Università di Roma Sapienza Il gravitomagnetismo e la sua misura

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Università di Roma
Sapienza
Il gravitomagnetismo e la sua misura
Braga Vittorio Francesco
1
Indice
1. Differenze ed analogie tra gravità ed elettromagnetismo
pag. 3
2. Teoria gravitoelettromagnetica
pag. 3
3. Effetto Lense-Thirring
pag. 5
3.1
Principio di Mach
pag. 5
3.2
Teoria dell’effetto Lense-Thirring
pag. 6
3.3
LAGEOS e LAGEOS II
pag. 7
3.4
Gravity Probe B
pag. 9
3.5
Effetto Lense-Thirring nelle LMXBs
pag. 10
4. Clock effect
pag. 10
Bibliografia
pag. 12
2
1. Differenze ed analogie tra gravità ed elettromagnetismo
Sono molte, in ambito classico, le analogie tra gravità ed elettromagnetismo. Le più evidenti
vengono messe in luce da un confronto tra forza elettrostatica e forza di gravità: entrambe le forze
agiscono nel vuoto e a distanza infinita e le informazioni si propagano a velocità c. Inoltre la legge
di Coulomb e la legge di gravitazione universale di Newton sono formalmente identiche: la loro
espressione è

cc
f  k 1 2 2 rˆ
r
Dove k è una costante (-G nel caso della legge di Newton e
1
nel caso della legge di Coulomb)
4 0
e c1 e c2 sono le masse (o le cariche) dei due corpi. Sottolineiamo però anche la prima grande
differenza tra le due forze: per quanto riguarda la forza di gravità l’attrazione è tra masse dello
stesso segno e non esistono masse negative, diversamente dalla forza elettrostatica nella quale le
cariche possono essere positive o negative e l’attrazione è tra cariche di segno opposto, mentre tra
cariche dello stesso segno si ha una repulsione. Tornando alle analogie, se ne trovano altre due
partendo dalla forma della forza: la prima è che per entrambi i campi gravitazionale ed elettrico vale
il teorema di Gauss:
  4kcint
Che ci dice che il flusso uscente del campo da una qualsiasi superficie chiusa dipende solo dalla
massa (o carica) interna alla superficie stessa, comunque essa sia distribuita. L’altra analogia che si
trova come conseguenza della forma della forza è la conservatività dei campi. Queste sono le
analogie e le differenze in ambito classico. Andiamo invece a considerare la Relatività (sia Ristretta
che Generale). Sorgono subito notevoli differenze tra le proprietà delle principali quantità collegate
ai due campi in questione e cioè la massa e la carica: uguaglianza massa-energia (non esiste
l’analogo in elettromagnetismo), diverso comportamento a velocità relativistiche di massa
(variabile) e carica (costante), Principio di Equivalenza (che vale per la massa ma non certo per la
carica). Tuttavia, proprio andando a considerare la Relatività Generale, si trova un’altra analogia fra
gravità ed elettromagnetismo. Tale analogia risiede nel fenomeno del gravitomagnetismo: un
fenomeno gravitazionale che però è formalmente simile al magnetismo. Come sappiamo, un
movimento di cariche genera un campo magnetico. In molti si sono chiesti, incuriositi dalle
analogie tra gravità e fenomeni elettrici, se una “corrente di massa” possa generare un campo
analogo al campo magnetico. Maxwell stesso provò a formulare una teoria a riguardo ma non ci
riuscì. In effetti, per poter parlare di gravitomagnetismo occorre, come detto precedentemente,
andare a considerare la Relatività Generale, che Maxwell non poteva conoscere.
2. Teoria gravitoelettromagnetica
Ricaviamo dunque le equazioni del gravitoelettromagnetismo (che comprende il
gravitomagnetismo) con il formalismo della Relatività Generale seguendo un procedimento che, da
un certo punto in poi, sarà del tutto analogo a quello usato per ricavare le equazioni
dell’elettromagnetismo. Per prima cosa scriviamo le equazioni di Einstein (si usa la notazione in cui
gli indici greci vanno da 0 a 3 e gli indici latini da 1 a 3)
G 
8G
T
c4
3
Poniamo ora g      h dove    diag (1,1,1,1) è il tensore metrico di Minkowski e h
è una piccola perturbazione ( | h | <<1, approssimazione lecita visto che tale disuguaglianza è
soddisfatta in tutti gli ambienti astrofisici nei quali è possibile eseguire delle verifiche della
Relatività Generale, con la sola, parziale, eccezione di PSR 1913+16). Definiamo
1
h  h    h ; h  h  
2
Espandiamo ora le equazioni di Einstein in serie di potenze di h e fermiamoci al termine lineare:
otterremo, imponendo la gauge di Lorentz ( h  ,  0 ),
 h 
16G
T
c4
Questo è un risultato analogo a quello ottenuto per il potenziale vettore in elettromagnetismo
 A   4j 
Le soluzioni possono essere scritte in termini di potenziale ritardato
h
 
