Una vergogna
italiana?
editoriale di Fiore Crespi
presidente nazionale Anlaids
Newsletter d’informazione dell’Associazione nazionale per la lotta contro l’Aids
numero 41 • agosto 2012 - per ricevere la newsletter, inviare una mail a: [email protected]
H
XIX C ONFERENZA I NTERNAZIONALE A IDS -
A NTHONY S. FAUCI ,
Verso la fine dell’Aids
DI
DIRETTORE DEL
NIAID, NIH, B ETHESDA , M ARYLAND, USA
o avuto l’onore della lettura scientifica plenaria di apertura del lunedì alla 19esima
Conferenza internazionale Aids di Washington. L’ultima volta che il meeting si è svolto in
questa città è stato 25 anni fa e l’umore generale era completamente diverso. Nel 1987
la nostra conoscenza scientifica su questa epidemia che stava esplodendo era appena agli inizi.
Anthony Fauci. foto di Giulio Maria Corbelli
gno della terapia non la stanno ricevendo. Negli Stati Uniti,
più di 1,1 milioni di persone sono infettati con l’Hiv e il 20
percento non ne è consapevole. Questo gruppo inavvertitamente trasmette la maggioranza delle circa 50.000 nuove
infezioni che hanno luogo ogni anno negli Stati Uniti. I ricercatori e i dipartimenti di sanità stanno seguendo nuovi
approcci per testare le persone per l’infezione da Hiv e fornire il trattamento e la cura oltre al supporto che permette
agli individui infettati di massimizzare i benefici dei servizi
medici e sociali. Come è già stato detto alla conferenza, questi sforzi sono in corso qui a Washington, in altre città statunitensi con alti tassi di infezione da Hiv e in altre nazioni.
Molte vite vengono oggi salvate.
Oltre al loro ruolo salvavita come terapia, i farmaci antiretrovirali possono anche prevenire l’infezione da Hiv. Abbassando sensibilmente i livelli di virus, essi riducono
drasticamente il rischio che le persone infette lo trasmettano ai loro partner sessuali o, in caso di donne in gravidanza, ai loro bambini. Questo concetto è stato provato
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AIDS 2012
Ciò che è stato raggiunto da allora ha incoraggiato gli organizzatori ad assegnare alla
conferenza di quest’anno il tema Turning the Tide Together (“Invertiamo la rotta insieme”)
e mi ha permesso di parlare della possibilità di porre termine alla pandemia di Aids.
Gli avanzamenti medici di cui si è parlato in questo meeting sono il frutto di un’avventura
scientifica durata 30 anni e caratterizzata dal continuo progresso nella comprensione
dell’Hiv e di come il virus causi la malattia, dallo sviluppo di
strumenti per il trattamento e la prevenzione, dalla valutazione di questi interventi in studi clinici controllati e dalla
loro implementazione nelle comunità di tutto il mondo. Ciò
che si staglia nella mia mente dalle presentazioni di questa
settimana è che gli interventi che si sono dimostrati efficaci
in studi clinici controllati stiano adesso – e sempre più – dimostrando la loro efficacia al di fuori del contesto ristretto
della ricerca clinica, nel mondo reale, nelle comunità ricche
come in quelle povere. I frammenti di questo mosaico si
stanno finalmente componendo.
Più di 8 milioni di persone nei paesi a medio e basso reddito
stanno ricevendo farmaci antiretrovirali salvavita. Questi medicinali hanno evitato 840.000 morti solo nel 2011, uno dei
più straordinari risultati nella storia della sanità pubblica.Tuttavia, 9 milioni di persone infettate con l’Hiv che hanno biso-
P
iù di quanto
sia
avvenuto nelle
edizioni precedenti, la
Conferenza
internazionale
Aids di
Washington ha
rappresentato
un’occasione
per riflettere su
dove siamo arrivati nella lotta
all’Aids e dove
possiamo
andare. Come afferma Anthony
Fauci nel suo
editoriale
apparso sul Washington Post e
tradotto per Anlaids su questa
newsletter, “La
comunità
globale ha una opportunità storica
basata su solide
evidenze scientifiche per porre
fine alla pandemia di Aids,
aprendo le porte
a una generazione
libera
dall’Aids”. Oltre
all’eccitazione di
sapere che, per
la prima volta,
E DITORIALE DI A NTHONY FAUCI
segue da pag. 1
AIDS 2012
da studi clinici rigorosi e questa settimana abbiamo recepito
nuove evidenze su come i risultati possono essere persino
più robusti di quanto riportato in precedenza. Abbiamo
anche visto le prove dei benefici in termini di sanità pubblica
nel mondo reale a livello di comunità locale, regionale e nazionale. Dovunque, all’aumentare della copertura del trattamento antiretrovirale, l’incidenza di nuove infezioni da Hiv
diminuisce. Il trattamento come prevenzione dell’infezione,
se correttamente implementato ed utilizzato assieme ai preservativi e ad altri strumenti efficaci, rallenterà significativamente l’andamento della pandemia.
Un altro approccio preventivo scientificamente provato è la
circoncisione maschile volontaria, che riduce il rischio di contrarre l’infezione da Hiv per un maschio eterosessuale del 5060 %,un effetto che aumenta con il tempo.Stiamo osservando
una riduzione dell’incidenza di Hiv in Africa dove la circoncisione dei maschi adulti è aumentata come parte di un’ampia
strategia di prevenzione dell’infezione da Hiv.
