ANALISI DI BILANCIO

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ANALISI DI BILANCIO
I modelli di bilancio (o modelli di contabilizzazione) sono una classe piuttosto eterogenea di
tecniche di supporto alle decisioni, tutte però basate sulla medesimo idea: l’ambiente (in origine) è
un sistema “in equilibrio” tale che ciò che entra equivale a ciò che esce. Ogni opera sul territorio
comporta una variazione delle entrate e delle uscite da valutare. Quindi, definito un sistema preciso
(un’opera, un’area territoriale, un sistema di produzione), si può valutare la sua efficienza
confrontando le risorse in entrata (massa, energia, ecc.) con quelle in uscita (prodotti, scarti, ecc.),
ossia valutandone un bilancio. Ovviamente, per note leggi fisiche, l’efficienza non sarà mai positiva
e, pertanto, questi modelli hanno particolare senso quanto confrontano due o più diverse alterantive
tra loro.
Come si intuisce, questi modelli sono particolarmente indicati per la valutazione di alternative di
gestione, o strategiche, e meno, per esempio, per quelle localizzative, anche se esempi di questo tipo
non mancano. Pertanto taluni, benché comuni nelle VIA, sono molto impiegati soprattutto nelle
Valutazioni Ambientali Strategiche. Sono anche molto noti con il nome di modelli di
“contabilizzazione” proprio perché richiedono un computo preciso di tutto ciò che entra e che esce
dal sistema. Poiché nella fase di valutazione (ossia di bilancio) si devono poter confrontare tra loro
le diverse voci contabilizzate in entrata e uscita, è necessario che esse siano misurate, o
standardizzate, secondo la stessa unità di misura. I diversi metodi differiscono, prima che sul
metodo di contabilizzazione, principalmente proprio sul tipo di unità di misura “equivalente” che
viene adottata per effettuare il bilancio. Pertanto si potrà parlare di: bilanci di massa (o flussi di
materia), bilanci energetici (ed “energetici”), Impronta Ecologica (basata su una unità di superficie
equivalente), ma anche più in generale di Bilanci Ambientali, Analisi del Ciclo di Vita (Life Cycle
Assessment), e Capacità Portante, oltre a tanti altri meno noti.
Le origini di questi modelli possono essere rintracciate agli inizi degli anni ’60 quando furono
redatti i primi bilanci energetici e di massa, spinti dalla crescente preoccupazione per l’esauribilità
delle risorse fossili.
ANALISI DI BILANCIO
11.1. ANALISI DI BILANCIO
Le pagine che seguono trattano alcuni cenni proprio su questi metodi sopra elencati, ricordando
nuovamente al lettore che ulteriori informazioni possono essere reperite nella bibliografia suggerita
alla fine del testo. In ultimo è presentata la procedura di Analisi del Ciclo di Vita, la cui importanza
a livello europeo è andata crescendo negli ultimi anni.
11.1.1. Bilanci Ambientali
I Bilanci Ambientali sono documenti informativi volontari generalmente applicati alla valutazione
di gestione (quindi valutazione strategica) e che descrive le principali relazioni tra l’opera (la
gestione, l’impresa, ecc.) e l’ambiente, secondo uno standard monetario. Lo standard monetario è
generalmente accettato in quanto pemette di comparare, o addirittura includere nel bilancio
economico-finanziario dell’impresa anche gli aspetti ambientali. La gestione ambientale riguarda:
•Gli aspetti ambientali che misurano l’entità dei fattori di impatto generati dall’impresa (pubblica o
privata);
•La prestazione e l’efficienza ambientale dell’impresa;
•L’effetto potenziale che potrebbe produrre l’attività dell’impresa sull’ambiente.
I dati possono essere molto eterogenei e le metodologie di stima differenziarsi a seconda che si
valuti un’impresa privata o una pubblica (la gestione della pubblica amministrazione). Il grosso
problema della monetizzazione degli aspetti ambientali non è di facile soluzione e varia molto da
caso a caso. E’ vero però che soprattutto in ambito pubblico, si è soliti monetizzare gli aspetti
ambientali considerando le spese effettuate o previste per la difesa o il ripristino ambientale, benché
anche altri aspetti dovrebbero essere considerati. A tale proposito, è bene notare che esistono
diverse linee guida non sempre concordanti quali, ad esempio, quelle:
- CEFIC (Council of European Chemical Industry);
- PERI (Public Environmental Reporting Initiative);
- ICLEI.