| x  x '| 
T (t 
, x')
G 

c
 4 4 
d 3x'
 
c
| x  x '|
Le soluzioni interessanti sono quelle con | h00 |>>| hij | e | h0i |>>| hij | e si ottiene
h 00 
4
Al
0l
;
h


2
c2
c2
GM
G J i xk l
è il potenziale gravitoelettrico (Newtoniano) e Al 
 ik è il potenziale
r
c r3
vettore, dipendente dal momento angolare totale del sistema ( J i ) la cui espressione è
dove   
J i  2  i jk x' j
T k0 3
d x'
c
In queste formule il tensore  ijk è il tensore completamente antisimmetrico di Levi-Civita.
Esprimiamo ora la condizione di gauge di Lorentz in termini dei due potenziali: otteniamo
1  1  
  A  0
c t 2
1
.
2
Questo fattore appare come conseguenza del fatto che lo spin del gravitone è 2 e quello del fotone è
1. Il fatto che lo spin del gravitone sia 2 fa sì che la carica gravitomagnetica effettiva sia il doppio
della carica gravitoelettrica effettiva, (mentre, nell’elettromagnetismo, la carica elettrica effettiva è
Che ha una forma del tutto simile a quella dell’elettromagnetismo: l’unica differenza è il fattore
4
1
sarà presente anche in altre equazioni.
2
Ricaviamo ora i campi gravitoelettrico e gravitomagnetico.
uguale alla carica magnetica effettiva) dunque il fattore

 


1 A 
; BG    A
EG   
2c t
E scriviamo le equazioni di Maxwell per il gravitoelettromagnetismo


 
 
 
 

2 EG
1 BG
I)   EG  4G ; II)   BG  0 ; III)   EG  
; IV)   BG  (
 4Gj )
2c t
c t
T 00
T i0
i
Con   2 densità di massa e j 
densità di corrente di massa. Usando infine l’equazione
c
c
delle geodetiche e considerando corpi con velocità non relativistiche, in campi statici, otteniamo
l’accelerazione dovuta al campo gravitoelettromagnetico.
 

