la contabilita` finanziaria ed il bilancio degli enti

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LA CONTABILITA’ FINANZIARIA
ED IL BILANCIO DEGLI ENTI LOCALI
dott. Marco Borghesi
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LA CONTABILITA’ FINANZIARIA
ED IL BILANCIO DEGLI ENTI LOCALI
Principi e logiche della contabilità finanziaria, la struttura del bilancio finanziario (il sistema
delle entrate e delle spese).
di Marco Borghesi
1) Principi e logiche della contabilità finanziaria
Il sistema contabile di un'azienda, di un ente, di un qualsiasi soggetto economico, non è altro che
una parte del suo sistema informativo e come tale deve innanzitutto fornire e gestire informazioni.
La gestione di una qualsiasi azienda si svolge infatti secondo un insieme di operazioni che sono
finalizzate al perseguimento di quelle che potremmo definire come "finalità aziendali", per il
perseguimento delle quali il soggetto (sia esso un'azienda od un ente) pone in essere una serie di
operazioni coordinate che potremmo definire come "fatti di gestione"; questi fatti di gestione
producono a loro volta una serie di effetti gestionali. Questi effetti presentano molteplici aspetti, di
tipo economico, finanziario, patrimoniale, organizzativo, ecc., che possono e devono essere
individuati, osservati e rilevati dal sistema informativo; ed in modo particolare da quella parte del
sistema informativo costituita dal sistema contabile.
Potremmo dire, in modo sintetico, che il sistema contabile è un insieme ordinato di rilevazioni di
valori d'azienda. Le sue caratteristiche quindi devono essere tali da consentire di rilevare questi
valori e di fornire al riguardo, nel modo più completo, le relative informazioni.
Se di informazioni si tratta, è evidente come la natura dei processi economici svolti e la natura e le
finalità istituzionali del soggetto che li pone in essere non possano essere considerate ininfluenti
rispetto al tipo di informazione da ricercarsi e rilevarsi con il sistema contabile e quindi, in ultima
analisi, rispetto ai principi che devono essere alla base del sistema contabile stesso, ai valori che
devono essere rilevati, alle modalità di rilevazione degli stessi; vale a dire alle caratteristiche
peculiari del sistema contabile.
Vediamo allora, sotto questo profilo, quali sono le caratteristiche del sistema contabile finanziario,
da sempre in uso presso gli enti locali, in rapporto alle finalità del sistema stesso.
Per fare ciò è assolutamente indispensabile partire da quelle che possono essere individuate quali
finalità primarie dell'ente. Il fine ultimo di un ente locale può essere facilmente individuato nel
soddisfacimento dei bisogni di interesse pubblico della collettività amministrata. Quindi il dato di
partenza deve necessariamente essere posto nei bisogni della collettività e nell'esigenza di
soddisfare questi bisogni.
Per conseguire tale finalità l'ente utilizza risorse finanziarie che sono in realtà generate, per la
massima parte, da risparmio della collettività stessa, e che vengono prelevate sia mediante
l'imposizione fiscale diretta (tributi locali quali ici, tarsu, ecc.), sia mediante l'imposizione fiscale
dello Stato e poi, in questo caso, trasferite agli enti locali.
Una prima conseguenza è quindi la necessità di rendere conto alla collettività rispetto alle modalità
di impiego delle risorse prelevate. L'autonomia tributaria riconosciuta agli enti locali in maniera
sempre più consistente e diretta ha posto all'attenzione degli amministratori, degli operatori ed
anche dei cittadini, in modo sempre più stringente, la necessità di dare conto ai cittadini stessi di
come le risorse prelevate mediante l'imposizione fiscale vengano utilizzate dagli enti nella
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erogazione dei servizi alla cittadinanza. Quindi una finalità del sistema contabile deve essere
individuata nella capacità di dare una esauriente rappresentazione dei risultati conseguiti.
Inoltre, le risorse a disposizione degli enti locali per l’erogazione dei servizi hanno la caratteristica
di essere limitate a fronte invece della necessità di soddisfare bisogni che sono tendenzialmente
illimitati. Da qui la seconda caratteristica essenziale del sistema contabile. Deve trattarsi cioè di un
sistema contabile in grado di guidare un processo di programmazione essenzialmente di natura
finanziaria. Deve cioè consentire la allocazione delle risorse dell'ente in funzione delle priorità
stabilite. E ciò, in realtà, coinvolge sia il processo di acquisizione delle risorse, sia quello di utilizzo
di queste risorse rispetto ai possibili e diversi impieghi.
Deve trattarsi quindi di un sistema contabile che permetta l'analisi di flussi di risorse finanziarie
sotto un duplice profilo: quello della provenienza e quello della destinazione rispetto ai possibili
impieghi in modo da garantire il maggior soddisfacimento possibile dei bisogni espressi dalla
collettività con il minor prelievo fiscale possibile.
I cambiamenti intervenuti nell'ambito degli enti pubblici nel corso dell'ultimo decennio hanno
inoltre posto all'attenzione anche un altro aspetto fondamentale; vale a dire la necessità di un più
stringente controllo della spesa pubblica. Si tratta di un elemento che ormai, a pieno titolo,
possiamo considerare parte integrante delle finalità stesse di un ente locale. La ricerca, la garanzia
dell'equilibrio di bilancio costituisce in realtà più che un obiettivo, un vero e proprio vincolo che
l'ente locale deve imporsi nel perseguimento delle proprie finalità.
Strettamente connaturata a questo vincolo è la caratteristica autorizzatoria del sistema contabile.
Nell'ambito del sistema contabile degli enti locali gli stanziamenti di spesa costituiscono al tempo
stesso una previsione di spesa ed un limite alla possibilità di spendere. In questo modo viene quindi
tutelato l'equilibrio finanziario del bilancio anche rispetto al rischio di generare debiti non sottoposti
alla normativa giuscontabile e quindi al rischio di veder esplodere il livello di spesa al di fuori delle
capacità di finanziamento delle stesse.
La natura autorizzatoria del sistema è inoltre richiesta al fine di garantire che la gestione si svolga
secondo gli indirizzi impartiti in sede di programmazione, secondo le scelte di utilizzo e di
destinazione delle risorse finanziarie stabilite dagli organi competenti. Ciò in realtà deriva
dall'assetto delle competenze istituzionali che vige nell'ambito degli enti locali che vuole il
Consiglio comunale quale organo di indirizzo politico e di controllo, la Giunta quale organo di
amministrazione ed i dirigenti quali organo deputato alla gestione. La natura autorizzatoria del
bilancio garantisce quindi che la gestione avvenga all'interno degli indirizzi del Consiglio, organo
istituzionale rappresentativo dei cittadini, al quale è riservata ogni decisione in merito alla
allocazione delle risorse.
Quindi riassumendo potremmo dire che le funzioni fondamentali del sistema contabile degli enti
locali sono costituite da:
1) rendere possibile, ed anzi guidare, il processo di programmazione finanziaria attraverso
l'individuazione e la pianificazione delle fonti di approvvigionamento di risorse finanziarie e della
destinazione di tali risorse rispetto ai possibili utilizzi secondo le priorità individuate dall'ente
rispetto ai bisogni da soddisfare;
2) garantire il rispetto degli equilibri finanziari posti in funzione del controllo della spesa pubblica,
soprattutto attraverso la funzione autorizzatoria del bilancio;
3) garantire che le modalità di gestione assicurino il rispetto delle competenze stabilite dalla legge
rispetto ai vari organi istituzionali dell'ente;
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4) fornire informazioni sugli effetti prodotti dai fatti di gestione in coerenza con il processo di
programmazione di cui sopra, rilevando quindi i risultati conseguiti.
