Pellegrini_III:infermieri impaginato.qxd 05/10/10 10:40 Pagina V Prefazione “Il problema che oggi sembra essere più scottante, il più decisivo di tutti, la domanda che ogni uomo dovrebbe porre a sè stesso e anche agli altri…. La domanda circa la possibilità che l’uomo esista senza decadere in una condizione infraumana, se l’uomo si consegna soltanto all’attività dalla quale deriva un guadagno immediato e se la conoscenza dev’essere misurata e sottomessa al suo potere di incrementare il progresso tecnico”1. Maria Zambrano, grande filosofa spagnola da poco scomparsa, introduce un tema sconvolgente nel dibattito delle moderne scienze e professioni del mondo occidentale. Ella mette in discussione lo stesso concetto di scienza che pazientemente abbiamo costruito, giustificato e confortato in circa cinquecento anni. L’assistenza infermieristica, come disciplina, sin dall’origine risente della visione scientista nata dall’empirismo post-galileiano. L’emancipazione dell’episteme (conoscenza vera) dalla doxa (opinione), nel definitivo compimento della rivoluzione metodologica della metà del primo millennio, consentì alla medicina di costruirsi come scienza e all’umanità di conoscere con rigore l’uomo e le sue malattie. Questa assolutamente necessaria suddivisione, ricadente sulla puria costruzione scientifica degli infermieri, fece tuttavia crescere una concezione di scienza che segna ancora tutta la speculazione e professione occidentale. Basterà la suddivisione tra scienze esatte (ovvero sperimentali) e non, per documentare questa dicotomia. Oggi tale visione scientifica non riesce più a descrivere completamente il vivere dell’uomo e la sfida della complessità: mette in luce i nostri saperi disgiunti come inadeguati poiché le singole discipline non bastano per risolvere una realtà complessa. Il rapporto tra integrazione e complessità dice che essa non può essere semplificata, ma può solo essere compresa (ovvero presa dentro). La complessità apre costanti scenari umani rappresentativi di nuovi punti di vista La sfida da cogliere si realizza nell’aprire nuovi punti di vista e aprire nuovi interrogativi2. La storia di tutte le discipline sanitarie, paradossalmente e proprio per il loro sviluppo, muove da una dis-integrazione dell’intero che ha permesso di trovare nell’eredità illuministica la capacità di dividere la conoscenza globale e porre le basi del concetto di specializzazione3. Oggi, avendo superato questa fase storica comprendiamo il valore dell’intero e della perdita nel ridurlo. L’assistenza infermieristica, nel nuovo trionfo empirista e metodologico, del XX secolo nasce all’interno di questa separazione vivendone appieno la contraddizione. 1 M. Zambrano, L’aula in Per l’amore e per la libertà. Milano, Marietti, 2007. (a cura di Di Cintio M. Pastrello M.) Filosofia e civiltà della complessità. Padova, Il Poligrafo, 2009. 3 Di Giovanni P., La storia della filosofia nell'età contemporanea. Milano, Franco Angeli, 2009. 2 AA.VV. Prefazione V Pellegrini_III:infermieri impaginato.qxd 05/10/10 10:40 Pagina VI Da un lato la tradizione teorica e teoretica infermieristica hanno raccontato – in modo ipotetico deduttivo – l’assistenza infermieristica senza alcun riscontro di praxis; dall’altro la ossessiva ricerca della efficacia ed evidenza scientifica – nella via empiristico induttiva – ha rischiato e rischia di generare una scienza che sia solo metodo. Anche la scienza infermieristica, per i fenomeni che osserva e decodifica, abbisogna di una riconciliazione ed una nuova visione disciplinare che riesca a con-templare l’umano sottraendosi al rischio, come direbbe Zambrano, di consegnarlo soltanto all’attività dal quale deriva un guadagno immediato. In questa direzione si muove lo Human Caring e questo libro di Walter Pellegrini. La scienza, ed anche quella infermieristica, non può ridursi a trovare risposte alle sempre più complesse domande dell’uomo, ma deve avere il coraggio di tenere aperti gli interrogativi e coltivarli decodificandoli con pazienza e rigore metodologico. Da Socrate ad Haidegger la domanda conta molto più di ogni risposta. Le grandi domande sul senso delle cose, che hanno spinto la ricerca della filosofia dagli autori presocratici, portano mano a mano alla radicalizzazione di ogni domanda indipendentemente dalla problematicità della risposta. In nuce, il fenomeno sviluppa due percezioni conoscitive: 1. la necessaria