cui è più probabile sia avvenuto l’evento, come rappresentato in Figura 4.29. Figura 4.29 Distribuzione gaussiana delle coordinate di scintillazione ricostruite a partire da una radiazione γ collimata in una coordinata fissa del cristallo. I fotoni si distribuiscono sulla matrice di rivelazione in modo differente da evento ad evento con conseguente variabilità nella ricostruzione del punto di interazione. La risoluzione spaziale lungo l’asse x o lungo l’asse y è per definizione l’ampiezza a metà altezza della proiezione della curva gaussiana 3D sui piani (x,z) e (y,z). RS = F W HM [mm] (4.17) La variabilità nella ricostruzione delle coordinate di scintillazione dovuta al comportamento non ideale dei materiali del sistema di conversione da luogo alla risoluzione spaziale intrinseca RIN T . Valore di risoluzione spaziale al di sotto del quale non è possibile scendere. Da un punto di vista delle misure sperimentali, al fine di selezionare la radiazione solo in punti isolati di coordinate note viene utilizzata una griglia di piombo di spessore L = 4 mm, diametro fori d = 1 mm e passo t = 3 mm. La sorgente puntiforme è tenuta 124 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma ad una distanza di circa 40 cm dal piano dello scintillatore in modo che la radiazione emessa risulti perpendicolare ai fori della griglia come rappresentato in Figura 4.30; Figura 4.30 Misura di tipo Grid: il sistema è irradiato uniformemente dalla sorgente posta a 40 cm dal piano di rivelazione. Una griglia di piombo permette di selezionare i raggi γ in punti isolati del cristallo. Dalla larghezza della distribuzione degli eventi ricostruiti per ogni punto è possibile risalire alla risoluzione spaziale del sistema. La griglia possiede uno spessore di 4 mm e fori di diametro 1 mm, distanziati 3 mm. La griglia permette di generare fasci di radiazione collimata in punti isolati del piano di rivelazione. Tuttavia non è possibile collimare i fotoni in un’unica posizione di coordinata (x,y) ma, come mostrato in Figura 4.31 il fascio di radiazioni incidente sul cristallo ha una larghezza corrispondente a quella del foro (1 mm) Le coordinate di scintillazione ricostruite in corrispondenza di ogni foro si distribuiscono secondo un andamento poissoniano caratterizzato dall’avere un valor medio al centro del foro e una certa varianza. Da un punto di vista analitico la risoluzione spaziale che sarebbe possibile ottenere utilizzando una griglia di questo tipo con un sistema di scintillazione ideale (che non introduce variabilità) è pari al diametro del foro stesso: RGRID = d = 1 mm (4.18) chiamata risoluzione della griglia Ne consegue che la risoluzione spaziale complessiva calcolabile in corrispondenza di ogni punto della griglia è il risultato della somma quadratica di due contributi: la 125 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma Figura 4.31 Rappresentazione del profilo dei punti di scintillazione dovuti alla rivelazione del fascio di fotoni γ in corrispondenza di un foro della griglia. risoluzione caratteristica della griglia RGRID , e la risoluzione intrinseca propria del sistema di rivelazione RIN T che è quella che si intende calcolare: RS = q 2 2 RGRID + RIN T (4.19) Un’accortezza di cui si tiene conto nelle misure sperimentali è di porre la griglia in prossimità della superficie del cristallo per evitare fenomeni di allargamento del fascio di fotoni gamma all’uscita di ogni foro. Questo tipo di misura viene denominata "Grid". 