Aristotele, gli Stoici e la nascita della moderna Teoria della Dimostrazione Roberto Maieli Università degli Studi “Roma Tre” [email protected] Logica - CdS Magistrale in “Teoria della Comunicazione” - Roma Tre 6 marzo 2007 Sommario In questo lavoro discutiamo come i sillogismi di Aristotele e i tropi degli Stoici siano alla base della moderna teoria della dimostrazione. 1 La questione del metodo nella matematica antica Inizialmente, la matematica antica è nata come un insieme di risultati concreti, pratici, senza dimostrazione; le prime dimostrazioni erano di tipo pratico, empirico, cioè si tentava di far vedere, in base a similitudini, analogie e cose del genere, perchè un cero teorema era vero. Successivamente ci si pose il problema più grosso del perchè questi teoremi fossero fondati (validi), e nacque il problema del metodo, o come diremmo oggi, lateoria della dimostrazione. Il problema del metodo è al centro della riflessione di due tra i maggiori filosofi antichi: Platone e Aristotele. Platone formula il problema del metodo in questi termini: “io so che una proposizione matematica è vera, ma perchè è vera?”. La soluzione di Platone è semplice: “noi troviamo delle proposizioni tali che, se esse sono vere, allora anche la proposizione da mostrare sarà vera”. Quindi il suo modo di procedere è di andare all’indietro, trovare delle ragioni che rendono vera la proposizione da mostrare. Un pò come ragionava Galileo Galilei nel caso della fisica: “abbiamo un evento, un fenomeno fisico, dobbiamo spiegarlo, quindi cerchiamo le cause”. Questo è il ragionamento di Platone. Aristotele ragiona invece in modo molto diverso: infatti mentre la formazione di Platone è -in un certo senso- di tipo “genetico”, cioè si chiede come si fà a giustificare una proposizione matematica, da dove proviene, da che cosa è stata derivata, Aristotele non pensa tanto al processo di scoperta della dimostrazione matematica, ma ad un altro processo, e cioè questo: “io so che un teorema è vero perchè l’ho dedotto da certe proposizioni; ora mi dimentico che quelle proposizioni siano state introdotte come ipotesi per derivare quel teorema e assumo certe proposizioni come vere in modo assoluto, come assiomi. Per Platone, quindi, la dimostrazione è un processo di scoperta che va all’indietro, un processo in realtá infinito, che va dal teorema alle ipotesi. Per Aristotele invece la dimostrazione è un processo che va avanti, da alcune ipotesi, assunte come assiomi, fino al problema da risolvere : 1 Platone .. . ↑ Ipotesi scoperta: ↑ Teorema Aristotele deduzione: Ipotesi/Axiomi ↓ Teorema Per Platone la questione del metodo si riduce a quella della scoperta della dimostrazione, mentre per Aristotele si riduce a quella della teoria della deduzione. Il metodo di Platone è ad oggi una “questione aperta”, che non puó essere del tutto formalizzata nella logica moderna (vedi i risultati di incompletezza di Goedel, 1936), mentre il metodo assiomatico-deduttivo di Aristotele ha portato, nel secolo scorso, alla nascita della moderna teoria della dimostrazione (vedi D. Hilbert, La Conferenza Internazionale di Matematica di Parigi del 1900). 2 Aristotele e la teoria della deduzione sillogistica La prima questione che si pone Aristotele è quella di definire cosa sia una proposizione da dimostrare: come deve essere fatta una proposizione da dimostrare? La risposta data da Aristotele è: la prposizione deve essere semplice, e deve consentire di esprimere un giudizio Vero/Falso. Una proposizione semplice deve essere del tipo “ogni (o qualche) uomo (non) é intelligente”; deve inoltre contenere esplicitamente un quantificatore: universale “ogni” (∀) o esistenziale “qualche” (∃) assieme a variabili individuali x, y, z, ..., per indicare termini concreti, e variabili categoriche S, P, M, ..., per indicare termini o categorie concettuali quali soggetto, predicato. Aristotele individua ben quattro tipi di proposizioni semplici, dette categoriche: A : Universali Affermative: Ogni S è P . Esempio: Ogni uomo è