v  BG
dv 
 EG 
dt
c
Queste sono dunque le basi teoriche del gravitoelettromagnetismo. Andiamo ora a indagare su
alcuni aspetti di questo fenomeno.
3. Effetto Lense-Thirring
L’effetto più conosciuto del gravitomagnetismo è l’effetto Lense-Thirring (o frame dragging) ma
prima di parlare di questo ricordiamo il Principio di Mach in quanto l’effetto Lense-Thirring fu
scoperto proprio nel tentativo di implementare il principio di Mach nella Relatività Generale.
3.1 Principio di Mach
Il Principio di Mach (nome coniato da Einstein, facendo riferimento ad un ragionamento di Mach)
dice che l’inerzia di un corpo è determinata da “un qualche tipo di interazione” del corpo con altri
corpi dotati di massa. Per spiegarlo meglio usiamo l’esperimento del secchio di Newton: seguiamo
prima il ragionamento del fisico inglese e poi passiamo alla visione di Mach. Prendiamo un secchio
riempito d’acqua appeso ad una corda e facciamo ruotare il secchio con velocità angolare costante
fino a rendere rigida la corda. Durante questa fase la superficie dell’acqua sarà piatta. Lasciamo
srotolare la corda: questa imprimerà al secchio un movimento circolare a velocità angolare sempre
maggiore mentre l’acqua sarà in quiete rispetto al secchio. Mano a mano però, le pareti del secchio
trasferiranno il moto all’acqua e si arriverà ad una situazione finale con secchio fermo e acqua in
rotazione, con la superficie concava a causa della forza centrifuga. Questo esperimento permette,
secondo Newton, di distinguere tra moti relativi (quello iniziale, a velocità angolare costante) che
non inducono deformazioni poiché non vengono generate forze centrifughe e moti assoluti che
invece possono essere riconosciuti dalla presenza di forze. L’idea di Newton è dunque che esistano
un tempo, uno spazio ed un moto assoluti. Non è così per Mach, convinto relativista, che diceva che
tale esperimento dimostra solo che, quando l’acqua è in rotazione rispetto solamente al secchio
(durante l’avvolgimento della corda) le forze centrifughe sono trascurabili. Forze che invece
diventano importanti quando la corda si è srotolata ed il secchio si ferma perché ,in quel caso,
l’acqua è in rotazione rispetto al resto dell’universo. Ora, secondo Mach, dire che l’acqua è in
5
rotazione rispetto all’universo (lui usava l’espressione “stelle fisse”) è la stessa cosa che dire che
l’universo è in rotazione rispetto all’acqua. Dunque, supponendo di far ruotare l’universo attorno
all’acqua che si trova nel secchio, si dovrebbe osservare un incurvamento della superficie
dell’acqua. Seguendo nel suo ragionamento, Mach aggiunge che non sapremmo dire cosa
accadrebbe se le pareti del secchio fossero molto più spesse e massicce perché, se così fosse,
l’effetto della rotazione del secchio attorno all’acqua, durante la fase di attorcigliamento della
corda, non sarebbe trascurabile. Quindi si dovrebbe osservare un incurvamento della superficie
dell’acqua anche in questo caso. In definitiva, Mach non distingue tra moti assoluti e moti relativi,
semplicemente perché per lui tutti i moti sono relativi, così come il tempo e lo spazio. Conseguenza
di tutti questi ragionamenti è il principio di Mach, e cioè che l’inerzia di un corpo è determinata da
un’interazione con gli altri corpi dotati di massa.
3.2 Teoria dell’effetto Lense-Thirring
Passiamo ora alla descrizione dell’effetto Lense-Thirring: questo effetto si verifica quando si ha un
corpo massivo in rotazione. L’espressione della metrica attorno ad un corpo rotante con momento
angolare J, in approssimazione di campo debole e velocità non relativistiche, è
ds 2  (1 
2GM 2 2
2GM
4GMa 2
)c dt  (1 
)dr 2  r 2 d 2  r 2 sin 2 d 2 
sin ddt
2
2
rc
rc
rc
J
. Consideriamo ora il campo gravitomagnetico di un oggetto in rotazione (che quindi
Mc
va bene come approssimazione per il campo gravitomagnetico della Terra).
Con a 
   

G 3r (r  J )  Jr 2
BG  4
c
2r 5
Il momento delle forze applicato al momento angolare del corpo che orbita attorno a quello centrale
sarà

L 
   BG
2c


L
Dove
è il momento di dipolo gravitomagnetico del corpo orbitante. Le conseguenze visibili
2c
dell’effetto Lense-Thirring sono la precessione del nodo e la precessione del pericentro. Usando le
equazioni perturbative di Lagrange e di Gauss dei parametri orbitali a (semiasse maggiore), e
(eccentricità), i (inclinazione del piano orbitale), (longitudine del nodo ascendente),  (distanza
del pericentro dal nodo) ed M (anomalia media) si arriva ad ottenere il rate di variazione del nodo
 LT ) e del pericentro (  LT ) in funzione di questi parametri.
(
2GJ
 L T 

