POLITECNICO DI MILANO - Istituto Nazionale di Fisica Nucleare

POLITECNICO DI MILANO
Scuola di Ingegneria Industriale e dell’Informazione
Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Elettronica
SVILUPPO DI UN RIVELATORE GAMMA BASATO SU
SILICON PHOTOMULTIPLIER PER INSERT: UN
SISTEMA DI IMAGING MULTIMODALE SPECT/MRI.
Relatore:
Correlatori:
Prof. Carlo E. FIORINI
Michele OCCHIPINTI
Paolo BUSCA
Tesi di Laurea Magistrale di:
Stefano DONATI
Matr. 797395
Anno Accademico 2013/14
Indice
Introduzione
1 Il progetto INSERT
1.1 Imaging diagnostico multimodale . . . . . . . . .
1.1.1 Metodiche SPECT e PET . . . . . . . . .
1.1.2 Tecnica della Risonanza Magnetica . . . .
1.1.3 Sistemi PET/MRI e SPECT/MRI . . . .
1.2 Progetto INSERT . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2.1 Il Consorzio INSERT . . . . . . . . . . . .
1.2.2 Struttura del sistema INSERT . . . . . . .
1.2.2.1 Il modulo di rivelazione . . . . .
1.2.3 Design e prestazioni del sistema preclinico
1.2.4 Design e prestazioni del sistema clinico . .
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2 Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
2.1 Sistema di rivelazione gamma - Anger camera . . . . . . .
2.1.1 Definizione parametri di uscita della gamma camera
2.2 Fotorivelatori Silicon PhotoMultiplier (SiPM) . . . . . . .
2.2.1 Struttura, funzionamento e figure di merito . . . . .
2.3 Stima teorica della risoluzione energetica . . . . . . . . . .
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3 Architettura della gamma camera
3.1 Cristallo scintillatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.1.1 Parametri fisici e geometrici del cristallo INSERT . .
3.2 Matrice di SiPM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.3 Struttura meccanica di supporto e sistema di raffreddamento
3.4 Elettronica di acquisizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.4.1 Preamplificatore di carica e stadio di amplificazione .
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Indice
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4 Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
4.1 Elaborazione dati per la creazione dello spettro . . . . . . . . . . . . .
4.2 Elaborazione dati per il calcolo dei punti di interazione . . . . . . . . .
4.2.1 Algoritmo di ricostruzione basato sul metodo del centroide . . .
4.3 Risultati delle misure sperimentali relativi la risoluzione energetica . . .
4.3.1 Misure spettroscopiche con matrici a diverse dimensioni . . . . .
4.3.2 Risoluzione energetica al variare della tensione di polarizzazione
4.3.3 Variazione di risoluzione energetica al variare della temperatura
4.4 Risultati delle misure sperimentali relativi la risoluzione spaziale e FOV
4.4.1 Metodo per il calcolo della risoluzione . . . . . . . . . . . . . . .
4.4.2 Confronto singolo tile - 4 tile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.4.3 Linearizzazione dell’immagine e stima del campo di vista utile .
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Conclusioni
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Bibliografia
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3.6
3.4.2 Peak stretcher e comparatore a soglia . . . . . . . . . . . . . .
3.4.3 Circuito per la correzione della linea di base . . . . . . . . . .
3.4.4 Logica per l’acquisizione sincrona dei 36 canali delle 18 schede
Schede di supporto e controllo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.5.1 Microcontrollore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.5.2 Circuito per l’equalizzazione dei canali elettronici . . . . . . .
3.5.3 Circuito per la regolazione della polarizzazione dei SiPM . . .
3.5.4 Circuito di lettura temperatura . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.5.5 Circuito di lettura umidità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.5.6 Scheda esterna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Interfaccia utente per la gestione del
microcontrollore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
ii
Elenco delle figure
1.1
1.2
1.3
1.4
1.5
Schematizzazione della struttura di rivelatori per la tecnica SPECT. Attraverso i collimatori vengono selezionate solo le radiazioni perpendicolari
ai piani dei sistemi di rivelazione. Il posizionamento ad anello dei sistemi
di rivelazione permette di ricostruire via software una localizzazione
tridimensionale del radiotracciante. Per contro il sistema di collimazione
riduce la sensitività del sistema. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
(Sinistra) rappresentazione del decadimento di un isotopo che porta
all’emissione di un positrone. Dopo un percorso di pochi millimetri il
positrone si annichila con un elettrone emettendo radiazioni γ in direzioni
opposte all’energia di 511 keV . (Destra) rappresentazione della struttura
di rivelazione PET, i moduli di rivelatori disposti ad anello permettono
di selezionare eventi in posizioni diametralmente opposte con coincidenza
temporale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Rappresentazione dell’orientamento dell’asse dei protoni di un materiale
sottoposto a campo magnetico costante B0 . Gli spin assumono direzione
concorde a quella campo, il moto di precessione avviene attorno a questa
direzione. Il numero di protoni orientati in direzione parallela al campo
magnetico è in numero maggiore rispetto a quello dei protoni in direzione
antiparallela, ne consegue che il vettore risultate di magnetizzazione M è
orientato lungo la direzione del campo. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Andamenti del vettore di magnetizzazione M in funzione del tempo
durante il processo di rilassamento dei protoni. . . . . . . . . . . . . . .
Possibili geometrie per sistemi multimodali PET/MRI. I due sistemi
possono essere separati o integrati tra loro. . . . . . . . . . . . . . . . .
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8
Elenco delle figure
1.6
Schema di principio del sistema SPECT/MRI da implementare al termine del progetto INSERT. L’obiettivo è quello di inserire un sistema
di rivelazione SPECT all’interno del bore di una risonanza magnetica
commerciale rispettando le specifiche di compatibilità di funzionamento
con il macchinario della MRI, senza la necessità di una riprogettazione
di quest’ultimo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.7 Descrizione della struttura del sistema preclinico da realizzare per il
progetto INSERT. La struttura ad anello è modulare: ciascun elemento
è costituito da un sistema di raffreddamento, una matrice di fotorivelatori, un cristallo monolitico scintillatore e un collimatore. All’interno
dell’anello si trova l’antenna RF che ha la funzione di emettere e ricevere
segnali a radiofrequenza in modo da implementare i meccanismi per la
risonanza magnetica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.8 Modulo di rivelazione basato sui SiPM. Ogni matrice (tile) è costituita da
6×6 SiPM per un numero complessivo di 144 rivelatori su 4 tile. Le uscite
di 4 SiPM adiacenti sono cortocircuitate per poter ridurre il numero
complessivo di canali, semplificando l’elettronica per l’acquisizione e la
l’elaborazione del segnale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.9 Rappresentazione di una porzione del sistema preclinico in cui si osserva
al centro della struttura il collimatore multi-pinhole con fori quadrati
che permette di affiancare proiezioni differenti senza sovrapposizioni sul
modulo di rivelazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.10 Rappresentazione del sistema INSERT clinico. I moduli di rivelazione
sono disposti ad anello e sono inseriti all’interno della struttura MRI.
Come supporto meccanico al set di rivelatori si predispone di un lettino
sul quale verrà appoggiata anche la testa del paziente. . . . . . . . . . .
2.1
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Schematizzazione dell’architettura Anger camera: il collimatore seleziona
le radiazioni perpendicolari al sistema, il cristallo scintillatore monolitico
congiuntamente alla matrice di fotorivelatori convertono la radiazione
in segnale elettrico, la guida di luce prima del cristallo permettere una
maggiore diffusione della luce, l’elettronica a valle dei rivelatori processa
e digitalizza il segnale, il computer viene utilizzato per l’elaborazione dati. 20
Spettro energetico ricostruito a partire da una radiazione con energia
costante: la forma è quella di una gaussiana con valor medio E0 e
larghezza caratterizzata dalla FWHM. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
iv
Elenco delle figure
2.3
2.4
2.5
2.6
2.7
2.8
2.9
2.10
Confronto tra ricostruzione ideale e ricostruzione con incertezza di un
punto nello spazio. Da un punto di vista spaziale la risposta del sistema
ad una sollecitazione puntiforme viene chiamata Point Spread Function
(PSF). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Casi di sbagliato dimensionamento dell’area cristallo; in entrambe le
situazioni si ha perdita di segnale utile. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Struttura di un SiPM: array bidimensionale di fotodiodi indipendenti
operanti in modalità Geiger con stessa polarizzazione e uscita cortocircuitata. Ciascuna microcella presenta una resistenza serie di quenching
che permette di smorzare la corrente di valanga del diodo a fronte
dall’assorbimento di un fotone di luce. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Curva caratteristica della giunzione pn I-V in cui viene evidenziato il
punto di breakdown VBD , oltre il quale la corrente diverge. . . . . . . .
Sezione trasversale di due celle di un SiPM; l’impiantazione p su uno
strato p-epi definisce l’area attiva del dispositivo; l’Anti Reflective Coating
(ARC ) è uno strato antiriflessivo che permette una migliore collezione
dei fotoni nel visibile. La resistenza di quenching è realizzata in polisilicio.
Caratteristica del diodo polarizzato in inversa con evidenziate le regioni
di funzionamento per un diodo APD (poco prima della tensione di
breakdown) e per un diodo G-APD (oltre la tensione di breakdown).
Avere una tensione di polarizzazione superiore quella di breakdown rende
il guadagno del dispositivo molto elevato. . . . . . . . . . . . . . . . . .
Andamento della lunghezza di assorbimento nel silicio in funzione della
lunghezza d’onda del fotone incidente. Maggiore è l’energia del fotone
minore è lo spessore del materiale necessario per l’assorbimento. . . . .
Possibili profili di drogaggio per le celle di un SiPM. Dato che sono
principalmente gli elettroni a dar luogo al processo di valanga, il tipo
di dispositivo da utilizzare viene scelto in base la lunghezza d’onda che
si intende rivelare. La prima struttura permette di avere una maggiore
sensitività per fotoni con lunghezze d’onda tra 500 nm e 700 nm. La seconda, invece, fornisce una sensitività più elevata per fotoni con lunghezza
d’onda inferiori, tra 300 nm e 500 nm. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Elenco delle figure
2.11 Circuito equivalente di un singolo SPAD con quenching passivo a riposo:
prima che venga scatenato il fenomeno di moltiplicazione a valanga. CD
è la capacità introdotta dal diodo e dai parassitismi dei collegamenti; RS
è la resistenza serie del diodo e delle connessioni; RQ è la resistenza di
quenching con la funzione di smorzare la valanga riducendo la tensione
ai capi del dispositivo quando viene attraversata da corrente elevata. . .
2.12 Schematizzazione del segnale di uscita in corrente della singola microcella
di un SiPM. Il tempo di salita segue una costante di tempo τS = RS · CD ;
la discesa è invece dominata dalla costante di tempo τQ = RQ · CD .
Data la dipendenza da CD e RS l’andamento del segnale è fortemente
influenzato sia dalla grandezza del dispositivo sia dalle dimensioni delle
connessioni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.13 Possibili traiettorie dei fotoni incidenti sul rivelatore: possono essere
riflessi o deviati dallo strato dielettrico in superficie (figura a sinistra),
possono arrivare più o meno in profondità all’interno del silicio (figura a
destra). Il dispositivo schematizzato è un SiPM di tipo RGB: adatto a
rivelare fotoni nel visibile. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.14 Andamento delle probabilità di generare una valanga da parte di lacune
(curva blu) eD elettroni (curva rosa) al variare dell’over-voltage. Si nota
che l’andamento per entrambi i tipi di particelle è lineare crescente e che
gli elettroni sono caratterizzati da una Ptrigger maggiore. . . . . . . . .
2.15 Grafico della PDE in funzione della lunghezza d’onda per dispositivi
SiPM di tipo RGB (in rosso) e NUV (in blu) della FBK. La PDE per i
NUV ha picco per λ = 390 nm, nel vicino ultravioletto, per gli RGB il
picco è a λ = 550 nm, nel verde. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.16 Andamento della PDE in funzione dell’over-voltage per un valore di lunghezza d’onda di 560 nm. La pendenza della curva si riduce all’aumentare
della VOV . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.17 Andamento del fill factor in funzione della dimensione delle microcelle nel
caso della tecnologia RGB (attualmente utilizzata) e quella RGB - HD
(in fase di sviluppo). Si può notare come la nuova tecnologia permetta
di avere celle più piccole ed una εgeom comunque maggiore. . . . . . . .
2.18 Schematizzazione del processo di generazione cariche libere nel semiconduttore a causa di generazione termica attraverso il processo SHR. Il
passaggio da banda di valenza a banda di conduzione avviene grazie ad
un centro di generazione/ricombinazione nel mezzo del gap. . . . . . . .
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Elenco delle figure
2.19 Schematizzazione del processo di generazione cariche libere nel semiconduttore a causa di effetto tunnel. Il passaggio da banda di valenza a banda di conduzione può avvenire in modo diretto o come per
la generazione termica tramite passaggio intermedio per un centro di
generazione/ricombinazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.20 Rappresentazione del meccanismo di crosstalk tra due microcelle adiacenti: un fotone generato dall’elevata corrente di breakdown di una giunzione
pn viaggia all’interno del silicio, raggiunge la cella adiacente e genera lì
un ulteriore processo di valanga. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.21 Figure che descrivono il fenomeno dell’afterpulsing. A sinistra il fenomeno fisico di intrappolamento di una carica in un livello profondo. A
destra l’andamento del segnale di uscita al SiPM con impulsi spuri di
ampiezza crescente a causa del tempo di recovering esponenziale del
dispositivo. Durante il tempo di recupero, peggiorato dal fenomeno
stesso di afterpulsing, non è possibile rivelare in modo efficace ulteriori
fotoni in ingresso. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.22 Andamento della tensione di breakdown VBD in funzione della temperatura per i SiPM di tecnologia RGB utilizzati nelle misure sperimentali.
Il coefficiente di proporzionalità è di circa 25 mV /◦ C. . . . . . . . . . .
2.23 Andamento del Dark Count Rate in funzione della temperatura per
i dispositivi SiPM-RGB utilizzati alla tensione di over-voltage VOV =
2, 65 V . Una riduzione della temperatura di 10◦ C provoca una riduzione
di circa il 50% del DCR. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.24 Andamento della PDE in funzione della lunghezza d’onda per 3 temperature diverse. Al diminuire della temperatura la PDE cresce per basse
lunghezze d’onda, ma diminuisce per lunghezze d’onda maggiori. . . . .
2.25 Possibili andamenti del segnale di uscita del filtro preamplificatore normalizzato rispetto l’ampiezza. Nel caso il segnale di corrente in ingresso
ha costante di tempo breve rispetto quella del filtro, si ha collezione
completa della carica e l’impulso di uscita presenta ampiezza massima
(curva blu). Viceversa se il segnale in ingresso è caratterizzato da una
costante di tempo comparabile a quella del filtro l’impulso di uscita
presenta un’ampiezza notevolmente ridotta a causa di una collezione
incompleta della carica (curva rossa). . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Elenco delle figure
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3.7
Schema a blocchi del sistema complessivo implementato per la rivelazione di radiazioni gamma. Il cristallo scintillatore e la matrice di SiPM
convertono il raggio gamma in segnale elettrico, la scheda di supporto e l’elettronica di acquisizione comunicando con il PC permettono
rispettivamente di ottimizzare l’attività di misura ed elaborare il segnale.
Foto dei due cristalli utilizzati per la realizzazione del sistema di rivelazione. A sinistra il blocco di dimensioni 25 mm × 25 mm × 6 mm viene
accoppiato ad una matrice di rivelazione di 36 SiPM (singolo tile). A
destra il blocco 50 mm × 50 mm × 8 mm è utilizzato con una matrice di
144 rivelatori (4 tile). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Andamento normalizzato rispetto l’area del flusso di fotoni in uscita
dal cristallo in funzione del tempo. Come evidenziato nell’immagine a
destra, al diminuire della temperatura il tempo di fluorescenza si allunga
comportando un peggioramento del deficit balistico. I fronti di salita delle
curve non vengono rappresentati in modo completo a causa dell’elevata
pendenza del segnale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Rappresentazione schematica della distribuzione di luce a partire dal
punto di scintillazione fino al piano di rivelazione. I fotoni vengono emessi
in modo isotropico e siccome la scintillazione avviene generalmente in
superficie, maggiore è lo spessore del cristallo maggiore è la larghezza
della campana di luce incidente sul piano di rivelazione. . . . . . . . . .
Geometria del cristallo scintillatore monolitico utilizzato nel modulo di
rivelazione gamma del progetto INSERT. La base è quadrata e due lati
sono inclinati: questa forma permette un agevole affiancamento dei vari
moduli. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Rappresentazione in dettaglio dei collegamenti superficiali dei catodi dei
SiPM attraverso le ’bias bonding’. L’alimentazione arriva da un lato
della matrice e viene trasmessa a tutti i dispositivi attraverso questi
collegamenti. I rivelatori sono saldati su una scheda custom FR4. . . .
Foto delle due matrici di SiPM di diversa grandezza utilizzate per le
misure sperimentali di caratterizzazione. A sinistra: il singolo tile costituito da 36 SiPM di area 25 cm × 25 cm, si può osservare sul lato in
alto la linea dei pad per dell’alimentazione. A destra: 4 tile affiancati ed
allineati per formare la matrice da 144 SiPM di area 50 cm × 50 cm, che
farà parte del modulo di rivelazione utilizzato nel progetto INSERT. . .
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Elenco delle figure
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3.13
3.14
Parte inferiore del tile. Il connettore a 40 pin permette la trasmissione
dei segnali di uscita dei rivelatori e il fissaggio meccanico della matrice.
La resistenza PT-100, con terminali connessi a due pin di uscita, consente
il monitoraggio della temperatura del tile. . . . . . . . . . . . . . . . .
In giallo: connettori per il fissaggio dei tile e trasferimento del seganle
dai SiPM alla scheda. In rosso: connettori di uscita per la connessione
all’elettronica di lettura segnale. Al centro è presente una piastra metallica forata, parte integrante del sistema di raffreddamento descritto di
seguito. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Esploso dei blocchi del sistema di raffreddamento. Il blocco di alluminio,
che viene a contatto con la parte posteriore delle matrici di SiPM e la
piastra metallica forata permettono la conduzione del calore dai tile fino
alla cella di Peltier. Quest’ultima pilotata in corrente genera un gradiente
termico tra la superficie superiore (fredda) e la superficie inferiore (calda).
Il blocco di rame ha la funzione di raffreddare la faccia del peltier con cui
viene a contatto grazie ad una canalina interna nella quale viene fatta
scorrere acqua fredda (∼ 5◦ C) spinta da un chiller. . . . . . . . . . . .
Schema a blocchi del modulo per la lettura dei segnali in corrente in
uscita dal rivelatore. Il diagramma in figura si riferisce ad un singolo
canale di lettura. La scheda madre permette di alloggiare fino a 20 schede.
Per il progetto è stata popolata di 18 schede per un totale di 36 canali.
Schema dei blocchi principali presenti nella scheda di readout per un
singolo canale. Tale schema è applicato a tutti e 36 i canali del sistema
di rivelazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Schema dei primi due stadi per la lettura del segnale impulsivo di corrente
in uscita dai SiPM. Il preamplificatore di carica effettua la conversione da
corrente a tensione; l’amplificatore invertente applica guadagno. Vengono
riportate le forme d’onda dei segnali ad ogni nodo. . . . . . . . . . . . .
Preamplificatore di front-end del canale elettronico con all’ingresso la
capacità equivalente introdotta dalla matrice di rivelatori CSiP M . Per
studiare la stabilità del circuito è stato effettuato il calcolo del guadagno
ad anello tagliando il circuito a valle dell’amplificatore. . . . . . . . . .
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Elenco delle figure
3.15 Diagrammi di Bode per il modulo e la fase del guadagno ad anello
dello stadio di ingresso dei canali elettronici. Sono riportati i grafici
ottenuti per diversi valori di resistenza e capacità del filtro, mantenendo
il prodotto R1 · C1 costante. Si osserva come il sistema rimane stabile
all’aumentare del valore della resistenza R1 . . . . . . . . . . . . . . . .
3.16 Schematizzazione dell’effetto di pile-up dovuto alla sovrapposizione di
più segnali esponenziali ravvicinati nella scala temporale a causa di
una costante di tempo del filtro troppo lunga. Questo meccanismo può
portare alla saturazione del segnale in uscita al secondo stadio. . . . . .
3.17 Schema del circuito implementato per il Peak Stretcher. Il valore di
picco stabile all’uscita è ottenuto grazie alla capacità di memoria del
condensatore e la proprietà di fungere da switch dei diodi. Il transistor è
pilotato alla base da un segnale di reset fornito dal microcontrollore al
termine del campionamento e della conversione del valore di picco. . . .
3.18 Schema del circuito comparatore che ha la funzione di identificare eventi
utili rispetto al rumore confrontando l’ampiezza del segnale con una
soglia. Questa viene trasmessa da microcontrollore tramite protocollo
I 2 C e convertita in analogico da un modulo DAC a 12 bit. L’uscita del
comparatore diventa alta nel momento di superamento della soglia. . .
3.19 Schema del circuito implementato per il controllo e la regolazione della
linea di base per ogni canale elettronico di lettura. La sua funzionalità è
quella di eliminare il contributo relativo alla corrente di buio dei SiPM e
alle tensioni di offset introdotte dagli amplificatori operazionali. Questi
valori possono assumere variazioni da un canale all’altro. . . . . . . . .
3.20 Schematizzazione del sistema per la sincronizzazione del campionamento
dei 36 canali. La scheda sulla quale un canale ha superato in ampiezza
la soglia impostata invia sul bus comune un segnale di trigger per l’inizio
del campionamento da parte di tutti i microcontrollori. . . . . . . . . .
3.21 Forme d’onda tipiche di un canale con segnale utile (colonna di sinistra:
canale i, scheda α) e di un canale con basso segnale (colonna di destra:
canale j, scheda β). a) forma d’onda tipica all’uscita del blocco amplificatore V2 ; b) tensione di uscita del comparatore del rispettivo canale;
c) segnale di trigger emesso dalla scheda sulla quale si è presentato
un segnale sopra soglia e ricevuto dalle altre schede; d) forma d’onda
all’uscita del peak stretcher con indicati punto di inizio campionamento
e punto di reset alla fine della conversione. . . . . . . . . . . . . . . . .
x
70
71
72
73
74
76
77
Elenco delle figure
3.22 Foto della scheda principale utilizzata durante le misure sperimentali
per fornire supporto meccanico alle matrici di SiPM, settare la tensione
di polarizzazione, impulsare i canali elettronici di lettura e monitorare
la temperatura e l’umidità del sistema. La scheda è inserita all’interno
della scatola di allumninio e si connette con la scheda secondaria tramite
flat-cable. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.23 Schema a blocchi di principio del sistema implementato nelle schede di
supporto e controllo. In particolare si ha una scheda principale interna
alla scatola in cui avviene la rivelazione e una scheda esterna alla scatola:
di supporto per le misure sperimentali . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.24 Il multivibratore monostabile ad ogni segnale di trigger inviato da microcontrollore fornisce in uscita un impulso di tensione di ampiezza 5 V e
durata 4 µs. Il partitore dimezza l’ampiezza dell’impulso. L’amplificatore
non invertente possiede un guadagno variabile in virtù del potenziometro digitale R2 comandato da microcontrollore con protocollo I 2 C. La
resistenza RIM P permette di ottenere un valore di corrente noto che si
suddivide tra i 36 canali. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.25 Andamento temporale della corrente all’uscita del filtro RIM P -CIM P per
un singolo canale quando l’ampiezza dell’impulso di tensione corrispondente è pari a 5V. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.26 Circuito per la polarizzazione dei SiPM. Il filtro passa basso RIN -CIN
smorza le variazioni ad alta frequenza della tensione di ingresso. Gli
interruttori meccanici 1 e 2 permettono di scegliere il percorso dell’alimentazione (esterna o regolata). Il regolatore variabile setta la tensione
VBIAS in base il valore della corrente IADJ che dipende dal rapporto tra
R1 e R2 variabile in virtù del potenziometro digitale. Le capacità in
ingresso e uscita dal regolatore permettono di stabilizzare le tensioni. .
3.27 Il circuito per la lettura della temperatura è costituito da un ponte di
Wheatstone con resistenze R100 da 100 Ω, in cui è inserita la PT100;
un amplificatore da strumentazione INA per amplificare le variazioni di
tensione ai capi del ponte e un trimmer da 10 kΩ per poter effettuare
l’equalizzazione tra i valori di uscita dei diversi circuiti di temperatura.
La resistenza RV limita la corrente nel ponte; la RG definisce il guadagno
dell’INA. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.28 Interfaccia implementata in Labview per il controllo da remoto delle
funzionalità del microcontrollore. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
xi
78
79
80
83
84
86
88
Elenco delle figure
4.1
4.2
4.3
4.4
4.5
4.6
4.7
4.8
4.9
4.10
Diagramma a blocchi del flusso di elaborazione dati in MatLab a partire
dalle informazioni raccolte nelle misure sperimentali. L’obiettivo della
processazione è quello di risalire alla risoluzione energetica, risoluzione
spaziale e field of view del sistema complessivo. . . . . . . . . . . . . . 93
Gli elementi della matrice riportata rappresentano gli istogrammi della
tensione di uscita, in mV, dei canali di acquisizione a fronte di una
sollecitazione con un treno di impulsi di corrente contenenti uguale
quantità di carica. La risposta è di per se uniforme. . . . . . . . . . . . 94
Grafici relativi al Canale 1: a sinistra istogrammi del segnale di uscita al
variare del valore degli impulsi in ingresso; a destra retta di equalizzazione
ottenuta interpolando i punti medi delle curve gaussiane che effettuano
il fitting gli istogrammi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95
Fitting lineare dei 6 punti medi delle curve gaussiane in funzione dei
6 valori di impulsazione per tutti i 36 canali: 36 rette di calibrazione
ciascuna con proprio offset e coefficiente angolare. . . . . . . . . . . . . 96
Grafici che indicano la variabilità della risposta dei canali in termini di
variazione offset (a sinistra) e variazione relativa di guadagno (a destra). 96
Rappresesentazione dei 36 istogrammi relativi ai 36 canali in funzione
della tensione di uscita, in mV , per la misura di irradiazione uniforme a
-18◦ C, VBIAS = 31, 8V . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97
Spettro del segnale in funzione dei canali ADC del sistema. La misura
è stata effettuata con irradiazione uniforme a temperatura T=-18◦ C,
tensione di alimentazione VBIAS = 31, 8V . . . . . . . . . . . . . . . . . 98
Spettro del segnale in funzione dei canali ADC con evidenziate curve di
fitting gaussiane e soglie al di sopra delle quali si considera l’inviluppo
dell’istogramma per effettuare l’approssimazione con la curva gaussiana.
Le soglie del picco a 122 keV sono impostate al 50% dell’ampiezza massima. 99
Schematizzazione della retta di calibrazione per la conversione da canali
ADC a Energia [keV] dello spettro: corrisponde alla retta passante per
l’origine degli assi e per il picco caratteristico dello spettro, in questo
modo il valor medio della gaussiana è associato al valore di 122 keV . . . 100
Schematizzazione dei vari percorsi tramite i quali i fotoni raggiungono il
piano di rivelazione a partire dal punto di scintillazione: in modo diretto
(rosso), con riflessione speculare (blu), con riflessione diffusiva (lilla). . . 101
xii
Elenco delle figure
4.11 Distribuzione dei fotoni di luce, generati da un evento di scintillazione, sul
piano di rivelazione. I dispositivi in prossimità del punto di interazione
raccolgono una porzione maggiore della luce complessiva, sui restanti
elementi si distribuisce parte della luce in modo uniforme. Ciascun
elemento della matrice 6 × 6 rappresenta 4 SiPM. . . . . . . . . . . . .
4.12 Immagini relative alla ricostruzione dei punti di interazione ottenuti
applicando l’algoritmo del centroide tradizionale e modificato. La misura
effettuata è di tipo Flood (radiazione uniforme) a temperatura T = −18◦ C
e tensione di polarizzazione VBIAS = 31, 8 V . La correzione della linea di
base permette un recupero del campo di vista. . . . . . . . . . . . . . .
4.13 Misura di tipi Flood: la sorgente di raggi gamma, 57 Co, viene posta ad
una distanza tale (40 cm) da poter irradiare uniformemente la superficie
di rivelazione. La conversione da energia a segnale elettrico avviene in
modo indiretto: il cristallo scintillatore monolitico produce una quantità
di fotoni di luce proporzionale all’energia del raggio gamma assorbito,
la matrice di fotorivelatori costituita da 144 SiPM permette la conversione del pacchetto di fotoni raccolto in un segnale elettrico di entità
proporzionale. Un elevato numero di eventi raccolti permette una fedele
ricostruzione dello spettro di energia della sorgente. . . . . . . . . . . .
4.14 Spettro tipico del 57 Co ottenuto con il singolo tile. La risoluzione energetica del picco a 122 keV ottenuta è di circa 11, 9%. La tensione di
polarizzazione è VBIAS = 31, 6 V e la temperatura del sistema è stata
portata a ∼ 0◦ C al fine di ridurre il contributo di rumore dovuto al
rivelatore. Eventi di scintillazione acquisiti ∼ 500 000. . . . . . . . . . .
4.15 Spettro tipico del 57 Co ottenuto con 4 tile. La risoluzione energetica del
picco a 122 keV ottenuta è di circa 19%. La tensione di polarizzazione è
VBIAS = 31, 9 V e la temperatura del sistema è stata portata a ∼ 0◦ C
al fine di ridurre il contributo di rumore dovuto al rivelatore. Eventi di
scintillazione acquisiti ∼ 40 000. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.16 Andamento simulato delle componenti di risoluzione in funzione dell’area
complessiva di rivelazione. Le componenti intrinseca e statistica sono
pressoché costanti e il contributo dominante per la variazione complessiva
è dato dalla componente di rumore. Vengono messi in evidenza i punti
di lavoro: area di rivelazione singolo tile (576 mm2 ) e area di rivelazione
4 tile (2304 mm2 ). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
xiii
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110
Elenco delle figure
4.17 Andamento della risoluzione energetica complessiva del sistema al variare
della tensione di polarizzazione dei SiPM. La matrice di rivelazione è
formata da 4 tile con 36 canali di uscita. Temperatura del sistema di
conversione: ' 0◦ C. Il valore ottimo di risoluzione (19%) si ottiene per
una tensione di polarizzazione di 31, 9 V . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.18 Andamento della risoluzione energetica complessiva del sistema al variare
della tensione di polarizzazione dei SiPM. La matrice di rivelazione è
formata da 4 tile con 36 canali di uscita. Temperatura del sistema di
conversione: ' −18◦ C. Il valore ottimo di risoluzione (15, 5%) si ottiene
per una tensione di polarizzazione di 31, 8 V . . . . . . . . . . . . . . . .
4.19 Andamento del DCR in funzione dell’over-voltage a due diverse temperature: T = 0◦ C e T = −18◦ C. Il rumore si riduce di circa il 50% per ogni
variazione termica di ∼ 10◦ C, nel caso presentato la riduzione è di circa
un fattore 4. Si osserva, inoltre, che per basse temperature la pendenza
della curva del rumore è minore. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.20 Sono rappresentate le curve della PDE di un RGB-SiPM in funzione
dell’over-voltage per valori di lunghezza d’onda di 400 nm (linea rossa)
e 560 nm (linea blu). Al crescere della VOV si osserva una progressiva
riduzione di pendenza delle curve. I dispositivi presi in considerazione
sono ottimizzati per rivelare fotoni nel range di lunghezze d’onda 540 nm÷
560 nm . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.21 Andamento dell’ENF in funzione dell’overvoltage è lineare ed in prima
approssimazione risulta indipendente dalla temperatura. . . . . . . . .
4.22 Andamento della risoluzione complessiva e delle sue componenti in funzione dell’over-voltage applicato ai rivelatori per una temperatura T = 0◦ C.
Si nota come il contributo della componente di rumore sia dominante ed
esiste un valore di tensione di polarizzazione in cui la risoluzione assume
valore minimo. In particolare il valore ottimo di over-voltage risulta
essere intorno i 3,5 V . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.23 Andamento della risoluzione complessiva e delle sue componenti in
funzione dell’over-voltage applicato ai rivelatori per una temperatura
T = −18◦ C. Si osserva che il contributo della componente di rumore è
ridotto rispetto al caso con temperatura maggiore e non è più presente
una componente di risoluzione che predomina sulle altre. Il valore ottimo
di over-voltage risulta essere intorno i 3,5 V . . . . . . . . . . . . . . . .
xiv
111
111
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114
115
116
Elenco delle figure
4.24 Confronto tra gli andamenti della risoluzione energetica in funzione
dell’over-voltage per valori ottenuti sperimentalmente e valori ottenuti
da stime teoriche. I grafici sono relativi alle temperature di T = 0◦ C e
T = −18◦ C. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.25 Spettro tipico del 57 Co. La risoluzione energetica del picco a 122 keV
ottenuta è di circa 15, 5%. La tensione di polarizzazione è VBIAS = 31, 8 V
e la temperatura del sistema è stata portata a ∼ −18◦ C al fine di ridurre
il contributo di rumore dovuto al rivelatore. . . . . . . . . . . . . . . .
4.26 Forme d’onda del segnale a valle del filtraggio RC normalizzate rispetto
l’ampiezza per due diversi valori di temperatura. Da queste curve è
possibile calcolare il deficit balistico: DB = 37, 54% per T = 0◦ C e
DB = 45, 12% per T = −18◦ C. Il valore di picco più basso nel caso della
temperatura minore è dovuto ad un tempo di scintillazione più lungo
del cristallo: più si raffredda il sistema più i fotoni di luce sono rilasciati
lentamente e il filtro RC riesce ad integrare meno carica utile. . . . . .
4.27 Andamenti del DCR e del Deficit Balistico in funzione della temperatura.
Le due grandezze hanno andamenti opposti e contribuiscono in modo
discorde alla determinazione della risoluzione energetica complessiva. .
4.28 Andamento della risoluzione energetica complessiva in funzione dei fattori
che cambiano principalmente con la temperatura: DCR e DB. Una
riduzione della temperatura permette di ridurre il DCR, ma nello stesso
tempo provoca un aumento del DB. Per basse temperature, a pari
intervalli di raffreddamento il miglioramento in termini di risoluzione
energetica è sempre più contenuto. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.29 Distribuzione gaussiana delle coordinate di scintillazione ricostruite a
partire da una radiazione γ collimata in una coordinata fissa del cristallo.
I fotoni si distribuiscono sulla matrice di rivelazione in modo differente
da evento ad evento con conseguente variabilità nella ricostruzione del
punto di interazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.30 Misura di tipo Grid: il sistema è irradiato uniformemente dalla sorgente
posta a 40 cm dal piano di rivelazione. Una griglia di piombo permette
di selezionare i raggi γ in punti isolati del cristallo. Dalla larghezza della
distribuzione degli eventi ricostruiti per ogni punto è possibile risalire
alla risoluzione spaziale del sistema. La griglia possiede uno spessore di
4 mm e fori di diametro 1 mm, distanziati 3 mm. . . . . . . . . . . . . .
xv
117
119
119
120
121
124
125
Elenco delle figure
4.31 Rappresentazione del profilo dei punti di scintillazione dovuti alla rivelazione del fascio di fotoni γ in corrispondenza di un foro della griglia. . .
4.32 Immagine dei punti di interazione della radiazione con il cristallo nell’acquisizione di tipo Grid con sistema a singolo tile. Si ottiene un
F OV = 17, 14 mm × 17, 14 mm limitato alla linea congiungente i centri degli elementi più esterni della matrice e una risoluzione spaziale
complessiva RS = 2, 52 mm. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.33 Immagine dei punti di interazione della radiazione con il cristallo nell’acquisizione di tipo Grid con sistema a 4 tile. Si ottiene un F OV =
41, 78 mm × 41, 78 mm limitato alla linea congiungente i centri degli
elementi più esterni della matrice e una risoluzione spaziale complessiva
RS = 1, 64 mm . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.34 Dimensioni del cristallo scintillatore nel caso in cui si utilizzi rispettivamente la matrice di rivelazione a singolo tile e nel caso in cui si utilizzino
4 tile. Si può osservare un diverso rapporto relativo tra le dimensioni del
cristallo stesso. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.35 A sinistra: l’immagine della griglia ottenuta con 4 tile e in evidenza la
linea di punti presa in considerazione per l’elaborazione dati. A destra:
la distribuzione delle coordinate dei punti ricostruiti in funzione dell’asse
x dove si evince una grande non linearità in prossimità dei bordi. . . . .
4.36 In rosso è indicata la posizione dei punti ricostruiti con l’algoritmo del
centroide in funzione della posizione dei fori della griglia. In blu è
indicata la posizione in cui si dovrebbero trovare i punti se si usasse una
ricostruzione lineare. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.37 Linea rossa tratteggiata: distribuzione delle coordinate dei punti ricostruiti tramite algoritmo del centroide. Linea blu: profilo di distribuzione
delle coordinate dei punti dopo aver applicato la linearizzazione. Si può
osservare come il profilo dopo l’elaborazione sia più largo in prossimità
dei bordi, con conseguente peggioramento della risoluzione spaziale. . .
