Università degli Studi di Catania Facoltà di Scienze della Formazione PSICOLOGIA DEL LAVORO E DELLE ORGANIZZAZIONI (A.A. 2006-2007) (Prof. G. SANTISI – mail: [email protected]) • Tre dimensioni di analisi: Ambiente: contesto socio-economico-culturale Organizzazione (sistemi organizzativi) Soggettività (individui e gruppi) La psicologia del lavoro: ambiti e tecniche di intervento • 1° definizione: è un settore della psicologia volto a “capire, analizzare e modificare la natura dell’attività lavorativa in differenti condizioni di attuazione. L’attenzione viene posta sulle prescrizioni del compito e del ruolo lavorativo, sulle condizioni di esecuzioni, sull’ambiente tecnico, fisico e sociale oppure – viceversa – sulla persona come agente che persegue scopi, che apprende, che interagisce, che comunica, che subisce determinati effetti infra o extralavorativi, che prova emozioni, che nutre interessi e motivazioni…..” (G. Sarchielli, 1998). La psicologia del lavoro: ambiti e tecniche di intervento • 2° definizione: La psicologia del lavoro “occupa dei sentimenti delle persone, dei loro atteggiamenti, delle loro condotte, dei processi socio-psicologici che le sostengono e delle prestazioni lavorative. L’approccio usato è per natura interattivo e centrato sulla situazione sociale concreta. Si considera nello stesso tempo la persona ed il suo ambiente di vita, facendo riferimento ai vari aspetti che caratterizzano il lavoro, all’ambiente lavorativo, alle interazioni nel gruppo di lavoro, alla struttura organizzativa, al sistema di regole sociali e tecniche, al contesto culturale interno ed esterno all’impresa, al sistema di direzione, …….” (N. Chmiel, 1998). La psicologia del lavoro: ambiti e tecniche di intervento • Privilegia la dimensione individuale che attiene il “lavoratore” in quanto tale, a prescindere dalla sua collocazione formale all’interno dell’organizzazione • Esempi: soddisfazione, motivazione, selezione, patologie organizzative, sicurezza “nel” e “del” lavoro La psicologia del lavoro: i principali ambiti d’intervento La complessità delle problematiche connesse al mondo del lavoro e delle organizzazioni e la molteplicità delle teorie sviluppate consentono di delineare per la Psicologia del lavoro un quadro di riferimento ampio ed eterogeneo. In tale scenario, i principali ambiti d’intervento della disciplina sono rappresentati dai seguenti: - Risorse umane: selezione, valutazione e formazione del personale - motivazione al lavoro e soddisfazione - prevenzione, sicurezza ed ergonomia - analisi del clima e della cultura organizzativa - atteggiamenti, qualità, consumi e marketing ANALIZZARE IL LAVORO: obiettivi di apprendimento 1) Conoscere le dimensioni significative della condotta lavorativa e i processi psicologici che la sostengono 2) Rendere consapevoli dell’importanza di un approccio di studio interdisciplinare e dell’esigenza di considerare differenti livelli di analisi 3) Mettere in evidenza un percorso metodologico per l’analisi del lavoro (finalità, metodi ed esempi di strumenti) ANALIZZARE IL LAVORO: gli aspetti essenziali della condotta lavorativa Sono in gioco: A) corporeità, risposte dell’organismo B) funzioni mentali, processi cognitivi e psicosociali C) sentimenti ed emozioni D) significati dell’esperienza lavorativa (rappresentazioni, attribuzioni, interpretazioni ecc.) ANALIZZARE IL LAVORO: Il lavoro svolto può essere analizzato A) come sequenza di operazioni e gesti B) come elaborazione di informazioni C) come attività di comparazione e regolazione D) come attività simbolica (rappresentazioni, immagini, schemi, cognizione sociale ecc.) FATTORI ORGANIZZATIVI: - struttura - regole - supervisione - potere - clima psicosociale - cultura organizzativa FATTORI LEGATI AL RUOLO SOCIALE E ORGANIZZATIVO FATTORI DELL’AMBIENTE FISICO FATTORI LEGATI ALLE TECNOLOGIE FATTORI INTERNI: - età - sesso - scolarizzazione - personalità - motivazioni/aspettative - abilità/skills - ……………………… FATTORI LEGATI AI COMPITI: - complessità - ritmi - tempi - esigenze - richieste - …………… Condotta lavorativa OUTCOMES - salario - carriera - benefit - appartenenza sociale FATTORI GRUPPO/GRUPPI: - dimensioni - relazioni - appartenenza - cooperazione - conflitto - ………………… FATTORI EXTRA-LAVORATIVI - famiglia - tempo libero Fig.3.1. Determinanti della condotta lavorativa Il Mercato del lavoro: una definizione Definizione: l’insieme dei meccanismi che regolano l’incontro tra i “posti-lavoro” mancanti e le persone in cerca di occupazione. Incontro tra “Offerta” e “Domanda” di lavoro I segnali del cambiamento • Diffusione/dispersione spaziale e temporale del lavoro: crescita del numero dei luoghi - riduzione delle dimensioni delle sedi - crescita della tipologia degli orari di lavoro riduzione delle sincronie degli orari • Accentuazione della nati-mortalità delle imprese • Maggiore selettività della domanda di lavoro in termini: - di flussi: contrazione del livello delle assunzioni - di requisiti: maggiore enfasi su attitudini quali l’iniziativa, la creatività, la cura, l’attenzione • Maggiore selettività dell’offerta di lavoro in termini: - oggettivi: istruzione, reddito - soggettivi: attenzione allo status, resistenza alla mobilità (segue) • L’incontro tra “domanda” e “offerta” di lavoro (matching) si rivela più difficile poiché: Î la domanda tende a territorializzare le competenze e gli skill professionali Î l’offerta tende a socializzare gli stili di vita e le aspettative Î vi è un differente orientamento alle opportunità da parte di lavoratori e datori di lavoro: - per l’impresa conta il turn-over e la flessibilità - per il lavoratore la stabilità e le garanzie Î fine delle modalità di assunzione “a blocchi” Î fine della domanda di lavoro “semi skilled” Î fine del monopolio di collocamento pubblico (collocamento privato ed Agenzie di lavoro interinale) Le direttrici del cambiamento • La qualità del lavoro (la natura della prestazione) Î i contenuti sono meno manipolativi e più cognitivi Î i compiti sono meno esecutivi e più cooperativi Î le competenze e le attitudini in genere sono più polivalenti e meno specializzate Î orientamento al team Î maggiore creatività • Î Î Î Î I rapporti di lavoro (i termini della prestazione) meno lavoro subordinato e più lavoro autonomo maggiore autonomia di esecuzione anche nella prestazione subordinata calo dei contratti a tempo indeterminato ed aumento di quelli a tempo determinato diversificazione delle forme contrattuali: atipico, interinale, in affitto Gli effetti del cambiamento • Tendenza all’individualizzazione del matching • Precarizzazione del mercato del lavoro • Minore incidenza del training a favore della contrattualizzazione “a termine” • Crescita delle forme/modalità