Approfondimento 3.2 Valutare la frequenza dei comportamenti: il recall bias Soprattutto nelle scale per la valutazione di pattern comportamentali di interesse clinico si tendono ad utilizzare affermazioni che descrivono comportamenti specifici e che fanno riferimento a periodi della vita del soggetto più o meno lontani del tempo. In molti casi la risposta da fornire riguarda la frequenza di quel comportamento, come nel caso dell’item “Da adolescente litigavo con i miei genitori”, oppure “A scuola mi capitava di azzuffarmi con gli altri bambini”. Naturalmente possiamo formulare queste affermazioni in modo che circoscrivano un comportamento specifico con una frequenza specifica (“Da adolescente litigavo spesso con i miei genitori”) e indicare di valutarle su di una scala di accordo, ma rimane il problema di chiedere al soggetto di tornare indietro nel tempo con la memoria, valutare la frequenza con cui qualcosa accadeva, e riferircelo. Le problematiche relative al recall bias, ossia l’errore sistematico dovuto alla diversa accuratezza del ricordarsi eventi o esperienze passate, possono riguardare eventi o esperienze diverse per lo stesso soggetto , o gli stessi eventi od esperienze per soggetti diversi. Riferire il proprio comportamento comporta un compito cognitivo più difficile di quanto non appaia ingenuamente, dato che le risposte possono essere influenzate dalla formulazione degli item, dal loro formato di risposta e dal contesto (Schwarz & Oyserman, 2001). La necessità di ottenere informazioni di tipo autobiografico potrebbe non riguardare direttamente gli item del test, ma le informazioni di tipo socio-demografico che corredano lo strumento: in un test per la valutazione degli atteggiamenti alla guida può essere rilevante sapere quanti incidenti ha provocato e in quanti è stato coinvolto il soggetto, in un test per la valutazione del comportamento alimentare si potrebbe voler sapere la frequenza delle abbuffate, in un test sul comportamento di acquisto compulsivo la frequenza d’uso della carta di credito, etc. Al di là dell’intenzione del soggetto di rispondere sinceramente o della sua personale interpretazione degli eventuali quantificatori indeterminati di frequenza, dobbiamo comunque fare i conti col fatto che i Carlo Chiorri, Teoria e tecnica psicometrica. Costruire un test psicologico Copyright © 2011 The McGraw-Hill Companies S.r.l., Publishing Group Italia Approfondimento 3.2 – Valutare la frequenza dei comportamenti: il recall bias 2 ricordi delle persone tendono a deteriorarsi col trascorrere del tempo per una sorta di “economia cognitiva” nei confronti dei ricordi meno rilevanti. Tendenzialmente le persone non registrano in modo indelebile qualunque cosa capiti loro, e in generale gli eventi poco rilevanti sul piano emotivo, o che avvengono con molta frequenza, o che in ogni caso non vengono rievocati spesso in memoria tendono ad essere dimenticati più in fretta (Schachter, 1999). In più, la memoria è un formidabile falsario, per cui, come racconta benissimo la mia amica Manila Vannucci nel suo libro sulle false memorie (Vannucci, 2008), essa non si limita a eliminare porzioni più o meno vaste dei nostri ricordi, ma tende anche a produrne di falsi, distorcendo quello che è realmente accaduto, o addirittura fabbricando il ricordo di qualcosa che non è mai successo. Come mostrato, tra gli altri, da Linton (1982), la memoria autobiografica è lungi dall’essere una collezione casuale di oggetti, ma sembra avere una struttura ben precisa, nel senso che i ricordi sono organizzati in gruppi in relazione fra di loro. Vari autori hanno fornito teorizzazioni e prove empiriche del fatto che la struttura della memoria sia gerarchica, e Conway (Conway & Bekerian, 1987; Conway, 1997; Conway & Pleydell-Pearce, 2000) ha suggerito che essa sia organizzata in tre livelli: periodi della vita (detti anche lifetime periods, extended periods, extenditures, extendedevent time lines), eventi generali (general events, generic events, summarized events, episodes and events) ed eventi specifici (event-specific knowledge o specific events).Questi tre livelli sono collegati fra loro in modo da riflettere l’ordine temporale dei ricordi e i “temi” fondamentali dell’individuo, ossia ciò che per lei o per lui ha più importanza. L’organizzazione degli eventi nella memoria autobiografica avviene mediante una cronologia in cui i periodi della vita sono organizzati in modo sequenziale (ad esempio, dal periodo della scuola a quello dell’età lavorativa a quello della pensione). Tali sequenze riflettono il modo in cui il richiamo alla memoria degli eventi sia una ricerca ordinata temporalmente attraverso i contenuti del sistema della memoria autobiografica. L’organizzazione tematica, invece, avviene mediante raggruppamenti (clusters) attorno agli eventi salienti dell’individuo in tutto il corso della sua esistenza, come vacanze, malattie, lavori, etc. La Carlo Chiorri, Teoria e tecnica psicometrica. Costruire un test psicologico Copyright © 2011 The McGraw-Hill Companies S.r.l., Publishing Group Italia Approfondimento 3.2 – Valutare la frequenza dei comportamenti: il recall bias 3 possibilità di rievocare i ricordi organizzati in base al tema dipende dalla ricerca all’interno di questi raggruppamenti. Sebbene le due forme di organizzazione dei ricordi sembrino essere separate, possono talvolta essere sovrapposte e il processo di rievocazione può avvenire mediante continui passaggi dall’una all’altra. Un individuo, quindi, nel tentativo di richiamare alla mente un particolare evento, può inizialmente cercare all’interno della memoria organizzata cronologicamente in modo da avere accesso ad un particolare periodo della sua vita, e poi passare alla ricerca “per argomento”. La struttura interconnessa dei livelli gerarchici dei ricordi in termini di periodi temporali e di temi personali è riflessa nei contenuti stessi di livelli. I periodi della vita rappresentano periodi estesi della vita della persona organizzati tematicamente. Consistono in livelli generali dell’autobiografia dell’individuo organizzati in base a periodi specifici della durata di anni, come l’infanzia, un periodo vissuto all’estero, un lavoro, il matrimonio, etc. Tale livello comprende anche i ricordi relativi alle persone frequentate in quel lasso di tempo (come i compagni di scuola, gli amici, i colleghi, etc.), i ricordi affettivi (ad esempio, se fu un periodo felice o triste) e quelle che erano le aspirazioni dell’individuo (ad esempio, si sognava di diventare un calciatore famoso). Conway e Bekerian (1997) sostengono che i periodi della vita possono sovrapporsi con le rappresentazioni tematiche e i periodi organizzati cronologicamente. In questo modo, la rappresentazione tematica del tipo “In quel periodo dividevo l’appartamento con il mio amico Andrea” potrebbe sovrapporsi con la sequenza temporale ordinata cronologicamente “Quando lavoravo all’Università di Firenze”. Questo suggerisce che, durante il richiamo alla memoria di un particolare, differenti indizi di accesso possono indicizzare differenti aspetti dei ricordi autobiografici relativi a quel periodo. Questo può essere legato a differenti costellazioni di ricordi organizzati attorno a temi specifici, o persone significative della propria vita, emozioni, desideri e sequenze temporali. I periodi di tempo, dunque, agiscono come potenti indizi per il richiamo in memoria, soprattutto nella produzione di una base di conoscenza autobiografica generalizzata. Carlo Chiorri, Teoria e tecnica psicometrica. Costruire un test psicologico Copyright © 2011 The McGraw-Hill Companies S.r.l., Publishing Group Italia Approfondimento 3.2 – Valutare la frequenza dei comportamenti: il