E in Italia:
- FEEM (Fondazione ENI Enrico Mattei);
- Il progetto CLEAR.
Il Bilancio Ambientale dovrebbe comunque sempre tenere presente le seguenti voci:
•le risorse impiegate;
•i rifiuti prodotti;
•le emissioni in atmosfera;
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ANALISI DI BILANCIO
•l'inquinamento dei corpi idrici superficiali e sotterranei;
•l'inquinamento del suolo e del sottosuolo;
•i rumori;
•altre spese ambientali;
•ecc.
Questi dati possono poi venire ulteriormente dettagliati per singole voci (le sorgenti dei rumori, le
zone acustiche, le opere di mitigazione, ecc.).
Per quanto riguarda invece la documentazione di cui si compone, si è soliti distinguere tra tre
principali relazioni:
1) il piano periodico di budget ambientale;
2) la contabilità (continua o meno);
3) il bilancio ambientale vero e proprio.
Il primo è un vero e proprio programma di utilizzo futuro delle risorse per l’ambiente, suddiviso per
orizzonti temporali, ossia con stime per l’immediato futuro e per periodi di tempo più lunghi
prestabiliti (ogni 10/20 anni, ecc.), fino alla data precisa di raggiungimento finale degli obiettivi di
efficienza ambientale. Questi valori possono venire anche espressi con adeguati indicatori non
monetari poiché la valutazione si effettua sul raggiungimento degli obiettivi posti tra 10 o 20 anni di
ogni specifica voce contabilizzata. Questo programma può ovviamente subire delle modifiche nel
tempo, i modo continuo o discontinuo. Pertanto è necessario un monitoraggio e controllo (la
contabilità continua e non continua) che ne permette le necessarie revisioni in rapporto agli obiettivi
finali e alla situazione contingente. Parte di questo monitoraggio è effettuato al termine di ogni ciclo
di budget (per esempio: un anno finanziario, un orizzonte temporale, ecc.), sarà anche prodotto un
bilancio (consuntivo) che permette di fare le dovute considerazioni sul raggiungimento degli
obiettivi e su come sono state effettivamente utilizzate le risorse.
11.1.2. Bilanci Energetici
I bilanci energetici considerano i flussi di risorse entranti e uscenti dal sistema in oggetto, in forma
di energia; sono tutte valutazioni basate su analisi termodinamiche originariamente finalizzate ad
analizzare il grado di organizzazione (ed efficienza) e la complessità dei sistemi naturali aperti,
ossia di quei sistemi in grado di scambiare energia e materia con l’esterno.
Vi sono varie forme di bilancio energetico, a seconda dello scopo dell’analisi; i più comuni sono
senza dubbio il Bilancio Energetico Territoriale e il Bilancio Emergetico.
Il primo è finalizzato ad analizzare il quadro energetico settoriale (di produzione o di area) presente
e prevedere il fabbisogno futuro. Si basa su tre principali elementi, o classi di variabili da misurare:
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ANALISI DI BILANCIO
-
La domanda energetica presente;
-
L’offerta energetica;
-
Le esternalità ambientali collegate all’uso e alla produzione d’energia, attraverso la
costruzione di un bilancio delle emissioni.
L’analisi della domanda d’energia consente di quantificare i flussi d’energia e ricostruirli
storicamente, esaminarne la distribuzione intersettoriale, disaggregarli a livello territoriale,
analizzarne l’evoluzione temporale.