Si tratta quindi di un sistema contabile che deve assolvere diverse funzioni, per la massima parte
tipiche e strettamente connaturate alla natura ed alle finalità del particolare soggetto che se ne
avvale. Da qui deriva essenzialmente la natura finanziaria ed autorizzatoria del sistema stesso.
Cerchiamo ora di capire come queste caratteristiche del sistema contabile trovino concreta
espressione nelle sue modalità di funzionamento e come queste caratteristiche influenzino quindi in
modo diretto la struttura stessa del sistema.
Per fare ciò ho pensato di porre brevemente a confronto alcune caratteristiche salienti del sistema
contabile degli enti locali con quelle della contabilità economica in uso presso le aziende di
produzione in modo da poter cogliere in maniera semplice le relative diversità.
Innanzitutto abbiamo detto che il sistema contabile in uso presso gli enti locali si basa su concetti di
natura finanziaria, non economica. Questo aspetto si coglie in modo assai evidente dall’analisi dei
principi che presiedono alla imputazione nella contabilità dei valori rilevati, vale a dire dal concetto
di competenza; da quel concetto, cioè, che stabilisce i criteri di imputazione delle entrate e delle
spese ad un esercizio.
Si definisce, normalmente, il concetto di competenza in uso presso gli enti locali come “competenza
giuridico-finanziaria”.
Si definisce tale competenza con il termine di "giuridica" perchè le spese vengono imputate ad un
esercizio in quanto in quell'esercizio si sia perfezionata un'obbligazione giuridica nei confronti di un
terzo. L'art.183 del T.U. chiarisce cosa debba intendersi per impegno: "l'impegno costituisce la
prima fase del procedimento di spesa, con la quale, a seguito di obbligazione giuridicamente
perfezionata è determinata la somma da pagare, determinato il soggetto creditore, indicata la
ragione e viene costituito il vincolo sulle previsioni di bilancio, nell'ambito della disponibilità
finanziaria accertata ai sensi dell'art.151".
E' chiaro pertanto come mediante la registrazione di un impegno venga apposto un vincolo di
indisponibilità sugli stanziamenti di bilancio, in seguito al perfezionamento di un'obbligazione
giuridica nei confronti di un soggetto terzo. In seguito a tale obbligazione l'Ente sarà tenuto, in un
momento successivo, a pagare quanto dovuto al terzo. Il momento di rilevazione dell'impegno, e
quindi di imputazione di una spesa all'esercizio, è comunque quello in cui si perfeziona
l'obbligazione.
Proviamo ora, per meglio comprendere questo concetto e le sue ripercussioni rispetto al sistema
contabile nel suo insieme, a vedere brevemente come opera invece la contabilità economica.
Il concetto
di competenza economica è agevolmente rilevabile in quanto strettamente connesso con le finalità
stesse del sistema contabile.
Contrariamente a quanto avviene rispetto agli enti locali, la finalità tipica di un’azienda di
produzione è quella di produrre un reddito. Di conseguenza, la finalità caratteristica e peculiare del
sistema contabile deve essere necessariamente quella di rilevare il risultato di esercizio, cioè di
rilevare e quantificare il reddito prodotto dall’azienda.
Se il fine ultimo è quello di rilevare un risultato economico di esercizio sarà ovviamente necessario
porre in correlazione i ricavi relativi alle cessioni dei prodotti realizzate nell'esercizio ed i costi
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sostenuti per l'acquisizione dei fattori produttivi utilizzati per la produzione dei beni stessi. Ciò
significa che i costi andranno imputati all'esercizio nel corso del quale il fattore produttivo è stato
utilizzato per la produzione dei beni o servizi cui è rivolta l'attività dell'impresa.
Come si vede si tratta di due principi profondamente diversi che comportano l'imputazione del
costo (in contabilità economica) o della spesa (in contabilità finanziaria) in due momenti diversi: nel
primo caso nell'esercizio di utilizzo del fattore produttivo, nel secondo caso nell'esercizio in cui si
perfeziona l'obbligazione giuridica nell'ambito di un rapporto con il terzo fornitore, che consentirà
di acquisire, in un secondo tempo, il fattore produttivo. E' inutile precisare che i due esercizi, nei
quali si perfezionano i momenti della competenza economica e della competenza giuridicofinanziaria, potrebbero essere, e molto spesso sono, diversi.
L'individuazione del momento in cui si realizza la competenza finanziaria risulta agevole in quanto
corrisponde con la registrazione dell'impegno. Quanto alla competenza economica possiamo dire
che si realizzerà in un momento successivo alla consegna della merce, ma nulla più di questo può
essere specificato. Infatti il fattore della produzione acquisito potrebbe essere utilizzato nel processo
produttivo subito dopo la consegna, oppure in un momento anche assai più lontano nel tempo, che
potrebbe verificarsi anche nell'esercizio o negli esercizi successivi. E' comunque importante tenere
presente che, normalmente, la contabilità finanziaria tende ad anticipare il momento della
rilevazione rispetto alla contabilità economica, questo perchè, come abbiamo visto, il momento di
imputazione della spesa in contabilità finanziaria coincide con l'assunzione del relativo impegno
che, di norma, precede la consegna del bene e quindi, a maggior ragione, l'utilizzo dello stesso nel
processo produttivo. Analoghe considerazioni potrebbero essere svolte nei confronti di spese
conseguenti a prestazioni di servizi.
I due concetti di competenza risultano quindi profondamente diversi e danno luogo ad imputazioni
contabili assai divergenti.
Le differenze esistenti fra i due sistemi contabili derivano direttamente dalle diverse finalità che gli
stessi si propongono. Come accennato in precedenza, le caratteristiche di un sistema contabile, a
loro volta, dipendono, in realtà, in larga misura dalle finalità specifiche dei diversi soggetti che se
ne avvalgono.
Da questo punto di vista, potremmo dire che la finalità tipica di un'azienda di produzione è quella di
produrre un reddito, cioè di ritrarre un utile dall'esercizio dell'attività. Il suo sistema contabile deve
quindi consentire ed essere finalizzato alla rilevazione di questo utile. Per questo motivo la
contabilità di un'azienda di produzione è essenzialmente una contabilità economica che, rilevando
ricavi e costi e ponendo tali grandezze a confronto, rende possibili la rilevazione e la
quantificazione del risultato di gestione prodotto nel corso dell'esercizio. Per assolvere a tale finalità
è necessario rilevare i ricavi provenienti dalla cessione dei beni prodotti dall'azienda e porli a
confronto con i costi sostenuti per l'acquisizione dei fattori della produzione utilizzati nel processo
produttivo per conseguire quei ricavi.