di lavoro para-autonomo e/o para-subordinato (in Italia 1,5 milioni) • Mancanza di un modello unico di tutela per le suddette categorie (USA: contingent workers - indipendent contractor) • Aumento e frammentazione delle tipologie dei mestieri • Aumento della delocalizzazione: aumento del lavoro in rete e del lavoro “in attenzione • Polarizzazione all’interno della stessa impresa tra “core workers” e “contengent workers” Effetti psico-sociali dei cambiamenti: 1) Età 2) Livelli d’istruzione 3) Differenze di genere: femminilizzazione 4) Gruppi di minoranza: stranieri 5) Politiche di inclusione sociale: disabili 6) Emersione di nuovi compiti, nuovi ruoli e nuovi sistemi di competenze 7) Qualità della vita lavorativa Le tappe nei cambiamento del Lavoro • Passaggio dal modello di produzione ed organizzazione del lavoro fordista al modello post-fordista Î Dal “lavoro al plurale” ad un universo di “lavori al singolare” z 1800: produzione per piccoli lotti z 1900: produzione per grandi serie z 2000: produzione di grandi serie per piccoli lotti Obiettivo: raggiungere il singolo acquirente Le teorie organizzative: Quali teorie studiamo? ¾ Quelle che spiegano e tendono a prevedere i comportamenti organizzativi ¾ non tutte ¾ non la loro evoluzione (cioè la storia del pensiero organizzativo) ¾ Ma alcuni punti o teorie significative • • • Dal punto di vista storico Dal punto di vista teorico Dal punto di vista delle ricadute progettuali e/o d’intervento 1. Le teorie classiche 2. Le teorie contingenti 3. Le teorie motivazionali Le teorie classiche 1. L’organizzazione scientifica del lavoro (OSL) (Taylor) 2. La teoria della direzione amministrativa (TDA) (Fayol, Gulick, Urwick) 3. La teoria burocratica (Weber) I PUNTI IN COMUNE: il ricorso alla scienza la ricerca di soluzioni ottime e universali l’assoluta priorità degli aspetti formali la metafora della macchina L’organizzazione scientifica del lavoro: Taylor • l’OSL come completa rivoluzione mentale (il progetto sociale) • l’OSL come insieme di principi • l’OSL come insieme di meccanismi • l’OSL come base per la produzione di massa 1. L’OSL come completa rivoluzione mentale 1. preoccuparsi non della divisione del surplus ma del suo aumento 2. sostituire alle opinioni, alla conoscenza individuale e alle regole empiriche la conoscenza scientifica 2.1 - L’OSL come insieme di principi sviluppo della scienza i metodi lavorativi le cause che esercitano influenza sulle persone selezione e addestramento scientifico dei lavoratori e loro sviluppo mettere insieme scienza e lavoratori intima e costante collaborazione fra direzione e lavoratori 2.2 - L’OSL come insieme di principi I principi sono configurabili nei seguenti slogan: one best way: la via ottimale per raggiungere l’utilizzo efficiente del lavoratore per un produzione efficiente dell’impresa; the right man to the right place: l’uomo giusto a posto giusto, enfatizzando le attitudini all’espletamento di particolari mansioni; differential rates: l’applicazione di tariffe differenziali del salario rispetto alla efficace realizzazione del compito assegnato all’addetto (strumento, in altre parole, attraverso il quale si applicava per la prima volta la logica del cottimo individuale attraverso la corresponsione di un bonus, in luogo del cottimo di squadra, spesso fonte di inefficienza). 3. L’OSL come insieme di meccanismi • Sono la dimensione più tecnica e operativa dell’OSL • Studio scientifico dei metodi lavorativi • Utilizzo del cronometro • task management: separazione tra progettazione ed esecuzione • Diversa divisione del lavoro fra direzione e lavoratori • struttura funzionale • principio di eccezione: razionalizzazione del lavoro attraverso l’eliminazione dei tempi morti e superflui Struttura gerarchica semplice Direttore Generale Direzione ALFA Direzione BETA Direzione GAMMA Direzione ZETA Struttura funzionale semplice Direttore Generale Direzione Progettazione (Funzione) Direzione Produzione (Funzione) Unità Direzione Acquisti (Funzione) Direzione Vendite (Funzione) Struttura GERARCHICO-FUNZIONALE Direttore Generale Direzione Personale (Staff) Direzione Produzione (Funzione) Direzione Autoveicoli Sviluppo Prodotti Direzione Moto Meccanica ed applicazioni Direzione Contabilità (Staff) Direzione Vendite) (Funzione) Direzione Rete commerciale Direzione Assistenza Vendita 5. L’organizzazione scientifica del lavoro: le critiche Applicazioni vs. idee • • • • • parcellizzazione carenze motivazionali assenza della dimensione sociale sfruttamento antisindacalismo Applicabilità del metodo scientifico Le teorie contingenti: le caratteristiche principali ¾il riferimento alla teoria dei sistemi ¾ l’affermazione che l’organizzazione deve adattarsi alle caratteristiche della situazione LA TEORIA DEI SISTEMI APERTI (1) Ludwig von Bertalanffy- Quasi tutto il lavoro teorico ed empirico sulle organizzazioni complesse parte dall’assunto che queste costituiscono un sistema chiuso e che i loro elementi devono essere considerati delle costanti. Il sistema aperto ci ricorda invece che tali elementi non sono ne costanti ne garantiti (Katz & Kahn, 1966). LA TEORIA DEI SISTEMI APERTI (2) L’organizzazione, secondo la prospettiva sistemica, è la modalità secondo la quale gli organismi viventi formano un complesso unitario composto da diversi organi (sottosistemi) tra loro interagenti. Inoltre, le organizzazioni, sono a loro volta, sottosistemi di un sistema più grande che è il sistema sociale. LA TEORIA DEI SISTEMI APERTI (3) Homans, (1950) aveva individuato in ogni sistema sociale, un sistema esterno (attività interazioni, sentimenti) e un sistema interno (atteggiamenti, norme) che si caratterizzano per un rapporto di dipendenza reciproca e di dipendenza tra loro e l’ambiente. Il rapporto di interdipendenza con l’ambiente consente all’organizzazione la sopravvivenza. Le teorie contingenti: le caratteristiche dei sistemi • • • • • • Apertura all’ambiente: dinamica input/output Entropia: misura del grado di ordine/disordine di un sistema sociale (condizione mutuata dalle leggi della termodinamica) Omeostasi: capacità di mantenere un equilibrio interno al variare delle condizioni esterne Correlazione tra struttura e funzione Differenziazione e Integrazione funzionale Equifinalità: tutti i sottosistemi hanno in medesimo obiettivo: contribuire alla realizzazione dell’obiettivo generale dell’organizzazione Le organizzazioni come sistemi socio-tecnici (1) Un modo di evidenziare i sottosistemi di cui si compongono le organizzazioni è quello di individuarli in base alle funzioni che essi svolgono all’interno di queste. Secondo Trist (1951), le organizzazioni sono individuabili in base ad un intreccio di variabili tecnologiche (impianti, informazioni, processi