4.38 Andamento del fitting dei valori di risoluzione intrinseca calcolati in
corrispondenza dei punti ricostruiti a partire dal centro della griglia. La
risoluzione aumenta all’aumentare della distanza dal centro. A titolo di
esempio in figura sono messi in evidenza due valori di RIN T limite (1, 6%
e 2%) dai quali è possibile risalire alla dimensione del campo di vista
utile UFOV. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
xvi
126
127
128
128
131
132
133
133
Elenco delle tabelle
1.1
Radionuclidi utilizzati nella tecnica SPECT per il sistema preclinico.
.
16
4.1
4.2
4.3
4.4
4.5
4.6
4.7
4.8
Misure spettroscopiche con singolo tile e 4 tile. . . . . . . . . . . . . .
Confronto parametri ENF/PDE ed RST AT tra singolo tile e 4 tile . .
Confronto RN OISE tra singolo tile e 4 tile . . . . . . . . . . . . . . . .
Misure risoluzione al variare della tensione di polarizzazione. . . . . .
Confronto dati ottenuti da risultati sperimentali e stime teoriche. . .
Parametri SiPM e risoluzione energetica al variare della temperatura.
Misure di tipo "Grid" con singolo tile e 4 tile. . . . . . . . . . . . . . .
Risoluzione spaziale e FOV per singolo tile e 4 tile. . . . . . . . . . .
.
.
.
.
.
.
.
.
106
109
109
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117
121
127
130
Introduzione
Il seguente elaborato di tesi è frutto del lavoro svolto presso il laboratorio di Rivelatori di
Radiazione ed Elettronica a Basso Rumore del Dipartimento di Elettronica, Informazione
e Bioingegneria del Politecnico di Milano nell’ambito della rivelazione di radiazione
gamma per imaging diagnostico biomedicale.
Nell’arco degli ultimi decenni è maturato, in campo medico, un crescente interesse
verso lo sviluppo di tecniche innovative nel settore della diagnostica a fronte della
possibilità di integrare in un unico strumento tecniche di imaging di tipo anatomico e
funzionale. Sistemi diagnostici di medicina nucleare come ad esempio la SPECT (Single
Photon Emission Computed Tomography) e la PET (Positron Emission Tomography)
forniscono informazioni funzionali utili alla comprensione di processi metabolici in
cellule, tessuti e organi, sia per condizioni fisiologiche che patologiche. Le tecniche per
imaging anatomico come la CT (Computer Tomography) e l’MRI (Magnetic Resonance
Imaging), forniscono invece immagini morfologiche precise ed accurate delle strutture
indagate. E’ quindi evidente che l’acquisizione simultanea di immagini con caratteristiche
complementari, funzionali ed anatomiche, potrebbe consentire di ottenere risultati ricchi
di informazioni da un punto di vista diagnostico con conseguente ottimizzazione della
terapia applicata. Non sorprende quindi che sistemi SPECT/CT e PET/CT, oggetto
di forte innovazione e ricerca negli ultimi decenni, siano ormai sistemi capillarmente
diffusi nella pratica ospedaliera.
La frontiera dell’ultimo decennio mira alla sostituzione della CT con la risonanza
magnetica, grazie alla possibilità di ottenere una risoluzione spaziale estremamente
elevata, inferiore ai 500 µm, un miglior contrasto tra tessuti molli e una riduzione della
dose di radiazioni ionizzanti rilasciata sul paziente. Lo sviluppo e l’integrazione di
sistemi PET/MRI e SPECT/MRI rappresenta quindi a tutti gli effetti lo stato dell’arte
nella ricerca dell’imaging biomedicale.
In questo contesto si colloca il progetto europeo INSERT (INtegrated SPECT/MRI
for Enhanced Stratification in Radio-chemoTherapy) che si propone di sviluppare un
innovativo sistema clinico di imaging multi-modale per lo studio di patologie tumorali
Introduzione
nell’ambito della neuro-oncologia. L’obiettivo è la realizzazione di un sistema SPECT
che possa essere inserito nel bore di risonanze magnetiche commerciali per l’acquisizione
simultanea di informazioni funzionali e anatomiche, consentendo di migliorare la definizione della biologia del tumore e di fornire informazioni rilevanti per un trattamento
personalizzato e maggiormente efficace.
Il Politecnico di Milano si occupa di coordinare tale progetto ed è responsabile
dello sviluppo dell’unità fondamentale del sistema SPECT, costituito da un modulo di
rivelazione gamma. Il principio di funzionamento su cui si basa la rivelazione è quello a
conversione indiretta tramite architettura ad Anger camera, in cui viene utilizzato un
cristallo scintillatore monolitico che ha la funzione di assorbire i raggi gamma incidenti
convertendoli in un flash di fotoni nel visibile, facilmente rivelabili da una matrice di
fotorivelatori. Ciascun fotorivelatore fornisce un segnale elettrico, proporzionale alla
luce raccolta, che viene letto e filtrato da un’apposita elettronica integrata a basso
rumore e infine digitalizzato da un sistema di acquisizione.
Come elemento base per la fotorivelazione è stato scelto il Silicon PhotoMultiplier
(SiPM), dispositivo innovativo nel campo della rivelazione di radiazioni gamma e
ormai affermata alternativa ai tubi fotomoltiplicatori (PMT). I SiPM, infatti, oltre ad
un’elevata sensibilità e un basso rumore elettronico, offrono una struttura compatta e
compatibilità ai campi magnetici. In particolare quest’ultima caratteristica unita alle
elevate prestazioni in termini di timing (circa 300 ps) ha favorito nell’ambito della ricerca
l’implementazione di tali dispositivi in moduli di rivelazione PET per sistemi PET/MRI.
Grazie ad una rapida evoluzione tecnologica, che vede la progressiva riduzione del
rumore e l’aumento dell’efficienza quantica, i SiPM possono essere candidati validi
per la realizzazione di rivelatori in sistemi SPECT, in cui l’energia della radiazione di
interesse assume valori minori rispetto quelli della PET.
In questo ambito si inserisce l’attività relativa al seguente elaborato di tesi che presenta come obiettivo la caratterizzazione in termini di risoluzione energetica, risoluzione
spaziale e campo di vista di un primo prototipo di rivelatore gamma per INSERT per
confermare sperimentalmente la validità di risultati ottenuti da simulazioni Monte Carlo
sui quali si basano i requisiti del progetto. Nel dettaglio, le principali specifiche del
modulo, data una radiazione gamma a 140 keV (99m Tc), sono risoluzione energetica
inferiore al 12%, risoluzione spaziale inferiore al millimetro e campo di vista di almeno
4, 5 × 4, 5 cm2 .
Per le misure di caratterizzazione, è stata appositamente sviluppata un’Anger camera con elettronica di lettura a discreti che consente l’acquisizione e l’elaborazione del
segnale in uscita dai fotorivelatori SiPM.
xix
Introduzione
Nel primo capitolo del seguente elaborato di tesi vengono introdotte le tecniche di
imaging diagnostico multimodale delineando gli aspetti fondamentali delle metodiche
SPECT, PET e MRI. Successivamente viene descritto il progetto INSERT elencando le
specifiche a cui deve sottostare il modulo di rivelazione e che dovranno essere confermate
in fase di misura sperimentale.
Nel secondo capitolo dopo aver descritto il principio di funzionamento dell’Anger
camera sul quale si basa il modulo base di rivelazione del sistema SPECT , vengono
descritti il funzionamento e i parametri caratteristici del SiPM, dispositivo innovativo e
ad oggi mai utilizzato nell’ambito della rivelazione gamma a bassa energia. Per poter
valutare le prestazioni del sistema da un punto di vista della risoluzione energetica, ne
viene effettuata una stima teorica basata sui parametri del modulo base di rivelazione.
Nel terzo capitolo viene delineato il set-up implementato per le misure sperimentali
di caratterizzazione del modulo di rivelazione: sono descritti i processi logici per
l’acquisizione e l’elaborazione del segnale con i rispettivi circuiti e sono descritte le
schede elettroniche progettate per il supporto e l’ottimizzazione dell’attività sperimentale
di misura e debug.
Nel quarto capitolo sono presentati i risultati sperimentali ottenuti riguardanti
sia misure di spettroscopia che di ricostruzione spaziale. Le misure di spettroscopia,
finalizzate alla determinazione della risoluzione energetica, sono state eseguite a diverse
temperature e diverse tensioni di polarizzazione dei SiPM per studiare l’andamento delle
prestazione del sistema al variare di tali parametri. Le misure per la ricostruzione, volte
alla valutazione della risoluzione spaziale, sono state effettuate con radiazione collimata
in punti distinti del piano, in modo da stimare l’accuratezza nella ricostruzione del
modulo. Le prestazioni complessive sono, infine, confrontate con le specifiche imposte
dal progetto INSERT.
xx
Capitolo 1
Il progetto INSERT
In ambito medico, durante gli ultimi decenni si sta assistendo ad un interesse sempre
maggiore verso le tecniche di imaging multimodale. Questo nuovo approccio si basa
sull’utilizzo contemporaneo di diverse tecniche per l’acquisizione delle immagini che
consente di integrare informazioni complementari e fornisce come risultato un’immagine
più completa di quella che si otterrebbe sommando le informazioni prese singolarmente.
Nel seguente capitolo, dopo aver fornito una panoramica relativa all’imaging multimodale
in ambito diagnostico, vengono descritti gli aspetti principali relativi alle metodiche
SPECT, PET ed MRI che rappresentano le tecniche base per apparati più complessi come
SPECT/MRI e PET/MRI. Nel contesto dell’imaging multimodale viene presentato
il progetto INSERT (Integrated SPECT/MRI for Enhanced Stratification in RadiochemoTherapy) il quale si pone come obiettivo ultimo la realizzazione di un sistema
SPECT/MRI per lo studio di gliomi, con lo scopo di consentire una caratterizzazione
quantitativa e più accurata dei tumori più o meno sensibili alle radio-terapie e che
necessitano trattamenti personalizzati.
Capitolo 1. Il progetto INSERT
1.1
Imaging diagnostico multimodale
L’evoluzione delle tecnologie ha dato origine a sistemi capaci di risolvere problemi di
carattere conoscitivo in ambito medico, fornendo mezzi per osservare l’interno del corpo
a fini diagnostici, prognostici e terapeutici. In questo contesto, l’imaging biomedicale è
una tecnica usata per creare immagini delle strutture interne dell’organismo per scopi
clinici e diagnostici.
L’imaging diagnostico può essere generalmente suddiviso in due tipologie: anatomico e funzionale. L’imaging anatomico, di cui fanno parte la X-ray CT (Computed
Tomography) e la Risonanza Magnetica (MRI, Magnetic Resonance Imaging), permette
di ottenere informazioni morfologiche sui dettagli delle strutture interne con un’elevata
risoluzione spaziale. L’imaging funzionale, invece, consente di indagare la funzionalità
degli organi interni, studiando dall’esterno la distribuzione spazio-temporale di sostanze
marcate correlate a specifici processi metabolici. Quest’ultima tipologia di imaging comprende tecniche di medicina nucleare ad emissione di radiazione quali la SPECT (Single
Photon Emission Computed Tomography) e la PET (Positron Emission Tomography),
descritte nel paragrafo successivo.
Ogni immagine biomedica risulta essere, dunque, una rappresentazione parziale del
corpo umano, qualunque sia la tecnica che l’ha prodotta. L’integrazione di diverse
metodiche ha portato allo sviluppo di sistemi multimodali con conseguente arricchimento
delle informazioni utili per le diagnosi e un migliore trattamento successivo.
In ambito clinico e preclinico è possibile identificare diverse famiglie di imaging
multimodale esistenti attualmente sul mercato, principalmente i sistemi PET/CT,
SPECT/CT, PET/MRI. Con l’evoluzione della tecnologia inerente alle sequenze MRI,
le immagini di risonanza magnetica consentono di ottenere informazioni superiori,
rispetto all’esame CT, ad esempio riguardo alla caratterizzazione dei tessuti molli e alla
detection dei tumori.
La combinazione di un’immagine funzionale, come la PET, con una anatomica,
come la MRI, permette di poter abbreviare i tempi di esecuzione dell’esame e di poter
determinare in modo accurato la localizzazione anatomica delle lesioni funzionalmente
sospette, con conseguente minore disagio per il paziente. Un altro vantaggio è l’uso dei dati MRI ad alta risoluzione spaziale per correggere gli artefatti da movimento [1].
Di seguito vengono forniti cenni relativi al funzionamento di sistemi di imaging nucleare
(SPECT e PET) e risonanza magnetica (MRI), rimandando a testi più completi per
maggiori dettagli [2, 3].
2
Capitolo 1. Il progetto INSERT
1.1.1
Metodiche SPECT e PET
Le metodiche SPECT e PET, nell’ambito della diagnostica medica, appartengono alla
branca della medicina nucleare e il loro tipo di funzionamento sfrutta i principi della
rivelazione di radiazioni, come descritto di seguito:
SPECT (Single Photon Emission Computed Tomography)
Al fine di tracciare le molecole metabolicamente attive, vengono utilizzati composti
radioattivi che emettono radiazioni gamma isotropicamente. Un set di rivelatori planari
permette di effettuare la rivelazione dei fotoni gamma in più direzioni come mostrato in
Figura 1.1. Attraverso un apposito sistema di collimazione, vengono selezionate solo le
radiazioni perpendicolari ai sistemi di rivelazione in modo da ottenere un’informazione
relativa alle coordinate spaziali di emissione.
Figura 1.1 Schematizzazione della struttura di rivelatori per la tecnica SPECT. Attraverso
i collimatori vengono selezionate solo le radiazioni perpendicolari ai piani dei sistemi di
rivelazione. Il posizionamento ad anello dei sistemi di rivelazione permette di ricostruire
via software una localizzazione tridimensionale del radiotracciante. Per contro il sistema di
collimazione riduce la sensitività del sistema.
L’informazione raccolta dai rivelatori posizionati in modo circolare attorno il composto radioattivo permette la ricostruzione tridimensionale della distribuzione della
sostanza marcata nell’organismo.
L’utilizzo di collimatori limita la sensitività del sistema dato che gran parte della
radiazione viene scartata.
I radionuclidi principalmente utilizzati sono il Tecnezio 99 metastabile (99m T c),
il Gallio 67 (67 Ga), l’Indio 111 (111 In), lo Iodio 123 (123 I) e il Tallio 201 (123 I) che
emettono radiazioni gamma a bassa energia (fino a circa 300 keV ) e sono caratterizzati
da un tempo di emivita dell’ordine di qualche ora.
3
Capitolo 1. Il progetto INSERT
PET (Positron Emission Tomography)
Nella seguente metodica un isotopo radioattivo viene legato alla molecola attiva a livello
metabolico. Dopo un periodo di attesa la molecola si concentra nel tessuto di interesse
e l’isotopo decade spontaneamente emettendo un positrone. Tale particella viaggia
nel tessuto per una breve distanza (tipicamente pochi millimetri) perdendo energia
cinetica fino a che interagisce con un elettrone [4]. L’incontro provoca l’annichilazione
delle particelle e la generazione di una coppia di fotoni gamma entrambi con energia
Eγ = 511 keV emessi in direzioni opposte tra loro, come mostrato alla Figura 1.2.
Figura 1.2 (Sinistra) rappresentazione del decadimento di un isotopo che porta all’emissione
di un positrone. Dopo un percorso di pochi millimetri il positrone si annichila con un elettrone
emettendo radiazioni γ in direzioni opposte all’energia di 511 keV . (Destra) rappresentazione
della struttura di rivelazione PET, i moduli di rivelatori disposti ad anello permettono di
selezionare eventi in posizioni diametralmente opposte con coincidenza temporale.
L’elemento cardine della metodica PET è la rivelazione simultanea della coppia di
fotoni generati dal processo di annichilazione: se viene meno la simultaneità di cattura
delle radiazioni da parte di detector situati in posizioni opposte l’evento viene scartato.
Una caratteristica favorevole per l’utilizzo di questa tecnica è il fatto che l’emissione
di fotoni gamma avviene solo lungo una certa direzione: non occorre alcuna collimazione
per risalire alla coordinata di origine dell’evento, cosa che migliora la sensitività del
sistema rispetto a quella della SPECT. In aggiunta, si ha a che fare con fotoni più
energetici (Eγ = 511 keV ) che permettono di ottenere un rapporto segnale/rumore
elevato a livello del rivelatore.
Per contro i radionuclidi utilizzati nella PET sono isotopi con breve tempo di
dimezzamento come il Carbonio 11 (11 C), l’Azoto 10 (10 N ), l’Ossigeno 15 (15 O) e
il Fluoro 110(110 F ), cosa che comporta la necessità di disporre di un ciclotrone in
prossimità del macchinario di scansione. Riguardo tale caratteristica la misura SPECT
risulta vantaggiosa dato che viene effettuata con radionuclidi con tempo di emivita
nell’ordine delle ore.
4
Capitolo 1. Il progetto INSERT
Relativamente alla precisione di localizzazione del radiofarmaco, la PET risulta in
linea di principio meno performante rispetto la SPECT dato che l’emissione del raggio
gamma avviene alla distanza di qualche millimetro dalla posizione dell’isotopo.
Un altro aspetto negativo è l’impossibilità di monitorare processi metabolici diversi
durante una stessa misura dato che i fotoni gamma emessi dopo il meccanismo di
annichilazione trasportano un energia fissa. Viceversa nella tecnica SPECT sono i
radionuclidi stessi che emettono radiazioni quindi l’utilizzo simultaneo di radiotraccianti
differenti rende possibile il monitoraggio di diverse funzionalità dell’organismo.
1.1.2
Tecnica della Risonanza Magnetica
La Risonanza Magnetica (in inglese Magnetic Resonace Imaging - MRI) è una tecnica
di imaging utilizzata per investigare l’anatomia e la fisiologia del corpo. Le particelle
responsabili del segnale alla base della formazione delle immagini MRI sono i protoni, i
quali sono principalmente localizzati in tessuti contenenti molecole d’acqua e hanno la
caratteristica di ruotare attorno ad un asse (chiamato spin) generando un microscopico
campo magnetico. In condizioni stazionarie i campi magnetici dei protoni sono orientati
casualmente e il vettore magnetico risultante dalla loro somma è nullo.
Quando lo scanner dell’MRI genera un forte campo magnetico costante B0 attorno
all’area di cui si intende creare l’immagine i protoni si orientano tutti lungo la stessa
direzione del campo. Questo orientamento può avvenire in maniera parallela, condizione
di bassa energia o antiparallela, condizione di alta energia. I protoni paralleli sono
in numero superiore a quelli antiparalleli provocando un vettore di magnetizzazione
risultante M orientato parallelamente a B0 . In queste condizioni ciascun protone assume
un moto rotatorio (di "precessione") attorno al proprio asse orientato nella direzione del
campo ma con fasi diverse, come mostrato in Figura 1.3.
La frequenza di precessione è caratteristica di ogni elemento atomico (frequenza di
Larmor), nel caso della risonanza magnetica vengono utilizzati i protoni dell’idrogeno
abbondanti nei tessuti ricchi di acqua. Per mettere in risonanza tali protoni, si invia
un’onda radio (RF) con frequenza pari alla frequenza di Larmor per l’Idrogeno. L’onda
RF può essere di due tipi: impulso a 90◦ o impulso a 180◦ ; il primo determina la
sincronizzazione dei protoni nella stessa fase di precessione dando luogo ad un vettore
di magnetizzazione trasversale con componenti anche sul piano (x,y), il secondo provoca
il passaggio di alcuni protoni dalla condizione di bassa energia (spin parallelo) alla
condizione di alta energia (spin antiparallelo).
Cessato l’impulso RF avvengono due eventi:
5
Capitolo 1. Il progetto INSERT
Figura 1.3 Rappresentazione dell’orientamento dell’asse dei protoni di un materiale sottoposto a campo magnetico costante B0 . Gli spin assumono direzione concorde a quella campo,
il moto di precessione avviene attorno a questa direzione. Il numero di protoni orientati in
direzione parallela al campo magnetico è in numero maggiore rispetto a quello dei protoni in
direzione antiparallela, ne consegue che il vettore risultate di magnetizzazione M è orientato
lungo la direzione del campo.
• ritorno al livello energetico basso da parte dei protoni che avevano subito un
inversione di direzione.
• desincronizzazione della precessione dei protoni con conseguente decadimento
della magnetizzazione trasversale.
Come mostrato in Figura 1.4 il rilassamento dei protoni avviene con due costanti di
tempo distinte. La costante T1 indica la rapidità con cui si ristabilisce il momento M
del campo B0 : andamento esponenziale rappresentato in Figura 1.4a. La costante T2
indica, invece, il tempo di annullamento della componente di magnetizzazione trasversale
determinata dalla sincronizzazione di fase dei movimenti di precessione, anch’essa può
essere rappresentata da una funzione esponenziale come indicato in Figura 1.4b
Il moto del vettore M è in grado di indurre ai capi di una bobina ricevente una forza
elettromotrice che rappresenta il segnale della risonanza magnetica. Il segnale dell’MRI
dipende quindi dai parametri T1, T2, e dal numero totale di protoni provvisti di spin
per unità di volume (densità protonica - DP). In base la sequenza di impulsi RF scelti
si possono ottenere informazioni relative a diversi tipi di tessuti.
Da un punto di vista della struttura del sistema, le bobine a radiofrequenza riceventi si
trovano all’interno del magnete principale e sono una per ogni piano geometrico in modo
da poter monitorare nelle tre dimensioni le variazioni del vettore di magnetizzazione M.
Il campo magnetico all’interno delle bobine non è omogeneo ma è caratterizzato da un
6
Capitolo 1. Il progetto INSERT
(a) Funzione che descrive la rapidità con
cui si ristabilisce il momento M del campo
B0 .
(b) Funzione che descrive l’annullamento della componente di magnetizzazione
trasversale (componente x,y) del vettore
M.
Figura 1.4 Andamenti del vettore di magnetizzazione M in funzione del tempo durante il
processo di rilassamento dei protoni.
gradiente, questo permette di ottenere un segnale lievemente diverso in base al punto
di emissione e di risalire quindi alla regione spaziale di interesse.
L’MRI, visto il suo principio di funzionamento è particolarmente indicata nello
studio di tessuti molli fornendo un eccellente risoluzione di contrasto tra strati di diverso
tipo. È una tecnica non invasiva che non richiede radiazioni ionizzanti e permette di
ottenere immagini diverse a seconda della struttura anatomica studiata.
Vengono ora descritti i metodi di integrazione delle due tecniche di imaging funzionale
e anatomica.
1.1.3
Sistemi PET/MRI e SPECT/MRI
Esistono due possibili approcci che permettono la combinazione di due sistemi di imaging
complementari, ad esempio di una PET con una MRI [5]: l’architettura sequenziale e
l’architettura integrata.
Il primo approccio consiste nell’effettuare due acquisizioni distinte e sequenziali
(o tandem), in cui lo scanner PET è in posizione adiacente rispetto alla risonanza
magnetica, come mostrato in Figura 1.5a. Questa configurazione necessita di modifiche
minime per adattare i due sistemi a lavorare in sequenza e in modo complanare. Inoltre
lo scanner della PET non è soggetto a tutti i vincoli geometrici e dimensionali dettati
dal bore cilindrico della risonanza magnetica. Tuttavia la presenza dell’intenso campo
magnetico creato dalla risonanza richiede l’installazione di schermature magnetiche e di
apparati di rivelazione gamma compatibili. Lo svantaggio principale in ambito clinico
della sequenza tandem è che l’acquisizione nelle due modalità non è contemporanea,
7
Capitolo 1. Il progetto INSERT
di conseguenza sono richiesti complessi software dedicati per la co-registrazione delle
immagini e la loro integrazione.
Un’architettura che permette di superare gli svantaggi introdotti dalla sequenza
tandem è quella rappresentata in Figura 1.5b, che consiste in una singola strumentazione bi-modale in cui gli strumenti possono funzionare simultaneamente. Questa
configurazione comporta l’inserimento di uno scanner PET o all’interno del bore del
sistema MRI, o addirittura integrato all’interno dell’MRI stessa. Di conseguenza la
PET, e a seconda del grado di integrazione anche l’MRI, devono essere riprogettate
per adattarsi ai vincoli imposti dal reciproco inserimento, con conseguente aumento dei
costi rispetto al sistema tandem. Sono quindi richieste notevoli e numerose specifiche di
progetto, prima fra tutte l’insensibilità al campo magnetico dei dispositivi usati per la
rivelazione, tra cui i cristalli scintillatori, i rivelatori e l’elettronica di lettura. Inoltre,
(a) Architettura sequenziale in cui il paziente
viene spostato in sequenza tra i due sistemi
separati.
(b) Architettura simultanea in cui il paziente è inserito in un sistema che consente un
acquisizione bimodale.
Figura 1.5 Possibili geometrie per sistemi multimodali PET/MRI. I due sistemi possono
essere separati o integrati tra loro.
l’inserimento di un sistema PET potrebbe d’altra parte causare inomogeneità nel campo
magnetico, col risultato di produrre artefatti nelle immagini MRI [6, 7].
La combinazione dell’esame MRI con la PET mira nei prossimi anni a portare sul
mercato primi sistemi clinici che combinano l’elevata risoluzione spaziale (tipicamente
∼ 400 µm per sistemi MRI da 3 T) e l’eccellente contrasto della risonanza magnetica
con l’alta sensitività della PET. Attualmente, notevoli sono gli sforzi nell’ambito dei
progetti di ricerca per questo tipo di sistema. Si possono citare a titolo di esempio:
• Hyper Image: "Simultaneous TOF-PET/MR imaging", che si propone di sviluppare una tecnologia di photodetector compatibile con la MRI e con una elevata
risoluzione temporale (<200 ps) [8];
8
Capitolo 1. Il progetto INSERT
• Sublima: "PET/MR combined for maximal efficiency", con l’obiettivo di massimizzare il numero di fotoni rivelati (>40%), ottimizzando il materiale e la
geometria del cristallo scintillatore utilizzato, introducendo una nuova tecnologia
per l’accoppiamento ottico con un fotorivelatore digitale [9];
• Spadnet: sviluppo di un modulo PET/MRI per piccoli animali e per il cervello
utilizzando un array di SPAD implementati con tecnologia CMOS [10, 11];
• Seoul National University: Prototipo PET per piccoli animali e sistema PET/MRI
usando Silicon Photomultiplier (SiPM) nello scanner PET [12];
• Nagoya University (Giappone): Utilizzo di SiPM per lo sviluppo di un sistema
integrato PET/MRI [13].
Inoltre è presente attualmente sul mercato uno scanner clinico PET/MRI della Siemens:
Biograph mMR con MRI di 3 T [14] .
La SPECT può essere considerata un’alternativa complementare alla PET per sistemi
integrati poiché, ad esempio, consente l’utilizzo simultaneo di più traccianti facilmente
accessibili e in linea di principio una risoluzione spaziale migliore. Lo sviluppo di sistemi
integrati SPECT/MRI risulta ad oggi in una fase più embrionale rispetto ai sistemi
PET/MRI, principalmente per due ragioni: la compatibilità magnetica dei collimatori,
assenti nella PET, e la difficoltà di realizzare sistemi stazionari con sufficiente numero
di proiezioni angolari [15]. Non sorprende, quindi, che quasi la totalità dei progetti
SPECT/MRI sia focalizzata sullo sviluppo di sistemi preclinici per piccoli animali,
elencati nel seguito:
• University of Illinois per lo studio di un prototipo di un sistema SPECT/MRI
per imaging in vivo su piccoli animali: fotorivelatori CdTe e CZT in un campo
magnetico di 3 T [16, 17];
• Johns Hopkins University, sviluppo di un sistema SPECT/MRI per piccoli animali
con fotorivelatori CZT in un campo di 3 T [18];
• University of California, studio di una nuova bobina RF e di una schermatura per
radiazione γ per migliorare la qualità delle immagini in un sistema SPECT/MRI:
fotorivelatori CZT in un campo magnetico di 4 T [19].
Tra questi gruppi di ricerca si inserisce anche il progetto INSERT, la cui peculiarità
e differenza sta nel dover realizzare come obiettivo finale un sistema clinico.
9
Capitolo 1. Il progetto INSERT
1.2
Progetto INSERT
Il progetto INSERT (INtegrated SPECT/MRI for Enhanced Stratification in RadiochemoTherapy) supportato dalla Comunità Europea, come anticipato si colloca nell’ambito dell’imaging multimodale proponendo un sistema SPECT/MRI. L’obiettivo del
progetto è quello di progettare, testare e validare un apparato SPECT che possa essere
inserito all’interno di un gantry MRI commerciale, senza i costi aggiuntivi di una riprogettazione dell’MRI stessa come schematizzato nella Figura 1.6 [20]. Il sistema SPECT
deve rispettare quindi le specifiche di compatibilità per poter funzionare correttamente
in presenza di campi magnetici e nello stesso tempo non deve indurre variazioni alle
linee di campo tipiche della risonanza magnetica.
Figura 1.6 Schema di principio del sistema SPECT/MRI da implementare al termine del
progetto INSERT. L’obiettivo è quello di inserire un sistema di rivelazione SPECT all’interno
del bore di una risonanza magnetica commerciale rispettando le specifiche di compatibilità
di funzionamento con il macchinario della MRI, senza la necessità di una riprogettazione di
quest’ultimo.
L’applicazione prevista si colloca nel campo della neuro-oncologia, l’obiettivo è
quello di offrire una diagnosi precoce dei tumori cerebrali (in particolare i Gliomi) e la
possibilità di effettuare terapie mirate per casi tumorali con specifiche caratteristiche
biologiche e istologiche.
Negli ultimi anni, assistiamo in campo medico allo sviluppo di un nuovo approccio
terapeutico che mira alla classificazione dei gliomi in base al rischio attraverso parametri
10
Capitolo 1. Il progetto INSERT
oggettivi: tale approccio eviterebbe di esporre i pazienti a trattamenti inappropriati,
permettendo la somministrazione di una dose specifica e personalizzata per il tumore e
il monitoraggio della risposta al trattamento, col risultato di ridurre l’elevata mortalità.
Per questo motivo è di notevole interesse lo sviluppo di un metodo che integri variabili
biologiche multiple in un modello di prognosi e in un trattamento applicabile ai pazienti
in modo personalizzato e localizzato.
In un contesto di questo tipo il sistema proposto dal progetto INSERT permette
l’integrazione dei punti di forza delle tecniche MRI e SPECT. In particolare l’elevato
contrasto dei tessuti molli ottenuto dalle immagini MRI permette un accurata localizzazione del tumore e un conseguente miglioramento del trattamento con radioterapia
della zona interessata. La possibilità di utilizzare diversi radiotraccianti nella SPECT
permette un’analisi biologica multiparametrica che a partire dall’osservazione di diversi
processi metabolici permette un’accurata classificazione del tumore.
Nell’ambito del progetto verranno realizzati due prototipi SPECT, uno dedicato
all’imaging preclinico (campo magnetico di 7 e 9, 4 T; diametro bore 20 cm) che sarà
utilizzato come punto di riferimento per un secondo sistema di imaging clinico (campo
magnetico di 3 T; diametro bore 59 cm). In particolare il sistema preclinico verrà
utilizzato per lo studio di modelli del glioma ricavati da topi e ratti, permettendo
l’identificazione dei tratti biologici che contraddistinguono il tumore attraverso una
tecnica di imaging in vivo non invasiva, che consente la stima della radio e chemio
sensitività al trattamento. Il sistema clinico finale, invece, permetterà di effettuare studi
diagnostici sul distretto testa-collo dell’uomo.
1.2.1
Il Consorzio INSERT
Il progetto INSERT coinvolge differenti partner europei, guidati dal Politecnico di
Milano, che sono elencati qui di seguito in quanto i loro studi e contributi saranno
menzionati in alcune sezioni e capitoli [21]:
• Politecnico di Milano (POLIMI-ITALY): studio delle specifiche del sistema, sviluppo del modulo di rivelazione e dell’elettronica di lettura, test del sistema e
coordinamento del progetto;
• Mediso Orvosi Berendezes Fejleszto es Szerviz Kft.(MEDISO-HUNGARY): sviluppo dei prototipi dei sistemi preclinico e clinico, sviluppo del software e dell’acquisizione dati, implementazione degli algoritmi di correzione e di ricostruzione e
caratterizzazione delle performance del sistema;
11
Capitolo 1. Il progetto INSERT
• Fondazione Bruno Kessler (FBK-ITALY): progettazione, design e realizzazione
dei fotorivelatori;
• Nuclearfields International BV (NUFI-The NETHERLANDS): sviluppo del sistema di collimazione compatibile con MRI;
• MRI.TOOLS GmbH (MRI.TOOLS-GERMANY): test di compatibilità dei sistemi
e dello sviluppo del coil RF del sistema;
• University College of London (UCL-UK): design del sistema, degli algoritmi e del
software di ricostruzione e calibrazione e trials clinici sul sistema sviluppato;
• Università Vita-Salute San Raffaele (HSR-ITALY): test del sistema SPECT con
la risonanza magnetica e trials clinici e preclinici dei sistemi sviluppati;
• Università degli Studi di Milano (UNIMI-ITALY): sviluppo di un modello di
studio per gli animali ed esperimenti preclinici;
• CROmed Kutató és Szolgáltató Központok Kft. (CROmed-HUNGARY): studio
dei modelli per animali, esperimenti preclinici e confronto tra il sistema INSERT
e gli altri sistemi in commercio.
1.2.2
Struttura del sistema INSERT
In Figura 1.7 viene mostrata la struttura del sistema preclinico che verrà realizzata nel
corso del progetto.
Al centro è posizionato il soggetto di cui si vuole fare l’imaging, attorno al quale è
collocata l’antenna a radiofrequenza (RF) per la risonanza del campo magnetico. Nello
strato successivo è posizionato il sistema di collimazione, infine sulla parte più esterna
sono installati i moduli di rivelazione.
Il laboratorio di rivelazione delle radiazioni in cui è stato portato avanti il lavoro per
il seguente elaborato di tesi si è reso responsabile della progettazione e della realizzazione
del modulo di rivelazione che verrà descritto nel seguito.
La parte della struttura MRI che verrà ridisegnata nel corso del progetto è l’antenna
a radiofrequenza (RF) ricevente/trasmittente per poter ottimizzare la qualità delle
immagini posizionandola il più vicino possibile al paziente.
12
Capitolo 1. Il progetto INSERT
Figura 1.7 Descrizione della struttura del sistema preclinico da realizzare per il progetto
INSERT. La struttura ad anello è modulare: ciascun elemento è costituito da un sistema
di raffreddamento, una matrice di fotorivelatori, un cristallo monolitico scintillatore e un
collimatore. All’interno dell’anello si trova l’antenna RF che ha la funzione di emettere e
ricevere segnali a radiofrequenza in modo da implementare i meccanismi per la risonanza
magnetica.
1.2.2.1
Il modulo di rivelazione
La funzione del modulo di rivelazione è la conversione dei raggi gamma in un segnale
elettrico, la cui ampiezza è proporzionale all’energia incidente, che poi viene elaborato
tramite un elettronica dedicata per ottenere immagini planari della distribuzione del
radiofarmaco. I parametri che caratterizzano i componenti del modulo di rivelazione
determinano le prestazioni del sistema SPECT in termini di risoluzione energetica,
risoluzione spaziale e campo di vista (FOV) desiderato.
L’unità di rivelazione fondamentale per il sistema SPECT di INSERT è una gamma
camera di area 5 cm × 5 cm basata sulla consolidata struttura di Anger, descritta nel
Capitolo 2.
L’architettura si basa su un cristallo scintillatore monolitico che converte l’energia
della radiazione gamma in fotoni luminosi rivelati da una matrice di rivelatori. Il segnale
in uscita dai fotorivelatori viene elaborato da un’apposita elettronica di lettura e inviato
al sistema di acquisizione (DAQ).
Ciascun modulo del sistema è un blocco compatto e indipendente, ciò garantisce un
alto grado di modularità e flessibilità e il campo di vista desiderato (FOV) può essere
ottenuto affiancando il numero necessario di unità fondamentali.
13
Capitolo 1. Il progetto INSERT
Nel caso in esame il modulo di rivelazione viene realizzato in modo da rispondere ai
seguenti requisiti di progetto:
• Useful Field of View (UFOV): 4, 5 cm × 4, 5 cm;
• Risoluzione spaziale intrinseca : minore uguale a 1 mm a 140 keV ;
• Risoluzione energetica: minore uguale al 12% a 140 keV ;
• Compattezza e modularità: possibilità di assemblare più moduli e formare un
ampia area di rivelazione.
• Compatibilità elettromagnetica: inserimento nel bore del sistema MRI.
Il lavoro svolto durante l’attività di tesi si è incentrato sulla caratterizzazione della
parte del modulo relativa alla conversione del segnale: scintillatore accoppiato a matrice
di fotorivelatori. L’obiettivo è quello di verificare che i requisiti imposti dal progetto
INSERT siano rispettati e dimostrare la fattibilità di realizzare una gamma-camera per
rivelazione SPECT basata su dispositivi SiPM.