mortale Formalmente: ∀x : S, P (x), oppure ∀x : X, S(x) → P (x). I : Particolari Affermative: Qualche S è P . Esempio: Qualche uomo è filosofo. Formalmente ∃x : S, P (x), oppure ∃x : X, S(x) ∧ P (x). E : Universali Negative: Nessun S è P . Esempio: Nessun uomo è un angelo Formalmente: ∀x : S, ¬P (x), oppure ∀x : X, S(x) → ¬P (x). O : Particolari Negative: Qualche S non è P . Esempio: Qualche uomo non è noioso. Formalmente ∃x : S, ¬P (x), oppure ∃x : X, S(x) ∧ ¬P (x). Si osservi che Euclide negli Elementi adotterà l’approccio astratto seguito da Aristotele, fornendo dimostrazioni astratte, di tipo algebrico, al posto di dimostrazioni corredate di figure concrete. In ciò le dimostrazioni di Euclide sono molte distanti dalle prime dimostrazioni geometriche antiche (vedi, ad esempio, la dimostrazione analogica della questione della quadratura delle lunule). 2.1 Conversione di una proposizione categorica La prima questione che Aristotele si pone è quella di capire in che rapporto reciproco stanno le proposizioni categoriche. Per rispondere a questa domanda Aristotele studia la Conversione (o negazione) di una proposizione categorica e scopre che la conversione di una categorica produce ancora una categorica secondo il seguente diagramma, chiamato dai medioevali pons asinorum: 2 “ogni S è P” (contraria) “ogni S non è P” (E) (c on tr ad di tt or ia ) (A) (subalterna) (I) “qualche S è P” (subalterna) (subcontraria) “qualche S non è P” (O) Allineate orizzontalmente (verticalmente) troviamo le proposizioni contrarie (subalterne), mentre lungo le diagonali troviamo le proposizini contraddittorie, queste ultime grazie ai principi logici del terzo escluso e di non contraddizione1 , sono tali che la verità dell’una implica la falsità dell’altra e viceversa. 2.2 Il sillogismo La questione cruciale per Aristotele è : come posso stabilire (dimostrare) la verità di una proposizione categorica? Il sillogismo nasce come risposta a questa questione, quindi come teoria dell’inferenza (o deduzione) corretta: il sillogismo è un discorso in cui date determinate cose, ne risulta necessariamente qualcosa di nuovo da quelle date e proprio in virtú di esse. Per provare sillogisticamente una proposizione categorica del tipo “ogni (o qualche) S (non) è P” dobbiamo prendere qualcosa che sia comune a S (termine minore) e P (termine maggiore), e che operi dunque come termine medio M. Ciò è possibile solo in tre maniere, a seconda della posizione in cui il termine medio si trova rispetto agli altri due termini: 1. predicando S di M e M di P (Sillogismo di Prima Figura); 2. predicando M di S e M di P (Sillogismo di Seconda Figura); 3. predicando S di M e P di M (Sillogismo di Terza Figura). 2.2.1 Prima Figura Ecco un esempio di sillogismo di prima figura: BARBARA (A) (A) (A) Ogni Uomo è Mortale Ogni Ateniese è un Uomo Ogni Ateniese è Mortale Ogni M è P Ogni S è M Ogni S è P Premessa Maggiore Premessa Minore Conclusione Una figura può avere diversi modi a seconda che le premesse siano di tipo A, E, I oppure O. Ma non tutti i modi (le combinazioni) sono valide. Ecco un esempio di sillogismo di Prima Figura non valido DISAMAS: (I) (A) (A) Alcuni Uomini sono Santi I Criminali sono Uomini I Criminali sono Santi Qualche M è P Ogni S è M Ogni S è P Premessa Maggiore Premessa Minore Conclusione Il sillogismo non è valido perchè da due premesse vere segue una conclusione falsa. Un sillogismo per essere valido deve portare da premesse vere a conclusioni vere. Si osservi come Aristotele studi le condizioni formali di validità dei sillogismi proprio come fà un logico moderno, scoprendo cosı̀, ad esempio, che DISAMAS non è valido perchè vı̀ola la condizione formale sit minor affirmas, nec maior particularis. 1 Una formulazione di questi principi logici è data nel paragrafo 2.3. 