Il secondo è un metodo, sviluppato dal prof. H. T. Odum dell’Università della Florida alla fine
degli anni ottanta, estremamente completo e complesso di effettuare un bilancio di sistema, basato
su una base energetica comune di origine naturale: l’energia solare. E’ infatti quest’ultima che è alla
base di tutti i processi che si verificano nella biosfera. L’unità di misura esatta è l’”emergia solare”,
ossia la quantità di energia solare equivalente, diretta o indiretta, necessaria per sostenere un
sistema, ottenere un prodotto o rigenerarlo; in pratica rimisura la “convergenza globale” di energia
solare necessaria al sistema analizzato. Di conseguenza, nella valutazione emergetica, più grande è
il flusso emergetico complessivo impiegato per supportare il processo (o sistema), maggiore è la
quantità di energia solare che viene consumata e quindi maggiore è il costo ambientale del processo
o sistema. La sua unità di misura è il solar emergy joule (sej). Infatti, l’energia può essere
considerata come una memoria di tutta l’energia solare necessaria per supportare un certo sistema o
prodotto, comprese le altre fonti di energia che sono state coinvolte a monte nel sistema o
realizzazione del prodotto, sia in modo diretto che indiretto. E’ inoltre necessario considerare che i
diversi tipi di energia impiegati hanno anche diverse “qualità” a parità di quantità: una unità di
energia da carbone sarà meno versatile (meno nobile) di una unità di energia elettrica. Pertanto è
necessario anche disporre di una funzione di equivalenza, ossia la “trasformity”. Matematicamente
si possono definire:
-
l’emergia B del flusso di energia (o prodotto) k-esimo Bk = ∑ Tri Ei dove E è il contenuto
i
di emergia del flusso k e Tr è la sua trasformity;
-
la trasformity Tri =
Bi
dove B è l’emergia del prodotto iesimo.
Ei
Le fasi di questa procedura sono fondamentalmente quattro:
1) L’individuazione e comprensione del sistema,
2) L’acquisizione dei dati (flussi di energia entrante, uscente, importata, esportata, generata dal
sistema stesso),
3) L’analisi vera e propria,
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4) La costruzione mappe di sosteniblità e soprattutto di indicatori emergetici (quali la Densità
Emergetica
U
.dove U è l’emergia totale data da N + F + R, rispettivamente risorse non
area
rinnovabili da energie locali, emergia totale importata, risorse rinnovabili da fonti locali).
11.1.3. I flussi di materia
I flussi di materia descrivono in termini fisici un sistema, quindi sono i più semplici sistemi di
bilancio possibili. In realtà, il bilancio è semplicemente costituito dalla somma di tutti i flussi di
materia ed energia che entrano nel sistema, quelli che vi rimangono e quelli (somma negativa) che
vi escono. Il risultato è una valutazione dal punto di vista fisico della efficienza del sistema, o
meglio, della allocazione ottima delle risorse fisiche. Per tale motivo è molto impiegato nella
gestione dei rifiuti a livello nazionale e regionale. Nazioni che lo hanno adottato per la gestione
interna dei rifiuti sono, per esempio, l’Olanda, la Germania, la Svezia, gli Stati Uniti, la Nuova
Zelanda. In particolare questi ultimi due, avendo a disposizione una banca dati molto precisa su ciò
che viene prodotto ogni anno da ogni singola industria, basa le previsioni di produzione di rifiuti e
soprattutto il dimensionamento dei luoghi di smaltimento dei rifiuti si questo metodo. In modo
molto semplice, sottraggono dalla quantità di prodotto immesso nel mercato, quello scartato per
difetto, quello esportato e quello che viene smaltito in modo non corretto (disperso nell’ambiente);
la quota parte risultante (a qui è stata sommata a monte la quantità di prodotto importato) viene
ripartita tra: percentuale riciclabile, percentuale riutilizzabile, percentuale avviata ad inceneritori e
percentuale da destinare in discarica.
11.1.4. L’impronta ecologica
Il metodo dell’impronta ecologica e’ stato elaborato a cavallo tra gli anni Ottanta ed i Novanta, da
parte dell’ecologo William Rees dell’Universita’ della British Columbia in Canada e dai suoi
collaboratori, primo fra tutti, Mathis Wackernagel.
L’analisi dell’impronta ecologica mira al superamento di alcuni problemi relativi alla valutazione
della capacita’ di carico (la Carrying Capacity utilizzata in ecologia) della specie umana,
capovolgendo completamente la domanda tradizionale : invece di chiedersi “quante persone puo’
sopportare la Terra?”, il metodo dell’impronta si chiede “quanta terra ciascuna persona richiede per
essere supportata?”.