di lavorazione) e variabili sociali (relazioni tra gli individui). Esse definiscono due sottosistemi tecnologico & sociale. Si ottiene una organizzazione efficiente ricercando la combinazione ottimale tra i due sottosistemi: l’equilibrio non può essere mantenuto se, intervenuta una modifica su uno dei due, non si ha anche un adeguamento dell’altro. Le teorie contingenti: la dinamica sistemica Relazioni con l’esterno Tecnologia Compiti Obiettivi Struttura Relazioni umane La dinamica sistemica: l’adattamento alle contingenze Situazione Organizzazione alta Performance bassa Le teorie contingenti: le critiche • il riduzionismo nello studio delle relazioni fra contesto e organizzazione • la scarsa attenzione ai processi di cambiamento per realizzare l’adattamento • la passività della organizzazione relazione fra contesto e • L’organizzazione (sistema) pre-esiste agli individui e alle dinamiche relazionali L’ORGANIZATION DEVELOPMENT Argyris, 1971; Beckard, 1969; Bennis, 1969; Schein, 1965; French (1973). “l’O.D è una risposta al mutamento, una strategia di base molto complessa che ha come scopo il mutamento delle convinzioni, degli atteggiamenti, dei valori delle strutture organizzative così che esse possano meglio adattarsi alle nuove tecnologie, ai nuovi mercati, alle nuove sfide….” “…..O.D è il nome che viene dato alle azioni di mutamento pianificato a livello di sistema totale (Bennis, 1969).” L’ORGANIZATION DEVELOPMENT Le radici dell’O.D. sono ravvisabili in quelle formulazioni teoriche che: a) Accentuano la dimensione informale (Mayo, Barnard) b) tentano di risovere il problema dell’integrazione tra individuo e organizzazione. (Maslow, Mc Gregor, Likert); L’indagine di Elton Mayo Il gruppo di ricercatori guidato da E. Mayo iniziarono a condurre una serie di studi sull’affaticamento dei lavoratori della Western Electric Company di Hawthorne (Chicago). L'attenzione fu indirizzata sul "significato del lavoro“, mettendo da parte il legame tra motivazione e retribuzione e l'importanza di quest'ultima come elemento di soddisfazione. L’impostazione inadeguata degli “esperti del rendimento lavorativo” fu messa in evidenza dalle ricerche sul campo” che manifestarono l’importanza determinante delle strutture e delle situazioni sociali, delle immagini e degli atteggiamenti correlativi. Mayo: l’intervento e le scoperte 1) l’uomo e’ motivato da bisogni di natura sociale, ed ottiene dal rapporto con gli altri il suo senso di identita’ personale; 2) In conseguenza della rivoluzione industriale e della razionalizzazione del lavoro, il lavoro stesso appare privo di significato; questo e’ da ricercare nei rapporti sociali che si formano sul lavoro; 3) Il lavoratore e’ piu’ influenzato dalla forza sociale del suo gruppo che non dagli incentivi 4) Il lavoratore risponde alla direzione nella misura in cui il suo superiore sa rispettare I suoi bisogni sociali e soddisfare il suo bisogno di essere accettato; Mayo: le conclusioni La conclusione è la seguente: “se il dipendente puo’ aspettarsi dalla partecipazione alla vita dell’azienda la soddisfazione di alcuni suoi bisogni emotivi, può sentirsi anche moralmente partecipe e impegnato nello sforzo aziendale. Da parte sua l’azienda può aspettarsi un grado maggiore di lealtà, di impegno e di identificazione con gli scopi organizzativi-” Al contario, se la Direzione crea una situazione in cui i dipendenti si sentono frustrati ne consegue che essi si costituiranno in gruppi in cui “le norme di condotta saranno in opposizione con gli scopi aziendali.” Barnard (1): Efficacia ed efficienza organizzativa • efficacia: misura in cui l’organizzazione raggiunge i propri obiettivi • efficienza: misura in cui si soddisfano le motivazioni individuali (dei membri contributori) garantendosi i contributi personali necessari equilibrio contributi-incentivi Barnard (2): Dimensione Formale e informale insieme dei contatti e delle interazioni personali e il connesso formarsi dei gruppi ¾ l’informale spesso precede il formale ¾ l’informale facilita il funzionamento dell’organizzazione formale L’ORGANIZATION DEVELOPMENT French & Bell (1973) “.. L’O.D.è un intervento a vasto raggio per migliorare i processi di soluzione dei problemi e di rinnovamento di un’organizzazione, specialmente attraverso il controllo, più efficace e collaborativo, della cultura dell’organizzazione, e l’impiego delle teorie e delle tecniche delle scienze applicate”. OBIETTIVI DELL’ O.D. • Miglioramento dei rapporti interpersonali; • Riduzione della tensione nei gruppi di lavoro; • Sviluppo di nuove tecniche di risoluzione dei conflitti; • Leadership partecipativa. CONDIZIONI DA SVILUPPARE • Capacità di comunicazione delle informazioni; • Flessibilità e Creatività decisionale; • Impegno e adesione nei confronti degli obiettivi aziendali; • Clima di sostegno e sicurezza. In sintesi una combinazione più efficace di caratteristiche organiche e meccaniche, di bisogni della persona e scopi dell’organizzazione (Schein, 1965). COMPONENTI FONDAMENTALI DI UN PROGRAMMA DI SVILUPPO ORGANIZZATIVO • DIAGNOSI-raccolta e analisi dei dati; • AZIONE- attività strutturate finalizzate al raggiungimento di obiettivi funzionali al miglioramento dell’organizzazione; • MANTENIMENTO- valutazione dei risultati, feedback continuo per la verifica della validità e dei procedimenti adottati (French & Bell, 1973) • Questi passaggi sono quelli che sintetizzano il modello dell’Action Research Il modello dell’Action Research (French, 1969) Pianificane azione Feedback con il cliente Raccolta dati e diagnosi Consultazione con esperti Azione (nuovo comp.) Pianificazione azione Discussione Feedback al gruppo cliente Raccolta dati Pianificazione del problema Azione Pianificazione azione Discussione Feedback Raccolta dati Le teorie motivazionali e la soddisfazione nel lavoro Le teorie motivazionali z teorie del contenuto (che cosa sono i bisogni) ÔTeoria di Maslow (la gerarchia dei bisogni) ÔTeoria di McClelland (achievement, potere) ÔTeoria di Herzberg (fattori igienici e motivanti) z teorie del processo (relative al collegamento fra bisogni e comportamento organizzativo) Ó Teoria dell’aspettativa-valenza Ó Teoria del goal setting Ó Teoria dell’equità percepita Ó Teoria della cittadinanza organizzativa I modelli orientati al contenuto: le implicazioni sulla progettazione I modelli contenutistici rivelano due importanti implicazioni: ¾Orientano l’attenzione dal contesto organizzativo al contenuto del lavoro ¾ Favoriscono interventi sulle mansioni (rotazione, allargamento, arricchimento) Maslow (1): I bisogni AUTO REALIZZAZIONE STIMA APPARTENENZA SICUREZZA FISIOLOGICI Carenza di un “oggetto” desiderato, talché la persona orienta il suo comportamento