c a (1  e )
2
3
2
3
2
 6GJ
;  L T 
c a (1  e )
2
3
2
3
2
cos i
3.3 LAGEOS e LAGEOS II
I satelliti LAGEOS e LAGEOS II hanno eseguito una misura di queste due quantità. Questi satelliti
sono sfere in alluminio che rivestono un core di ottone. I LAGEOS sono del tutto passivi: non
6
hanno propulsori e seguono orbite dettate solamente dalle condizioni esterne. Per la costruzione dei
satelliti sono stati seguiti alcuni criteri: i LAGEOS dovevano essere abbastanza pesanti per
minimizzare gli effetti non gravitazionali, la superficie doveva essere abbastanza estesa da potervi
posizionare un alto numero di Cube Corner Retroreflector (CCR) ma non troppo estesa in modo da
minimizzare gli effetti perturbativi da parte della radiazione solare. La tabella 1 illustra le
caratteristiche più importanti dei satelliti LAGEOS.
Diametro [cm]
Massa [Kg]
Numero CCR
a [m]
e
i [°]
h [m]
P [min]
n [rad/s]
 [°/d]

 [°/d]
LAGEOS
60
406,965
426 (422 in silicio, 4 in germanio)
1,2286*107
0,0045
109,84
5,86*106
225
4,654*10-4
0,34266
-0,21338
LAGEOS II
60
405,38
426 (422 in silicio, 4 in germanio)
1,2155*107
0,0135
52,64
5,62*106
223
4,696*10-4
-0,62576641
0,44470485
Tabella 1: Caratteristiche dei satelliti LAGEOS
Nella tabella 1, h è l’altezza del perigeo, P il periodo dell’orbita ed n il moto medio. Si specifica
 e  sono i rate di precessione del nodo e del perigeo totali, non quelli relativi al solo
inoltre che 
 LT e  LT i satelliti LAGEOS sono stati
effetto Lense-Thirring. Per arrivare alla stima di 
tracciati (cioè ne è stata misurata continuamente la posizione) per molti anni, con un sistema di
Satellite Laser Ranging (SLR). L’SLR è un sistema di misura molto preciso (l’incertezza sulle
misure è circa 2 cm) e concettualmente molto semplice: sulla superficie terrestre vi sono diverse
stazioni che misurano la posizione dei satelliti mandando un raggio laser verso di questi. Il raggio
viene riflesso dai CCR e rivelato a terra e, dalla misura del tempo di andata e ritorno del raggio, si
 LT e  LT è stato fatto lo studio
calcola la distanza del satellite. Per arrivare a ottenere i valori di 
dei residui, ossia delle posizioni sperimentali meno quelle teoriche. Se, nel calcolo della posizione
teorica, si tiene conto di tutte le perturbazioni tranne che dell’effetto Lense-Thirring, i residui
saranno indicativi solo dell’effetto Lense-Thirring o di imperfezioni nei modelli usati. Sia il calcolo
dei dati teorici, sia la differenza con quelli sperimentali, sono stati eseguiti dal software GEODYN
II. Per il calcolo dei dati teorici si necessita innanzitutto di una conoscenza approfondita del
potenziale gravitazionale terrestre del quale occorre fare uno sviluppo in armoniche sferiche.


GM 
R
U (r )  
1  l  
r 
r
1
l
l

0
m

(ClmY C lm ( ,  )  S lmY S lm ( ,  )) 


Sono stati usati vari modelli del geopotenziale: JGM-2, JGM-3, EGM96, GEMT1, GEMT2,
GEMT3, GEMT3S ed altri: modelli sviluppati fino a ordini diversi e ricavati da diverse misure. Per
stimare la bontà dei vari modelli si usa un parametro chiamato degree variance, definito come
Cl 
2
1
2
2
(Clm  S lm )