I calcoli dell’Impronte ecologica si basano sulla possibilita’ di stimare, con ragionevole
accuratezza, le risorse che consumiamo ed i rifiuti che produciamo e sulla possibilita’ che questi
flussi di risorse e rifiuti possano essere convertiti in una equivalente area biologicamente produttiva,
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ANALISI DI BILANCIO
necessaria a garantire queste funzioni. Utilizzando l’equivalenza di area l’Impronta ecologica mira
ed esprimere la quantita’ di “interessi” maturati dalla natura di cui ci stiamo appropriando. Infatti se
lo spazio bioproduttivo richiesto e’ maggiore di quello disponibile, possiamo ragionevolmente
affermare che il tasso dei consumi non e’ sostenibile. In pratica l’impronta ecologica misura la
“porzione di territorio” (sia essa terra o acqua) di cui una popolazione necessita per produrre in
maniera sostenibile tutte le risorse che consuma e per assorbire i rifiuti, ed anche la superficie
forestale necessaria ad assorbire la emissioni di anidride carbonica, quando si produce energia. Si
misurare in “unita’ di superficie equivalente”, ossia un ettaro della produttivita’ media del pianeta.
L’equazione base ha la forma di I = P x A x T.
P è il numero di individui (popolazione). A è una misura del consumo medio di risorsa per persona
(che è anche un indice di affluenza affluence). Infine, il prodotto di questi due fattori – la
popolazione e il consumo pro-capite – è moltiplicato per un indice T della dannosità ambientale
delle tecnologie che forniscono i beni consumati. Quest’ultimo fattore può anche essere considerato
l’impatto ambientale per quantità di consumo. In breve, Impatto = Popolazione x Affluenza x
Tecnologia (I = PAT).
Il punto di partenza per il calcolo dell’impronta ecologica è la stima dei diversi consumi che
possiamo raggruppare in 5 categorie: gli alimenti, i trasporti, le abitazioni, i beni di consumo, i
servizi. Ognuno di questi consumi comporta una impronta ecologica per più motivi: terreno
necessario per produrre l’energia in forme sostenibili (senza utilizzare combustibili fossili o
destinando del terreno all’assorbimento degli inquinanti che derivano dalla combustione), terreno
agricolo, pascoli, terreno forestale, terreno degradato, superficie marina.
L’Impronta ecologica di una persona e’ data dalla somma di sei diverse componenti: la superficie di
terra coltivata necessaria per produrre gli alimenti, l’area di pascolo necessaria per produrre i
prodotti animali, la superficie di foreste necessaria per produrre legname e carta, la superficie
marina necessaria per produrre pesci e “frutti” di mare, la superficie di terra necessaria per ospitare
infrastrutture edilizie e la superficie forestale necessaria per assorbire le emissioni di anidride
carbonica risultanti dal consumo energetico dell’individuo stesso. Per l’analisi dei consumi sia essi
alimentari che di materiali (carne, latticini, frutta, verdura, legumi, grano, tabacco, caffe’, prodotti
del legno ecc.) vengono considerate piu’ di 50 risorse biotiche. Il consumo e’ calcolato aggiungendo
alla produzione interna le importazioni e sottraendo le esportazioni. Per il bilancio energetico si
tiene conto dell’energia generata localmente e quella inglobata in piu’ di 100 categorie di prodotti
commercializzati. La parte finale del calcolo riassume l’impronta ecologica nelle sei categorie sopra
considerate e fornisce il totale pro-capite.
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ANALISI DI BILANCIO
11.2. LIFE CYCLE ASSESSMENT
Una definizione pragmatica di LCA si trova nelle norme ISO 14040 che regolano questo approccio
valutativo: "compilazione e valutazione attraverso tutto il ciclo di vita dei flussi in entrata e in
uscita, nonché i potenziali impatti ambientali, di un sistema di prodotto".
Life Cicle Assessment (LCA), viene solitamente tradotto in italiano con l’espressione Analisi del
Ciclo di Vita e, come si intuisce dal nome stesso, si basa sulla analisi dell’oggetto (prodotto, opera,
attività, ecc.) dalla sua nascita alla sua fine, durante tutte le fasi della sua esistenza, il cosiddetto
“approccio dalla culla alla tomba”. Lo scopo è quello di identificare tutti i possibili effetti che la sua
produzione esistenza e smaltimento può produrre sull’ambiente.
In particolare, la valutazione include l’intero ciclo di vita del prodotto, processo o attività,
includendo l’estrazione e il trattamento delle materie prime, la fabbricazione, il trasporto e la
distribuzione, l’uso, il riuso, la manutenzione, il riciclo e lo smaltimento finale. Molto spesso però
questo richiede un eccessivo dispendio di risorse, si può allora decidere di limitare lo studio ad
alcune fasi avendo l’accortezza di specificare quali sono i confini del sistema considerato e
conseguentemente quali i processi trascurati e perché.