Alcuni studi hanno anche dimostrato che le persone ad alto
rischio d’infezione da Hiv possono ridurre questo rischio prendendo una pillola antiretrovirale al giorno, metodo conosciuto come “profilassi pre-esposizione” o PrEP. La
Food and Drug Administration ha recentemente approvato una compressa che combina due farmaci antiretrovirali per la PreP in alcuni gruppi ad alto rischio
d’infezione in associazione all’uso di preservativi e
altri strumenti di prevenzione. Anche gli antiretrovirali utilizzati come microbicidi a livello di mucosa
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genitale si sono dimostrati promettenti come strategia PrEP e, come annunciato
questa settimana, sono in corso studi in cui i farmaci vengono somministrati localmente da anelli vaginali che vengono sostituiti solo una volta al mese. Come
accade per tanti strumenti di trattamento e prevenzione, la loro efficacia come
PrEP è direttamente proporzionale a quanto le persone osservano correttamente il regime prescritto, a sottolineare quanto sia necessario tenere conto
dei fattori comportamentali per qualsiasi tipo di intervento. Quindi il successo
di questi approcci di PrEP sarà basato sia sullo sviluppo scientifico che su di
un’adeguata educazione comportamentale relativa alla loro assunzione.
Alcune grandi sfide della ricerca rimangono, soprattutto nello sviluppo di un vaccino e
di una cura definitiva dell’infezione da Hiv.Tuttavia, persino senza un vaccino o una cura
definitiva, è diventato chiaro questa settimana che la scienza ci ha fornito gli strumenti di
cui abbiamo bisogno per mutare drasticamente il corso della pandemia di Hiv/Aids e
alla fine porre termine all’Aids. Qualsiasi argomentazione sull’impossibilità di raggiungere
questo scopo per mancanza di strumenti scientificamente provati non è più valida. La
scienza ci ha fornito gli strumenti. Ora devono essere utilizzati appropriatamente.
Porre fine alla pandemia di Hiv è una sfida enorme e dalle molte sfaccettature, ma sappiamo che è possibile. Tuttavia, ciò non accadrà spontaneamente. Quest’obiettivo richiederà un impegno globale delle nazioni, dei governi e delle comunità per rafforzare
i rispettivi sistemi sanitari e costruire le infrastrutture necessarie a fornire terapia e
prevenzione per l’infezione da Hiv. C’è bisogno che coloro che hanno investito per raggiungere questi obbiettivi e i loro partner proseguano nel loro impegno, e c’è bisogno
che nuove organizzazioni e nuove nazioni si mettano finalmente in gioco. Dobbiamo
potenziare ciò che funziona ed eliminare ciò che non funziona, superare le barriere
legali e politiche e rimuovere la discriminazione associata all’infezione da Hiv.
La comunità globale ha un’opportunità storica fondata su solide evidenze
scientifiche per porre fine alla pandemia di Aids, aprendo le porte a una generazione finalmente libera dall’Aids.
L
XIX C ONFERENZA I NTERNAZIONALE A IDS -
INTERVISTA A J ENS
L UNDGREN ,
C OPENHAGEN H IV P ROGRAMME
Che pensa la politica europea della lotta all’Aids?
Ma gli USA sono anche il principale protagonista
della lotta globale all’epidemia: la Casa Bianca
non ha mai fatto mancare gli investimenti e l’impegno politico per fermare il diffondersi dell’infezione nel mondo e anche durante la
conferenza gli interventi di personaggi come la
Segretaria di Stato Hillary Clinton, la portavoce
dei Democratici al Congresso Nancy Pelosi, l’ex
first lady Laura Bush e altri ancora hanno confermato l’attenzione che la politica USA dà all’emergenza Aids. Per comprendere meglio le
differenze che esistono con l’approccio europeo, abbiamo rivolto alcune domande a Jens
Lundgren, direttore del Copenhagen Hiv Programme, eletto recentemente rappresentante
europeo nel Consiglio di Governo della International Aids Society.
La conferenza di Washington si è caratterizzata per il fatto di voler lanciare come
obiettivo concreto la possibilità di lavorare per una Aids-free generation. Che
senso ha questo obiettivo nel contesto
europeo?
Mi colpisce sempre, quando vengo in queste conferenze, come gli Stati Uniti vogliano davvero essere
leader nel mondo e lo siano in realtà per molti
aspetti: nel campo dell’Hiv hanno preso impegni seri
per cercare di fermare l’epidemia e mettono molti
sforzi in questo, comportandosi come una nazione
con una chiara politica, capace di mettere in campo
gli strumenti per realizzarli. Ma se osserviamo cosa
accade all’interno degli Stati Uniti troviamo una si-
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AIDS 2012
Jens Lundgren. foto Joachim Rode per Dagen Medicin
a XIX Conferenza internazionale Aids che si è svolta a Washington dal 22 al 27 luglio
è stata non solo un appuntamento per tutti coloro che, in ogni paese del mondo,
si occupano di Hiv ma anche un’occasione per puntare i riflettori sulla situazione
statunitense. Il paese dove è “nata” l’epidemia, continua ad essere ancora oggi uno dei
più colpiti, con tassi di incidenza in alcune zone pari a quelli dell’Africa Sub Sahariana e
infezioni prevalenti in popolazioni come quella degli MSM di colore, davvero spaventose.
