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Università degli Studi di Catania
Facoltà di Scienze della Formazione
PSICOLOGIA DEL LAVORO E DELLE ORGANIZZAZIONI
(A.A. 2006-2007)
(Prof. G. SANTISI – mail: [email protected])
• Tre dimensioni di analisi:
Ambiente: contesto socio-economico-culturale
Organizzazione (sistemi organizzativi)
Soggettività (individui e gruppi)
La psicologia del lavoro:
ambiti e tecniche di intervento
• 1° definizione:
è un settore della psicologia volto a “capire, analizzare e
modificare la natura dell’attività lavorativa in differenti
condizioni di attuazione. L’attenzione viene posta sulle
prescrizioni del compito e del ruolo lavorativo, sulle
condizioni di esecuzioni, sull’ambiente tecnico, fisico e
sociale oppure – viceversa – sulla persona come agente che
persegue scopi, che apprende, che interagisce, che
comunica, che subisce determinati effetti infra o
extralavorativi, che prova emozioni, che nutre interessi e
motivazioni…..” (G. Sarchielli, 1998).
La psicologia del lavoro:
ambiti e tecniche di intervento
• 2° definizione:
La psicologia del lavoro “occupa dei sentimenti delle
persone, dei loro atteggiamenti, delle loro condotte, dei
processi socio-psicologici che le sostengono e delle
prestazioni lavorative. L’approccio usato è per natura
interattivo e centrato sulla situazione sociale concreta. Si
considera nello stesso tempo la persona ed il suo ambiente
di vita, facendo riferimento ai vari aspetti che caratterizzano
il lavoro, all’ambiente lavorativo, alle interazioni nel gruppo di
lavoro, alla struttura organizzativa, al sistema di regole
sociali e tecniche, al contesto culturale interno ed esterno
all’impresa, al sistema di direzione, …….” (N. Chmiel, 1998).
La psicologia del lavoro:
ambiti e tecniche di intervento
• Privilegia la dimensione individuale che
attiene il “lavoratore” in quanto tale, a
prescindere dalla sua collocazione
formale all’interno dell’organizzazione
• Esempi:
soddisfazione, motivazione, selezione,
patologie organizzative, sicurezza “nel”
e “del” lavoro
La psicologia del lavoro:
i principali ambiti d’intervento
La complessità delle problematiche connesse al mondo
del lavoro e delle organizzazioni e la molteplicità delle
teorie sviluppate consentono di delineare per la
Psicologia del lavoro un quadro di riferimento ampio ed
eterogeneo.
In tale scenario, i principali ambiti d’intervento della
disciplina sono rappresentati dai seguenti:
- Risorse umane: selezione, valutazione e
formazione del personale
- motivazione al lavoro e soddisfazione
- prevenzione, sicurezza ed ergonomia
- analisi del clima e della cultura organizzativa
- atteggiamenti, qualità, consumi e marketing
ANALIZZARE IL LAVORO: obiettivi di
apprendimento
1) Conoscere le dimensioni significative della
condotta lavorativa e i processi psicologici che la
sostengono
2) Rendere consapevoli dell’importanza di un
approccio di studio interdisciplinare e dell’esigenza
di considerare differenti livelli di analisi
3) Mettere in evidenza un percorso metodologico
per l’analisi del lavoro (finalità, metodi ed esempi di
strumenti)
ANALIZZARE IL LAVORO: gli aspetti essenziali della
condotta lavorativa
Sono in gioco:
A) corporeità, risposte dell’organismo
B) funzioni mentali, processi cognitivi e psicosociali
C) sentimenti ed emozioni
D) significati dell’esperienza lavorativa
(rappresentazioni, attribuzioni, interpretazioni ecc.)
ANALIZZARE IL LAVORO: Il lavoro svolto
può essere analizzato
A) come sequenza di operazioni e gesti
B) come elaborazione di informazioni
C) come attività di comparazione e regolazione
D) come attività simbolica (rappresentazioni,
immagini, schemi, cognizione sociale ecc.)
FATTORI ORGANIZZATIVI:
- struttura
- regole
- supervisione
- potere
- clima psicosociale
- cultura organizzativa
FATTORI LEGATI
AL RUOLO SOCIALE
E ORGANIZZATIVO
FATTORI
DELL’AMBIENTE
FISICO
FATTORI LEGATI
ALLE TECNOLOGIE
FATTORI INTERNI:
- età
- sesso
- scolarizzazione
- personalità
- motivazioni/aspettative
- abilità/skills
- ………………………
FATTORI LEGATI
AI COMPITI:
- complessità
- ritmi
- tempi
- esigenze
- richieste
- ……………
Condotta
lavorativa
OUTCOMES
- salario
- carriera
- benefit
- appartenenza
sociale
FATTORI
GRUPPO/GRUPPI:
- dimensioni
- relazioni
- appartenenza
- cooperazione
- conflitto
- …………………
FATTORI EXTRA-LAVORATIVI
- famiglia
- tempo libero
Fig.3.1. Determinanti della condotta lavorativa
Il Mercato del lavoro: una definizione
Definizione:
l’insieme dei meccanismi che regolano
l’incontro tra i “posti-lavoro” mancanti e le
persone in cerca di occupazione.
Incontro tra “Offerta” e “Domanda” di lavoro
I segnali del cambiamento
• Diffusione/dispersione spaziale e temporale del lavoro:
crescita del numero dei luoghi - riduzione delle dimensioni
delle sedi - crescita della tipologia degli orari di lavoro riduzione delle sincronie degli orari
• Accentuazione della nati-mortalità delle imprese
• Maggiore selettività della domanda di lavoro in termini:
- di flussi: contrazione del livello delle assunzioni
- di requisiti: maggiore enfasi su attitudini quali l’iniziativa,
la creatività, la cura, l’attenzione
• Maggiore selettività dell’offerta di lavoro in termini:
- oggettivi: istruzione, reddito
- soggettivi: attenzione allo status, resistenza alla mobilità
(segue)
• L’incontro tra “domanda” e “offerta” di lavoro
(matching) si rivela più difficile poiché:
Î la domanda tende a territorializzare le competenze e gli
skill professionali
Î l’offerta tende a socializzare gli stili di vita e le aspettative
Î vi è un differente orientamento alle opportunità da parte di
lavoratori e datori di lavoro:
- per l’impresa conta il turn-over e la flessibilità
- per il lavoratore la stabilità e le garanzie
Î fine delle modalità di assunzione “a blocchi”
Î fine della domanda di lavoro “semi skilled”
Î fine del monopolio di collocamento pubblico (collocamento
privato ed Agenzie di lavoro interinale)
Le direttrici del cambiamento
• La qualità del lavoro (la
natura della prestazione)
Î i contenuti sono meno
manipolativi e più
cognitivi
Î i compiti sono meno
esecutivi e più
cooperativi
Î le competenze e le
attitudini in genere
sono più polivalenti e
meno specializzate
Î orientamento al team
Î maggiore creatività
•
Î
Î
Î
Î
I rapporti di lavoro
(i termini della prestazione)
meno lavoro subordinato
e più lavoro autonomo
maggiore autonomia di
esecuzione anche nella
prestazione subordinata
calo dei contratti a tempo
indeterminato ed
aumento di quelli a tempo
determinato
diversificazione delle
forme contrattuali:
atipico, interinale, in
affitto
Gli effetti del cambiamento
• Tendenza all’individualizzazione del matching
• Precarizzazione del mercato del lavoro
• Minore incidenza del training a favore della
contrattualizzazione “a termine”
• Crescita delle forme/modalità di lavoro para-autonomo
e/o para-subordinato (in Italia 1,5 milioni)
• Mancanza di un modello unico di tutela per le suddette
categorie
(USA: contingent workers - indipendent contractor)
• Aumento e frammentazione delle tipologie dei mestieri
• Aumento della delocalizzazione: aumento del lavoro in
rete e del lavoro “in attenzione
• Polarizzazione all’interno della stessa impresa tra
“core workers” e “contengent workers”
Effetti psico-sociali dei cambiamenti:
1) Età
2) Livelli d’istruzione
3) Differenze di genere: femminilizzazione
4) Gruppi di minoranza: stranieri
5) Politiche di inclusione sociale: disabili
6) Emersione di nuovi compiti, nuovi ruoli e
nuovi sistemi di competenze
7) Qualità della vita lavorativa
Le tappe nei cambiamento del Lavoro
• Passaggio dal modello di produzione ed
organizzazione del lavoro fordista al
modello post-fordista
Î Dal “lavoro al plurale” ad un universo di
“lavori al singolare”
z 1800: produzione per piccoli lotti
z 1900: produzione per grandi serie
z 2000: produzione di grandi serie
per piccoli lotti
Obiettivo: raggiungere il singolo acquirente
Le teorie organizzative:
Quali teorie studiamo?