4.4.2 Confronto singolo tile - 4 tile Di seguito sono presentate le immagini ottenute dalla ricostruzione dei punti di interazione della radiazione col cristallo per la misura di tipo Grid. Ciascuna figura consiste in un istogramma in 3 dimensioni delle coordinate di scintillazione (x,y) ricostruite attraverso l’algoritmo del centroide. Quanto più elevato è il numero di conteggi per una certa coordinata tanto più intenso sarà il colore del pixel corrispondente. Sono state effettuate misure con singolo tile alla temperatura T = 0◦ C e misure con 4 tile alla temperatura T = −18◦ C. La risoluzione spaziale complessiva calcolata nei punti centrali del FOV risulta essere 2,52 mm per la matrice con singolo tile e 1,64 mm per la matrice con 4 tile. Risalendo ai rispettivi valori di risoluzione intrinseca si ottiene 2,32 mm per il singolo tile e 1,3 mm per i 4 tile. Le cause di questa differenza sono: 126 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma Tabella 4.7 Nome misura Misure di tipo "Grid" con singolo tile e 4 tile. Tipo misura Numero tile Temperatura Tensione polarizzazione Griglia 1 Grid 1 0◦ C 31,6 V Griglia 2 Grid 4 −18◦ C 31,9 V Figura 4.32 Immagine dei punti di interazione della radiazione con il cristallo nell’acquisizione di tipo Grid con sistema a singolo tile. Si ottiene un F OV = 17, 14 mm × 17, 14 mm limitato alla linea congiungente i centri degli elementi più esterni della matrice e una risoluzione spaziale complessiva RS = 2, 52 mm. 1. Diversa temperatura. Le acquisizioni per i due sistemi sono state effettuate a temperature diverse. Il DCR dei dispositivi, oltre che contribuire ad allargare lo spettro della sorgente ricostruito peggiorando la risoluzione energetica, introduce incertezza nella ricostruzione del punto di scintillazione, peggiorando anche la risoluzione spaziale. Nel caso presentato il sistema a singolo tile si trova ad una temperatura maggiore con valore di DCR circa quattro volte superiore a quello che caratterizza il sistema a 4 tile. 2. Diverso rapporto tra le dimensioni relative dei cristalli utilizzati. Come schematizzato nella Figura 4.34 il cristallo per il sistema a singolo tile è relativamente più spesso rispetto quello utilizzato per il sistema a 4 tile. 127 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma Figura 4.33 Immagine dei punti di interazione della radiazione con il cristallo nell’acquisizione di tipo Grid con sistema a 4 tile. Si ottiene un F OV = 41, 78 mm × 41, 78 mm limitato alla linea congiungente i centri degli elementi più esterni della matrice e una risoluzione spaziale complessiva RS = 1, 64 mm Figura 4.34 Dimensioni del cristallo scintillatore nel caso in cui si utilizzi rispettivamente la matrice di rivelazione a singolo tile e nel caso in cui si utilizzino 4 tile. Si può osservare un diverso rapporto relativo tra le dimensioni del cristallo stesso. Considerando che l’assorbimento della radiazione avviene principalmente nelle regioni superficiali, un maggiore spessore del materiale, provoca un aumento della dispersione spaziale dei fotoni generati rispetto il punto di scintillazione. Di conseguenza l’effetto di riflessione diffusiva causata dalle pareti del cristallo nel sistema con singolo tile risulta più significativa: i SiPM in prossimità dell’evento di scintillazione raccolgono una frazione minore della luce complessiva la quale si 128 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma ridistribuisce in modo più uniforme tra i rivelatori. La componente diffusiva non presenta alcun contributo utile riguardo le coordinate di interazione perché è uniforme su tutta la superficie di rivelazione e genera il rumore di fondo che deve essere eliminato a livello software. 3. Diverso numero di canali. L’algoritmo utilizzato per la ricostruzione dei punti di scintillazione fornisce risultati tanto più accurati quanto maggiore è il numero di canali che contengono informazione utile riguardo la distribuzione spaziale della luce. Utilizzando una matrice di rivelazione formata da 4 tile, con maggiore numero di canali di uscita rispetto quella a singolo tile, è possibile ottenere una ricostruzione più accurata della coordinata di interazione e quindi una risoluzione spaziale migliore. Occorre osservare che utilizzare un numero elevato di canali di lettura non comporta necessariamente un miglioramento nella ricostruzione dell’immagine finale, infatti, al variare del numero di fotorivelatori utilizzati cambia il rapporto segnale/rumore del sistema, come viene approfondito nel punto successivo. 