INTERVISTA A
segue da pag. 3
J ENS LUNDGREN
AIDS 2012
tuazione terribile: le barriere all’accesso alle terapie fanno uso di droghe e che vivono con l’Hiv, per la diffusione della tubercolosi
sono enormi per buona parte della popolazione, l’in- multi-resistente e altro ancora. Sarebbe molto importante se ci fosse un impecidenza che si registra in certe aree del Distretto di gno politico serio determinato ad affrontare questi problemi. Chi si occupa di
Columbia è superiore a quella dei paesi dell’Africa Sub Hiv può cercare di fare il massimo per arrestare questo problema ma se non
Sahariana, e altre questioni anc’è la volontà politica di mettere l’Hiv tra le
cora sembrano siano state afpriorità in agenda sarà per lo meno più diffifrontate ma certamente non
cile ottenere qualche risultato. Abbiamo birisolte. Confrontando questo
sogno di leadership. La differenza maggiore
con la situazione europea, non
che c’è tra gli Stati Uniti e l’Europa è che qui
vedo lo stesso tipo di leadership
c’è una leadership politica articolata con
da parte dei politici del Vecchio
molte risorse impiegate per questo scopo;
Continente; abbiamo sentito la
possiamo discutere se la strategia impiegata
Segretaria di Stato del governo
è la migliore, e io sono molto critico su alObama, Hillary Clinton, prencune delle iniziative prese dagli USA, ma non
dere degli impegni seri e articoposso non sottolineare che qui si vede un
lati nella lotta all’Aids. Io non ho
impegno politico che non vediamo invece in
mai sentito niente di così articoEuropa. Qualcuno della Commissione Eurolato da parte dei leader politici
pea o dei meeting di alto livello europeo in
in Europa. Questo pone due tipi
cui si discutono i problemi economici, che
di problemi: da un lato in Europa Hillary Clinton alla XIX Conferenza internazionale Aids, foto di Giulio Maria Corbelli sono sempre il cuore della questione, donon c’è una visione globale di ciò
vrebbe capire che le malattie trasmissibili
che serve per fermare l’infezione da Hiv, dall’altro al- sono un problema che attraversa tutta l’Europa e non credo che stiamo affronl’interno dell’Unione Europea ci sono molte criticità tando questo problema tanto quanto dovremmo. Se pensiamo a Vienna nel 2010
nell’epidemia, a partire dal numero di late presenters o a Roma l’anno scorso, c’è forse stato un grande impegno da parte dei leader
che, secondo uno studio presentato qui a Washington, politici europei? Direi proprio di no. Qui invece c’è un’enorme attenzione da
si aggira intorno al 50%. C’è anche un grave proparte della politica.
blema nell’Europa orientale per l’accesso al tratcontinua a pag. 5
tamento, per la discriminazione delle persone che
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INTERVISTA A
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J ENS LUNDGREN
La FDA ha appena approvato l’uso di Truvada come profilassi pre-esposizione negli USA. Pensa che si tratti di uno
strumento importante per fermare la diffusione dell’infezione? E che atteggiamento si adotterà in Europa?
No, non penso che la PreP sia la soluzione all’epidemia di Hiv. È uno strumento di prevenzione, funziona se lo assumi correttamente, ma il problema
è chi lo dovrebbe prendere e per quanto tempo e quale attenzione medica
ci deve essere mentre una persona prende questi farmaci. Non si tratta di
una pillola che puoi semplicemente dare alle persone senza preoccuparti
di altro, perché presenta effetti collaterali e altri problemi. Quindi a chi
darla e per quanto tempo? Ci sono molte più persone sieronegative di
quante siano sieropositive: come scegliamo a quali sieronegativi darlo? Ciò
di cui abbiamo bisogno è quella che chiamo “implementation research”
sulla PreP.
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AIDS 2012
Un altro argomento centrale di questa conferenza è la ricerca sulla cura: è corretto pensare che in questo campo ci
si stia muovendo più velocemente negli Stati Uniti rispetto
all’Europa?
Negli USA si parla molto di cure research e vi si investono anche molti
soldi, ma non mi è chiaro se si stiano sviluppando interventi efficaci per
curare i pazienti. Probabilmente l’approccio statunitense è più articolato
e c’è anche più consapevolezza nei decisori politici per attivare investimenti ma per essere sincero credo che abbiamo bisogno di vera innovazione; e questo è un obiettivo molto bello ma assai difficile. Perciò abbiamo
bisogno che i migliori cervelli del mondo si mettano a lavorare su questo
e non credo che faccia molta differenza se stiano in Europa, Stati Uniti,
Singapore o Australia.
A proposito di Australia, la prossima
conferenza internazionale si terrà a Melbourne nel 2014, mentre l’anno prossimo la IAS organizza la conferenza a
Kuala Lumpur, in Malesia. Tre anni lontani dall’Europa indicano che la mancanza di impegno da parte dei leader
europei pesi nell’organizzazione delle
attività della IAS?
Sappiamo che i diritti umani sono profondamente violati in Russia e quando viaggio in quel paese e incontro
le persone con Hiv così malate mi ricordo di quando
ero un giovane dottore nel mio ospedale e non potevo fare niente per aiutare i miei pazienti. A Kiev,
dove si sono appena svolti i campionati europei, il governo sta lasciando soli migliaia di giovani che fanno
uso di droga o MSM, i loro diritti umani di base sono
regolarmente violati fino a provocarne la morte. Abbiamo stimato che nel 2010 100.000 giovani sono
morti per l’Hiv in Europa orientale, cioè per una singola malattia prevenibile. Non si è mai visto una catastrofe del genere in Europa fin dalla seconda guerra
mondiale e ad oggi la situazione sta solo peggiorando
perché l’accesso alle cure è scarso, le infrastrutture
sanitarie non funzionano, le trasmissioni continuano,
sempre più gente si infetta e le persone muoiono.
Continuare a ignorare il problema non fa che renderlo più grave.
L
XIX C ONF ER ENZA I NT ER NAZIONALE A IDS -
INTERVI STA A
J O S EPH A MO N , H U MAN R I G H T S WATC H
“Niente funziona se non si rispettano i diritti”
e conferenze internazionali Aids, oltre ad essere un’occasione per presentare e
condividere gli avanzamenti scientifici, puntano i riflettori anche sulle questioni
sociali, epidemiologiche, relative ai diritti umani connesse con l’infezione da Hiv.
iG
iu
Joseph Amon. fo
to d
AIDS 2012
Oltre alle stanze riservate alle varie
sessioni, il Global Village costituisce
uno spazio utilissimo per permettere a tutti coloro che si occupano
di diritti, prevenzione, questioni
sociali di condividere le loro
esperienze. Tra le associazioni che
presentano le loro attività, anche
Human Rights Watch (HRW), una
delle principali organizzazioni indipendenti al mondo che si occupano
di diritti umani. Joseph
Amon si occupa oggi, all’in- i
terno di HRW, di salute Corbell
e diritti umani ma ha Maria
diretto a lungo il lio
p r o g r a m m a
Hiv/Aids, dopo
aver lavorato per
il Center for Disease Control and
Prevention.