¾ Quelle che spiegano e tendono a prevedere i
comportamenti organizzativi
¾ non tutte
¾ non la loro evoluzione
(cioè la storia del pensiero organizzativo)
¾ Ma alcuni punti o teorie significative
•
•
•
Dal punto di vista storico
Dal punto di vista teorico
Dal punto di vista delle ricadute progettuali e/o d’intervento
1. Le teorie classiche
2. Le teorie contingenti
3. Le teorie motivazionali
Le teorie classiche
1. L’organizzazione scientifica del lavoro (OSL)
(Taylor)
2. La teoria della direzione amministrativa (TDA)
(Fayol, Gulick, Urwick)
3. La teoria burocratica (Weber)
I PUNTI IN COMUNE:
ƒ il ricorso alla scienza
ƒ la ricerca di soluzioni ottime e universali
ƒ l’assoluta priorità degli aspetti formali
ƒ la metafora della macchina
L’organizzazione scientifica del lavoro:
Taylor
• l’OSL come completa rivoluzione
mentale (il progetto sociale)
• l’OSL come insieme di principi
• l’OSL come insieme di meccanismi
• l’OSL come base per la produzione di
massa
1. L’OSL come completa rivoluzione mentale
1. preoccuparsi non della divisione del
surplus ma del suo aumento
2. sostituire alle opinioni, alla conoscenza
individuale e alle regole empiriche la
conoscenza scientifica
2.1 - L’OSL come insieme di principi
ƒ sviluppo della scienza
ƒ i metodi lavorativi
ƒ le cause che esercitano influenza sulle persone
ƒ selezione e addestramento scientifico dei
lavoratori e loro sviluppo
ƒ mettere insieme scienza e lavoratori
ƒ intima e costante collaborazione fra
direzione e lavoratori
2.2 - L’OSL come insieme di principi
I principi sono configurabili nei seguenti slogan:
ƒ one best way: la via ottimale per raggiungere l’utilizzo efficiente del
lavoratore per un produzione efficiente dell’impresa;
ƒ the right man to the right place: l’uomo giusto a posto giusto,
enfatizzando le attitudini all’espletamento di particolari mansioni;
ƒ differential rates: l’applicazione di tariffe differenziali del salario
rispetto alla efficace realizzazione del compito assegnato all’addetto
(strumento, in altre parole, attraverso il quale si applicava per la
prima volta la logica del cottimo individuale attraverso la
corresponsione di un bonus, in luogo del cottimo di squadra, spesso
fonte di inefficienza).
3. L’OSL come insieme di meccanismi
• Sono la dimensione più tecnica e operativa dell’OSL
• Studio scientifico dei metodi lavorativi
• Utilizzo del cronometro
• task management: separazione tra progettazione ed
esecuzione
• Diversa divisione del lavoro fra direzione e
lavoratori
• struttura funzionale
• principio di eccezione: razionalizzazione del lavoro
attraverso l’eliminazione dei tempi morti e superflui
Struttura gerarchica semplice
Direttore Generale
Direzione
ALFA
Direzione
BETA
Direzione
GAMMA
Direzione
ZETA
Struttura funzionale semplice
Direttore Generale
Direzione
Progettazione
(Funzione)
Direzione
Produzione
(Funzione)
Unità
Direzione
Acquisti
(Funzione)
Direzione
Vendite
(Funzione)
Struttura GERARCHICO-FUNZIONALE
Direttore Generale
Direzione Personale
(Staff)
Direzione Produzione
(Funzione)
Direzione Autoveicoli
Sviluppo Prodotti
Direzione Moto
Meccanica ed applicazioni
Direzione Contabilità
(Staff)
Direzione Vendite)
(Funzione)
Direzione Rete commerciale Direzione Assistenza Vendita
5. L’organizzazione scientifica del lavoro: le critiche
Applicazioni vs. idee
•
•
•
•
•
parcellizzazione
carenze motivazionali
assenza della dimensione sociale
sfruttamento
antisindacalismo
Applicabilità del metodo
scientifico
Le teorie contingenti: le caratteristiche principali
¾il riferimento alla teoria dei sistemi
¾ l’affermazione che l’organizzazione
deve adattarsi alle caratteristiche della
situazione
LA TEORIA DEI SISTEMI APERTI (1)
Ludwig von Bertalanffy- Quasi tutto il lavoro
teorico ed empirico sulle organizzazioni
complesse parte dall’assunto che queste
costituiscono un sistema chiuso e che i loro
elementi devono essere considerati delle
costanti. Il sistema aperto ci ricorda invece
che tali elementi non sono ne costanti ne
garantiti (Katz & Kahn, 1966).
LA TEORIA DEI SISTEMI APERTI (2)
L’organizzazione, secondo la prospettiva
sistemica, è la modalità secondo la quale
gli organismi viventi formano un
complesso unitario composto da diversi
organi (sottosistemi) tra loro interagenti.
Inoltre, le organizzazioni, sono a loro
volta, sottosistemi di un sistema più
grande che è il sistema sociale.
LA TEORIA DEI SISTEMI APERTI (3)
Homans, (1950) aveva individuato in ogni
sistema sociale, un sistema esterno (attività
interazioni, sentimenti) e un sistema interno
(atteggiamenti, norme) che si caratterizzano per
un rapporto di dipendenza reciproca e di
dipendenza tra loro e l’ambiente.
Il rapporto di interdipendenza con l’ambiente
consente all’organizzazione la sopravvivenza.
Le teorie contingenti: le caratteristiche dei sistemi
•
•
•
•
•
•
Apertura all’ambiente: dinamica input/output
Entropia: misura del grado di ordine/disordine di un
sistema sociale (condizione mutuata dalle leggi della
termodinamica)
Omeostasi: capacità di mantenere un equilibrio interno
al variare delle condizioni esterne
Correlazione tra struttura e funzione
Differenziazione e Integrazione funzionale
Equifinalità: tutti i sottosistemi hanno in medesimo
obiettivo: contribuire alla realizzazione dell’obiettivo
generale dell’organizzazione
Le organizzazioni come sistemi socio-tecnici (1)
Un modo di evidenziare i sottosistemi di cui si compongono
le organizzazioni è quello di individuarli in base alle funzioni
che essi svolgono all’interno di queste.
