Università di Roma Sapienza Il gravitomagnetismo e la sua misura Braga Vittorio Francesco 1 Indice 1. Differenze ed analogie tra gravità ed elettromagnetismo pag. 3 2. Teoria gravitoelettromagnetica pag. 3 3. Effetto Lense-Thirring pag. 5 3.1 Principio di Mach pag. 5 3.2 Teoria dell’effetto Lense-Thirring pag. 6 3.3 LAGEOS e LAGEOS II pag. 7 3.4 Gravity Probe B pag. 9 3.5 Effetto Lense-Thirring nelle LMXBs pag. 10 4. Clock effect pag. 10 Bibliografia pag. 12 2 1. Differenze ed analogie tra gravità ed elettromagnetismo Sono molte, in ambito classico, le analogie tra gravità ed elettromagnetismo. Le più evidenti vengono messe in luce da un confronto tra forza elettrostatica e forza di gravità: entrambe le forze agiscono nel vuoto e a distanza infinita e le informazioni si propagano a velocità c. Inoltre la legge di Coulomb e la legge di gravitazione universale di Newton sono formalmente identiche: la loro espressione è cc f k 1 2 2 rˆ r Dove k è una costante (-G nel caso della legge di Newton e 1 nel caso della legge di Coulomb) 4 0 e c1 e c2 sono le masse (o le cariche) dei due corpi. Sottolineiamo però anche la prima grande differenza tra le due forze: per quanto riguarda la forza di gravità l’attrazione è tra masse dello stesso segno e non esistono masse negative, diversamente dalla forza elettrostatica nella quale le cariche possono essere positive o negative e l’attrazione è tra cariche di segno opposto, mentre tra cariche dello stesso segno si ha una repulsione. Tornando alle analogie, se ne trovano altre due partendo dalla forma della forza: la prima è che per entrambi i campi gravitazionale ed elettrico vale il teorema di Gauss: 4kcint Che ci dice che il flusso uscente del campo da una qualsiasi superficie chiusa dipende solo dalla massa (o carica) interna alla superficie stessa, comunque essa sia distribuita. L’altra analogia che si trova come conseguenza della forma della forza è la conservatività dei campi. Queste sono le analogie e le differenze in ambito classico. Andiamo invece a considerare la Relatività (sia Ristretta che Generale). Sorgono subito notevoli differenze tra le proprietà delle principali quantità collegate ai due campi in questione e cioè la massa e la carica: uguaglianza massa-energia (non esiste l’analogo in elettromagnetismo), diverso comportamento a velocità relativistiche di massa (variabile) e carica (costante), Principio di Equivalenza (che vale per la massa ma non certo per la carica). Tuttavia, proprio andando a considerare la Relatività Generale, si trova un’altra analogia fra gravità ed elettromagnetismo. Tale analogia risiede nel fenomeno del gravitomagnetismo: un fenomeno gravitazionale che però è formalmente simile al magnetismo. Come sappiamo, un movimento di cariche genera un campo magnetico. In molti si sono chiesti, incuriositi dalle analogie tra gravità e fenomeni elettrici, se una “corrente di massa” possa generare un campo analogo al campo magnetico. Maxwell stesso provò a formulare una teoria a riguardo ma non ci riuscì. In effetti, per poter parlare di gravitomagnetismo occorre, come detto precedentemente, andare a considerare la Relatività Generale, che Maxwell non poteva conoscere. 