Fotorivelatori SiPM
La matrice di fotorivelazione è popolata da dispositivi Silicon PhotoMultipliers (SiPM)
realizzati da FBK, Trento. Una descrizione dettagliata sul funzionamento di questi
dispositivi può essere trovata nel Capitolo 2 del seguente elaborato di tesi, dove si
descrivono il principio di funzionamento e i parametri di merito.
Il piano di rivelazione di un singolo modulo, come riportato in Figura 1.8, è composto
da 12 × 12 singoli SiPM, ciascuno di 4 mm × 4 mm di area attiva.
Si osserva che il piano di rivelazione è formato da 4 unità base (tile) di 6 × 6 SiPM.
I tile sono separati tra di loro da 100 µm di spessore, inteso come spazio di allineamento
tra le singole unità. Poiché un numero di canali pari a 144 introdurrebbe elevata
complessità in termini di elettronica di lettura, è stata considerata la possibilità di
cortocircuitare i terminali d’uscita a gruppi di 4 SiPM al fine di realizzare una rivelazione
a macro-celle e ridurre il numero di canali a 36. Questo tipo di operazione è stata
definita "channel merging" e la singola unità denominata "merged" è composta da 2 × 2
SiPM (8 mm × 8 mm di area attiva) [22]. Il singolo modulo avrà un’area complessiva
di rivelazione di 50.60 mm × 51.70 mm,ma togliendo l’area morta di rivelazione (dead
area) si ottiene un superficie attiva di 48 mm × 48 mm.
14
Capitolo 1. Il progetto INSERT
Figura 1.8 Modulo di rivelazione basato sui SiPM. Ogni matrice (tile) è costituita da 6 × 6
SiPM per un numero complessivo di 144 rivelatori su 4 tile. Le uscite di 4 SiPM adiacenti sono
cortocircuitate per poter ridurre il numero complessivo di canali, semplificando l’elettronica
per l’acquisizione e la l’elaborazione del segnale.
Cristallo scintillatore
La funzione del cristallo scintillatore è quella di convertire l’energia della radiazione
gamma incidente in fotoni di luce che possono essere raccolti e convertiti in segnale utile
da parte dei fotorivelatori. La scelta del cristallo scintillatore non è secondaria dato che
influenza le specifiche del sistema come la risoluzione spaziale, risoluzione energetica,
efficienza di assorbimento e campo di vista utile.
Per il progetto INSERT è stato scelto un cristallo di Ioduro di Cesio attivato con
Tallio CsI(Tl): i motivi principali della scelta sono l’elevato numero di fotoni emessi
per unità di energia della radiazione incidente e l’insensibilità al campo magnetico.
Considerazioni dettagliate sulla scelta del materiale e la sua geometria saranno effettuate
alla Sezione 3.1.
1.2.3
Design e prestazioni del sistema preclinico
Come già accennato, nel corso del progetto saranno realizzati un sistema clinico e uno
preclinico.
Il sistema preclinico è composto da un anello circolare di 10 moduli di rivelazione
SPECT che verrà montato nel bore della MRI di diametro 20 cm.
Tra le specifiche richieste dal sistema preclinico particolarmente rilevante è la risoluzione energetica, poiché condiziona la possibilità di realizzare l’acquisizione simultanea
di diversi radionuclidi. Ad esempio si desidera un valore prossimo al 10% a 140 keV
per realizzare un’acquisizione simultanea con 99m T c (140 keV) e 123 I (159 keV), dato
15
Capitolo 1. Il progetto INSERT
che presentano picchi di emissione molto vicini tra loro nello spettro. La Tabella 1.1
riporta i radionuclidi che si prevede di utilizzare nel sistema preclinico.
Tabella 1.1
Radionuclidi utilizzati nella tecnica SPECT per il sistema preclinico.
Radionuclide
99m
Tc
I
111
In
177
Lu
131
I
123
Energia
140
159
171/245
113/208
365
keV
keV
keV
keV
keV
La sensitività è un altro parametro di merito del sistema, essa incide notevolmente
sulla durata dell’esame diagnostico ed è strettamente legata alla tecnica di collimazione
adottata. Per ottenere un’accettabile qualità dell’immagine occorre acquisire un numero
minimo di conteggi, tanto maggiore è la sensitività del sistema tanto minore è il tempo
richiesto per ottenerli. In INSERT il sistema di collimazione è basato su collimatori
multi-pinhole, come mostrato in Figura 1.9, caratterizzati da fori quadrati tramite i
quali è possibile affiancare proiezioni differenti, senza sovrapposizioni, su un singolo
modulo di rivelazione.
Figura 1.9 Rappresentazione di una porzione del sistema preclinico in cui si osserva al
centro della struttura il collimatore multi-pinhole con fori quadrati che permette di affiancare
proiezioni differenti senza sovrapposizioni sul modulo di rivelazione.
I parametri del collimatore sono scelti in modo da fornire prestazioni ottimali con
un compromesso adeguato tra sensitività e risoluzione spaziale.
1.2.4
Design e prestazioni del sistema clinico
Nella seconda fase del progetto verrà realizzato il prototipo clinico, mostrato in Figura
1.10.
16
Capitolo 1. Il progetto INSERT
Figura 1.10 Rappresentazione del sistema INSERT clinico. I moduli di rivelazione sono
disposti ad anello e sono inseriti all’interno della struttura MRI. Come supporto meccanico
al set di rivelatori si predispone di un lettino sul quale verrà appoggiata anche la testa del
paziente.
Il sistema clinico è pensato per l’imaging dell’intera zona testa/collo del paziente
per diagnosi su tessuti interessanti il cervello ed il tronco encefalico, senza la necessità
di informazioni a priori sulla localizzazione del tumore derivanti da altre modalità.
I requisiti richiesti al modulo di rivelazione sono gli stessi di quelli del sistema
preclinico.
Le ultime decisioni portano ad un disegno dell’anello SPECT aperto a 21 moduli
fisso, senza la necessità di alcuna rotazione del sistema. Dalle simulazioni realizzate
in fase di studio si nota che questo numero di rivelatori consente di ottenere una
sensitività e una qualità dell’immagine ottimali e l’aggiunta di moduli di rivelazione
non comporterebbe miglioramenti sostanziali.
Nel complesso le scelte sono state effettuate per implementare una struttura che
ottimizzi il costo, il peso e la dimensione totale del sistema a fronte di un soddisfacimento
delle prestazioni richieste.
Come per il sistema preclinico, anche in questo caso la specifica sulla risoluzione
energetica (10% a 140 keV ) è legata alla scelta dei radionuclidi da utilizzare. Nel sistema
clinico questa scelta sarà limitata a 99m T c, 123 I e 177 Lu.
Lo spessore del cristallo viene scelto in modo da ottimizzare l’efficienza di assorbimento ad alte energie, ad esempio a 365 keV , a fronte della necessità di ridurre il più
possibile lo spessore per ottimizzare la risoluzione spaziale intrinseca.
Altro parametro importante per la sua influenza sulle prestazioni del sistema complessivo è la temperatura: un livello termico controllato e costante permette il corretto
17
Capitolo 1. Il progetto INSERT
funzionamento dei dispositivi rivelatori. Il sistema di raffreddamento è quindi parte
integrante della struttura e implica un isolamento termico e una protezione meccanica
contro l’umidità. Oltre a raffreddare e mantenere costante la temperatura del modulo di
rivelazione, il sistema di raffreddamento viene utilizzato per dissipare il calore generato
dall’elettronica in corrispondenza di ogni modulo.
I materiali più idonei per la realizzazione dell’anello di supporto sono le materie
plastiche, grazie al basso grado di assorbimento delle radiazioni, alla capacità di isolamento elettrico, alla facilità di fabbricazione e alla compatibilità con il sistema MRI.
La possibilità di modificare i singoli moduli separatamente semplificherà le eventuali
operazioni di riparazione del sistema, ma implica che siano previste schermature per la
luce e protezioni per l’umidità singole per ogni photodetector.
18
Capitolo 2
Il Silicon PhotoMultiplier per la
rivelazione gamma
Il modulo di conversione energia-segnale implementato in un Anger camera classica
consiste in un cristallo scintillatore monolitico accoppiato ad una matrice di fotorivelatori, generalmente tubi fotomoltiplicatori (PMT). L’aspetto innovativo del sistema di
rivelazione implementato per il modulo di INSERT è quello di utilizzare una matrice
di Silicon PhotoMultiplier al posto dei classici fototubi. Questa scelta consente di realizzare un blocco maggiormente compatto e insensibile al campo magnetico, parametro
fondamentale per il sistema in esame, volto alla realizzazione di una tecnica di imaging
SPECT/MRI. Nel seguente capitolo viene descritto il modulo di rivelazione Anger
classico e successivamente il funzionamento e i parametri di merito dei SiPM. A partire
dai parametri del blocco di rivelazione della gamma camera viene, infine, effettuata una
stima teorica della risoluzione energetica del sistema complessivo, che risulterà un punto
di riferimento per le considerazioni riguardo i risultati delle misure sperimentali.
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
2.1
Sistema di rivelazione gamma - Anger camera
Un sistema o "modulo" per la rivelazione di radiazioni gamma è un apparato che
permette di convertire l’energia della radiazione rivelata in un segnale elettrico di entità
proporzionale.
Nel caso particolare del progetto INSERT e quindi del lavoro svolto per questo
elaborato di tesi, si ha l’obiettivo di creare un sistema che, oltre a rivelare la radiazione
e fornirne un segnale elettrico proporzionale, sia in grado di ricostruire un’immagine
fedele dei punti di interazione della radiazione con il sistema.
La formazione di un’immagine necessita la decodificazione dell’informazione spaziale
tramite alcuni passaggi nel processo di rivelazione. La tecnica implementata nel progetto
è quella con singolo cristallo continuo accoppiato ad un array di fotorivelatori. Questo
dispositivo fornisce più segnali che possono essere processati per stimare le coordinate
spaziali e l’energia relativi ai singoli raggi gamma incidenti [23].
Il principio descritto è quello da cui deriva l’architettura dell’Anger camera (dal
nome del fisico Hal Anger che la ideò nel 1957), sviluppata per le misure sperimentali di
imaging, i cui risultati sono riportati in seguito e sulla quale si basa l’unità fondamentale
del progetto INSERT.
L’architettura di Anger originaria viene schematizzata nella Figura 2.1 [23].
Figura 2.1 Schematizzazione dell’architettura Anger camera: il collimatore seleziona le
radiazioni perpendicolari al sistema, il cristallo scintillatore monolitico congiuntamente alla
matrice di fotorivelatori convertono la radiazione in segnale elettrico, la guida di luce prima
del cristallo permettere una maggiore diffusione della luce, l’elettronica a valle dei rivelatori
processa e digitalizza il segnale, il computer viene utilizzato per l’elaborazione dati.
Questa struttura effettua una conversione indiretta del segnale che consiste nel
trasdurre l’energia della radiazione in segnale elettrico attraverso due passaggi successivi.
Un cristallo scintillatore monolitico assorbe il fotone gamma e genera una quantità
di fotoni di luce (a bassa energia) proporzionale all’energia della radiazione assorbita
secondo un guadagno caratteristico del materiale (Yield). La propagazione della luce
20
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
avviene in modo isotropico nel materiale e viene rivelata da una matrice di tubi
fotomoltiplicatori (PMT), ciascuno dei quali fornisce un segnale elettrico proporzionale
al numero di fotoni ricevuti. La somma delle ampiezze dei segnali è una quantità
proporzionale all’energia della radiazione originaria.
La doppia conversione è opportuna dal momento che le energie delle radiazioni
gamma incidenti sono superiori ai 100 keV : a tali energie il fotocatodo in GaP del tubo
fotomoltiplicatore ha un’efficenza quantica troppo bassa per poter fornire informazione
sufficiente. Lo scintillatore invece, si caratterizza per avere un’efficienza di assorbimento
elevata fino ad alte energie permettendo la rivelazione di radiazioni con volumi limitati.
Davanti al cristallo viene posto un collimatore (solitamente piombo o tungsteno) con
lo scopo di bloccare tutte le radiazioni non perpendicolari al piano dello scintillatore.
Il vantaggio nell’utilizzo del collimatore sta nel fatto che il punto di scintillazione ha
coordinata coerente con quella di emissione del raggio gamma; per contro si ha una
grande penalizzazione da un punto di vista della sensibilità del sistema dato che parte
della radiazione viene assorbita dal collimatore stesso.
L’elettronica a valle dei fotorivelatori ha la funzione di elaborare il segnale col fine
di ottimizzarne il campionamento e la conversione in digitale. I dati raccolti sono
trasmessi ad un computer dove avviene l’elaborazione attraverso appositi algoritmi per
la ricostruzione delle coordinate di scintillazione degli eventi.
Nell’ambito del progetto INSERT si ha l’obiettivo di sviluppare un modulo di
rivelazione basato sul principio dell’Anger camera descritto, da implementare in un
macchinario SPECT integrabile in una struttura per la risonanza magnetica (MRI). Il
materiale scelto per il cristallo di scintillazione è lo Ioduro di Cesio drogato con Tallio
CsI(Tl) e la matrice di fotorivelatori a cui viene accoppiato è costituita da dispositivi
Silicon Photo Multiplier (SiP M ).
I segnali di uscita dei rivelatori sono mandati in parallelo su canali elettronici di
lettura, ciascuno dei quali fornisce in uscita un segnale di tensione la cui ampiezza
assume valore proporzionale alla quantità di carica ricevuta in ingresso. In questo modo
è possibile ottenere un’informazione relativa sia all’energia della radiazione incidente
sia alla distribuzione di luce sul piano di rivelazione.
2.1.1
Definizione parametri di uscita della gamma camera
Per poter giustificare le scelte effettuate riguardo il cristallo scintillatore e il tipo di
dispositivi utilizzati occorre elencare e definire i principali parametri di uscita che
21
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
caratterizzano una gamma camera utilizzata con fini diagnostici:
• Risoluzione energetica RE : consiste nella capacità di un sistema di rivelazione
di determinare in modo accurato l’energia della radiazione incidente. Minore è il
valore di risoluzione energetica, maggiore è la capacità del sistema di discriminare
picchi spettrali vicini tra loro.
Dati processi stocastici indipendenti, lo spettro energetico di eventi che depositano
la stessa energia E0 , prodotti all’interno di un fotorivelatore a seguito dell’interazione di un raggio gamma, presenta un allargamento rispetto la distribuzione
ideale dentiforme [24]. La distribuzione energetica misurata risulta quindi ben
approssimabile ad una gaussiana come schematizzato in Figura 2.2.
Figura 2.2 Spettro energetico ricostruito a partire da una radiazione con energia costante:
la forma è quella di una gaussiana con valor medio E0 e larghezza caratterizzata dalla FWHM.
Da un punto di vista quantitativo, la risoluzione energetica viene definita come il
rapporto tra l’ampiezza a metà altezza (FWHM) del picco spettrale di interesse e
l’energia media del picco stesso (E0 ).
RE =
F W HM
E0
[%]
(2.1)
Nel caso particolare della funzione gaussiana la FWHM risulta proporzionale
alla deviazione standard della curva secondo la relazione FWHM=2, 355 · σ [24],
quindi l’Equazione 2.1 diventa:
RE = 2, 355 ·
σ
E0
[%]
(2.2)
• Risoluzione spaziale RS : viene definita come la minima distanza alla quale è
ancora possibile discriminare due punti distinti nel piano di ricostruzione. Anche
22
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
in questo caso, se il sistema viene sollecitato da una radiazione collimata in un
punto dello spazio, in uscita la distribuzione delle coordinate ricostruite risulta
avere andamento gaussiano e viene chiamata Point Spread Function (PSF).
Figura 2.3 Confronto tra ricostruzione ideale e ricostruzione con incertezza di un punto
nello spazio. Da un punto di vista spaziale la risposta del sistema ad una sollecitazione
puntiforme viene chiamata Point Spread Function (PSF).
Da un punto di vista quantitativo la risoluzione spaziale corrisponde alla FWHM
(in mm) del profilo della Point Spread Function (PSF) del sistema.
RS = F W HM
[mm]
(2.3)
Una basso valore di risoluzione spaziale permette di risalire in modo accurato alla
posizione di emissione della radiazione.
• Field Of View F OV : è per definizione il campo di vista del sistema di rivelazione,
in altre parole la porzione di spazio attraversata da radiazione gamma che è
possibile ricostruire (viene indicato in mm2 ).
Nel caso di condizioni ottimali di ricostruzione il campo di vista coinciderebbe con
l’area della matrice di rivelatori, la quale a sua volta è uguale all’area del cristallo.
Un’ area dello scintillatore maggiore comporterebbe una perdita di luce dovuta ai
fotoni uscenti ai bordi; un’area minore comporterebbe invece una minore raccolta
della radiazione gamma in ingresso. Nella Figura 2.4 sono esemplificati i due casi
di sbagliato dimensionamento.
I dati raccolti dal sistema di rivelazione sono successivamente elaborati da algoritmi per la ricostruzione dei punti di interazione della radiazione incidente. Il
processamento delle informazioni (descritto in seguito) introduce non linearità
nella ricostruzione, in particolare riduce il FOV del sistema complessivo.
23
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
(a) Cristallo troppo grande per l’area
del rivelatore: perdita di fotoni utili
(b) Cristallo troppo piccolo per l’area del rivelatore: perdita radiazione
incidente
Figura 2.4 Casi di sbagliato dimensionamento dell’area cristallo; in entrambe le situazioni
si ha perdita di segnale utile.
2.2
Fotorivelatori Silicon PhotoMultiplier (SiPM)
Il motivo principale che ha condotto alla scelta dell’utilizzo dei SiPM nel modulo di
rivelazione sviluppato per il progetto INSERT è il guadagno interno, paragonabile a
quello di un tubo fotomoltiplicatore, che permette di raggiungere la sensitività del
singolo fotone. Questo rende i SiPM immuni al rumore dell’elettronica di lettura
semplificando notevolmente sia l’assemblaggio dei moduli di rivelazione sia lo sviluppo
dell’elettronica di lettura. Come i tubi fotomoltiplicatori, i Silicon PhotoMultiplier
presentano un’elevata sensibilità per lunghezze d’onda nel range del visibile, parametro
di merito dato che nell’architettura in esame sono accoppiati ad un cristallo scintillatore
che emette fotoni di luce.
Rispetto i PMT, i seguenti rivelatori presentano il vantaggio di essere dispositivi allo
stato solido (come i fotodiodi a valanga e diodi PIN), offrendo la possibilità di lavorare
con basse tensioni di polarizzazione, avere un’elevata uniformità di risposta ed essere
compatti e robusti da un punto di vista meccanico. In aggiunta, risultano insensibili ai
campi magnetici: caratteristica fondamentale dal momento che il modulo di rivelazione
nel quale sono utilizzati dovrà essere inserito e lavorare correttamente all’interno di un
macchinario per la risonanza magnetica.
Un’altra proprietà dei SiPM, legata al fatto che sono dispositivi allo stato solido, è
la rapidità di risposta. Ciò li ha resi molto diffusi, negli ultimi anni, per la realizzazione
di moduli di rivelazione in macchinari PET, in cui si richiedono stringenti requisiti di
timing.
La progressiva diffusione di questo tipo di rivelatori ha favorito il progresso delle
performance in termini di rumore, guadagno, efficienza quantica e uniformità di risposta,
24
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
che li ha resi adatti anche all’implementazione di rivelatori gamma a bassa energia.
Di seguito viene descritta in dettaglio la struttura fisica dei SiPM, il funzionamento
e le principali figure di merito che ne caratterizzano il comportamento.
2.2.1
Struttura, funzionamento e figure di merito
Il rivelatore SiPM è un array bidimensionale di fotodiodi a valanga indipendenti con
uscita cortocircuitata operanti in modalità Geiger (G-APD) [25] come mostrato in
Figura 2.5;
Figura 2.5 Struttura di un SiPM: array bidimensionale di fotodiodi indipendenti operanti
in modalità Geiger con stessa polarizzazione e uscita cortocircuitata. Ciascuna microcella
presenta una resistenza serie di quenching che permette di smorzare la corrente di valanga del
diodo a fronte dall’assorbimento di un fotone di luce.
Ogni microcella del dispositivo è costituita da un diodo polarizzato in inversa e una
resistenza di quenching necessaria per limitare la corrente durante il meccanismo di
valanga del fotorivelatore.
Ciascun diodo colpito da uno o più fotoni di luce viene mandato in valanga e
genera un impulso di corrente all’uscita del dispositivo di ampiezza fissa (indipendente
dal numero di fotoni incidenti fintanto che si permane in un lasso di tempo definito
refrattario). I diodi G-APD hanno il medesimo guadagno variabile nell’intervallo
105 ÷ 106 e sono isolati tra loro sia elettricamente che otticamente. Essendo le uscite
cortocircuitate, il segnale di corrente in uscita è dato dalla somma dei segnali delle
singole microcelle.
In un sistema basato sull’architettura di Anger il cristallo scintillatore assorbe
una radiazione gamma dotata di una certa energia, in proporzione alla quale emette
25
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
un numero di fotoni di luce proporzionale, che incidono sulla matrice di rivelazione
provocando la valanga dei diodi G-APD. Se la quantità di fotoni generati risulta molto
minore del numero di microcelle presenti sul piano di rivelazione, ogni microcella con
elevata probabilità è colpita da al più un fotone e l’ampiezza del segnale di uscita del
modulo assume valore proporzionale all’energia della radiazione assorbita.
I SiPM utilizzati per INSERT sono costituiti da circa 9600 SPAD ciascuno, considerando che la matrice di rivelazione è costituita da 144 dispositivi il numero complessivo
di fotodiodi è circa 1,3 milioni. Dato che il cristallo scintillatore utilizzato a fronte
dell’assorbimento di una radiazione emessa dal 99m T c fornisce circa 2000 fotoni di luce,
la probabilità che la stessa microcella venga colpita da più fotoni contemporaneamente
è molto bassa. È possibile quindi affermare che per l’applicazione considerata l’entità
della luce emessa dal cristallo è ampiamente contenuta nel Range Dinamico del sistema e
i segnali in uscita dalla matrice di rivelazione hanno ampiezza linearmente proporzionale
al numero di fotoni raccolti
Di seguito vengono riportate la struttura, la modalità di funzionamento e i parametri
di merito di questo tipo di dispositivi.
Tensione di breakdown
La tensione di breakdown di un fotodiodo (VBD ) è definita come la maggiore tensione
applicabile in inversa senza causare una crescita esponenziale della corrente nel dispositivo; in altre parole, come si può notare dalla Figura 2.6 è il punto della caratteristica
I-V del diodo (per tensioni negative) per cui si ha il massimo della derivata seconda.
Figura 2.6 Curva caratteristica della giunzione pn I-V in cui viene evidenziato il punto di
breakdown VBD , oltre il quale la corrente diverge.
La tensione di overvoltage (VOV ) è la differenza tra la tensione a cui si polarizza
26
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
il dispositivo (VBIAS ) e la tensione di breakdown ed è un parametro importante per
caratterizzare il funzionamento del dispositivo.
La VBD è fortemente legata al tipo di drogaggio e alla grandezza della giunzione
pn del diodo: minore è la dimensione della giunzione, a parità di tensioni applicate
esternamente, maggiore è il campo elettrico all’interno, con conseguente riduzione del
valore assoluto della tensione di breakdown.
A livello di produzione, al fine di avere una risposta uniforme del sistema, è importante che ci sia uniformità non solo tra tutte le microcelle di un singolo SiPM, ma anche
tra un SiPM e l’altro all’interno di una matrice. Infatti la tensione di polarizzazione
è unica per tutti i dispositivi e una variazione della VBD tra un dispositivo e l’altro
darebbe luogo ad un over-voltage di valore diverso tra i rivelatori con conseguenti
differenze nella risposta.
I dispositivi utilizzati per le misure sperimentali di laboratorio, gli RGB - SiPM,
hanno una VBD ' 28, 5 V alla temperatura di 0◦ C e a proposito di uniformità la ditta
produttrice FBK assicura un’ uniformità al di sotto degli 0,2 V su tutto il wafer di
produzione.
Inoltre la tensione di breakdown dipendente fortemente dalla temperatura: in particolare aumenta all’aumentare di T (per quanto riguarda la dipendenza dei parametri
del SiPM dalla temperatura si faccia riferimento ad un sottoparagrafo nel seguito).
Fotodiodo a valanga in modalità Geiger
La struttura fisica della microcella di un SiPM, rappresentata nella Figura 2.7 [26],
è quella di un fotodiodo a valanga (Avalanche Photo Diode - APD) con in serie una
resistenza integrata in polisilicio di circa 500 kΩ a temperatura ambiente.
Per la fabbricazione del diodo si parte da un substrato di tipo p++ su cui viene
cresciuto in modo epitassiale uno strato p, poco drogato. Segue un impiantazione
profonda di una regione p che definisce l’area attiva e la tensione di breakdown del
dispositivo. In superficie viene effettuata l’impiantazione di un sottile strato n+ e un
successivo rivestimento con un materiale (ARC) antiriflessivo per ottimizzare la raccolta
dei fotoni di luce.
La caratteristica principale di un fotodiodo operante in modalità Geiger consiste nel
fatto che una carica fotogenerata nella zona di svuotamento può generare a sua volta
nella zona ad alto campo elettrico, tramite ionizzazione per impatto, una moltiplicazione
a valanga di carica in cui sono coinvolte sia cariche positive che negative. Dato che in
questo processo sono coinvolti entrambi i tipi di carica si crea un feedback positivo,
grazie al quale la valanga si autosostiene.
27
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
Figura 2.7 Sezione trasversale di due celle di un SiPM; l’impiantazione p su uno strato
p-epi definisce l’area attiva del dispositivo; l’Anti Reflective Coating (ARC) è uno strato
antiriflessivo che permette una migliore collezione dei fotoni nel visibile. La resistenza di
quenching è realizzata in polisilicio.
Questo tipo di comportamento è dovuto al fatto che il G-APD, come mostrato nella
caratteristica in Figura 2.8 [27], viene polarizzato ad una tensione in modulo superiore
alla VOV del dispositivo: il passaggio di una singola carica nella giunzione pn con tale
campo elettrico provoca l’instaurarsi di una corrente divergente, caratterizzando la
microcella per un guadagno molto elevato.
Figura 2.8 Caratteristica del diodo polarizzato in inversa con evidenziate le regioni di
funzionamento per un diodo APD (poco prima della tensione di breakdown) e per un diodo
G-APD (oltre la tensione di breakdown). Avere una tensione di polarizzazione superiore quella
di breakdown rende il guadagno del dispositivo molto elevato.
Dato che il processo di valanga non si estingue autonomamente la corrente viene
limitata dalla caduta ohmica sulla resistenza di quenching in serie al diodo.
28
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
Per quanto riguarda il processo di assorbimento, un fotone che viaggia nel silicio
interagisce con gli atomi del materiale fornendo energia agli elettroni che passano da
banda di valenza a banda di conduzione. Una volta ceduta completamente la propria
energia cinetica il fotone può definirsi assorbito. Come mostrato in Figura 2.9 [28], nel
silicio, tanto maggiore è l’energia della particella incidente (minore lunghezza d’onda)
tanto minore è lo spazio in cui viene assorbita.
Figura 2.9 Andamento della lunghezza di assorbimento nel silicio in funzione della lunghezza
d’onda del fotone incidente. Maggiore è l’energia del fotone minore è lo spessore del materiale
necessario per l’assorbimento.
In un diodo APD polarizzato in inversa la zona utile per l’assorbimento di fotoni
risulta essere la regione svuotata dove le forze del campo elettrico trasportano la carica
generata (elettrone/lacuna) in direzioni opposte; la zona in cui si genera il processo di
valanga, invece, è quella ad alto campo elettrico, attorno la giunzione pn. Generalmente
si fa in modo che ad innescare la valanga siano le cariche negative; infatti gli elettroni
all’interno del semiconduttore hanno una mobilità maggiore delle lacune e, a parità di
campo elettrico, riescono a generare una corrente più ampia in tempi brevi.
Nella Figura 2.10 [27] sono mostrate due possibili soluzioni di drogaggio per la
realizzazione di un dispositivo G-APD
La struttura in Figura 2.10a viene utilizzata nel caso in cui si desideri ottenere
un’elevata sensitività per lunghezze d’onda nel range del visibile: gli elettroni utili per
generare la valanga sono forniti dall’assorbimento di fotoni in profondità (zona p+ o
p− epi). In relazione all’intervallo di lunghezza d’onda dei fotoni a cui sono maggiormente
sensibili, i dispositivi costituiti da microcelle di questo tipo vengono chiamati RGB-SiPM
(Red - Green - Blu SiPM).
La struttura in Figura 2.10b viene utilizzata nel caso in cui si vogliano rivelare
fotoni a lunghezze d’onda inferiori: in questo caso gli elettroni utili che danno luogo
alla valanga derivano dall’assorbimento di fotoni in strati superficiali (zona p+ ). In
29
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
(a) Struttura n su p. RGB - SiPM
(b) Struttura p su n. NUV - SiPM
Figura 2.10 Possibili profili di drogaggio per le celle di un SiPM. Dato che sono principalmente gli elettroni a dar luogo al processo di valanga, il tipo di dispositivo da utilizzare
viene scelto in base la lunghezza d’onda che si intende rivelare. La prima struttura permette
di avere una maggiore sensitività per fotoni con lunghezze d’onda tra 500 nm e 700 nm. La
seconda, invece, fornisce una sensitività più elevata per fotoni con lunghezza d’onda inferiori,
tra 300 nm e 500 nm.
modo analogo agli RGB, dispositivi con microcelle di questo tipo vengono chiamati
NUV-SiPM (Near - Ultra - Violet SiPM).
Detto ciò, la scelta del tipo di dispositivo viene effettuata in base la lunghezza
d’onda tipica dei fotoni in uscita al cristallo scintillatore a cui viene accoppiato.
In particolare per la realizzazione delle misure sperimentali del progetto INSERT,
in cui il cristallo scelto CsI(Tl) emette fotoni intorno la lunghezza d’onda λ0 = 540 nm,
vengono scelti gli RGB-SiPM ottimizzati per la rivelazione di fotoni nel range del visibile.
Segnale della microcella
La microcella di un SiPM consiste in un Single-Photon Avalanche Diode (SPAD) con
quenching passivo. In Figura 2.11 [27] viene mostrato il circuito equivalente della
microcella. L’interruttore aperto indica che il circuito è a riposo.
Figura 2.11 Circuito equivalente di un singolo SPAD con quenching passivo a riposo: prima
che venga scatenato il fenomeno di moltiplicazione a valanga. CD è la capacità introdotta dal
diodo e dai parassitismi dei collegamenti; RS è la resistenza serie del diodo e delle connessioni;
RQ è la resistenza di quenching con la funzione di smorzare la valanga riducendo la tensione
ai capi del dispositivo quando viene attraversata da corrente elevata.
30
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
Questa configurazione permette di rilasciare un’alta quantità di carica in un tempo
breve e limitato.
Complessivamente il segnale di uscita dello SPAD risulta essere un impulso di
corrente con forma a doppia esponenziale, come schematizzato nella Figura 2.12.
Figura 2.12 Schematizzazione del segnale di uscita in corrente della singola microcella di
un SiPM. Il tempo di salita segue una costante di tempo τS = RS · CD ; la discesa è invece
dominata dalla costante di tempo τQ = RQ · CD . Data la dipendenza da CD e RS l’andamento
del segnale è fortemente influenzato sia dalla grandezza del dispositivo sia dalle dimensioni
delle connessioni.
I tempi di salita e discesa dell’impulso di corrente sono fortemente dipendenti sia
dall’area del singolo SPAD sia dalla grandezza delle connessioni dato che CD ed RQ
dipendono dalle dimensioni della cella e delle piste di collegamento.
Le microcelle degli RGB-SiPM utilizzati presentano dimensioni di 40 µm × 40 µm e
sono caratterizzate per fornire un impulso di corrente con tempo di salita di ∼ 3, 5 ns e
un tempo di recupero di ∼ 220 ns: tempi di risposta così brevi permettono di trascurare
la costante di tempo introdotta dal SiPM rispetto quella del cristallo scintillatore, che
risulta essere dell’ordine dei microsecondi (come descritto in seguito).
Guadagno del SiPM
Il guadagno di un SiPM è il rapporto tra la quantità totale di carica contenuta in un
impulso di corrente di uscita dalla singola microcella e la carica primaria (dovuta a
rumore o fotone assorbito) che da luogo al processo di valanga:
M=
CD · (VBIAS − VBD )
qe
(2.4)
Il guadagno dipende quindi dalla tensione di over-voltage VOV e dalla capacità totale
della cella CD , data dalla capacità del diodo e da quelle parassite. In modo indiretto il
guadagno dipende anche dalla dimensione della cella, quanto maggiore è la sua area
tanto maggiore è la capacità e quindi il guadagno ottenibile.
31
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
Ogni SPAD nel processo di breakdown a valanga fornisce una quantità di carica
quantizzata e fortemente uniforme. Se due o più fotoni arrivano simultaneamente
sulla stessa microcella danno luogo allo stesso segnale. Per questo motivo il diodo
APD funzionante in modalità Geiger può essere considerato al pari di un dispositivo
digitale: un interruttore azionato dall’arrivo di fotoni, che può essere acceso o spento e
non può fornire un informazione riguardo la grandezza del flusso istantaneo di fotoni
incidente [28].
Per avere un’ informazione riguardo la quantità di fotoni di scintillazione raccolti
dalla matrice occorre misurare l’intensità dell’impulso di corrente in uscita al SiPM in
cui i segnali delle microcelle vengono sommati tra loro. L’uscita ha una natura discreta:
quanti più SPAD sono mandati in valanga tanto maggiore è l’ampiezza dell’impulso
Sout .
X
Sout =
Si
(2.5)
i
dove le Si rappresentano i segnali di ampiezza uniforme delle singole celle della matrice
di SPAD.
Tuttavia se il numero di fotoni incidente diventa comparabile al numero di microcelle
del sistema si va incontro ad un fenomeno di saturazione dell’uscita e si perde la
proporzionalità con il numero di fotoni descritta (problema non considerato vista la
struttura del sistema implementato).
I SiPM utilizzati per l’attività di misure sperimentali hanno un guadagno M '
2 · 106 in corrispondenza di una VOV = 3 V . Un guadagno di questo tipo permette di
trascurare il rumore introdotto dall’elettronica di lettura del segnale.
Photon Detection Efficiency
La Photon Detection Efficiency (PDE) di un SiPM è la probabilità statistica che
un fotone incidente sul dispositivo generi valanga e quindi un impulso in uscita.
Quantitativamente è così definita:
P DE =
Nel P RIM ARI
= QE · Ptrigger · εgeom
NF OT ON I
(2.6)
Dove QE è l’efficienza quantica dell’area attiva, rappresenta la probabilità che un
fotone fornisca ad un elettrone l’energia sufficiente per passare da banda di valenza a
banda di conduzione e quindi la capacità di muoversi nel semiconduttore; Ptrigger è la
probabilità che un portatore di carica inneschi una valanga quando attraversa la regione
ad alto campo elettrico; εgeom è il fill factor geometrico, cioè il rapporto tra area utile
32
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
di rivelazione e area totale.
L’efficienza quantica ha principalmente due fattori limitanti: la trasmittanza finita
del dielettrico alla superficie del silicio e la probabilità (<100%) che il fotone incidente
venga assorbito nella regione attiva. Infatti, se un fotone per effetto fotoelettrico genera
un elettrone nelle zone ad alto drogaggio (in superficie o in profondità) quest’ultimo ha
un’alta probabilità di ricombinazione senza dare contributo al segnale utile. Questo fatto
indica una forte dipendenza dell’efficenza quantica dalla lunghezza d’onda comportando
una dipendenza anche della PDE.
Nella Figura 2.13, prendendo come riferimento un SiPM-RGB, vengono rappresentati
i possibili percorsi che possono seguire i fotoni luminosi una volta arrivati sul rivelatore
prima di essere assorbiti.
(a) Il dielettrico in superficie riflette
una parte dei fotoni incidenti.
(b) Il fotone in base la lunghezza d’onda arriva più o meno in
profondità nel silicio.
Figura 2.13 Possibili traiettorie dei fotoni incidenti sul rivelatore: possono essere riflessi o
deviati dallo strato dielettrico in superficie (figura a sinistra), possono arrivare più o meno in
profondità all’interno del silicio (figura a destra). Il dispositivo schematizzato è un SiPM di
tipo RGB: adatto a rivelare fotoni nel visibile.
Per ottimizzare la QE viene deposto sulla superficie un rivestimento antiriflessivo
ARC (Anti-Reflective-Coating) in modo da ottimizzare la raccolta dei fotoni; la giunzione
viene implementata il più possibile in superficie per poter raccogliere fotoni a piccole λ
che vengono assorbiti in strati superficiali; lo strato epitassiale viene cresciuto di un certo
spessore per assorbire il maggior numero possibile di fotoni con grande lunghezza d’onda.