Secondo Trist (1951), le organizzazioni sono individuabili in
base ad un intreccio di variabili tecnologiche (impianti,
informazioni, processi di lavorazione) e variabili sociali
(relazioni tra gli individui). Esse definiscono due
sottosistemi tecnologico & sociale. Si ottiene una
organizzazione efficiente ricercando la combinazione
ottimale tra i due sottosistemi: l’equilibrio non può essere
mantenuto se, intervenuta una modifica su uno dei due,
non si ha anche un adeguamento dell’altro.
Le teorie contingenti: la dinamica sistemica
Relazioni con l’esterno
Tecnologia
Compiti
Obiettivi
Struttura
Relazioni
umane
La dinamica sistemica: l’adattamento alle
contingenze
Situazione
Organizzazione
alta
Performance
bassa
Le teorie contingenti: le critiche
• il riduzionismo nello studio delle relazioni fra contesto
e organizzazione
• la scarsa attenzione ai processi di cambiamento per
realizzare l’adattamento
• la passività della
organizzazione
relazione
fra
contesto
e
• L’organizzazione (sistema) pre-esiste agli individui e
alle dinamiche relazionali
L’ORGANIZATION DEVELOPMENT
Argyris, 1971; Beckard, 1969; Bennis, 1969; Schein, 1965; French
(1973).
“l’O.D è una risposta al mutamento, una strategia di base molto
complessa che ha come scopo il mutamento delle convinzioni,
degli atteggiamenti, dei valori delle strutture organizzative così
che esse possano meglio adattarsi alle nuove tecnologie, ai nuovi
mercati, alle nuove sfide….”
“…..O.D è il nome che viene dato alle azioni di mutamento
pianificato a livello di sistema totale (Bennis, 1969).”
L’ORGANIZATION DEVELOPMENT
Le radici dell’O.D. sono ravvisabili in quelle
formulazioni teoriche che:
a) Accentuano la dimensione informale (Mayo,
Barnard)
b) tentano di risovere il problema
dell’integrazione tra individuo e
organizzazione. (Maslow, Mc Gregor, Likert);
L’indagine di Elton Mayo
Il gruppo di ricercatori guidato da E. Mayo iniziarono a condurre una
serie di studi sull’affaticamento dei lavoratori della Western Electric
Company di Hawthorne (Chicago).
L'attenzione fu indirizzata sul "significato del lavoro“, mettendo da
parte il legame tra motivazione e retribuzione e l'importanza di
quest'ultima come elemento di soddisfazione.
L’impostazione inadeguata degli “esperti del rendimento lavorativo”
fu messa in evidenza dalle ricerche sul campo” che manifestarono
l’importanza determinante delle strutture e delle situazioni sociali,
delle immagini e degli atteggiamenti correlativi.
Mayo: l’intervento e le scoperte
1) l’uomo e’ motivato da bisogni di natura sociale, ed ottiene dal
rapporto con gli altri il suo senso di identita’ personale;
2) In conseguenza della rivoluzione industriale e della
razionalizzazione del lavoro, il lavoro stesso appare privo di
significato; questo e’ da ricercare nei rapporti sociali che si formano
sul lavoro;
3) Il lavoratore e’ piu’ influenzato dalla forza sociale del suo gruppo
che non dagli incentivi
4) Il lavoratore risponde alla direzione nella misura in cui il suo
superiore sa rispettare I suoi bisogni sociali e soddisfare il suo
bisogno di essere accettato;
Mayo: le conclusioni
La conclusione è la seguente:
“se il dipendente puo’ aspettarsi dalla partecipazione alla vita
dell’azienda la soddisfazione di alcuni suoi bisogni emotivi, può
sentirsi anche moralmente partecipe e impegnato nello sforzo
aziendale. Da parte sua l’azienda può aspettarsi un grado maggiore
di lealtà, di impegno e di identificazione con gli scopi organizzativi-”
Al contario, se la Direzione crea una situazione in cui i dipendenti si
sentono frustrati ne consegue che essi si costituiranno in gruppi in
cui “le norme di condotta saranno in opposizione con gli scopi
aziendali.”
Barnard (1): Efficacia ed efficienza organizzativa
•
efficacia: misura in cui l’organizzazione raggiunge i
propri obiettivi
•
efficienza: misura in cui si soddisfano le motivazioni
individuali (dei membri contributori) garantendosi i
contributi personali necessari
equilibrio contributi-incentivi
Barnard (2): Dimensione Formale e informale
insieme dei contatti e delle interazioni personali
e il connesso formarsi dei gruppi
¾ l’informale spesso precede il formale
¾ l’informale facilita il funzionamento dell’organizzazione
formale
L’ORGANIZATION DEVELOPMENT
French & Bell (1973) “.. L’O.D.è un intervento a
vasto raggio per migliorare i processi di soluzione
dei problemi e di rinnovamento di
un’organizzazione, specialmente attraverso il
controllo, più efficace e collaborativo, della
cultura dell’organizzazione, e l’impiego delle
teorie e delle tecniche delle scienze applicate”.
OBIETTIVI DELL’ O.D.
• Miglioramento dei rapporti interpersonali;
• Riduzione della tensione nei gruppi di
lavoro;
• Sviluppo di nuove tecniche di risoluzione
dei conflitti;
• Leadership partecipativa.
CONDIZIONI DA SVILUPPARE
• Capacità di comunicazione delle
informazioni;
• Flessibilità e Creatività decisionale;
• Impegno e adesione nei confronti degli
obiettivi aziendali;
• Clima di sostegno e sicurezza.
In sintesi una combinazione più efficace di
caratteristiche organiche e meccaniche, di
bisogni
della
persona
e
scopi
dell’organizzazione (Schein, 1965).
COMPONENTI FONDAMENTALI DI UN
PROGRAMMA DI SVILUPPO ORGANIZZATIVO
• DIAGNOSI-raccolta e analisi dei dati;
• AZIONE- attività strutturate finalizzate al
raggiungimento di obiettivi funzionali al
miglioramento dell’organizzazione;
• MANTENIMENTO- valutazione dei risultati,
feedback continuo per la verifica della
validità e dei procedimenti adottati (French
& Bell, 1973)
• Questi passaggi sono quelli che
sintetizzano il modello dell’Action Research
Il modello dell’Action Research (French, 1969)
Pianificane azione
Feedback con il
cliente
Raccolta dati e
diagnosi
Consultazione con
esperti
Azione (nuovo
comp.)