6
Lo slogan della conferenza di Washington è Turning
the Tide Together: pensa davvero sia possibile cominciare a invertire la tendenza dell’epidemia di
Hiv nel mondo?
Sì, penso che abbiamo gli strumenti e le conoscenze per farlo. La
questione è se abbiamo i soldi e la volontà politica, e di questo
si è parlato molto durante questa conferenza. Quello che penso
sia interessante riguardo allo slogan Turning the Tide Together è
che ci sono state molte sessioni davvero focalizzate sul lavorare
“insieme”. Ci sono presentazioni sull’approccio biomedico, il trattamento come prevenzione, modelli matematici eccitanti e tendenze nei nuovi casi di Hiv, molte su abusi sui diritti umani, barriere
strutturali alle cure e le criticità dell’accesso al trattamento, prevenzione e cura. Ma molto dibattito si è anche scatenato su
come integrare questi diversi approcci, a sottolineare che
gli sforzi preventivi così come l’allargamento dell’accesso
ai trattamenti non possono essere slegati dalle questioni
relative ai diritti umani, in particolare per le popolazioni
marginalizzate che non riescono a continuare a seguire
la terapia perché sono criminalizzate.
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INTERVISTA A
segue da pag. 6
J OSEPH A MON
Quali sono i passi concreti da compiere nel campo dei diritti
umani, indispensabili per poter invertire l’epidemia?
C’è stata una presentazione sulla situazione in Birmania, dove si ha una epidemia concentrata, soprattutto tra MSM, persone che fanno uso di droghe e sex
workers. In questo paese i consumatori di droghe e chi si prostituisce sono
rinchiusi in centri di detenzione; sarebbe illusorio pensare di fornire loro i
servizi di prevenzione e cura di cui hanno bisogno in questi centri che invece
vanno chiusi. In queste situazioni si concentra il rischio di trasmissione perché
le persone continuano ad avere comportamenti a rischio quando sono in detenzione. Inoltre fanno crescere la paura e lo stigma, così che quando le persone vengono rilasciate evitano di entrare in contatto con i programmi per il
test o di rivolgersi ai centri sanitari dove potrebbero ricevere i trattamenti
per paura di essere mandate di nuovo nei centri di detenzione. Insomma, questi centri sono chiaramente inefficaci perché violano il diritto a un processo
equo, a non subire violenza, a non essere detenuti arbitrariamente, e costringono le persone detenute ai lavori forzati, che è anch’essa una violazione dei
diritti umani.
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AIDS 2012
Che strumenti abbiamo per cambiare questa situazione?
In particolare per i centri di detenzione per i consumatori di droghe, esistono
circa 12 agenzie delle Nazioni Unite che chiedono alle autorità nazionali di
chiuderli. Quello di cui abbiamo bisogno però è qualcosa in più di mere dichiarazioni ma una costante pressione politica internazionale sui paesi che ancora non l’hanno fatto perché chiudano questi centri di detenzione, liberino
le persone che vi sono rinchiuse. Servono piuttosto servizi gestiti dalla comunità: questi sono efficaci nel rispondere ai bisogni di salute, rispettano i
diritti di chi vi accede, sono volontari e possono seguire le persone dal
test al trattamento, riconoscendo la situazione reale in cui si trovano.
Sente di essere ottimista sui risultati che
la pressione politica internazionale può
raggiungere in questo campo? In Europa,
per esempio, pochi sono i risultati raggiunti per convincere i governi dell’ex
blocco sovietico ad intervenire per fermare il diffondersi delle infezioni tra i
consumatori di droghe e gli MSM, rispettando i loro diritti.
Credo di essere un po’ più ottimista: ci sono
esempi in cui i governi si sono resi conto di
quanto fosse inefficace la loro strategia in termini di obiettivi e anche di costi, e in fondo
hanno il desiderio di essere considerati una nazione che combatte efficacemente l’Aids. Così
quando le organizzazioni internazionali e le
agenzie delle Nazioni Unite dicono “questo non
è l’approccio corretto, non aiuterà i vostri sforzi
per eliminare l’Aids e non farà che peggiorare la
vostra epidemiologia” non si ha sempre un successo immediato ma ci si muove nella giusta direzione. In Russia adesso c’è una situazione
davvero molto difficile: l’epidemia sta peggiorando sempre più mentre lo spazio per la società civile in termini di libertà di espressione,
associazione e intervento, si sta limitando an-
INTERVISTA A
segue da pag. 7
J OSEPH A MON
AIDS 2012
ch’esso. E sappiamo da 30 anni di esperienza nella
lotta all’Aids che la società civile deve essere
coinvolta, perché solo così si riescono a raggiungere quei settori della popolazione altrimenti
molto marginalizzati; inoltre può svolgere un
ruolo importante per assicurare che gli investimenti siano impiegati nella maniera giusta e non
vengano dispersi in altre cose. Non mi sento ottimista per la Russia in questo momento ma credo
che nel medio periodo i politici russi dovranno
rendersi conto che stanno andando incontro a un
fallimento e che falliranno pubblicamente, in maniera evidente a tutti se non modificano le loro
scelte politiche in modo da permettere il coinvolgimento della società civile, rendere disponibili i
trattamenti più efficaci e ad esempio legalizzare il
metadone. Molte persone stanno morendo a
causa delle politiche messe in campo in questo
momento e spero di vedere cambiare queste politiche il più velocemente possibile. Credo che il
modo migliore per farlo sia avere una condanna
politica internazionale di alto livello.