La probabilità di trigger, come riportato nella Figura 2.14 [27], varia linearmente con
la VOV e in base al portatore (elettrone o lacuna) che genera la valanga: un maggiore
33
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
overvoltage permette di avere un campo elettrico più elevato, quindi un’energia più
alta dei portatori liberi e maggiore probabilità di ionizzazione per impatto. Allo stesso
tempo, però, gli elettroni hanno una mobilità più alta e quindi, a parità di campo
elettrico, una velocità maggiore rispetto le lacune; ciò permette loro di generare una
valanga con probabilità maggiore.
Figura 2.14 Andamento delle probabilità di generare una valanga da parte di lacune (curva
blu) eD elettroni (curva rosa) al variare dell’over-voltage. Si nota che l’andamento per
entrambi i tipi di particelle è lineare crescente e che gli elettroni sono caratterizzati da una
Ptrigger maggiore.
A causa della dipendenza dalla Ptrigger la PDE ha una dipendenza lineare dalla
tensione di over-voltage.
La probabilità maggiore da parte degli elettroni rispetto le lacune di generare
valanga comporta la dipendenza della probabilità di trigger dalla lunghezza d’onda
della radiazione incidente. Infatti in base la λ del fotone gamma varia la profondità a
cui viene generata la coppia elettrone/lacuna e quindi il tipo di portatore che scatena
la moltiplicazione a valanga.
Vengono riportati di seguito andamenti caratteristici della PDE in funzione dei
diversi parametri da cui dipende.
In Figura 2.15 [29] è rappresentato l’andamento della Photon Detection Efficency di
dispositivi RGB-SiPM e NUV-SiPM con microcella di 40 µm e VOV = 4, 5 V in funzione
della lunghezza d’onda.
I SiPM-RGB hanno picco a 550 nm, i SiPM-NUV invece a 390 nm: la scelta del
tipo di dispositivo da usare viene fatto in base la lunghezza d’onda caratteristica dei
fotoni emessi dallo scintillatore con cui viene accoppiato il SiPM. Nel caso delle misure
34
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
Figura 2.15 Grafico della PDE in funzione della lunghezza d’onda per dispositivi SiPM di
tipo RGB (in rosso) e NUV (in blu) della FBK. La PDE per i NUV ha picco per λ = 390 nm,
nel vicino ultravioletto, per gli RGB il picco è a λ = 550 nm, nel verde.
sperimentali effettuate risultano decisamente più adatti i SiPM-RGB dato che il cristallo
CsI(Tl) emette fotoni con λ0 ' 540 nm.
In Figura 2.16 [26] è rappresentato l’andamento della PDE crescente in funzione
dell’over-voltage per i SiPM di tipo RGB e lunghezza d’onda 560 nm, questo trend è
imputabile alla dipendenza dalla VOV della probabilità di trigger.
Figura 2.16 Andamento della PDE in funzione dell’over-voltage per un valore di lunghezza
d’onda di 560 nm. La pendenza della curva si riduce all’aumentare della VOV .
Il fill factor geometrico può essere ottimizzato, a parità di area del SiPM, utilizzando
un basso numero di celle più grandi; riducendo in questo modo la percentuale di area
35
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
morta rispetto quella attiva. Questo comporta, tuttavia, degli svantaggi quali un
basso Range Dinamico, maggiore probabilità di trigger da parte di cariche generate
termicamente e un maggiore tempo di recupero a causa di una capacità del diodo più
grande.
Nel complesso, per ottenere guadagno e PDE elevate occorre avere alti overvoltage
e grandi aree delle microcelle. Per contro ciò provoca un aumento della probabilità di
generazione termica delle cariche libere che contribuiscono ad impulsi di corrente spuri
in uscita con tempo di recovering maggiore viste le capacità più grandi in gioco.
Negli ultimi anni si stanno sviluppando nuove tecnologie per accrescere il fill factor
riducendo la dimensione delle microcelle e lo spessore della regione morta tra uno SPAD
e l’altro. In Figura 2.17 [30] viene riportato l’andamento del εgeom in funzione delle
dimensioni delle microcelle per la tecnologia RGB (SiPM utilizzati attualmente) e per
la tecnologia RGB-HD (SiPM in fase di sviluppo).
Figura 2.17 Andamento del fill factor in funzione della dimensione delle microcelle nel
caso della tecnologia RGB (attualmente utilizzata) e quella RGB - HD (in fase di sviluppo). Si
può notare come la nuova tecnologia permetta di avere celle più piccole ed una εgeom comunque
maggiore.
Si può notare, come con SPAD di dimensioni minori è possibile accrescere la PDE
grazie all’alta densità delle celle. Questa nuova tecnologia permette di avere una maggiore uniformità della tensione di breakdown e quindi migliore uniformità di guadagno,
minore probabilità di generazione termica della carica e impulsi di corrente con tempo
di recovering più breve [29].
Dark Count Rate
Il processo di breakdown a valanga può essere scatenato, oltre che da un elettrone
36
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
derivante da un’interazione del fotone con il reticolo del silicio, anche da cariche libere
presenti all’interno del dispositivo: il segnale presente in uscita al rivelatore senza alcuna
sorgente di luce, viene detto corrente di buio o Dark Counts Rate (DCR). Dato che
questo rumore è il risultato del susseguirsi di una serie di impulsi la sua entità viene
quotata in [Hz/mm2 ].
La corrente di buio non contiene alcuna informazione utile per quanto riguarda
l’energia della radiazione incidente, per questo motivo è un parametro che deve essere
limitato il più possibile. Esistono principalmente tre processi che contribuiscono a
generare cariche libere nel semiconduttore, ciascuno dei quali ha comportamenti diversi
al variare della temperatura in quanto hanno cause e energie di attivazione differenti :
• Generazione termica all’interno della zona di svuotamento dovuta al processo
Shockley-Read-Hall (SRH): come mostrato in Figura 2.18 [27] un elettrone che ha
acquisito energia termica passa dalla banda di valenza alla banda di conduzione
grazie ad uno stato intermedio presente nel gap del semiconduttore (centro di
generazione/ricombinazione). Lo stato localizzato è dovuto alle impurità del
reticolo e ha la capacità di catturare e rilasciare successivamente gli elettroni
fornendo loro un percorso da BV a BC a minore energia. Questo processo
Figura 2.18 Schematizzazione del processo di generazione cariche libere nel semiconduttore
a causa di generazione termica attraverso il processo SHR. Il passaggio da banda di valenza a
banda di conduzione avviene grazie ad un centro di generazione/ricombinazione nel mezzo del
gap.
è predominante a temperatura ambiente e ha un’energia di attivazione che è
nominalmente EGAP /2 [26]: differenza energetica tra stato localizzato e bande
BV, BC. Per avere un basso rumore di generazione termica occorre utilizzare
dispositivi con basso numero di impurità, oppure portare i fotorivelatori a lavorare
a bassa temperatura.
• Tunneling nella regione di moltiplicazione dovuta al processo Trap Assisted Tunneling (TAT): come mostrato in Figura 2.19 [27] il processo di generazione di
37
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
cariche libere in questo caso avviene a causa di un forte piegamento delle bande
energetiche del semiconduttore dovuto a campo elettrico. In queste condizioni ad
un elettrone serve una minore energia per passare da banda di valenza a banda di
conduzione. È quindi un processo rilevante in presenza di forti campi elettrici: ha
Figura 2.19 Schematizzazione del processo di generazione cariche libere nel semiconduttore
a causa di effetto tunnel. Il passaggio da banda di valenza a banda di conduzione può avvenire
in modo diretto o come per la generazione termica tramite passaggio intermedio per un centro
di generazione/ricombinazione.
un’energia di attivazione di circa EGAP /2 e la presenza di uno stato localizzato
nel gap non è necessaria in questo caso. Non essendo un fenomeno dipendente
dalla temperatura diventa dominante a bassi livelli termici.
In prima approssimazione il DCR è linearmente dipendente dal tempo di vita
medio dei portatori minoritari τg , dal volume effettivo della zona attiva (area
microcella per larghezza zona di svuotamento) Vef f e dalla probabilità che un
portatore generi valanga Ptrigger :
DCR ∝ τg · Vef f · Ptrigger
(2.7)
Considerando che la probabilità di trigger è proporzionale alla tensione di polarizzazione, anche il DCR lo sarà:
DCR ∝ VBIAS
(2.8)
Questa dipendenza lineare è vera solo fino a tensioni di overvoltage non troppo
elevate; infatti ad alti VOV cominciano a manifestarsi effetti di crosstalk (fenomeno
spiegato successivamente) che danno luogo ad eventi di Dark Count di ampiezza
diverse volte maggiore rispetto quelli dovuti ad una singola cella e soprattutto
con maggiore frequenza. Per diminuire l’entità dei campi elettrici nel dispositivo
38
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
è possibile quindi ridurre la tensione di polarizzazione. Avere una piccola VBIAS ,
per contro, porta con se lo svantaggio di un guadagno e una PDE minori.
A tal proposito per i SiPM-RGB utilizzati nelle misure sperimentali il contributo
dovuto al Tunneling sarà considerato di entità trascurabile dato che sono prodotti
con una tecnologia volta ad ottimizzare le linee di campo elettrico e ridurre
al minimo il Dark count Field-enhanced, cioè dovuto ad una forte tensione di
polarizzazione.
• Diffusione di cariche minoritarie nella zona svuotata: è la generazione predominante ad alte temperature poiché richiede un’elevata energia di attivazione, pari
ad EGAP . Per quanto riguarda le misure sperimentali presentate il processo di
diffusione risulta essere di entità trascurabile in quanto il sistema viene raffreddato.
Come visto nella Formula 2.7 la generazione termica di cariche è proporzionale al
volume della zona svuotata, tuttavia, per una stima più accurata, va preso in considerazione anche il tipo di drogaggio. Se la zona attiva è di tipo n i portatori minoritari (le
lacune) viaggiano verso la zona ad alto campo elettrico e scatenano la valanga, viceversa
se la zona attiva è di tipo p sono gli elettroni ad andare verso la regione con alto campo
elettrico. Gli elettroni hanno una maggiore probabilità di scatenare il Breakdown quindi,
a parità di volume, la configurazione n-on-p risulta essere più rumorosa.
Crosstalk ottico
Una componente aggiuntiva al rumore del SiPM è il Crosstalk ottico tra le microcelle.
Durante il processo di breakdown a valanga la corrente generata è sostenuta da un
forte campo elettrico, ne consegue che in media, ogni 105 cariche che attraversano la
giunzione, vengono emessi nel materiale 3 fotoni con energia superiore a quella del
Gap del silicio: E>1,14eV. Se questi fotoni generati viaggiano nel mezzo e vengono
assorbiti da una microcella adiacente possono dar luogo con una certa probabilità ad
un breakdown a valanga spurio: provocando un impulso di corrente di uscita maggiore
del dovuto. I fotoni che danno maggiore criticità sono quelli con lunghezze d’onda
nell’infrarosso poichè penetrano maggiormente nel silicio e percorrono distanze maggiori
senza essere assorbiti.
L’entità di questo tipo di rumore è inversamente proporzionale alla distanza tra le
aree di moltiplicazione delle microcelle ed è proporzionale quadraticamente alla tensione
VOV , infatti sia il flusso di cariche nella regione ad alto campo sia il guadagno della
cella sono proporzionali all’overvoltage.
39
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
Figura 2.20 Rappresentazione del meccanismo di crosstalk tra due microcelle adiacenti: un
fotone generato dall’elevata corrente di breakdown di una giunzione pn viaggia all’interno del
silicio, raggiunge la cella adiacente e genera lì un ulteriore processo di valanga.
Un modo per limitare il Crosstalk è lavorare con una bassa tensione di polarizzazione
al fine di ridurre il guadagno e conseguentemente il numero di cariche generate nel
processo di valanga. Ciò influisce negativamente sulla PDE e quindi sulla risoluzione
energetica complessiva del sistema. Per ridurre il guadagno del dispositivo senza
intaccare la PDE è possibile ridurre la capacità CD accrescendo la larghezza della zona
di svuotamento.
Un’altra tecnica adottata per ridurre questo tipo di disturbo è creare delle scanalature tra una cella e l’altra per poi riempirle di un materiale isolante dal punto di vista
ottico. In questo modo non si influisce sul guadagno del dispositivo, ma si modifica la
PDE poiché viene ridotto inevitabilmente il fill factor.
Afterpulsing
Il silicio, a causa di impurità del reticolo cristallino, presenta stati localizzati tra banda
di valenza e banda di conduzione. Durante il processo di breakdown è molto probabile
che cariche libere vengano intrappolate in questi stati e rilasciate dopo un tempo di
ritardo come schematizzato in Figura 2.21a. Ne consegue che il segnale di uscita oltre
l’impulso di corrente principale presenta impulsi secondari di diversa ampiezza. Questo
fenomeno, rappresentato in Figura 2.21b [27], viene chiamato ’Afterpulsing’.
La probabilità di avere fenomeni di Afterpulse decresce molto velocemente nel tempo
e più del 90% degli impulsi secondari avvengono nell’arco di 30 ns dopo l’impulso
principale [31]. Da un punto di vista quantitativo la probabilità che avvenga un evento
di Afterpulsing è descritta dalla seguente formula [27]:
t
e− τ
PAf terpulse (t) = Pc ·
· Ptrigger
(2.9)
τ
dove Pc è la probabilità di intrappolamento della carica: questa probabilità è proporzionale al flusso di cariche durante la valanga (dipende dalla tensione di over-voltage) e al
numero di trappole presenti (parametro legato alla purezza del silicio). τ è il tempo
40
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
(a) La carica viene intrappolata
in un livello energetico profondo e
rilasciata dopo un certo tempo di
ritardo.
(b) Corrente in uscita al SiPM in funzione del tempo. Dopo l’evento di valanga primario, gli impulsi
successivi presentano un’ampiezza minore a causa di
una tensione del dispositivo ancora non a regime.
Figura 2.21 Figure che descrivono il fenomeno dell’afterpulsing. A sinistra il fenomeno
fisico di intrappolamento di una carica in un livello profondo. A destra l’andamento del segnale
di uscita al SiPM con impulsi spuri di ampiezza crescente a causa del tempo di recovering
esponenziale del dispositivo. Durante il tempo di recupero, peggiorato dal fenomeno stesso di
afterpulsing, non è possibile rivelare in modo efficace ulteriori fotoni in ingresso.
di cattura della trappola, tanto maggiore quanto più profonda è la trappola rispetto
la banda di conduzione. Ptrigger è la probabilità che una carica generi il processo di
valanga, anch’essa proporzionale all’over-voltage. Come per il caso del Crosstalk il
fenomeno di Afterpulsing ha una dipendenza quadratica dall’over-voltage.
La presenza di impulsi spuri a seguito di quello principale comporta una sovrastima
del numero di fotoni raccolti dal SiPM con conseguente errore nel calcolo della risoluzione.
Inoltre tale fenomeno prolunga il tempo di recovering del dispositivo, comportando
un aumento del tempo morto di rivelazione (tempo durante il quale non è possibile
rivelare ulteriori fotoni).
Dalla Figura 2.21b è possibile notare, come durante il tempo di recupero del segnale,
gli impulsi dovuti al fenomeno di afterpulse risultino di ampiezza minore rispetto quello
principale a causa di una tensione di polarizzazione delle microcelle non ancora a regime.
Excess Noise Factor
La quantità di carica in uscita da un SiPM è legata al numero di microcelle che sono state
mandate in valanga (a partire da elettroni generati termicamente o dall’assorbimento
di fotoni). Ciononostante a causa degli eventi di Afterpulse e Crosstalk, che danno
luogo ad impulsi spuri di uscita a seguito di impulsi primari, viene prodotta una carica
addizionale. La corrente di buio complessiva quindi trasporta sia la carica dovuta agli
41
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
impulsi primari di rumore sia quella derivante dai fenomeni correlati.
La carica prodotta in eccesso viene indicata come fattore di rumore in eccesso
(Excess Noise Factor - ENF ) e quantitativamente segue la questa relazione [26]:
EN F =
ID
q · DCR · M
(2.10)
con ID corrente di buio complessiva in uscita dal dispositivo. Se idealmente il sistema
non presentasse carica di rumore in eccesso la corrente di buio dipenderebbe solo dal
DCR e l’ENF assumerebbe valore pari a 1.
La principale caratteristica di questo fattore è la proporzionalità dal numero di
eventi primari di valanga derivanti da fenomeni di rumore termico o provocati dall’assorbimento di fotoni di luce.
Riguardo le fonti di rumore di un SiPM è importante sottolineare:
• I tre tipi di rumore descritti (DCR, Crosstalk e Afterpulsing) subiscono una
riduzione significativa al diminuire della VBIAS dei SiPM. Questo va a discapito
del guadagno e della PDE. Occorre trovare una tensione di polarizzazione ottima
che trovi un compromesso tra il guadagno e il rumore del dispositivo.
• Mentre il Dark Count è un rumore indipendente dal segnale, presente a prescindere
dalla luce che colpisce il rivelatore; Il Crosstalk e l’Afterpulsing sono legati
all’intensità del segnale in uscita al dispositivo: crescono al crescere della luce
rilevata e creano quindi non linearità nella risposta del dispositivo.
• Crosstalk e Afterpulsing contribuiscono a peggiorare il rumore in eccesso (ENF )
del dispositivo.
Dipendenza parametri dalla temperatura
Le variazioni di temperatura hanno effetto su diversi parametri di funzionamento dei
SiPM:
• La tensione di breakdown VBD , come mostrato in Figura 2.22 [26], cresce all’aumentare della temperatura: più alto è il livello termico del sistema maggiore è la
frequenza con cui le cariche urtano contro il reticolo del materiale perdendo energia.
Come conseguenza si ha una riduzione del cammino libero medio delle cariche
e quindi una minore mobilità. Per poter dar luogo al processo di ionizzazione
fautore della valanga è necessaria una tensione di polarizzazione maggiore
42
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
Figura 2.22 Andamento della tensione di breakdown VBD in funzione della temperatura per
i SiPM di tecnologia RGB utilizzati nelle misure sperimentali. Il coefficiente di proporzionalità
è di circa 25 mV /◦ C.
• Il Dark Count Rate DCR si riduce al diminuire della temperatura: il contributo
di rumore dominante, come descritto in precedenza, è dato dalla generazione
termica di coppie elettrone/lacuna per il processo SRH. Una diminuzione del livello
termico del sistema fa si che gli elettroni non riescano ad acquisire un’energia
sufficiente per passare dalla banda di valenza allo stato localizzato nel gap del
silicio. In Figura 2.23 [26] è mostrato il supposto andamento del DCR relativo ai
dispositivi utilizzati in funzione della temperatura, per una tensione di overvoltage
VOV = 2, 65 V .
• La Photo Detection Efficiency P DE assume un andamento con la temperatura
risultato del contributo di due fattori: fissato l’overvoltage la probabilità di trigger
Ptrigger al ridursi della temperatura, ma allo stesso tempo cresce anche l’energia
del gap EGAP del silicio. L’andamento complessivo della PDE di uno SPAD del
SiPM in funzione della lunghezza d’onda per tre valori diversi di temperatura
viene rappresentato in Figura 2.24 [27].
Per piccoli valori di lunghezza d’onda al diminuire della temperatura la PDE
cresce grazie alla maggiore probabilità di trigger. Per lunghezze d’onda maggiori,
invece, al diminuire della temperatura, a causa dell’aumento dell’energia di gap
del semiconduttore, i fotoni incidenti formano coppie elettrone/lacuna con minore
probabilità.
Occorre osservare che i tre andamenti della PDE in funzione della lunghezza
43
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
Figura 2.23 Andamento del Dark Count Rate in funzione della temperatura per i dispositivi
SiPM-RGB utilizzati alla tensione di over-voltage VOV = 2, 65 V . Una riduzione della
temperatura di 10◦ C provoca una riduzione di circa il 50% del DCR.
Figura 2.24 Andamento della PDE in funzione della lunghezza d’onda per 3 temperature
diverse. Al diminuire della temperatura la PDE cresce per basse lunghezze d’onda, ma
diminuisce per lunghezze d’onda maggiori.
d’onda presentati sono relativi a temperature molto diverse tra loro (da 22◦ C a
−147◦ C). Per quanto riguarda il sistema implementato, le temperature alle quali
sono state effettuate le misure sperimentali variano tra 0◦ C e −20◦ C, quindi la
variazione della PDE può essere considerata trascurabile.
• L’Afterpulsing cresce al diminuire della temperatura: al diminuire della T il tempo
di vita medio delle trappole cresce e le cariche vengono rilasciate con un ritardo
maggiore. Ciò provoca un ulteriore allungamento del tempo di recupero del SiPM
a seguito di un processo di valanga.
44
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
• Il Crosstalk ottico si riduce al diminuire della temperatura. Dato che a basse
temperature per fotoni di grandi lunghezze d’onda (quelli che percorrono un
percorso più lungo nel silicio) la PDE del dispositivo diminuisce, è meno probabile
che avvenga l’assorbimento in celle adiacenti a quella in cui si è sviluppata la
valanga.
Nel complesso l’ENF, proporzionale alla PDE del sistema, viene approssimato
come parametro costante al variare della temperatura.
Se la tensione di over-voltage viene mantenuta costante variando la tensione di
polarizzazione al variare della temperatura anche il guadagno del SiPM non risente
delle variazioni termiche.
2.3
Stima teorica della risoluzione energetica
La scelta di utilizzare i SiPM per lo sviluppo del modulo di rivelazione del progetto
INSERT è guidata, oltre che dai motivi elencati all’inizio della Sezione2.2, dall’ipotesi
che questi dispositivi possano mostrare buone prestazioni in termini di risoluzione
spaziale ed energetica per la rivelazione di fotoni gamma a basse energie nell’ambito di
applicazioni SPECT. Il motivo per il quale è stato sviluppato il set-up presentato nel
seguente elaborato di tesi è la verifica di tale ipotesi.
In questa sezione viene fatta una stima teorica quantitativa della risoluzione
energetica evidenziando le dipendenze dai parametri dei SiPM.
Dato che il modulo di rivelazione che si intende sviluppare in INSERT è finalizzato
alla realizzazione di un macchinario per imaging multimodale SPECT/MRI il fatto di
avere buone prestazioni in termini di risoluzione energetica consente di utilizzare nella
stessa misura radionuclidi differenti.
Prendendo in considerazione la Formula 2.2, per ottenere una stima della risoluzione
occorre conoscere principalmente due fattori: il segnale utile di uscita della catena
elettronica Sout , legato al temine E0 e la deviazione standard del segnale a valle delle
elaborazioni σout che dipende dal rumore introdotto dal sistema di conversione e dai
canali elettronici.
Segnale di uscita dell’elettronica
L’entità del segnale di uscita è frutto di vari passaggi di conversione che hanno origine
dall’interazione della radiazione gamma di energia Eγ con lo scintillatore.
45
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
Il cristallo si caratterizza per un guadagno di conversione (Yeld [ph/M eV ]) e genera
un numero medio di fotoni:
Nph = Eγ · Y
(2.11)
La luce generata non è completamente raccolta nell’area attiva dei fotorivelatori
dato che tra un SiPM e l’altro sono presenti delle aree morte; inoltre il materiale con
cui è ricoperto il cristallo sulle 4 facce laterali e su quella superiore (Teflon), al fine di
riflettere i fotoni in modo diffusivo, si caratterizza per avere una perdita percentuale
di luce. Questi contributi danno luogo ad un efficienza di collezione dei fotoni, ηCOLL ,
minore di 1.
Una volta che il fotone raggiunge il rivelatore la probabilità che venga generato un
elettrone è data dalla PDE del dispositivo: funzione della lunghezza d’onda e della
tensione di over-voltage.
Il numero medio di fotoelettroni primari generati nei SiPM a seguito dell’assorbimento
di fotoni di luce è quindi dato dalla seguente formula:
Npe = Nph · ηCOLL · P DE
(2.12)
Come già osservato nella descrizione dei parametri del dispositivo, il numero di
fotoni generati dall’assorbimento di un raggio gamma alle energie tipiche per la SPECT
(100 keV ÷ 200 keV ) è ampiamente compreso nel range dinamico del dispositivo. Il
numero di celle attivate è quindi pari al numero di fotoni raccolti e il segnale di uscita
risulta linearmente proporzionale alla quantità di luce incidente.
Il segnale in uscita dai SiPM è un impulso di corrente che trasporta una quantità di
carica (NQ ) risultato del prodotto tra il numero medio di fotoelettroni generati nell’area
attiva e il fattore di moltiplicazione M della microcella:
NQ = Npe · M
(2.13)
L’obiettivo dei canali elettronici di lettura è quello di convertire la quantità di carica
ricevuta in ingresso in un segnale di tensione di ampiezza proporzionale.
In conclusione il segnale all’uscita di un canale di elaborazione è dato dalla quantità
media di carica fornita dai rivelatori moltiplicata per il guadagno introdotto dagli stadi
elettronici G:
Sout = Eγ · Y · ηCOLL · P DE · M · G
46
(2.14)
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
Deficit Balistico
Il segnale impulsivo di corrente in ingresso alla catena elettronica di elaborazione x(t)
è caratterizzato per avere un andamento esponenziale decrescente con costante τscint
dovuta al tempo di scintillazione del cristallo (considerando trascurabile la costante di
tempo introdotta dai SiPM). Al fine di estrarre un’informazione relativa alla quantità
di carica fornita dai fotorivelatori, come stadio di ingresso della catena elettronica
viene utilizzato un preamplificatore caratterizzato da risposta impulsiva h(t) anch’essa
esponenziale decrescente con costante di tempo τRC .
All’uscita dello stadio di ingresso la forma d’onda del segnale y(t) è data quindi
dalla convoluzione nel tempo tra i segnali x(t) e h(t):
y(t) = x(t) ∗ h(t).
(2.15)
L’andamento di y(t) è una doppia esponenziale con valore di picco tanto più elevato
quanto maggiore è la carica di segnale integrata dal filtro preamplificatore. Se la durata
del segnale di ingresso non può essere trascurata rispetto il tempo di formatura τRC del
filtro utilizzato sorge il fenomeno del Deficit Balistico (DB) [32]. Il DB è dovuto ad
un’integrazione incompleta della carica dell’impulso di corrente in ingresso da parte del
preamplificatore. In Figura 2.25 vengono mostrati due possibili andamenti del segnale
in uscita al filtro normalizzati rispetto l’ampiezza massima ottenibile. In blu la curva
che si ottiene da un’integrazione completa della carica di segnale, in rosso la curva che
si ottiene da un’integrazione parziale.
Nel complesso il Deficit Balistico è dovuto ad un’elaborazione dei dati da parte del
preamplificatore prima ancora che tutta la carica sia stata raccolta.
Da un punto di vista quantitativo la riduzione percentuale dell’ampiezza del segnale
di uscita rispetto al valore massimo è fornita dalla seguente relazione:
DB = 1 −
M ax[y(t)]
M ax[h(t)]
(2.16)
che è un numero compreso tra 0 e 1.
Per quanto riguarda il sistema elettronico di lettura implementato, l’informazione
relativa alla quantità di luce raccolta dai SiPM viene ricavata dal valore di picco del
segnale in uscita al preamplificatore. Una riduzione di quest’ultimo porta a sottostimare
l’entità del segnale utile Sout di un fattore (1-DB) a discapito del SNR complessivo,
provocando un peggioramento della risoluzione energetica e spaziale del sistema.
Occorre osservare, tuttavia, che all’aumentare della costante di tempo RC oltre a
47
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
Figura 2.25 Possibili andamenti del segnale di uscita del filtro preamplificatore normalizzato
rispetto l’ampiezza. Nel caso il segnale di corrente in ingresso ha costante di tempo breve
rispetto quella del filtro, si ha collezione completa della carica e l’impulso di uscita presenta
ampiezza massima (curva blu). Viceversa se il segnale in ingresso è caratterizzato da una
costante di tempo comparabile a quella del filtro l’impulso di uscita presenta un’ampiezza
notevolmente ridotta a causa di una collezione incompleta della carica (curva rossa).
raccogliere più segnale, si integra una quantità sempre maggiore di rumore. Esiste
quindi un valore RC del filtro che permette di ottenere il risultato ottimo al fine di
minimizzare il Deficit Balistico.
Per quanto riguarda il dimensionamento dell’elettronica di lettura della gamma
camera implementata, sono state effettuate simulazioni che hanno permesso di trovare
come valore ottimo τRC = 10 µs.
Rumore in uscita al canale elettronico
Il rumore di un canale elettronico si manifesta sotto forma di fluttuazioni del valore di
picco dell’impulso di uscita. Nella ricostruzione dello spettro energetico queste oscillazioni comportano incertezza nel determinare il valore esatto di energia della radiazione
incidente.
La deviazione standard dello spettro rispetto al valor medio di energia è data dalla
sovrapposizione di 3 processi stocastici indipendenti:
• statistica di generazione fotoelettroni: contributo statistico σstat ;
• non idealità del cristallo scintillatore: contributo intrinseco σint ;
48
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
• rumore introdotto dal rivelatore e dalla catena elettronica di elaborazione: contributo di rumore σnoise .
Di seguito sono descritti i tre processi elencati.
Contributo statistico σstat
Il numero di fotoni luminosi emessi dal cristallo a seguito dell’assorbimento di radiazioni
gamma con uguale energia segue la distribuzione statistica di Poisson in cui la varianza
coincide con la media: µ = σ 2 . Detto ciò si può affermare che anche i fotoelettroni
generati nel silicio seguono la stessa distribuzione:
2
σstat,pe
= Npe = Eγ · Y · ηCOLL · P DE
(2.17)
Una volta generate le cariche primarie, queste danno luogo ad un processo di moltiplicazione a valanga anch’esso di natura stocastica. Durante il processo di moltiplicazione,
l’ENF del dispositivo contribuisce ad un ulteriore dispersione di fotoni. La dispersione
statistica diventa:
2
2
σstat,SiP
(2.18)
M = Npe · M · EN F
Le cariche in uscita dai rivelatori sono mandate in ingresso alla catena elettronica in
cui la quantità di carica utile si riduce con un fattore (1-DB) a causa di una collezione
incompleta del segnale da parte del filtro di ingresso. Il canale elettronico infine introduce
il guadagno G. La varianza complessiva statistica in uscita risulta quindi essere:
2
σstat,out
= Eγ · Y · ηCOLL · P DE · M 2 · EN F · (1 − DB) · G2
(2.19)
Contributo intrinseco σint
Il materiale del cristallo scintillatore può essere visto come un semicondutore ad alto
bandgap in cui il raggio gamma incidente fornisce agli elettroni energia sufficiente per
distaccarsi dal nucleo atomico. I fotoelettroni generati sono liberi di muoversi all’interno del reticolo e a loro volta generano per ionizzazione coppie elettrone/lacuna che
ricombinandosi danno luogo a fotoni di luce.
Tuttavia a causa della composizione chimica del cristallo l’energia assunta dai
fotoelettroni varia statisticamente da evento a evento e a seconda della loro energia
si ha un tasso di produzione di coppie e/l differente con conseguente alterazione del
numero finale di fotoni prodotti.
49
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
Questo fenomeno fisico viene chiamato non proporzionalià della risposta dello scintillatore [33]: fotoelettroni con energie diverse producono un numero di fotoni per unità
di energia diverso. Per motivi di semplicità, questo contributo alla deviazione standard
viene approssimato come una costante σint caratteristica del materiale del cristallo.
Rumore elettronico σnoise
Il rumore introdotto dalla catena elettronica di elaborazione viene solitamente indicato con ENC (Equivalent Noise Charge), ovvero la carica che dovrebbe generare il
fotorivelatore per creare un rapporto segnale/rumore pari a 1 [34].
Per quantificare questo tipo di rumore occorre fare delle modellizzazioni: il fotorivelatore viene rappresentato come un generatore di corrente in parallelo ad una
capacità CD relativa alla capacità di svuotamento equivalente; il preamplificatore viene
schematizzato solo attraverso il componente di ingresso, da cui dipende maggiormente
il rumore dell’elettronica, ovvero il transistor FET con capacità di gate CG . Le fonti di
rumore in ingresso al sistema si possono dividere in rumore bianco serie (di tensione),
rumore bianco parallelo (di corrente) e rumore flicker.
Gli stadi successivi introducono rumore trascurabile, infatti normalmente solo le
sorgenti di rumore localizzate all’ingresso della catena elettronica risultano rilevanti
nella determinazione dell’ENC.
Invertendo l’equazione dell’SNR e valutando i contributi di rumore in gioco si ricava
che il valore quadratico dell’ENC può essere espresso dalla somma di tre contributi
indipendenti [34]:
EN C 2 = (CD + CG )2 · a · A1 ·
1
+ (CD + CG )2 · c · A2 + b · A3 · τ
τ
(2.20)
dove τ è il tempo di formatura legato alla larghezza dell’impulso di uscita ed è chiamato
shaping time; A1 , A2 , A3 sono coefficienti che dipendono dalla forma del segnale in uscita
dal sistema di lettura e dalla definizione scelta per il τ ; CD e CG sono rispettivamente
la capacità di svuotamento del fotorivelatore e la capacità di gate del FET; a, b, c sono
le densità spettrali di rumore descritte di seguito:
• rumore bianco di corrente o parallelo: è dovuto principalmente al rumore shot della
corrente di leakage dei fotorivelatori e corrisponde al DCR dei SiPM amplificato
del guadagno M e del fattore ENF.
Siw ' q · ID · M 2 · EN F = b
50
(2.21)
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
• rumore bianco di tensione o serie: è legato al rumore termico del transistor FET
di ingresso.
2·K ·T
2·K ·T
Svw = α ·
= α·
=a
(2.22)
gm
ωt · C G
Dove α è una costante pari a 2/3 nei FET, K è la costante di Boltzmann, T la
temperatura, CG è la capacità di gate e gm è la transconduttanza del transistor
legata alla frequenza di taglio: ωt = CgmG ;
• rumore flicker 1/f : dipende principalmente dalle trappole nella zona del canale
del transistor e ha uno spettro che va con ω −1 .
Svf = α ·
2·K ·T
ω1
1
c
·
·
=
CG
ωT |ω|
|ω|
(2.23)
Con ω1 che è la pulsazione alla quale lo spettro del rumore bianco serie eguaglia
il rumore 1/f.
Per quanto riguarda i dispositivi SiPM il fattore di moltiplicazione M ' 2 · 106
amplifica sia il segnale che il rumore in uscita dai rivelatori, quindi nel calcolo dell’ENC
i contributi di rumore di tensione sono trascurabili e la sorgente primaria di rumore
risulta essere quella dovuta al rumore bianco di corrente. Quindi la formula dell’ENC
si riduce a:
EN C 2 = b · A3 · τ
(2.24)
In definitiva la varianza dovuta al rumore in uscita alla catena elettronica con
guadagno G è:
σDCR,out = b · A3 · τ · G2
(2.25)
Siccome i tre processi che contribuiscono all’allargamento dello spettro di energia
rispetto la distribuzione ideale sono indipendenti tra loro, la deviazione standard
complessiva risulta essere la radice della somma quadratica delle componenti:
σout =
q
2
2
2
σint
+ σstat,out
+ σDCR,out
(2.26)
Risoluzione energetica complessiva
Una volta calcolati i contributi di Sout e σout la formula teorica che fornisce la risoluzione
51
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
energetica complessiva del sistema è:
q
2
2
2
+ σDCR,out
+ σstat,out
σint
σout
= 2, 355 ·
R = 2, 355 ·
Sout
Npe · (1 − DB) · M · G
(2.27)
Riscrivendola sostituendo i valori delle varianze si ottiene:
q
R = 2, 355 ·
2
σint
+ Npe · (1 − DB) · M 2 · EN F · G2 + (EN C · G)2
Npe · (1 − DB) · M · G
(2.28)
Scomponendo la formula nelle componenti caratteristiche:
v
!
u
u ∆E 2
t
R = 2, 355 ·
+
E
i
EN F
EN C
+
Npe · (1 − DB)
Npe · (1 − DB) · M
!2
(2.29)
Le componenti che contribuiscono a determinare il valore della risoluzione energetica
sono:
• contributo dovuto alla generazione statistica di fotoni da parte del cristallo
q
EN F
RST AT = 2, 355 · Npe ·
;
(1−DB)
• contributo dovuto al DCR del dispositivo RN OISE = 2, 355 ·
r
EN C
Npe · (1−DB) · M
2
;
• contributo intrinseco dipendente dalla
chimica del cristallo calcolato
r struttura
2
∆E
sperimentalmente RIN T = 2, 355 ·
.
E
i
Dalla formula ottenuta si può notare come i parametri dei SiPM influiscano sul
valore di risoluzione complessiva. In particolare il fattore di rumore in eccesso ENF e la
corrente di buio DCR ne determinano un peggioramento; viceversa la PDE che influisce
sul numero di fotoelettroni generati Npe , contribuisce a migliorare la risoluzione.
Questi parametri dipendono tutti in modo proporzionale dalla tensione di overvoltage dei dispositivi rivelatori, ciò fa ipotizzare che esista un livello di tensione di
polarizzazione ottimo per il quale la risoluzione assume valore minimo.