Pianificazione
azione
Discussione
Feedback al gruppo
cliente
Raccolta dati
Pianificazione del
problema
Azione
Pianificazione
azione
Discussione
Feedback
Raccolta dati
Le teorie motivazionali e la
soddisfazione nel lavoro
Le teorie motivazionali
z
teorie del contenuto (che cosa sono i bisogni)
ÔTeoria di Maslow (la gerarchia dei bisogni)
ÔTeoria di McClelland (achievement, potere)
ÔTeoria di Herzberg (fattori igienici e motivanti)
z
teorie del processo
(relative al collegamento fra bisogni e
comportamento organizzativo)
Ó Teoria dell’aspettativa-valenza
Ó Teoria del goal setting
Ó Teoria dell’equità percepita
Ó Teoria della cittadinanza organizzativa
I modelli orientati al contenuto: le implicazioni
sulla progettazione
I modelli contenutistici rivelano due
importanti implicazioni:
¾Orientano
l’attenzione
dal
contesto
organizzativo al contenuto del lavoro
¾ Favoriscono interventi sulle mansioni
(rotazione, allargamento, arricchimento)
Maslow (1): I bisogni
AUTO
REALIZZAZIONE
STIMA
APPARTENENZA
SICUREZZA
FISIOLOGICI
Carenza di un “oggetto”
desiderato, talché la
persona orienta il suo
comportamento per
raggiungerlo o per
soddisfare il relativo
bisogno
Maslow (1954)
Maslow (2): la dinamica
Le regole
gerarchia:
œ un
di
funzionamento
della
bisogno soddisfatto cessa di
essere motivante
 un bisogno non diviene motivante
finché non sono soddisfatti, anche se
non completamente, i bisogni di
ordine inferiore
Maslow (3): implicazioni e critiche
a)
b)
c)
d)
¾
¾
gestione del sistema di ricompense
lettura evoluzionistica dei bisogni umani nel
lungo periodo
teorie organizzative e bisogni umani
analisi empiriche dei bisogni
fissazione a un certo livello in presenza di
frustrazione
articolazione dei bisogni (distinguibilità e
quindi gerarchicizzazione)
La Motivazione come spinta innata: McClelland (1)
Relazione tra: riuscita reale dei soggetti e proiezione
del bisogno di autorealizzazione.
La persona motivata all’autorealizzazione cerca di
porsi una meta ambiziosa: la riuscita ha valore
intrinseco, e vale assai piu’ che il guadagno
economico
La Motivazione come spinta innata: McClelland (2)
Ð
achievement
Ð bisogno di realizzare e di dimostrare competenza e padronanza
Ð responsabilità per la ricerca di soluzioni (attribuibilità dei risultati)
Ð tendenza a fissare obiettivi impegnativi e ad assumere rischi
calcolati
Ð desiderio di feedback chiari e diretti
Ð
potere
Ð bisogno di controllare il proprio lavoro e quello degli altri; bisogno di
avere impatto, di essere influente
Ð
affiliazione
Ð desiderio di essere amati ed accettati
Il modello di Herzberg (1959)
Si fonda sull’esistenza di due dimensioni:
- I Fattori igienici
- I Fattori motivanti
Le cause d’insoddisfazione si legano ad una serie di fattori distinti
dai fattori che erano all’origine esperienze positive.
• I FATTORI D’INSODDISFAZIONE (“FATTORI IGIENICI O DI
MANTENIMENTO”):
includono le politiche dell’azienda, la retribuzione, le relazioni, le
condizioni fisiche di lavoro: dunque il contesto organizzativo
• I FATTORI DI SODDISFAZIONE (“FATTORI MOTIVANTI”):
sono legati alla natura intrinseca del lavoro, alla responsabilita’ al
riconoscimento professionale: dunque ai contenuti del lavoro
Herzberg (2)
œ
i fattori che portano alla soddisfazione sono diversi dai
fattori che portano alla insoddisfazione

soddisfazione e insoddisfazione non sono sentimenti
opposti
Fattori motivanti
Fattori igienici
achievement
politiche di impresa
riconoscimento
supervisione tecnica
lavoro in sé
relazioni interpersonali
responsabilità
condizioni di lavoro
avanzamento
retribuzione
possibilità di carriera
status
sicurezza del posto
Herzberg (3)
Il modello non segue questa dinamica:
insoddisfazione
soddisfazione
ma questa:
insoddisfazione
assenza
insoddisfazione
attengono al contesto o
all’ambiente nel quale il
lavoratore opera
FATTORI IGIENICI
assenza
soddisfazione
soddisfazione
attengono a quello che
il lavoratore fa e come
FATTORI MOTIVANTI
La motivazione: i modelli orientati al processo
I modelli processuali sono orientati all’analisi:
• delle relazioni tra bisogni e comportamento org.vo
• comprensione e previsione di determinati esiti del
rapporto tra persona e contesto lavorativo
Le teorie processuali puntano l’attenzione verso
particolari fenomeni e processi psicologici che
svolgono una funzione di mediazione tra queste due
dimensioni
La motivazione: una definizione
è una delle determinanti della prestazione
è rappresentabile da un set di forze a livello individuale che
danno avvio o sostengono la condotta lavorativa,
influenzandone:
„ la direzione (dei corsi di attività)
„ l’intensità (del livello dello sforzo)
„ la persistenza (cioè la continuità di fronte ad ostacoli,
difficoltà ed imprevisti)
M=DxIxP
L’ipotesi della discrepanza (1)
Numerose teorie sulla soddisfazione lavorativa
contengono una “ipotesi di discrepanza”.
Tale ipotesi (supportata da verifiche di natura
empirica - ricerca) si basa su due elementi:
• Le persone differiscano rispetto a ciò che si
aspettano dal proprio lavoro;
• Nel processo di valutazione che si opera in merito a
tale lavoro, le persone utilizzano in maniera diversa i
propri costrutti cognitivi.
II livello di soddisfazione è determinato dalla
differenza tra ciò che si desidera e ciò che viene
esperito sul lavoro.
L’ipotesi della discrepanza (2)
a) La teoria della discrepanza del valore di Locke (1969,
1976) afferma che la soddisfazione sul lavoro sia il
risultato della soddisfazione della volontà e dei desideri
piuttosto che dei bisogni di cui si e’ deprivati. Di
conseguenza, ciò che una persona considera importante (i
valori) avrà un effetto più forte sulla sua soddisfazione.
b) La teoria della sfaccettatura di Lawler (1973) stabilisce che
la soddisfazione riguardo differenti aspetti o sfaccettature
del lavoro dipenda dal confronto tra le aspettative di ciò
che si dovrebbe ricevere e la percezione di ciò che si è
realmente ricevuto, nonché dalla percezione che tali
ricompense siano eque.
I modelli processuali:
la teoria dell’ “aspettativa-valenza” (Vroom)
z
La teoria dell’aspettativa-valenza rivela un approccio
sostanzialmente fondato sulla dimensione della scelta
cognitiva
z
L’attenzione è puntata sui meccanismi di elaborazione della
condotta lavorativa, in funzione di alcuni quesiti:
“Quanto è desiderabile un certo risultato e come posso
ottenerlo?”
“Cosa devo fare per ottenere un certo risultato in funzione
di quali e quanti investimenti personali?”