distinzione tra l’opinione personale (doxa) e la conoscenza che assume una verità indipendentemente dal pensatore (episteme); 2. la ricerca di un metodo di indagine utile ad arginare una trasmissione autoritaria della conoscenza (io possiedo la verità e tu apprendila). L’epistemologia nasce dal metodo socratico di ricerca della conoscenza. Il metodo della “dotta ignoranza”. Quando chiesero a Socrate che cosa insegnava, lui rispose che non insegnava niente perché era ignorante, ma aiutava coloro che ritenevano di sapere qualcosa a fondare le loro opinioni con argomenti solidi, in modo che stessero in piedi da sole, e non per l’autorità di chi li enunciava, per la fede in credenze infondate, per l’impatto emotivo, per la suggestione degli affetti. Chiamò episteme il sapere filosofico, parola che noi traduciamo con “scienza”, ma che letteralmente significa “ciò che sta in piedi da sé”. Ecco il senso del richiamo del metodo socratico alla attività di ostetrica di sua madre. Come lei aiutava le partorienti a generare, lui aiutava i discepoli a partorire verità che, spesso ad insaputa, custodivano. Il metodo socratico diverrà quindi filo-sofia, amore per il sapere. Amore, infatti, non è possesso, ma ricerca, desiderio e tensione della cosa o della persona amata. Per questo nel racconto che ci fa Socrate nel Simposio, Amore non è figlio di Afrodite, come voleva la mitologia greca, ma di Penia, che significa penuria, povertà. Essendo povero Amore non possiede, ma cerca4. Oggi abbiamo tutti bisogno di una nuova visione della scienza. Una scienza che sappia non impoverire l’umano e non ridurlo al fenomeno che viene preso in esame; una scienza che apra alla cosmologia, allo spessore qualitativo, alla ricerca di senso. In questa direzione, l’assistenza infermieristica, proprio per il suo oggetto di studio disciplinare può essere faro e guida. Il concetto di salute del nostro mondo occidentale, non più ormai definibile, chiede un approccio che abbandoni i confini della guarigione e della autosufficienza ma si rivolga alla possibilità della dignità. 4 Platone, Simposio e Apologia di Socrate. Rimini, Guaraldi, 1995. VI Prefazione Pellegrini_III:infermieri impaginato.qxd 05/10/10 10:40 Pagina VII La disciplina infermieristica attuale non può più contemplare modelli teorici e pratici centrati sull’azione dell’infermiere prevedendo la persona presa in carico come oggetto. Lo scopo disciplinare5 ha negli ultimi tempi promosso un proprio cammino di evoluzione per meglio avvicinare, comprendere e contemplare il nuovo Uomo che cammina lungo il proprio cammino di umanità. Pensare che lo scopo ultimo a cui tende la disciplina infermieristica sia la soddisfazione dei bisogni (variamente intesi) della persona presa in carico è riduttivo e non corretto. La soddisfazione del bisogno può anche non ammettere l’alterità. La cultura dell’integrazione necessita invece della considerazione del proprio limite – umano, professionale, formativo, organizzativo – come valore e che per questo chiede integrazione. È la assunzione del proprio limite che ammette anzitutto la considerazione della persona presa in carico non come oggetto (paziente6) ma come alterità (soggetto). E solo l’accettazione dell’alterità porta ad identificare l’altro cosa diversa da me e quindi ad ammettere una sua titolarità di responsabilità nell’assistenza infermieristica, pari a quella dell’infermiere. L’assistenza infermieristica ha almeno due soggetti; e mai l’uno può pensare e agire anche per l’altro. L’integrazione come cultura è lo stile che prende atto del limite. E si realizza il vero scopo dell’assistenza infermieristica legato alla dignità della persona. Solo così si può comprendere tutto il lavoro di Jean Watson con lo Human Caring e più in generale degli autori della scuola di pensiero disciplinare detta “del risultato”. Solo così si può comprendere a fondo il prezioso lavoro di Pellegrini. Egli si pone proprio nel cuore di questa nuova connotazione della scienza infermieristica con assoluta capacità nel riprendere la antica tradizione della charitas (le radici) per proiettarle nella attualità sociale e professionale (il futuro). Attraverso un percorso rigoroso, l’autore, ci guida verso una nuova prospettiva scientifica in cui non vi sono contrapposizioni ma una ricerca di unità fatta di capacità nel misurare il Caring (capitolo 2) quanto di contemplazione di ogni singola