4. Diverso rapporto segnale/rumore nei due casi. Si considerino una tensione di polarizzazione dei SiPM e una lunghezza d’onda di emissione del cristallo di valore costante. Il numero di fotoni che complessivamente viene raccolto dalla matrice di rivelatori per ogni raggio gamma assorbito è costante ed indipendente dalle dimensioni dello scintillatore. Maggiore è l’estensione della matrice di rivelazione, maggiore è la quantità di dispositivi su cui si distribuisce il segnale utile. Qpe = Eγ · Y · ηcoll · P DE = cost (4.20) Considerando che il rumore introdotto da ciascun SiPM è indipendente dal rumore degli altri dispositivi, la variabilità sulla carica complessiva di segnale utile cresce in modo proporzionale al numero N di rivelatori utilizzati. σnoise T OT = q 2 2 2 σnoise 1 + σnoise 2 + · · · + σnoise N (4.21) Detto ciò è possibile affermare che il rapporto segnale/rumore del sistema complessivo diminuisce all’aumentare del numero di SiPM utilizzati ed è quindi peggiore per il sistema a 4 tile. 129 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma Al diminuire dell’SNR aumenta la variabilità nella determinazione del punto esatto di scintillazione, cosa che influisce negativamente sulla risoluzione spaziale del sistema. Nel caso in esame, il maggior numero di canali, permette di rendere trascurabile il peggioramento del rapporto segnale/rumore rispetto gli altri vantaggi elencati. Dalle immagini presentate è possibile osservare come il campo di vista del sistema è limitato dalla linea che congiunge i punti centrali degli elementi più esterni della matrice di rivelazione. Questo effetto, come già descritto nella Sezione 4.2.1, è dovuto all’applicazione dell’algoritmo del centroide per la ricostruzione delle coordinate dei punti di interazione. Il FOV risulta quindi essere 17, 14 mm × 17, 14 mm per il sistema di rivelazione con singolo tile e 41, 78 mm × 41, 78 mm per il sistema a 4 tile. In Tabella 4.8 sono riportati i risultati ottenuti in termini di risoluzione spaziale intrinseca e FOV per i due sistemi presentati Tabella 4.8 Nome misura Risoluzione spaziale e FOV per singolo tile e 4 tile. Ris spaziale intrinseca FOV Griglia 1 2, 32 mm 17, 14 mm × 17, 14 mm Griglia 2 1, 3 mm 41, 78 mm × 41, 78 mm Riguardo il campo di vista del sistema occorre fare un ulteriore considerazione: i punti alle estremità della griglia risultano compressi ed in parte sovrapposti. Questa distorsione peggiora la risoluzione spaziale dell’immagine in prossimità delle regioni laterali impedendo di distinguere chiaramente punti separati. Ne consegue che il campo di vista utile (UFOV - Useful Field of View) in cui la ricostruzione dell’immagine può considerarsi corretta è ulteriormente ridotto rispetto il FOV. Per una stima di questo parametro si faccia riferimento alla Sezione successiva. 4.4.3 Linearizzazione dell’immagine e stima del campo di vista utile La risoluzione spaziale relativa a ciascun punto della griglia viene valutata sia lungo l’asse x che lungo l’asse y del piano. A tal fine, sono proiettati sugli assi i profili 2D degli istogrammi relativi ai conteggi delle coordinate di scintillazione. 130 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma Nella Figura 4.35a, come esempio, sono presi in considerazione i punti della riga centrale della griglia ottenuta con 4 tile e vengono proiettati lungo l’asse x gli istogrammi dei punti ricostruiti in funzione della posizione. (a) Immagine della griglia ottenuta con 4 tile. (b) Profilo di distribuzione degli eventi ricostruiti Viene presa in considerazione la riga centrale per in funzione dell’asse x. Sono evidenziati i punti di le successive elaborazioni. massimo relativo della curva. Si può osservare una compressione dei picchi in prossimità delle estremità dell’asse. Figura 4.35 A sinistra: l’immagine della griglia ottenuta con 4 tile e in evidenza la linea di punti presa in considerazione per l’elaborazione dati. A destra: la distribuzione delle coordinate dei punti ricostruiti in funzione dell’asse x dove si evince una grande non linearità in prossimità dei bordi. Dalla Figura 4.35b è possibile osservare come i picchi della curva siano compressi e parzialmente