2. Teoria gravitoelettromagnetica Ricaviamo dunque le equazioni del gravitoelettromagnetismo (che comprende il gravitomagnetismo) con il formalismo della Relatività Generale seguendo un procedimento che, da un certo punto in poi, sarà del tutto analogo a quello usato per ricavare le equazioni dell’elettromagnetismo. Per prima cosa scriviamo le equazioni di Einstein (si usa la notazione in cui gli indici greci vanno da 0 a 3 e gli indici latini da 1 a 3) G 8G T c4 3 Poniamo ora g h dove diag (1,1,1,1) è il tensore metrico di Minkowski e h è una piccola perturbazione ( | h | <<1, approssimazione lecita visto che tale disuguaglianza è soddisfatta in tutti gli ambienti astrofisici nei quali è possibile eseguire delle verifiche della Relatività Generale, con la sola, parziale, eccezione di PSR 1913+16). Definiamo 1 h h h ; h h 2 Espandiamo ora le equazioni di Einstein in serie di potenze di h e fermiamoci al termine lineare: otterremo, imponendo la gauge di Lorentz ( h , 0 ), h 16G T c4 Questo è un risultato analogo a quello ottenuto per il potenziale vettore in elettromagnetismo A 4j Le soluzioni possono essere scritte in termini di potenziale ritardato h | x x '| T (t , x') G c 4 4 d 3x' c | x x '| Le soluzioni interessanti sono quelle con | h00 |>>| hij | e | h0i |>>| hij | e si ottiene h 00 4 Al 0l ; h 2 c2 c2 GM G J i xk l è il potenziale gravitoelettrico (Newtoniano) e Al ik è il potenziale r c r3 vettore, dipendente dal momento angolare totale del sistema ( J i ) la cui espressione è dove J i 2 i jk x' j T k0 3 d x' c In queste formule il tensore ijk è il tensore completamente antisimmetrico di Levi-Civita. Esprimiamo ora la condizione di gauge di Lorentz in termini dei due potenziali: otteniamo 1 1 A 0 c t 2 1 . 2 Questo fattore appare come conseguenza del fatto che lo spin del gravitone è 2 e quello del fotone è 1. Il fatto che lo spin del gravitone sia 2 fa sì che la carica gravitomagnetica effettiva sia il doppio della carica gravitoelettrica effettiva, (mentre, nell’elettromagnetismo, la carica elettrica effettiva è Che ha una forma del tutto simile a quella dell’elettromagnetismo: l’unica differenza è il fattore 4 1 sarà presente anche in altre equazioni. 2 Ricaviamo ora i campi gravitoelettrico e gravitomagnetico. uguale alla carica magnetica effettiva) dunque il fattore 1 A ; BG A EG 2c t E scriviamo le equazioni di Maxwell per il gravitoelettromagnetismo 2 EG 1 BG I) EG 4G ; II) BG 0 ; III) EG ; IV) BG ( 4Gj ) 2c t c t T 00 T i0 i Con 2 densità di massa e j densità di corrente di massa. Usando infine l’equazione c c delle geodetiche e considerando corpi con velocità non relativistiche, in campi statici, otteniamo l’accelerazione dovuta al campo gravitoelettromagnetico. v BG dv EG dt c Queste sono dunque le basi teoriche del gravitoelettromagnetismo. Andiamo ora a indagare su alcuni aspetti di questo fenomeno. 3. Effetto Lense-Thirring L’effetto più conosciuto del gravitomagnetismo è l’effetto Lense-Thirring (o frame dragging) ma prima di parlare di questo ricordiamo il Principio di Mach in quanto l’effetto Lense-Thirring fu scoperto proprio nel tentativo di implementare il principio di Mach nella Relatività Generale. 3.1 Principio di Mach Il Principio di Mach (nome coniato da Einstein, facendo riferimento ad un ragionamento di Mach) dice che l’inerzia di un corpo è determinata da “un qualche tipo di interazione” del corpo con altri corpi dotati di massa. Per spiegarlo meglio usiamo l’esperimento del secchio di Newton: seguiamo prima il ragionamento del fisico inglese e poi passiamo alla visione di Mach. Prendiamo un secchio riempito d’acqua appeso ad una corda e facciamo ruotare il secchio con velocità angolare costante fino a rendere rigida la corda. Durante questa fase la superficie dell’acqua sarà piatta. Lasciamo srotolare la corda: questa imprimerà al secchio un movimento circolare a velocità angolare sempre maggiore mentre l’acqua sarà in quiete rispetto al secchio. Mano a mano però, le pareti del secchio trasferiranno il moto all’acqua e si arriverà ad una situazione finale con secchio fermo e acqua in rotazione, con la superficie concava a causa della forza centrifuga. Questo esperimento permette, secondo Newton, di distinguere tra moti relativi (quello iniziale, a velocità angolare costante) che