biografia come testimone dell’umano immanente (capitolo 6). Questo sapere più ampio, proposto da Pellegrini, permette lo sviluppo di una nuova concezione del sapere infermieristico che ammette l’idea dell’uomo nella sua integrità ed anche un’idea della ragione ugualmente integra. Sì, sono radici antiche che permettono un futuro nuovo; poiché, scriveva Heidegger: “La quercia stessa diceva che, solo nel crescere, viene fondato ciò che dura e da frutti; che crescere significa: aprirsi alla vastità del cielo e, al tempo stesso, affondare le proprie radici nell’oscurità della terra; che tutto ciò che è solido fiorisce, solo quando l’uomo è, fino in fondo, l’uno e l’altra”7. Edoardo Manzoni Università degli Studi di Milano Bicocca 5 6 7 Inteso come fine ultimo a cui tende l’universo disciplinare e, quindi professionale. Il termine deriva dal latino patiens, il participio passato del verbo deponente pati, intendendo "sofferente" o "che sopporta". M.Heidegger, Il sentiero di Campagna. Genova, Il melangolo, 2002. Prefazione VII Pellegrini_III:infermieri impaginato.qxd 29/09/10 16:36 Pagina VIII Pellegrini_III:infermieri impaginato.qxd 29/09/10 16:36 Pagina IX Introduzione Human Caring: una filosofia nella prassi infermieristica Questo libro è scritto con lo scopo di offrire uno strumento di base, che presenti una panoramica dello Human Caring elaborato da Jean Watson. Uno strumento da usare mentre si lavora per apprendere e mettere in pratica lo stesso Human Caring. Chi scrive non ha la pretesa di essere esauriente e tantomeno sistematico, ma offrire informazioni per cominciare a comprendere cos’è lo Human Caring e come funziona. Inoltre lo Human Caring è una filosofia così dinamica che evolve rapidamente ed è utile vedere le modifiche e le evoluzioni non solo concettuali, ma soprattutto processuali, che si susseguono e testimoniano l’intensità di partecipazione di chi lo vive. Si potrà osservare e percepire questa dinamica evolutiva nel passaggio fra “Caring Factor” e “Caritas Process”. Il miglior modo per comprendere lo Human Caring è viverlo, sperimentarlo su se stessi, con se stessi, con i pazienti-utenti e i loro familiari; condividere e confrontarsi, elaborando l’esperienza con altri colleghi. Questo passaggio è fondamentale ed è il motore stesso dell’evoluzione della filosofia. Il testo è scritto con l’attenzione non tanto ad elaborare idee personali sullo Human Caring da parte di chi scrive – queste sono rimandate ad altra occasione – l’attenzione è rivolta alla “scoperta dello Human Caring che già facciamo e già viviamo, senza sapere di viverlo e metterlo in pratica”. In questa prospettiva mi auguro che il lettore possa scoprire come lo Human Caring è davvero presente nella nostra cultura da molto tempo, per quanto oggi si stia rischiando di perderlo. Possiamo ancora salvarlo e salvarci dalla perdita dei valori, essenziali e fondanti della nostra professione e possiamo ancora salvare la passione che anima la voglia di realizzare al meglio una delle professioni più belle e fondamentali per gli esseri umani. È un passaggio evolutivo e non conservativo di qualcosa di passato e ormai tramontato. Lo Human Caring si presenta come una rinascita evolutiva, rivolta al futuro immediato e non solo dell’infermieristica. Per questo sono rilevanti i frequenti riferimenti a Florence Nightingale che viene riletta e riscoperta in una chiave evolutiva, ovvero certe sue affermazioni sono rilette alla luce delle conoscenze attuali, come per esempio l’importanza attribuita ai cinque sensi posti alla base dell’infermieristica. Questo processo si intreccia con l’evoluzione in corso nelle scienze umane e nelle scienze di base. Per questa ragione si fa spesso riferimento alla fisica quantistica, poiIntroduzione IX Pellegrini_III:infermieri impaginato.qxd 29/09/10 16:36 Pagina X ché siamo alle soglie di un’evoluzione importante nella scienza, in una prospettiva anche di natura spirituale sull’esistenza umana. Molti professionisti di varie discipline si vanno orientando in questa prospettiva, alcuni medici hanno già avviato progetti di ricerca tipici dell’approccio medico farmacologico, utilizzando dizioni come “medicina quantistica molecolare”. Questo libro è accompagnato da un intenso lavoro, tutt’ora in corso con altri colleghi della CNAI (Consociazione Nazionale Associazioni Infermieri) del Nucleo di Torino e del Consiglio Nazionale, di traduzione