risorse. E non stiamo parlando di una piccola somma, ma di somme
enormi. Possiamo considerare questo investimento come una frazione
di ciò che si spende quotidianamente nella guerra ma la realtà è che c’è
bisogno che la comunità internazionale, i finanziatori e i governi si diano
una mossa e assicurino che quelle risorse divengano disponibili. E penso
che la discussione sulla efficienza e costo-efficacia dei programmi sia importante ma bisogna capire che abolire quei provvedimenti legislativi che
non hanno senso e impediscono di mettere in campo programmi realmente utili è estremamente costo-efficace, anzi fa risparmiare. Invece di
rinchiudere le persone, permettere loro di rivolgersi ai servizi gestiti
dalla comunità fa risparmiare denaro. Perciò è vero che c’è bisogno di
nuove risorse ma c’è anche bisogno di politiche migliori che possono essere messe in campo immediatamente con le risorse attualmente disponibili.
Quali sono le differenze tra l’approccio statunitense e
quello dell’Europa occidentale rispetto ai diritti umani
nella lotta all’Aids?
Ci sono differenze nei vari paesi ma ci sono anche dei questioni comuni
di fondo. L’aspetto centrale credo sia vedere la società civile non solo
come il soggetto che deve implementare i programmi a livello della comunità ma anche come attivisti e interlocutori. E una questione cruciale
credo sia riconoscere i bisogni anche finanziari che le organizzazioni della
Ci sono anche dei problemi legati al re- società civile hanno per poter portare avanti le loro rivendicazioni; è
perimento di risorse per invertire l’epi- molto difficile costruire e coinvolgere una organizzazione della società cidemia?
vile nel ruolo di interlocutore se non ha finanziamenti, se deve lottare
Alla conferenza ci sono state molte presentacontinua a pag. 9
zioni sull’identificazione del bisogno di nuove
8
INTERVISTA A
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J OSEPH A MON
per avere quel poco di denaro necessario alla sopravvivenza e per continuare a fornire i servizi. Le organizzazioni, se vedono politiche errate o
approcci basati sull’abuso dei diritti, possono avere paura di parlare apertamente e perdere così quei pochi finanziamenti. In definitiva credo sia
davvero troppo ottimistico pensare di poter risolvere l’epidemia solo con
l’approccio biomedico; il coinvolgimento della community è ancora cruciale. Se parliamo di trattamento come prevenzione o di raggiungere l’accesso universale alla terapia, la gente ha cominciato a rendersi conto che
c’è un punto oltre il quale non si riesce ad andare con l’approccio tradizionale. Ci sono popolazioni che sono più difficili da raggiungere, comunità
che sono scettiche rispetto ai metodi che vengono messi in campo normalmente; queste sono aree in cui è chiaro che per avere successo abbiamo bisogno di un nuovo approccio che coinvolga la community e che
comprenda come l’abuso dei diritti umani è una barriera al successo.
9
AIDS 2012
Quali sono i progetti principali su cui Human Rights Watch
sta lavorando in questo periodo?
Una delle aree in cui ci stiamo concentrando negli ultimi anni sono quei
gruppi di popolazione per i quali sentiamo che la comunità internazionale
non riesce a dare adeguata attenzione. Così abbiamo attivato dei progetti, ad esempio, in alcune prigioni in Africa, in Uganda e Zambia in particolare, lavorando sull’accesso al trattamento, sovraffollamento, episodi
di cattiva giustizia che producono lunghissimi incarceramenti preventivi
esponendo le persone all’Hiv e alla violenza sessuale. Ma lavoriamo anche
all’interno degli Stati Uniti come dimostra il report pubblicato poco
prima della conferenza sulla polizia che confisca i preservativi usandoli
come prova di prostituzione in quattro città statunitensi; così mentre
il dipartimento di sanità di queste città distribuisce preservativi cer-
cando di raggiungere queste popolazioni speciali
come sex workers o donne transgender, la polizia
li ferma per strada e chiede loro se hanno dei
condom, molestandoli e dicendogli che useranno i preservativi come prova del fatto che si
prostituiscono. Un’altra area che crediamo riceva scarsa attenzione è la vulnerabilità degli individui con disabilità: ci sono un miliardo di
persone con disabilità nel mondo e pochissimi
programmi di prevenzione e informazione disponibili per loro; noi lavoriamo anche molto
con le persone con disabilità mentale che possono essere a maggior rischio per l’Hiv perché
sono più spesso vittime di violenza sessuale e
non hanno informazioni su come si trasmette
l’Hiv. Un’altra popolazione cruciale è quella dei
migranti: alla conferenza in Messico, alcuni anni
fa, è stato evidenziato come il fatto che il Global
Fund finanzi programmi nazionali in paesi in cui
il governo prevede restrizioni all’accesso al trattamento per la popolazione straniera non ha
alcun senso. E da allora il Global Fund ha cambiato atteggiamento ma ci sono ancora situazioni terribili come in Botswana, ad esempio,
dove c’è un alto accesso alla terapia ma dove
agli stranieri senza documenti che si trovano
in prigione il trattamento viene negato. Questo è inaccettabile.
A
Cura, infiammazione e uso dei farmaci
SCIENZA -
DALLA
XIX C ONFERENZA INTERNAZIONALE
AIDS
DI WASHINGTON ,
22-27
LUGLIO
nche se le conferenze internazionali Aids si caratterizzano da molti anni
per una attenzione particolare alle tematiche sociali e relative ai diritti
umani delle persone colpite, anche al meeting che si è tenuto a
Washington dal 22 al 27 luglio due settori del programma erano riservati alla
scienza di base e a quella clinica. E non sono mancate alcune novità di rilievo.