non inducono deformazioni poiché non vengono generate forze centrifughe e moti assoluti che invece possono essere riconosciuti dalla presenza di forze. L’idea di Newton è dunque che esistano un tempo, uno spazio ed un moto assoluti. Non è così per Mach, convinto relativista, che diceva che tale esperimento dimostra solo che, quando l’acqua è in rotazione rispetto solamente al secchio (durante l’avvolgimento della corda) le forze centrifughe sono trascurabili. Forze che invece diventano importanti quando la corda si è srotolata ed il secchio si ferma perché ,in quel caso, l’acqua è in rotazione rispetto al resto dell’universo. Ora, secondo Mach, dire che l’acqua è in 5 rotazione rispetto all’universo (lui usava l’espressione “stelle fisse”) è la stessa cosa che dire che l’universo è in rotazione rispetto all’acqua. Dunque, supponendo di far ruotare l’universo attorno all’acqua che si trova nel secchio, si dovrebbe osservare un incurvamento della superficie dell’acqua. Seguendo nel suo ragionamento, Mach aggiunge che non sapremmo dire cosa accadrebbe se le pareti del secchio fossero molto più spesse e massicce perché, se così fosse, l’effetto della rotazione del secchio attorno all’acqua, durante la fase di attorcigliamento della corda, non sarebbe trascurabile. Quindi si dovrebbe osservare un incurvamento della superficie dell’acqua anche in questo caso. In definitiva, Mach non distingue tra moti assoluti e moti relativi, semplicemente perché per lui tutti i moti sono relativi, così come il tempo e lo spazio. Conseguenza di tutti questi ragionamenti è il principio di Mach, e cioè che l’inerzia di un corpo è determinata da un’interazione con gli altri corpi dotati di massa. 3.2 Teoria dell’effetto Lense-Thirring Passiamo ora alla descrizione dell’effetto Lense-Thirring: questo effetto si verifica quando si ha un corpo massivo in rotazione. L’espressione della metrica attorno ad un corpo rotante con momento angolare J, in approssimazione di campo debole e velocità non relativistiche, è ds 2 (1 2GM 2 2 2GM 4GMa 2 )c dt (1 )dr 2 r 2 d 2 r 2 sin 2 d 2 sin ddt 2 2 rc rc rc J . Consideriamo ora il campo gravitomagnetico di un oggetto in rotazione (che quindi Mc va bene come approssimazione per il campo gravitomagnetico della Terra). Con a G 3r (r J ) Jr 2 BG 4 c 2r 5 Il momento delle forze applicato al momento angolare del corpo che orbita attorno a quello centrale sarà L BG 2c L Dove è il momento di dipolo gravitomagnetico del corpo orbitante. Le conseguenze visibili 2c dell’effetto Lense-Thirring sono la precessione del nodo e la precessione del pericentro. Usando le equazioni perturbative di Lagrange e di Gauss dei parametri orbitali a (semiasse maggiore), e (eccentricità), i (inclinazione del piano orbitale), (longitudine del nodo ascendente), (distanza del pericentro dal nodo) ed M (anomalia media) si arriva ad ottenere il rate di variazione del nodo LT ) e del pericentro ( LT ) in funzione di questi parametri. ( 2GJ L T c a (1 e ) 2 3 2 3 2 6GJ ; L T c a (1 e ) 2 3 2 3 2 cos i 3.3 LAGEOS e LAGEOS II I satelliti LAGEOS e LAGEOS II hanno eseguito una misura di queste due quantità. Questi satelliti sono sfere in alluminio che rivestono un core di ottone. I LAGEOS sono del tutto passivi: non 6 hanno propulsori e seguono orbite dettate solamente dalle condizioni esterne. Per la costruzione dei satelliti sono stati seguiti alcuni criteri: i LAGEOS dovevano essere abbastanza pesanti per minimizzare gli effetti non gravitazionali, la superficie doveva essere abbastanza estesa da potervi posizionare un alto numero di Cube Corner Retroreflector (CCR) ma non troppo estesa in modo da minimizzare gli effetti perturbativi da parte della radiazione solare. La tabella 1 illustra le