3 2.2.2 Seconda Figura Ecco BAROCO, un sillogismo di seconda figura valido: (A) (O) (O) 2.2.3 Ogni Stolto è Noiso Qualche Chiaccherone non è Noiso Qualche Chiaccherone non è Stolto Ogni P è M Qualche S non è M Qualche S non è P Premessa Maggiore Premessa Minore Conclusione Terza Figura Ed ecco infine DARAPTI, un sillogismo di terza figura valido: (A) (A) (I) Ogni Centauro è un Uomo-cavallo Ogni Centauro è un Essere-immaginario Qualche Essere-immaginario è un Uomo-cavallo Ogni M è P Ogni M è S Qualche S è P Premessa Maggiore Premessa Minore Conclusione Osserva la natura ipotetico-deduttiva del sillogismo aristotelico: il sillogismo funziona anche con premesse che non è detto siano vere (sole se si assume la loro veritá, allora la conclusione non puo’ che essere vera). 2.3 Correttezza e Completezza Quando un sillogismo è valido/corretto? Aristotele non dimostra direttamente la validitá dei sillogismi, mostra solo come tutti gli altri sillogismi si riducano a quelli della prima figura mediante una tecnica di riduzione e mediante i principi logici di non contraddizione ¬(A ∧ ¬A), terzo escluso (A ∨ ¬A) e Reductio ad Absurdum2 . Aristotele comunque non dà una dimostrazione di validità della prima figura, dice solo che è evidente da se, come fosse un assioma, quindi vera in assoluto. In realtà Aristotele usa una sorta di decalogo dei principi che regolano la correttezza formale dei sillogismi. Ad esempio, perchè un sillogismo sia valido è necessario che: • vi siano tre termini, di cui quello medio non compare nella conclusione; • il termine medio deve avere lo stesso significato in entrambe le premesse ed almeno in una di queste deve comparire come universale; • due premesse affermative non possono produrre una conclusione negativa; • se una premessa è negativa, allora deve essere tale anche la conclusione; • da due premesse negative (EE, EO, OE, OO) non si può concludere nulla; • se la premessa minore è affermativa, allora la premessa maggiore non può essere particolare (condizione questa già vista parlando dei sillogismi non validi di prima figura); • ecc. Aristotele accenna anche alla questione della completezza: “i sillogismi, sono tutti?” cioé, “ci sono ragionamenti validi che non rientrano nei sillogismi?”. Anche qui Aristotele mostra come un ragionamento corretto venga sempre ridotto ad un possibile sillogismo valido e questo infine ai sillogismi di prima figura. In qualche modo possiamo considerare i sillogismi come gli assiomi di una moderna teoria della dimostrazione. Ogni dimostrazione matematica infatti, se corretta, userà dei ragionamenti le cui inferenze si ridurranno tutti ai sillogismi validi. 2 Per mostrare una proposizione P , assumo la sua negazione, ¬P , e mostro, come conseguenza di questa assunzione, una contraddizione Q ∧ ¬Q. 4 3 Gli Stoici e il calcolo proposizionale L’opera logica di Aristotele viene ripresa e continuata dai Megarico-Stoici. Degli stoici non ci sono giunte opere scritte, anche per questo sono stati un pò sottovalutati (snobbati!) in passato. Oggi però possiamo affermare che la logica moderna (la logica proposizionale) nasce con gli Stoici (Zenone e Crisippo) piuttosto che con Aristotele. Le novità introdotte dagli stoici nella logica hanno il sapore di una vera rivoluzione. 3.1 Le proposizioni logiche Le proposizioni per gli stoici sono axiomata, confermando cosı̀ una visione della logica come teoria della deduzione e non come teoria della scoperta. Ma ecco la prima novità rispetto ad Aristotele. Le proposizioni si distinguono in semplici (o atomiche) e molecolari (o composte). Gli stoici parlano di proposizione semplice come un tutt’uno, senza termine maggiore, medio o minore. Ogni proposizione semplice è indicata volutamente con delle variabili proposizionali diverse da quelle usate da Aristotele: numeri (primo, secondo, terzo, ecc) al posto delle lettere dell’alfabeto S, P, M,... Esempio di proposizione semplice: E’ giorno Non è giorno Come per Aristotele (la negazione di una proposizione categorica è ancora una proposizione categorica), la negazione di una proposizione semplice per gli Stoici produce ancora una proposizione semplice. La negazione si comporta come un vero funtore logico: essa non va posta nel corpo (nel