Di converso, la finalità tipica di un ente locale non consiste nella produzione di utile, ma nel
soddisfare i bisogni dei propri cittadini. A tale fine l'ente locale eroga vari servizi utilizzando le
risorse a disposizione. Dalla limitatezza delle risorse disponibili e dalla pressochè illimitata quantità
di bisogni da soddisfare nasce per l'ente locale la necessità di un razionale utilizzo delle risorse. Ciò
comporta la necessità di operare scelte di priorità nell'allocazione delle risorse a disposizione per
massimizzare la loro utilità in termini di prestazioni erogate ai propri cittadini.
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La prioritaria necessità che deve quindi soddisfare il sistema contabile di un ente locale, non è tanto
quella di rilevare un utile, quanto piuttosto quella di guidare il processo di programmazione e di
allocazione delle risorse. Consegue da ciò che il sistema contabile debba avere necessariamente una
connotazione eminentemente finanziaria.
Dovrà essere quindi un sistema contabile che consenta di rilevare, pianificare, gestire flussi
finanziari considerati sotto il profilo della provenienza per ciò che attiene all'acquisizione delle
risorse, e sotto il profilo della destinazione per ciò che attiene all'utilizzo di tali risorse; quindi flussi
finanziari di risorse in entrata e flussi finanziari di spese per l'utilizzo di queste risorse
nell'erogazione di servizi.
2) La programmazione ed il bilancio di previsione
La necessità della programmazione richiede quindi l’utilizzo di strumenti contabili adeguati che
devono avere, innanzitutto, un contenuto previsionale, preventivo.
Gli strumenti fondamentali del processo di programmazione sono: relazione previsionale e
programmatica; bilancio pluriennale; bilancio annuale e piano esecutivo di gestione.
Senza entrare eccessivamente nell’argomento, possiamo dire che la relazione previsionale e
programmatica è il documento mediante il quale il Consiglio, sulla base di una attenta analisi delle
condizioni sociali, territoriali, ed economiche della collettività amministrata formula i propri
programmi di intervento per il triennio.
Nei bilanci pluriennale ed annuale tali programmi trovano poi una loro espressione finanziaria con
l’individuazione delle entrate che si prevede di accertare e delle spese che si prevede di impegnare
negli esercizi oggetto di programmazione.
Infine il peg formula gli obiettivi specifici da raggiungere nell’ambito dei programmi della
relazione previsionale e programmatica ed affida le risorse finanziarie, umane e strumentali ai vari
responsabili dei servizi per il perseguimento degli obiettivi individuati.
Come in precedenza accennato il bilancio annuale di previsione costituisce l'elemento centrale ed
essenziale del processo di programmazione dell'ente, essendo lo strumento attraverso il quale
trovano la loro dimensione finanziaria i programmi definiti dal Consiglio comunale nella relazione
previsionale e programmatica. L'indirizzo politico del Consiglio trova quindi espressione in questo
documento di programmazione finanziaria attraverso il quale vengono allocate le risorse rispetto
alle varie funzioni dell'ente, rispetto ai servizi da erogare e rispetto all'utilizzo dei fattori di
produzione.
In passato, il bilancio di previsione, secondo la struttura definita dalla normativa di cui al d.P.R.
421/79, ha svolto anche una importante funzione di programmazione che potremmo definire di
dettaglio. La sua articolazione in capitoli consentiva, infatti, una notevole specificazione rispetto
alla individuazione della destinazione delle risorse finanziarie.
Il capitolo di bilancio, per la parte spesa, individuava, in sostanza, lo specifico oggetto della spesa
stessa e costituiva l'unità elementare, non solo del bilancio, ma del sistema contabile nel suo
complesso. Attraverso l'individuazione dei capitoli di bilancio e la quantificazione dei relativi
stanziamenti, il Consiglio comunale stabiliva pertanto la specifica destinazione delle risorse
finanziarie a disposizione, rispetto all'utilizzo, scendendo ad un livello di articolazione ben più
dettagliato rispetto ai fattori della produzione.
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La programmazione che in tale modo veniva a delinearsi costituiva pertanto un elemento di
notevole rigidità nell'utilizzo delle risorse.
Con il mutare dell'assetto complessivo delle competenze degli organi dei Comuni, verificatosi a
partire dalla legge 142/90, tale tipo di programmazione è risultata però incompatibile con i principi
fondamentali in tale materia delineati dal nuovo ordinamento degli enti locali. Il Consiglio, infatti, è
ora chiaramente individuato dalla legge 142/90 quale organo di indirizzo politico e di controllo, non
di amministrazione. E' quindi evidente che una funzione programmatoria spinta ad un tale livello di
dettaglio travalicherebbe nettamente le competenze attribuite al Consiglio per invadere invece
quelle competenze che costituiscono prerogativa specifica dell'organo esecutivo.
La nuova articolazione del bilancio introdotta dal d.lgs.77/95 e poi recepita dal T.U. adegua
pertanto tale strumento di programmazione alle specifiche competenze degli organi definite dalla
legge 142/90.
Infatti, come vedremo, l'unità elementare del bilancio è ora costituita, in particolare per la parte
spesa, dall'intervento, unità molto più aggregata rispetto ai vecchi capitoli di bilancio poiché
individua i diversi fattori di produzione utilizzati nell'erogazione dei servizi. Inoltre l'individuazione
degli interventi non è lasciata alla libera discrezione di ciascun ente, ma è invece definita dalla
modulistica approvata con il d.P.R. 194/96.
In tale modo il Consiglio comunale può quindi esplicare la sua funzione di programmazione
finanziaria che consente di definire l'utilizzo e la destinazione delle risorse finanziarie rispetto ai
fattori produttivi. L'organo esecutivo, invece, provvederà, attraverso un nuovo documento, che
verrà analizzato specificamente in una apposita giornata, denominato piano esecutivo di gestione,
alla dettagliata individuazione dell'oggetto delle varie spese, secondo gli indirizzi ricevuti dal
Consiglio.
Abbiamo accennato in precedenza da che cosa derivi, per gli enti locali, la necessità di un
documento previsionale che consenta di programmare l'attività di acquisizione delle risorse e la loro
destinazione in funzione delle varie attività dell'ente e degli obiettivi gestionali che l'ente si
prefigge. Vediamo allora che caratteristiche essenziali deve rivestire il bilancio annuale di
previsione per soddisfare tali necessità.
Innanzitutto deve trattarsi di un documento a contenuto previsionale. Deve contenere cioè le entrate
che si prevede di accertare nel corso dell'esercizio e le spese che si prevede di impegnare
nell'esercizio stesso, indicando con tali termini i diritti dell'ente a percepire determinate entrate e gli
obblighi di effettuare determinate spese.
Per la parte spesa, inoltre, gli stanziamenti di bilancio non costituiscono soltanto una previsione, ma
anche un limite alla possibilità di assunzione degli impegni. Tale natura autorizzatoria del bilancio
di previsione è elemento indispensabile al fine di garantire che la procedura di spesa si svolga nel
rispetto degli indirizzi programmatici espressi dal Consiglio, ma anche al fine di non pregiudicare
gli equilibri finanziari dell'ente.
3) I principi di bilancio
Il bilancio annuale di previsione è redatto in termini di competenza secondo il particolare principio
della competenza giuridico-finanziaria di cui si è in precedenza accennato.
La sua formazione deve avvenire inoltre nel rispetto di alcuni ben determinati principi che
garantiscono la rispondenza alle finalità attribuite al documento e la sua correttezza formale.