caratteristiche più importanti dei satelliti LAGEOS. Diametro [cm] Massa [Kg] Numero CCR a [m] e i [°] h [m] P [min] n [rad/s] [°/d] [°/d] LAGEOS 60 406,965 426 (422 in silicio, 4 in germanio) 1,2286*107 0,0045 109,84 5,86*106 225 4,654*10-4 0,34266 -0,21338 LAGEOS II 60 405,38 426 (422 in silicio, 4 in germanio) 1,2155*107 0,0135 52,64 5,62*106 223 4,696*10-4 -0,62576641 0,44470485 Tabella 1: Caratteristiche dei satelliti LAGEOS Nella tabella 1, h è l’altezza del perigeo, P il periodo dell’orbita ed n il moto medio. Si specifica e sono i rate di precessione del nodo e del perigeo totali, non quelli relativi al solo inoltre che LT e LT i satelliti LAGEOS sono stati effetto Lense-Thirring. Per arrivare alla stima di tracciati (cioè ne è stata misurata continuamente la posizione) per molti anni, con un sistema di Satellite Laser Ranging (SLR). L’SLR è un sistema di misura molto preciso (l’incertezza sulle misure è circa 2 cm) e concettualmente molto semplice: sulla superficie terrestre vi sono diverse stazioni che misurano la posizione dei satelliti mandando un raggio laser verso di questi. Il raggio viene riflesso dai CCR e rivelato a terra e, dalla misura del tempo di andata e ritorno del raggio, si LT e LT è stato fatto lo studio calcola la distanza del satellite. Per arrivare a ottenere i valori di dei residui, ossia delle posizioni sperimentali meno quelle teoriche. Se, nel calcolo della posizione teorica, si tiene conto di tutte le perturbazioni tranne che dell’effetto Lense-Thirring, i residui saranno indicativi solo dell’effetto Lense-Thirring o di imperfezioni nei modelli usati. Sia il calcolo dei dati teorici, sia la differenza con quelli sperimentali, sono stati eseguiti dal software GEODYN II. Per il calcolo dei dati teorici si necessita innanzitutto di una conoscenza approfondita del potenziale gravitazionale terrestre del quale occorre fare uno sviluppo in armoniche sferiche. GM R U (r ) 1 l r r 1 l l 0 m (ClmY C lm ( , ) S lmY S lm ( , )) Sono stati usati vari modelli del geopotenziale: JGM-2, JGM-3, EGM96, GEMT1, GEMT2, GEMT3, GEMT3S ed altri: modelli sviluppati fino a ordini diversi e ricavati da diverse misure. Per stimare la bontà dei vari modelli si usa un parametro chiamato degree variance, definito come Cl 2 1 2 2 (Clm S lm ) 2l 1 m 7 L’andamento teorico della degree variance per la Terra (e, sembra, anche per la Luna e per i pianeti di tipo terrestre) è ben descritto dalla formula seguente (regola di Kaula) Cl 0,7 2 10 10 l4 Confrontando l’andamento della degree variance dei vari modelli con l’andamento previsto dalla regola di Kaula si verifica la bontà dei modelli. La conoscenza del geopotenziale però non è l’unica cosa richiesta: come detto bisogna tener conto di qualsiasi effetto perturbativo, gravitazionale e non, e svilupparne i modelli. Gli effetti perturbativi di tipo gravitazionale sono le variazioni dei coefficienti delle armoniche sferiche, le maree solide ed oceaniche, le perturbazioni lunisolari e planetarie e le correzioni relativistiche (deviazione dal moto geodetico, precessione di De Sitter ed altri effetti relativistici). Le perturbazioni non gravitazionali sono invece la pressione di radiazione solare diretta e quella indiretta a causa dell’albedo terrestre, l’effetto Yarkovsky, l’asimmetria riflettiva e il drag da parte di particelle neutre e cariche. La pressione di radiazione solare è l’effetto non gravitazionale che più influenza l’orbita del satellite; per poter avere una buona stima dell’accelerazione provocata dalla pressione di radiazione, occorre conoscere con precisione l’andamento nel tempo della costante solare. Questa quantità infatti, a dispetto del nome, non è affatto costante, anzi, segue un andamento periodico con minimi