mezzo) della proposizione, ma va messa bene in evidenza, all’inizio della proposizione, proprio come nella logica moderna del calcolo delle proposizioni. Ecco un esempio dato da Diogene: la negazione di E’ giorno e c’è luce non è E’ giorno e non c’è luce, bensi non è vero che è giorno e c’è luce, equivalentemente, diremmo oggi Non è giorno, oppure non c’è luce. La negazione, come nella logica moderna, è involutiva, cioè la doppia negazione di una proposizione è equivalente alla proposizione di partenza. Una proposizione per gli stoici è qualcosa per la quale ha senso porsi la questione se è vera o falsa e null’altro. Il valore di verità di una proposizione (molecolare) è funzione della verità delle proporzioni (semplici) che la compongono. Vengono analizzate vari tipi di proposizione, come le seguenti: 1. ipotetica: se è giorno, allora c’è luce; 2. consecutiva o inferenziale: poichè è giorno, c’è luce; 3. congiuntiva: è giorno e c’è luce; 4. disgiuntiva: o è giorno o c’è luce; 5. causale: perchè è giorno c’è luce; 6. comparativa: è più giorno che notte. ma solo la 1, la 3 e la 4 sono proposizioni logiche per gli stoici, le altre non sono ammesse come proposizioni logiche, dato che il loro valore di veritá non dipende dalle proposizioni atomiche di cui si compone l’intera espressione. Ed ecco la tavola di verità dei principali connettivi logici individuati dagli Stoici. Per semplicità, facendo cosı̀ un torto agli Stoici, usiamo le lettere dell’alfabeto come variabili proposizionali: la lettera P sta per prima proposizione, mentre S sta per seconda proposizione, mentre V ed F stanno, rispettivamente, per Vero e Falso: P V V F F S V F F V (P → S) (P ∧ S) (P ∨ S) (P ⊕ S) V V V F F F V V V F F F V F V V 5 Si osservi il comportamento vero-funzionale dell’implicazione (P → S), che è sempre vera salvo nel caso in cui l’antecedente sia vero e il conseguente falso. Si osservi, inoltre, l’uso delle due disgiunzioni conosciute dagli Stoici: la “o inclusiva” P ∨ S (vel) e la “o esclusiva” P ⊕ S (aut). Crisippo inoltre studia la nozione di equivalenza logica, cioè leggi logiche come (P → S) ≡ (¬P ∨ S) Si tratta di un grande passo avanti verso una interpretazione dell’implicazione come funzione logica di verità che non dipende da alcuna nozione di causalità (e fuori quindi da qualsiasi questione di essenza/esistenza, ancora cara per certi aspetti ad Aristotele). Non sappiamo però se gli Stoici conoscessero altre equivalenze logiche, come le leggi logiche della disgiunzione e della congiunzione, studiate da De Morgan nel 1800: ¬(P ∧ S) ≡ (¬P ∨ ¬S) 3.2 ¬(P ∨ S) ≡ (¬P ∧ ¬S). Le inferenze logiche: i tropi La questione centrale che si pongono gli Stoici è la seguente: quando determinate combinazioni di proposizioni logiche formano un ragionamento valido? Un ragionamento o tropo per gli Stoici è un sistema di proposizioni (o axiomata) alcune delle quali chiamate premesse (o lemmata) hanno la funzione di provarne un’altra detta conclusione (o epifora). Un esempio, forse il più famoso, schema di ragionamento studiato dagli stoici è il modus ponens, uno schema inferenziale fondamentale in tutte le dimostrazioni della matematica assieme alla reductio ad absurdum: (se è giorno, allora c’è luce) (è giorno) P →Q P Q (quindi c’è luce) 3.2.1 Gli indimostrabili Crisippo individua 5 forme di ragionamenti validi che sono canonici e li chiama sillogismi indimostrabili, nel senso che non hanno bisogno di una dimostrazione esplicita. Si tratta di 5 ragionamenti a cui si riconducono tutti gli altri argomenti validi. Essi sono come le proposizioni prime di un sistema assiomatico. Al solito, Crisippo usa le variabili proposizionali Primo, Secondo, Terzo, e cosı̀ via proprio per prendere le distanze da Aristotele, ma noi, per semplicità, useremo le lettere proposizionali P, Q, R, S, .... R1 P →Q Q P R4 3.2.2 R2 P ⊕Q ¬Q P →Q ¬P P ¬Q R5 R3 P ∨Q ¬(P ∧ Q) ¬Q P ¬P Q Correttezza indimostrabili La questione metodologica, cruciale, che gli stoici si pongono è quella di stabilire in maniera