e pubblicazione dei testi più recenti di Jean Watson. Oltre alla traduzione si stanno mettendo a punto, in questo periodo, i progetti di applicazione dello Human Caring e di misurazione degli esiti a diversi livelli, principalmente con i pazienti-utenti e familiari dei servizi coinvolti in diverse regioni d’Italia. Se leggendo queste righe sarete presi dal desiderio di applicare lo Human Caring e di entrare a far parte del Network internazionale che sostiene il suo sviluppo nel mondo potete contattare il Nucleo CNAI di Torino e l’autore di questo libro. Quello dello Human Caring è un contributo importante, non solo perché è di matrice infermieristica, ma perché fa un salto, più che in avanti: salta in alto verso il cielo e allarga la prospettiva. Cioè introduce la dimensione etica, spirituale e di senso che finora, nel panorama sanitario, è sempre comparsa oppure è fra le righe del tecnicismo, oppure è appannaggio di specialisti o a volte è sequestrata dalla politica. Nella prospettiva offerta dallo Human Caring di Jean Watson l’etica è presa a piene mani, stando sul campo, ed è integrata in una prospettiva di pensiero scientifico e clinico dal volto umano. Lo Human Caring è fondato su un paradigma etico e non sui bisogni di assistenza. I bisogni sono compresi e inseriti nel quadro di riferimento. Questo “salto verso il cielo” e verso l’integrazione delle componenti dell’assistenza in capo all’etica, permette una visione più ampia “sulla terra” e per questo propone una prospettiva molto interessante dell’infermieristica e di tutto il lavoro di care nel suo complesso, poiché apre questioni e interrogativi che spesso vengono posti in modo periferico o accessorio, quasi esterno al lavoro di care vero e proprio. Soprattutto si supera il riduzionismo tecnicista e scientista che spesso caratterizza il pensiero e l’azione assistenziale e si evidenzia senza ambiguità che il lavoro assistenziale è un lavoro finalizzato alla guarigione della persona nella sua complessità. Nella prospettiva della guarigione va compreso anche il lavoro di accompagnamento verso una morte serena. Lo Human Caring è ricco di potenzialità anche per chi ha responsabilità di natura manageriale. In questa prospettiva, organizzare le cure implica per responsabilità di portare senso e significato al fare quotidiano e mettere gli operatori nella condizione di poter agire al meglio la propria professione in modo fondamentale – infatti per lo Human Caring è decisiva la correlazione fra benessere degli operatori e benessere dei pazienti. Sono due elementi inscindibili e in questa prospettiva va considerata la centralità della persona: “persona operatore” e “persona paziente”. Da qui derivano svariate conseguenze sull’idea di ambiente adeguato alla cura, al care. Considerando l’ambiente sia come dimensione architettonica sia nella sua dimensione di “clima umano”. X Introduzione Pellegrini_III:infermieri impaginato.qxd 29/09/10 16:36 Pagina XI In questo senso si può affermare che lo Human Caring contribuisce all’evoluzione e allo sviluppo del fenomeno chiamato “Magnet Hospital”. In questo lavoro molti elementi dello Human Caring saranno soltanto citati o appena sviluppati, poiché lo scopo è quello di una introduzione e di una panoramica circa il pensiero di Watson, dei suoi collaboratori e della filosofia dello Human Caring nel suo complesso. Il nostro progetto già in opera implica il lavoro di traduzione in italiano della numerosa produzione bibliografica di Jean Watson. In un certo senso si può affermare che lo Human Caring è ancora in evoluzione, e lo sarà ancora per molto tempo, e che è un pensiero aperto al contributo di tutti coloro che vorranno accogliere il suo spirito e la sua dinamica. Ma soprattutto si può affermare che lo Human Caring è un modello di assistenza infermieristica, capace di parlare e di offrire significativi contributi a tutte le professioni di aiuto alle persone (e non solo), anche ai volontari e ad altri operatori non professionali, e può dialogare in modo interessante e produttivo con professioni (e discipline scientifiche) non direttamente implicate nel lavoro di care, come architetti, designer, ingegneri, fisici, economisti, giuristi, e con tutti coloro che hanno a cuore il benessere delle persone come elemento di riferimento. Storia ed evoluzione dello Human Caring A partire dal 1979, si sono andate costruendo e via via affermando