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Tali principi sono costituiti dall'unità, dall'annualità, dall'universalità ed integrità, dalla veridicità ed
attendibilità, dal rispetto del pareggio finanziario, dalla pubblicità, e dall'inesistenza di situazione
finanziaria di parte corrente in disavanzo.
Unità.
Il bilancio di previsione deve comprendere tutte le entrate e tutte le spese di competenza
dell'esercizio cui si riferisce in modo tale che le entrate, nel loro complesso, finanzino
indistintamente tutte le spese, fatte salve, ovviamente, le eccezioni stabilite dalla legge.
Non è possibile, quindi, stabilire correlazioni che costituiscano veri vincoli di destinazione di alcuna
entrata in modo tale da utilizzare una fonte di risorse per il finanziamento di una specifica spesa. Ad
esempio, le entrate rinvenienti dalla gestione del servizio asili nido, non verranno destinate al
finanziamento delle spese afferenti il medesimo servizio, ma concorreranno invece, insieme alle
altre entrate dell'ente, a costituire un unico ed indistinto coacervo di entrate che finanzierà
globalmente, nel suo insieme, l'insieme delle spese dei diversi servizi, ivi compreso il servizio asili
nido.
Una conseguenza immediata di tale principio è costituita dalla impossibilità di destinare
direttamente una eventuale maggiore entrata che dovesse essere conseguita nell'ambito di un
servizio, al finanziamento di maggiori spese relative a quello stesso servizio. In tale caso, infatti,
prima di procedere all'utilizzo della maggiore entrata, sarà necessario procedere alla verifica
dell'inesistenza di eventuali minori entrate al fine di verificare che il coacervo delle entrate sia
sufficiente a finanziare l'insieme delle spese, non esistendo, come abbiamo visto, una finalizzazione
specifica della maggiore entrata.
Costituiscono eccezioni al principio di cui sopra le entrate aventi destinazione vincolata per legge,
quali ad esempio gli oneri di urbanizzazione o i contributi erogati dallo Stato, dalla regione o da
altri enti e finalizzati al finanziamento di specifiche spese.
Annualità.
Le previsioni iscritte in bilancio si riferiscono all'unità temporale costituita dall'anno finanziario che
inizia il 1° gennaio e termina il 31 dicembre del medesimo anno.
Dopo tale termine non possono quindi effettuarsi accertamenti di entrate ed impegni di spese in
conto dell'esercizio già scaduto.
Universalità ed integrità.
La gestione finanziaria è unica così come il relativo bilancio di previsione. Sono quindi vietate le
gestioni di entrate e di spese che non siano state iscritte in bilancio (gestioni fuori bilancio).
Tutte le entrate e tutte le spese, cioè, devono transitare, essere registrate, nel bilancio dell'ente.
Strettamente correlato a tale assunto è anche il principio secondo il quale tutte le entrate e tutte le
spese devono essere iscritte nel loro importo integrale. Le entrate quindi sono iscritte in bilancio al
lordo delle spese di riscossione a carico dell'ente e di altre eventuali spese ad esse connesse senza
che possa effettuarsi quindi alcuna compensazione.
Corrispondentemente, anche le spese sono iscritte in bilancio integralmente, senza alcuna riduzione
quindi delle eventuali correlative entrate.
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Tale principio è applicabile, ad esempio, in caso di corresponsione a terzi di compensi soggetti a
ritenute fiscali. La spesa, in questo caso, dovrà essere iscritta al lordo, e dovrà inoltre essere
contabilizzata l'entrata relativa alla ritenuta fiscale.
Una delle violazioni più gravi al suddetto principio è costituita dai debiti fuori bilancio che
esaminerete in sede di analisi della gestione delle spese.
Veridicità ed attendibilità.
Il bilancio di previsione comprende per sua natura dati non certi, ma stimati. E' quindi necessario
che la stima dei dati da iscrivere in bilancio porti alla determinazione di valori correlati alla realtà e
privi di sopravvalutazioni o sottovalutazioni.
Per questo motivo il quinto comma dell'art.162 del T.U. stabilisce che i principi di veridicità ed
attendibilità debbano essere sostenuti da analisi riferite ad un adeguato arco di tempo o, in
mancanza, da altri idonei parametri di riferimento.
Non si tratta quindi di un principio astratto, ma di un concreto criterio di comportamento che deve
essere rispettato sia in fase di predisposizione del bilancio di previsione, sia nel corso della gestione
anche al fine di evitare il costituirsi di squilibri finanziari.
La verifica della veridicità e dell'attendibilità è prerogativa specifica del responsabile dei servizi
finanziari. Il T.U. stabilisce infatti che il responsabile del servizio finanziario, di ragioneria o
qualificazione corrispondente, sia preposto alla verifica di veridicità delle previsioni di entrata e di
compatibilità delle previsioni di spesa, avanzate dai vari servizi, da iscriversi nel bilancio annuale o
pluriennale ed alla verifica periodica dello stato di accertamento delle entrate e di impegno delle
spese.
La norma sopra citata conferma anche la visione dinamica di tale principio. Non è sufficiente infatti
verificare la veridicità e l'attendibilità delle previsioni all'atto della loro iscrizione in bilancio; è
necessario invece procedere ad un monitoraggio continuo degli accertamenti e degli impegni al fine
di verificare la congruità delle previsioni di bilancio rispetto all'andamento effettivo della gestione.
Come abbiamo visto la determinazione delle previsioni di bilancio deve essere sostenuta da analisi
riferite ad un adeguato arco di tempo o, in mancanza, da altri idonei parametri di riferimento. In
concreto, rispetto alle diverse tipologie di entrate dovranno pertanto essere attentamente valutati
diversi elementi che consentano di esprimere un fondato giudizio di attendibilità.
In particolare, per quanto riguarda le entrate tributarie si dovrà procedere alla valutazione dei
singoli cespiti, della loro evoluzione nel corso del tempo e dei mezzi utilizzati dall'ente per
accertarli. Le entrate da trasferimenti dovranno essere valutate in rapporto ai trasferimenti erariali
programmati, ai piani regionali di sviluppo ed alle funzioni delegate. Le entrate extratributarie
dovranno essere verificate sulla base di analisi qualitative e quantitative degli utenti dei vari servizi
comunali al fine di determinare i probabili proventi in relazione alle tariffe stabilite. Per quanto
riguarda i proventi dei beni l'importo della previsione dovrà essere coerente con l'entità dei beni
stessi e con i relativi canoni di locazione o di concessione. Gli oneri di urbanizzazione dovranno
essere valutati in stretta correlazione con gli strumenti urbanistici applicati.
Infine le entrate derivanti dall'assunzione di prestiti dovranno essere compatibili con i limiti di legge
e con le reali possibilità di indebitamento dell'ente, tenendo nel debito conto l'impatto sul bilancio di
parte corrente relativo agli interessi passivi.
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Anche le previsioni di spesa dovranno essere quantificate e verificate in base al trend storico,
all'incremento dovuto all'inflazione, alla necessità di finanziamento di nuovi servizi o al
potenziamento eventualmente programmato per i servizi già esistenti.
Le spese in conto capitale dovranno essere valutate tenendo conto della necessità di coerenza
rispetto alle varie fonti di finanziamento e rispetto alla possibilità di avvalersi di ricorso al credito.