per raggiungerlo o per soddisfare il relativo bisogno Maslow (1954) Maslow (2): la dinamica Le regole gerarchia: un di funzionamento della bisogno soddisfatto cessa di essere motivante un bisogno non diviene motivante finché non sono soddisfatti, anche se non completamente, i bisogni di ordine inferiore Maslow (3): implicazioni e critiche a) b) c) d) ¾ ¾ gestione del sistema di ricompense lettura evoluzionistica dei bisogni umani nel lungo periodo teorie organizzative e bisogni umani analisi empiriche dei bisogni fissazione a un certo livello in presenza di frustrazione articolazione dei bisogni (distinguibilità e quindi gerarchicizzazione) La Motivazione come spinta innata: McClelland (1) Relazione tra: riuscita reale dei soggetti e proiezione del bisogno di autorealizzazione. La persona motivata all’autorealizzazione cerca di porsi una meta ambiziosa: la riuscita ha valore intrinseco, e vale assai piu’ che il guadagno economico La Motivazione come spinta innata: McClelland (2) Ð achievement Ð bisogno di realizzare e di dimostrare competenza e padronanza Ð responsabilità per la ricerca di soluzioni (attribuibilità dei risultati) Ð tendenza a fissare obiettivi impegnativi e ad assumere rischi calcolati Ð desiderio di feedback chiari e diretti Ð potere Ð bisogno di controllare il proprio lavoro e quello degli altri; bisogno di avere impatto, di essere influente Ð affiliazione Ð desiderio di essere amati ed accettati Il modello di Herzberg (1959) Si fonda sull’esistenza di due dimensioni: - I Fattori igienici - I Fattori motivanti Le cause d’insoddisfazione si legano ad una serie di fattori distinti dai fattori che erano all’origine esperienze positive. • I FATTORI D’INSODDISFAZIONE (“FATTORI IGIENICI O DI MANTENIMENTO”): includono le politiche dell’azienda, la retribuzione, le relazioni, le condizioni fisiche di lavoro: dunque il contesto organizzativo • I FATTORI DI SODDISFAZIONE (“FATTORI MOTIVANTI”): sono legati alla natura intrinseca del lavoro, alla responsabilita’ al riconoscimento professionale: dunque ai contenuti del lavoro Herzberg (2) i fattori che portano alla soddisfazione sono diversi dai fattori che portano alla insoddisfazione soddisfazione e insoddisfazione non sono sentimenti opposti Fattori motivanti Fattori igienici achievement politiche di impresa riconoscimento supervisione tecnica lavoro in sé relazioni interpersonali responsabilità condizioni di lavoro avanzamento retribuzione possibilità di carriera status sicurezza del posto Herzberg (3) Il modello non segue questa dinamica: insoddisfazione soddisfazione ma questa: insoddisfazione assenza insoddisfazione attengono al contesto o all’ambiente nel quale il lavoratore opera FATTORI IGIENICI assenza soddisfazione soddisfazione attengono a quello che il lavoratore fa e come FATTORI MOTIVANTI La motivazione: i modelli orientati al processo I modelli processuali sono orientati all’analisi: • delle relazioni tra bisogni e comportamento org.vo • comprensione e previsione di determinati esiti del rapporto tra persona e contesto lavorativo Le teorie processuali puntano l’attenzione verso particolari fenomeni e processi psicologici che svolgono una funzione di mediazione tra queste due dimensioni La motivazione: una definizione è una delle determinanti della prestazione è rappresentabile da un set di forze a livello individuale che danno avvio o sostengono la condotta lavorativa, influenzandone: la direzione (dei corsi di attività) l’intensità (del livello dello sforzo) la persistenza (cioè la continuità di fronte ad ostacoli, difficoltà ed imprevisti) M=DxIxP L’ipotesi della discrepanza (1) Numerose teorie sulla soddisfazione lavorativa contengono una “ipotesi di discrepanza”. Tale ipotesi (supportata da verifiche di natura empirica - ricerca) si basa su due elementi: • Le persone differiscano rispetto a ciò che si aspettano dal proprio lavoro; • Nel processo di valutazione che si opera in merito a tale lavoro, le persone utilizzano in maniera diversa i propri costrutti cognitivi. II livello di soddisfazione è determinato dalla differenza tra ciò che si desidera e ciò che viene esperito sul lavoro. L’ipotesi della discrepanza (2) a) La teoria della discrepanza del valore di Locke (1969, 1976) afferma che la soddisfazione sul lavoro sia il risultato della soddisfazione della volontà e dei desideri piuttosto che dei bisogni di cui si e’ deprivati. Di conseguenza, ciò che una persona considera importante (i valori) avrà un effetto più forte sulla sua soddisfazione. b) La teoria della sfaccettatura di Lawler (1973) stabilisce che la soddisfazione riguardo differenti aspetti o sfaccettature del lavoro dipenda dal confronto tra le aspettative di ciò che si dovrebbe ricevere e la percezione di ciò che si è realmente ricevuto, nonché dalla percezione che tali ricompense siano eque. I modelli processuali: la teoria dell’ “aspettativa-valenza” (Vroom) z La teoria dell’aspettativa-valenza rivela un approccio sostanzialmente fondato sulla dimensione della scelta cognitiva z L’attenzione è puntata sui meccanismi di elaborazione della condotta lavorativa, in funzione di alcuni quesiti: “Quanto è desiderabile un certo risultato e come posso ottenerlo?” “Cosa devo fare per ottenere un certo risultato in funzione di quali e quanti investimenti personali?” “Che probabilità ho di ottenere determinati risultati che mi aspetto a fronte di un determinato impegno?” z z z I modelli processuali: la teoria dell’ “aspettativa-valenza” (Vroom) (2) z z z z Il modello di Vroom è caratterizzato dall’azione di tre dimensioni: L’aspettativa (E) = (probabilità soggettiva) è la percezione di quanto lo sforzo o l’impegno verso una prestazione possa condurre alla ricompensa attesa La valenza (V) = esprime la desiderabilità e l’attrattiva di un certo risultato, ossia il valore positivo (soggettivo) attribuito dalla persona ai diversi possibili risultati attesi dalla prestazione La strumentalità (I) = esprime la relazione percepita tra qualità e quantità della prestazione e la ricompensa attesa: quanto un lavoratore crede che la sua prestazione influenzerà il risultato M=VxIxE Le tre variabili sono legate da un relazione funzionale talmente stretta da rendere nullo il livello motivazionale se si rivela nulla una delle tre variabili Teoria aspettativa-valenza: implicazioni • per incrementare l'aspettativa sulla performance: • aumentare la consapevolezza dell'individuo di poter conseguire una performance, fornendo il necessario training, assicurando tempi e risorse necessarie al conseguimento, richieste chiare; • per incrementare l'aspettativa sull‘outcome: • incrementare la sicurezza che ad una data perfomance ne consegue una ricompensa, ad esempio misurando la