la filosofia e la teoria dello Human Caring Nursing elaborato da Jean Watson. I primi accenni si rintracciano in un libro di testo per studenti infermieri e oggi si è giunti al percorso formativo integrato con programmi degli studenti universitari di Infermieristica, fino a costituire una teoria, una struttura di pensiero originale per il processo infermieristico di base. Il punto di partenza dello Human Caring (HC) è la relazione tra il prendersi cura di esseri umani, il caring, e il prestare assistenza infermieristica. Questa relazione trova i suoi fondamenti nelle due opere The Theory of Human Caring (1997) e Nursing: Human Science and Human Care (1988). Jean Watson si propone di sviluppare il significato e il senso dell’infermieristica, non solo come disciplina scientifica, ma anche come pratica professionale autonoma e come professione sanitaria distinta e autonoma, con il suo bagaglio di conoscenze, di tecniche operative, ma anche di valori etici di riferimento e di senso. Il prendersi cura è definito da Watson con paradigma etico e morale per l’infermieristica e per ogni infermiere, che si esprime operativamente nelle modalità interpersonali e in un approccio complessivo di tipo umanistico. Lo Human Caring è complesso poiché mette insieme elementi differenti in modo dinamico ed evolutivo. Non si tratta solo di conoscenze di natura scientifica attinenti alla sfera cognitiva, ma anche di conoscenze di natura esperienziale, fenomenologica, che attengono alla sfera della soggettività dell’infermiere come soggetto personale e dell’utente-paziente come soggetto personale altro. Tutto ciò implica abilità, competenze tecniche ma anche relazionali, competenze cliniche ma anche sensibilità, capacità organizzative ma anche intuito, capacità di analisi etica ma anche empatia e apertura alla spiritualità. Introduzione XI Pellegrini_III:infermieri impaginato.qxd 29/09/10 16:36 Pagina XII In questa prospettiva si ritrovano i concetti di olismo e di empatia. Questi elementi cominciano a prendere forma nei dieci fattori di caring (carative factors) presenti fin dai primi scritti di Watson sul caring. I carative factors sono il fondamento del quadro teorico elaborato dalla Watson utili anche sul piano operativo per l’infermieristica (Tab. 1). Tabella 1. I dieci fattori di caring secondo Watson. Da: Watson J. Nursing: The Philosophy and Science of Caring. Little, Brown, Boston, 1979 (ristampa University Press Colorado, Boulder, 1985). 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. La formazione di un sistema di valori umanistico-altruistico L’infusione di fede e speranza La cura della sensibilità verso se stessi e gli altri Lo sviluppo di una relazione di aiuto e di fiducia La promozione e l’accettazione dell’espressione di sentimenti positivi e negativi La sistematica adozione del processo scientifico del problem-solving per l’assunzione delle decisioni La promozione di un insegnamento-apprendimento interpersonale La creazione di un ambiente mentale, fisico, socioculturale e spirituale che abbia natura supportiva, protettiva e correttiva Aiuto nella soddisfazione dei bisogni umani Il riconoscimento delle forze esistenziali-fenomenologiche Un altro elemento che caratterizza l’elaborazione teorica di Watson, accanto ai carative factors, è il concetto di “caritas clinic”. Per “caritas clinic” Watson intende: «Avere a cuore, apprezzare e prestare particolare attenzione». La “caritas clinic” può essere intesa come uno sviluppo del concetto di “carative” con cui Watson sembra voler dare uno spessore e una dimensione più ampia e profonda all’infermieristica nella direzione del caring come una delle possibili forme dell’amore umano. Questo è un passaggio rilevante poiché dà una forma al paradigma etico di fondamento nella prospettiva dell’amore umano. Dell’amore verso un’altra persona. Non si tratta certo di amore erotico o romantico, ma di amore come “presa in carico”, come interesse verso l’altro, di empatia e compassione verso l’altro in difficoltà, a volte grave e senza via d’uscita, ma l’amore può riaprire prospettive impensate e ri-vedere significati nuovi in ogni situazione critica. Dunque il nucleo fondamentale dell’infermieristica, secondo Watson, è costituito da tutti quegli elementi che potenziano il processo terapeutico e favoriscono la guarigione. In questa prospettiva Watson definisce il prendersi cura come: «Il principio