“Che probabilità ho di ottenere determinati risultati che mi
aspetto a fronte di un determinato impegno?”
z
z
z
I modelli processuali: la teoria dell’
“aspettativa-valenza” (Vroom) (2)
z
z
z
z
Il modello di Vroom è caratterizzato dall’azione di tre
dimensioni:
L’aspettativa (E) = (probabilità soggettiva) è la percezione di
quanto lo sforzo o l’impegno verso una prestazione possa
condurre alla ricompensa attesa
La valenza (V) = esprime la desiderabilità e l’attrattiva di un
certo risultato, ossia il valore positivo (soggettivo) attribuito
dalla persona ai diversi possibili risultati attesi dalla prestazione
La strumentalità (I) = esprime la relazione percepita tra qualità
e quantità della prestazione e la ricompensa attesa: quanto un
lavoratore crede che la sua prestazione influenzerà il risultato
M=VxIxE
Le tre variabili sono legate da un relazione funzionale talmente stretta
da rendere nullo il livello motivazionale se si rivela nulla una delle
tre variabili
Teoria aspettativa-valenza: implicazioni
• per incrementare l'aspettativa sulla performance:
• aumentare la consapevolezza dell'individuo di poter
conseguire una performance, fornendo il necessario training,
assicurando tempi e risorse necessarie al conseguimento,
richieste chiare;
• per incrementare l'aspettativa sull‘outcome:
• incrementare la sicurezza che ad una data perfomance ne
consegue una ricompensa, ad esempio misurando la
performance, fissando criteri di valutazione o definendo
sistemi di incentivazione sui risultati;
• per incrementare la valenza:
• incrementare il tipo di ricompense aderenti con i bisogni
espressi dagli individui, ad esempio individualizzando i sistemi
retributivi.
Teoria aspettativa-valenza: le critiche
Rivela due ordini di critiche poiché risultano
sottovalutate:
¾Le ricompense e le motivazioni
intrinseche:
- azioni
- bisogno di achievement
¾Le capacità razionali (soprattutto in
relazione ai limiti della razionalità)
La teoria dell’equità percepita (1)
(Adams, 1963)
- La teoria dell’equità percepita si fonda su meccanismi
di valutazione comparativa che un lavoratore opera
rispetto ad altri soggetti o credenze a cui assegna
particolare valore
Ð livelli di aspirazione
Ð confronto con impieghi alternativi
Ð confronto con ciò che ricevono altri in attività simili
Ð equità della distribuzione delle ricompense fra attori
cooperanti
Ð equità del processo di definizione delle ricompense
L’equità percepita (2)
¾ Non equità: risultato di uno squilibrio
percepito in senso negativo o positivo
¾ Conseguenze:
• modifica degli input o dei risultati:
può verificarsi un abbassamento del livello di
qualità/quantità della prestazione
• modifica dei referenti del confronto sociale:
per precisare meglio il confronto tra input ed esiti
lavorativi
• modifica delle percezioni di reciprocità:
riconsiderare il valore e l’intensità di input ed output
lavorativi
• cambiamenti reali o psicologici
L’equità percepita (3)
¾ Le possibili risposte al giudizio di iniquità:
• cambiare il livello dei contributi offerti
• cambiare i risultati
• modificare gli oggetti di comparazione
• cambiare la percezione del proprio rapporto
contributi-incentivi
• cambiare la percezione del rapporto contributiincentivi di altri
• uscire dalla relazione
La dinamica dello scambio lavorativo
(George e Jones, 1999)
input
prestazione
Output
Sforzo
Impegno
Tempo
Esperienza
Competenza
Disciplina
Altro………
• Quantità di lavoro
• Qualità del lavoro
• Effetti del lavoro
sulla persona
• Altro……………
•
•
•
•
•
(Risorse variabili)
(contesto delle azioni)
(risultati attesi)
•
•
•
•
•
•
•
Stipendio
Sicurezza
Benefit
Soddisfazione
Prospettive di
carriera
• Riconoscimenti
sociali
Il lavoro dipendente
• Perché le persone abbiano voglia d’impegnarsi
al meglio, bisogna che vivano il lavoro con
soddisfazione.
• La soddisfazione lavorativa è una risultante della
relazione tra aspirazioni individuali e outcomes
lavorativi. Bisogna quindi capire i significati che
gli individui attribuiscono al lavoro, comprendere
che cosa cercano svolgendo una attività.
• Le aspettative più comuni che emergono
da alcune ricerche recenti (1999)
sembrano essere legate allo sviluppo
personale, alla realizzazione di sé, alla
relazione con gli altri, al prestigio,
all’altruismo. Tali aspettative vanno poi
confrontate con l’importanza che il
lavoratore attribuisce alle attività del tempo
libero.
• Molte sono, quindi, le variabili che
l’azienda deve tenere presente per
cercare di soddisfare i propri dipendenti.
La soddisfazione lavorativa sembra
dipendere principalmente da quattro
variabili: dalle retribuzioni, dal tipo di
leader per cui si lavora, dal sostegno del
gruppo di lavoro o dalla collaborazione
con i colleghi, e dal clima in generale.
La soddisfazione lavorativa: una definizione
Secondo Locke (1967) la soddisfazione
lavorativa è un sentimento di piacevolezza
derivante dalla percezione che l'attività
professionale svolta consente di soddisfare
importanti valori personali connessi al lavoro.
Modello concettuale delle influenze sulla
soddisfazione
• Essa inoltre può variare in base al genere e
all’età
P r e c e d e n t i:
-
M e d ia t o r i:
P e r d i t a i n v o lo n t a r i a d e l
la v o r o
C a m b ia m e n t i o r g a n iz z a t iv i
C a m b i o v o l o n t a r io d i l a v o r o
V i o l a z io n e d e i v i n c o l i
c o n t r a t t u a li
-
R e s p o n s a b i l i t à p e r la
c a r r ie r a
S v ilu p p o
Im p e g n o
A s p e t t a t iv a d i la v o r o
p r e c a r io
C a r a t t e r is t ic h e
S o c io - D e m o g r a f i c h e :
-
e tà
g e n e re
l i v e ll o o r g a n i z z a t i v o d i a p p a r t e n e n z a
E f fe t t i:
S o d d i s f a z io n e
- P a r t e c i p a z io n e n e l l o
s v ilu p p o d i a t t iv it à
I n t e n z io n e d i m a n t e n e r
l ’i m p e g n o
Influenze sulla soddisfazione lavorativa
Variabili
Individuali:
- autostima
- ottimismo
- controllo percepito
Apertura per il
Cambiamento
Organizzativo
Variabili Contesto-Specifiche:
-
informazione
partecipazione
self efficacy
sostegno sociale
impatto personale
-
Soddisfazione lavorativa
Irritabilità
Intenzione di attuare turnover
Turnover effettivo
Le componenti della soddisfazione
lavorativa
Le componenti principali della soddisfazione
lavorativa sono riconducibili alle seguenti tre
dimensioni (Avallone, 1997):
- valori personali connessi al lavoro;
- l’importanza attribuita a questo;
- la percezione.
In generale può rivelarsi una netta differenza tra
“soddisfazione lavorativa”, “morale” e
“coinvolgimento nel lavoro”.
Il morale ed il coinvolgimento nel lavoro
La letteratura distingue tra questi due concetti e
la soddisfazione lavorativa:
• il morale è più orientato verso un concetto
esplicativo di una reazione di gruppo ed
include il livello generale di soddisfazione ed il
desiderio di trovarsi all’interno di una certa
organizzazione.
• Il coinvolgimento nel lavoro si riferisce al
grado in cui una persona viene assorbita dal
proprio lavoro, che potrebbe essere ritenuto
soddisfacente o insoddisfacente a seconda
del risultato di tale coinvolgimento.
Le cause dell 'insoddisfazione lavorativa
Secondo Avallone (1997) diverse possono essere
le cause deIl’ insoddisfazione lavorativa.
Una prima fonte di insoddisfazione si riferisce al
contenuto del lavoro, alla natura del compito, alle
sue concrete modalità di svolgimento e
all'ambiente fisico in cui esso si svolge.