Riguardo questa dipendenza sono state effettuate misure sperimentali i cui risultati
sono presentati al Capitolo 4.
Nel caso in cui si utilizzasse un cristallo ideale il limite teorico della risoluzione è
dato dal contributo statistico. Sperimentalmente, per ottenere la componente di risoluzione intrinseca del cristallo occorre utilizzare un’elettronica a basso rumore tale da
52
Capitolo 2. Il Silicon PhotoMultiplier per la rivelazione gamma
non influire sul calcolo della risoluzione complessiva. La differenza tra la risoluzione
energetica ottenuta e la componente statistica fornisce il contributo intrinseco.
53
Capitolo 3
Architettura della gamma camera
L’obiettivo principale dell’attività svolta nell’ambito del presente elaborato di tesi è
dimostrare che il prototipo di rivelatore gamma implementato nel sistema SPECT
di INSERT, realizzato con fotorivelatori SiPM, sia un sistema adatto per effettuare
rivelazione gamma a basse energie (140 keV ). Nel seguente capitolo viene delineata
l’architettura del set-up che ha permesso di svolgere le misure di caratterizzazione del
modulo. In particolare viene descritta la catena elettronica di acquisizione ed elaborazione
dei segnali in uscita dai fotorivelatori e vengono descritte le funzionalità delle schede
elettroniche progettate appositamente per poter fornire supporto al modulo di rivelazione
e ottimizzare l’attività di misura.
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
In questo capitolo viene descritto in dettaglio il sistema di rivelazione per radiazioni
gamma implementato in laboratorio al fine di caratterizzare il modulo di conversione
utilizzato per il progetto INSERT in termini di risoluzione energetica, risoluzione spaziale
e FOV. Il sistema si compone di diverse parti strettamente connesse tra loro, nella
Figura 3.1 ne viene riportata una schematizzazione.
Figura 3.1 Schema a blocchi del sistema complessivo implementato per la rivelazione di
radiazioni gamma. Il cristallo scintillatore e la matrice di SiPM convertono il raggio gamma
in segnale elettrico, la scheda di supporto e l’elettronica di acquisizione comunicando con il
PC permettono rispettivamente di ottimizzare l’attività di misura ed elaborare il segnale.
Il set-up si basa sulla struttura consolidata dell’Anger camera con un cristallo
monolitico scintillatore di CsI(Tl), per l’assorbimento di fotoni gamma, accoppiato con
un array di fotorivelatori SiPM da 36 o da 144 elementi. Ciascun SiPM produce un
segnale elettrico proporzionale alla frazione di luce con cui viene investito. Cristallo
e rivelatori sono posti all’interno di una scatola di alluminio in modo da creare un
ambiente schermato dalla luce e isolato dall’esterno termicamente. Il segnale di uscita
dei rivelatori è convogliato verso un elettronica di lettura, all’esterno della scatola, in
cui viene processato e convertito in digitale in modo che i campioni possano essere
trasferiti a PC dove i dati vengono elaborati per una ricostruzione accurata sia della
localizzazione spaziale, sia dell’energia dell’evento.
All’interno della scatola di alluminio è presente una scheda elettronica multifunzione
con lo scopo di fornire un supporto meccanico alla matrice di rivelazione e agevolare le
operazioni di misura sperimentale. Questa scheda gestita da microcontrollore permette
di generare e inviare all’elettronica di acquisizione impulsi di corrente di frequenza e
entità programmabili, impostare in modo variabile la tensione di polarizzazione dei
SiPM, monitorare il livello termico e di umidità del sistema.
55
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
In prossimità dei fotorivelatori è stato implementato un sistema di raffreddamento
in modo da poter ridurre il rumore di DCR dei SiPM e stabilizzare il guadagno di
moltiplicazione.
3.1
Cristallo scintillatore
La scelta del tipo di cristallo di scintillazione, le sue dimensioni e il materiale di
rivestimento sono importanti fattori che influenzano la risoluzione energetica, spaziale e
il Field Of View del modulo di rivelazione gamma complessivo.
Il cristallo scintillatore scelto per l’architettura di rivelazione è lo Ioduro di Cesio
attivato con Tallio CsI(Tl) (Scionix, The Netherlands). Viene utilizzato un unico blocco
di dimensioni 25 mm × 25 mm × 6 mm nel caso si usi un’unica matrice di 36 SiPM, e di
dimensioni 50 mm × 50 mm × 8 mm nel caso si usino 4 matrici da 36 rivelatori ciascuna.
In Figura 3.2 viene riportata una foto dei due cristalli con dimensione diversa.
Figura 3.2 Foto dei due cristalli utilizzati per la realizzazione del sistema di rivelazione. A
sinistra il blocco di dimensioni 25 mm × 25 mm × 6 mm viene accoppiato ad una matrice di
rivelazione di 36 SiPM (singolo tile). A destra il blocco 50 mm × 50 mm × 8 mm è utilizzato
con una matrice di 144 rivelatori (4 tile).
3.1.1
Parametri fisici e geometrici del cristallo INSERT
Parametri del materiale
Per quanto riguarda la scelta del tipo di materiale dello scintillatore occorre tenere in
considerazione diversi parametri:
56
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
• Yield Y : numero di fotoni ottici emessi per unità di energia della radiazione
incidente.
N ph
Y =
E0
"
ph
M eV
#
(3.1)
Il CsI si caratterizza per essere uno dei materiali con Yield maggiore, YCsI =
65 000 [ph/M eV ]. Nel caso in esame si vuole sviluppare un sistema di rivelazione
per SPECT e le energie in gioco sono relativamente basse (' 140 keV ). Il
parametro di Yield risulta di primaria importanza nella scelta finale del materiale
di scintillazione, infatti avere un elevato numero di fotoni, nonostante la bassa
energia, permette di ottenere una sensibilità maggiore del sistema.
Al contrario, nel caso di rivelazione radiazioni ad alta energia (ad esempio nella
tecnica PET: 511 keV ) questo parametro assume un valore di ordine minore.
• Densità δ: definita come massa per unità di volume del materiale ed espressa in
[g/cm3 ]. Questo parametro è strettamente legato all’efficenza di assorbimento. La
legge di Lambert-Beer, espressa dalla seguente equazione, descrive l’andamento
dell’intensità della radiazione in funzione della profondità nel materiale x:
Iph (x) = Iph (0) · e
−µρx
Nph
.
cm · s
(3.2)
con Iph (0) flusso fotonico in superficie, µ [cm2 /g] coefficiente di attenuazione di
massa e ρ [g/cm3 ] densità del materiale. A parità di energia della radiazione
incidente, maggiore è la densità del materiale, minore è la profondità nel materiale
alla quale la radiazione viene più probabilmente assorbita.
Tuttavia, dato che il modulo di rivelazione ha la funzione di rivelare radiazioni
gamma a bassa energia (per apparecchiature SPECT), la densità non è tra i
parametri fondamentali per la scelta del cristallo: quella del CsI assume il valore
ρCsI = 4, 51 g/cm3 .
• Lunghezza d’onda di emissione λ0 : come descritto precedentemente, il cristallo
colpito da raggi gamma (fotoni energetici) emette fotoni ad energia minore; in
particolare ciascun materiale scintillatore si caratterizza per avere un diverso
spettro di emissione in funzione della lunghezza d’onda.
In un sistema ideale il picco dello spettro di emissione del cristallo dovrebbe
coincidere con il picco dello spettro dell’efficienza quantica (QE) del rivelatore
57
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
utilizzato. Nel caso in esame, in cui il CsI viene attivato col Tallio, si ha una
λ0 = 540 nm (emissione di fotoni nel verde) che, come spiegato nella Sezione 2.2.1
cade nell’intervallo di lunghezze d’onda in cui i SiPM utilizzati hanno massima
efficenza quantica.
• Timing: ogni materiale scintillatore è caratterizzato da una velocità con la quale
rilascia il pacchetto di fotoni per ogni particella gamma rivelata. Tipicamente la
fluorescenza di un cristallo segue un andamento esponenziale prima crescente poi
decrescente nel tempo. Nel caso particolare del CsI, il materiale si caratterizza
per avere un andamento temporale di scintillazione I(t) risultato della somma di
più componenti esponenziali [35]:
I(t) =
X
− τt
ai · e
i
(3.3)
i
dove ai e τ i sono coefficienti caratteristici che variano con la temperatura. In
Figura 3.3 viene riportato l’andamento di I(t) normalizzato rispetto l’area per le
temperature di 20◦ C, 0◦ C e −20◦ C e, in particolare, è stata messa in evidenza
la coda del segnale che al diminuire della temperatura si estingue in tempi più
lunghi.
Figura 3.3 Andamento normalizzato rispetto l’area del flusso di fotoni in uscita dal cristallo
in funzione del tempo. Come evidenziato nell’immagine a destra, al diminuire della temperatura
il tempo di fluorescenza si allunga comportando un peggioramento del deficit balistico. I fronti
di salita delle curve non vengono rappresentati in modo completo a causa dell’elevata pendenza
del segnale.
Le costanti di decadimento tipiche a 0◦ C sono τCsI 1 = 0,68 µ s per il 64%
dell’ampiezza del segnale iniziale e τCsI 2 = 3,34 µ s per il restante 36%.
58
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
Nel caso di sistemi di rivelazione SPECT non si hanno specifiche stringenti da un
punto di vista del tempo di risposta e, dato che un cristallo veloce è generalmente
meno efficiente, viene prediletta un’alta efficienza di conversione ad un tempo di
fluorescenza breve. Viceversa per un rivelatore PET si prediligono cristalli veloci
dato che sono richiesti requisiti stringenti di timing.
Spessore del cristallo
Per la scelta dello spessore si deve tener conto del compromesso tra efficienza di
assorbimento (influente sulla sensitività del sistema) e distribuzione della luce sul piano
di rivelazione (influente sulla risoluzione spaziale). Infatti un cristallo spesso consente
di assorbire un elevata frazione di raggi γ, ma nello stesso tempo genera una campana
di luce che si allarga maggiormente. La distribuzione della luce può essere modellizzata
attraverso la seguente equazione [36]:
I(r) =
I0
3
[1 + ( rt )2 ] 2
(3.4)
che approssima il contributo diretto, trascurando le riflessioni alle pareti e sulla parte
superiore del cristallo. Nella formula, come rappresentato in Figura 3.4 si ha: I0 intensità
di luce nel punto di scintillazione, r distanza dal piano della normale, t distanza del
punto di scintillazione dal piano di rivelazione.
Figura 3.4 Rappresentazione schematica della distribuzione di luce a partire dal punto
di scintillazione fino al piano di rivelazione. I fotoni vengono emessi in modo isotropico e
siccome la scintillazione avviene generalmente in superficie, maggiore è lo spessore del cristallo
maggiore è la larghezza della campana di luce incidente sul piano di rivelazione.
Considerando la legge di Lambert-Beer, descritta dalla Formula 3.2, è possibile
dedurre che si ha una maggiore probabilità di avere il punto di scintillazione in superficie
59
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
piuttosto che in profondità. Data una radiazione ad energia Eγ = 140 keV , coefficiente
di attenuazione di massa del cristallo µCsI = 7, 29 · 10−1 cm2 /g [37], e densità ρCsI =
4, 51 g/cm3 si ottiene un coefficiente di assorbimento lineare:
λCsI = µCsI · ρCsI = 3, 288 cm−1
(3.5)
Quindi, la lunghezza di attenuazione, profondità alla quale si raggiunge un assorbimento del 63% dell’energia incidente, risulta essere:
LCsI =
1
λCsI
= 0, 3 cm = 3 mm
(3.6)
Da ciò è possibile affermare che un cristallo eccessivamente spesso comporterebbe
un peggioramento della risoluzione spaziale visto l’aumento del termine t nell’Equazione
3.4, senza un considerevole aumento di sensitività.
Lo spessore del cristallo per il modulo INSERT è stato quindi fissato a 8 mm.
Forma del cristallo
La forma scelta per il cristallo è quella di un parallelepipedo con lati inclinati come
mostrato in Figura 3.5 che, rispetto la forma classica con lati perpendicolari, comporta
Figura 3.5 Geometria del cristallo scintillatore monolitico utilizzato nel modulo di rivelazione gamma del progetto INSERT. La base è quadrata e due lati sono inclinati: questa forma
permette un agevole affiancamento dei vari moduli.
il vantaggio di dare una migliore raccolta di luce [38], quindi una maggiore quantità di
dati a parità di tempo di acquisizione che porta ad una migliore statistica nel calcolo
della risoluzione energetica. Inoltre con tale forma si riesce ad affiancare più facilmente i
moduli nel sistema finale, in cui ci saranno più blocchi vicini a formare un anello (come
descritto nel Capitolo 1).
Per ottimizzare la risoluzione energetica del sistema è necessario raccogliere la
maggiore quantità di informazione possibile, quindi massimizzare la raccolta della luce
di scintillazione. A tal fine il CsI(Tl) viene rivestito lateralmente e sulla faccia superiore
con cinque strati di Teflon: materiale che possiede un elevato livello di riflessività
60
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
diffusiva dei nel visibile. In questo modo si ottiene una redistribuzione uniforme della
luce e una raccolta più efficiente dell’informazione luminosa.
Infine, lo scintillatore caratterizzato per un indice di rifrazione di 1, 5, viene accoppiato alla matrice di SiPM tramite Meltmount (Cargille), una resina ottica con indice
di rifrazione 1, 605 che permette un fissaggio ottimale del cristallo e un accoppiamento
ottico che ottimizza la trasmissione.
3.2
Matrice di SiPM
Il fotorivelatore elementare utilizzato è un SiPM con 4 mm × 4 mm di area attiva
(FBK). La tecnologia dei rivelatori è denominata RGB, ottimizzata per la rivelazione di
fotoni con lunghezze d’onda nell’intervallo del visibile. Con una P DE ' 30% intorno a
λ = 550 nm, come mostrato nella Figura 2.15, questi dispositivi sono ideali per rivelare
i fotoni in uscita al cristallo scintillatore scelto. Il DCR è di circa 800 kHz/mm2 a
temperatura ambiente. Ciascun fotorivelatore è costituito da 9 340 microcelle SPAD di
dimensioni 40 µm × 40 µm che danno luogo ad un fill factor complessivo di εgeom = 60%.
I SiPM sono raggruppati in matrici quadrate composte da 6 × 6 elementi saldati
su una scheda custom FR4 con dimensioni 25,30 mm × 25,85 mm × 2,1 mm. Ciascun
dispositivo possiede due elettrodi: catodo e anodo. Il catodo, con pad sulla faccia
frontale del dispositivo, fornisce una tensione di polarizzazione di valori tipici tra
30 V ÷ 34 V . L’anodo ha la funzione di raccogliere i segnali in uscita dagli SPAD e si
trova nella parte posteriore del dispositivo. La matrice è ricoperta da un sottile strato di
resina ottica per la protezione del rivelatore e delle bonding wires di alimentazione che
connettono i catodi sulla parte frontale della matrice come rappresentato nella Figura
3.6.
Come mostrato nella figura le linee di alimentazione si originano da alcuni pad
posizionati su un lato della matrice. Grazie alle bias bonding si evitano pad addizionali
tra un SiPM e l’altro per la polarizzazione.
Ogni SiPM è isolato elettricamente e otticamente da quelli adiacenti con uno spazio
insensibile alla radiazione di 40 µm e nel complesso si ottiene una percentuale di area
morta del 11,8% su tutta la matrice.
A livello di scheda vengono cortocircuitati gli anodi di 4 SiPM adiacenti (processo
definito di channel merging). Questa operazione riduce il numero di pixel di un singolo
tile da 36 a 9 e nella ricostruzione del segnale, per ciascuna matrice, si vedranno 9
elementi di area attiva 8 mm × 8 mm.
61
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
Figura 3.6 Rappresentazione in dettaglio dei collegamenti superficiali dei catodi dei SiPM
attraverso le ’bias bonding’. L’alimentazione arriva da un lato della matrice e viene trasmessa
a tutti i dispositivi attraverso questi collegamenti. I rivelatori sono saldati su una scheda
custom FR4.
Per le misure sperimentali di caratterizzazione vengono utilizzate matrici quadrate
di fotorivelatori di due diverse dimensioni: matrici con singolo tile, di 36 SiPM e 9
canali Figura 3.7a; e matrici con 4 tile di 144 SiPM complessivi e quindi 36 canali
elettronici Figura 3.7b.
(a) Matrice di 36 SiPM allineati
in formato 6 × 6.
(b) Matrice di 144 SiPM allineati in formato 12 × 12, ottenuta dall’affiancamento
di 4 tile.
Figura 3.7 Foto delle due matrici di SiPM di diversa grandezza utilizzate per le misure
sperimentali di caratterizzazione. A sinistra: il singolo tile costituito da 36 SiPM di area
25 cm × 25 cm, si può osservare sul lato in alto la linea dei pad per dell’alimentazione. A
destra: 4 tile affiancati ed allineati per formare la matrice da 144 SiPM di area 50 cm × 50 cm,
che farà parte del modulo di rivelazione utilizzato nel progetto INSERT.
Come è mostrato nella foto in Figura 3.8, sulla parte posteriore della matrice è
saldato un connettore tramite il quale è possibile prelevare i segnali di uscita dei
62
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
rivelatori e connettere il tile alla scheda elettronica di supporto.
Figura 3.8 Parte inferiore del tile. Il connettore a 40 pin permette la trasmissione dei
segnali di uscita dei rivelatori e il fissaggio meccanico della matrice. La resistenza PT-100,
con terminali connessi a due pin di uscita, consente il monitoraggio della temperatura del tile.
Sempre sul retro di ciascuna matrice è stata saldata una resistenza PT-100 che
permette il monitoraggio della temperatura durante l’attività sperimentale. Questo è un
controllo importate dato che parametri come PDE, guadagno e DCR sono fortemente
influenzati dalla temperatura di sistema e dalle sue variazioni nel tempo. Per poter permettere il raffreddamento dei dispositivi sulla parte posteriore del tile, in corrispondenza
di ogni SiPM, vengono saldati pad metallici che permettono una migliore conduzione
del calore verso gli strati superiori. I pad sono elettricamente isolati e ricoperti con una
resina di protezione.
3.3
Struttura meccanica di supporto e sistema di
raffreddamento
I segnali di uscita dei fotorivelatori sono portati all’esterno della matrice attraverso il
connettore saldato sul retro del tile, questo permette inoltre il collegamento per incastro
meccanico con la scheda multifunzione. Come mostrato nella Figura 3.9 i 4 connettori
sui quali sono inseriti i tile sono allineati in modo tale da ridurre al minimo le aree
morte tra una matrice e l’altra, massimizzando l’efficienza di collezione dei fotoni.
Ogni connettore riporta i 36 segnali corrispondenti ai 36 SiPM sulla scheda dove
viene effettuata l’operazione di merging. Tale operazione consiste nel cortocircuitare
le uscite di rivelatori adiacenti (quattro a quattro) della matrice, accorpando segnali
in uscita da ogni tile: da 36 a 9. In questo modo viene ridotto il numero di canali che
63
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
dovranno elaborare il segnale e si riduce la complessità e l’ingombro dell’elettronica di
lettura a valle del sistema di conversione.
I 36 canali ottenuti, attraverso piste su scheda, sono connessi a connettori di uscita
dai quali si prelevano i segnali da fornire in ingresso all’elettronica.
Figura 3.9 In giallo: connettori per il fissaggio dei tile e trasferimento del seganle dai
SiPM alla scheda. In rosso: connettori di uscita per la connessione all’elettronica di lettura
segnale. Al centro è presente una piastra metallica forata, parte integrante del sistema di
raffreddamento descritto di seguito.
Il rumore dominante nelle misure con dispositivi SiPM è quello di generazione
termica SRH (Shockley-Read-Hall): senza che si verifichi assorbimento di alcun fotone
nel materiale del rivelatore si generano spontaneamente cariche libere, le quali spinte
dalle forze di campo elettrico entrano nella regione di moltiplicazione e generano un
processo di breakdown a valanga. Il segnale derivante da eventi di questo genere non
fornisce alcun contributo utile nella rivelazione di radiazioni, ma provoca variazioni
nell’ampiezza degli impulsi utili di corrente. Ne consegue un peggioramento del rapporto
segnale/rumore che va a deteriorare la risoluzione spaziale ed energetica del sistema
complessivo.
Nel caso in esame il rumore a temperatura ambiente del singolo SiPM è DCR '
800 kHz/mm2 : di entità non trascurabile dal momento che per rivelare la luce in
uscita dal cristallo viene utilizzata una matrice di 144 fotorivelatori, ciascuno dei quali
introduce il proprio rumore.
64
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
Al fine di ridurre tale contributo è stato quindi implementato un sistema volto a
raffreddare i dispositivi fotorivelatori. Questa struttura, mostrata in Figura 3.10, si
trova all’interno della scatola di alluminio e funge anche da supporto per il sistema di
conversione radiazione-segnale formato da cristallo scintillatore e matrice di SiPM.
Figura 3.10 Esploso dei blocchi del sistema di raffreddamento. Il blocco di alluminio, che
viene a contatto con la parte posteriore delle matrici di SiPM e la piastra metallica forata
permettono la conduzione del calore dai tile fino alla cella di Peltier. Quest’ultima pilotata
in corrente genera un gradiente termico tra la superficie superiore (fredda) e la superficie
inferiore (calda). Il blocco di rame ha la funzione di raffreddare la faccia del peltier con cui
viene a contatto grazie ad una canalina interna nella quale viene fatta scorrere acqua fredda
(∼ 5◦ C) spinta da un chiller.
L’elemento cardine del sistema implementato è la cella Peltier, dispositivo termoelettrico che genera un gradiente termico tra due superfici opposte proporzionale
all’intensità di corrente con cui viene pilotato.
Nel caso in esame la superficie fredda è quella superiore, posta in contatto con la
piastra metallica conduttiva disegnata appositamente al centro della scheda di supporto.
La piastra si caratterizza per avere su tutta la superficie fori metallizzati che permettono
una migliore conduzione di calore tra le due facce. Sulla parte superiore della scheda, in
corrispondenza della piazzola, viene posto un parallelepipedo di alluminio che permette
il contatto termico tra la superficie posteriore della matrice di SiPM e il lato freddo
della cella Peltier. In questo modo vengono raffreddati i dispositivi fotorivelatori.
65
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
La superficie calda del dispositivo termoelettrico è posta in contatto con un dissipatore di rame all’interno del quale sono presenti delle canaline in cui viene fatta scorrere
acqua alla temperatura di circa 5◦ C pompata da un chiller (Julabo). Il liquido passando
vicino la sorgente di calore si riscalda e permette di dissipare l’energia termica presente
nel sistema.
Tra un blocco e l’altro viene deposta della pasta termica che permette un’uniforme
ed efficiente conduzione di calore attraverso le componenti del sistema.
3.4
Elettronica di acquisizione
Come mostrato nello schema in Figura 3.11 il segnale in uscita dai rivelatori viene letto
e digitalizzato dalle schede di readout, che a loro volta inviano i dati acquisiti ad una
scheda di acquisizione commerciale della National Instruments (sbRIO9606) tramite
protocollo di comunicazione SPI (Serial Peripheral Interface).
Il sistema elettronico per la lettura dei segnali include un modulo di alimentazione
che a partire da 12 V genera le alimentazioni richieste dai componenti delle schede di
lettura e della scheda sbRIO.
Figura 3.11 Schema a blocchi del modulo per la lettura dei segnali in corrente in uscita dal
rivelatore. Il diagramma in figura si riferisce ad un singolo canale di lettura. La scheda madre
permette di alloggiare fino a 20 schede. Per il progetto è stata popolata di 18 schede per un
totale di 36 canali.
I dati digitalizzati vengono trasmessi tramite cavo Ethernet al computer dove è stata
sviluppata un’interfaccia Labview per il controllo delle schede da remoto e il salvataggio
dei dati. Nel complesso sono presenti 18 schede di acquisizione (readout) ciascuna delle
quali permette la lettura di due canali elettronici per un totale di 36 canali.
Nella Figura 3.12 viene raffigurato lo schema a blocchi relativo agli elementi principali
di un canale di lettura.
66
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
Figura 3.12 Schema dei blocchi principali presenti nella scheda di readout per un singolo
canale. Tale schema è applicato a tutti e 36 i canali del sistema di rivelazione.
L’impulso di corrente dovuto alla somma del segnale di uscita di 4 SiPM entra in
ingresso al filtro RC che permette la conversione del segnale in impulso di tensione.
La forma dell’impulso in uscita al preamplificatore è il risultato della convoluzione nel
tempo tra l’andamento del segnale di ingresso e l’andamento della risposta impulsiva
del filtro. Il dimensionamento dei parametri del preamplificatore è un processo di
particolare importanza per quanto riguarda la raccolta della carica di segnale, influente
nel calcolo della risoluzione energetica finale. Il segnale di tensione viene poi amplificato
attraverso uno stadio di guadagno ed entra in tre blocchi differenti.
Il Peak Streatcher ha il compito di mantenere costante il picco del segnale, contenente
l’informazione sulla quantità di luce letta dal canale, per un tempo tale da garantire la
conversione da parte dell’ADC del microcontrollore.
Il Filtro passa basso ha la funzione di estrarre la linea di base del segnale (il valore in
continua), che viene campionata dal microcontrollore: questo valore viene utilizzato per
portare a zero la linea di base stessa tramite un circuito di feedback, attraverso il blocco
Correzione della linea di base che agisce sul nodo prima dello stadio di guadagno.
Il Comparatore ha il compito di confrontare il valore dell’impulso di tensione con una
soglia impostata dall’utente: il superamento della soglia attiva un trigger per l’avvio
della fase di inseguimento del segnale da parte del peak stretcher.
Una volta campionati i valori in uscita dal peak stretcher il microcontrollore li
trasmette alla scheda sbRIO tramite SPI.
Di seguito vengono descritti in dettaglio i blocchi principali relativi alla lettura di
un canale.
67
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
3.4.1
Preamplificatore di carica e stadio di amplificazione
La corrente in uscita dai SiPM entra in un primo stadio a transimpedenza che converte
il segnale in tensione. Il secondo stadio, costituito da un amplificatore operazionale in
configurazione invertente, aggiunge un guadagno al segnale.
Figura 3.13 Schema dei primi due stadi per la lettura del segnale impulsivo di corrente in
uscita dai SiPM. Il preamplificatore di carica effettua la conversione da corrente a tensione;
l’amplificatore invertente applica guadagno. Vengono riportate le forme d’onda dei segnali ad
ogni nodo.
La costante di tempo del preamplificatore è stata scelta a seguito di simulazioni
teoriche col fine di ottimizzare il tempo di integrazione del segnale in uscita dal sistema
di conversione. In particolare, l’impulso di corrente fornito dai SiPM presenta un
andamento nel tempo che in prima approssimazione è associabile ad un’esponenziale
decrescente con costante di tempo τscint = 3µs (data dal tempo di scintillazione del
cristallo scelto).
In uscita al primo stadio la forma d’onda del segnale di tensione è il risultato della
convoluzione tra l’andamento del segnale di ingresso al sistema e l’andamento della
risposta impulsiva del filtro R1 C1 :
f (t) =
1
− t
· e R1 C1
C1
(3.7)
Se il filtro introducesse una costante di tempo comparabile con quella del segnale di
ingresso si riscontrerebbe il problema del Deficit Balistico, dovuto ad un’integrazione
incompleta della carica, che darebbe luogo ad un picco del segnale di uscita più basso
del dovuto. L’ampiezza del picco di tensione rappresenta l’unica informazione relativa
alla quantità di fotoni emessi dal cristallo: minore è il valore di tensione letto, peggiore
68
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
risulta il rapporto segnale/rumore con conseguente errore nella stima della risoluzione
energetica e spaziale del sistema.
In generale la quantità di fotoni letti dipende dal rapporto tra la τ di scintillazione e
la τ del filtro: maggiore è la costante di tempo del filtro maggiore è la quantità di carica
utile che si riesce ad integrare. Di contro un tempo di integrazione lungo comporta una
maggiore collezione di rumore.
Nel caso in esame i valori dei componenti del filtro sono stati scelti in modo da avere
τRC = 10µs.
Per quanto riguarda il dimensionamento del preamplificatore, oltre al tempo di
integrazione, occorre considerare la stabilità del circuito. La matrice di SiPM viene
vista all’ingresso del canale elettronico come una capacità di valore CSiP M ' 15 nF
(valore calcolato sperimentalmente). Tale capacità introduce un polo a bassa frequenza
che potrebbe rendere instabile il primo stadio del canale elettronico.
Per verificare la stabilità del sistema viene calcolato l’andamento del guadagno ad
anello del circuito presentato alla Figura 3.14.
Figura 3.14 Preamplificatore di front-end del canale elettronico con all’ingresso la capacità
equivalente introdotta dalla matrice di rivelatori CSiP M . Per studiare la stabilità del circuito è
stato effettuato il calcolo del guadagno ad anello tagliando il circuito a valle dell’amplificatore.
L’amplificatore operazionale utilizzato è un OPA659 (Texas Instruments) caratterizzato dalla seguente funzione di trasferimento:
A(jω) =
A0
1 + jωτ0
(3.8)
con guadagno in continua A0 = 795 e costante di tempo τ0 = 0.36µs.
Il taglio dell’anello viene effettuato a valle dell’amplificatore il quale viene visto
come generatore ideale di tensione con uscita ad impedenza nulla.
69
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
La funzione che si ottiene per il guadagno ad anello è:
Gloop (jω) =
1 + jωR1 C1
VT
= −A(jω) ·
VP
1 + jωR1 (C1 + CSiP M )
(3.9)
con due poli e uno zero.
In Figura 3.15 vengono rappresentati i diagrammi del modulo e della fase di Gloop
per vari valori di resistenza e capacità del filtro, mantenendo costante il loro prodotto.
Figura 3.15 Diagrammi di Bode per il modulo e la fase del guadagno ad anello dello stadio
di ingresso dei canali elettronici. Sono riportati i grafici ottenuti per diversi valori di resistenza
e capacità del filtro, mantenendo il prodotto R1 · C1 costante. Si osserva come il sistema
rimane stabile all’aumentare del valore della resistenza R1 .
Si può notare come un aumento della resistenza e conseguente riduzione della
capacità di feedback non porti ad un’instabilità del sistema dato che lo zero si trova ad
una frequenza maggiore rispetto quella del polo.
Di contro, aumentare il valore della resistenza R1 comporta un’amplificazione
maggiore oltre che del segnale anche del DCR. Una carica di rumore maggiormente
amplificata contribuisce ad un aumento della linea di base all’uscita del primo stadio.
Dato che il circuito per la sottrazione della baseline ha una capacità limitata di
correzione, il valore della tensione in uscita al preamplificatore rischia di saturare.
70
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
Nel caso considerato è stato scelto un valore R1 = 24 kΩ che permette il corretto
funzionamento del circuito e fornisce un valore di guadagno in continua del primo stadio
pari a G1 = 24 kΩ.
Al fine di rendere positivo il segnale e adattarlo alla dinamica dell’ ADC del
microcontrollore è necessario introdurre un secondo stadio di amplificazione dimensionato
con guadagno G2 = 3. In questo caso viene amplificato solo il segnale utile dato che la
corrente di buio amplificata dal primo stadio, come sarà descritto nella Sezione 3.4.3,
viene sottratta attraverso un ramo di reazione da parte del circuito per la correzione
della linea di base.
Complessivamente si ottiene un guadagno in continua:
GT OT = G1 · G2 = 72 kΩ.
(3.10)
L’andamento in funzione del tempo dell’impulso di tensione in uscita risulta essere:
=
R 1 C1
ISiP M
− t
− t
·
· e τscint − e R1 C1
C1
τscint − R1 C1
V2 (t) = G1 · G2 · ISiP M · e
= G1 · G2 ·
1
− t
∗
· e R1 C1
C1
−τ
t
scint
(3.11)
Va ricordato che scegliere una τ troppo lunga col fine di integrare più segnale
comporta la collezione di una maggiore quantità di rumore e un tempo di recupero più
lungo della tensione di uscita. Ciò aumenta la probabilità che si instauri il fenomeno del
pile-up, fenomeno schematizzato in Figura 3.16: un tempo di recovering troppo lungo
fa si che impulsi successivi nel tempo si sovrappongano provocando una saturazione del
segnale utile.
Figura 3.16 Schematizzazione dell’effetto di pile-up dovuto alla sovrapposizione di più
segnali esponenziali ravvicinati nella scala temporale a causa di una costante di tempo del
filtro troppo lunga. Questo meccanismo può portare alla saturazione del segnale in uscita al
secondo stadio.
71
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
In corrispondenza dei morsetti positivi degli OP AMP, come è possibile vedere dalla
Figura 3.13, sono state inserite le resistenze R2 e R5 , di valore pari alle resistenze viste
dai morsetti negativi, che permettono di compensare l’offset introdotto dalle correnti di
bias degli operazionali.
Per quanto riguarda la correzione dell’offset in continua, dovuto ai generatori di
tensione di rumore in ingresso agli amplificatori, essa viene effettuata grazie al circuito
per la regolazione della linea di base.
3.4.2
Peak stretcher e comparatore a soglia
Il circuito del Peak Stretcher mostrato in Figura 3.17 riceve in ingresso il segnale di
uscita dallo stadio amplificatore e ha la funzione di mantenere costante il valore del
picco: proporzionale all’energia del raggio gamma incidente sul sistema di rivelazione.
Ciò permette il campionamento e la conversione in formato digitale da parte del
microcontrollore.
Figura 3.17 Schema del circuito implementato per il Peak Stretcher. Il valore di picco
stabile all’uscita è ottenuto grazie alla capacità di memoria del condensatore e la proprietà di
fungere da switch dei diodi. Il transistor è pilotato alla base da un segnale di reset fornito dal
microcontrollore al termine del campionamento e della conversione del valore di picco.
Il valore di picco dell’impulso viene salvato sulla capacità e quindi mantenuto costante all’uscita fino a quando non viene attivato il transistor che fornisce un percorso
conduttivo verso massa. Il transistor viene acceso dal microcontrollore una volta finita
la conversione.
Il segnale di uscita dello stadio amplificatore va in ingresso anche al blocco comparatore mostrato in Figura 3.18. Oltre al segnale il comparatore riceve il valore di soglia
con cui confrontare il segnale stesso.
72
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
Figura 3.18 Schema del circuito comparatore che ha la funzione di identificare eventi utili
rispetto al rumore confrontando l’ampiezza del segnale con una soglia. Questa viene trasmessa
da microcontrollore tramite protocollo I 2 C e convertita in analogico da un modulo DAC a 12
bit. L’uscita del comparatore diventa alta nel momento di superamento della soglia.
Quando il segnale supera il valore di soglia il circuito da in uscita un impulso
positivo che va in ingresso al microcontrollore e indica che l’evento è da considerarsi
utile rispetto al rumore di fondo. Come verrà approfondito in seguito, l’impulso fornito
dal comparatore porta all’attivazione del campionamento del segnale all’uscita dei peak
stretcher su tutti i canali.
Il valore della soglia è impostato attraverso l’interfaccia Labview e trasmessa tramite
protocollo SPI al microcontrollore, che a sua volta la ritrasmette al comparatore con
comunicazione I 2 C. Per la conversione della soglia da valore digitale ad analogico viene
utilizzato un DAC da 12 bit.
3.4.3
Circuito per la correzione della linea di base
In Figura 3.19 viene mostrato il circuito hardware per il controllo e la correzione della
linea di base di ogni canale elettronico.
Ciascun canale è caratterizzato da una linea di base diversa dovuta principalmente al
rumore introdotto dai SiPM e in minor parte alle non idealità dei componenti elettronici.
Il circuito presentato in questo paragrafo regola la linea di base e rende confrontabili i
segnali di uscita dei 36 canali.
A valle dello stadio amplificatore è stato introdotto un filtro RC passa basso con
dimensionamento dei componenti tale da ottenere una frequenza di polo molto minore
rispetto la frequenza di segnale. In questo modo il segnale utile viene filtrato e si estrae
il valore in continua VDC .
Se si considera che il segnale in ingresso ha una salita con costante si tempo
τscint ' 3 µs, la massima frequenza del segnale fs è:
fs =
1
' 53 kHz.
2 · π · τscint
73
(3.12)
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
Figura 3.19 Schema del circuito implementato per il controllo e la regolazione della linea
di base per ogni canale elettronico di lettura. La sua funzionalità è quella di eliminare il
contributo relativo alla corrente di buio dei SiPM e alle tensioni di offset introdotte dagli
amplificatori operazionali. Questi valori possono assumere variazioni da un canale all’altro.
Il polo del filtro fp viene quindi scelto a due decadi di distanza:
fp =
1
' 530 Hz.
2 · π · R7 · C2
(3.13)
La VDC viene letta ciclicamente dal microcontrollore che effettuata una correzione
digitale del valore della linea di base fino a che questa risulta pari a zero. Il modulo
DAC permette di convertire in analogico il fattore di correzione digitale. La sottrazione
della linea di base viene effettuata sottraendo corrente all’ingresso dello stadio di
amplificazione in corrispondenza del nodo sommatore rappresentato.