performance, fissando criteri di valutazione o definendo sistemi di incentivazione sui risultati; • per incrementare la valenza: • incrementare il tipo di ricompense aderenti con i bisogni espressi dagli individui, ad esempio individualizzando i sistemi retributivi. Teoria aspettativa-valenza: le critiche Rivela due ordini di critiche poiché risultano sottovalutate: ¾Le ricompense e le motivazioni intrinseche: - azioni - bisogno di achievement ¾Le capacità razionali (soprattutto in relazione ai limiti della razionalità) La teoria dell’equità percepita (1) (Adams, 1963) - La teoria dell’equità percepita si fonda su meccanismi di valutazione comparativa che un lavoratore opera rispetto ad altri soggetti o credenze a cui assegna particolare valore Ð livelli di aspirazione Ð confronto con impieghi alternativi Ð confronto con ciò che ricevono altri in attività simili Ð equità della distribuzione delle ricompense fra attori cooperanti Ð equità del processo di definizione delle ricompense L’equità percepita (2) ¾ Non equità: risultato di uno squilibrio percepito in senso negativo o positivo ¾ Conseguenze: • modifica degli input o dei risultati: può verificarsi un abbassamento del livello di qualità/quantità della prestazione • modifica dei referenti del confronto sociale: per precisare meglio il confronto tra input ed esiti lavorativi • modifica delle percezioni di reciprocità: riconsiderare il valore e l’intensità di input ed output lavorativi • cambiamenti reali o psicologici L’equità percepita (3) ¾ Le possibili risposte al giudizio di iniquità: • cambiare il livello dei contributi offerti • cambiare i risultati • modificare gli oggetti di comparazione • cambiare la percezione del proprio rapporto contributi-incentivi • cambiare la percezione del rapporto contributiincentivi di altri • uscire dalla relazione La dinamica dello scambio lavorativo (George e Jones, 1999) input prestazione Output Sforzo Impegno Tempo Esperienza Competenza Disciplina Altro……… • Quantità di lavoro • Qualità del lavoro • Effetti del lavoro sulla persona • Altro…………… • • • • • (Risorse variabili) (contesto delle azioni) (risultati attesi) • • • • • • • Stipendio Sicurezza Benefit Soddisfazione Prospettive di carriera • Riconoscimenti sociali Il lavoro dipendente • Perché le persone abbiano voglia d’impegnarsi al meglio, bisogna che vivano il lavoro con soddisfazione. • La soddisfazione lavorativa è una risultante della relazione tra aspirazioni individuali e outcomes lavorativi. Bisogna quindi capire i significati che gli individui attribuiscono al lavoro, comprendere che cosa cercano svolgendo una attività. • Le aspettative più comuni che emergono da alcune ricerche recenti (1999) sembrano essere legate allo sviluppo personale, alla realizzazione di sé, alla relazione con gli altri, al prestigio, all’altruismo. Tali aspettative vanno poi confrontate con l’importanza che il lavoratore attribuisce alle attività del tempo libero. • Molte sono, quindi, le variabili che l’azienda deve tenere presente per cercare di soddisfare i propri dipendenti. La soddisfazione lavorativa sembra dipendere principalmente da quattro variabili: dalle retribuzioni, dal tipo di leader per cui si lavora, dal sostegno del gruppo di lavoro o dalla collaborazione con i colleghi, e dal clima in generale. La soddisfazione lavorativa: una definizione Secondo Locke (1967) la soddisfazione lavorativa è un sentimento di piacevolezza derivante dalla percezione che l'attività professionale svolta consente di soddisfare importanti valori personali connessi al lavoro. Modello concettuale delle influenze sulla soddisfazione • Essa inoltre può variare in base al genere e all’età P r e c e d e n t i: - M e d ia t o r i: P e r d i t a i n v o lo n t a r i a d e l la v o r o C a m b ia m e n t i o r g a n iz z a t iv i C a m b i o v o l o n t a r io d i l a v o r o V i o l a z io n e d e i v i n c o l i c o n t r a t t u a li - R e s p o n s a b i l i t à p e r la c a r r ie r a S v ilu p p o Im p e g n o A s p e t t a t iv a d i la v o r o p r e c a r io C a r a t t e r is t ic h e S o c io - D e m o g r a f i c h e : - e tà g e n e re l i v e ll o o r g a n i z z a t i v o d i a p p a r t e n e n z a E f fe t t i: S o d d i s f a z io n e - P a r t e c i p a z io n e n e l l o s v ilu p p o d i a t t iv it à I n t e n z io n e d i m a n t e n e r l ’i m p e g n o Influenze sulla soddisfazione lavorativa Variabili Individuali: - autostima - ottimismo - controllo percepito Apertura per il Cambiamento Organizzativo Variabili Contesto-Specifiche: - informazione partecipazione self efficacy sostegno sociale impatto personale - Soddisfazione lavorativa Irritabilità Intenzione di attuare turnover Turnover effettivo Le componenti della soddisfazione lavorativa Le componenti principali della soddisfazione lavorativa sono riconducibili alle seguenti tre dimensioni (Avallone, 1997): - valori personali connessi al lavoro; - l’importanza attribuita a questo; - la percezione. In generale può rivelarsi una netta differenza tra “soddisfazione lavorativa”, “morale” e “coinvolgimento nel lavoro”. Il morale ed il coinvolgimento nel lavoro La letteratura distingue tra questi due concetti e la soddisfazione lavorativa: • il morale è più orientato verso un concetto esplicativo di una reazione di gruppo ed include il livello generale di soddisfazione ed il desiderio di trovarsi all’interno di una certa organizzazione. • Il coinvolgimento nel lavoro si riferisce al grado in cui una persona viene assorbita dal proprio lavoro, che potrebbe essere ritenuto soddisfacente o insoddisfacente a seconda del risultato di tale coinvolgimento. Le cause dell 'insoddisfazione lavorativa Secondo Avallone (1997) diverse possono essere le cause deIl’ insoddisfazione lavorativa. Una prima fonte di insoddisfazione si riferisce al contenuto del lavoro, alla natura del compito, alle sue concrete modalità di svolgimento e all'ambiente fisico in cui esso si svolge. Una seconda categoria si riferisce invece all'ambiente sociale nel quale il lavoratore opera e alla dinamica dei ruoli organizzativi, La terza categoria di fonti di insoddisfazione è legata a variabili riconducibili alle differenze individuali. Le conseguenze dell 'insoddisfazione lavorativa Le cause possono ricondursi fondamentalmente alle quattro categorie seguenti: • problemi di equilibrio psico-fisico; • assenteismo e turnover; • sentimento di appartenenza all'organizzazione; • abbassamento della performance- Dissonanza emotiva • Al soggetto viene sempre più spesso richiesto di impersonare la cultura adottata dall’azienda e dal ramo di mercato di cui essa si occupa: possono esserne chiari esempi gli atteggiamenti premurosi degli infermieri, o quelli