2l  1 m
7
L’andamento teorico della degree variance per la Terra (e, sembra, anche per la Luna e per i pianeti
di tipo terrestre) è ben descritto dalla formula seguente (regola di Kaula)
Cl  0,7
2
10 10
l4
Confrontando l’andamento della degree variance dei vari modelli con l’andamento previsto dalla
regola di Kaula si verifica la bontà dei modelli. La conoscenza del geopotenziale però non è l’unica
cosa richiesta: come detto bisogna tener conto di qualsiasi effetto perturbativo, gravitazionale e non,
e svilupparne i modelli. Gli effetti perturbativi di tipo gravitazionale sono le variazioni dei
coefficienti delle armoniche sferiche, le maree solide ed oceaniche, le perturbazioni lunisolari e
planetarie e le correzioni relativistiche (deviazione dal moto geodetico, precessione di De Sitter ed
altri effetti relativistici). Le perturbazioni non gravitazionali sono invece la pressione di radiazione
solare diretta e quella indiretta a causa dell’albedo terrestre, l’effetto Yarkovsky, l’asimmetria
riflettiva e il drag da parte di particelle neutre e cariche. La pressione di radiazione solare è l’effetto
non gravitazionale che più influenza l’orbita del satellite; per poter avere una buona stima
dell’accelerazione provocata dalla pressione di radiazione, occorre conoscere con precisione
l’andamento nel tempo della costante solare. Questa quantità infatti, a dispetto del nome, non è
affatto costante, anzi, segue un andamento periodico con minimi e massimi ogni 11 anni, in chiara
correlazione con il ciclo solare. L’effetto Yarkovsky invece riguarda la diversità di illuminazione tra
le varie regioni del satellite: la faccia del satellite che viene investita dalla radiazione esterna (solare
o terrestre) si riscalda rispetto alla faccia nascosta alla radiazione. Ci sarà dunque una differenza
nell’emissione di calore da parte delle due facce del satellite che porterà ad un’accelerazione che
dipende dall’inclinazione dell’orbita del satellite e dal verso di rotazione di quest’ultimo. L’effetto è
molto piccolo ma, cumulato nel tempo, diventa fondamentale: basta pensare che, in qualche decina
di milioni di anni, l’effetto Yarkovsky può portare vicino alla Terra un asteroide che prima orbitava
nella fascia tra Marte e Giove. I satelliti LAGEOS sono accelerati da due diversi tipi di effetto
Yarkovsky: l’effetto Yarkovsky-Schach da parte della radiazione visibile solare in cui si tiene conto
della differenza di temperatura che si viene a creare tra due facce del satellite a causa della
rotazione di quest’ultimo: la faccia sulla quale è “giorno” è più calda della faccia sulla quale è
“notte”. Si ha poi l’effetto Yarkovsky-Rubincam, per effetto della radiazione infrarossa terrestre
che, in linea di principio, funziona come l’effetto Yarkovsky-Schach ma la differenza di
temperatura che si tiene in considerazione stavolta è quella che si viene a creare come conseguenza
di un maggiore o minore riscaldamento “stagionale” di una faccia rispetto all’altra. Questo secondo
effetto, essendo appunto stagionale, dipende dall’inclinazione dell’asse di rotazione del satellite.
Infine bisogna tener conto di tutti i movimenti della Terra perché è rispetto alla Terra che viene
misurata la posizione dei satelliti LAGEOS. Dunque bisogna tener conto della precessione dell’asse
di rotazione terrestre, della nutazione dello stesso, del moto del polo e della variabilità della durata
del giorno. Elaborando i dati e tenendo conto di tutte queste correzioni, si arriva al risultato finale,
presentato nella seguente tabella insieme ai risultati che ci si aspettano dalla teoria.
LAGEOS
LAGEOS II
 LT sper [mas/yr]

30,66
31,51
 LT th [mas/yr]

31,0
31,5
 LT sper [mas/yr]
31,31
-57,35
 L T th [mas/yr]
31,6
-57,0
Tabella 2: Precessione Lense-Thirring teorica e sperimentale dei satelliti LAGEOS
 LT è circa 1 mas/yr mentre è molto maggiore l’errore sulla misura dei
L’errore sulla misura dei 
 LT , soprattutto quello di LAGEOS a causa della minore eccentricità dell’orbita del satellite. Le
sorgenti d’errore più rilevanti sono le incertezze (Jl) sui coefficienti delle armoniche zonali pari (i
8
termini dello sviluppo del potenziale con m  0 ed l pari), soprattutto quelle con l  2 ed l  4 . È
possibile però introdurre il parametro  il cui errore non sarà influenzato dalle incertezze relative a
questi due coefficienti. Per introdurre  si usa l’equazione


 L T th LAGEOS  k 
 L T th LAGEOS II  k  L T th LAGEOS II )  c(J , J ...)