Inoltre si dovrà tenere conto anche della reale capacità di realizzazione degli interventi
programmati.
Pareggio finanziario.
Il bilancio di previsione deve essere redatto in pareggio finanziario complessivo. L'ammontare delle
entrate iscritte in bilancio deve cioè pareggiare il complesso delle spese. Non può esservi quindi
disavanzo in quanto in tale caso alcune spese non potrebbero essere effettivamente sostenute per
mancanza di corrispondenti risorse, ma non può esservi nemmeno avanzo, in quanto, in tale caso, si
verificherebbe un maggiore ed ingiustificato prelievo a carico dei cittadini rispetto alle esigenze
finanziarie connesse all'erogazione dei servizi dell'ente. Se la finalità ultima del Comune è quella di
soddisfare i bisogni della collettività amministrata, tale maggior prelievo non troverebbe quindi
motivazione alcuna.
Il pareggio finanziario complessivo del bilancio, inoltre, deve essere assicurato anche in corso di
gestione.
Pareggio di parte corrente
Oltre al pareggio finanziario complessivo del bilancio deve essere assicurato anche un altro
particolare equilibrio finanziario.
Il sesto comma dell'art.162 del T.U. prevede infatti che le previsioni di competenza relative alle
spese correnti sommate alle previsioni di competenza relative alle quote di capitale delle rate di
ammortamento dei mutui e dei prestiti obbligazionari non possono essere complessivamente
superiori alle previsioni di competenza dei primi tre titoli dell'entrata e non possono avere altra
forma di finanziamento, salvo le eccezioni previste per legge.
La norma stabilisce quindi una correlazione fra i primi tre titoli delle entrate, vale a dire le entrate
correnti, e le spese ritenute ricorrenti, vale a dire le spese correnti e quelle relative alle quote di
capitale dei mutui e dei prestiti obbligazionari, al fine di evitare che tali spese possano essere
finanziate mediante entrate diverse, ad esempio in conto capitale, che non presentano quindi quella
continuità e ricorrenza necessarie per garantire un adeguato e costante finanziamento.
E' invece consentita la situazione inversa, vale a dire un avanzo di parte corrente utilizzato per il
finanziamento di spese in conto capitale, in quanto tale situazione non è in alcun modo passibile di
generare squilibri finanziari.
Pubblicità.
Infine l'ente deve assicurare ai cittadini ed agli organismi di partecipazione la conoscenza dei
contenuti significativi del bilancio annuale e dei suoi allegati.
Le modalità attraverso le quali rendere possibile tale conoscenza non vengono definite e prestabilite
dalla legge, ma vengono invece lasciate alla libera determinazione di ciascun ente che, mediante il
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proprio regolamento di contabilità, può individuare forme di pubblicità specifiche ritenute idonee
alle finalità di cui sopra.
Potrà quindi trattarsi di opuscoli o pubblicazioni informative, di incontri e dibattiti pubblici con i
cittadini e gli organismi di partecipazione, o di quant’altro ritenuto maggiormente idoneo ed
efficace.
E' da ricordare inoltre che l'art.6 della legge 25 febbraio 1987, n.67 fa obbligo alle Regioni, alle
Province, ai Comuni con più di 20.000 abitanti, ai loro Consorzi e alle Aziende municipalizzate
soggette all'art.27-nonies del D.L. 22 dicembre 1981, n.786, convertito con modificazioni dalla
legge 26 febbraio 1982, n.51, nonché alle Unità Sanitarie Locali che gestiscono servizi per più di
40.000 abitanti, di pubblicare in estratto su almeno due giornali quotidiani aventi particolare
diffusione nel territorio di competenza, nonché su almeno un quotidiano a diffusione nazionale e su
un periodico i rispettivi bilanci.
L'estratto deve essere pubblicato in base al modello appositamente approvato con d.P.R. 15 febbraio
1989, n.90, entro tre mesi dalla data di approvazione del bilancio da parte degli organi competenti.
Il modello evidenzia le entrate e le spese con distinta indicazione delle voci maggiormente
significative dando inoltre elencazione delle vecchie categorie economico-funzionali desunte
dall'ultimo conto consuntivo approvato dall'ente.
Devono inoltre essere indicate le risultanze del medesimo conto consuntivo e le principali entrate e
spese pro-capite.
Il modello, nel complesso, appare però scarsamente comprensibile da parte di soggetti non addetti ai
lavori e sembra rispondere quindi più alle esigenze di sostegno finanziario del settore dell'editoria,
che a quelle di effettiva conoscenza dei contenuti di bilancio da parte dei cittadini.
Appare pertanto quanto mai opportuna la norma che fa obbligo a tutti i Comuni, anche con
popolazione inferiore ai 20.000 abitanti, di assicurare la conoscenza dei contenuti significativi e
caratteristici del bilancio, conoscenza che deve quindi essere assicurata anche con mezzi diversi da
quelli previsti dalla legge 67/87.
4) La struttura del bilancio
Un altro aspetto del sistema contabile degli enti locali pesantemente influenzato dalle finalità del
sistema stesso è la sua struttura.
Come abbiamo visto le finalità del sistema contabile nell’ambito del processo di programmazione
impongono che i flussi finanziari vengano analizzati sotto il profilo della provenienza delle fonti di
approvvigionamento di risorse e sotto il profilo della destinazione delle risorse stesse. Per questo
motivo le entrate finanziarie degli enti vengono articolate per provenienza, mentre le uscite vengono
articolate per destinazione.
La struttura del bilancio annuale di previsione è definita dall'art.165 del T.U. sull’ordinamento degli
enti locali approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267 e dai relativi modelli approvati
con il d.P.R. 194/96.
L'articolazione di tale struttura mantiene la consueta logica di diversi e progressivi livelli di
dettaglio. La prima suddivisione articola il bilancio in due parti, dedicate rispettivamente alle
entrate ed alle spese. Ogni parte è quindi disaggregata in diversi titoli, sei per le entrate e quattro per
le spese.
I titoli dell'entrata sono stabiliti dall'art.165 del T.U. sull’ordinamento degli enti locali approvato
con decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267 ed individuano la fonte di provenienza dell'entrata
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stessa. Vengono a loro volta disaggregati in categorie in relazione alla tipologia delle diverse
entrate. Le categorie sono anch'esse definite in modo univoco e standardizzato dal d.P.R. 194/96.
Ogni categoria è infine disaggregata in diverse risorse in base alla specifica individuazione
dell'oggetto dell'entrata. Le risorse, però, non sono predefinite né dal T.U., né dal d.P.R. 194/96, ma
vengono invece lasciate alla libera discrezionalità di ciascun ente che può così adattare tale ulteriore
articolazione alle proprie specifiche esigenze.
Per quanto riguarda la parte spesa, i titoli individuano i diversi principali aggregati economici. I
primi due titoli (spese correnti e spese in conto capitale) sono inoltre suddivisi in funzioni in
relazione alle funzioni degli enti. Ogni funzione è poi articolata in servizi in relazione ai singoli
uffici che gestiscono un complesso di attività
Ogni servizio viene quindi successivamente disaggregato in interventi in base alla natura economica
dei fattori produttivi di ciascun servizio. Tale ultima articolazione costituisce l'unità elementare, per
la parte spesa, del bilancio di previsione e determina quindi il livello di maggior dettaglio presente
nella attività di programmazione del Consiglio comunale.