sovrapposti ai bordi. Questo è dovuto al limite dell’algoritmo del centroide che non permette di ricostruire punti all’esterno della linea dei centri degli elementi di bordo della matrice. Calcolare la risoluzione spaziale di ogni picco a partire da un profilo affetto da non linearità porterebbe a conclusioni errate. Occorre applicare una linearizzazione della curva in modo da poter risalire all’effettiva risoluzione intrinseca di ogni punto. Nella Figura 4.36 viene riportata la curva che indica la posizione dei picchi dei punti ricostruiti in funzione della posizione nota dei fori della griglia. Per confronto è rappresentata anche la retta che indica la corretta posizione dei punti nel caso in cui si utilizzasse un algoritmo ideale con ricostruzione lineare. Si può notare come la curva dei punti ricostruiti si discosti maggiormente dalla linearità in prossimità dei bordi dell’immagine, mentre nel centro la ricostruzione risulta molto più lineare. A partire da tale curva è possibile generare l’inversa e applicarla 131 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma Figura 4.36 In rosso è indicata la posizione dei punti ricostruiti con l’algoritmo del centroide in funzione della posizione dei fori della griglia. In blu è indicata la posizione in cui si dovrebbero trovare i punti se si usasse una ricostruzione lineare. alle coordinate di ciascun punto ricostruito in modo tale da linearizzare il profilo di distribuzione. Il risultato viene mostrato in Figura 4.37, in cui si osserva una maggiore distensione dell’andamento in corrispondenza dei limiti destro e sinistro dell’asse dove l’algoritmo aveva introdotto maggiormente non-linearità. A partire dal profilo linearizzato è possibile calcolare il valore di risoluzione spaziale di ciascun picco facendo un fitting gaussiano dei profili e valutando la FWHM di ciascuna curva. Una volta calcolata la risoluzione complessiva di ogni punto è possibile risalire alla risoluzione intrinseca del sistema tramite la Formula 4.19. Dalla Figura 4.37 è possibile notare come i picchi più esterni siano più larghi con conseguente peggioramento della risoluzione spaziale. Dato che il contributo della griglia è costante RGRID ' 1 mm, se la risoluzione complessiva peggiora dipende da un peggioramento della risoluzione intrinseca del sistema. Sono stati calcolati i valori di risoluzione intrinseca RIN T di ogni punto della griglia in funzione della distanza dal centro. In Figura 4.38 ne viene rappresentata l’interpolazione polinomiale di 3◦ grado (che rappresenta un andamento medio). Più il punto è distante dal centro maggiore è la risoluzione spaziale intrinseca corrispondente. Ne consegue che i punti di bordo non contengono informazione utile, 132 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma Figura 4.37 Linea rossa tratteggiata: distribuzione delle coordinate dei punti ricostruiti tramite algoritmo del centroide. Linea blu: profilo di distribuzione delle coordinate dei punti dopo aver applicato la linearizzazione. Si può osservare come il profilo dopo l’elaborazione sia più largo in prossimità dei bordi, con conseguente peggioramento della risoluzione spaziale. Figura 4.38 Andamento del fitting dei valori di risoluzione intrinseca calcolati in corrispondenza dei punti ricostruiti a partire dal centro della griglia. La risoluzione aumenta all’aumentare della distanza dal centro. A titolo di esempio in figura sono messi in evidenza due valori di RIN T limite (1, 6% e 2%) dai quali è possibile risalire alla dimensione del campo di vista utile UFOV. 133 Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma dato che al crescere della risoluzione si riduce la capacità di discriminare due punti distinti tra loro. Per poter definire quantitativamente il campo di vista utile del sistema (UFOV) si seleziona in modo arbitrario un valore di risoluzione intrinseca limite e da un grafico come quello di Figura 4.38 si risale alla distanza massima dal centro fino alla quale è possibile considerare utile il contenuto dell’immagine ricostruita. Nel caso in esame