SCIENZA
Ricerca sulla cura
Nel campo della scienza di base, uno degli
argomenti più scottanti è certamente
quello relativo alla ricerca della
“cura”, centrale in questa conferenza. Forse non è inutile ribadire
che si è ancora ben lontani dalla
disponibilità di una cura efficace: il
percorso verso questo obiettivo
è appena cominciato e probabilmente la novità più importante sta
proprio nell’intensità degli sforzi
che si stanno impiegando. La International Aids Society, ad esempio, ha
annunciato proprio in occasione di
questa conferenza il lancio del network di
ricercatori Towards an Hiv Cure che intende mettere in rete vari laboratori in tutto il
mondo per ottimizzare gli sforzi che si compiono
in questa direzione.
10
Come ha spiegato Javier Martinez-Picado nella plenaria di martedì, gli studi verso l’eradicazione virale si muovono da un lato cercando di abbattere la replicazione residua ad esempio
attraverso la intensificazione e ottimizzazione della terapia,
dall’altro cercando di attaccare il virus presente nelle cellule
latentemente infette; infine un’altro ramo di ricerca si concentra sulla possibilità di trovare un vaccino terapeutico
o una cura genetica efficace a eradicare l’infezione o a
controllarla anche in assenza di farmaci.
È ormai chiaro che non si riuscirà ad eliminare tutto il
virus presente nell’organismo se non mettendo insieme i
risultati di diverse aree di ricerca. Tra le presentazioni più
interessanti, quella del team di Jerome Zack che sta cercando di far penetrare delle nanoparticelle lipidiche all’interno dei reservoir, dopo averle “caricate” con delle molecole
che interrompano la latenza virale associate a farmaci antiretrovirali che blocchino la diffusione del virus riattivato, così da purificare
e ridurre il serbatorio virale nell’organismo.
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A IDS 2012
segue da pag. 10
normalità dopo la riduzione dovuta al trapianto. Il
messaggio chiave non è che abbiamo altri due “Pazienti di Berlino” ma che se eseguiamo un trapianto
senza preoccuparci della delezione CCR5 possiamo
comunque ridurre drasticamente i reservoir nel sangue periferico. Ciò che sarebbe utile avere è l’analisi
di altri tessuti dell’organismo di questi pazienti, perché questi due soggetti non sono stati “curati” e probabilmente hanno virus in grado di replicarsi in altre
parti del corpo.
Un altro studio interessante è quello condotto da
Charline Bacchus, Asier Saez-Ciron e colleghi in Francia osservando un gruppo di persone –
chiamato la coorte VISCONTI – che hanno iniziato
un normale trattamento antiretrovirale molto presto, mediamente 40 giorni dopo l’infezione. Una analisi di 14 pazienti di questo gruppo ha mostrato che,
dopo essere stati in terapia per un tempo medio di
tre anni, sono stati in grado di controllare l’HIV per
diversi anni dopo aver interrotto il trattamento.
Confrontando le loro caratteristiche con quelle di
persone che controllano naturalmente l’infezione, i
partecipanti alla coorte VISCONTI pur avendo
anch’essi una scarsa quantità di virus nei reservoir
anche senza terapia, presentano cariche virali più alte
prima dell’inizio della terapia e pattern genetici
11
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SCIENZA
Ma la vera novità sta nel tipo di nanoparticelle utilizzate: si chiamano vault e
sono presenti a milioni in ciascuna cellula dell’organismo anche se non è chiara
del tutto la loro funzione. È sicuramente necessario che la ricerca di molti biologi
cellulari si concentri su queste particelle che sembrano poter veicolare in maniera molto precisa sostanze in specifiche cellule.
L’altra notizia di rilievo della conferenza è quella del trapianto allogenico di midollo osseo da donatore con normale espressione del CCR5 a pazienti HIV positivi affetti da leucemia, contrariamente a quanto successo nel caso del “Paziente
di Berlino” Timothy Brown per il quale il donatore era portatore della variante
Delta 32 per il CCR5 (non funzionante). Timothy J. Henrich ha presentato
i risultati preliminari in cui si osserva una riduzione duratura dei reservoir dell’HIV nel sangue periferico in seguito a un trapianto di cellule staminali in due
individui. Questi due pazienti hanno ricevuto una chemioterapia a bassa intensità
seguita da un trapianto di cellule staminali ematopoietiche:
ciò che si è osservato è che
nelle prime settimane e mesi
dopo il trapianto, si ha una
netta riduzione del DNA virale nel sangue periferico, fino
a diventare non rilevabile
dopo circa 230 giorni. Dal
momento che i due pazienti
sono sempre stati sotto terapia antiretrovirale, non c’è replicazione virale misurabile
nel loro sangue e anche le
cellule CD4 tornano alla
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HLA diversi. La conclusione, secondo i ricercatori, è
che una piccola proporzione di persone con HIV, stimata tra 5 e il 15%, potrebbe essere in grado di controllare l’infezione per un lungo periodo senza terapia
se sottoposta a trattamento molto precocemente.
SCIENZA
Infiammazione e fibrosi
La ricerca di base si concentra anche sulla comprensione dei fenomeni legati alla infiammazione cronica,
in quanto da alcuni anni è evidente che il punto critico
nei pazienti in trattamento efficace e che controllano
bene l’infezione da HIV è l’aumento rispetto ai soggetti HIV-negativi delle conseguenze dell’invecchiamento o di malattie cardiovascolari o renali o
disfuzioni epatiche. La novità emersa in questa conferenza è legata alla fibrosi che in maniera subdola si associa all’infiammazione.