formale, senza quindi richiami filosofici esterni, la validità dei ragionamenti (tropi). Per rispondere a questa questione, gli stoici distinguono la nozione sintattica di verità logica da quella semantica di validità logica. Un ragionamento è valido quando esprime una legge o verità logica, una proposizione cioè sempre vera, indipendentemente dai valori di verità delle proposizioni semplici che la compongono. Formalmente un ragionamento è valido quando l’implicazione che ha come antecedente la congiunzione delle premesse e come consequente la conclusione del ragionamento, è una verità logica (o tautologia, come diremmo noi oggi). 6 Esempio: il primo degli indimostrabili, R1 (conosciuto come modus ponens) è un ragionamento valido perchè l’implicazione R1 : ((P → Q) ∧ P ) → Q (Modus Ponens) è una legge logica, cioè una proposizione il cui valore di verità (calcolato usando la tavola di verità data prima) sarà sempre vero, indipendentemente dai valori di verità di P ed Q. Quanta differenza dalla nozione di validità data da Aristotele! La validità è indipendente dalla verità delle premesse! Come esercizio si verifichi per qualche valore di verità scelto, che la proposizione data sopra sia una legge logica (Esempio: si assuma P falso, allora tutta la congiunzione ((P → Q) ∧ P ) risulterà falsa, indipendentemente dal valore di verità di Q, e cosı̀ tutta l’implicazione ((P → Q) ∧ P ) → Q sarà vera). Gli altri quattro indimostrabili sono validi perchè corrispondono alle seguenti leggi logiche, verità logiche evidenti senza ricorso ad alcune dimostrazione extra logica: R2: R3: R4: R5: 3.2.3 ((P → Q) ∧ ¬Q) → ¬P ¬(P ∧ Q) ∧ P ) → ¬Q (P ⊕ Q) ∧ P ) → ¬Q (P ∨ Q) ∧ ¬P ) → Q (Modus Tollens) (Not And) (Aut) (Vel) Completezza degli indimostrabili Quanto alla completezza, Crisippo, come prima Aristotele, mostra come sia possibile ridurre qualsiasi altro ragionamento corretto ai ragionamenti canonici mediante due tecniche di riduzione: • la reductio ad absurdum; • la composizione di tropi che corrisponde alla moderna regola del cut logico (Gentzen, 1940). Ecco lo schema della composizione: quando derivi una proposizione C da due proposizioni A e B ed una di queste, A, è essa stessa derivabile da un’altra coppia di premesse, D ed E, allora è legittimo derivare tale proposizione C dalle due nuove premesse D ed E più l’altra premessa B. Formalmente, dati i due tropoi: A B D C E A posso comporli per ottenere la prova: D E A B C Crisisppo pone anche il principio logico dell’identità, P → P . Si tratta di una grande conquista verso la logica formale, in cui viene studiato il valore di verità logica, come legge indipendente dai contenuti filosofico-ontologici. Per molti filosofi (bacchettoni!) principi come quello di identità hanno fatto si che la logica stoica venisse etichettata come logica sciocca, priva di senso e quindi snobbata. In realtà Crisippo era cosciente della portata dell’assioma di identità, che definisce “evidente anche ad un cane”: per gli stoici non è in gioco il concetto di verità epistemica, bensı̀ quello sintattico di verità logica; una legge, un assioma da cui derivare altre leggi logiche. Crisippo ha in testa un vero sistema assiomatico-deduttivo, ecco perchè per completezza formale del sistema aggiunge altri axiomi che sono derivabili da quelli canonici: Identità : Associatività : ((P → P ) ∧ P ) → P ((P ∨ Q ∨ S) ∧ ¬P ∧ ¬Q) → S Con gli Stoici ha dunque inizio al logica matematica moderna che avrà il suo apice con David Hilbert (1900) e proseguirà con Gentzen, Goedel, Turing, Church, Curry-Howard, ecc. in tutto il secolo scorso fino alla più recente Logica Lineare (Girard, 1987). 7 3.2.4 Esercizio Utilizzando i 5 indimostrabili di Crisippo (le regole di inferenza R1, ..., R5 date precedentemente) si provi a dimostrare il seguente tropo dovuto allo stoico Enesidemo: Se contemporaneamente P e Q, allora S; ora non S, ma P; dunque non Q. Dimostrazione: R3: ¬Q (dunque non Q) (Se contemporaneamente P e Q, allora S) (P ∧ Q) → S ¬(P ∧ Q) R2: 8 (non S) ¬S (ma P) P