recall bias 4 Il secondo livello della gerarchia dei ricordi è rappresentato da un livello più specifico, quello degli eventi generali. Gli eventi generali consistono in una sorta di “riassunto” di eventi ripetuti o estesi che sono localizzati in un lasso temporale relativamente ristretto, come giorni, settimane o mesi. Un evento ripetuto può essere la settimanale partita di calcio del martedì sera coi colleghi, mentre un evento esteso può corrispondere ad una settimana di crociera nel mar Mediterraneo. I ricordi degli eventi generali sono organizzati tematicamente, come le “prime volte” (prima volta che abbiamo baciato qualcuno, prima volta che siamo stati bocciati ad un esame, prima volta che abbiamo assistito dal vivo alla finale di Champions League, etc.), per quanto si ritenga che questa organizzazione tematica sia supportata da azioni contestualizzanti che forniscono una sequenza cronologica all’esperienza. Reiser e collaboratori (1986) sostengono che le azioni contestualizzate, come ad esempio andare allo stadio, forniscano accesso anche ad eventi meno contestualizzati, come la farcitura del panino mangiato prima di entrare allo stadio. Quando si prova a richiamare ricordi di eventi generali, il richiamo è molto più rapido se gli indizi sono presentati nell’ordine temporale delle azioni contestuali rispetto a quando si prova a ricordare per prime le azioni generali. Un altro fattore fondamentale del ricordo è la sua distintività. Anderson e Conway (1993) sostengono che la distintività consente alle persone di distinguere fra i vari eventi generali ed è il più efficace e rapido indizio per l’accesso alla conoscenza degli eventi generali e alla memoria. Gli elementi richiamati in memoria non sono forniti in rigido ordine cronologico, ma in termini di dettagli distintivi, seguiti da sequenze temporali meno precise. La distintività, in questo senso, è il marchio di fabbrica delle prime esperienze. Gli eventi specifici sono organizzati invece attorno a ricordi sensoriali e percettivi, per cui sono molto dettagliati e specifici, soprattutto in relazione a sentimenti, immagini, azioni e particolari riguardanti l’esperienza sensoriale. Il lasso temporale degli eventi specifici è molto breve, nell’ordine di secondi, minuti o al massimo ore. Essi contengono un riassunto delle esperienze fenomeniche e sono così imbevuti di dettagli sensoriali, soprattutto visivi, uditivi ed emotivi, che spesso generano la sensazione di rivivere l’evento originale. In virtù della ricchezza Carlo Chiorri, Teoria e tecnica psicometrica. Costruire un test psicologico Copyright © 2011 The McGraw-Hill Companies S.r.l., Publishing Group Italia Approfondimento 3.2 – Valutare la frequenza dei comportamenti: il recall bias 5 dell’esperienza sensoriale associata al ricordo, l’individuo ritiene che questo sia un resoconto accurato dell’esperienza, ma in realtà è difficile stabilire l’accuratezza di questo tipo di ricordi, dato che anche eventi immaginati, se molto elaborati e rievocati spesso, possono generare esperienze soggettive simili. Per questo, quando tali eventi vengono rievocati, richiamano istantaneamente anche le esperienze sensoriali associate, fornendo l’impressione che l’evento sia accaduto realmente. Se l’individuo invece ha rimosso le esperienze sensoriali associate ad un evento reale, in genere di tipo traumatico, può arrivare ad ignorare che l’evento è realmente avvenuto proprio perché quando viene invitato a ricordarlo sperimenta la mancanza delle concomitanti esperienze sensoriali. Uno dei compiti fondamentali della memoria è quello di garantire la continuità e la coerenza del proprio vissuto. Poiché però la memoria è fallibile, i vuoti o le ambiguità tendono ad essere colmati in ragione di questa esigenza di coerenza e di stabilità. In pratica, è come se la memoria autobiografica, per mantenersi