La tensione continua all’uscita del filtro passa basso è dovuta principalmente dalla
corrente di dark count proveniente dal modulo rivelatore e in parte dalle tensioni di
offset introdotte dagli stadi di ingresso del canale; le correnti di polarizzazione non
contribuiscono dato che sono state opportunamente compensate.
VDC = ID · R1 ·
R4
R4
R4
∓ VO 1 ·
± VO 2 · 1 +
R3
R3
R3
(3.14)
Dopo la compensazione, per il principio di sovrapposizione degli effetti, si ottiene
che la tensione in uscita allo stadio amplificatore è data dalla VDC a cui viene sottratta
la tensione regolata dal microcontrollore amplificata dal rapporto delle resistenze di
feedback:
R4
V2 = VDC − VBL ·
(3.15)
R6
74
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
La corrente di buio è fortemente influenzata dalla tensione di over-voltage applicata
ai SiPM e dalla temperatura del sistema, quindi la correzione della linea di base viene
effettuata ogni volta che si verifica una variazione di questi parametri.
3.4.4
Logica per l’acquisizione sincrona dei 36 canali delle 18
schede
In questa sezione viene spiegata la logica utilizzata per l’acquisizione sincrona e il
campionamento dei 36 canali della gamma camera.
Ciò che si vuole campionare è il valore di picco del segnale amplificato: valore
proporzionale alla quantità di luce di scintillazione raccolta da ciascun fotorivelatore.
Per la conversione da analogico a digitale si utilizza l’ADC a 12 bit del microcontrollore,
presente su ciascuna delle 18 schede. Il range dinamico del segnale di ingresso è 0÷3, 3 V
e viene diviso in 4096 livelli assegnati in base al valore letto.
Dopo il comando di avvio impostato da interfaccia Labview si iniziano a campionare
i valori di picco fino al raggiungimento della capacità massima di memoria del microcontrollore di 12 800 valori, 6 400 per ogni canale. Attraverso protocollo SPI i dati sono
trasmessi alla scheda sbRIO e poi al programma Labview tramite cavo Ethernet. Sul
PC avviene il salvataggio dei dati che possono essere elaborati in fase successiva tramite
Matlab per ricostruire la posizione degli eventi di scintillazione e lo spettro di energia.
Il segnale in uscita allo stadio amplificatore V2 , come descritto in precedenza, viene
dato in ingresso al Peak Stretcher e al comparatore. Se l’ampiezza del segnale di uno dei
36 canali supera la soglia VT H impostata il compratore fornisce un segnale positivo per
l’avvio del campionamento al microcontrollore della scheda corrispondente. Nello stesso
tempo, come schematizzato in Figura 3.20, dalla scheda interessata viene mandato un
segnale impulsivo di trigger di durata 2 µs a tutte le schede. Il segnale provoca l’avvio
del processo di campionamento su tutti i canali indipendentemente dal fatto che su di
essi il valore di soglia sia stato superato.
Nella Figura 3.21 vengono descritte le forme d’onda di due canali del sistema di
lettura. Per chiarezza della spiegazione si considerano il canale i-esimo della scheda α,
sul quale è presente segnale utile al superamento della soglia, e il canale j-esimo della
scheda β, che invece ha raccolto una minore quantità di carica.
Nel grafico a) è rappresentata la forma d’onda del segnale di uscita dello stadio
amplificatore di un canale che può raggiungere o meno il livello della soglia VT H . Nel
grafico b) viene descritto l’andamento della tensione di uscita del comparatore, che
75
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
Figura 3.20 Schematizzazione del sistema per la sincronizzazione del campionamento dei
36 canali. La scheda sulla quale un canale ha superato in ampiezza la soglia impostata
invia sul bus comune un segnale di trigger per l’inizio del campionamento da parte di tutti i
microcontrollori.
rimane alta per tutto il tempo in cui il segnale ha un ampiezza maggiore della soglia. Il
grafico c) è relativo al segnale di trigger, nel caso riportato viene emesso dalla scheda α
in cui è stato rivelato segnale utile, tutte le altre ricevono l’informazione in ingresso
grazie al bus di comunicazione. Dopo 5 µs dal fronte di salita del trigger inizia la fase
di campionamento e quindi la conversione dei segnali in uscita dai peak stretcher da
parte di tutti i microcontrollori in parallelo come viene rappresentato nel grafico d).
Il ritardo tra l’attivazione del trigger e la fase di campionamento (5 µs) assicura che
l’uscita del peak stretcher abbia effettivamente raggiunto il massimo della forma d’onda.
Terminata la conversione il microcontrollore pilota l’accensione di un transistor di reset
che pone a zero l’uscita del PS. Il sistema è quindi pronto a ricevere un nuovo impulso
di tensione utile.
Questo sistema permette di campionare in maniera sincrona il picco dei segnali sui
36 canali anche nell’eventualità di un superamento della soglia da parte di un singolo
canale.
76
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
Figura 3.21 Forme d’onda tipiche di un canale con segnale utile (colonna di sinistra: canale
i, scheda α) e di un canale con basso segnale (colonna di destra: canale j, scheda β). a) forma
d’onda tipica all’uscita del blocco amplificatore V2 ; b) tensione di uscita del comparatore del
rispettivo canale; c) segnale di trigger emesso dalla scheda sulla quale si è presentato un
segnale sopra soglia e ricevuto dalle altre schede; d) forma d’onda all’uscita del peak stretcher
con indicati punto di inizio campionamento e punto di reset alla fine della conversione.
77
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
3.5
Schede di supporto e controllo
Al fine di creare un supporto meccanico per le matrici di SiPM, aggiungere funzionalità
al set-up sperimentale e ottimizzare le funzioni di controllo umidità, temperatura e
tensione di alimentazione del sistema sono state progettate due schede elettroniche, una
principale e una secondaria. La foto della scheda principale viene mostrata alla Figura
3.22.
Figura 3.22 Foto della scheda principale utilizzata durante le misure sperimentali per fornire
supporto meccanico alle matrici di SiPM, settare la tensione di polarizzazione, impulsare i
canali elettronici di lettura e monitorare la temperatura e l’umidità del sistema. La scheda è
inserita all’interno della scatola di allumninio e si connette con la scheda secondaria tramite
flat-cable.
In Figura 3.23 viene data una schematizzazione logica delle funzionalità delle schede;
di queste, la principale si trova all’interno della scatola e l’altra esternamente collegata
tramite flat-cable.
Si può notare come il microcontrollore abbia un ruolo chiave nel gestire le diverse
funzionalità delle schede. In questa sezione si procederà nel descrivere in dettaglio
le funzioni implementate assumendo di utilizzare 4 tile per formare la matrice di
rivelazione.
78
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
Figura 3.23 Schema a blocchi di principio del sistema implementato nelle schede di supporto
e controllo. In particolare si ha una scheda principale interna alla scatola in cui avviene la
rivelazione e una scheda esterna alla scatola: di supporto per le misure sperimentali
3.5.1
Microcontrollore
Il microcontrollore usato è il PIC24FV16KA302 della Microchip alimentato a 5V,
composto da 28 pin e programmato tramite connettore ICSP. Il dispositivo possiede
una CPU a 16 bit, un modulo ADC da 12 bit con un massimo di 16 canali di input,
due moduli I 2 C (Inter Integrated Circuit), due moduli SPI (Serial Peripheral Interface)
e due moduli UART (Universal Asynchronous Receiver-Trasmitter).
Le funzioni eseguite dal microcontrollore nel caso in esame sono:
• campionamento e conversione in digitale dei valori in continua delle tensioni in
uscita dai circuiti di lettura dell’umidità e della temperatura per il monitoraggio
ciclico di tali parametri;
• programmazione tramite protocollo I 2 C dei potenziometri digitali che permettono la regolazione della tensione di polarizzazione dei SiPM e la variazione
dell’ampiezza dell’impulso nel circuito di impulsazione;
• programmazione tramite protocollo I 2 C dello schermo LCD posto sulla scheda
esterna per la rappresentazione dei valori di umidità e temperatura;
• controllo del segnale di trigger per l’attivazione del circuito monostabile che genera
un impulso di tensione in uscita;
79
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
• pilotaggio con onda quadra della base del transistor bipolare che alimenta il buzzer
per segnalare il raggiungimento di un valore limite di umidità;
• ricezione dati dal chip FT232 tramite protocollo UART per lo scambio di informazioni con il PC.
Come riferimento per il clock di sistema viene utilizzato un oscillatore al quarzo da
8 MHz (ABMM2, Abracon). Lo scambio dati con PC avviene tramite cavo USB; sulla
scheda attraverso il componente FT232 è possibile convertire la trasmissione dati in protocollo UART ed interfacciarsi al microcontrollore. Questo sistema permette di gestire
alcuni registri del microcontrollore senza la necessità di effettuare la programmazione
con connettore ICSP.
3.5.2
Circuito per l’equalizzazione dei canali elettronici
Sulla scheda di supporto interna è stato progettato un sistema che permette di inviare,
in parallelo, direttamente ai terminali di uscita (descritti nella Sezione 3.3) impulsi
di corrente, emulando il segnale di uscita dei SiPM. Questa funzionalità consente di
verificare il corretto funzionamento e l’uniformità di risposta dei 36 canali elettronici,
permettendo un’eventuale operazione di equalizzazione a livello software.
Lo schema del circuito implementato è mostrato in Figura 3.24.
Figura 3.24 Il multivibratore monostabile ad ogni segnale di trigger inviato da microcontrollore fornisce in uscita un impulso di tensione di ampiezza 5 V e durata 4 µs. Il partitore
dimezza l’ampiezza dell’impulso. L’amplificatore non invertente possiede un guadagno variabile
in virtù del potenziometro digitale R2 comandato da microcontrollore con protocollo I 2 C. La
resistenza RIM P permette di ottenere un valore di corrente noto che si suddivide tra i 36
canali.
80
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
A partire da impulsi di tensione con ampiezza nota e modificabile si generano impulsi
di corrente che trasportano una quantità di carica dello stesso ordine di grandezza di
quella dovuta tipicamente alla rivelazione di un raggio gamma del sistema di rivelazione.
La gestione del funzionamento del circuito è affidata al microcontrollore.
Il PIC invia il segnale di trigger al multivibratore monostabile (LTC6993CS6, Linear
Tecnology) che fornisce in uscita un unico impulso di tensione di ampiezza pari alla
tensione di alimentazione del circuito: 5V . Da microcontrollore è quindi possibile
programmare il numero di impulsi che si intendono inviare e la distanza temperale tra
uno e l’altro.
La lunghezza temporale di ogni impulso è fissata a 4 µs da una configurazione di
resistenze tra i terminali del monostabile. Per poter inviare all’elettronica di lettura
pacchetti di carica di entità diversa si modifica l’ampiezza degli impulsi: la tensione di
uscita dal monostabile, dopo esser stata scalata attraverso un partitore resistivo è data
in ingresso ad un amplificatore non invertente con guadagno variabile. Il guadagno
viene modificato agendo sulla resistenza R2 implementata con un potenziometro digitale
da 100 kΩ (MCP4561-104E/MS, Microchip) comandato da microcontrollore tramite
protocollo I 2 C.
L’impulso di tensione arriva al filtro passa alto dato dalla resistenza RIM P e il banco
di capacità in parallelo CIM P . Il filtro viene dimensionato con una costante di tempo
molto maggiore rispetto la durata dell’impulso di tensione:
τIM P = RIM P · 36 · CIM P 4µs.
(3.16)
In questo modo per ogni impulso di tensione si ottengono impulsi di corrente quasi
rettangolari a valle delle capacità di ciascun canale, cosa che permette di calcolare
agevolmente la quantità di carica inviata.
Il dimensionamento dei componenti del circuito è stato fatto in modo da poter
generare pacchetti di carica di entità confrontabile con quella fornita dai SiPM in
seguito al processo di rivelazione. Per quantificarla occorre fare alcune considerazioni,
tenendo conto dei parametri con cui si caratterizzano i dispostivi e i materiali scelti per
la conversione energia-segnale.
Si considera la radiazione gamma di energia Eγ = 122 keV dovuta al decadimento
del 57 Co (sorgente utilizzata per le misure sperimentali). Il fotone viene assorbito
dal cristallo scintillatore [CsI(Tl)] che si caratterizza per un guadagno di conversione
(Yield) pari a Y = 64 000[ph/M eV ]. Il numero medio di fotoni generati in seguito
all’assorbimento della radiazione è quindi:
81
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
Nph = Eγ · Y = 7808 ph.
(3.17)
Il cristallo è ricoperto da strati di Teflon che, grazie alle proprietà riflessive, permette
di raccogliere circa il 90% dei fotoni generati (dato ottenuto con simulatore ottico).
Lo scintillatore è accoppiato alla matrice di SiPM, che presenta un’area attiva del
88.2% sull’area complessiva, a causa di aree morte di rivelazione dovute allo spazio
tra un dispositivo e l’altro. Complessivamente si ottiene un’efficienza di collezione
ηCOLL ' 80%.
La probabilità che un fotone raccolto nel silicio generi un elettrone è data dalla
media integrale della PDE(λ, VOV ) dei rivelatori calcolata sullo spettro di emissione
del cristallo CsI(Tl) in funzione della lunghezza d’onda. Per una VOV = 3 V si ottiene
una P DE ' 30%; quindi il numero medio di fotoelettroni generati risulta essere:
Npe = Nph · ηCOLL · P DE = 1874 pe.
(3.18)
Si può osservare che il numero di fotoni generati dovuti all’assorbimento di un raggio
gamma a questa energia è ampiamente compreso nel range dinamico del dispositivo.
Infatti la matrice di rivelatori è costituita da 144 SiPM, ciascuno dei quali contiene
circa 9000 SPAD, per un totale di quasi 1, 3 M di celle. Non sono pertanto considerati i
fenomeni di saturazione: il numero di celle attivate è pari al numero di fotoni raccolti e il
segnale di uscita risulta essere linearmente proporzionale alla quantità di luce incidente.
Il massimo segnale in uscita ottenibile, in termini di quantità di carica, è dato
dal numero medio di fotoelettroni generato moltiplicato per la carica di un elettrone
q = 1, 6 · 10−19 C e per il guadagno del dispositivo M = CD ·q VOV :
QM AX = Npe · q · M = 607 pC.
(3.19)
Questa è la quantità massima di carica ottenibile in uscita da un canale di rivelazione,
dovuta alla raccolta di tutti i fotoni di luce generati da parte dei 4 SiPM corrispondenti
ad un unico canale.
Se invece i fotoni si distribuiscono uniformemente su tutta la matrice di rivelazione,
si ottiene il valore minimo di segnale ottenibile in uscita. In questo caso la carica viene
ridotta di un fattore 36 rispetto quella massima.
Npe · q · M
= 17 pC.
(3.20)
36
Detto ciò, il dimensionamento dei componenti del circuito di impulsazione deve
QM IN =
82
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
essere effettuato in modo tale che la carica trasportata dagli impulsi di corrente generati
sia compresa nell’intervallo 17 pC - 607 pC.
Le resistenze scelte per il partitore hanno pari valore RP = 100 kΩ in modo da
dimezzare l’ampiezza del segnale; la resistenza R1 dell’amplificatore non invertente viene
impostata a 100 kΩ al fine di avere come guadagno massimo 2 e poter variare l’ampiezza
dell’impulso di uscita da 2, 5 V a 5 V ; la resistenza di impulsazione RIM P = 1 kΩ fissa
l’ampiezza del picco di corrente; la capacità corrispondente ad ogni canale CIM P = 1 nF
viene scelta in modo che il filtro passa alto abbia una costante di tempo lunga rispetto
la durata dell’impulso: con questi valori si ottiene τIM P = 36 µs.
Nella Figura 3.25 viene mostrato l’andamento dell’impulso di corrente quasi rettangolare in uscita al singolo canale con impulso di tensione pari a 5V (la curva è stata
simulata con Matlab).
Figura 3.25 Andamento temporale della corrente all’uscita del filtro RIM P -CIM P per un
singolo canale quando l’ampiezza dell’impulso di tensione corrispondente è pari a 5V.
In queste condizioni con impulsi di 2, 5 V si inviano pacchetti di carica QM IN '
260 pC, con impulsi di 5 V si ottengono valori di QM AX ' 530 pC: ampiamente
all’interno dell’intervallo di valori reali di carica precedentemente trovato.
3.5.3
Circuito per la regolazione della polarizzazione dei SiPM
Per il funzionamento dei dispositivi SiPM è necessaria una tensione di polarizzazione
VBIAS che porti i diodi APD a funzionare in modalità Geiger. Nella scheda di supporto
principale è stato disegnato un circuito che permette di alimentare i rivelatori o con una
tensione proveniente da generatore esterno, o con tensione controllata da un regolatore
variabile (LT3008 - Linear Tecnology), come rappresentato in Figura 3.26.
83
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
Figura 3.26 Circuito per la polarizzazione dei SiPM. Il filtro passa basso RIN -CIN smorza
le variazioni ad alta frequenza della tensione di ingresso. Gli interruttori meccanici 1 e
2 permettono di scegliere il percorso dell’alimentazione (esterna o regolata). Il regolatore
variabile setta la tensione VBIAS in base il valore della corrente IADJ che dipende dal rapporto
tra R1 e R2 variabile in virtù del potenziometro digitale. Le capacità in ingresso e uscita dal
regolatore permettono di stabilizzare le tensioni.
Alla tensione VHV (' 40V ), proveniente da un generatore esterno, si applica un
filtraggio passa basso attraverso i componenti RIN -CIN per limitare disturbi ad alta
frequenza; i valori dei componenti sono RIN = 1 kΩ e CIN = 100 µF elettrolitico. Una
coppia di interruttori meccanici permette di scegliere se mandare al catodo dei SiPM
direttamente la tensione filtrata o quella in uscita al regolatore.
In particolare tale componente regola la tensione di uscita in funzione del rapporto
tra i valori delle resistenze R1 e R2 secondo la seguente formula:
R2
= 600 mV · 1 +
− (IADJ · R2 )
R1
VBIAS
(3.21)
Ciò che comanda il valore di tensione di uscita è l’intensità della corrente IADJ
uscente dal pin ADJ il quale presenta tensione fissa pari a 600 mV . Modificando il
rapporto R2 /R1 varia la corrente in uscita da ADJ e quindi la tensione VBIAS .
La resistenza R1 viene implementata come la serie tra una resistenza costante
(R1F ) e una variabile (R1V ) data da un potenziometro digitale (MCP4562-104E/MS Microchip), controllabile da microcontrollore tramite protocollo I 2 C.
La R2 assume un valore pari a 10 M Ω, la R1F vale 150 kΩ e il potenziometro può
fornire una resistenza tra 0Ω è 100 kΩ con 257 step possibili: complessivamente, agendo
sulla resistenza variabile, è possibile far variare la tensione di polarizzazione dei rivelatori
tra i 25 V e i 40 V circa.
Occorre osservare che la VBIAS e la R1V sono legati da una relazione non lineare. A
livello software è stata quindi implementata una funzione che a partire dalla tensione
84
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
di polarizzazione che si intende impostare permette di risalire al valore corrispondente
della resistenza con cui programmare il potenziometro digitale.
I condensatori posti all’ingresso e all’uscita del regolatore permettono di avere le
tensioni stabili ai rispettivi terminali e un funzionamento corretto del componente.
3.5.4
Circuito di lettura temperatura
Al fine di poter ottenere risultati accurati è importante che la temperatura del sistema
rimanga stabile per tutto il tempo della misura sperimentale; inoltre conoscere il livello
termico a cui si trovano i dispositivi di rivelazione permette di stimare il valore di
parametri caratteristici quali: PDE, guadagno e DCR che influenzano la risoluzione
energetica e spaziale del sistema complessivo.
A tal proposito sulla scheda di supporto interna, per ciascun tile è stato progettato
un circuito per la lettura della temperatura: a partire dalla resistenza PT-100 (PTS0805
- Vishay) saldata sulla parte posteriore di ogni tile si riesce a monitorare il livello di
raffreddamento del sistema.
L’andamento della PT-100 al variare della temperatura è il seguente:
R(T ) = R0 · (1 + AT + BT 2 )
(3.22)
con R0 = 100Ω, A = 3, 9 · 10−3 ◦ C −1 , B = −5, 77 · 10−7 ◦ C −2 .
I terminali della PT-100 sono portati su scheda grazie ai connettori precedentemente
descritti. In questo modo la resistenza termica viene inserita in un circuito a ponte di
Wheatstone, come mostrato nello schema in Figura 3.27.
La RV tra il ponte e l’alimentazione serve per limitare la corrente nella PT-100, così
da evitare fenomeni di autoriscaldamento della resistenza. Questo resistore tuttavia
comporta una relazione non lineare tra la tensione ai capi del ponte e la temperatura
del sistema di cui ne viene tenuto conto a livello software.
A valle del ponte è stato inserito un amplificatore da strumentazione INA (INA826AID
- Texas Instruments) che amplifica la differenza tra le tensioni di ingresso e filtra il
modo comune. La tensione all’uscita dell’amplificatore è:
+
−
VT EM P = (VIN
− VIN
) · GIN A + VRef
con GIN A
49, 4 kΩ
=1+
RG
!
(3.23)
Nel complesso si ottengono 4 tensioni relative alle temperature di ogni tile: VT EM P A ,
VT EM P B , VT EM P C , VT EM P D che vengono portate in ingresso al modulo ADC del
85
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
Figura 3.27 Il circuito per la lettura della temperatura è costituito da un ponte di Wheatstone
con resistenze R100 da 100 Ω, in cui è inserita la PT100; un amplificatore da strumentazione
INA per amplificare le variazioni di tensione ai capi del ponte e un trimmer da 10 kΩ per
poter effettuare l’equalizzazione tra i valori di uscita dei diversi circuiti di temperatura. La
resistenza RV limita la corrente nel ponte; la RG definisce il guadagno dell’INA.
microcontrollore. L’operazione di campionamento e conversione avviene in modo
sequenziale e ciclico per i quattro canali, ogni 2 secondi il valore di temperatura di un
canale diverso viene mandato allo schermo LCD, posto sulla scheda secondaria esterna,
attraverso protocollo di comunicazione I 2 C.
Il guadagno dell’amplificatore INA viene scelto, dimensionando la RG , in modo da
ottimizzare la dinamica dell’ADC del microcontrollore (12 bit) e tenendo conto che
l’intervallo di temperatura di interesse va dai −22◦ C ai 22◦ C.
3.5.5
Circuito di lettura umidità
I SiPM-RGB utilizzati per le misure sperimentali presentano un Dark Count a temperatura ambiente di 800 kHz/mm2 , dovuto principalmente alla generazione termica di
carica. Tale rumore risulta essere piuttosto elevato in relazione al fatto che la rivelazione
viene effettuata con una matrice costituita da 144 dispositivi per un’area complessiva
di 2 500 mm2 . Un DCR di questo tipo comporta variabilità nell’ampiezza dell’impulso
utile di uscita al dispositivo, deteriorando la risoluzione energetica e spaziale.
Per ridurre il rumore termico dei dispositivi si utilizza un sistema di raffreddamento
volto a portare a basse temperature (tra 0◦ Ce − 20◦ C) tutto il sistema all’interno della
scatola di alluminio, compresa la scheda elettronica di supporto con i relativi connettori.
Il fatto di scendere in temperatura comporta una condensazione dell’aria umida e quindi
la formazione di gocce d’acqua sulla scheda e sui connettori che potrebbero generare
cortocircuiti non voluti tra componenti elettronici o tra canali di segnale. Al fine di
86
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
prevenire la condensazione, all’interno della scatola viene iniettato costantemente azoto
(N) che permette la formazione di un ambiente secco.
Il livello di umidità dell’aria all’interno del sistema al variare della temperatura viene
monitorato grazie ad un sensore di umidità (HIH - 4000 Series - Honeywell) in grado di
fornire in uscita un valore di tensione proporzionale al livello di umidità percepita.
La tensione in uscita al sensore è proporzionale all’umidità RH in modo lineare:
VHU M = mH · RH + cH
(3.24)
con mH = 31, 483 mV /RH(%) e cH = 0, 826V .
La tensione VHU M viene portata in ingresso al modulo ADC del microcontrollore;
con periodo di circa 2 secondi il valore viene campionato e convertito nel corrispondente
valore di umidità. Come per i valori temperatura, anche il livello di umidità viene
trasmesso allo schermo LCD posto sulla scheda esterna alla scatola attraverso protocollo
di comunicazione I 2 C.
3.5.6
Scheda esterna
I valori fisici di temperatura e umidità ottenuti attraverso gli appositi sensori e circuiti
di lettura sono visualizzati su uno schermo LCD (Midas) saldato sulla scheda esterna
alla scatola di alluminio. In questo modo è possibile monitorare costantemente questi
parametri durante l’attività di misura sperimentale.
Per il trasferimento dati tra microcontrollore e schermo è utilizzato il protocollo di
comunicazione I 2 C. Il segnale e l’alimentazione vengono portati alla scheda esterna
attraverso un cavo flessibile con degli appositi connettori ai terminali.
Oltre lo schermo, sulla scheda esterna è stato installato un trasduttore sonoro
piezoelettrico (buzzer, TDK) pilotato in corrente da un transistor bipolare.
La funzionalità di questo strumento è quella di emettere un tono ad una certa
frequenza quando viene attraversato da corrente periodica. In questo caso viene
utilizzato per segnalare il superamento di un valore di umidità limite impostato nel
microcontrollore: quando il sensore di umidità invia un valore di tensione oltre la soglia
limite, il PIC emette da un pin specifico un segnale periodico che pilota la base del
transistor BJT. La corrente di collettore attiva il dispositivo piezoelettrico.
87
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
3.6
Interfaccia utente per la gestione del
microcontrollore
Un’interfaccia grafica utente, sviluppata in Labview, permette il controllo da remoto del
microcontrollore. I dati tra scheda e PC sono scambiati attraverso comunicazione USB.
Per avere la possibilità di interfacciarsi al microcontrollore viene usato il componente
FT232 (FTDI Chip) che permette la conversione della comunicazione da USB a UART.
In Figura 3.28 è mostrata l’interfaccia così come si presenta all’utente.
Figura 3.28 Interfaccia implementata in Labview per il controllo da remoto delle
funzionalità del microcontrollore.
Le operazioni che è possibile svolgere attraverso questa interfaccia sono:
• Riquadro 1: Settaggio parametri di comunicazione per la corretta sincronizzazione tra Labview e microcontrollore: nella prima casella viene indicato automaticamente il nome con cui viene riconosciuto il dispositivo hardware dallo standard
VISA; nelle altre caselle si possono settare velocità di trasmissione, numero di
bit per dato trasmessi, presenza del bit di parità, presenza del bit di stop e del
controllo del flusso dati.
• Riquadro 2: Selezione informazioni da rappresentare su schermo LCD. Lo schermo LCD (Midas) utilizzato è composto da due righe (16 caratteri ciascuna). Sulla
88
Capitolo 3. Architettura della gamma camera
prima riga viene indicata la temperatura di uno o più tile in modo sequenziale,
sulla seconda si da l’informazione riguardo l’umidità del sistema. Selezionando i
tasti T EM P _A, T EM P _B, T EM P _C, T EM P _D, HU M IDIT Y è possibile
sceigliere quale informazione rappresentare a schermo.
Avere l’informazione riguardo tutte e quattro le temperature dei tile permette
di verificare l’uniformità del raffreddamento del sistema. L’informazione relativa
alla temperatura di una sola matrice risulta utile quando si effettuano misure
sperimentali con singolo tile.
• Riquadro 3: Impostazione tensione di polarizzazione SiPM. Durante le misure
sperimentali questa funzionalità permette di variare la VOV applicata ai rivelatori
cambiando la tensione di polarizzazione nell’intervallo: 28, 5 V ÷ 39, 2 V .
Al variare dell’over-voltage cambiano alcuni parametri di funzionamento dei
rivelatori come la PDE, il Rumore e il Guadagno: risulta quindi utile osservare
cambiamenti nella risposta del sistema di rivelazione in funzione della VOV . In
aggiunta il raffreddamento del sistema comporta una diminuzione della tensione
di breakdown e nel caso si voglia mantenere costante l’over-voltage occorre ridurre
anche la VBIAS .
• Riquadro 4: Controllo del circuito di impulsazione. È possibile impostare il numero, l’ampiezza in tensione, e la distanza temporale reciproca degli impulsi in
uscita dal multivibratore monostabile.
Il numero di impulsi inviati ha effetto sulla durata dell’acquisizione che viene
eseguita; l’ampiezza è un parametro legato alla quantità di carica contenuta nell’impulso di corrente corrispondente (si possono generare ampiezze nell’intervallo
2, 5 V ÷ 5 V ); la distanza temporale tra un trigger e l’altro deve essere tale da
evitare sovrapposizione delle code degli impulsi, cosa che comporterebbe una
variazione della linea di base durante il processo di rivelazione.
• Riquadro 5: Settaggio del valore limite di umidità che indica la soglia di attivazione del buzzer. Con il tasto booleano BUZZER ENABLE viene attivato il
dispositivo piezoelettrico. Nel riquadro in basso, invece, si indica il valore di
umidità limite (in %) oltre il quale si vuole avere un sibilo di allerta da parte del
dispositivo.
89
Capitolo 4
Caratterizzazione sperimentale del
modulo di rivelazione gamma
I principali parametri su cui si basa la caratterizzazione del modulo rivelatore di un
sistema SPECT sono: la risoluzione spaziale (RS ), che indica l’accuratezza in millimetri
con la quale viene ricostruita la coordinata di origine della radiazione; il campo di vista
(F OV ), che rappresenta la porzione di area che il sistema è in grado di ricostruire
e la risoluzione energetica (RE ), che è un fattore legato alla capacità del sistema di
discriminare sorgenti di radiazioni differenti con picchi di emissione energeticamente
vicini. I risultati delle misure sperimentali presentati nel seguente capitolo sono volti
a valutare le prestazioni del modulo di conversione di INSERT, inteso come cristallo
scintillatore accoppiato a matrice di fotorivelatori, in termini dei parametri elencati.
Occorre sottolineare che le performance del sistema complessivo sono influenzate anche
da parametri esterni, come la temperatura e la tensione di polarizzazione dei SiPM,
trovare il trend delle prestazioni complessive in funzione di ciascuno di essi permette di
ottimizzare le condizioni di funzionamento del sistema finale.
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
4.1
Elaborazione dati per la creazione dello spettro
Una volta ottenute dall’elettronica di lettura le informazioni relative alla quantità di
fotoni di luce e la loro distribuzione sul piano di rivelazione, i dati sono elaborati via
software per ottenere lo spettro della radiazione incidente. Dallo spettro ottenuto
è possibile risalire alla risoluzione energetica del sistema e individuare l’intervallo di
energie in cui gli eventi possono considerarsi utili per la ricostruzione dei punti di
interazione della radiazione.
In particolare, per l’attività sperimentale di caratterizzazione della gamma camera,
è stata scelta la sorgente di radiazioni gamma 57 Co che si caratterizza per emettere
radiazioni a 14 keV, 122 keV e 136 keV. Il picco più importante dello spettro, sul quale
verrà fatto il calcolo della risoluzione, è il 122 keV: il picco a 14 keV si trova a energia
troppo bassa ed è sommerso dal rumore, quello a 136 keV risulta avere probabilità di
accadimento limitata.
Nel caso preso in considerazione, in cui viene utilizzato lo Ioduro di Cesio attivato al
Tallio CsI(Tl) come cristallo di scintillazione, appare nello spettro un picco a 92 keV: il
picco di escape. Quando la radiazione incidente viene assorbita da parte del cristallo nelle
regioni poco in profondità può succedere che la radiazione X emessa dal decadimento
di un elettrone in un orbitale a minore energia fuoriesca dallo scintillatore senza dar
luogo ad ulteriori ionizzazioni. La quantità di energia persa (quella del fotone X che
non rimane nel cristallo) è un valore quantizzato dato che i livelli energetici su cui si
possono trovare gli elettroni sono quantizzati e in questo caso vale 30 keV.
Complessivamente lo spettro risultante della sorgente ottenuto con questo tipo di
gamma camera è caratterizzato da due picchi principali: l’escape a 92 keV e quello
proprio di emissione della sorgente a 122 keV.
Quanto maggiore è il numero di eventi raccolti tanto più fedele risulta lo spettro
energetico della sorgente ricostruito dato che le fluttuazioni statistiche dell’istogramma
per un elevato numero di conteggi risultano meno influenti. È stato valutato in modo
sperimentale che il numero di eventi necessari al fine di ricostruire correttamente lo
spettro si aggira nell’intervallo 500 000 ÷ 1Milione. Per raccogliere un numero sufficiente
di eventi utili in tempi ragionevoli (ordine dei secondi) vengono effettuate acquisizioni
ponendo la sorgente (puntiforme) ad una distanza tale da poter irradiare il cristallo
uniformemente e fornire segnale utile a tutti i SiPM della matrice di rivelazione.
Per una descrizione dettagliata dei tipi di misura effettuati si rimanda alle Sezioni
4.3, 4.4.
91
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
Nella Figura 4.1 sono schematizzati in un diagramma a blocchi i vari passaggi, a
partire dai dati raccolti, che portano alla formazione dello spettro energetico della
sorgente e alla ricostruzione dei punti di interazione.
Di seguito sono descritti nel dettaglio i vari passaggi per il processamento del segnale.
Filtraggio dati
Viene caricata la matrice di dati raccolti nelle acquisizioni, d’ora in poi chiamata
"Frame": costituita da 36 colonne, una per ciascun canale elettronico, e tante righe
quanti sono gli eventi rivelati durante la misura.
I valori di segnale memorizzati sono espressi in termini di canali ADC i quali, avendo
utilizzato un convertitore a 12 bit, assumono valori da 0 a 4096. Considerando che i
componenti elettronici delle schede di acquisizione sono alimentati a 3,3 V, per fare la
conversione del segnale in mV, viene applicato il fattore moltiplicativo 3300/4096 ad
ogni valore campionato.
Viene fatto un controllo sulla validità dei singoli eventi: è possibile che venga acquisito un evento senza che nessun canale abbia riscontrato un superamento della soglia o
ci sia un evento in cui uno o più canali saturano al valore massimo della dinamica; in
entrambi i casi l’evento non risulta corretto e utile per la ricostruzione dello spettro e
viene quindi filtrato. Conoscendo il numero complessivo di eventi acquisiti è possibile
calcolare la percentuale di eventi scartati.
Equalizzazione canali elettronici
Prima di creare lo spettro della sorgente occorre verificare il corretto funzionamento del
sistema di acquisizione in termini di uniformità di risposte dei 36 canali; ovvero ciascun
canale elettronico a parità di segnale in ingresso (considerando la radiazione uniforme)
deve fornire uno spettro con picchi caratteristici perfettamente sovrapponibili.
La mancata uniformità di risposta dipende principalmente da due fattori:
• Variabilità intrinseca tra i SiPM legata al processo di produzione. Il drogaggio
non uniforme determina una diversa tensione di breakdown (VBD ) che a sua volta
incide sul fattore di moltiplicazione [38]:
M ∝ VBIAS − VBD
(4.1)
• Variabilità tra i canali elettronici di lettura del segnale dovuta alla tolleranza dei
componenti.
92
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
Figura 4.1 Diagramma a blocchi del flusso di elaborazione dati in MatLab a partire dalle
informazioni raccolte nelle misure sperimentali. L’obiettivo della processazione è quello di
risalire alla risoluzione energetica, risoluzione spaziale e field of view del sistema complessivo.
Per quanto riguarda la variabilità del guadagno tra un dispositivo e l’altro, FBK
assicura uniformità della tensione di breakdown (VBD ' 28, 5 V a 0◦ C), con variazione
massima di 0, 2 V su dispositivi dello stesso wafer.
93
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
Dal punto di vista dei canali elettronici di acquisizione è possibile testare l’uniformità
della risposta facendo ricorso al circuito di impulsazione appositamente progettato,
descritto nel Paragrafo 3.5.2. Tale circuito permette di inviare sequenze di impulsi di
corrente con ampiezza e distanza variabile ai 36 canali di lettura in parallelo, emulando
il segnale di uscita dei SiPM.
Al fine di verificare offset e guadagno uniformi tra i canali vengono effettuate 6
acquisizioni (ciascuna di circa 40 000 eventi), ciascuna caratterizzata per un valore
diverso di ampiezza degli impulsi di corrente mandati parallelamente in ingresso ai
canali elettronici. Per semplicità, ogni tipo di acquisizione verrà indicata con l’ampiezza
dell’impulso di tensione mandato in ingresso al filtro RIM P CIM P : 2,5V, 3V, 3,5V, 4V,
4,5V, 5V.