o standard etico in base al quale vengono misurati gli interventi di cura». Le conseguenze di questa visione, elaborata da Watson, implicano che «gli interventi tecnici che solitamente hanno lo scopo di curare vengono ridefiniti come “atti sacri” svolti con la consapevolezza della presa in carico e realizzati in modo da rendere onore alla persona come spirito personificato». XII Introduzione Pellegrini_III:infermieri impaginato.qxd 29/09/10 16:36 Pagina XIII La visione di Watson si estende e descrive lo Human Caring come un paradigma etico e transdisciplinare. Dunque il concetto di Human Caring, nato in ambito infermieristico, si espande e si propone come base per tutte le professioni sanitarie e per tutti i professionisti dell’aiuto che mirano alla guarigione, specificamente per chi esercita una medicina, ma anche un’educazione, una psicologia, un sostegno sociale, che coinvolge mente e corpo. In questa prospettiva di senso le medicine complementari sono considerate rilevanti da Watson sia per l’infermieristica sia per la medicina e naturalmente vanno poste al vaglio del metodo scientifico e non assunte fideisticamente o ideologicamente. Nei suoi ultimi lavori, Watson propone collegamenti fra la Teoria del prendersi cura, la Scienza degli esseri umani unitari (Rogers, 1970, 1992, 1994; Watson e Smith, 2002) e la Salute come espansione della coscienza (Newman, 1994), integrando i principi di energia con quelli di risonanza e di consapevolezza del caring. La scienza del prendersi cura come “scienza della coscienza e della consapevolezza” e sta rapidamente diventando un campo di studio interdisciplinare o transdisciplinare. La prospettiva è quella di confrontarsi realmente in modo transdisciplinare, per esempio: con la fisica e la fisica quantistica proprio per ricondurre al filtro critico della scienza affermazioni e soprattutto pratiche fondate sui principi energetici. L’esito del confronto potrebbe rivelare sorprese e scoperte sorprendenti per la salute umana intesa in senso olistico. Le potenzialità offerte oggi dalla fisica quantistica nella prospettiva della guarigione sono ancora tutte da esplorare e ricche di possibilità, oggi appena in fase di esplorazione e di ricerca, come le prospettive aperte dagli studi di Carl Gustav Jung (1875-1961) e da Wolfgang Pauli (1900-1958; premio Nobel per la Fisica nel 1945 per il Principio di esclusione) relative alle sincronicità (termine introdotto da Carl Jung nel 1950) che descrive una connessione fra eventi, psichici o oggettivi, che avvengono in modo sincrono, cioè nello stesso tempo, e tra i quali non vi è una relazione di causa-effetto, ma una evidente connessione di significato. La sincronicità è relativa quindi alle “coincidenze significative”. Un altro studioso importante è David Bohm (1917-1992), fin dal 1954, con l’articolo fondamentale Model of the Causal Interpretation of Quantum Theory in Terms of a Fluid with Irregular Fluctuations, pubblicato in Phys Rev 1954; 96: 208-216. Come spesso accade a molti studiosi importanti, i cui contributi vengono apprezzati e sviluppati solo in tarda età o dopo la morte grazie agli approfondimenti di giovani ricercatori, recentemente gli studi di David Bohm e la sua prospettiva innovativa hanno non solo trovato credito, ma anche conferme e nuovi sviluppi. Dalla metà degli anni ’30 si avviò un interessante confronto fra Carl Gustav Jung, Wolfgang Pauli e Ernst Pascual Jordan, importante fisico tedesco. Il confronto tra i tre scienziati testimonia il loro interesse, soprattutto di Jung, per l’indagine sul parallelismo tra fisica e psicologia del profondo e in particolare per la relatività delle categorie di spazio e tempo. Altri studiosi di fisica significativi nella prospettiva di integrazione interdisciplinare che hanno costruito le fondamenta della visione nella quale ci muoviamo sono Werner Karl Heisenberg, con il ”Principio di indeterminazione di Heisenberg”, ed Erwin Schrödinger, che elaborò un esperimento ideale, il ”Paradosso del gatto di Schrödinger”, che Introduzione XIII Pellegrini_III:infermieri impaginato.qxd 29/09/10 16:36 Pagina XIV divenne famoso ben oltre l’ambito della ricerca fisica. Questi studiosi scardinarono il mondo della scienza più rigorosa e diedero origine a una scienza più aperta e interconnessa: la fisica quantistica. Tra la fine del XX secolo e l’inizio del nuovo millennio, con lo svilupparsi delle