LAGEOS  k1 LAGEOS II  k 2 LAGEOS II   (
1
2
6
8
Dove i  indicano i residui calcolati da GEODYN II e k1  0,295 e k 2  0,35 sono dei coefficienti
ottenuti da un sistema di equazioni per eliminare i contributi di J2 e J4 all’errore su . Restano
nella formula i contributi dovuti a J2n con n  3 che però sono molto piccoli rispetto a quelli che
è stato possibile eliminare. La misura di questo parametro, che ha valore 1 in Relatività Generale e
0 nella teoria Newtoniana, dà
  1,10  0,25
Il parametro  è strettamente legato al parametro post-Newtoniano  (che indica la curvatura dello
spazio prodotta da una massa unitaria a riposo) tramite la formula

1 
2
Purtroppo però, a causa della grande incertezza su , non è possibile utilizzare il risultato ottenuto
per ottenere una stima di  migliore di quelle esistenti.
3.4 Gravity Probe B
Il Gravity Probe B (GPB) è un esperimento concettualmente diverso dai LAGEOS perché il
giroscopio del quale si misura la precessione non è l’intera orbita del satellite: all’interno del GPB si
trovano quattro giroscopi ed è la precessione dell’asse di rotazione di questi giroscopi che viene
misurata. I giroscopi all’interno del satellite sono sfere (quasi perfette, le migliori realizzazioni di
una sfera che l’uomo abbia mai realizzato) in quarzo fuso, rivestite di niobio superconduttore
galleggianti in un campo magnetico. La rotazione viene mantenuta da un getto di elio gassoso in un
ambiente altrimenti vuoto. A causa della rotazione, si genera un momento magnetico parallelo
all’asse di rotazione. La precessione dell’asse di rotazione viene stimata misurando la variazione
della direzione del momento magnetico dei giroscopi con un sistema di sensori SQUID. Più
precisamente, la quantità misurata, è la corrente indotta in un circuito a causa della variazione del
momento magnetico. La sensibilità sulla misura della direzione dell’asse di rotazione del giroscopio
è di 103 arcsec. La direzione misurata deve essere poi confrontata con un riferimento fisso e per
questo il GPB ha a bordo un telescopio che punta costantemente la stella IM Peg. Ovviamente
questa stella non è fissa ma ha un moto proprio non nullo, quindi occorre studiarne il moto rispetto
alle quasar distanti con estrema precisione per poi apportare le dovute correzioni. È stata scelta IM
Peg perché la stabilità della sua emissione nel radio e nelle microonde la rende facilmente
osservabile da terra ed è possibile misurarne la posizione con grande precisione con la tecnica del
Very Long Baseline Interferometry (VLBI). Il GPB ruota su di un’orbita polare, caratteristica
importante che permette di distinguere facilmente la precessione di De Sitter da quella dovuta
all’effetto Lense-Thirring. Per un giroscopio su di un’orbita polare infatti il vettore velocità
angolare della precessione dovuta all’effetto Lense-Thirring si trova sul piano orbitale mentre
l’analogo vettore della precessione di De Sitter è perpendicolare a tale piano. Risulta così molto
facile separare la due componenti: il GPB infatti misura entrambi i rate di precessione. Per l’effetto
9
Lense-Thirring ci si aspetta che l’entità della precessione sia 0,039 arcsec/yr mentre, per la
precessione di De Sitter, ci si aspetta un rate di 6,606 arcsec/yr. Non sono ancora stati pubblicati i
risultati ma le prime analisi sembrano fornire un’ulteriore conferma della validità della Relatività
Geneale.
3.5 Effetto Lense-Thirring nelle LMXBs
Ovviamente l’effetto Lense-Thirring non si verifica solo in prossimità della Terra ma in tutti quei
sistemi in cui vi è un corpo in rotazione, validi esempi sono le Low Mass X-ray Binaries (LMXBs).
In questi sistemi, l’oggetto più massiccio (primaria) è una stella di neutroni o un buco nero. Vi è poi
la secondaria che è una stella di sequenza principale o una gigante una nana bianca. Spesso la
secondaria riempie il proprio lobo di Roche e trasferisce materiale alla primaria formando un disco
di accrescimento attorno ad essa. Il disco di accrescimento è la parte più luminosa del sistema, la
cui intensità emessa si trova quasi totalmente nella banda X. In questi sistemi l’effetto LenseThirring si può osservare nella precessione dell’orbita del gas del disco di accrescimento. L’effetto
della precessione è la presenza di un segnale periodico a qualche decina di Hz, più precisamente ad
una frequenza
 L T
8 2 I K  s