e massimi ogni 11 anni, in chiara correlazione con il ciclo solare. L’effetto Yarkovsky invece riguarda la diversità di illuminazione tra le varie regioni del satellite: la faccia del satellite che viene investita dalla radiazione esterna (solare o terrestre) si riscalda rispetto alla faccia nascosta alla radiazione. Ci sarà dunque una differenza nell’emissione di calore da parte delle due facce del satellite che porterà ad un’accelerazione che dipende dall’inclinazione dell’orbita del satellite e dal verso di rotazione di quest’ultimo. L’effetto è molto piccolo ma, cumulato nel tempo, diventa fondamentale: basta pensare che, in qualche decina di milioni di anni, l’effetto Yarkovsky può portare vicino alla Terra un asteroide che prima orbitava nella fascia tra Marte e Giove. I satelliti LAGEOS sono accelerati da due diversi tipi di effetto Yarkovsky: l’effetto Yarkovsky-Schach da parte della radiazione visibile solare in cui si tiene conto della differenza di temperatura che si viene a creare tra due facce del satellite a causa della rotazione di quest’ultimo: la faccia sulla quale è “giorno” è più calda della faccia sulla quale è “notte”. Si ha poi l’effetto Yarkovsky-Rubincam, per effetto della radiazione infrarossa terrestre che, in linea di principio, funziona come l’effetto Yarkovsky-Schach ma la differenza di temperatura che si tiene in considerazione stavolta è quella che si viene a creare come conseguenza di un maggiore o minore riscaldamento “stagionale” di una faccia rispetto all’altra. Questo secondo effetto, essendo appunto stagionale, dipende dall’inclinazione dell’asse di rotazione del satellite. Infine bisogna tener conto di tutti i movimenti della Terra perché è rispetto alla Terra che viene misurata la posizione dei satelliti LAGEOS. Dunque bisogna tener conto della precessione dell’asse di rotazione terrestre, della nutazione dello stesso, del moto del polo e della variabilità della durata del giorno. Elaborando i dati e tenendo conto di tutte queste correzioni, si arriva al risultato finale, presentato nella seguente tabella insieme ai risultati che ci si aspettano dalla teoria. LAGEOS LAGEOS II LT sper [mas/yr] 30,66 31,51 LT th [mas/yr] 31,0 31,5 LT sper [mas/yr] 31,31 -57,35 L T th [mas/yr] 31,6 -57,0 Tabella 2: Precessione Lense-Thirring teorica e sperimentale dei satelliti LAGEOS LT è circa 1 mas/yr mentre è molto maggiore l’errore sulla misura dei L’errore sulla misura dei LT , soprattutto quello di LAGEOS a causa della minore eccentricità dell’orbita del satellite. Le sorgenti d’errore più rilevanti sono le incertezze (Jl) sui coefficienti delle armoniche zonali pari (i 8 termini dello sviluppo del potenziale con m 0 ed l pari), soprattutto quelle con l 2 ed l 4 . È possibile però introdurre il parametro il cui errore non sarà influenzato dalle incertezze relative a questi due coefficienti. Per introdurre si usa l’equazione L T th LAGEOS k L T th LAGEOS II k L T th LAGEOS II ) c(J , J ...) LAGEOS k1 LAGEOS II k 2 LAGEOS II ( 1 2 6 8 Dove i indicano i residui calcolati da GEODYN II e k1 0,295 e k 2 0,35 sono dei coefficienti ottenuti da un sistema di equazioni per eliminare i contributi di J2 e J4 all’errore su . Restano nella formula i contributi dovuti a J2n con n 3 che però sono molto piccoli rispetto a quelli che è stato possibile eliminare. La misura di questo parametro, che ha valore 1 in Relatività Generale e 0 nella teoria Newtoniana, dà 1,10 0,25 Il parametro è strettamente legato al parametro post-Newtoniano (che indica la curvatura dello spazio prodotta da una massa unitaria a riposo) tramite la formula 1 2 Purtroppo però, a causa della grande incertezza su , non è possibile utilizzare il risultato ottenuto per ottenere una stima di migliore di quelle esistenti. 