stabile, contenesse copie esatte di eventi vissuti in precedenza e di ricostruzioni di eventi. Barclay e Smith (1992) sostengono che le persone ricostruiscano il contenuto della memoria autobiografica creando costantemente nuove versioni delle esperienze passate. Questi autori suggeriscono che utilizziamo la conoscenza generale delle esperienze passate per generare inferenze plausibili e probabili rispetto a quello che potrebbe essere accaduto. Inoltre, queste inferenze tendono a conformarsi con il carattere generale dell’evento originale, per cui possono essere molto inaccurate per quanto riguarda i dettagli. Il ricordo autobiografico, poi, dipende anche dalla fase di sviluppo in cui l’evento è avvenuto. La memoria narrativa di eventi personali comincia a svilupparsi fra i due e i tre anni, insieme allo sviluppo del linguaggio e del senso del sé. Terr (1988) ha mostrato che i bambini in età prescolare che non riescono a rievocare gli eventi tendono a ricostruire i propri ricordi. La capacità cognitiva per la memoria narrativa autobiografica si sviluppa dopo i tre anni: in questa fase è rudimentale e organizzata sommariamente, ma diviene più dettagliata con l’età. Quando ripensiamo alla nostra prima infanzia, a volte abbiamo l’impressione di non ricordare niente, mentre in altre occasioni i ricordi sono vividi Carlo Chiorri, Teoria e tecnica psicometrica. Costruire un test psicologico Copyright © 2011 The McGraw-Hill Companies S.r.l., Publishing Group Italia Approfondimento 3.2 – Valutare la frequenza dei comportamenti: il recall bias 6 e dettagliati: se l’oblio non necessariamente nasconde un trauma, allo stesso modo non dobbiamo fidarci troppo dei ricordi che appaiono precisi, dato che potrebbero essere solo eventi immaginati. Quando chiediamo al soggetto di fornirci informazioni su un certo comportamento, come la frequenza generica con cui utilizza la carta di credito o assume alcol, ci aspettiamo che lei o lui (1) comprenda la domanda, (2) identifichi il comportamento di interesse, e (3) recuperi gli episodi pertinenti in memoria. Se però chiediamo anche la frequenza effettiva, facciamo ulteriormente affidamento sul fatto che il soggetto (4) identifichi correttamente il periodo di riferimento (ad esempio, nell’ultimo mese o nell’ultima settimana), (5) cerchi in questo periodo di riferimento di rievocare tutti gli episodi pertinenti del comportamento, (6) collochi correttamente nel tempo questi episodi per determinare se cadono nel periodo di riferimento, (7) conti correttamente tutti gli episodi per fornire la risposta, (8) inserisca correttamente questa informazione nelle alternative di risposta fornite e (9) indichi la risposta sinceramente. Posto che il soggetto sia così disponibile da impegnarsi in tutte queste fasi, non possiamo ignorare che questa procedura richiede tempo, e che non per tutti i comportamenti il compito è ugualmente facile, dato che il ricordo di alcuni comportamenti tende ad essere cancellato poiché essi non sono salienti o degni di una qualche rilevanza per il soggetto. Solo che se il soggetto risponde, la risposta potrebbe essere il risultato di tutta una serie di strategie di inferenza e stima che possono facilmente essere vittima di distorsioni. Schwarz e Oyserman (2001) hanno proposto un’esauriente rassegna di tutti i problemi connessi al formulare item con contenuto comportamentale, e hanno individuato cinque aree critiche: 1. Comprendere la domanda. Le persone, non mi stancherò mai di dirlo, non rispondono agli item come ci immaginiamo noi, ma in base a quello che comprendono dell’item e alle proprie valutazioni personali. Domande non abbastanza specifiche possono quindi dare adito ad una molteplicità di interpretazioni. Pensiamo ad un item come “Ho difficoltà a prendere decisioni banali”. Se il comportamento non viene adeguatamente contestualizzato, il