Timothy Schacker ha illustrato infatti il circolo vizioso della infiammazione che porta alla fibrosi la quale
provoca maggiore infiammazione, un processo patogenetico che sembra centrale nella riduzione permanente del numero di CD4 e nell’incompleto recupero
di queste cellule durante la HAART.
In sostanza, l’infiammazione provoca la perdita di un
network fibro-reticolare presente nella zona dei linfonodi ove risiedono le cellule T; ma questa delicata
“architettura” è responsabile della produzione di
IL-7, necessaria alla sopravvivenza dei linfociti
CD4, e la sua riduzione provoca la morte dei CD4 con conseguente danno locale, infiammazione e deposizione di collagene che sostiene questo circolo vizioso. È come avere una cicatrice nel linfonodo che provoca ulteriore
infiammazione.
Ricerca clinica: pazienti naive
Nel campo della ricerca clinica, una domanda centrale è tutt’oggi relativa all’inizio della terapia antiretrovirale. Durante la conferenza sono stati presentati i
risultati dello studio HPTN
052 che confronta i pazienti
HPTN 052
che iniziano immediatamente la terapia con più di
350 CD4 con quelli che
aspettano fino ad averne
meno di 250. Se si combinano come endpoint primari
sia gli eventi AIDS che nonAIDS, la differenza tra i due
gruppi non è statisticamente
significativa, ma se ci si concentra solo sugli eventi
AIDS, l’inizio immediato è
migliore soprattutto perché si controllano meglio i casi di TB. La questione che
rimane aperta è se cominciare intorno ai 500 CD4 sia meglio o peggio che
aspettare sotto i 350.
Riguardo ai regimi di prima linea, lo SPRING-2 ha randomizzato pazienti naive
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mento della creatinina nel braccio con cobicistat
mentre le interruzioni dovute a eventi avversi renali
o all’aumento della bilirubina sono state simili nei
due gruppi. È quindi davvero difficile individuare differenze nell’opportunità di impiegare l’uno o l’altro
booster.
Lo switch terapeutico
Sullo switch in pazienti che abbiano già raggiunto la
soppressione virologica, sono stati presentati i dati
dello studio SPIRIT in cui pazienti soppressi da almeno sei mesi utilizzando un PI boosterato e due nucleosidici e che non avessero mai fallito un regime
basato sugli NRTI sono stati randomizzati a continuare con PI boosterato e due nucleosidici o a passare a un regime di una sola compressa co-formulata
di rilpivirina e TFV-FTC. I pazienti che hanno cambiato
terapia presentano un numero più basso di episodi
di non soppressione virologica (0,9% nel regime single-tablet contro 5% per il PI boosterato). Interessante che 17 pazienti siano stati arruolati nel trial con
una resistenza primaria 103N (ovvero trasmessa) e
che tutti loro siano risultati soppressi dopo lo switch.
Il cambiamento di terapia ha anche prodotto un miglioramento nel profilo lipidico e nel Framingham
Risk Score a dieci anni. In conclusione, questa com-
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SCIENZA
che assumono due nucleosidici (TFV-FTC
o ABC-3TC a discrezione del medico) con
dolutegravir o raltegravir, rispettivamente
in dosi da 50 mg una volta al giorno o 400
mg due volte al giorno. In entrambi i gruppi
si registra un ottimo successo terapeutico,
con dolutegravir che soddisfa i criteri di
non inferiorità senza differenze significative
a seconda del backbone nucleosidico o
della carica virale al baseline. Nessun caso
di abbandono dello studio dovuto ad eventi
renali ma, come era atteso, un leggero aumento della creatinina nel braccio del dolutegravir. In definitiva, dolutegravir una
volta la giorno diventerà probabilmente una nuova opzione per la prima linea
terapeutica, anche perché nello studio nessun paziente nel braccio con il dolutegravir ha sviluppato resistenze agli inibitori dell’integrasi né ai nucleosidici, risultato che non ha precedenti nei trial sugli inibitori dell’integrasi.
Dolutegravir sembra essere una buona opzione anche per i bambini che vivono
con l’HIV, grazie a dati favorevoli sull’uso di diverse dosi in età pediatrica. Anche
raltegravir ha mostrato dati incoraggianti per l’uso pediatrico a differenti dosaggi;
inoltre dati italiani hanno mostrato come raltegravir masticato, rispetto al deglutito, presenti un profilo farmacocinetico migliore.
Per i pazienti naive, un altro trial importante è quello che cerca di rispondere
alla domanda su come boosterare meglio atazanavir, confrontando atazanavir
con TFV-FTC associato alla bassa dose comunemente usata di ritonavir oppure
al nuovo composto privo di azione antivirale cobicistat. I tassi di soppressione
virologica sono stati molto alti in entrambi i gruppi con pochi casi di sviluppo
di resistenze e simile profilo lipidico. Come atteso, c’è stato un leggero au-
A IDS 2012
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binazione può diventare una opzione potente e semplice per il cambiamento di terapia.