3.4 Gravity Probe B Il Gravity Probe B (GPB) è un esperimento concettualmente diverso dai LAGEOS perché il giroscopio del quale si misura la precessione non è l’intera orbita del satellite: all’interno del GPB si trovano quattro giroscopi ed è la precessione dell’asse di rotazione di questi giroscopi che viene misurata. I giroscopi all’interno del satellite sono sfere (quasi perfette, le migliori realizzazioni di una sfera che l’uomo abbia mai realizzato) in quarzo fuso, rivestite di niobio superconduttore galleggianti in un campo magnetico. La rotazione viene mantenuta da un getto di elio gassoso in un ambiente altrimenti vuoto. A causa della rotazione, si genera un momento magnetico parallelo all’asse di rotazione. La precessione dell’asse di rotazione viene stimata misurando la variazione della direzione del momento magnetico dei giroscopi con un sistema di sensori SQUID. Più precisamente, la quantità misurata, è la corrente indotta in un circuito a causa della variazione del momento magnetico. La sensibilità sulla misura della direzione dell’asse di rotazione del giroscopio è di 103 arcsec. La direzione misurata deve essere poi confrontata con un riferimento fisso e per questo il GPB ha a bordo un telescopio che punta costantemente la stella IM Peg. Ovviamente questa stella non è fissa ma ha un moto proprio non nullo, quindi occorre studiarne il moto rispetto alle quasar distanti con estrema precisione per poi apportare le dovute correzioni. È stata scelta IM Peg perché la stabilità della sua emissione nel radio e nelle microonde la rende facilmente osservabile da terra ed è possibile misurarne la posizione con grande precisione con la tecnica del Very Long Baseline Interferometry (VLBI). Il GPB ruota su di un’orbita polare, caratteristica importante che permette di distinguere facilmente la precessione di De Sitter da quella dovuta all’effetto Lense-Thirring. Per un giroscopio su di un’orbita polare infatti il vettore velocità angolare della precessione dovuta all’effetto Lense-Thirring si trova sul piano orbitale mentre l’analogo vettore della precessione di De Sitter è perpendicolare a tale piano. Risulta così molto facile separare la due componenti: il GPB infatti misura entrambi i rate di precessione. Per l’effetto 9 Lense-Thirring ci si aspetta che l’entità della precessione sia 0,039 arcsec/yr mentre, per la precessione di De Sitter, ci si aspetta un rate di 6,606 arcsec/yr. Non sono ancora stati pubblicati i risultati ma le prime analisi sembrano fornire un’ulteriore conferma della validità della Relatività Geneale. 3.5 Effetto Lense-Thirring nelle LMXBs Ovviamente l’effetto Lense-Thirring non si verifica solo in prossimità della Terra ma in tutti quei sistemi in cui vi è un corpo in rotazione, validi esempi sono le Low Mass X-ray Binaries (LMXBs). In questi sistemi, l’oggetto più massiccio (primaria) è una stella di neutroni o un buco nero. Vi è poi la secondaria che è una stella di sequenza principale o una gigante una nana bianca. Spesso la secondaria riempie il proprio lobo di Roche e trasferisce materiale alla primaria formando un disco di accrescimento attorno ad essa. Il disco di accrescimento è la parte più luminosa del sistema, la cui intensità emessa si trova quasi totalmente nella banda X. In questi sistemi l’effetto LenseThirring si può osservare nella precessione dell’orbita del gas del disco di accrescimento. L’effetto della precessione è la presenza di un segnale periodico a qualche decina di Hz, più precisamente ad una frequenza L T 8 2 I K s c2M 2 Dove I è il momento d’inerzia della primaria, s la sua frequenza di spin e K la frequenza Kepleriana dell’orbita del gas. I sistemi 4U 1728-34, 4U 0614+091 e KS 1731-260 