Gli interventi, definiti dal d.P.R. 194/96, sono differenziati per i diversi titoli e riguardano soltanto i
primi tre titoli della spesa.
E' da notare infine che il 6° titolo dell'entrata ed il 4° titolo della spesa, relativi ai servizi per conto
di terzi, presentano una articolazione differenziata rispetto agli altri titoli. In particolare non
vengono disaggregati in categorie e risorse per le entrate, né in funzioni, servizi ed interventi per le
spese, ma soltanto in capitoli, anch'essi individuati dal d.P.R. 194/96.
Inoltre il bilancio di previsione, per la parte spesa, segue anche una ulteriore e diversa articolazione.
Deve infatti essere consentita la lettura anche per programmi dei quali deve inoltre essere fatta
analitica illustrazione in apposito quadro di sintesi del bilancio stesso e nella relazione previsionale
e programmatica.
Il programma è definito dall'art.165, comma 7, del T.U. sull’ordinamento degli enti locali approvato
con decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, come un complesso coordinato di attività, anche
normative, relative alle opere da realizzare e di interventi diretti ed indiretti, non necessariamente
solo finanziari, per il raggiungimento di un fine prestabilito, nel più vasto piano generale di
sviluppo dell'ente. Ogni programma può essere ricompreso all'interno di una sola funzione, ma può
anche rivestire un carattere interfunzionale coinvolgendo quindi più funzioni diverse.
Attraverso la lettura per programmi si può quindi riclassificare il bilancio in funzione degli obiettivi
programmatici dell'ente e definire il quadro complessivo di risorse specificamente dedicate al
perseguimento dei vari obiettivi definiti dall'ente.
Quella che abbiamo sinteticamente riepilogato, e sulla quale ritorneremo più analiticamente in sede
di esame delle principali voci di entrata e di spesa, costituisce quindi l'articolazione del bilancio di
previsione in senso, per così dire, orizzontale. Si tratta cioè della disaggregazione dei dati di
bilancio rispetto a diverse tipologie di entrata e di spesa. Ma quali sono i dati di bilancio che devono
essere articolati ed esposti secondo la struttura sopra riepilogata?
Innanzitutto devono essere esposti gli accertamenti o gli impegni, a seconda che ci si riferisca alle
entrate o alle spese, che risultano dal rendiconto relativo al penultimo esercizio precedente a quello
di riferimento.
In secondo luogo devono essere riportate le previsioni aggiornate relative all'anno in corso. Si tratta
quindi non delle previsioni iniziali contenute nel relativo bilancio di previsione, ma di quelle
aggiornate in base alle variazioni intervenute nel corso dell'esercizio. Non può ancora parlarsi di
previsioni definitive in quanto il bilancio di previsione, secondo la naturale scadenza stabilita dal
T.U., deve essere approvato entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello di riferimento,
quindi prima della chiusura dell'esercizio precedente. Ove il bilancio venisse predisposto ad
esercizio già iniziato, circostanza verificatasi abbastanza frequentemente negli anni passati, le
previsioni aggiornate corrisponderebbero, in effetti, con le previsioni definitive.
Infine devono essere esposte le entrate che si prevede di accertare e le spese che si prevede di
impegnare nel corso dell'esercizio di riferimento, vale a dire le previsioni di competenza
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dell'esercizio di riferimento del bilancio. Le entrate e le spese previste per l'esercizio trovano quindi
comparazione con gli importi accertati ed impegnati nel penultimo esercizio precedente e con le
previsioni aggiornate dell'ultimo esercizio precedente (esercizio in corso) costituendo un trend
storico triennale utile anche per fornire una prima indicazione di attendibilità delle previsioni stesse.
Un'ultima annotazione rispetto alla struttura del bilancio riguarda le entrate e le spese relative a
funzioni delegate dalla regione. Il comma 12 dell'art.165 del T.U. sull’ordinamento degli enti locali
approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, prevede infatti al riguardo, che il bilancio
di previsione recepisca, ai sensi dell'art.11, comma 3, della legge 19 maggio 1976, n.335, e per
quanto non contrasti con la normativa di cui allo stesso T.U., le norme recate dalle leggi delle
rispettive regioni di appartenenza per quanto concerne le entrate e le spese per funzioni delegate, al
fine di consentire la possibilità del controllo regionale sulla destinazione dei fondi assegnati agli
enti locali e l'omogeneità delle classificazioni di dette spese nei bilanci di previsione degli enti
rispetto a quelle contenute nei rispettivi bilanci di previsione regionali. Inoltre le entrate e le spese
per le funzioni delegate dalle regioni non possono essere collocate tra i servizi per conto di terzi.
Il problema posto da tale norma è stato risolto nell'ambito dei modelli di bilancio approvati con
d.P.R. 194/96 mediante un modello specifico costituito da un quadro analitico per funzioni, servizi
ed interventi delle spese per funzioni delegate.
5) Le entrate
La articolazione che ne consegue, per la parte entrate, è la seguente:
Titolo I Entrate tributarie;
Categoria 1 - imposte
Categoria 2 - tasse
Categoria 3 - tributi speciali ed altre entrate tributarie proprie
Titolo II Entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti dello Stato, della Regione e di altri
enti pubblici anche in rapporto all'esercizio di funzioni delegate dalla Regione;
Categoria 1 - contributi e trasferimenti correnti dallo Stato
Categoria 2 - contributi e trasferimenti correnti dalla Regione
Categoria 3 - contributi e trasferimenti dalla Regione per funzioni delegate
Categoria 4 - contributi e trasferimenti da parte di organismi comunitari e internazionali
Categoria 5 - contributi e trasferimenti correnti da altri enti del settore pubblico
Titolo III Entrate extratributarie
Categoria 1 - proventi dei servizi pubblici
Categoria 2 - proventi dei beni dell'ente
Categoria 3 - interessi su anticipazioni e crediti
Categoria 4 - utili netti delle aziende speciali e partecipate, dividendi di società
Categoria 5 - proventi diversi
Titolo IV Entrate derivanti da alienazioni, da trasferimenti di capitale e da riscossioni di crediti;
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Categoria 1 - alienazione di beni patrimoniali
Categoria 2 - trasferimenti di capitale dallo Stato
Categoria 3 - trasferimenti di capitale dalla Regione
Categoria 4 - trasferimenti di capitale da altri enti del settore pubblico
Categoria 5 - trasferimenti di capitale da altri soggetti
Categoria 6 - riscossione di crediti
Titolo V Entrate derivanti da accensioni di prestiti;
Categoria 1 - anticipazioni di cassa
Categoria 2 - finanziamenti a breve termine
Categoria 3 - assunzione di mutui e prestiti
Categoria 4 - emissione di prestiti obbligazionari
Titolo VI Entrate da servizi per conto di terzi
Ogni categoria è infine disaggregata in diverse risorse in base alla specifica individuazione
dell'oggetto dell'entrata. Le risorse, però, non sono predefinite né dal d.lgs.77/95, né dal d.P.R.
194/96, ma vengono invece lasciate alla libera discrezionalità di ciascun ente che può così adattare
tale ulteriore articolazione alle proprie specifiche esigenze.