sono stati presi come esempio due possibili valori limite per la risoluzione intrinseca: RIN T 1 = 1,6 mm e RIN T 2 = 2 mm, ai quali corrispondono valori di campo di vista utile di rispettivamente U F OV 1 = 30,8 mm × 30,8 mm e U F OV 2 = 41,4 mm × 41,4 mm. 134 Conclusioni Il presente lavoro di tesi è stato sviluppato in risposta all’esigenza di caratterizzare il modulo di rivelazione gamma per un sistema di imaging multimodale SPECT/MRI nell’ambito del progetto INSERT. Il modulo si basa sulla consolidata architettura Anger con cristallo scintillatore monolitico e matrice di fotorivelatori, nel caso specifico, Silicon PhotoMultiplier SiPM. Tali dispositivi rappresentano una tecnologia emergente per sistemi PET a 511 keV e grazie al costante miglioramento delle loro performance, si stanno affermando anche come rivelatori per sistemi SPECT a più basse energie (140 keV ). Il modulo di rivelazione di INSERT presenta una superficie di rivelazione di 50 × 50 mm2 , la cui unità fondamentale, il SiPM, ha un’area attiva di 4 × 4 mm2 . Le specifiche del progetto sono quelle di ottenere una risoluzione spaziale intrinseca inferiore al millimetro, una risoluzione energetica minore del 12% per il picco a 140 keV del 99m T c e un campo di vista di 45 × 45 mm2 . Dopo uno studio preliminare riguardante il principio di funzionamento e i parametri dei dispositivi utilizzati, è stato sviluppato un set-up per poter effettuare le misure sperimentali di caratterizzazione. A tal proposito è stata realizzata una struttura che comprende sia il rivelatore utilizzato in INSERT, costituito da cristallo e matrice di fotorivelatori, sia l’elettronica per la lettura e l’elaborazione del segnale. Per quanto riguarda il sistema elettronico è stata utilizzata un’architettura già presente in laboratorio, ma sviluppata per un altro tipo di applicazione, apportando modifiche sia di tipo software che hardware al fine di adattarla al modulo di rivelazione testato. Un sistema di raffreddamento appositamente progettato permette di ridurre la temperatura del modulo e di mantenerla costante nell’arco di tempo della misura di interesse. Inoltre, al fine di ottimizzare l’attività di misura sperimentale, sono state realizzate due schede elettroniche ausiliarie: una principale e una secondaria, su una delle quali è Conclusioni presente un microcontrollore, che, controllato da remoto tramite un’interfaccia utente, permette di gestire diverse funzionalità: impostare una tensione di polarizzazione variabile ai dispositivi rivelatori, monitorare la temperatura e l’umidità del sistema riportandone i valori su uno schermo LCD, generare impulsi di corrente con ampiezza e frequenza variabile da inviare all’elettronica di lettura per effettuare la correzione e l’equalizzazione dei canali elettronici. Questo tipo di set-up ha permesso di ottenere risultati preliminari relativi alle prestazioni del modulo di rivelazione in termini di risoluzione energetica, spaziale e FOV del modulo fondamentale di INSERT. In particolare sono state effettuate: misure di tipo "Flood" (irradiazione uniforme con 57 Co) per misurare lo spettro della sorgente e risalire alla risoluzione energetica del sistema; misure di tipo "Grid" (irradiazione uniforme con griglia di piombo posizionata sopra la superficie del cristallo) per poter selezionare i fotoni gamma incidenti solo in punti isolati e noti del piano di rivelazione, dai quali calcolare la risoluzione spaziale complessiva. L’andamento della risoluzione energetica del modulo è stata misurata in funzione dell’area, dell’over-voltage e della temperatura del sistema di rivelazione. Sono state messe a confronto le prestazioni del modulo di rivelazione utilizzando matrici di SiPM di dimensioni diverse: singolo tile (36 rivelatori, 25 mm × 25 mm) e 4 tile (144 rivelatori, 50 mm × 50 mm), quello che verrà implementato nel sistema finale di INSERT. All’aumentare dell’area di rivelazione si è osservato un peggioramento della risoluzione energetica, infatti nel caso della matrice a 4 tile il medesimo segnale generato dal