A proposito delle resistenze, la conferenza ha fatto
emergere come, espandendo la copertura terapeutica
nei paesi a risorse limitate, si osservano un numero
maggiore e una tipologia diversa di resistenze. Nell’analisi presentata dall’Organizzazione Mondiale della
Sanità, si vede come all’aumentare della copertura aumentino anche le mutazioni associate a resistenza
verso gli NNRTI, così come verso quei farmaci più recentemente introdotti in nuovi paesi
SCIENZA
volte al giorno) con efavirenz osservando che
dopo sei mesi di followup, i tassi di efficacia
erano molto simili nei tre
gruppi. Per capire quale
possa essere la dose giusta di raltegravir occorre
attendere i dati di farmacocinetica a 40 settimane
ma già da ora si può
aprire la strada all’uso di
Coinfezioni e invecchiamento
raltegravir come alternaSulla coinfezione HIV-TB, una sub-analisi dello STRIDE tiva a efavirenz in pazienti
analizza il tempo ottimale di inizio terapia HIV con efa- con TB.
virenz durante il trattamento anti-TB con rifampicina A proposito di epatite C, non sono stati presentati molti dati, ma segnaliamo
per capire se è bene dosare efavirenz in rapporto al quelli presentati da Lo Re secondo cui, nonostante l’impiego della terapia antipeso corporeo. È noto, infatti, che la concentrazione retrovirale, il rischio di scompenso/insufficienza epatica è più alto nei coinfetti
di efavirenz diminuisce nei pazienti che prendono ri- che nei monoinfetti con HCV.
fampicina ma lo studio mostra che le cinetiche di efa- In riferimento a invecchiamento e comorbidità, va segnalato uno studio svolto
virenz si mantengono al di sopra del livello terapeutico ad Amsterdam che ha analizzato la frequenza di comorbidità in pazienti HIV poe che non si registra alcun impatto nella efficacia viro- sitivi confrontandoli con una popolazione di riferimento HIV negativa scelta con
logica. In sintesi, questi dati non supportano l’impiego estrema cura a seconda dei fattori di rischio per le varie co-patologie. In ciascuna
di dosi di efavirenz regolate sul peso corporeo.
fascia di età, si osservano più co-morbidità nei pazienti HIV positivi rispetto ai
Per valutare una possibile alternativa all’impiego di efa- controlli non infetti.A completamento di ciò, la presentazione relativa allo studio
virenz in pazienti con TB trattata con rifampicina,
DAD che paragona le cause di morte nel periodo 1990-2000 con quelle del
De Castro e colleghi hanno confrontato due dosi
2009-2011 mostra come, pur con cambiamenti molto importanti nella casidi raltegravir (400 mg o 800 mg, entrambi due
stica, la differenza nella mortalità e nelle sue cause è ancora presente.
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Editoriale della Presidente Fiore Crespi
continua dalla prima pagina
abbiamo gli strumenti per fermare
situazione economica
l’Hiv, questa frase mi emoziona per
in cui viviamo, si
l’espressione “comunità globale”. In
senta libera di rititrent’anni di storia in cui ha semirarsi dai propri impenato panico e mor te, ma in cui è La plenaria alla XIX Conferenza internazionale Aids di Washington, foto di Giulio Maria Corbelli
gni nei confronti del
stato anche occasione per eccezioFondo Globale, come
nali spinte solidaristiche e per un impegno senza pari da parte del mondo pare abbia annunciato a Rimini il direttore della
scientifico nella ricerca di nuove armi per fermarlo, l’Hiv ha dimostrato a Cooperazione allo Sviluppo del ministero degli Affari
tutto il mondo quanto siamo tutti connessi gli uni con gli altri. Non si può Esteri Elisabetta Belloni, genera sgomento e indignapensare di fermare l’infezione in Italia senza fornire farmaci a tutti coloro zione. Come può un paese come il nostro, ricco di
che ne hanno bisogno in Africa o senza mettere in campo strategie di pre- associazioni impegnate quotidianamente in azioni
venzione efficaci in Nord America o ancora se non si rispettano i diritti delle di volontariato, la cui storia sociale è contrassegnata
persone che vivono con l’Hiv nell’Europa orientale. Ogni singolo intervento da splendidi episodi di solidarietà locale e internalocale è necessario a livello zionale abbandonare milioni di persone che vivono
globale. Per questo già da di- con l’Hiv e che ancora non ricevono i farmaci salversi anni è stata avver tita vavita di cui hanno bisogno? Come può questo
chiara la necessità di creare paese, che è tra i maggiori contributori a livello
organismi internazionali che mondiale nella letteratura scientifica sull’Hiv, in cui
potessero coordinare gli vivono e operano centinaia di medici e ricercatori
sforzi nelle varie realtà re- di indiscutibile levatura e che ha dato i natali a tangionali. Proprio in questa ot- tissime altre menti eccellenti nel campo della ritica è stato creato nel 2001, cerca scientifica che lavorano altrove, ignorare il
con il contributo fondamen- fatto che se non si sconfigge a livello globale, l’Hiv
tale dell’Italia, il Fondo Glo- non sarà mai sconfitto? Con queste domande inbale per la lotta contro quietanti, rientriamo da una calda estate per affronl’Aids, la tubercolosi e la ma- tare un anno sicuramente difficile, ma nel quale
voglio continuare a sperare che il paese in cui
laria. Il fatto che oggi l’Itavivo non si debba vergognare davanti al popolo
lia, a causa della
di “noi dell’Aids”.
innegabilmente difficile
Una immagine del Global Village, foto di Giulio Maria Corbelli
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Anno IV numero 41
agosto 2012
Newsletter d’informazione
di Anlaids Onlus
Associazione Nazionale
per la Lotta contro l’Aids
via Barberini, 3 00187 Roma
Tel. 064820999
Fax 064821077
www.anlaidsonlus.it
[email protected]
Registrazione alTrib. di Roma
n.196/2010 del 19 aprile 2010
Direttore responsabile:
Giulio Maria Corbelli
[email protected]
Comitato di redazione:
Claudia Balotta, Fiore
Crespi, Daniela Lorenzetti, Lucia Palmisano,
Olga Pohankova
Progetto grafico: Gamca
Al numero verde gratuito
800 589 088
tutti i lunedì e giovedì dalle
16 alle 20 un infettivologo
sarà a disposizione, anche in
inglese e francese
Su anlaidsonlus.it/forum, la
dott.ssa Francesca Cattelan
risponde a domande di ambito medico, l’avv. Daniela
Mazzini a quesiti di carattere legale