Una seconda categoria si riferisce invece
all'ambiente sociale nel quale il lavoratore opera e
alla dinamica dei ruoli organizzativi,
La terza categoria di fonti di insoddisfazione è
legata a variabili riconducibili alle differenze
individuali.
Le conseguenze dell 'insoddisfazione
lavorativa
Le cause possono ricondursi
fondamentalmente alle quattro categorie
seguenti:
• problemi di equilibrio psico-fisico;
• assenteismo e turnover;
• sentimento di appartenenza
all'organizzazione;
• abbassamento della performance-
Dissonanza emotiva
• Al soggetto viene sempre più spesso
richiesto di impersonare la cultura adottata
dall’azienda e dal ramo di mercato di cui
essa si occupa: possono esserne chiari
esempi gli atteggiamenti premurosi degli
infermieri, o quelli solidali e
compassionevoli degli addetti ai servizi
funebri. Diviene comune, allora, scontrarsi
con il problema della dissonanza
emotiva.
• La relazione tra dissonanza emotiva ed
intenzione di attuare comportamenti di
turnover è mediata sia dalla soddisfazione
per il lavoro che dall’impegno
organizzativo.
• Alta è la correlazione che lega
positivamente il livello di soddisfazione
lavorativa ed il benessere psicofisico
dell’individuo.
• La stessa vita lavorativa, che una volta si
caratterizzava per stabilità, quasi un patto
definitivo con un’unica azienda, è divenuta
un percorso dinamico che assume forme,
ruoli, funzioni diverse a seconda dei
settori, dei contesti e delle necessità.
Processi di Coping
• Lazarus, Folkman, (1985), per
comprendere come i manager affrontino
l’insicurezza dovuta ai radicali mutamenti
nelle proprie vite lavorative, definiscono
l’attività di coping come lo sforzo cognitivo
e comportamentale attivato dall’individuo
per gestire (ridurre, minimizzare o
tollerare) le richieste della “transazione
individuo-ambiente che, si ritiene, gravi ed
ecceda le risorse dell’individuo”.
• Numerose variabili intervengono nei
processi di coping: il tipo di locus of
control, la percezione di auto-efficacia,
l’autostima, l’apertura a nuove
esperienze, il grado di tolleranza per
l’ambiguità e il grado di avversione al
rischio.
Il comportamento organizzativo
Insieme di azioni e decisioni messe in atto da
attori organizzativi
•
•
•
•
la corrispondenza fra attori e attività (divisione
del lavoro) può essere vista come assunzione
di diritti e di impegni reciproci
finalismo e libertà del comportamento
organizzativo individuale
criteri di valutazione tra comportamenti
alternativi
comportamento come oggetto di una relazione
di scambio economico e sociale e psicologico
contratto psicologico
Il contratto psicologico:
alcune parole chiave
z
La genesi della nozione di contratto psicologico
(Argyris, 1960; Schein, 1965):
z
“Parole chiave” (Schein):
interscambio, definizione e realizzazione di
aspettative reciproche
convinzioni di giustizia ed equità
effetti sul comportamento organizzativo (di ruolo
ed extra-ruolo)
¾
¾
¾
Contratto Psicologico
• Cavanaugh e Noe (1999) hanno preso in
considerazione l’evoluzione dei contratti
psicologici tra datore di lavoro e
dipendente, i quali oltre a vincoli
economici precisi e a breve scadenza
contemplano obblighi a lungo termine di
tipo relazionale, come la fiducia e lo
sviluppo di carriera.
• capire come tali nuove componenti
relazionali del contratto psicologico si
correlino con la soddisfazione del
lavoratore non è facile, e i due studiosi
ipotizzano, nella loro analisi, che possa
essere fonte di soddisfazione per il
lavoratore il fatto che l’organizzazione gli
metta a disposizione corsi di formazione o
un tutor per aiutarlo a sviluppare la propria
carriera.
Il contratto psicologico (continua)
• Si potrebbe indicare come l’insieme di
idee, di aspettative e di convincimenti circa
lo scambio atteso di fatto nel lavoro, un
patto spesso implicito fra individuo,
collettività ed impresa.
• Costituisce oltre i diritti e doveri di fonte
normativa, il “legame ” fra individuo e
organizzazione e ad esso si ispirano
comportamenti, aspettative, modi di
operare nelle imprese ….
La formazione del contratto psicologico
Insieme di credenze circa gli obblighi reciproci,
che si formano in base a (Rousseau,1998):
z promesse esplicite;
z interpretazioni e inferenze;
z apprendimento per osservazione o imitazione;
z attenzione all’eccessiva soggettività di tali
credenze se non si considerano gli accordi, gli
effetti della negoziazione ecc. (Guest, 1998)
Natura e funzioni del contratto psicologico
a) aumentare i legami tra individuo e organizzazione
b) ridurre l’incertezza organizzativa (adeguate
rappresentazione dei ruoli)
c) aumentare la percezione di poter contare
nell’organizzazione
d) autoregolare gli investimenti personali
nell’organizzazione (commitment e comportamenti
extraruolo, come “nuove forme motivazionali”)
I contenuti del contratto psicologico
Contenuti oggetto di promessa:
¾
obblighi organizzativi (ricavi, informazioni sullo
sviluppo, condizioni di lavoro favorevoli )
¾
b) obblighi del lavoratore (efficacia, efficienza,
onestà, lealtà, rispetto, impegno ecc.)
La rottura del contratto psicologico
¾
¾
Per inadempienza
Per violazione (in cui si rileva ampiezza maggiore di effetti
soggettivi di tipo emozionale: disappunto, risentimento, rabbia,
percezione di tradimento)
Le possibili cause della rottura del contratto:
z
z
z
l’insoddisfazione lavorativa
modifiche in negativo del coinvolgimento e dell’impegno
modifiche del sentimento di appartenenza e dei
comportamenti di cittadinanza organizzativa
La percezione di violazione
del contratto psicologico
Il modello di Morrison e Robinson (1997)
Fonti percezione di
violazione:
Percezione di
Percezione che
organizzazione ha
rinnegate le
promesse
(Reneging)
incongruenza tra
credenze del
lavoratore e quelle
dei rappresentanti
dell’organizzazione
(Incongruence)
Salienza psicologica
Livello di vigilanza
Effetti percezione di violazione
z
z
z
z
Reazioni Emotive (disappunto rabbia e senso di
tradimento)
Turnover
Riduzione committment, fiducia e senso di
soddisfazione
Spostamento verso un contratto transazionale
Conclusioni
z
z
z
Rilevanza della nozione di contratto psicologico,
anche in relazione ai cambiamenti delle relazioni di
lavoro, dovuti alla flessibilità occupazionale
Esigenza di un nuovo equilibrio tra relazioni
collettive e relazioni individuali nei contesti di
lavoro (effetti sui processi di sindacalizzazione e
sulla rappresentanza dei lavoratori)
Possibili conseguenze rischiose sulla protezione
sociale e la gestione delle risorse umane
GLI ESITI NEGATIVI
DELL’ESPERIENZA LAVORATIVA
Obiettivi di apprendimento
1) Conoscenze su un insieme di esiti positivi e negativi - del lavorare (si tratta di
fattori che retro-agiscono sulla condotta
lavorativa e sulla vita quotidiana del
lavoratore)
2) Conoscenze di massima su possibili
ambiti di intervento professionale dello
psicologo, da solo o in collaborazione con
altri professionisti
Il benessere organizzativo vs …
Con il termine benessere organizzativo si intende
l’insieme dei nuclei culturali, dei processi, delle pratiche
organizzative che animano la dinamica della
convivenza nei contesti di lavoro promovendo,
mantenendo e migliorando la qualità della vita e il
grado di benessere fisico, psicologico e sociale delle
comunità lavorative (Avallone, 2003).