soggetto tenderà a riferirlo all’area per lui o per lei più saliente (ad esempio, lavoro o vita quotidiana), senza però che noi possiamo saperlo. Inoltre, quanto deve essere grande questa difficoltà? Tale ambiguità Carlo Chiorri, Teoria e tecnica psicometrica. Costruire un test psicologico Copyright © 2011 The McGraw-Hill Companies S.r.l., Publishing Group Italia Approfondimento 3.2 – Valutare la frequenza dei comportamenti: il recall bias 7 viene risolta dai soggetti mediante il riferimento alla scala di risposta: una scala di risposta a bassa frequenza (meno di una volta l’anno → meno di una volta al mese) indurrà a considerare difficoltà molto grandi, mentre una scala ad alta frequenza (qualche volta al mese → tutti i giorni) indurrà a considerare anche gli episodi in cui la difficoltà esperita è minima. Queste scale di risposta però veicolano anche un’altra informazione: il periodo di riferimento sembra infatti essere indefinito. Se delimitiamo questo periodo ad un anno, un mese o una settimana, induciamo nuovamente un atteggiamento diverso rispetto alla rilevanza degli episodi, in quanto più è esteso il periodo di riferimento, più il soggetto tenderà a fare riferimento agli episodi più intensi o importanti. Inoltre, la frequenza con cui può essere riportata questa informazione è influenzata dal contenuto degli altri item: per quanto ci illudiamo che i soggetti dimentichino la risposta all’item precedente quando devono rispondere a quello in questione, questo non avviene praticamente mai. La frequenza dell’avere difficoltà a prendere decisioni avrà quindi un rilevanza diversa quando confrontata con difficoltà a prendere sonno o difficoltà a rispettare le scadenze. Addirittura, Schwarz e Oyserman (1999) riferiscono che persino il titolo del test o il dichiarare per quale istituto o università lavorano gli sviluppatori del test possono arrivare ad influenzare le risposte. In pratica, le risposte agli stessi item presentati come item di un test di personalità (generico) o di un test per la valutazione dei disturbi della personalità (specifico) subiranno l’influenza dell’atteggiamento dei soggetti nei confronti del costrutto. E’ quindi utile fornire informazioni abbastanza generiche e non specificare nel dettaglio quale tipo di costrutto il test intende misurare. 2. Rievocare il comportamento rilevante. I soggetti difficilmente tornano indietro nel tempo con la memoria, cercano nel lasso temporale indicato, individuano gli episodi comportamentali in questione e li contano, a meno che non siano eventi particolarmente salienti e il loro numero sia basso. Questo avviene perché: (a) la memoria si deteriora col tempo, anche quella di eventi nella nostra percezione salienti come un’ospedalizzazione; (b) se il comportamento è molto frequente, la memoria di ogni singolo episodio è indistinguibile e confusa all’interno dir rappresentazione Carlo Chiorri, Teoria e tecnica psicometrica. Costruire un test psicologico Copyright © 2011 The McGraw-Hill Companies S.r.l., Publishing Group Italia Approfondimento 3.2 – Valutare la frequenza dei comportamenti: il recall bias 8 globale priva di precisi riferimenti temporali; (c) l’organizzazione gerarchica della memoria autobiografica fa sì che perché l’episodio sia rappresentato al livello degli eventi specifici occorre che sia molto insolito. L’organizzazione gerarchica permette la rievocazione di eventi passati attraverso differenti processi che lavorano in senso top-down, sequenzialmente all’interno dei temi fondamentali dell’individuo che unificano i periodi di vita, e in parallelo fra i temi fondamentali che coinvolgono eventi contemporanei e sequenziali (Belli, 1998). Per facilitare il ricordo, si può rendere molto specifico e delimitato il periodo in questione, dato che periodi estesi favoriscono il tirare a indovinare o a fare stime grossolane, però