teorie e l’evolversi delle formule matematiche, nasce l’ipotesi unificante della teoria delle superstringhe e della possibilità di definire in termini matematicamente chiari l’universo conosciuto come multiverso, e alcuni studiosi contemporanei sviluppano nuovi filoni di indagine fisica e metafisica sulla sincronicità di particolari eventi non spiegabili in termini psicologici o fisici naturali, che sono stati catalogati come “fenomeni di isocronicità nello spazio degli eventi”. Inoltre è in corso il più grande e complesso esperimento al CERN di Ginevra i cui esiti potrebbero modificare radicalmente la nostra concezione dell’universo e di noi stessi come esseri umani. Dunque connettere fisica, filosofia, psicologia, matematica, infermieristica, medicina ed etica non è una novità del momento e fa parte a pieno titolo del progresso e dell’evoluzione scientifica. Infatti sono piuttosto interessanti le ricerche di Von Neumann, Penrose, Eccles circa la struttura cerebrale, le connessioni sinaptiche e la connessione fra collasso della funzione d’onda e stato di coscienza. Questi temi meritano un approfondimento successivo che in parte verrà ripreso più avanti. L’elaborazione di Watson ha il merito di integrare il valore e l’importanza dei fattori empirici e del mondo fisico, materiale, dell’EBN nella pratica infermieristica, con concetti come la mente, la coscienza, l’olismo, le relazioni transpersonali, gli scambi di energia, i quanti, l’olografia, i campi e le onde energetiche, l’anima, il sacro, la trascendenza, l’arte della guarigione, ovvero tenta una sintesi originale, concreta e produttiva di elementi differenti, articolando un pensiero e una pratica rispettosi della complessità dell’esistenza umana da un preciso punto di vista che è quello del care. Questo approccio di complessità non significa complicazione di linguaggio e di concetti. Anzi, Jean Watson ha la capacità di coniugare, nella teoria dello Human Caring, insieme a elementi complessi, altri aspetti non meno complessi, ma di esperienza comune per tutti gli esseri umani e questo rende comprensibile, interessante, attraente, affine e perfino bella la sua teoria; inoltre il linguaggio che utilizza trasmette continuamente ottimismo, speranza e una visione positiva della vita (Tab. 2). Tabella 2. Parole concetti dello Human Caring di uso comune. La bellezza, la verità, l’amore, la bontà, l’armonia, l’apertura, la possibilità, la comprensione profonda e che va oltre, l’unicità, lo stare insieme, l’accudimento, l’onore, l’onorare, l’autenticità, l’ampia consapevolezza, la sensibilità umana, la sofferenza, il dolore, la speranza, la gioia, la spiritualità, la grazia divina, il sacro, il misticismo, l’attività onirica, la passione, la poesia, la metafora, la lettura, il rapporto io-tu, l’angoscia, la dignità, il rispetto, la ritualità, la luce, il femminino sacro, la meraviglia, la compassione, la benedizione, la pace, l’esperienza personale. XIV Introduzione Pellegrini_III:infermieri impaginato.qxd 29/09/10 16:36 Pagina XV In tempi recenti Watson (2005) scrive della sua esperienza personale di guarigione, sperimentata in seguito a eventi critici per la sua salute, integrandola con il suo percorso professionale di presa in carico e di guarigione. Questa operazione non è una commistione o una confusione o un’esibizione, ma al contrario è una vera e propria condivisione a più livelli che ci permette di comprendere come l’autrice della teoria dello Human Caring sperimenti su di sé la sua stessa teoria, e ne sia testimone. In questo modo Watson ci invita a riflettere sulla nostra vita personale e professionale e ci invita a interrogarci circa le motivazioni profonde per cui abbiamo scelto di svolgere il nostro lavoro di prenderci cura degli altri. Ma non è solo una riflessione sulle motivazioni di una professione, è una riflessione sul proprio essere nel mondo, sull’avere scelto di essere nel mondo come “persona che cura”. È una questione di essere riconosciuti dagli altri come “persona che si prende cura” e identificare se stessi come “persona che cura”. È una questione di senso che si sceglie di dare alla propria vita. E ancora, prendersi cura degli altri ci rimanda al nostro personale modo di prenderci cura di noi stessi e delle persone di cui siamo responsabili, e non solo. Si apre ancora un altro livello più profondo che è la nostra esperienza più antica di caring: l’accudimento che abbiamo ricevuto quando noi non eravamo in grado di farlo, la nostra esperienza infantile. Come si può comprendere il caring è ricco di implicazioni e di stimoli sia per lo sviluppo della presa in carico del cliente-paziente, sia per l’infermiere stesso come professionista che esplora le sue possibilità e potenzialità, sia come persona che esplora se stessa e la sua esperienza di vita. Da questo punto di vista nello Human Caring si possono individuare le basi di un “Counselling Human Caring” centrato sulla persona e integrato con gli interventi di care complessivi e certamente questo orientamento è di rilevante interesse per gli infermieri e per tutti quei professionisti interessati a sviluppare un counselling olistico e integrato nelle cure di base. In questa prospettiva, Watson cita spesso Florence Nightingale e il suo lavoro e si riferisce frequentemente alla sua “vocazione spirituale”, considerata un elemento fondamentale dell’esperienza di Nightingale poiché, secondo Watson, è la fonte della sua forza, della sua convinzione e determinazione nel proseguire la sua attività. In questo senso Watson scrive: «Per Nightingale, l’infermieristica era una pratica spirituale e la spiritualità era considerata intrinseca alla natura umana e fonte potente di guarigione; ella fu sempre molto chiara riguardo all’idea dell’infermieristica come vocazione; disse chiaramente che il ruolo di guarigione dell’infermieristica era quello di lavorare in armonia con la natura. In base a questa eredità, l’infermieristica e il suo focus sul prendersi cura e sulla guarigione in armonia con la natura e con le condizioni ambientali sono diventati una forma di pratica artistica guidata dai valori, occupandosi di elementi essenziali della natura umana, come la grazia e la bellezza». Watson, nella stessa prospettiva di Nightingale, si pone e propone a tutti gli infermieri e a tutti coloro che fanno del caring la propria professione alcune domande: • Che cosa c’è alla base della mia disponibilità a prendermi cura degli altri? • Che cosa mi spinge verso l’assistenza? Introduzione XV Pellegrini_III:infermieri impaginato.qxd 29/09/10 16:36 Pagina XVI • • • • Come posso rispondere? Perché non riesco a rispondere? Quando è difficile prendersi cura di qualcuno? Come farò a sostenere e ad alimentare la mia consapevolezza di prendermi cura degli altri? • Chi si prenderà cura di me? In questa linea di pensiero, Watson pone chiaramente la teoria dello Human Caring nell’ambito delle scienze umane piuttosto che nell’ambito delle scienze della tradizione. Watson sostiene la necessità di uno sviluppo ampio dell’infermieristica con uno specifico vertice di osservazione e scrive che la scienza del nursing ha una visione che «(…) propende per l’impiego di teorie e metodi di ricerca qualitativi come la fenomenologia esistenziale, l’introspezione letteraria, lo studio dei casi, la ricerca storicofilosofica, l’ermeneutica, la critica dell’arte e altri approcci che consentono una sistematica osservazione ravvicinata delle proprie esperienze e che cercano di scoprire e chiarire l’esperienza vissuta di salute-malattia-guarigione e i fenomeni legati al prendersi cura di esseri umani» . Come già affermato in precedenza, questa visione non vuole negare la dimensione oggettiva dell’infermieristica e della medicina, ma vuole recuperare accanto a questa la dimensione dell’esperienza soggettiva, di senso e di significato, di unitarietà, di integrazione, di globalità e olismo dell’essere umano. In questo senso le dimensioni oggettive dell’infermieristica e della medicina vengono riposizionate sul piano logico; scrivono infatti Dossey e Dossey: «Watson non rifiuta la scienza; la onora, ci lavora sopra e la amplia; domanda, se avessimo il coraggio di onorare tutto ciò che la scienza ci dice, come apparirebbe l’assistenza sanitaria? Come ci si sentirebbe a essere un paziente e un professionista in un sistema che onora la nostra essenza più profonda?». In questo senso, dunque, vanno intese le “Radici”, non tanto e non solo come un passato da recuperare e valorizzare, che pure è importante, ma soprattutto come un’essenza da scoprire, ancora da ri-scoprire oggi, qui e ora e per il futuro! È per questo che le Radici del Futuro sono qui adesso, davanti a noi, con ognuno di noi, dentro ognuno di noi e ci sfidano per essere trovate, espresse, condivise, connesse. XVI Introduzione