I dati acquisiti dall’impulsazione subiscono lo stesso filtraggio di una Frame di
segnale e per ciascun canale, per ogni tipo di acquisizione viene creato l’istogramma
delle ampiezze del segnale di uscita in mV. Nella Figura 4.2 a titolo di esempio sono
rappresentati gli istogrammi dei 36 canali nel caso in cui viene mandato un treno di
impulsi a 5V. Dalla figura è possibile notare come i 36 canali elaborino il segnale in modo
Figura 4.2 Gli elementi della matrice riportata rappresentano gli istogrammi della tensione
di uscita, in mV, dei canali di acquisizione a fronte di una sollecitazione con un treno di
impulsi di corrente contenenti uguale quantità di carica. La risposta è di per se uniforme.
piuttosto uniforme a prescindere dal processo di equalizzazione. La scarsa variabilità di
94
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
risposta si presume sia dovuta all’implementazione di un circuito elettronico di lettura
semplice con capacità e resistenze caratterizzate da piccole tolleranze.
Viene ripetuta la stessa misura per le 6 diverse ampiezze degli impulsi in ingresso
all’elettronica di lettura in modo da ottenere 6 istogrammi per ciascun canale. Nella
Figura 4.3a, a titolo di esempio, sono rappresentati quelli relativi al canale 1. Di
(a) Istogrammi del segnale di uscita dal Canale 1 (b) In blu i punti medi delle curve gaussiane; in
nelle 6 acquisizioni degli impulsi.
rosso l’interpolazione lineare di questi per formare
la retta di equalizzazione del Canale 1.
Figura 4.3 Grafici relativi al Canale 1: a sinistra istogrammi del segnale di uscita al variare
del valore degli impulsi in ingresso; a destra retta di equalizzazione ottenuta interpolando i
punti medi delle curve gaussiane che effettuano il fitting gli istogrammi.
ciascuna curva viene fatto un fitting gaussiano in modo da poter ricavare il punto medio
analiticamente. Si ripete questa operazione per tutti i canali.
Fatto ciò, vengono riportati su un grafico i 6 valori medi delle gaussiane in funzione
della tensione degli impulsi corrispondenti: la curva risultante viene chiamata retta
di equalizzazione, che caratterizza ogni canale per un offset e un guadagno. In Figura
4.3b viene riportata quella del Canale 1 ricostruita a partire dai punti medi delle curve
gaussiane della figura a fianco.
In Figura 4.4 vengono riportate le 36 rette di equalizzazione sovrapposte, in modo
da poter confrontare il comportamento reciproco tra un canale e l’altro.
Si può notare come le rette non si sovrappongano perfettamente tra loro, indice del
fatto che ciascun canale è caratterizzato da un proprio offset, con piccole variazioni tra
un canale e l’altro. Inoltre l’andamento pressoché parallelo suggerisce che il guadagno
vari poco tra i diversi canali. Per quantificare queste affermazioni la Figura 4.5 mostra
il valore di offset e della variazione relativa di guadagno per ciascuno dei 36 canali. Dai
seguenti grafici si deduce che a monte del processo di equalizzazione i canali hanno
95
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
Figura 4.4 Fitting lineare dei 6 punti medi delle curve gaussiane in funzione dei 6 valori
di impulsazione per tutti i 36 canali: 36 rette di calibrazione ciascuna con proprio offset e
coefficiente angolare.
(a) Offset dei canali.
(b) Errore relativo del Guadagno di ciascun
canale rispetto al guadagno medio.
Figura 4.5 Grafici che indicano la variabilità della risposta dei canali in termini di
variazione offset (a sinistra) e variazione relativa di guadagno (a destra).
comportamenti fortemente uniformi. Si osserva che l’errore di offset ricopre una fascia
di circa 80 mV: piccolo, considerando che si ha a che fare con segnali che vanno dai
500mV ai 3,3V. La variazione relativa di guadagno ∆R G risulta rimanere all’interno di
poche unità percentuali (variazione massima 6%).
Per ogni canale la variazione di guadagno relativa viene calcolata come:
∆R G =
Gj − Gmedio
Gmedio
96
(4.2)
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
dove Gj è il guadagno del canale j-esimo e Gmedio è il guadagno medio dei 36 canali. Al
fine di equalizzare la risposta dei 36 canali, a ciascun dato raccolto vengono applicate le
seguenti operazioni (è stato considerato il dato i-esimo del j-esimo canale, dij ):
• Sottrazione dell’offset relativo al canale j-esimo Of f seteq j che può essere positivo
o negativo:
d0ij = dij − Of f seteq j
(4.3)
• Normalizzazione al guadagno medio Gmedio :
d00ij = d0ij ·
Gmedio
Gj
(4.4)
Questa correzione permette di rendere uguali le risposte dei 36 canali elettronici.
In Figura 4.6 sono riportati gli istogrammi della tensione di uscita dei 36 canali
equalizzati, a fronte di un’irradiazione uniforme della matrice di rivelazione da parte
della sorgente 57 Co. La temperatura del sistema è stata impostata a circa −18◦ C e la
tensione di polarizzazione dei dispositivi a 31, 8 V .
Figura 4.6 Rappresesentazione dei 36 istogrammi relativi ai 36 canali in funzione della
tensione di uscita, in mV , per la misura di irradiazione uniforme a -18◦ C, VBIAS = 31, 8V .
Dal grafico è possibile notare come gli spettri non si sovrappongano perfettamente:
questo comportamento, vista l’equalizzazione, è legato unicamente alla non-uniformità
delle tensioni di breakdown dei dispositivi e quindi ad una variabilità di guadagno tra
un SiPM e l’altro. Nel complesso, però, la varianza è comunque limitata e l’uscita dei
97
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
canali può essere considerata in prima approssimazione uniforme.
Creazione istogramma
Nel processo di rivelazione il cristallo scintillatore fornisce una quantità di fotoni nel
visibile proporzionale all’energia del raggio incidente. In funzione della porzione di
luce raccolta i fotorivelatori generano in uscita un impulso di corrente che sarà letto
dall’elettronica di acquisizione. Ciascun canale fornisce in uscita un segnale di tensione la
cui ampiezza dipende dalla quantità di carica ricevuta all’ingresso. Complessivamente, la
somma dei valori di picco campionati in uscita dai 36 canali relativa ad un evvenimento
di scintillazione è una quantità proporzionale all’energia della radiazione incidente.
Considerando l’i-esimo evento la sua energia risulta:
Ei ∝
36
X
ADCval ji
(4.5)
j=1
In Figura 4.7 è riportata la forma dello spettro caratteristico della sorgente ottenuto a
partire delle somme dei valori ADC dei canali per ogni evento.
Figura 4.7 Spettro del segnale in funzione dei canali ADC del sistema. La misura è
stata effettuata con irradiazione uniforme a temperatura T=-18◦ C, tensione di alimentazione
VBIAS = 31, 8V .
Creazione spettro energetico
Per poter fare valutazioni quantitative riguardo l’istogrammma ottenuto occorre farne
prima un fitting con una curva descrivibile analiticamente. Vista la distribuzione dei
dati intorno al picco caratteristico risulta agevole un adattamento di quest’ultimo ad una
curva gaussiana con punto medio l’ascissa corrispondente del picco stesso. L’espressione
98
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
della funzione gaussiana è la seguente:
g(x) =
σ·
1
√
2π
· e−
(x−µ)2
2σ 2
(4.6)
Da cui si possono ricavare parametri caratteristici come il valor medio µ e la deviazione
standard σ.
Nell’istogramma realizzato vengono stabilite le soglie per il fitting, cioè il livello di
ampiezza minima dal quale viene considerata la curva dell’istogramma per l’estrazione di
un adattamento gaussiano più fedele possibile: sono scelte la soglia destra e sinistra, come
mostrato nella Figura 4.8. La curva risultante dovrà rispettare fedelmente l’inviluppo
dell’istogramma almeno fino al 50% dell’ampiezza di picco poiché la risoluzione è
strettamente dipendente dall’ampiezza a metà altezza (FWHM).
Figura 4.8 Spettro del segnale in funzione dei canali ADC con evidenziate curve di fitting
gaussiane e soglie al di sopra delle quali si considera l’inviluppo dell’istogramma per effettuare
l’approssimazione con la curva gaussiana. Le soglie del picco a 122 keV sono impostate al 50%
dell’ampiezza massima.
Per creare uno spettro della radiazione incidente in funzione dell’energia è necessaria
una calibrazione, questa viene effettuata a partire dal picco caratteristico della sorgente
a 122 keV . Come mostrato in Figura 4.9 si associa al valore ADC del punto medio
della gaussiana il valore di energia noto. In questo modo è possibile ricavare la retta di
calibrazione, grazie alla quale viene effettuata la conversione biunivoca tra canali ADC
ed energia per ogni evento acquisito:
Energia = mcal · CanaliADC
99
(4.7)
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
Figura 4.9 Schematizzazione della retta di calibrazione per la conversione da canali ADC
a Energia [keV] dello spettro: corrisponde alla retta passante per l’origine degli assi e per il
picco caratteristico dello spettro, in questo modo il valor medio della gaussiana è associato al
valore di 122 keV .
Si ottiene quindi lo spettro tipico della sorgente in funzione dell’energia dal quale è
possibile calcolare la risoluzione energetica del sistema:
RE = 2, 355 ·
F W HM
E0
(4.8)
con F W HM ed E0 rispettivamente l’ampiezza a metà altezza e il valore medio del
picco principale.
I valori di risoluzione energetica ottenuti dalle misure sperimentali saranno presentati
successivamente in questo capitolo.
4.2
Elaborazione dati per il calcolo dei punti di
interazione
Per poter ricostruire il punto di interazione della radiazione con il sistema occorre
conoscere il modo in cui la luce si distribuisce a partire dal punto di scintillazione.
Quando un fotone gamma colpisce il cristallo scintillatore in un punto del piano di
coordinate (x,y) si genera un complesso di eventi di scintillazione da cui sono emessi
in modo isotropico i fotoni di luce [36]. Il cristallo sulle facce non a contatto con la
100
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
matrice di rivelatori è rivestito da 5 strati sottili di Teflon, materiale che si caratterizza
per fornire una riflessione principalmente diffusiva dei fotoni incidenti: in questo modo
viene massimizzata la raccolta dei fotoni sul piano di rivelazione. Per contro questo
rivestimento fa si che le particelle di energia luminosa possano raggiungere i SiPM
secondo percorsi differenti [39] come schematizzato nella Figura 4.10.
Figura 4.10 Schematizzazione dei vari percorsi tramite i quali i fotoni raggiungono il piano
di rivelazione a partire dal punto di scintillazione: in modo diretto (rosso), con riflessione
speculare (blu), con riflessione diffusiva (lilla).
• Alcuni fotoni raggiungono il cristallo tramite una traiettoria diretta (in rosso);
• Alcuni colpiscono i rivelatori dopo aver subito una riflessione speculare sulle pareti
interne del cristallo. Come mostrato nella Figura 4.10, questo tipo di traiettoria
corrisponde teoricamente alla traiettoria che avrebbero i fotoni che raggiungono
direttamente la matrice di SiPM nello stesso punto a partire da una coordinata
di scintillazione specchiata rispetto al lato di riflessione (in blu);
• Altri escono dal volume del cristallo, entrano negli strati superficiali del Teflon e
dopo successive riflessioni interne ritornano nel cristallo con traiettorie casuali.
Questo tipo di riflessione genera una distribuzione uniforme del segnale di luce su
tutta la matrice di SiPM provocando all’uscita dei rivelatori un segnale uniforme
privo di informazione spaziale utile (in lilla).
Nella Figura 4.11 come esempio è riportata la distribuzione della luce sulla matrice
di rivelazione risultato di un evento di scintillazione.
Dall’immagine presentata si può osservare:
• una maggiore raccolta di fotoni da parte dei rivelatori più vicini all’evento di
scintillazione;
101
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
Figura 4.11 Distribuzione dei fotoni di luce, generati da un evento di scintillazione, sul
piano di rivelazione. I dispositivi in prossimità del punto di interazione raccolgono una
porzione maggiore della luce complessiva, sui restanti elementi si distribuisce parte della luce
in modo uniforme. Ciascun elemento della matrice 6 × 6 rappresenta 4 SiPM.
• una linea di base non nulla e uniforme su tutto il piano a causa del termine
diffusivo.
Data una distribuzione di luce di questo tipo, l’algoritmo di ricostruzione spaziale
dei punti di interazione deve tener conto dei dati provenienti da tutti i SiPM della
matrice ed effettuare un’operazione di correzione della linea di base.
Viene ora descritto nel dettaglio il tipo di elaborazione implementato.
4.2.1
Algoritmo di ricostruzione basato sul metodo del centroide
L’algoritmo per la ricostruzione dell’immagine vede il piano di rivelazione come una
matrice di 36 elementi: uno per ogni canale elettronico di lettura. Ad ogni canale vengono
associate le coordinate (xc e yc ) del centro dell’elemento della matrice corrispondente: in
modo da stabilire una corrispondenza tra il segnale in uscita a un canale e la posizione
nel piano di rivelazione.
Il metodo implementato per trovare le coordinate di scintillazione è l’algoritmo del
centroide modificato. Come mostrato nell’Equazione 4.9, per ricostruire il punto di
interazione viene effettuata una media dei centri degli elementi della matrice pesata per
102
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
la quantità di segnale luminoso raccolto da ciascuno di essi.
x=
xc j · (Qj − φ)
P36
j=1 (Qj − φ)
P36
j=1
y=
P36
j=1
yc j · (Qj − φ)
j=1 (Qj − φ)
P36
(4.9)
dove j è l’indice degli elementi della matrice; Qj è l’intensità di segnale in uscita al
j-esimo canale, proporzionale alla quantità di fotoni incidente sul j-esimo elemento; φ è
la linea di base (approssimata costante) che viene sottratta al segnale per rendere più
accurata l’identificazione del punto di interazione.
Un primo vantaggio, evidente, che si ha nell’implementare quest’algoritmo è la
sua semplicità: non richiede un alto costo computazionale. Un altro vantaggio è la
correzione della linea di base: necessaria per una corretta ricostruzione dell’immagine.
Infatti, se per ogni evento tutti i canali fornissero un segnale pressochè uniforme, ogni
centro (xc j e yc j ) sarebbe pesato con coefficienti di valori simili e si otterrebbe una
compressione dei punti ricostruiti al centro dell’immagine, Figura 4.12a . Viceversa,
se ad ogni evento acquisito viene filtrato il rumore di fondo in modo che solo i canali
interessati forniscano segnale utile per la ricostruzione, l’immagine risultante risulterà
più estesa Figura 4.12b.
Per quanto riguarda i limiti dell’algoritmo del baricentro, questo è caratterizzato dal
problema che opera correttamente solo nella ricostruzione di punti prossimi al centro del
piano di rivelazione, caso in cui la luce investe diversi elementi della matrice. Per punti
di scintillazione vicino al bordo, invece, investe un numero di rivelatori minore, parte
della luce viene persa e la ricostruzione avviene nei centri degli elementi più esterni.
Quindi, si può affermare che maggiore è il numero di rivelatori presi in considerazione
più precisa è la ricostruzione della coordinata.
Nel caso si abbia un evento la cui luce viene raccolta da un singolo canale la
ricostruzione avviene esattamente alle coordinate xc e yc dell’elemento corrispondente;
analogamente nel caso in cui siano due i canali interessati, la ricostruzione del punto
risulterà lungo il segmento congiungente i due centri, spostato verso il gruppo di
rivelatori che ha raccolto più luce. Questo limite provoca una riduzione del campo di
vista del sistema dato che non è possibile ricostruire punti al di fuori della linea che
congiunge i centri degli elementi più esterni. I punti ai bordi del piano di rivelazione
collassano verso l’interno distorcendo l’immagine agli estremi come è possibile osservare
nella Figura 4.12b.
In aggiunta, nel caso un SiPM non funzionasse, la luce raccolta dal canale corrispon103
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
(a) Ricostruzione dell’immagine attraverso il (b) Ricostruzione dell’immagine applicando il memetodo del centroide tradizionale.
todo del centroide modificato con sottrazione di
un valore costante su tutti i canali (linea di base).
Figura 4.12 Immagini relative alla ricostruzione dei punti di interazione ottenuti applicando
l’algoritmo del centroide tradizionale e modificato. La misura effettuata è di tipo Flood
(radiazione uniforme) a temperatura T = −18◦ C e tensione di polarizzazione VBIAS = 31, 8 V .
La correzione della linea di base permette un recupero del campo di vista.
dente sarebbe minore del dovuto con conseguente distorsione dell’immagine.
Nell’algoritmo implementato per la ricostruzione dell’immagine vengono considerati
solo gli eventi con un energia appartenente all’intervallo (Emin , Emax ) scelto in base
l’andamento dello spettro attorno al picco di interesse a 122 keV: in questo modo vengono
scartati gli eventi di rumore.
Inoltre è possibile che avvengano eventi di scintillazione molto in profondità nel
cristallo, in prossimità del piano di rivelazione: questi danno luogo ad un pacchetto
di fotoni che con alta probabilità investe un solo elemento della matrice. Un evento
di questo tipo, come già spiegato, non contribuisce a dare una corretta informazione
sul punto di scintillazione poiché verrà ricostruito esattamente nel centro dell’elemento
considerato. Per far fronte a questo problema vengono filtrati gli eventi in cui solo un
limitato numero di canali (2, 3, 4) portano segnale.
104
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
4.3
Risultati delle misure sperimentali relativi la
risoluzione energetica
In questa sezione vengono presentati i risultati ottenuti dalle misure sperimentali relativi
la risoluzione energetica.
Il tipo di misura effettuato per acquisire i dati e ricostruire lo spettro energetico della
sorgente è stato definito "Flood". Il sistema di conversione viene irradiato uniformemente
tramite la sorgente 57 Co posta a circa 40 cm di distanza dalla faccia superiore del cristallo,
come schematizzato in Figura 4.13
Figura 4.13 Misura di tipi Flood: la sorgente di raggi gamma, 57 Co, viene posta ad
una distanza tale (40 cm) da poter irradiare uniformemente la superficie di rivelazione. La
conversione da energia a segnale elettrico avviene in modo indiretto: il cristallo scintillatore
monolitico produce una quantità di fotoni di luce proporzionale all’energia del raggio gamma
assorbito, la matrice di fotorivelatori costituita da 144 SiPM permette la conversione del
pacchetto di fotoni raccolto in un segnale elettrico di entità proporzionale. Un elevato numero
di eventi raccolti permette una fedele ricostruzione dello spettro di energia della sorgente.
Dato che la ricostruzione dello spettro è tanto più fedele quanto maggiore è il numero
di eventi utili raccolti, l’irradiazione uniforme di tutto il piano di rivelazione permette
di ridurre al minimo il tempo della misura. Nel caso in esame, per ogni acquisizione di
tipo Flood, sono raccolti approssimativamente 500 000 eventi.
Ciascun elemento della matrice di rivelazione è costituito da un complesso di 4 SiPM
dato che, al fine di ridurre i costi e la complessità dell’elettronica di lettura, è stata
105
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
effettuata l’operazione di "channel merging" che consiste nel cortocircuitare le uscite di
4 dispositivi fotorivelatori.
Le matrici di rivelatori utilizzate sono di due dimensioni:
• singolo tile: matrice quadrata di 6 × 6 SiPM, ma 3 × 3 canali di lettura, con
dimensioni 25 mm × 25 mm complessive.
• 4 tile: matrice quadrata di 12×12 SiPM, ma 6×6 canali di lettura, con dimensioni
50 mm × 50 mm complessive.
Le dimensioni del cristallo scintillatore CsI(Tl) con cui vengono accoppiati i fotorivelatori
cambiano in funzione della grandezza della matrice utilizzata: per le misure con singolo
tile si utilizza un cristallo di dimensioni 24 mm × 24 mm × 6 mm, per le misure con 4
tile le dimensioni sono 51, 7 mm × 50, 6 mm × 8 mm [20].
4.3.1
Misure spettroscopiche con matrici a diverse dimensioni
Nel seguente paragrafo vengono presentati i risultati delle misure spettroscopiche
effettuate con matrice di rivelazione a singolo tile (Spettro 1) e matrice di rivelazione
a 4 tile (Spettro 2). Come mostrato nella Tabella 4.1 le misure eseguite sono di tipo
Flood; il sistema è stato raffreddato fino alla temperatura di circa 0◦ C.
Misure spettroscopiche con singolo tile e 4 tile.
Tabella 4.1
Nome misura
Tipo misura
Numero tile
Temperatura
Tensione polarizzazione
Spettro 1
Flood
1
0◦ C
31, 6 V
Spettro 2
Flood
4
0◦ C
31, 9 V
Le due misure sono state effettuate a tensioni di polarizzazione diverse al fine di
ottimizzare il rapporto segnale/rumore in entrambi i casi.
La risoluzione energetica calcolata in corrispondenza del picco a 122 keV nei due
spettri cambia significativamente: si ha una R = 11, 9% per la misura effettuata con
singolo tile e una R = 19% per quella effettuata con 4 tile.
Da un punto di vista quantitativo per poter giustificare questi valori occorre
considerare la formula per la risoluzione energetica ricavata nella Sezione 2.3:
v
!
u
u ∆E 2
t
R = 2, 355 ·
+
E
i
EN F
EN C 2
+
Npe · (1 − DB) (Npe · (1 − DB))2
106
(4.10)
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
Figura 4.14 Spettro tipico del 57 Co ottenuto con il singolo tile. La risoluzione energetica
del picco a 122 keV ottenuta è di circa 11, 9%. La tensione di polarizzazione è VBIAS = 31, 6 V
e la temperatura del sistema è stata portata a ∼ 0◦ C al fine di ridurre il contributo di rumore
dovuto al rivelatore. Eventi di scintillazione acquisiti ∼ 500 000.
Riscrivendola in funzione delle componenti caratteristiche si ha:
R = 2, 355 ·
q
2
2
2
RIN
T + RST AT + RN OISE
(4.11)
L’unica componente che contribuisce a differenziare la risoluzione nei due casi
presentati è quella dovuta al rumore, RN OISE . In particolare l’ENC complessivo cresce
all’aumentare del numero di SiPM a parità di segnale raccolto. Infatti lo stesso segnale
in uscita dallo scintillatore si distribuisce su un maggior numero fotorivelatori, mentre
il rumore cresce all’aumentare dell’area complessiva di rivelazione. Nella Formula 4.10
il termine EN C 2 assume la seguente definizione:
EN C 2 = b · A3 · τ
con
b = q · Id · M 2 · EN F
(4.12)
La corrente di buio Id è direttamente proporzionale all’area di fotorivelazione A:
Id = q · DCR · A
(4.13)
con DCR la frequenza con la quale si presentano in uscita dal SiPM gli impulsi di
corrente di rumore.
107
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
Figura 4.15 Spettro tipico del 57 Co ottenuto con 4 tile. La risoluzione energetica del picco
a 122 keV ottenuta è di circa 19%. La tensione di polarizzazione è VBIAS = 31, 9 V e la
temperatura del sistema è stata portata a ∼ 0◦ C al fine di ridurre il contributo di rumore
dovuto al rivelatore. Eventi di scintillazione acquisiti ∼ 40 000.
Ciò giustifica il peggioramento della risoluzione energetica del sistema a 4 tile rispetto
quella del sistema a singolo tile.
A prova di quanto detto sono state effettuate simulazioni teoriche con Matlab
utilizzando i seguenti valori di riferimento ricavati da altre simulazioni o da informazioni
fornite da produttori:
• energia del raggio gamma incidente Eγ = 122 keV ;
• fattore di conversione del cristallo Y = 64 000 [ph/keV ];
• fattore di collezione della luce ηcoll = 0, 8;
• Photon Detection Efficency P DE(VOV , λ) stimata in base i dati ottenuti da
fornitore;
• Excess Noise Factor EN F (VOV ) da [29];
• rumore a temperatura ambiente DCR ' 820 kHz: si riduce del 50% per una
variazione in temperatura ∆T ' −10◦ C;
• deficit balistico DB ottenuto dalla convoluzione tra le forme d’onda normalizzate
del segnale di scintillazione e risposta impulsiva del filtro RC;
108
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
Il contributo intrinseco della risoluzione dovuto alle non idealità di scintillazione del
cristallo possiede un valore costante, indipendente dalle dimensioni del cristallo stesso.
In corrispondenza di una radiazione Eγ = 120 keV si ha [40]:
RIN T = 7%
(4.14)
Il contributo statistico dipende dal deficit balistico (DB) e dal rapporto tra il fattore
di rumore in eccesso (ENF) e il numero di fotoelettroni (Npe ). Il DB è strettamente
legato all’andamento temporale della curva di scintillazione del cristallo che non cambia
per i due casi presentati. Il rapporto EN F/Npe analogamente rimane invariato: l’ENF
è proporzionale all’overvoltage data la dipendenza dal fattore di moltiplicazione M dei
SiPM e la Npe cresce con la VOV vista la relazione con la PDE dei dispositivi. Nei casi
presentati gli spettri sono stati ottenuti a tensioni di polarizzazione diverse: 31, 6 V
per la matrice a singolo tile e 31, 9 V per la matrice a 4 tile. Ciò provoca una piccola
variazione dei parametri ENF e P DE, che nel complesso mantengono un rapporto
pressochè costante:
Tabella 4.2
Confronto parametri ENF/PDE ed RST AT tra singolo tile e 4 tile
Grandezza
EN F
P DE
RST AT
1 Tile
4 Tile
4, 10
4, 12
7, 7%
7, 9%
Nella Figura 4.16 viene mostrato l’andamento simulato delle tre componenti della
risoluzione e di quella complessiva in funzione dell’area di fotorivelazione. Si può notare
come il contributo che influenza maggiormente il trend della risoluzione è quello della
RN OISE .
Nel grafico sono stati evidenziati i punti di lavoro in corrispondenza delle aree
576 mm2 (Spettro 1) e 2304 mm2 (Spettro 2).
È possibile notare come una corrente di buio complessiva 4 volte maggiore, a causa
di un’area quadruplicata, comporta una RN OISE di valore doppio.
Tabella 4.3
Confronto RN OISE tra singolo tile e 4 tile
Grandezza
1 Tile
4 Tile
RN OISE
7, 2%
14, 5%
109
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
Figura 4.16 Andamento simulato delle componenti di risoluzione in funzione dell’area
complessiva di rivelazione. Le componenti intrinseca e statistica sono pressoché costanti e
il contributo dominante per la variazione complessiva è dato dalla componente di rumore.
Vengono messi in evidenza i punti di lavoro: area di rivelazione singolo tile (576 mm2 ) e area
di rivelazione 4 tile (2304 mm2 ).
4.3.2
Risoluzione energetica al variare della tensione di polarizzazione
In questo paragrafo viene analizzato l’andamento del valore di risoluzione energetica
complessiva in funzione della tensione di polarizzazione applicata ai SiPM. Come
riportato nella Tabella 4.4 sono state effettuate misure di tipo Flood a 0◦ C e −18◦ C
per tensioni di overvoltage diverse impostate tramite l’interfaccia utente implementata
in Labview. Per ogni livello di polarizzazione viene calcolata la risoluzione complessiva
del sistema, elaborando i dati attraverso il metodo descritto alla Sezione 4.1.
Tabella 4.4
Misure risoluzione al variare della tensione di polarizzazione.
Nome misura
Tipo misura
Numero tile
Temperatura
Tensione polarizzazione
Risoluzione 1
Flood
4
0◦ C
variabile
Risoluzione 2
Flood
4
−18◦ C
variabile
Dalle curve ottenute si può osservare un valore di polarizzazione che permette di
minimizzare la risoluzione del sistema. La curva ricavata alla temperatura di 0◦ C
110
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
Figura 4.17 Andamento della risoluzione energetica complessiva del sistema al variare
della tensione di polarizzazione dei SiPM. La matrice di rivelazione è formata da 4 tile con
36 canali di uscita. Temperatura del sistema di conversione: ' 0◦ C. Il valore ottimo di
risoluzione (19%) si ottiene per una tensione di polarizzazione di 31, 9 V .
Figura 4.18 Andamento della risoluzione energetica complessiva del sistema al variare
della tensione di polarizzazione dei SiPM. La matrice di rivelazione è formata da 4 tile con
36 canali di uscita. Temperatura del sistema di conversione: ' −18◦ C. Il valore ottimo di
risoluzione (15, 5%) si ottiene per una tensione di polarizzazione di 31, 8 V .
111
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
presenta un valore ottimo di risoluzione pari al 19% per una tensione di polarizzazione
di 31, 9 V , mentre la curva ottenuta alla temperatura di −18◦ C mostra un valore minimo
di risoluzione del 15, 5% per una tensione di polarizzazione di 31, 8 V .
Analogamente a quanto fatto nel paragrafo precedente, per giustificare i risultati
ottenuti, viene analizzato l’andamento della risoluzione in funzione dell’over-voltage a
partire dalla Formula teorica 4.10.
I parametri dei dispositivi rivelatori su cui influisce la tensione di polarizzazione
sono il DCR, la PDE e l’ENF:
• il DCR cresce con l’over-voltage dato che all’aumentare dei campi elettrici in
gioco aumenta la probabilità che un elettrone generato termicamente dia luogo
ad un processo di valanga: Ptrigger ∝ VOV quindi DCR ∝ VOV . Come viene
mostrato in Figura 4.19 [29] il DCR presenta un andamento lineare con la tensione
di over-voltage ed è fortemente dipendente dalla temperatura. Nel dettaglio il
rumore di buio dei dispositivi si riduce di circa il 50% ad ogni variazione del
livello termico di ∆T ' −10◦ C. Nel grafico sono riportati gli andamenti del Dark
Figura 4.19 Andamento del DCR in funzione dell’over-voltage a due diverse temperature:
T = 0◦ C e T = −18◦ C. Il rumore si riduce di circa il 50% per ogni variazione termica di
∼ 10◦ C, nel caso presentato la riduzione è di circa un fattore 4. Si osserva, inoltre, che per
basse temperature la pendenza della curva del rumore è minore.
Count per i valori di temperatura a cui sono state effettuate le misure: T = 0◦ C e
T = −18◦ C, questa differenza di temperatura porta ad una riduzione del rumore
di circa un fattore 4.
112
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
• il valore di PDE è anch’esso proporzionale alla probabilità di trigger e aumenta
con la tensione di polarizzazione: Ptrigger ∝ VOV quindi P DE ∝ VOV . Questo
parametro presenta un andamento che si discosta dalla linearità all’aumentare
dell’over-voltage, come mostrato in Figura 4.20. Da ciò si deduce che per alte
tensioni di polarizzazione la crescita del rumore risulta più ripida rispetto quella
del numero di fotoelettroni con conseguente peggioramento delle prestazioni del
sistema. La temperatura non influisce in modo significativo sulle variazioni della
PDE.
Figura 4.20 Sono rappresentate le curve della PDE di un RGB-SiPM in funzione dell’overvoltage per valori di lunghezza d’onda di 400 nm (linea rossa) e 560 nm (linea blu). Al
crescere della VOV si osserva una progressiva riduzione di pendenza delle curve. I dispositivi
presi in considerazione sono ottimizzati per rivelare fotoni nel range di lunghezze d’onda
540 nm ÷ 560 nm .
Il grafico presentato è stato ottenuto a partire dai dati forniti dal produttore [26]
per una temperatura T = 20◦ C e una dimensione della microcella d = 40 µm.
• il fattore di rumore in eccesso ENF presenta un andamento lineare con l’overvoltage come mostrato alla Figura 4.21 e in prima approssimazione risulta
indipendente dalla temperatura del sistema [29]: EN F ∝ VOV .
I tre parametri presentano valori proporzionali alla tensione di polarizzazione, ma
contribuiscono in modo discorde alla determinazione della risoluzione energetica. Il
fattore di rumore in eccesso ENF e il DCR, che influenza il valore dell’ENC, si presentano
al numeratore della Formula 4.10 e danno luogo ad un peggioramento della risoluzione
all’aumentare della tensione di polarizzazione. Viceversa la PDE rientra nel calcolo
113
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
Figura 4.21 Andamento dell’ENF in funzione dell’overvoltage è lineare ed in prima
approssimazione risulta indipendente dalla temperatura.
del numero di fotoelettroni generati Npe che aumentano al crescere dell’overvoltage e
contribuiscono ad un miglioramento della risoluzione.
La tensione di polarizzazione influisce quindi sulla componente statistica e di rumore
della risoluzione complessiva. Di conseguenza il valore ottimo di VBIAS per il sistema è
quello che fornisce un compromesso tra gli andamenti dei parametri elencati.
Per bassi valori di overvoltage la PDE dei SiPM è limitata e il segnale utile risultante
risulta confrontabile con il rumore. In queste condizioni le fluttuazioni dovute principalmente al DCR introducono una variabilità considerevole sulla quantità di carica
contenuta negli impulsi forniti dai dispositivi con conseguente allargamento del picco
spettrale ricostruito.
All’aumentare della tensione di polarizzazione cresce l’entità del segnale e il rumore
introduce variazioni sempre meno influenti sulla quantità di carica utile. Il peggioramento
della risoluzione a partire da una certa tensione di VOV è imputabile al fatto che il
segnale (dipendente dalla PDE) comincia a convergere ad un valore costante, mentre il
DCR e l’ENF continuano a crescere linearmente.
Da un punto di vista quantitativo sono state fatte simulazioni che descrivono
l’andamento delle componenti della risoluzione in funzione dell’over-voltage utilizzando
i dati elencati in precedenza.
In Figura 4.22 sono mostrati gli andamenti delle componenti e della risoluzione
complessiva valutati per una temperatura T = 0◦ C. Si può osservare come il contributo
della componente relativa al rumore sia più importante rispetto quello delle componenti
114
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
Figura 4.22 Andamento della risoluzione complessiva e delle sue componenti in funzione
dell’over-voltage applicato ai rivelatori per una temperatura T = 0◦ C. Si nota come il
contributo della componente di rumore sia dominante ed esiste un valore di tensione di
polarizzazione in cui la risoluzione assume valore minimo. In particolare il valore ottimo di
over-voltage risulta essere intorno i 3,5 V .
statistica e intrinseca. Come per i risultati sperimentali, si ottiene un andamento per
il quale la risoluzione complessiva presenta un valore minimo in corrispondenza di un
certo over-voltage (VOV = 3,5 V ).
Il valore ottimo di polarizzazione ottenuto dai dati sperimentali è di VBIAS = 31,9 V ,
considerando che alla temperatura di 0◦ C i dispositivi presentano una tensione di
breakdown VBD = 28,5 V (dati FBK) l’over-voltage ottimo misurato risulta essere di
3,4 V , coerentemente con quanto trovato dalle simulazioni teoriche.
In Figura 4.23 sono mostrati gli andamenti valutati per una temperatura T = −18◦ C.
In questo caso l’andamento delle varie componenti di risoluzione è lo stesso di quello
assunto per una T = 0◦ C, ma nessuna delle componenti risulta predominante sulle
altre.
La riduzione della temperatura del sistema ha permesso di limitare notevolmente
il DCR dei dispositivi SiPM (circa di un fattore 4) con conseguente riduzione della
componente di rumore di circa il 50%. Per contro la componente statistica assume
valori più elevati a causa di un aumento del Deficit Balistico causato da un andamento
più lento del segnale di scintillazione a basse temperature.
Il valore ottimo di polarizzazione ottenuto alla temperatura T = −18◦ C nelle misure
sperimentali risulta pari a VBIAS = 31,8 V che corrisponde ad un over-voltage di 3,8 V
dato che la tensione di breakdown a questa temperatura scende al valore di 28 V . Anche
115
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
Figura 4.23 Andamento della risoluzione complessiva e delle sue componenti in funzione
dell’over-voltage applicato ai rivelatori per una temperatura T = −18◦ C. Si osserva che il
contributo della componente di rumore è ridotto rispetto al caso con temperatura maggiore e
non è più presente una componente di risoluzione che predomina sulle altre. Il valore ottimo
di over-voltage risulta essere intorno i 3,5 V .
nel presente caso i risultati sperimentali e quelli teorici sono coerenti.
È possibile notare come per una temperatura più bassa (T = −18◦ C) il valore di
over-voltage ottimo risulta maggiore rispetto quello trovato per una temperatura più
elevata (T = 0◦ C). Tale variazione è riconducibile al fatto che il DCR in funzione
dell’over-voltage ha un andamento con pendenza minore a temperature più basse, quindi
il rapporto P DE/DCR comincia a decrescere per una VOV più alta.
Nella Figura 4.24 vengono messe a confronto le curve della risoluzione in funzione
dell’over-voltage per i dati ottenuti sperimentalmente e i dati stimati da un punto di
vista teorico.
In corrispondenza dei valori di over-voltage ottimo l’approssimazione della risoluzione
energetica effettuata dal modello teorico, come è possibile osservare dalla Tabella 4.5,
non si discosta molto da quella ottenuta sperimentalmente.
Il fatto che esista un valore ottimo di polarizzazione dei dispositivi, come sottolineato
in precedenza, è legato principalmente all’andamento dei parametri PDE, DCR ed
ENF in funzione dell’over-voltage. Questi tre fattori sono proporzionali alla VOV ,
ma contribuiscono in modo discorde alla determinazione del valore della risoluzione
energetica. I risultati ottenuti hanno permesso di trovare il valore di polarizzazione per
il quale si raggiunge un compromesso tra una riduzione di rumore del sistema e una
116
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
(a) Curve della risoluzione energetica sperimen- (b) Curve della risoluzione energetica sperimentale
tale (rossa) e teorica (blu) al variare della VOV (rossa) e teorica (blu) al variare della VOV per T =
−18◦ C.
per T = 0◦ C.