Questo strumento permette di gestire l’analisi del sistema oggetto di studio in modo:
-
razionale,
-
trasparente,
-
ripercorribile.
Purtroppo, la partecipazione non è ancora stata prevista in quanto, data la mole di dati necessaria
e l’aspetto estremamente tecnico delle computazioni che richiede il metodo, non sembra prestarsi ad
una valutazione “allargata” a personale non tecnico.
Da un punto di vista storico, lo studio che si ritiene abbia gettato le basi dell’attuale metodologia
venne pubblicato nel 1974 dal Midwest Research Institute ed era uno studio comparativo su 9
diversi contenitori per bevande; si passò per la prima volta ad uno studio di prodotti e non più a
singoli processi industriali ai quali era stata fino ad allora applicata la metodologia.
Un nuovo impulso a questo genere di lavori si è avuto negli anni ’80 allorché su scala mondiale
la LCA si è evidenziata come strumento idoneo all’analisi di problemi ambientali di produzione e di
controllo integrato degli inquinamenti; contemporaneamente si è sviluppato l’interesse per la
valutazione dei potenziali impatti legati allo sfruttamento delle risorse e alle emissioni
nell’ambiente, facendo quindi un passo in più rispetto alla semplice contabilizzazione degli stessi
consumi ed emissioni. Quest’ultimo è stato un elemento caratteristico del contributo europeo alla
metodologia.
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ANALISI DI BILANCIO
Con gli anni ’90 si è avviato un processo di standardizzazione concretizzatosi sia nella
pubblicazione di manuali da parte di diversi gruppi di ricerca, sia nella pubblicazione nel 1997 delle
ISO 14040. Queste ultime rappresentano le principali linee guida di riferimento in Europa e in moti
altri paesi industrializzati, in detaglio:
UNI EN ISO 14040 (1998) Gestione ambientale, Valutazione del ciclo di vita, Principi di
riferimento.
• UNI EN ISO 14041 (1999) Gestione ambientale, Valutazione del ciclo di vita, Definizione
dell’obiettivo e del campo di applicazione e analisi d’inventario.
• UNI EN ISO 14042 (2000) Gestione ambientale, Valutazione del ciclo di vita, Valutazione
dell’impatto del ciclo di vita
• UNI EN ISO 14043 (2000) Gestione ambientale, Valutazione del ciclo di vita, Interpretazione
del ciclo di vita.
Questa norma, oltre a standardizzare la procedura di analisi, consente la possibilità di un controllo
da parte di revisori interni ed esterni ed eventualmente una certificazione da parte di un ente
riconosciuto.
11.2.1. LA PROCEDURA DI LCA
La procedura di LCA si compone di quattro principali fasi e sccessive sotto fasi, così come
definite dalle norme ISO 14040:
• definizione degli obiettivi (goal definition and scoping)
definizione del sistema
definizione di una unità funzionale
individuazione dei dati (disaggregazione e definizione delle regole di analisi)
• inventario (inventory analysis)
dei dati
dei prodotti e sottoprodotti (allocazione)
• valutazione (impact assessment);
classificazione
caratterizzazione
normalizzazione
attribuzione dei pesi
• interpretazione (interpretation)
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ANALISI DI BILANCIO
16.2.1.1. Definizione degli obiettivi (goal definition and scoping)
In questa fase si precisano le finalità dello studio (oggetto, destinatari, applicazioni), l’ambito (la
definizione del sistema considerato, comprensivo dei confini), l’Unità Funzionale (l’unità di
misura), l’individuazione dei dati e le assunzioni necessarie.
Come tutti i modelli di bilancio (e quasi tutti i modelli decisionali), la definizione del sistema
consiste primariamente nell’individuazione dei confini fisici dello studio, ma anche temporali e
geografici, del livello tecnologico, ecc. Per “sistema”, si intende un qualsiasi insieme di dispositivi
e/o operazioni che realizzano una o più precise funzioni; esso è delimitato da appropriati confini
fisici rispetto al sistema ambiente e con questo ha rapporti di scambio caratterizzati da una serie di
input e output. Tali sistemi contengono un gran numero di operazioni collegate tra loro, anche in
modo complesso, dai flussi di materiale, di energia e di prodotti finali.