solidali e compassionevoli degli addetti ai servizi funebri. Diviene comune, allora, scontrarsi con il problema della dissonanza emotiva. • La relazione tra dissonanza emotiva ed intenzione di attuare comportamenti di turnover è mediata sia dalla soddisfazione per il lavoro che dall’impegno organizzativo. • Alta è la correlazione che lega positivamente il livello di soddisfazione lavorativa ed il benessere psicofisico dell’individuo. • La stessa vita lavorativa, che una volta si caratterizzava per stabilità, quasi un patto definitivo con un’unica azienda, è divenuta un percorso dinamico che assume forme, ruoli, funzioni diverse a seconda dei settori, dei contesti e delle necessità. Processi di Coping • Lazarus, Folkman, (1985), per comprendere come i manager affrontino l’insicurezza dovuta ai radicali mutamenti nelle proprie vite lavorative, definiscono l’attività di coping come lo sforzo cognitivo e comportamentale attivato dall’individuo per gestire (ridurre, minimizzare o tollerare) le richieste della “transazione individuo-ambiente che, si ritiene, gravi ed ecceda le risorse dell’individuo”. • Numerose variabili intervengono nei processi di coping: il tipo di locus of control, la percezione di auto-efficacia, l’autostima, l’apertura a nuove esperienze, il grado di tolleranza per l’ambiguità e il grado di avversione al rischio. Il comportamento organizzativo Insieme di azioni e decisioni messe in atto da attori organizzativi • • • • la corrispondenza fra attori e attività (divisione del lavoro) può essere vista come assunzione di diritti e di impegni reciproci finalismo e libertà del comportamento organizzativo individuale criteri di valutazione tra comportamenti alternativi comportamento come oggetto di una relazione di scambio economico e sociale e psicologico contratto psicologico Il contratto psicologico: alcune parole chiave z La genesi della nozione di contratto psicologico (Argyris, 1960; Schein, 1965): z “Parole chiave” (Schein): interscambio, definizione e realizzazione di aspettative reciproche convinzioni di giustizia ed equità effetti sul comportamento organizzativo (di ruolo ed extra-ruolo) ¾ ¾ ¾ Contratto Psicologico • Cavanaugh e Noe (1999) hanno preso in considerazione l’evoluzione dei contratti psicologici tra datore di lavoro e dipendente, i quali oltre a vincoli economici precisi e a breve scadenza contemplano obblighi a lungo termine di tipo relazionale, come la fiducia e lo sviluppo di carriera. • capire come tali nuove componenti relazionali del contratto psicologico si correlino con la soddisfazione del lavoratore non è facile, e i due studiosi ipotizzano, nella loro analisi, che possa essere fonte di soddisfazione per il lavoratore il fatto che l’organizzazione gli metta a disposizione corsi di formazione o un tutor per aiutarlo a sviluppare la propria carriera. Il contratto psicologico (continua) • Si potrebbe indicare come l’insieme di idee, di aspettative e di convincimenti circa lo scambio atteso di fatto nel lavoro, un patto spesso implicito fra individuo, collettività ed impresa. • Costituisce oltre i diritti e doveri di fonte normativa, il “legame ” fra individuo e organizzazione e ad esso si ispirano comportamenti, aspettative, modi di operare nelle imprese …. La formazione del contratto psicologico Insieme di credenze circa gli obblighi reciproci, che si formano in base a (Rousseau,1998): z promesse esplicite; z interpretazioni e inferenze; z apprendimento per osservazione o imitazione; z attenzione all’eccessiva soggettività di tali credenze se non si considerano gli accordi, gli effetti della negoziazione ecc. (Guest, 1998) Natura e funzioni del contratto psicologico a) aumentare i legami tra individuo e organizzazione b) ridurre l’incertezza organizzativa (adeguate rappresentazione dei ruoli) c) aumentare la percezione di poter contare nell’organizzazione d) autoregolare gli investimenti personali nell’organizzazione (commitment e comportamenti extraruolo, come “nuove forme motivazionali”) I contenuti del contratto psicologico Contenuti oggetto di promessa: ¾ obblighi organizzativi (ricavi, informazioni sullo sviluppo, condizioni di lavoro favorevoli ) ¾ b) obblighi del lavoratore (efficacia, efficienza, onestà, lealtà, rispetto, impegno ecc.) La rottura del contratto psicologico ¾ ¾ Per inadempienza Per violazione (in cui si rileva ampiezza maggiore di effetti soggettivi di tipo emozionale: disappunto, risentimento, rabbia, percezione di tradimento) Le possibili cause della rottura del contratto: z z z l’insoddisfazione lavorativa modifiche in negativo del coinvolgimento e dell’impegno modifiche del sentimento di appartenenza e dei comportamenti di cittadinanza organizzativa La percezione di violazione del contratto psicologico Il modello di Morrison e Robinson (1997) Fonti percezione di violazione: Percezione di Percezione che organizzazione ha rinnegate le promesse (Reneging) incongruenza tra credenze del lavoratore e quelle dei rappresentanti dell’organizzazione (Incongruence) Salienza psicologica Livello di vigilanza Effetti percezione di violazione z z z z Reazioni Emotive (disappunto rabbia e senso di tradimento) Turnover Riduzione committment, fiducia e senso di soddisfazione Spostamento verso un contratto transazionale Conclusioni z z z Rilevanza della nozione di contratto psicologico, anche in relazione ai cambiamenti delle relazioni di lavoro, dovuti alla flessibilità occupazionale Esigenza di un nuovo equilibrio tra relazioni collettive e relazioni individuali nei contesti di lavoro (effetti sui processi di sindacalizzazione e sulla rappresentanza dei lavoratori) Possibili conseguenze rischiose sulla protezione sociale e la gestione delle risorse umane GLI ESITI NEGATIVI DELL’ESPERIENZA LAVORATIVA Obiettivi di apprendimento 1) Conoscenze su un insieme di esiti positivi e negativi - del lavorare (si tratta di fattori che retro-agiscono sulla condotta lavorativa e sulla vita quotidiana del lavoratore) 2) Conoscenze di massima su possibili ambiti di intervento professionale dello psicologo, da solo o in collaborazione con altri professionisti Il benessere organizzativo vs … Con il termine benessere organizzativo si intende l’insieme dei nuclei culturali, dei processi, delle pratiche organizzative che animano la dinamica della convivenza nei contesti di lavoro promovendo, mantenendo e migliorando la qualità della vita e il grado di benessere fisico, psicologico e sociale delle comunità lavorative (Avallone, 2003). 