sabato 13 febbraio 2010 ore 20.30 domenica 14 febbraio 2010 ore 15.30 Teatro Ariosto LE NUVOLE di Aristofane traduzione Letizia Russo regia Antonio Latella con Marco Cacciola, Annibale Pavone, Maurizio Rippa, Massimiliano Speziani scene e costumi Annelisa Zaccheria suono e musiche Franco Visioli ideazione luci Giorgio Cervesi Ripa Una commedia dell’antica drammaturgia greca che oggi appare come una delle più riuscite di Aristofane per la capacità di trasferire situazioni contingenti in una dimensione universale, eternando il perenne conflitto fra le generazioni e il problema di una società che ha smarrito il senso del giusto, temi trattati dall’autore col genio di una satira acuta. Lo spettacolo ha debuttato al 52° Festival Dei Due Mondi di Spoleto. Nuvole di Antonio Latella «Le nuvole sono tutto e non sono niente, sono i nostri desideri e le nostre paure, le nostre gioie e i nostri orrori, e diventano tutto ciò che vogliamo ma non potranno mai essere, mai esistere, eppure sono indistruttibili, come i pensieri, le idee […]. Il giuoco del Teatro si moltiplica in questa commedia umana, la porta della conoscenza si è fatta minuscola, varcarla è impegnativo ma è dietro a quel cancello di velluto rosso che si imparano i trucchi della finzione, a bluffare sulla verità o a saperla riconoscere […]. Questa commedia antica non mette in scena un personaggio ma l’icona di un personaggio, che ha nome Socrate e il luogo che lo ospita, il pensatoio, è il vero personaggio con il quale Strepsiade si deve confrontare: un luogo non luogo, uno spazio che ha porte da varcare ma non ha pareti, una stanza dove il Maestro può sospendersi nell’aria, lontano dalla banalità della forza di gravità; solo così può pensare, riflettere, creare, preparare discorsi giusti e ingiusti, un luogo dove l’inafferrabile diventa forma ma resta incomprensibile per il suo continuo mutare essenza. Il Pensatoio, vero protagonista che non è maschile né femminile, non può essere, come ironicamente Aristofane fa dire a Socrate, né pollastro né pollessa. […]. Agli attori il grande compito di coccolarci e di farci pensare, tra le pause di una risata. Un gioco buffo, semplice e pericoloso, come un tuffo nel vuoto; senza rete». La commedia nel V secolo a.C. di Oscar G. Brockett La commedia fu l’ultima delle maggiori forme drammatiche a ricevere in Grecia il riconoscimento ufficiale. Fu accettata nelle Dionisie cittadine solo nel 487-486 a.C. Sarebbe nata, secondo quanto suggerisce Aristotele, nel corso delle particolari cerimonie in cui, per impetrare la fecondità della terra, degli uomini e delle greggi, veniva trasportato in processione un sim- bolo fallico. Della processione faceva parte un coro: i partecipanti, sovente travestiti da animali, cantavano e danzavano scambiando battute e motteggi con gli spettatori. Nessun rito fallico, però, aveva forma drammatica, e il processo attraverso cui si sarebbe sviluppata la commedia non è chiaro. Così come era successo per la tragedia, i dori si attribuirono il merito di aver inventato anche la commedia e Aristotele riporta in proposito come a sostegno di questa pretesa essi vantassero l’opera del poeta Epicarmo vissuto a Siracusa, una colonia dorica della Sicilia, tra il sesto e il quinto secolo, prima dei più antichi commediografi attici Chionide e Magnete. Si sa molto poco del poeta Epicarmo. Dai frammenti sopravvis­suti si possono però dedurre alcune caratteristiche delle sue opere. Vi sono scene che richiedono la presenza di almeno tre attori, non c’è alcuna prova dell’esistenza di un coro, nè dell’uso di un prologo, mentre abbondano gli elementi parodistici e farseschi. Comunque non è ancora chiara la relazione esistente tra questi drammi e le commedie che già all’epoca di Epicarmo venivano introdotte nelle Grandi Dionisie ad Atene. Un altro possibile tramite dell’influenza dorica sulla commedia ateniese è il mimo, che probabilmente fu presentato per la prima volta a Megara (una città a circa 40 km da Atene) poco dopo il 581 a.C. Non è sopravvissuto nessun mimo del periodo più antico ma alcuni esempi più tardi consistono essenzial­mente di brevi scenette satiriche in cui sono rappresentate situazioni domestiche e quotidiane oppure versioni parodistiche dei