L’unità funzionale (Functional Unit) è l’unità di misura a cui si rapportano tutti i dati della
prestazione svolta dal sistema (prodotto o servizio), per poterli poi manipolare matematicamente e
confrontare. La sua scelta deve essere effettuata in base all’obiettivo della analisi; per esempio, il
confronto di impatto ambientale tra una discarica controllata e un impianto di compostaggio avverrà
sulla base di una unità funzionale di 1000 kg di rifiuti gestiti. Ovviamente, l’individuazione dei dati
(risorse impiegate e output prodotti) include anche la descrizione degli impatti più rilevanti (anche
in base alle matrici ambientali), fornendo adeguate indicazioni per la raccolta dati durante la fase di
inventario.
Nella individuazione dei dati, si vanno ad indagare le relazioni tra sistema di prodotto (o sistema di
gestione) e sistema ambientale; o meglio gli effetti del primo sul secondo. Si rende quindi
necessario definire i confini oltre i quali tale indagine non ha senso, o meglio, tale influenza è
trascurabile. A questo scopo dobbiamo:
• disaggregare la “vita” dell’oggetto di analisi (per fasi temporali, spaziali, ecc.) coerentemente
cinquanta già accennato per altri modelli decisionali;
• stabilire quali, tra i molti processi che intervengono, inserire nell’analisi (cut off rules).
La disaggregazione può avvenire per fasi temporali e per ambiti geografici/fisici (tipologici, ecc.).
Solitamente, la prima è la più rilevante (dato il principio su cui si basa l’LCA, ossia dalla culla alla
tomba) e tiene conto di:
• acquisizione delle materie prime;
• produzione;
• trasporto/distribuzione;
• uso / riuso / manutenzione;
• riciclo;
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ANALISI DI BILANCIO
• gestione dei rifiuti.
Nella definizione di regole, invece, valgono tre principali regole di approccio all’analisi:
• il ciclo di vita globale, secondo il quale si analizzano tutti i processi, a prescindere dal loro
contributo al bilancio complessivo, e tutte le fasi del ciclo di vita sia del prodotto investigato sia
di quelli correlati;
• il ciclo di vita tecnologico allargato, sono inclusi nell’analisi solo i processi ritenuti significativi
sulla base di criteri quantitativi o logici; dei prodotti correlati si considerano solo le fasi di
acquisizione delle materie prime e produzione;
• il ciclo di vita linea di prodotto, ci si limita strettamente ai processi direttamente connessi con il
prodotto investigato.
Il modello tecnologico allargato risulta essere il miglior compromesso, resta però in sospeso la
distinzione tra processi rilevanti e no.
Anche l’individuazione dei dati (impatti) avviene per disaggregazione geografica (fisica) e
temporale dei processi, inoltre, come per altri modelli, deve considerare anche una gerarchia di
relazioni causa-effetto che possono determinare impatti secondari, terziari, ecc. Pertanto, le
principali categorie di impatto da considerare sono:
a) impatti ambientali;
b) consumo di risorse;
c) condizioni di lavoro.
Queste categorie possono essere ulteriormente divise in impatti globali, regionali o locali, a seconda
dell’influenza geografica, e primari, secondari, ecc.).
16.2.1.2. Inventario (inventory analysis)
L’analisi di inventario include l'organizzazione dei dati e i procedimenti di calcolo che consentono
di quantificare i flussi in entrata e in uscita dal sistema. Questo è quindi il momento più importante
di una LCA, nel quale si procede alla costruzione di un modello della realtà in grado di
rappresentare nella maniera più fedele possibile tutti gli scambi tra il sistema e l’ambiente.
La organizzazione dei dati avviene in accordo con la disaggregazione della fase precedente; a
questa può anche seguire una riaggregazione per categorie ambientali o di risorse di input e output;
per esempio:
• consumi di materie prime;
• consumi di acqua;
• consumi energetici;
• emissioni idriche;
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ANALISI DI BILANCIO
• emissioni atmosferiche;
• rifiuti;
Data la eterogeneità delle informazioni raccolte, per ciascun dato è necessario indicare:
•
fonte dei dati (primaria=misurata; secondaria =da letteratura; terziaria =da stime);
• processo di riferimento;
• tecnologie di riferimento;
• area geografica;
• base di campionamento;
• metodo di misura;
• unità di misura specifica;
• metodo di calcolo dei valori medi;
• varianza ed irregolarità nelle misurazioni.