Le entrate dei Comuni costituiscono l'elemento centrale su cui si basano i principi essenziali della
finanza locale. La struttura del bilancio di previsione, che abbiamo appena accennato, per quanto
riguarda le entrate, riproduce quindi sostanzialmente l'articolazione stessa della finanza locale,
quale si è venuta delineando e concretizzando nel corso del tempo.
I principi fondamentali della finanza locale sono dettati dall’art.149 del T.U. sull’ordinamento degli
enti locali approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267 e costituiscono un elemento
fondamentale dell'ordinamento stesso degli enti locali. In particolare il comma 2 stabilisce il primo
essenziale principio della finanza locale che potremmo definire quale "autonomia finanziaria" degli
Enti locali. Con il termine di autonomia finanziaria si intende normalmente un autonomo potere di
spesa come elemento essenziale attraverso il quale si esprime la stessa autonomia politica degli enti
locali.
Quello dell'autonomia finanziaria è in realtà un principio di rilevanza costituzionale in quanto
sancito dall'art.119 della Costituzione, secondo il quale "le Regioni hanno autonomia finanziaria
nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica, che la coordinano con la finanza dello
Stato, delle province e dei comuni". Si tratta pertanto, per gli enti locali, del riconoscimento di una
autonomia finanziaria nell'ambito di un complessivo coordinamento con la finanza dello Stato e
delle Regioni.
Titolo I - Entrate tributarie.
Il primo titolo delle entrate accoglie le entrate tributarie. Relativamente a questa tipologia di entrate,
l’art.149 T.U. stabilisce alcuni principi fondamentali.
Innanzitutto vi è il riconoscimento di una potestà impositiva autonoma nel campo delle imposte,
tasse e tariffe, quale parte essenziale e non secondaria dell'importante principio dell'autonomia
finanziaria degli enti locali.
L'autonomia impositiva degli enti locali trova tuttavia un preciso limite nelle leggi della
Repubblica. Tale limitazione ha il suo fondamento nella Costituzione che, agli artt.23 e 53,
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stabilisce due principi fondamentali in materia tributaria. Innanzitutto l'art.23 prevede che nessuna
prestazione personale o patrimoniale possa essere imposta se non in base alla legge, con ciò
stabilendo una precisa riserva di legge in materia tributaria.
Da questo principio deriva il primo limite al quale deve necessariamente sottostare l'autonomia
impositiva dei Comuni, vale a dire la necessità che la legge dello Stato individui i tributi che gli enti
locali, nell'esercizio della propria autonomia impositiva, possono istituire.
Il secondo principio costituzionale, sancito dall'art.53, prevede che tutti i cittadini siano tenuti a
concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Tale principio,
implicitamente, richiede un coordinamento dello Stato rispetto ai tributi imposti dagli enti locali,
coordinamento finalizzato ad una uniforme applicazione dei tributi stessi nei diversi ambiti
territoriali di competenza dei vari enti locali, al fine di evitare disparità di trattamento nei confronti
dei contribuenti rispetto alle rispettive capacità contributive.
Il secondo limite cui deve, quindi, sottostare l'autonomia impositiva dei Comuni consiste nella
necessità che, nell'ambito della attività di coordinamento sopra accennata, gli elementi strutturali
costitutivi dei vari tributi siano definiti dalla legge dello Stato rimanendo quindi in tale modo
esclusi dalla potestà dei Comuni in materia tributaria.
In secondo luogo il comma 7 dell’art.149 T.U. stabilisce una correlazione fra le entrate di natura
fiscale ed alcune tipologie di servizi erogati dai Comuni. Ci si riferisce in particolare ai servizi
pubblici ritenuti necessari per lo sviluppo della comunità. Viene infatti stabilito che, mentre i
trasferimenti erariali devono garantire i servizi locali indispensabili, le entrate fiscali finanziano i
servizi pubblici ritenuti necessari per lo sviluppo della comunità ed integrano, inoltre, la
contribuzione statale per l'erogazione dei servizi indispensabili.
Entrando nel dettaglio della categoria delle entrate tributarie dei Comuni, possiamo notare come
questa si presenti in effetti come un complesso di entrate discretamente articolato, di cui possono
essere considerate parte integrante diverse fattispecie. Innanzitutto possiamo distinguere le diverse
entrate tributarie dei Comuni a seconda che queste derivino da imposte, tasse o tributi speciali ed
altre entrate tributarie. Inoltre possiamo stabilire anche un altro criterio distintivo delle entrate
tributarie a seconda che le stesse derivino da tributi autonomi o da compartecipazioni o addizionali
rispetto a tributi imposti da altri soggetti. Appartengono al primo tipo le entrate che trovano il loro
fondamento nella potestà impositiva autonoma dei Comuni, mentre appartengono al secondo tipo le
entrate che, pur avendo natura tributaria, derivano dall'attribuzione ai Comuni di quote di tributi
imposti dallo Stato o da addizionali su tributi statali.
In particolare sono tributi autonomi, fra le imposte, l'imposta comunale sulla pubblicità e l'imposta
comunale sugli immobili; fra le tasse, la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche e la tassa
per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani; ed infine, fra i diritti, quelli sulle pubbliche affissioni e
quelli dovuti per la raccolta, l'allontanamento, la depurazione e lo scarico delle acque di rifiuto.
Sono invece tributi non autonomi l'addizionale comunale sul consumo dell'energia elettrica e
l'addizionale all'IRPEF.
Nell’ambito della struttura del bilancio, le entrate tributarie vengono suddivise in tre categorie. La
prima categoria accoglie le imposte. Come è noto le imposte sono dei prelievi di ricchezza effettuati
dallo Stato o da altri enti impositori, fra i quali i comuni, per fare fronte alle spese relative alla
erogazione di servizi a carattere generale. Come abbiamo visto le imposte comunali sono costituite
dall'Imposta comunale sugli Immobili (I.C.I.), dall'Imposta sulla pubblicità e dall'addizionale
all'IRPEF.
La seconda categoria accoglie le tasse. La tassa è il corrispettivo che un soggetto deve corrispondere
ad un ente impositore per usufruire di un servizio pubblico erogato dall'ente medesimo. Le tasse
comunali sono costituite dalla Tassa per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani
(TARSU) e dalla Tassa per l'occupazione di suolo pubblico (TOSAP).
La terza categoria, infine, accoglie gli altri tributi, quali, ad esempio i diritti. I diritti sono
corrispettivi che un soggetto deve corrispondere ad un ente impositore per poter usufruire delle
prestazioni di un ufficio pubblico al fine di ottenere l'emanazione di un atto o di un'autorizzazione
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di interesse privato. Appartengono a questa categoria i diritti sulle pubbliche affissioni ed il canone
di depurazione.
Titolo II - Entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti dello Stato, della Regione e di
altri enti pubblici anche in rapporto all'esercizio di funzioni delegate dalla Regione.