quanto più sarà ristretto tale lasso di tempo, tanto più sarà probabile che la frequenza riferita dal soggetto sia zero. Gli indizi che possono facilitare il ricordo sono il chiedere cosa accadde, dove, e chi era presente (ad esempio, Wagenaar, 1986): tali indizi, tuttavia, devono essere esaustivi e compatibili con una corretta interpretazione della domanda. Ad ogni modo, la frequenza di episodi rari tende ad essere sovrastimata, mentre quella di episodi molto frequenti ad essere sottostimata. La decomposizione della domanda, così come concedere tempo sufficiente per fornire la risposta e aumentare la motivazione del soggetto, può aiutare ad aumentare l’attendibilità delle stime: se chiedete a qualcuno quante volte è andato al cinema nell’ultimo anno, la stima sarà accurata solo c’è andato poche volte, mentre se c’è andato molte volte potrebbe essere utile chiedere la frequenza dei tipi di film visti (commedie, drammi, horror, etc.). Se però utilizziamo la somma di tutte queste frequenze specifiche per ottenere una stima globale del numero di volte in cui il soggetto è andato al cinema, la potenziale sovrastima delle relativamente rare frequenze di ogni tipo di film tenderà a produrre a sua volta una sovrastima globale. Di fatto, quindi, la decomposizione aumenta il valore di frequenza riferito, ma non necessariamente la sua accuratezza. E’ stato trovato poi che la rievocazione è migliore quando si chiede ai soggetti di concentrarsi inizialmente sugli episodi più recenti e andare poi indietro nel tempo, invece del Carlo Chiorri, Teoria e tecnica psicometrica. Costruire un test psicologico Copyright © 2011 The McGraw-Hill Companies S.r.l., Publishing Group Italia Approfondimento 3.2 – Valutare la frequenza dei comportamenti: il recall bias 9 contrario (Whitten & Leonard, 1981).Questo sembra essere dovuto al fatto che la memoria per eventi recenti è migliore, e può fungere da indizio per eventi simili più lontani nel tempo. Questo vantaggio, però viene perso per eventi che hanno un preciso ordine cronologico sequenziale, per cui occorre necessariamente partire dall’inizio. Alcuni autori, come ad esempio Bradburn e collaboratori (1987), sconsigliano di riferirsi, come spesso invece si fa, all’ultima settimana, mese od anno, e dato che le date precise non aiutano il ricordo, suggeriscono di fare riferimento a periodi relativi ad eventi salienti personali o pubblici, detti temporal landmarks (Loftus & Marburger, 1983). Tali marcatori possono essere le vacanze di Natale o il periodo in cui hanno avuto luogo i Mondiali di Calcio, ma per quanto la ricerca abbia dimostrato la loro efficacia, non sempre siamo nella condizione di poterli individuare. Una strategia che ha mostrato particolare efficacia è l’event history calendar (Belli et al., 1998). Per esempio, per aiutare le persone a ricordare il consumo di alcol nel corso dell’ultima settimana, viene fornito loro un calendario con una griglia che presenta una colonna per ogni giorno della settimana, e una riga per ogni contesto potenzialmente rilevante. Per ogni giorno viene chiesto che cosa si è fatto, chi era presente, se si è mangiato fuori, e così via. In questo modo si cerca di ottenere un insieme molto ricco di indizi contestuali, che favoriscono il ricordare gli episodi di interesse. Tale metodo è stato sviluppato soprattutto per migliorare il ricordo dei periodi di vita, ma può essere adattato anche per periodi più brevi. Il principale svantaggio è che può richiedere molto tempo per essere messo in pratica. 