Nella raccolta ed organizzazione dei dati, spesso ricorre il problema della “allocazione”, ossia di
come allocare i flussi di materia rispetto all’Unità Funzionale definita e quali invece sono da
allocare ad altri sistemi. Questo perché molti sistemi sono multifunzionali e possono generare più di
un prodotto oppure sottoprodotti che possono essere reimpiegati all’esterno del sistema, generando
anche flussi secondari. In questo caso, alcune regole possono tornare utili:
• semplificare il sistema evitando di ripartire il sistema in sottosistemi oppure estendendo il
sistema inglobando altri prodotti;
• considerare attentamente i parametri fisici che regolano il processo quali ad esempio la massa,
l’energia, le moli (nel caso di processi chimici), ecc.;
• evitare l’allocazione su base economica;
• porre molta attenzione a materiali riciclati i quanto già soggetti a precedenti cicli di vita.
16.2.1.3. Valutazione (impact assessment)
La valutazione ha lo scopo di evidenziare l’entità delle modificazioni ambientali che si generano a
seguito di rilasci nell’ambiente (emissioni o reflui) e del consumo di risorse provocati dal sistema in
oggetto. Essa si sviluppa nei seguenti quattro momenti:
•
classificazione;
•
caratterizzazione;
•
normalizzazione;
•
attribuzione dei pesi.
Una eventuale un’analisi di sensitività opzionale (secondo le modalità già introdotte nel Capitolo
10) può anche essere introdotta alla fine del processo.
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ANALISI DI BILANCIO
La classificazione consiste nel valutare che input/output di risorsa contribuisce a quale impatto
globale o locale. Tutto ciò richiede che il consumo di ogni risorsa sia trasformato nell’opportuna
unità di misura relativa (unità funzionale, per es. Kg), mentre la trasformazione dei dati
dall’inventario all’impatto potenziale (EP(j)i) è fatta moltiplicando una particolare sostanza (Q) con
un fattore equivalente (EQ(j)i) che ne indica il rado di significatività (contributo) rispetto all’impatto
globale o locale considerato, sulla base del quale si effettua la valutazione (fase di
caratterizzazione):
EP( j )i = Q × EQ( j ) i
Questi dati, una volta moltiplicati per i fattori equivalenti possono essere sommati all’interno di
ciascuna categoria ambientale ottenendo così un insieme di valori adimensionali che definiscono il
profilo ambientale del sistema
Tabella 11.1.Principali impatti bersaglio
Ambito
Globale
Impatto
Effetto serra
Assottigliamento della fascia di ozono
Consumo di risorse non rinnovabili
Danni alla salute umana
Regionale
Acidificazione
Eutrofizzazione
Formazione di smog fotochimico
Tossicità cronica
Impoverimento risorse idriche
Locale
Effetti sulla salute dell’uomo
Degradazione del suolo
Danni al paesaggio
Erosione del suolo
Biodiversità
La possibilità di effettuare valutazioni globali (su scala regionale, europea o mondiale), è possibile
solo dopo una normalizzazione dei dati. I valori precedentemente ottenuti vengono divisi per un
"valore di riferimento" o in modo da poter stabilire la magnitudo di ciascun effetto ambientale
rispetto ad un valore di riferimento standard, generalmente riferito ad un determinato intervallo di
tempo.
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ANALISI DI BILANCIO
A questo dato può anche essere associato un peso, ossia un valore numerico dimensionale che
esprime l’importanza relativa di quello specifico impatto sugli altri (quindi stabilisce una
graduatoria di merito tra i diversi impatti di riferimento: effetto serra, acidificazione, ecc.).
16.2.1.4. Interpretazione dei risultati
La fase finale consiste nell’interpretazione dei risultati e nell’eventuale redazione di conclusioni e di
raccomandazioni per il miglioramento della performance ambientale del sistema studiato. Eventuali
modifiche del processo, al fine di ridurre gli impatti verificati, possono generare nuove procedure di
LCA, in forma di loop, al fine di giungere ad un risultato soddisfacente.
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