9 In questi ultimi anni si è soliti designare con il termine di benessere organizzativo: - lo stato soggettivo di coloro che lavorano in uno specifico contesto organizzativo; - l’insieme dei fattori che determinano o contribuiscono a determinare il benessere di chi lavora. … disagio organizzativo Per disagio organizzativo è possibile intendere qualsiasi dinamica – di natura personale, sociale o istituzionale – che impedisca sistematicamente il raggiungimento degli obiettivi organizzativi e/o che incrini la salute psico-fisica dei collaboratori dell’organizzazione (Vianello, 2004). Prospettive di studio del benessere organizzativo In relazione al tema del benessere organizzativo si sono sviluppati quattro principali approcci che hanno trovato considerazione nella letteratura internazionale. 1. Paradigma dello stress da lavoro, del burnout e del mobbing; sono le aree probabilmente più indagate con un accento posto più sulle capacità dell’individuo di fronteggiare e gestire le situazioni stressanti che sul tipo di ambienti lavorativi che possono causare o alleviare lo stress. Sebbene queste aree di ricerca si siano occupate principalmente di fattori individuali, negli ultimi anni si è osservata una crescente attenzione anche ai fattori organizzativi – condizioni ambientali e situazionali – in termini di possibili fonti di alti o bassi livelli di stress, burnout e mobbing (Karasek & Theorel, 1990; Maslach & Jackson, 1981; Leymann, 1996). 2. Studio della personalità dei manager e della leadership (Maccoby, 1988; Kaplan, 1991); questa prospettiva si basa sull’idea che sia l’individuo ad influenzare l’organizzazione e non viceversa. Quando il manager ha raggiunto una fase della vita in cui ha imparato a gestire positivamente la propria salute, altrettanto positivamente potrà diffondere questo tipo di valore all’interno dell’organizzazione. Prospettive di studio del benessere organizzativo 3. Prospettiva dello sviluppo organizzativo o della riprogettazione organizzativa (Levering, 1988; Lloyd, 1991); l’interesse è rivolto all’ambiente fisico di lavoro, a comprendere come creare luoghi di lavoro efficaci, piuttosto che in salute. 4. Paradigma delle politiche aziendali e organizzative (Jamieson & O’Mara, 1991); l’attenzione è posta sulle politiche aziendali e sulla cultura e il clima del posto di lavoro, da cui deriva la possibilità o meno di controllo e partecipazione da parte del lavoratore, di supporto sociale, di soddisfazione dei bisogni, di salute dell’individuo e dell’organizzazione. Determinanti vs conseguenze del benessere vs malessere organizzativo 9 Determinanti o antecedenti Effetti o conseguenze Cultura Stress (salute psicologica/fisica) Clima organizzativo Mobbing Pos Burnout Efficacia collettiva Turnover Conflitto Altruismo Soddisfazione/insoddisfazione Commitment organizzativo Gli effetti/conseguenze Lo Stress Lo stress occupazionale può essere definito come il risultato di un processo che coinvolge l’individuo nella sua interazione con l’ambiente e si sviluppa attraverso varie fasi: dalla percezione di potenziali fonti di tensione nell’ambiente (stressor), alla produzione di risposte fisiologiche, psicologiche e comportamentali di tensione (stran), fino alla determinazione di conseguenze sia individuali che organizzative (Cooper, 1996). La soddisfazione lavorativa La soddisfazione lavorativa può essere definita come un sentimento di piacevolezza derivante dalla percezione che l'attività professionale svolta consente di soddisfare importanti valori personali connessi al lavoro. Si riferisce ad uno stato emozionale piacevole o positivo che deriva dalla valutazione o dall'esperienza del proprio lavoro (Locke, 1987). L’altruismo Rappresenta una delle due componenti (l’altra è la compiacenza) del costrutto di cittadinanza organizzativa (organizational citizenship). La cittadinanza organizzativa può essere inclusa nei comportamenti extraruolo, ossia non previsti dalla propria mansione professionale e dunque non obbligatori. L’altruismo si riferisce all’aiuto rivolto a persone specifiche dell’Organizzazione (Smith, 1983). Il turnover Si riferisce alla decisione del dipendente di abbandonare l’organizzazione in cui opera. Si può suddividere in fisiologico (funzionale per l’organizzazione che può sostituire lavoratori poco idonei) e patologico (sono i lavoratori capaci ad abbandonare l’organizzazione). Il burnout Può essere definito come uno stato di esaurimento fisico, emozionale e mentale che si sviluppa da una protratta esposizione a situazioni lavorative emotivamente “esigenti” (Schaufeli, Leiter, Maslach e Jackson, 1996). Il mobbing Il mobbing viene definita come una comunicazione ostile e non etica sul posto di lavoro nella quale la persona attaccata viene posta in una situazione di debolezza e aggredita direttamente o indirettamente da una o più persone in modo sistematico, frequentemente e per lungo tempo, con lo scopo e/o la conseguenza della sua estromissione dal mondo del lavoro (Leymann, 1990). Il commitment organizzativo Si riferisce all’impegno dei dipendenti nei confronti dell’organizzazione di cui fanno parte. Secondo il modello di Meyer e Allen (1991) il commitment organizzativo si compone di 3 diverse dimensioni. - Impegno affettivo (affective commitment): è un attaccamento affettivo agli obiettivi e ai valori dell’organizzazione, al proprio ruolo in relazione a tali obiettivi e valori e all’organizzazione nel suo complesso per i suoi interessi indipendenti da quelli puramente strumentali. - Impegno normativo (normative commitment): è una sorta di responsabilità morale verso l’organizzazione. - Impegno per continuità (continuance commitment): emerge dalla percezione di profitto associata con il rimanere a far parte dell’organizzazione e con i costi associati al lasciarla. Fatica, sovraccarico mentale ed errori • Definizione prevalente della fatica fatta in base agli effetti: In generale come stanchezza che si protrae per un tempo più o meno lungo e che può anche divenire “cronica” a)decremento delle capacità di lavoro e delle funzioni cognitive; b)esperienza soggettiva di disagio, disinteresse, avversione verso l’attività, percezione di stanchezza ecc. • Esigenze di distinzione e specificazione delle cause e degli effetti Gli stessi programmi di organizzazione del lavoro, di progettazione e re-design dei compiti e ruoli lavorativi propongono di intervenire. • Fatica organica o fisica: di tipo muscolare dovuta al consumo di riserve di energia con necessità di reintegarzione attarverso il riposo; • Fatica mentale: vissuti spiacevoli conseguenti al lavoro mentale prolungato e relativamente indipendenti dalal fatica fisica. Hancock e Desmond (2001) • “la fatica si riferisce ad uno stato dei muscoli, dei visceri e del sistema nervoso centrale dell’organismo (cause) nel quale le precedenti attività fisiche e/o mentali in assenza di riposo sufficiente (rimedio), determinano una insufficiente capacità cellulare o di energia