presentano oscillazioni che sembrano essere in accordo con una precessione dell’orbita del gas del disco dovuta all’effetto Lense-Thirring: negli spettri di potenza delle oscillazioni di questi oggetti si trovano infatti dei picchi tra 20 e 35 Hz. 4. Clock effect Analizziamo ora un altro effetto del gravitomagnetismo: il clock effect. Partiamo dalla metrica di Kerr che descrive lo spazio-tempo in vicinanza di un corpo massiccio rotante. Da notare che, nella seguente formula, non vi è alcuna approssimazione ds 2 (1 Dove 2r 2 )c 2 dt 2 2 dr 2 2 d 2 (r 2 a 2 2ra 2 sin 2 2 ) sin 2 d 2 4ra sin 2 2 ddt GM J , 2 r 2 a 2 cos 2 , r 2 2r a 2 e a . Consideriamo ora un orologio 2 Mc c che percorre un’orbita circolare sul piano equatoriale ( r cos t , 2 ). Usando l’equazione delle geodetiche si ottiene una sola equazione non banale e cioè (a 2 r3 )d 2 2adcdt c 2 dt 2 0 Fissiamo ora un angolo sull’orbita: dopo una variazione dell’angolo azimutale di 2, l’orologio misurerà due diversi periodi di rivoluzione nel caso in cui questa sia corotante (+) o controrotante (-) rispetto alla rotazione del corpo centrale. 10 T0 (1 1 3 a 2 0 ) 2 r c Dove T0 e 0 sono il periodo e la pulsazione Kepleriane dell’orbita. Infine si ha a c 2 2 8 T0 Tuttavia, nei casi di maggior interesse, si può usare l’approssimazione post-Newtoniana all’ordine più basso e così si ottiene 4 a c Per un orologio che orbita attorno alla Terra si ottiene 2 107 s . C’è da sottolineare che tale quantità risulta essere diversa se viene misurata non dopo la variazione di 2 dell’angolo ma dopo un tempo T0: in questo caso si avrà 3 10 16 s . Questa è una differenza concettuale molto importante, soprattutto quando si tratta di fare delle misure. C’è da precisare che il clock effect non si ha solo sulle orbite equatoriali ma l’entità dell’effetto diminuisce all’aumentare dell’inclinazione dell’orbita, annullandosi in caso di orbita polare. Per misurare il clock effect è stato pensato l’esperimento Gravity Probe C che dovrebbe misurare la di circa 2 10 7 s . L’esperimento dovrebbe consistere in due satelliti su orbite uguali ma che ruotano in senso opposto l’uno rispetto all’altro; a bordo dovrebbero trovarsi orologi atomici ad alta precisione. Non è un problema raggiungere una precisione di 10-7 s nella determinazione di un periodo di tempo ma sono molti i fattori che rendono difficile una misura del genere. L’errore più critico è quello riguardante il tracciamento del satellite ma bisogna tenere in considerazione anche molti altri effetti come si è fatto per i satelliti LAGEOS. In ogni caso, esperimenti per la misura del clock effect sono stati proposti ma nessuno di essi è stato ancora realizzato. 11 Bibliografia M.L.Ruggiero, A.Tartaglia Gravitomagnetic effects gr-qc/0207065v2 23 Jul 2002 Alcune osservazioni sull’esperimento del secchio di Newton http://www.vielbein.it/pdf/Articoli/OsservazioniEsperimentoSecchio.pdf L.Iorio Testing General Relativity with LAGEOS, LAGEOS II and Ajisai laser-ranged satellites gr-qc/0105014v3 13 Dec 2001 I.Ciufolini, D.M.Lucchesi, F.Vespe, F.Chieppa Detection of Lense-Thirring effect due to Earth’s spin gr-qc/9704065v1 23 Apr 1997 R.Peron Relatività e Geofisica con i satelliti LAGEOS D.M.Lucchesi Gravitometria e Geofisica con i satelliti LAGEOS e LAGEOS II: una proposta di lavoro R.Kahn, F.Everitt, W.Bencze, T.Langenstein The Gravity Probe B “Testing Einstein’s universe” Post flight analysis – Final report March 2007 L.Stella, M.Vietri Lense-Thirring precessione and QPOs in Low mass X-ray binaries astro-ph/9709085v1 10 Sep 1997 F.Gronwald, E.Gruber, H.Lichtnegger, R.A.Putigam Gravity Probe Clock – Probing the gravitomagnetic field of the Earth by means of a clock experiment gr-qc/9712045v1 11 Dec 1997 12