miti. È possibile che gli ateniesi prendessero a prestito scene di mimi e le inserissero nei loro cori fallici. Comunque, intorno al 487-486 la commedia doveva essere talmente sviluppata da venire introdotta nelle celebrazioni delle Grandi Dionisie. Sono rimasti i nomi di pochi commediografi dell’antichità. Oltre a Chionide, che presumi­bilmente vinse il premio della prima competizione, conosciamo Magnete che conquistò undici vittorie con commedie come Gli Uccelli, I Flautisti e Le Rane; Ecfantide, Cratino (attivo tra il 450 e il 422 a.C.) a cui sono state attribuite ventuno opere; Cratete (attivo tra il 449 e il 425) ed Eupoli (attivo tra il 429 e il 411 a.C.) che fu il principale rivale di Aristofane. Ad Aristofane (c. 448-380 a.C.) appartengono tutte le comme­die esistenti che risalgono al quinto secolo. Si pensa che abbia scritto circa quaranta opere, ma ne sono sopravvissute solo undici: Gli Acarnesi (425), con cui Aristofane vinse il suo primo agone comico, I Cavalieri (424), Le Nuvole (423), Le Vespe (422), La Pace (421), Gli Uccelli (414), Lisistrata (411), Le donne alla festa di Demetra (411), Le Rane (405), Le donne a parlamento (392), e Pluto (388). Sebbene si usi considerare le composizioni di Aristofane come un prodotto tipico della «commedia antica» (come sono denominate le opere di questo periodo), non è ovviamente possibile paragonare i suoi lavori a quelli dei suoi predecessori e dei contemporanei. I caratteri generali che si attribuiscono alla commedia antica sono perciò necessariamente basati solo sulle sue opere. Probabilmente la caratteristica principale della commedia aristo­ fanesca è il riferimento diretto ed esplicito ai fatti e ai problemi del momento, che investivano la vita sociale, culturale e politica di Atene (l’educazione dei giovani, la guerra contro Sparta, i procedimenti giudiziari e via dicendo). Ogni commedia svolge un argomento cen­trale (ad esempio l’elogio della pace), e innesca l’azione comica mediante una «trovata» (un accordo di pace separata tra un privato e la città nemica, negli Acarnesi, o uno sciopero del sesso da parte delle donne per costringere gli uomini a finire la guerra, nella Lisistrata). Sebbene esistano molte varianti, la struttura essenziale della comme­dia aristofanesca è semplice. Il prologo spiega la situazione iniziale ed espone la «trovata», entra il coro, quindi segue un dibattito (agon) sui pregi dell’idea proposta, che si decide infine di sperimentare. La parabasis (o ode corale, in cui il coro si rivolge al pubblico in modo diretto) divide la prima parte della commedia dalla seconda. Nella parabasis spesso vengono discussi problemi sociali e politici, talvolta si loda l’autore della commedia, o si invoca il favore del pubblico. La seconda parte della commedia è costituita da una se- “Ora il poeta vuole rimproverare gli spettatori...” di Giuseppe Mastromarco rie di scene che mostrano i risultati della trovata iniziale. La scena finale (o komos) si conclude generalmente con la riconciliazione di tutti i personaggi e con la loro uscita di scena per recarsi ad un banchetto o ad una festa. Dopo il 404, quando Atene fu sconfitta nella guerra del Peloponneso condotta contro Sparta, Lamia, e culo di cammello. Alla vista di siffatto mostro, afferma di non essersi lasciato corrompere per la paura, ma ancora adesso combatte per voi. E dice che, oltre a lui, l’anno scorso attaccò i brividi e le febbri che di notte soffocano i padri, strozzano i nonni, e, chini sui letti, riempiono fogli su fogli di giuramenti, di citazioni, di testimonianze contro quelli di voi che non si occupano di politica: e molti, in preda al terrore, balzano su e corrono dal polemarco. Avevate trovato un tale protettore, purificatore di questo paese, e l’anno scorso l’avete tradito: lui seminò idee nuovissime che voi non lasciaste germogliare perché non le avevate ben capite”. Antonio Latella nasce a Castellamare di Stabia il 2 marzo 1967. Studia recitazione presso la scuola del Teatro Stabile di Torino, diretto da Franco Passatore e presso La Bottega Teatrale di Firenze, diretta da Vittorio Gassman. Tra il 1986 e il 2000 lavora come attore. Nel 1998 firma la prima regia. Nel 2004 si trasferisce a Berlino. Dal 2010 è direttore artistico