9 In questi ultimi anni si è soliti designare con il termine di
benessere organizzativo:
- lo stato soggettivo di coloro che lavorano in uno
specifico contesto organizzativo;
- l’insieme dei fattori che determinano o contribuiscono a
determinare il benessere di chi lavora.
… disagio organizzativo
Per disagio organizzativo è possibile intendere
qualsiasi dinamica – di natura personale, sociale o
istituzionale – che impedisca sistematicamente il
raggiungimento degli obiettivi organizzativi e/o che
incrini la salute psico-fisica dei collaboratori
dell’organizzazione (Vianello, 2004).
Prospettive di studio del benessere organizzativo
In relazione al tema del benessere organizzativo si sono sviluppati
quattro principali approcci che hanno trovato considerazione nella
letteratura internazionale.
1. Paradigma dello stress da lavoro, del burnout e del mobbing; sono le
aree probabilmente più indagate con un accento posto più sulle
capacità dell’individuo di fronteggiare e gestire le situazioni stressanti
che sul tipo di ambienti lavorativi che possono causare o alleviare lo
stress. Sebbene queste aree di ricerca si siano occupate
principalmente di fattori individuali, negli ultimi anni si è osservata una
crescente attenzione anche ai fattori organizzativi – condizioni
ambientali e situazionali – in termini di possibili fonti di alti o bassi
livelli di stress, burnout e mobbing (Karasek & Theorel, 1990; Maslach
& Jackson, 1981; Leymann, 1996).
2. Studio della personalità dei manager e della leadership
(Maccoby, 1988; Kaplan, 1991); questa prospettiva si basa
sull’idea che sia l’individuo ad influenzare l’organizzazione e
non viceversa. Quando il manager ha raggiunto una fase della
vita in cui ha imparato a gestire positivamente la propria salute,
altrettanto positivamente potrà diffondere questo tipo di valore
all’interno dell’organizzazione.
Prospettive di studio del benessere
organizzativo
3. Prospettiva dello sviluppo organizzativo o della riprogettazione
organizzativa (Levering, 1988; Lloyd, 1991); l’interesse è rivolto
all’ambiente fisico di lavoro, a comprendere come creare luoghi di lavoro
efficaci, piuttosto che in salute.
4. Paradigma delle politiche aziendali e organizzative (Jamieson &
O’Mara, 1991); l’attenzione è posta sulle politiche aziendali e sulla
cultura e il clima del posto di lavoro, da cui deriva la possibilità o
meno di controllo e partecipazione da parte del lavoratore, di
supporto sociale, di soddisfazione dei bisogni, di salute
dell’individuo e dell’organizzazione.
Determinanti vs conseguenze del
benessere vs malessere organizzativo
9 Determinanti o antecedenti
Effetti o conseguenze
Cultura
Stress (salute psicologica/fisica)
Clima organizzativo
Mobbing
Pos
Burnout
Efficacia collettiva
Turnover
Conflitto
Altruismo
Soddisfazione/insoddisfazione
Commitment organizzativo
Gli effetti/conseguenze
Lo Stress
Lo stress occupazionale può essere definito come il risultato di un processo
che coinvolge l’individuo nella sua interazione con l’ambiente e si sviluppa
attraverso varie fasi: dalla percezione di potenziali fonti di tensione
nell’ambiente (stressor), alla produzione di risposte fisiologiche, psicologiche
e comportamentali di tensione (stran), fino
alla determinazione di conseguenze sia individuali che organizzative (Cooper,
1996).
La soddisfazione lavorativa
La soddisfazione lavorativa può essere definita come un sentimento
di piacevolezza derivante dalla percezione che l'attività
professionale svolta consente di soddisfare importanti valori
personali connessi al lavoro. Si riferisce ad uno stato emozionale
piacevole o positivo che deriva dalla valutazione o dall'esperienza
del proprio lavoro (Locke, 1987).
L’altruismo
Rappresenta una delle due componenti (l’altra è la compiacenza) del
costrutto di cittadinanza organizzativa (organizational citizenship). La
cittadinanza organizzativa può essere inclusa nei comportamenti extraruolo, ossia non previsti dalla propria mansione professionale e dunque non
obbligatori. L’altruismo si riferisce all’aiuto rivolto a persone specifiche
dell’Organizzazione (Smith, 1983).
Il turnover
Si riferisce alla decisione del dipendente di abbandonare
l’organizzazione in cui opera. Si può suddividere in fisiologico
(funzionale per l’organizzazione che può sostituire lavoratori poco
idonei) e patologico (sono i lavoratori capaci ad abbandonare
l’organizzazione).
Il burnout
Può essere definito come uno stato di esaurimento fisico, emozionale e mentale
che si sviluppa da una protratta esposizione a situazioni lavorative
emotivamente “esigenti” (Schaufeli, Leiter, Maslach e Jackson, 1996).
Il mobbing
Il mobbing viene definita come una comunicazione ostile e non etica
sul posto di lavoro nella quale la persona attaccata viene posta in
una situazione di debolezza e aggredita direttamente o
indirettamente da una o più persone in modo sistematico,
frequentemente e per lungo tempo, con lo scopo e/o la conseguenza
della sua estromissione dal mondo del lavoro (Leymann, 1990).
Il commitment organizzativo
Si riferisce all’impegno dei dipendenti nei confronti dell’organizzazione di cui fanno
parte. Secondo il modello di Meyer e Allen (1991) il commitment organizzativo si
compone di 3 diverse dimensioni.
- Impegno affettivo (affective commitment): è un attaccamento affettivo agli
obiettivi e ai valori dell’organizzazione, al proprio ruolo in relazione a tali obiettivi
e valori e all’organizzazione nel suo complesso per i suoi interessi indipendenti
da quelli puramente strumentali.
- Impegno normativo (normative commitment): è una sorta di responsabilità morale
verso l’organizzazione.
- Impegno per continuità (continuance commitment): emerge dalla percezione di
profitto associata con il rimanere a far parte dell’organizzazione e con i costi
associati al lasciarla.
Fatica, sovraccarico mentale ed errori
•
Definizione prevalente della fatica fatta in base agli
effetti:
In generale come stanchezza che si protrae per un
tempo più o meno lungo e che può anche divenire
“cronica”
a)decremento delle capacità di lavoro e delle funzioni
cognitive;
b)esperienza soggettiva di disagio, disinteresse,
avversione verso l’attività, percezione di stanchezza
ecc.
• Esigenze di distinzione e specificazione delle cause e
degli effetti
Gli stessi programmi di organizzazione del lavoro, di
progettazione e re-design dei compiti e ruoli lavorativi
propongono di intervenire.
• Fatica organica o fisica: di tipo muscolare
dovuta al consumo di riserve di energia
con necessità di reintegarzione attarverso
il riposo;
• Fatica mentale: vissuti spiacevoli
conseguenti al lavoro mentale prolungato
e relativamente indipendenti dalal fatica
fisica.