3. Inferenza e stima. Data la difficoltà a recuperare i ricordi rilevanti per la domanda a cui devono rispondere, i soggetti tendono ad utilizzare varie strategie per “riempire i buchi”. Inoltre, le stime tendono ad essere arrotondate a multipli di 5 o 10 nel caso di comportamenti particolari, o a valori di 7, 15 e 30 nel caso dei giorni, per cui tali valori sono a volte considerati come prove di non accuratezza (Huttenlocker et al., 1990). Carlo Chiorri, Teoria e tecnica psicometrica. Costruire un test psicologico Copyright © 2011 The McGraw-Hill Companies S.r.l., Publishing Group Italia Approfondimento 3.2 – Valutare la frequenza dei comportamenti: il recall bias 10 Le procedure di decomposizione temporale citate in precedenza spesso possono essere utilizzate spontaneamente, e in base alle frequenze di ciò che effettivamente viene ricordato viene generata una stima in riferimento ad un periodo del quale il ricordo è più sbiadito. In assenza di informazione episodica rilevante, però, i soggetti tendono a fare riferimento alle loro assunzioni sul mondo, o “teorie soggettive”. Spesso, quindi, si basano sul comportamento attuale come termine di paragone per quello passato, valutando se c’è stato o meno un cambiamento: se assumono di no, utilizzano la stima del comportamento attuale, altrimenti la aggiustano in relazione a questo. Sfortunatamente, non è detto che la percezione dell’avvenuto cambiamento sia accurata, per cui, se il soggetto è convinto che il cambiamento ci sia stato, in ogni caso tenderà a distorcere la stima del suo comportamento. Tale effetto è particolarmente pronunciato quando i soggetti ricevono un trattamento, un intervento o qualunque altro tipo di situazione che presupponga la produzione di un cambiamento, anche in assenza di questo (Ross, 1989). Quando la stima della frequenza del comportamento non riguarda se stessi, ma gli altri − cosa abbastanza comune nel caso in cui i soggetti in questione siano bambini, da cui la necessità di avere informazioni da terze parti quali genitori, insegnanti o peers − l’accordo della stima dell’osservatore con quella del soggetto è maggiore quando entrambi sono stati coinvolti nell’episodio, e diminuisce in funzione di quanto osservatore e soggetto hanno discusso della cosa. Un accordo maggiore, però, può anche essere il risultato di un periodo di riferimento molto esteso, in cui sia osservatore che soggetto utilizzano delle stime basate su inferenze, da cui un accordo dovuto in principal modo alla comune strategia di rievocazione. Watson (1982) presenta un’articolata rassegna degli studi che hanno mostrato come gli osservatori che devono riferire della frequenza di comportamenti osservata in un soggetto si basino su una teoria implicita della personalità del soggetto, ossia sulla loro percezione del “tipo di persona” che è il soggetto. In questo senso, le risposte dell’osservatore derivano principalmente dalla conoscenza generale del soggetto, per cui saranno sì coerenti, ma non necessariamente accurate, come Carlo Chiorri, Teoria e tecnica psicometrica. Costruire un test psicologico Copyright © 2011 The McGraw-Hill Companies S.r.l., Publishing Group Italia Approfondimento 3.2 – Valutare la frequenza dei comportamenti: il recall bias 11 potrebbe essere il caso delle informazioni fornite dai diversi insegnanti sulla frequenza di comportamenti aggressivi di un bambino con la fama di essere violento. In questo caso, per l’euristica della rappresentatività, i comportamenti aggressivi di quel bambino saranno particolarmente salienti in quanto confermano una teoria, e in quanto salienti tenderanno ad essere ricordati con più facilità. L’euristica della disponibilità, a questo punto, fa sì che, quanto più è facile da ricordare un episodio, tanto più frequente, probabile e/o recente apparirà all’osservatore (Tversky & Kahneman, 1973). Come abbiamo già visto, poi, anche la scala su cui valutare la frequenza dei propri comportamenti tende a distorcere le risposte dei soggetti, e questo sembra essere un effetto ubiquo, nel senso che è riscontrabile nei comportamenti relativi alla salute, alla fruizione di media come la televisione, ai comportamenti sessuali e al