del Nuovo Teatro Nuovo di Napoli. I suoi spettacoli sono stati ospitati da diversi teatri e Festival. Tra i premi ricevuti: nel 2001 Premio speciale UBU Progetto Shakespeare ed oltre Premio Luca Coppola/Giancarlo Prati Premio Girulà Migliore dram- da: Giuseppe Mastromarco, L’esordio segreto di Aristofane, in: Il teatro greco nell’età di Pericle, a cura di Cesare Molinari, Il Mulino 1994. maturgia: I negri; nel 2004 Premio Vittorio Gassman Premio speciale Premio “Teatro il Primo” Migliore produzione: Porcile; nel 2006 Associazione Nazionale dei Critici di Teatro Migliore Spettacolo dell’anno: La cena delle ceneri; nel 2007 Premio UBU Spettacolo dell’anno: Studio su Medea . da: Oscar G. Brockett, Storia del Teatro, Marsilio. Ai versi 1016-45 della parabasi delle Vespe, la commedia rappresentata alle Lenee del 422, Aristofane fa il bilancio della sua carriera drammaturgica, dall’esordio sino al clamoroso insuccesso riportato dieci mesi prima, alle Dionisie del 423, con le Nuvole: “Ora il poeta vuole rimproverare gli spettatori. Dice che è stato lui a ricevere per primo un torto: eppure aveva fatto loro tanti piaceri! Dapprima, non apertamente ma di nascosto venendo in soccorso di altri poeti, imitando lo spirito profetico di Euricle, è penetrato nei ventri altrui ed ha profuso versi comici a fiumi; in seguito, anche apertamente affrontando ormai pericoli da solo, mettendo le briglie alle bocche delle sue Muse, non a quelle degli altri. Venuto in auge, ed onorato come mai nessuno di voi, afferma di non aver messo su arie, di non essersi inorgoglito e di non andarsene in giro per le palestre a sedurre ragazzi. E se un amante, in lite con il suo bello, si è precipitato da lui chiedendogli di schernirlo in una commedia, non ha mai dato ascolto a nessuno, perché si propone un fine onesto: non vuole che le sue Muse facciano le mezzane. E quando cominciò a rappresentare commedie, non attaccò comuni mortali, ma, con un coraggio degno di Eracle, venne alle mani con i capoccioni, coraggiosamente scontratosi, subito, sin dall’inizio, con la belva dai denti aguzzi, dagli occhi della quale lampeggiavano tremende saette di Cinna, e cento teste di adulatori maledetti le leccavano tutto intorno la testa; ed aveva voce di torrente che genera distruzione, e fetore di foca, e testicoli sozzi di 15, 16 febbraio 2010 ore 20,30 Teatro Municipale Valli 19,20 febbraio 2010 ore 20,30 21 febbraio ore 15,30 22, 23 febbraio 2010 ore 20,30 Teatro Ariosto 3, 5 marzo 2010 ore 20,00 Teatro Municipale Valli Integrale delle suites di Bach per violoncello solo di R.Benatzky e R. Stolz di W. Shakespeare regia A. Cirillo di Franz Joseph Haydn regia Elio De Capitani la satira politica e sociale scomparve gradualmente dalla commedia. Anche la tragedia cominciò a deca­dere, e con la fine del quinto secolo la prima grande fioritura della scrittura drammatica era ormai conclusa. Prossimi spettacoli Natalia Gutman violoncello Otello Al cavallino bianco L’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare le eventuali spettanze relative a diritti di riproduzione per le immagini e i testi di cui non sia stato possibile reperire la fonte. A cura dell’Ufficio stampa, comunicazione e promozione Soci fondatori Fondazione Comune di Reggio Emilia La vera costanza Sostenitori Partner ROTARY CLUB REGGIO EMILIA Amici del Teatro Delegazione di Reggio Emilia Giuliana Allegri, Paola Benedetti Spaggiari, Enea Bergianti, Franco Boni, Gemma Siria Bottazzi, Gabriella Catellani Lusetti,Achille Corradini, Donata Davoli Barbieri, Anna Fontana Boni, Mirella Gualerzi, Grande Ufficiale Gr. Croce llario Amhos Pagani, Comm. Donatella Tringale Moscato Grazia Maria di Mascalucia Pagani, Ivan Sacchetti, Paola Scaltriti, Mauro Severi, Corrado Spaggiari, Deanna Ferretti Veroni, Vando Veroni, Gigliola Zecchi Balsamo Soci fondatori aderenti Cittadini del Teatro Annalisa Pellini Gianni Borghi, Vanna Lisa Coli, Andrea Corradini, Ennio Ferrarini, Milva Fornaciari, Giovanni Fracasso, Silvia Grandi, Claudio Iemmi, Franca Manenti Valli, Ramona Perrone, Viviana Sassi, Alberto Vaccari Le attività di spettacolo e tutte le iniziative per i giovani e le scuole sono realizzate con il contributo e la collaborazione della Fondazione Manodori