Hancock e Desmond (2001)
• “la fatica si riferisce ad uno stato dei
muscoli, dei visceri e del sistema nervoso
centrale dell’organismo (cause) nel quale
le precedenti attività fisiche e/o mentali in
assenza di riposo sufficiente (rimedio),
determinano una insufficiente capacità
cellulare o di energia sistemica
(definizione) per mantenere l’originale
livello di attività e/o elaborazione usando
le normali risorse (conseguenze)”
Carico di lavoro mentale
• Analogia con il carico di lavoro fisico
• È connesso con le attività di percezione,
attenzione, memorizzazione e richiamo,
elaborazione del compito (problem solving) e ai
costi psicologici per attuarlo.
Dipende da:
a) le richieste/esigenze del compito e
risorse disponibili ed investite per
risolverlo; (sovraccarico e strategie di
compensazione cognitiva)
b) lo stato dell’operatore;
c) le condizioni di esecuzione dell’attività
Misure del carico di lavoro
• La valutazione prevede l’utilizzo di
differenti metodi combinati:
Metodi comportamentali
• Si possono considerare gli esiti del
lavoro (ad esempio, precisione, numero di
errori, posture particolari); tuttavia si tratta
di misure approssimative. Più interessante
e utile la tecnica del doppio compito
(grado di saturazione della capacità
lavorativa con compito aggiuntivo)
Misure del carico di lavoro
Metodi soggettivi
Sono utilizzati self-report e scale di valutazione
dello sforzo percepito, della presione temporale
percepita, del rapporto tra tempo disponibile e
tempo richiesto
Metodi psicofisiologici
Indicatori del consumo di ossigeno, tempi di
reazione, potenziali evocati, diletazione della
pupilla, pressione sanguigna, battito cardiaco
temperatura
Tipi di errore umano
La classificazione di Reason (1990)
• Mistakes: Sono coinvolti i processi di
valutazione delle decisioni; sono azioni che
non
raggiungono
lo
scopo
perché
impostate/progettate male, con scarsa
attenzione agli obiettivi (knowlwdge-based);
• Violazioni: sono errori connessi con
l’intenzione di svolgere una data attività. In
questo caso si esprime l’intenzione di non
rispettare le regole o le procedure; di ignorare
le istruzioni (ad esempio, relative alla
sicurezza); persino di agire deliberatamente
contro l’organizzazione (sabotaggio) (ruledbased);
Tipi di errore umano
• Slips
(disattenzioni),
Lapses
(dimenticanze): riguardano l’esecuzione
di compiti automatizzati. Sono non
intenzionali;
sono
fallimenti
dell’esecuzione di una sequenza di
azioni soprattutto in condizioni di
familiarità (skill based);
Lo stress lavorativo
L’Agenzia europea per la sicurezza e la
salute del lavoro (Cox et aa., 2000)
segnala che: oltre il 50% dei lavoratori
opera in condizioni di pressione temporale
(ritmi); 1/3 dei lavoratori lamenta di non
avere controllo sul proprio lavoro; lo
stress è al II posto tra i problemi di salute
lavorativa; il 23% dei lavoratori dichiara
di soffrire di stanchezza generale ecc.
I modelli teorici
• I modelli teorici dello stress si sono evoluti
attraverso una varietà di fasi, enfatizzando
inizialmente il ruolo dell’ambiente esterno
come fattore determinante nell’esperienza dello
stress (modello ambiente sociale di French e
Kann, 1962) e successivamente i fattori interni
all’individuo nell’influenzare le risposte di stress
(modello della risposta di Seyle, 1976), fino
riconoscere la necessità di considerare
l’interazione tra persona e ambiente esterno
(modello interazionista e transazionale).
Tre grandi categorie di approcci
di studio dello stress lavorativo
•
•
stimolo esterno o interno potenzialmente dannoso (French e
Kann, 1962);
risposta fisiologica o psicologica ad uno stimolo (Selye, 1976).
Lo stress può essere causato da diversi fattori ed è una reazione
generalizzata a-specifica ad una minaccia esterna. L’organismo
cerca di difendersi attraverso una serie di reazioni fisiologiche che
l’A. chiama sindrome generale di adattamento. Selye è stato il
primo a proporre la differenza tra eustress (caratterizzato da
effetti positivi )e distress (caratterizzato da effetti negativi ),
identificando in questo modo il concetto di stress come un normale
processo psico-fisiologico finalizzato all’adattamento all’ambiente.
Approccio internazionale – lo stress non è un fattore che risiede
nell’individuo o nell’ambiente, ma è il risultato di un processo che
coinvolge l’individuo durante la sua interazione con l’ambiente,
valutando questi contatti e cercando strategie per far fronte a
problemi emersi. (Cooper, 2001;Lazarus 1985).
Esempi di categorie di stressors
• Stressors legati all’ambiente sociale, al contesto
organizzativo, al livello di partecipazione e
controllo della situazione, al ruolo sociale, alle
possibilità di carriera, al rapporto lavoro/contesto
esterno, familiare
• Stressors legati all’ambiente fisico, ai mezzi di
lavoro, al tipo di task design, ai gradi di carico di
lavoro, al livello di pressione temporale (ritmi,
orari ecc.)
Fattori personali che vengono considerati rilevanti
nello studio dello stress lavorativo
• Caratteristiche di personalità (hardy
personality)
• Stati transitori (fatica, sovraccarico di
lavoro, stati emozionali ecc.)
• Stati di maggiore stabilità (stili di pensiero,
locus of control e stili di attribuzione)
Categorie di conseguenze
dello stress lavorativo o esiti di strain
Attenzione a esiti acuti e cronici; attenzione agli
effetti protettivi delle strategie di coping. Sono gli
esiti del coping a decidere l’effetto a lungo termine
sull’individuo; effetti motivazionali:
1) disagio psichico;
2) patologie da stress;
3) esiti economici e organizzativi;
4) una specifica sindrome cronica: il burnout;
5) esistenza sociale impoverita (devalorizzazione
del lavoro, superlavoro, riduzione delle relazioni
sociali, degradazione progetti).
Ruolo delle strategie di coping
• La percezione di minaccia per il self dei fattori
ambientali e la considerazione delle
caratteristiche personali attiva lo stato di stress,
al quale si contrappongono differenti strategie
di coping
• Se esse hanno successo, svolgono la loro
funzione di preservazione
• Se non hanno successo si determinano le
conseguenze dette in precedenza (a breve e
lungo termine)
La prevenzione/gestione dello
stress lavorativo
Le linee di azione si definiscono considerando con
attenzione i “segnali di rischio” che derivano:
dalle possibili fonti di stress; dalle caratteristiche
personali; dalle strategie di coping usate; dalla
situazione lavorativa sperimentata.
I programmi di prevenzione/gestione dello stress
operano a livello:
a) dell’individuo
b) dei gruppi di lavoro
c) organizzativo
Principali aree psicologiche influenzate
dalla perdita/mancanza di lavoro
• Benessere psicologico (depressione, ansia ecc.)
• Sé/identità (minore stima di sé, crisi di identità
ecc.)
• Rappresentazioni del lavoro (effetti di
scoraggiamento, riduzione centralità del lavoro
ecc.)
• Competenza professionale (obsolescenza,
minore attivismo e ricerca del lavoro)
• Comportamenti (consumi di alcol, tabacco,
psicofarmaci ecc.; più comportamenti
trasgressivi; auto-etero aggressività ecc.)