consumo di sostanze. Tale effetto è tanto più forte quanto più debole è la rappresentazione del comportamento in memoria (Menon et al., 1995). Inoltre, i soggetti inferiscono dalla scala di risposta quella che potrebbe essere la frequenza media della popolazione, e tenderanno a basare le stime del proprio comportamento in relazione a questo livello. Rothman e collaboratori (2001) hanno chiesto ad alcuni soggetti di valutare il numero di partner sessuali su scale ad alta o bassa frequenza. Poi, hanno chiesto a tutti di valutare la probabilità di aver contratto l’HIV. I soggetti che avevano risposto alla prima domanda su una scala a bassa frequenza e si erano valutati come sopra la media quanto a numero di partner indicarono un rischio maggiore rispetto a coloro che, a parità di numero effettivo di partner sessuali, si erano valutati come inferiori alla media sulla scala ad alta frequenza. La valutazione della frequenza dei propri comportamenti su una scala, quindi, dipende dall’effettiva frequenza, dalla stima che ne viene fatta in base ai ricordi, dagli ancoraggi della scala e dalle inferenze circa il comportamento altrui. 4. Fornire la risposta in base alla scala. Delle possibili distorsioni relative alle scale di valutazione abbiamo già parlato in precedenza. In altri casi, si chiede al soggetto di indicare, fra Carlo Chiorri, Teoria e tecnica psicometrica. Costruire un test psicologico Copyright © 2011 The McGraw-Hill Companies S.r.l., Publishing Group Italia Approfondimento 3.2 – Valutare la frequenza dei comportamenti: il recall bias 12 una serie di alternative, quali corrispondono al suo caso in termini di Sì/No, o Vero/Falso. E’ stato osservato che in un test scritto auto-somministrato un’alternativa tende ad essere scelta con maggiore probabilità quando è presentata all’inizio di una lista, rispetto a quando viene presentata alla fine. Schwarz e collaboratori (1994) hanno chiesto a due gruppi di soggetti di riferire cosa avevano fatto il sabato precedente (da 2 a 4 giorni prima) mediante una lista di 28 attività. Il 34% dei soggetti ha riferito di essersi dedicato al proprio lavoro quando l’item era all’inizio della lista, mentre lo stesso item è stato indicato solo dal 25% del gruppo che lo aveva alla fine della lista. Tale fenomeno è noto come primacy effect, e può essere dovuto ad un maggior impegno dedicato a considerare le risposte ai primi item di una lista, all’interferenza che subiscono gli item successivi a causa dello sforzo impiegato per i primi, all’impressione che, una volta indicati alcuni tra i primi item, il numero di risposte fornite sia sufficiente, da cui una minore probabilità di indicarne di ulteriori. E’ interessante notare come quando gli item vengono invece letti al soggetto, da cui un formato uditivo invece che visivo, si osserva il fenomeno opposto, ossia un recency effect. Krosnick e Alwin (1987) sostengono che quando gli item devono essere ascoltati, i primi item vengono ponderati di meno perché occorre prestare attenzione ai successivi. Alla fine della lista, quindi, gli ultimi sentiti hanno maggiori probabilità di essere scelti perché più presenti in memoria, e questo effetto è più frequente per le persone anziane (Schwarz et al., 1999). Cambiare l’ordine di presentazione delle alternative per ogni soggetto oppure chiedere di rispondere Sì/No ad ogni alternativa aiuta a contenere gli effetti di primacy e recency. 5. Rielaborare la risposta. Anche se la rievocazione in memoria della frequenza è avvenuta correttamente, le persone potrebbero comunque a fornire risposte non accurate, per tutta una serie di motivi non necessariamente legati alla loro sincerità. Tali effetti sono discussi nel testo cartaceo. Carlo Chiorri, Teoria e tecnica psicometrica. Costruire un test psicologico Copyright © 2011 The McGraw-Hill Companies S.r.l., Publishing Group Italia