Figura 4.24 Confronto tra gli andamenti della risoluzione energetica in funzione dell’overvoltage per valori ottenuti sperimentalmente e valori ottenuti da stime teoriche. I grafici sono
relativi alle temperature di T = 0◦ C e T = −18◦ C.
Tabella 4.5
Confronto dati ottenuti da risultati sperimentali e stime teoriche.
Temperatura [◦ C]
Tipo di risultato
Risoluzione ottima [%]
Over-voltage ottimo [V]
0
Sperimentale
19
3, 4
Teorico
18, 6
3, 5
Sperimentale
15, 5
3, 8
Teorico
14
3, 5
−18
massimizzazione del numero di fotoelettroni generati.
Tuttavia dal confronto tra le curve sperimentali e quelle teoriche si nota una netta
differenza di pendenza allontanandosi dal valore di over-voltage ottimo. Tale divergenza
dal modello potrebbe essere imputabile ai seguenti motivi:
• i valori dei parametri PDE, DCR ed ENF in funzione della tensione di polarizzazione e della temperatura non sono facilmente accessibili da letteratura e in
laboratorio non si dispongono di strumenti adatti per misurarli. Le approssimazioni effettuate quindi per ricavare stime teoriche non rispecchiano fedelmente i
valori reali;
117
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
• il modello della risoluzione energetica descritto non tiene sufficientemente conto
delle non linearità introdotte dal set-up implementato. Al crescere della tensione
di over-voltage, cresce il guadagno M dei dispositivi fotorivelatori con conseguente
aumento della quantità di carica fornita in uscita a fronte della rivelazione di fotoni
di luce. Maggiore è la carica integrata dal front-end analogico dell’elettronica di
lettura, maggiore è l’ampiezza dell’impulso di tensione in uscita ai canali, che
possono saturare la dinamica di alimentazione dell’amplificatore operazionale
utilizzato. Eventi con segnali di questo tipo, come descritto nella Sezione 4.1,
vengono scartati dall’algoritmo di ricostruzione dello spettro. Ciò comporta una
riduzione della percentuale di eventi utili rispetto al numero complessivo e una
formazione del picco spettrale meno accurata.
Per limitare fenomeni di questo tipo i componenti dei circuiti elettronici per
l’acquisizione e l’elaborazione del segnale dei fotorivelatori sono stati dimensionati
per operare correttamente intorno al valore ottimo di over-voltage ricavato dalle
stime teoriche.
4.3.3
Variazione di risoluzione energetica al variare della temperatura
In questo paragrafo viene presentato lo spettro di energia ottenuto con una matrice di
rivelatori formata da 4 tile (144 SiPM - 50 mm × 50 mm) alla temperatura di −18◦ C.
La risoluzione energetica ottenuta risulta essere del 15,5%, da confrontare con quella
dello spettro a 0◦ C rappresentato nella Figura 4.15: 19%
Rispetto lo spettro ottenuto a 0◦ C il miglioramento è dovuto ad una riduzione del
DCR del sistema e quindi della componente RN OISE .
D’altro canto occorre considerare, che una riduzione della temperatura porta
all’aumento del Deficit Balistico del sistema.
A basse temperature il cristallo rilascia i fotoni di luce con costanti di tempo più
lunghe [35], il filtro RC conseguentemente riesce ad integrare una minore quantità di
carica utile dando luogo ad un impulso di tensione di ampiezza ridotta: in Figura 4.26
sono mostrati gli andamenti normalizzati per i due casi. La forma del segnale è stata
ottenuta dalla convoluzione nel tempo tra l’andamento del segnale di scintillazione
normalizzato rispetto l’area e quello della risposta impulsiva del filtro normalizzato
rispetto l’ampiezza.
Il valori di Deficit Balistico ottenuti sono di 37, 54% per una temperatura T = 0◦ C
e 45, 12% per T = −18◦ C.
118
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
Figura 4.25 Spettro tipico del 57 Co. La risoluzione energetica del picco a 122 keV ottenuta
è di circa 15, 5%. La tensione di polarizzazione è VBIAS = 31, 8 V e la temperatura del sistema
è stata portata a ∼ −18◦ C al fine di ridurre il contributo di rumore dovuto al rivelatore.
Figura 4.26 Forme d’onda del segnale a valle del filtraggio RC normalizzate rispetto
l’ampiezza per due diversi valori di temperatura. Da queste curve è possibile calcolare il deficit
balistico: DB = 37, 54% per T = 0◦ C e DB = 45, 12% per T = −18◦ C. Il valore di picco più
basso nel caso della temperatura minore è dovuto ad un tempo di scintillazione più lungo del
cristallo: più si raffredda il sistema più i fotoni di luce sono rilasciati lentamente e il filtro
RC riesce ad integrare meno carica utile.
Come è possibile verificare dalla Formula 4.10 un aumento di questo parametro
contribuisce a peggiorare la risoluzione del sistema. L’effetto di una variazione del DB
119
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
è maggiormente rilevante per la componente statistica in cui risulta l’unico termine
che varia sensibilmente con la temperatura. Viceversa per la componente di rumore
l’aumento del DB è compensato dalla diminuzione del DCR. In Figura 4.27 sono
riportati i valori di Deficit Balistico e Dark Count Rate al variare della temperatura.
Figura 4.27 Andamenti del DCR e del Deficit Balistico in funzione della temperatura. Le
due grandezze hanno andamenti opposti e contribuiscono in modo discorde alla determinazione
della risoluzione energetica complessiva.
Si nota come le due grandezze abbiano andamenti con pendenza opposta (anche se su
scale differenti) e contribuiscano in modo discorde alla determinazione della risoluzione
energetica.
In relazione a quanto detto ne consegue che lavorare a basse temperature non porta
solo benefici da un punto di vista della risoluzione.
Nel caso particolare del modulo di rivelazione implementato il DCR è il principale
fattore che deteriora la risoluzione energetica, infatti viene utilizzato un numero elevato di
SiPM (144) ciascuno dei quali produce un aumento del rumore del sistema. Una riduzione
della temperatura permette di limitare notevolmente tale contributo e di avere un
miglioramento delle prestazioni nonostante il deficit balistico ne risenta negativamente.
Per ottenere valori di risoluzione energetica soddisfacenti senza ricorrere alla riduzione
della temperatura occorre utilizzare SiPM con migliore tecnologia e minore DCR a
temperatura ambiente.
Nella Figura 4.28 viene mostrato l’andamento simulato della risoluzione energetica
in funzione del DCR e del DB che sono i due parametri che variano principalmente con
120
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
la temperatura.
Figura 4.28 Andamento della risoluzione energetica complessiva in funzione dei fattori che
cambiano principalmente con la temperatura: DCR e DB. Una riduzione della temperatura
permette di ridurre il DCR, ma nello stesso tempo provoca un aumento del DB. Per basse
temperature, a pari intervalli di raffreddamento il miglioramento in termini di risoluzione
energetica è sempre più contenuto.
In corrispondenza delle temperature di interesse e per una tensione di over-voltage
ottima è stata calcolata la risoluzione energetica del sistema, i valori dei parametri
ottenuti sono riportati nella Tabella 4.6.
Parametri SiPM e risoluzione energetica al variare della temperatura.
Tabella 4.6
Temperatura [◦ C]
DCR [kHz]
Deficit Balistico [%]
Risoluzione [%]
20
820
33, 66
28, 75
10
410
35, 85
22, 23
0
205
37, 54
18, 61
−10
102, 5
42, 87
15, 45
−20
51, 25
45, 21
13, 65
Si può notare come la risoluzione sia fortemente influenzata dal Dark Count dei
dispositivi e che una riduzione della temperatura contribuisce a migliorare le prestazioni
121
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
del sistema.
Dato che si ha una riduzione del DCR di circa il 50% per ogni variazione negativa
di circa 10◦ C della temperatura, a bassi livelli termici il miglioramento della risoluzione
è sempre più contenuto. La crescita del Deficit Balistico risulta di scarsa influenza nel
computo della risoluzione energetica complessiva per il modulo di rivelazione implementato.
In corrispondenza della tensione di polarizzazione ottima, i valori di risoluzione
energetica stimati da un punto di vista teorico si discostano da quelli ottenuti sperimentalmente con un errore di circa il 10%. Come già accennato nel paragrafo precedente, i
dati relativi ai parametri dei SiPM in funzione della temperatura e dell’over-voltage sono
difficilmente rinvenibili da letteratura e in sede di laboratorio non si ha la disponibilità di
una strumentazione sperimentale adeguata per misurare quelli dei dispositivi utilizzati
in condizioni specifiche. Ne consegue che per poter determinare un andamento teorico
di tali parametri sono state effettuate delle approssimazioni a partire dai dati forniti
dal produttore.
Per quanto riguarda le prestazioni del modulo di conversione (cristallo scintillare
accoppiato a matrice di fotorivelatori), la tecnologia dei SiPM attualmente utilizzati
non consente di rispettare le specifiche del progetto INSERT, in cui si richiede una
risoluzione energetica inferiore al 12%. In futuro, per l’implementazione del seguente
rivelatore, verranno utilizzati SiPM con tecnologia migliorata, denominata RGB-HD,
che dovrebbe consentire di ottimizzare i parametri di DCR, PDE ed ENF grazie ad una
maggiore densità e una riduzione dell’area delle microcelle del dispositivo. In particolare
i valori dei parametri previsti per tali dispositivi sono DCR = 200 kHz a temperatura
ambiente, e P DE = 45% alla lunghezza d’onda di λ = 550 nm. Il fatto di utilizzare
dispositivi con un DCR minore consente di ottenere prestazioni soddisfacenti del sistema
a temperature più elevate (0◦ C anziché −18◦ C). In queste condizioni, inoltre, il cristallo
si caratterizza per un tempo di scintillazione più breve con conseguente miglioramento
del deficit balistico.
Considerando una tensione di over-voltage VOV = 3, 8 V , una temperatura di 0◦ C e
utilizzando i valori dei parametri attesi degli RGB-HD sopra elencati, a partire dalla
Formula 4.10 si ottiene una stima della risoluzione energetica tramite modello:
R = 10%
per una radiazione a Eγ = 140 keV relativa al
122
99m
(4.15)
T c.
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
Ipotizzando che la stima effettuata presenti un errore del 15% (caso peggiorativo)
rispetto l’effettivo valore sperimentale, la risoluzione energetica che si prevede di ottenere
con questo tipo di sistema a 0◦ C è di circa R = 11, 5%, valore che rientra nelle specifiche
di progetto.
4.4
Risultati delle misure sperimentali relativi la
risoluzione spaziale e FOV
Nel seguente paragrafo vengono riportati i risultati ottenuti riguardo la risoluzione
spaziale e il Field Of View del sistema. La determinazione di questi parametri si basa
sull’immagine dei punti di interazione della radiazione col cristallo, ricostruita attraverso
l’algoritmo del centroide modificato.
Prima di presentare i risultati viene descritta la tecnica utilizzata per effettuare
la misura e la modalità di calcolo della risoluzione a partire dal principio fisico di
funzionamento dei materiali di cui è costituito il modulo di conversione.
4.4.1
Metodo per il calcolo della risoluzione
Quando un raggio gamma viene assorbito dal cristallo, da luogo ad una serie di eventi
di scintillazione che generano fotoni luminosi in modo isotropico attraverso il materiale.
Gli eventi che provocano l’assorbimento della radiazione come l’effetto fotoelettrico, la
ionizzazione per impatto e la ricombinazione di coppie elettrone/lacuna sono processi
statistici la cui probabilità di accadimento varia da evento ad evento. I fotoni vengono
raccolti da una matrice di fotorivelatori i quali a loro volta sono caratterizzati da rumore,
anch’esso di natura statistica, il quale può essere sia indipendente (DCR) che dipendente
(Crosstalk, Afterpulsing) dalla quantità di luce raccolta.
Detto ciò, ne consegue che anche se idealmente si avessero raggi gamma collimati in
un punto esatto del cristallo, a causa delle proprietà dei materiali, la quantità di luce
raccolta da ogni SiPM cambierebbe di volta in volta per ogni evento di scintillazione,
oscillando attorno ad un valor medio caratteristico:
Nph j = Nj ± σ
(4.16)
Nj è il numero di fotoni medio sul j-esimo elemento della matrice di rivelazione e σ è la
deviazione standard corrispondente.
123
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
L’algoritmo del centroide modificato, utilizzato per ricostruire il punto di scintillazione, prende in considerazione l’informazione raccolta da tutti i 36 canali del sistema.
Dato che più eventi di scintillazione con medesima coordinata (x,y) danno luogo a distribuzioni diverse di fotoni sulla matrice di rivelazione, gli eventi non vengono ricostruiti
tutti alla stessa coordinata (caso ideale), ma anch’essi saranno caratterizzati dall’avere
una distribuzione di coordinate con un valore medio ed una certa varianza. Effettuando
l’istogramma dei punti ricostruiti nel piano si ottiene un andamento gaussiano in 3
dimensioni con punto di massimo nella coordinata in cui è più probabile sia avvenuto
l’evento, come rappresentato in Figura 4.29.
Figura 4.29 Distribuzione gaussiana delle coordinate di scintillazione ricostruite a partire
da una radiazione γ collimata in una coordinata fissa del cristallo. I fotoni si distribuiscono
sulla matrice di rivelazione in modo differente da evento ad evento con conseguente variabilità
nella ricostruzione del punto di interazione.
La risoluzione spaziale lungo l’asse x o lungo l’asse y è per definizione l’ampiezza a
metà altezza della proiezione della curva gaussiana 3D sui piani (x,z) e (y,z).
RS = F W HM
[mm]
(4.17)
La variabilità nella ricostruzione delle coordinate di scintillazione dovuta al comportamento non ideale dei materiali del sistema di conversione da luogo alla risoluzione
spaziale intrinseca RIN T . Valore di risoluzione spaziale al di sotto del quale non è
possibile scendere.
Da un punto di vista delle misure sperimentali, al fine di selezionare la radiazione
solo in punti isolati di coordinate note viene utilizzata una griglia di piombo di spessore
L = 4 mm, diametro fori d = 1 mm e passo t = 3 mm. La sorgente puntiforme è tenuta
124
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
ad una distanza di circa 40 cm dal piano dello scintillatore in modo che la radiazione
emessa risulti perpendicolare ai fori della griglia come rappresentato in Figura 4.30;
Figura 4.30 Misura di tipo Grid: il sistema è irradiato uniformemente dalla sorgente posta
a 40 cm dal piano di rivelazione. Una griglia di piombo permette di selezionare i raggi γ in
punti isolati del cristallo. Dalla larghezza della distribuzione degli eventi ricostruiti per ogni
punto è possibile risalire alla risoluzione spaziale del sistema. La griglia possiede uno spessore
di 4 mm e fori di diametro 1 mm, distanziati 3 mm.
La griglia permette di generare fasci di radiazione collimata in punti isolati del
piano di rivelazione. Tuttavia non è possibile collimare i fotoni in un’unica posizione di
coordinata (x,y) ma, come mostrato in Figura 4.31 il fascio di radiazioni incidente sul
cristallo ha una larghezza corrispondente a quella del foro (1 mm)
Le coordinate di scintillazione ricostruite in corrispondenza di ogni foro si distribuiscono secondo un andamento poissoniano caratterizzato dall’avere un valor medio al
centro del foro e una certa varianza.
Da un punto di vista analitico la risoluzione spaziale che sarebbe possibile ottenere
utilizzando una griglia di questo tipo con un sistema di scintillazione ideale (che non
introduce variabilità) è pari al diametro del foro stesso:
RGRID = d = 1 mm
(4.18)
chiamata risoluzione della griglia
Ne consegue che la risoluzione spaziale complessiva calcolabile in corrispondenza
di ogni punto della griglia è il risultato della somma quadratica di due contributi: la
125
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
Figura 4.31 Rappresentazione del profilo dei punti di scintillazione dovuti alla rivelazione
del fascio di fotoni γ in corrispondenza di un foro della griglia.
risoluzione caratteristica della griglia RGRID , e la risoluzione intrinseca propria del
sistema di rivelazione RIN T che è quella che si intende calcolare:
RS =
q
2
2
RGRID
+ RIN
T
(4.19)
Un’accortezza di cui si tiene conto nelle misure sperimentali è di porre la griglia in
prossimità della superficie del cristallo per evitare fenomeni di allargamento del fascio
di fotoni gamma all’uscita di ogni foro. Questo tipo di misura viene denominata "Grid".
4.4.2
Confronto singolo tile - 4 tile
Di seguito sono presentate le immagini ottenute dalla ricostruzione dei punti di interazione della radiazione col cristallo per la misura di tipo Grid. Ciascuna figura consiste
in un istogramma in 3 dimensioni delle coordinate di scintillazione (x,y) ricostruite
attraverso l’algoritmo del centroide. Quanto più elevato è il numero di conteggi per una
certa coordinata tanto più intenso sarà il colore del pixel corrispondente.
Sono state effettuate misure con singolo tile alla temperatura T = 0◦ C e misure con
4 tile alla temperatura T = −18◦ C.
La risoluzione spaziale complessiva calcolata nei punti centrali del FOV risulta essere
2,52 mm per la matrice con singolo tile e 1,64 mm per la matrice con 4 tile. Risalendo ai
rispettivi valori di risoluzione intrinseca si ottiene 2,32 mm per il singolo tile e 1,3 mm
per i 4 tile. Le cause di questa differenza sono:
126
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
Tabella 4.7
Nome misura
Misure di tipo "Grid" con singolo tile e 4 tile.
Tipo misura
Numero tile
Temperatura
Tensione polarizzazione
Griglia 1
Grid
1
0◦ C
31,6 V
Griglia 2
Grid
4
−18◦ C
31,9 V
Figura 4.32 Immagine dei punti di interazione della radiazione con il cristallo nell’acquisizione di tipo Grid con sistema a singolo tile. Si ottiene un F OV = 17, 14 mm × 17, 14 mm
limitato alla linea congiungente i centri degli elementi più esterni della matrice e una risoluzione
spaziale complessiva RS = 2, 52 mm.
1. Diversa temperatura.
Le acquisizioni per i due sistemi sono state effettuate a temperature diverse. Il DCR
dei dispositivi, oltre che contribuire ad allargare lo spettro della sorgente ricostruito
peggiorando la risoluzione energetica, introduce incertezza nella ricostruzione del
punto di scintillazione, peggiorando anche la risoluzione spaziale.
Nel caso presentato il sistema a singolo tile si trova ad una temperatura maggiore
con valore di DCR circa quattro volte superiore a quello che caratterizza il sistema
a 4 tile.
2. Diverso rapporto tra le dimensioni relative dei cristalli utilizzati.
Come schematizzato nella Figura 4.34 il cristallo per il sistema a singolo tile è
relativamente più spesso rispetto quello utilizzato per il sistema a 4 tile.
127
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
Figura 4.33 Immagine dei punti di interazione della radiazione con il cristallo nell’acquisizione di tipo Grid con sistema a 4 tile. Si ottiene un F OV = 41, 78 mm × 41, 78 mm limitato
alla linea congiungente i centri degli elementi più esterni della matrice e una risoluzione
spaziale complessiva RS = 1, 64 mm
Figura 4.34 Dimensioni del cristallo scintillatore nel caso in cui si utilizzi rispettivamente
la matrice di rivelazione a singolo tile e nel caso in cui si utilizzino 4 tile. Si può osservare
un diverso rapporto relativo tra le dimensioni del cristallo stesso.
Considerando che l’assorbimento della radiazione avviene principalmente nelle
regioni superficiali, un maggiore spessore del materiale, provoca un aumento della
dispersione spaziale dei fotoni generati rispetto il punto di scintillazione. Di
conseguenza l’effetto di riflessione diffusiva causata dalle pareti del cristallo nel
sistema con singolo tile risulta più significativa: i SiPM in prossimità dell’evento
di scintillazione raccolgono una frazione minore della luce complessiva la quale si
128
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
ridistribuisce in modo più uniforme tra i rivelatori.
La componente diffusiva non presenta alcun contributo utile riguardo le coordinate
di interazione perché è uniforme su tutta la superficie di rivelazione e genera il
rumore di fondo che deve essere eliminato a livello software.
3. Diverso numero di canali.
L’algoritmo utilizzato per la ricostruzione dei punti di scintillazione fornisce
risultati tanto più accurati quanto maggiore è il numero di canali che contengono
informazione utile riguardo la distribuzione spaziale della luce.
Utilizzando una matrice di rivelazione formata da 4 tile, con maggiore numero di
canali di uscita rispetto quella a singolo tile, è possibile ottenere una ricostruzione
più accurata della coordinata di interazione e quindi una risoluzione spaziale
migliore.
Occorre osservare che utilizzare un numero elevato di canali di lettura non comporta necessariamente un miglioramento nella ricostruzione dell’immagine finale, infatti, al variare del numero di fotorivelatori utilizzati cambia il rapporto
segnale/rumore del sistema, come viene approfondito nel punto successivo.
4. Diverso rapporto segnale/rumore nei due casi.
Si considerino una tensione di polarizzazione dei SiPM e una lunghezza d’onda di
emissione del cristallo di valore costante. Il numero di fotoni che complessivamente
viene raccolto dalla matrice di rivelatori per ogni raggio gamma assorbito è costante
ed indipendente dalle dimensioni dello scintillatore. Maggiore è l’estensione della
matrice di rivelazione, maggiore è la quantità di dispositivi su cui si distribuisce il
segnale utile.
Qpe = Eγ · Y · ηcoll · P DE = cost
(4.20)
Considerando che il rumore introdotto da ciascun SiPM è indipendente dal rumore
degli altri dispositivi, la variabilità sulla carica complessiva di segnale utile cresce
in modo proporzionale al numero N di rivelatori utilizzati.
σnoise T OT =
q
2
2
2
σnoise
1 + σnoise 2 + · · · + σnoise N
(4.21)
Detto ciò è possibile affermare che il rapporto segnale/rumore del sistema complessivo diminuisce all’aumentare del numero di SiPM utilizzati ed è quindi peggiore
per il sistema a 4 tile.
129
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
Al diminuire dell’SNR aumenta la variabilità nella determinazione del punto esatto
di scintillazione, cosa che influisce negativamente sulla risoluzione spaziale del
sistema.
Nel caso in esame, il maggior numero di canali, permette di rendere trascurabile
il peggioramento del rapporto segnale/rumore rispetto gli altri vantaggi elencati.
Dalle immagini presentate è possibile osservare come il campo di vista del sistema
è limitato dalla linea che congiunge i punti centrali degli elementi più esterni della
matrice di rivelazione. Questo effetto, come già descritto nella Sezione 4.2.1, è dovuto
all’applicazione dell’algoritmo del centroide per la ricostruzione delle coordinate dei
punti di interazione. Il FOV risulta quindi essere 17, 14 mm × 17, 14 mm per il sistema
di rivelazione con singolo tile e 41, 78 mm × 41, 78 mm per il sistema a 4 tile.
In Tabella 4.8 sono riportati i risultati ottenuti in termini di risoluzione spaziale
intrinseca e FOV per i due sistemi presentati
Tabella 4.8
Nome misura
Risoluzione spaziale e FOV per singolo tile e 4 tile.
Ris spaziale intrinseca
FOV
Griglia 1
2, 32 mm
17, 14 mm × 17, 14 mm
Griglia 2
1, 3 mm
41, 78 mm × 41, 78 mm
Riguardo il campo di vista del sistema occorre fare un ulteriore considerazione: i
punti alle estremità della griglia risultano compressi ed in parte sovrapposti. Questa
distorsione peggiora la risoluzione spaziale dell’immagine in prossimità delle regioni
laterali impedendo di distinguere chiaramente punti separati. Ne consegue che il campo
di vista utile (UFOV - Useful Field of View) in cui la ricostruzione dell’immagine può
considerarsi corretta è ulteriormente ridotto rispetto il FOV. Per una stima di questo
parametro si faccia riferimento alla Sezione successiva.
4.4.3
Linearizzazione dell’immagine e stima del campo di vista utile
La risoluzione spaziale relativa a ciascun punto della griglia viene valutata sia lungo
l’asse x che lungo l’asse y del piano. A tal fine, sono proiettati sugli assi i profili 2D
degli istogrammi relativi ai conteggi delle coordinate di scintillazione.
130
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
Nella Figura 4.35a, come esempio, sono presi in considerazione i punti della riga
centrale della griglia ottenuta con 4 tile e vengono proiettati lungo l’asse x gli istogrammi
dei punti ricostruiti in funzione della posizione.
(a) Immagine della griglia ottenuta con 4 tile. (b) Profilo di distribuzione degli eventi ricostruiti
Viene presa in considerazione la riga centrale per in funzione dell’asse x. Sono evidenziati i punti di
le successive elaborazioni.
massimo relativo della curva. Si può osservare una
compressione dei picchi in prossimità delle estremità
dell’asse.
Figura 4.35 A sinistra: l’immagine della griglia ottenuta con 4 tile e in evidenza la linea
di punti presa in considerazione per l’elaborazione dati. A destra: la distribuzione delle
coordinate dei punti ricostruiti in funzione dell’asse x dove si evince una grande non linearità
in prossimità dei bordi.
Dalla Figura 4.35b è possibile osservare come i picchi della curva siano compressi e
parzialmente sovrapposti ai bordi. Questo è dovuto al limite dell’algoritmo del centroide
che non permette di ricostruire punti all’esterno della linea dei centri degli elementi di
bordo della matrice.
Calcolare la risoluzione spaziale di ogni picco a partire da un profilo affetto da non
linearità porterebbe a conclusioni errate. Occorre applicare una linearizzazione della
curva in modo da poter risalire all’effettiva risoluzione intrinseca di ogni punto.
Nella Figura 4.36 viene riportata la curva che indica la posizione dei picchi dei
punti ricostruiti in funzione della posizione nota dei fori della griglia. Per confronto è
rappresentata anche la retta che indica la corretta posizione dei punti nel caso in cui si
utilizzasse un algoritmo ideale con ricostruzione lineare.
Si può notare come la curva dei punti ricostruiti si discosti maggiormente dalla
linearità in prossimità dei bordi dell’immagine, mentre nel centro la ricostruzione risulta
molto più lineare. A partire da tale curva è possibile generare l’inversa e applicarla
131
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
Figura 4.36 In rosso è indicata la posizione dei punti ricostruiti con l’algoritmo del centroide
in funzione della posizione dei fori della griglia. In blu è indicata la posizione in cui si
dovrebbero trovare i punti se si usasse una ricostruzione lineare.
alle coordinate di ciascun punto ricostruito in modo tale da linearizzare il profilo di
distribuzione.
Il risultato viene mostrato in Figura 4.37, in cui si osserva una maggiore distensione
dell’andamento in corrispondenza dei limiti destro e sinistro dell’asse dove l’algoritmo
aveva introdotto maggiormente non-linearità.
A partire dal profilo linearizzato è possibile calcolare il valore di risoluzione spaziale
di ciascun picco facendo un fitting gaussiano dei profili e valutando la FWHM di
ciascuna curva. Una volta calcolata la risoluzione complessiva di ogni punto è possibile
risalire alla risoluzione intrinseca del sistema tramite la Formula 4.19.
Dalla Figura 4.37 è possibile notare come i picchi più esterni siano più larghi con
conseguente peggioramento della risoluzione spaziale. Dato che il contributo della
griglia è costante RGRID ' 1 mm, se la risoluzione complessiva peggiora dipende da un
peggioramento della risoluzione intrinseca del sistema.
Sono stati calcolati i valori di risoluzione intrinseca RIN T di ogni punto della griglia in
funzione della distanza dal centro. In Figura 4.38 ne viene rappresentata l’interpolazione
polinomiale di 3◦ grado (che rappresenta un andamento medio).
Più il punto è distante dal centro maggiore è la risoluzione spaziale intrinseca
corrispondente. Ne consegue che i punti di bordo non contengono informazione utile,
132
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
Figura 4.37 Linea rossa tratteggiata: distribuzione delle coordinate dei punti ricostruiti
tramite algoritmo del centroide. Linea blu: profilo di distribuzione delle coordinate dei punti
dopo aver applicato la linearizzazione. Si può osservare come il profilo dopo l’elaborazione sia
più largo in prossimità dei bordi, con conseguente peggioramento della risoluzione spaziale.
Figura 4.38 Andamento del fitting dei valori di risoluzione intrinseca calcolati in corrispondenza dei punti ricostruiti a partire dal centro della griglia. La risoluzione aumenta
all’aumentare della distanza dal centro. A titolo di esempio in figura sono messi in evidenza
due valori di RIN T limite (1, 6% e 2%) dai quali è possibile risalire alla dimensione del campo
di vista utile UFOV.
133
Capitolo 4. Caratterizzazione sperimentale del modulo di rivelazione gamma
dato che al crescere della risoluzione si riduce la capacità di discriminare due punti
distinti tra loro.
Per poter definire quantitativamente il campo di vista utile del sistema (UFOV) si
seleziona in modo arbitrario un valore di risoluzione intrinseca limite e da un grafico
come quello di Figura 4.38 si risale alla distanza massima dal centro fino alla quale è
possibile considerare utile il contenuto dell’immagine ricostruita.
Nel caso in esame sono stati presi come esempio due possibili valori limite per
la risoluzione intrinseca: RIN T 1 = 1,6 mm e RIN T 2 = 2 mm, ai quali corrispondono
valori di campo di vista utile di rispettivamente U F OV 1 = 30,8 mm × 30,8 mm e
U F OV 2 = 41,4 mm × 41,4 mm.
134
Conclusioni
Il presente lavoro di tesi è stato sviluppato in risposta all’esigenza di caratterizzare il
modulo di rivelazione gamma per un sistema di imaging multimodale SPECT/MRI
nell’ambito del progetto INSERT. Il modulo si basa sulla consolidata architettura
Anger con cristallo scintillatore monolitico e matrice di fotorivelatori, nel caso specifico,
Silicon PhotoMultiplier SiPM. Tali dispositivi rappresentano una tecnologia emergente
per sistemi PET a 511 keV e grazie al costante miglioramento delle loro performance,
si stanno affermando anche come rivelatori per sistemi SPECT a più basse energie
(140 keV ).
Il modulo di rivelazione di INSERT presenta una superficie di rivelazione di
50 × 50 mm2 , la cui unità fondamentale, il SiPM, ha un’area attiva di 4 × 4 mm2 .
Le specifiche del progetto sono quelle di ottenere una risoluzione spaziale intrinseca
inferiore al millimetro, una risoluzione energetica minore del 12% per il picco a 140 keV
del 99m T c e un campo di vista di 45 × 45 mm2 .
Dopo uno studio preliminare riguardante il principio di funzionamento e i parametri
dei dispositivi utilizzati, è stato sviluppato un set-up per poter effettuare le misure
sperimentali di caratterizzazione. A tal proposito è stata realizzata una struttura che
comprende sia il rivelatore utilizzato in INSERT, costituito da cristallo e matrice di
fotorivelatori, sia l’elettronica per la lettura e l’elaborazione del segnale.
Per quanto riguarda il sistema elettronico è stata utilizzata un’architettura già presente
in laboratorio, ma sviluppata per un altro tipo di applicazione, apportando modifiche
sia di tipo software che hardware al fine di adattarla al modulo di rivelazione testato.
Un sistema di raffreddamento appositamente progettato permette di ridurre la
temperatura del modulo e di mantenerla costante nell’arco di tempo della misura di
interesse.
Inoltre, al fine di ottimizzare l’attività di misura sperimentale, sono state realizzate
due schede elettroniche ausiliarie: una principale e una secondaria, su una delle quali è
Conclusioni
presente un microcontrollore, che, controllato da remoto tramite un’interfaccia utente, permette di gestire diverse funzionalità: impostare una tensione di polarizzazione
variabile ai dispositivi rivelatori, monitorare la temperatura e l’umidità del sistema
riportandone i valori su uno schermo LCD, generare impulsi di corrente con ampiezza
e frequenza variabile da inviare all’elettronica di lettura per effettuare la correzione e
l’equalizzazione dei canali elettronici.
Questo tipo di set-up ha permesso di ottenere risultati preliminari relativi alle prestazioni del modulo di rivelazione in termini di risoluzione energetica, spaziale e FOV del
modulo fondamentale di INSERT.
In particolare sono state effettuate: misure di tipo "Flood" (irradiazione uniforme
con 57 Co) per misurare lo spettro della sorgente e risalire alla risoluzione energetica del
sistema; misure di tipo "Grid" (irradiazione uniforme con griglia di piombo posizionata
sopra la superficie del cristallo) per poter selezionare i fotoni gamma incidenti solo in
punti isolati e noti del piano di rivelazione, dai quali calcolare la risoluzione spaziale
complessiva.
L’andamento della risoluzione energetica del modulo è stata misurata in funzione
dell’area, dell’over-voltage e della temperatura del sistema di rivelazione.
Sono state messe a confronto le prestazioni del modulo di rivelazione utilizzando
matrici di SiPM di dimensioni diverse: singolo tile (36 rivelatori, 25 mm × 25 mm) e 4
tile (144 rivelatori, 50 mm × 50 mm), quello che verrà implementato nel sistema finale
di INSERT. All’aumentare dell’area di rivelazione si è osservato un peggioramento della
risoluzione energetica, infatti nel caso della matrice a 4 tile il medesimo segnale generato
dal cristallo, relativo all’assorbimento di un fotone gamma, si distribuisce su un maggior
numero di dispositivi, ciascuno dei quali introduce nel sistema il proprio contributo di
DCR, con conseguente peggioramento del rapporto segnale/rumore complessivo.
Prendendo in considerazione il modulo con 4 tile è stata misurata la risoluzione
energetica del sistema al variare della tensione di polarizzazione dei dispositivi: i
risultati ottenuti sperimentalmente confermano il trend delle curve teoriche, mostrando
la presenza di un valore polarizzazione ottimo che permette di minimizzare la risoluzione
energetica, nel caso in esame 3, 5 V . I valori di minimo della curva sperimentale e teorica
sono coerenti presentando errore relativo massimo del 10%, tuttavia per tensioni di
polarizzazione che si discostano da quella ottima la stima teorica fornisce valori che si
differenziano maggiormente da quelli reali. Le differenze riscontrate sono legate alla
difficoltà di trovare in letteratura gli andamenti esatti dei parametri PDE, DCR ed
ENF in funzione dell’over-voltage e della temperatura per i dispositivi utilizzati. Inoltre
136
Conclusioni
si mette in evidenza il fatto che occorre rivisitare il modello teorico in funzione del
comportamento osservato in fase di misura sperimentale.
Sono state effettuate inoltre misure spettroscopiche sia alla temperatura di 0◦ C,
sia alla temperatura di −18◦ C osservando un notevole miglioramento della risoluzione
energetica nel caso di maggiore raffreddamento: RE = 19% per T = 0◦ C e RE = 15, 5%
per T = −18◦ C, a dimostrazione del fatto che la principale fonte di rumore per il
sistema è il DCR dei SiPM, che vale 800 kHz/mm2 , a temperatura ambiente ed è
fortemente dipendente dalla temperatura.
Da un punto di vista della risoluzione spaziale sono state valutate le prestazioni del
sistema in funzione dell’area di rivelazione utilizzando moduli con singolo tile e 4 tile. Il
confronto dei risultati ha permesso di dimostrare che per un limitato numero di canali
l’algoritmo di ricostruzione del centroide localizza in modo meno accurato il punto
di scintillazione, comportando, per il singolo tile, un peggioramento della risoluzione
spaziale. Inoltre, il cristallo utilizzato per la matrice singola presenta uno spessore in
proporzione maggiore rispetto quello del cristallo utilizzato per la matrice composta da
4 tile, cosa che provoca una maggiore non linearità di ricostruzione a causa di effetti di
bordo. Per il sistema a 4 tile la risoluzione spaziale intrinseca ottenuta è di RS 1, 3 mm:
valore prossimo alla specifica di progetto.
Il Field Of View del sistema a 4 tile ricopre un’area di circa 4, 2 cm × 4, 2 cm, leggermente inferiore rispetto alla specifica. Tale riduzione è dovuta ai limiti introdotti
dall’algoritmo del centroide che non permette di ricostruire eventi di scintillazione al
di fuori dei centri degli elementi di bordo della matrice. Applicando un algoritmo di
maggiore complessità, ma più performante è possibile raggiungere un campo di vista
più esteso.
I risultati preliminari ottenuti hanno dimostrato che i Silicon PhotoMultiplier, sono dispositivi adatti anche per essere implementati in sistemi di rivelazione gamma a
bassa energia (140 keV) come per il modulo di rivelazione SPECT di INSERT.
I risultati ottenuti non rientrano ancora nelle specifiche del progetto, per questo
motivo in futuro si prevede di utilizzare dispositivi Silicon PhotoMultiplier più evoluti
con migliori prestazioni in termini di PDE e DCR. In particolare, sono in fase di sviluppo
presso FBK i dispositivi RGB-HD (High Density), i quali presentano una PDE più
elevata, grazie ad un fill factor maggiore, e un DCR ridotto.
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