sistemica (definizione) per mantenere l’originale livello di attività e/o elaborazione usando le normali risorse (conseguenze)” Carico di lavoro mentale • Analogia con il carico di lavoro fisico • È connesso con le attività di percezione, attenzione, memorizzazione e richiamo, elaborazione del compito (problem solving) e ai costi psicologici per attuarlo. Dipende da: a) le richieste/esigenze del compito e risorse disponibili ed investite per risolverlo; (sovraccarico e strategie di compensazione cognitiva) b) lo stato dell’operatore; c) le condizioni di esecuzione dell’attività Misure del carico di lavoro • La valutazione prevede l’utilizzo di differenti metodi combinati: Metodi comportamentali • Si possono considerare gli esiti del lavoro (ad esempio, precisione, numero di errori, posture particolari); tuttavia si tratta di misure approssimative. Più interessante e utile la tecnica del doppio compito (grado di saturazione della capacità lavorativa con compito aggiuntivo) Misure del carico di lavoro Metodi soggettivi Sono utilizzati self-report e scale di valutazione dello sforzo percepito, della presione temporale percepita, del rapporto tra tempo disponibile e tempo richiesto Metodi psicofisiologici Indicatori del consumo di ossigeno, tempi di reazione, potenziali evocati, diletazione della pupilla, pressione sanguigna, battito cardiaco temperatura Tipi di errore umano La classificazione di Reason (1990) • Mistakes: Sono coinvolti i processi di valutazione delle decisioni; sono azioni che non raggiungono lo scopo perché impostate/progettate male, con scarsa attenzione agli obiettivi (knowlwdge-based); • Violazioni: sono errori connessi con l’intenzione di svolgere una data attività. In questo caso si esprime l’intenzione di non rispettare le regole o le procedure; di ignorare le istruzioni (ad esempio, relative alla sicurezza); persino di agire deliberatamente contro l’organizzazione (sabotaggio) (ruledbased); Tipi di errore umano • Slips (disattenzioni), Lapses (dimenticanze): riguardano l’esecuzione di compiti automatizzati. Sono non intenzionali; sono fallimenti dell’esecuzione di una sequenza di azioni soprattutto in condizioni di familiarità (skill based); Lo stress lavorativo L’Agenzia europea per la sicurezza e la salute del lavoro (Cox et aa., 2000) segnala che: oltre il 50% dei lavoratori opera in condizioni di pressione temporale (ritmi); 1/3 dei lavoratori lamenta di non avere controllo sul proprio lavoro; lo stress è al II posto tra i problemi di salute lavorativa; il 23% dei lavoratori dichiara di soffrire di stanchezza generale ecc. I modelli teorici • I modelli teorici dello stress si sono evoluti attraverso una varietà di fasi, enfatizzando inizialmente il ruolo dell’ambiente esterno come fattore determinante nell’esperienza dello stress (modello ambiente sociale di French e Kann, 1962) e successivamente i fattori interni all’individuo nell’influenzare le risposte di stress (modello della risposta di Seyle, 1976), fino riconoscere la necessità di considerare l’interazione tra persona e ambiente esterno (modello interazionista e transazionale). Tre grandi categorie di approcci di studio dello stress lavorativo • • stimolo esterno o interno potenzialmente dannoso (French e Kann, 1962); risposta fisiologica o psicologica ad uno stimolo (Selye, 1976). Lo stress può essere causato da diversi fattori ed è una reazione generalizzata a-specifica ad una minaccia esterna. L’organismo cerca di difendersi attraverso una serie di reazioni fisiologiche che l’A. chiama sindrome generale di adattamento. Selye è stato il primo a proporre la differenza tra eustress (caratterizzato da effetti positivi )e distress (caratterizzato da effetti negativi ), identificando in questo modo il concetto di stress come un normale processo psico-fisiologico finalizzato all’adattamento all’ambiente. Approccio internazionale – lo stress non è un fattore che risiede nell’individuo o nell’ambiente, ma è il risultato di un processo che coinvolge l’individuo durante la sua interazione con l’ambiente, valutando questi contatti e cercando strategie per far fronte a problemi emersi. (Cooper, 2001;Lazarus 1985). Esempi di categorie di stressors • Stressors legati all’ambiente sociale, al contesto organizzativo, al livello di partecipazione e controllo della situazione, al ruolo sociale, alle possibilità di carriera, al rapporto lavoro/contesto esterno, familiare • Stressors legati all’ambiente fisico, ai mezzi di lavoro, al tipo di task design, ai gradi di carico di lavoro, al livello di pressione temporale (ritmi, orari ecc.) Fattori personali che vengono considerati rilevanti nello studio dello stress lavorativo • Caratteristiche di personalità (hardy personality) • Stati transitori (fatica, sovraccarico di lavoro, stati emozionali ecc.) • Stati di maggiore stabilità (stili di pensiero, locus of control e stili di attribuzione) Categorie di conseguenze dello stress lavorativo o esiti di strain Attenzione a esiti acuti e cronici; attenzione agli effetti protettivi delle strategie di coping. Sono gli esiti del coping a decidere l’effetto a lungo termine sull’individuo; effetti motivazionali: 1) disagio psichico; 2) patologie da stress; 3) esiti economici e organizzativi; 4) una specifica sindrome cronica: il burnout; 5) esistenza sociale impoverita (devalorizzazione del lavoro, superlavoro, riduzione delle relazioni sociali, degradazione progetti). Ruolo delle strategie di coping • La percezione di minaccia per il self dei fattori ambientali e la considerazione delle caratteristiche personali attiva lo stato di stress, al quale si contrappongono differenti strategie di coping • Se esse hanno successo, svolgono la loro funzione di preservazione • Se non hanno successo si determinano le conseguenze dette in precedenza (a breve e lungo termine) La prevenzione/gestione dello stress lavorativo Le linee di azione si definiscono considerando con attenzione i “segnali di rischio” che derivano: dalle possibili fonti di stress; dalle caratteristiche personali; dalle strategie di coping usate; dalla situazione lavorativa sperimentata. I programmi di prevenzione/gestione dello stress operano a livello: a) dell’individuo b) dei gruppi di lavoro c) organizzativo Principali aree psicologiche influenzate dalla perdita/mancanza di lavoro • Benessere psicologico (depressione, ansia ecc.) • Sé/identità (minore stima di sé, crisi di identità ecc.) • Rappresentazioni del lavoro (effetti di scoraggiamento, riduzione centralità del lavoro ecc.) • Competenza professionale (obsolescenza, minore attivismo e ricerca del lavoro) • Comportamenti (consumi di alcol, tabacco, psicofarmaci ecc.; più comportamenti trasgressivi; auto-etero aggressività ecc.)