c2M
2
Dove I è il momento d’inerzia della primaria,  s la sua frequenza di spin e  K la frequenza
Kepleriana dell’orbita del gas. I sistemi 4U 1728-34, 4U 0614+091 e KS 1731-260 presentano
oscillazioni che sembrano essere in accordo con una precessione dell’orbita del gas del disco dovuta
all’effetto Lense-Thirring: negli spettri di potenza delle oscillazioni di questi oggetti si trovano
infatti dei picchi tra 20 e 35 Hz.
4. Clock effect
Analizziamo ora un altro effetto del gravitomagnetismo: il clock effect. Partiamo dalla metrica di
Kerr che descrive lo spazio-tempo in vicinanza di un corpo massiccio rotante. Da notare che, nella
seguente formula, non vi è alcuna approssimazione
ds 2  (1 
Dove  
2r
2
)c 2 dt 2 
2

dr 2   2 d 2  (r 2  a 2 
2ra 2 sin 2 
2
) sin 2 d 2 
4ra sin 2 
2
ddt
GM
J
,  2  r 2  a 2 cos 2  ,   r 2  2r  a 2 e a 
. Consideriamo ora un orologio
2
Mc
c
che percorre un’orbita circolare sul piano equatoriale ( r  cos t , 

2
). Usando l’equazione delle
geodetiche si ottiene una sola equazione non banale e cioè
(a 
2
r3

)d 2  2adcdt  c 2 dt 2  0
Fissiamo ora un angolo sull’orbita: dopo una variazione dell’angolo azimutale di 2, l’orologio
misurerà due diversi periodi di rivoluzione  nel caso in cui questa sia corotante (+) o controrotante
(-) rispetto alla rotazione del corpo centrale.
10
   T0 (1 
1
3
a
 2 0 ) 2
r
c
Dove T0 e 0 sono il periodo e la pulsazione Kepleriane dell’orbita. Infine si ha
a
c
  2    2  8 T0
Tuttavia, nei casi di maggior interesse, si può usare l’approssimazione post-Newtoniana all’ordine
più basso e così si ottiene
      4
a
c
Per un orologio che orbita attorno alla Terra si ottiene       2  107 s . C’è da sottolineare che
tale quantità risulta essere diversa se viene misurata non dopo la variazione di 2 dell’angolo  ma
dopo un tempo T0: in questo caso si avrà       3  10 16 s . Questa è una differenza concettuale
molto importante, soprattutto quando si tratta di fare delle misure. C’è da precisare che il clock
effect non si ha solo sulle orbite equatoriali ma l’entità dell’effetto diminuisce all’aumentare
dell’inclinazione dell’orbita, annullandosi in caso di orbita polare. Per misurare il clock effect è
stato pensato l’esperimento Gravity Probe C che dovrebbe misurare la  di circa 2 10 7 s .
L’esperimento dovrebbe consistere in due satelliti su orbite uguali ma che ruotano in senso opposto
l’uno rispetto all’altro; a bordo dovrebbero trovarsi orologi atomici ad alta precisione. Non è un
problema raggiungere una precisione di 10-7 s nella determinazione di un periodo di tempo ma sono
molti i fattori che rendono difficile una misura del genere. L’errore più critico è quello riguardante
il tracciamento del satellite ma bisogna tenere in considerazione anche molti altri effetti come si è
fatto per i satelliti LAGEOS. In ogni caso, esperimenti per la misura del clock effect sono stati
proposti ma nessuno di essi è stato ancora realizzato.
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