cristallo, relativo all’assorbimento di un fotone gamma, si distribuisce su un maggior numero di dispositivi, ciascuno dei quali introduce nel sistema il proprio contributo di DCR, con conseguente peggioramento del rapporto segnale/rumore complessivo. Prendendo in considerazione il modulo con 4 tile è stata misurata la risoluzione energetica del sistema al variare della tensione di polarizzazione dei dispositivi: i risultati ottenuti sperimentalmente confermano il trend delle curve teoriche, mostrando la presenza di un valore polarizzazione ottimo che permette di minimizzare la risoluzione energetica, nel caso in esame 3, 5 V . I valori di minimo della curva sperimentale e teorica sono coerenti presentando errore relativo massimo del 10%, tuttavia per tensioni di polarizzazione che si discostano da quella ottima la stima teorica fornisce valori che si differenziano maggiormente da quelli reali. Le differenze riscontrate sono legate alla difficoltà di trovare in letteratura gli andamenti esatti dei parametri PDE, DCR ed ENF in funzione dell’over-voltage e della temperatura per i dispositivi utilizzati. Inoltre 136 Conclusioni si mette in evidenza il fatto che occorre rivisitare il modello teorico in funzione del comportamento osservato in fase di misura sperimentale. Sono state effettuate inoltre misure spettroscopiche sia alla temperatura di 0◦ C, sia alla temperatura di −18◦ C osservando un notevole miglioramento della risoluzione energetica nel caso di maggiore raffreddamento: RE = 19% per T = 0◦ C e RE = 15, 5% per T = −18◦ C, a dimostrazione del fatto che la principale fonte di rumore per il sistema è il DCR dei SiPM, che vale 800 kHz/mm2 , a temperatura ambiente ed è fortemente dipendente dalla temperatura. Da un punto di vista della risoluzione spaziale sono state valutate le prestazioni del sistema in funzione dell’area di rivelazione utilizzando moduli con singolo tile e 4 tile. Il confronto dei risultati ha permesso di dimostrare che per un limitato numero di canali l’algoritmo di ricostruzione del centroide localizza in modo meno accurato il punto di scintillazione, comportando, per il singolo tile, un peggioramento della risoluzione spaziale. Inoltre, il cristallo utilizzato per la matrice singola presenta uno spessore in proporzione maggiore rispetto quello del cristallo utilizzato per la matrice composta da 4 tile, cosa che provoca una maggiore non linearità di ricostruzione a causa di effetti di bordo. Per il sistema a 4 tile la risoluzione spaziale intrinseca ottenuta è di RS 1, 3 mm: valore prossimo alla specifica di progetto. Il Field Of View del sistema a 4 tile ricopre un’area di circa 4, 2 cm × 4, 2 cm, leggermente inferiore rispetto alla specifica. Tale riduzione è dovuta ai limiti introdotti dall’algoritmo del centroide che non permette di ricostruire eventi di scintillazione al di fuori dei centri degli elementi di bordo della matrice. Applicando un algoritmo di maggiore complessità, ma più performante è possibile raggiungere un campo di vista più esteso. I risultati preliminari ottenuti hanno dimostrato che i Silicon PhotoMultiplier, sono dispositivi adatti anche per essere implementati in sistemi di rivelazione gamma a bassa energia (140 keV) come per il modulo di rivelazione SPECT di INSERT. I risultati ottenuti non rientrano ancora nelle specifiche del progetto, per questo motivo in futuro si prevede di utilizzare dispositivi Silicon PhotoMultiplier più evoluti con migliori prestazioni in termini di PDE e DCR. In particolare, sono in fase di sviluppo presso FBK i dispositivi RGB-HD (High Density), i quali presentano una PDE più elevata, grazie ad un fill factor maggiore, e un DCR ridotto. 137 Bibliografia [1] S. Y. Chun, T. G. Reese, et al., “Mri-based nonrigid motion correction in simultaneous pet/mri,” The Journal of Nuclear Medicine, vol. 53, pp. 1284–1291, 2012. [2] G. Coppini, S. Diciotti, and G. Valli, Bioimmagini. Patron, 2013. [3] J. P. Hornak, The Basics of MRI. Interactive Learning Software, 2008. [4] M. E. 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