Le entrate appartenenti a questo titolo costituiscono la finanza derivata dei Comuni e sono suddivise
nelle cinque seguenti categorie:
1^ Contributi e trasferimenti correnti dello Stato;
2^ Contributi e trasferimenti correnti della Regione;
3^ Contributi e trasferimenti dalla Regione per funzioni delegate;
4^ Contributi e trasferimenti da parte di organismi comunitari e internazionali;
5^ Contributi e trasferimenti correnti da altri enti del settore pubblico
Anche rispetto ai trasferimenti dello Stato a favore degli enti locali, l’art.149, nel determinare il
nuovo assetto della finanza locale, stabilisce alcuni principi fondamentali.
In primo luogo il comma 5 stabilisce che la ripartizione dei trasferimenti fra i vari enti deve
avvenire in base a criteri obiettivi che tengano conto della popolazione, del territorio e delle
condizioni socio-economiche, nonchè in base ad una perequata distribuzione delle risorse che tenga
conto degli squilibri di fiscalità locale. Lo Stato inoltre, ai sensi del comma 6, assegna specifici
contributi per fronteggiare situazioni eccezionali. Infine, come stabilito dal comma 7, i trasferimenti
erariali devono garantire i servizi locali indispensabili, mentre, come abbiamo visto, le entrate
fiscali finanziano i servizi pubblici ritenuti necessari per lo sviluppo della comunità ed integrano la
contribuzione erariale per l'erogazione dei servizi pubblici indispensabili.
Questi principi, in effetti, devono essere considerati in stretta correlazione fra loro. Infatti il livello
di spesa che ogni ente dovrà sostenere per l'espletamento dei servizi indispensabili, finanziati
mediante i trasferimenti statali, è direttamente influenzato proprio dai parametri indicati nel secondo
principio, vale a dire dalla popolazione, dalle caratteristiche intrinseche del territorio e dalle
condizioni sociali ed economiche della collettività amministrata. Inoltre le risorse proprie a
disposizione dei vari enti sono strettamente dipendenti dalla capacità contributiva dei rispettivi
cittadini, cosicché potranno verificarsi variazioni assai notevoli rispetto ai gettiti delle imposte
locali in relazione alla maggiore o minore ricchezza delle varie comunità locali. Per questi motivi
quindi è necessario che la determinazione dei trasferimenti erariali a favore di ogni singolo ente
tenga conto di vari fattori che influenzano il livello di spesa dei vari enti e la disponibilità di altre
risorse. La correlazione fra trasferimenti erariali e servizi locali indispensabili, come abbiamo visto,
non deve comunque essere interpretata come una necessaria corrispondenza, puntuale ed aritmetica,
dell'importo dei trasferimenti rispetto alle spese sostenute da ogni singolo Ente nell'espletamento
dei servizi locali indispensabili. Questa correlazione deve invece essere tenuta in considerazione e
rispettata nella ripartizione dei fondi statali fra i vari enti che deve avvenire in base ai criteri
obiettivi previsti dall'art.149. Inoltre per dare un effettivo contenuto alla disposizione è necessario
anche individuare preliminarmente quali servizi degli enti locali debbano essere considerati come
indispensabili. L'individuazione è contenuta nel decreto legge 28 maggio 1993 al quale si rimanda.
Infine l'art.149 stabilisce che l'ammontare complessivo dei trasferimenti e dei fondi di cui sopra sia
determinato in base a parametri fissati dalla legge per ciascuno degli anni previsti dal bilancio
pluriennale dello Stato e non sia riducibile nel triennio.
In attuazione dei principi sopra esposti, sono state emanate successive disposizioni legislative che
hanno portato, nel corso degli anni, alla definizione dei criteri e delle modalità di determinazione e
distribuzione dei trasferimenti statali a favore dei Comuni.
La materia è, comunque, in fase di profonda revisione. Con legge 23 dicembre 1996, n.662, il
Parlamento, infatti, aveva conferito delega al Governo per l'emanazione di uno o più decreti
legislativi contenenti le disposizioni occorrenti per la revisione ed il riordino del sistema dei
trasferimenti a province, comuni e comunità montane, sulla base dei seguenti principi e criteri
direttivi:
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- introduzione di parametri che tengano conto dei servizi forniti maggiormente diffusi sul territorio
e della accessibilità ad essi per i comuni che ne sono sprovvisti;
- determinazione di indicatori per l'individuazione delle condizioni di degrado socio-economico
degli enti;
- introduzione di parametri per misurare gli eventuali insediamenti militari presenti nel territorio
dell'ente;
- introduzione di correttivi ai parametri in relazione all'incremento della domanda di servizi dovuta
alla peculiarità degli enti di maggiore dimensione demografica e in relazione, altresì, alla rigidità
dei costi degli enti di minore dimensione demografica;
- determinazione di un periodo di riequilibrio dei trasferimenti erariali tenendo conto del complesso
degli stessi di genere ordinario e consolidato, incrementato dei tributi detratti in precedenza e delle
conseguenze derivanti dall'applicazione di nuovi criteri;- attribuzione delle eventuali maggiori
assegnazioni annuali di contributi erariali ai diversi fondi tenendo conto dell'incidenza delle nuove
forme impositive attribuite agli enti locali;
- definizione di indicatori che facciano riferimento e incentivino lo sforzo tariffario e lo sforzo
fiscale dei singoli enti;
- parametri che incentivino la gestione dei servizi in forma associata da parte dei comuni con
popolazione inferiore a 5.000 abitanti.
In attuazione della delega di cui sopra, era stato quindi emanato il decreto legislativo 30 giugno
1997, n.244. Il nuovo assetto generale della contribuzione erariale a favore dei Comuni, delineato
dal decreto di cui sopra, prevedeva la costituzione di sei diversi fondi di cui quattro finalizzati
all'erogazione di trasferimenti correnti che rientrano quindi fra le entrate di cui al titolo II in esame.
Si tratta, in particolare di: fondo ordinario; fondo consolidato; fondo per la perequazione e per gli
incentivi; fondo per lo sviluppo degli investimenti degli enti locali.
In particolare il fondo ordinario, definito dal d.lgs. 244/97 era in realtà il risultato di diverse
politiche dei trasferimenti succedutesi fin dal 1978 e caratterizzate da varie e diverse fasi e
tendenze. Ad una prima tendenza, collocabile negli anni dal 1978 fino all'inizio degli anni ottanta,
in cui prevaleva il principio cosiddetto del "piè di lista", che aveva cioè a riferimento la spesa
storica, è seguito un primo tentativo di perequazione effettuato integrando i trasferimenti erariali a
favore degli enti che presentavano una spesa corrente per abitante inferiore alla media.
Verso la metà degli anni ottanta è stata poi avviata una diversa politica dei trasferimenti che tendeva
sempre più a svincolare i criteri di determinazione dei contributi statali dall'andamento della spesa
storica per fare invece riferimento a parametri più oggettivi, quali, ad esempio, la popolazione, lo
sviluppo demografico, l'inverso del reddito.
I contributi ordinari spettanti ai Comuni, determinati su base storica, avrebbero dovuto essere
assoggettati ad un'operazione di riequilibrio, della durata di dodici anni, a decorrere dalla prima
applicazione del nuovo sistema. A tale fine il Ministero dell'interno avrebbe dovuto definire un
fabbisogno standardizzato per i comuni prendendo a base di riferimento i servizi indispensabili e
quelli maggiormente diffusi.
Il fondo consolidato avrebbe dovuto essere attribuito non alla generalità dei Comuni, ma soltanto a
singoli Enti che ne risultino beneficiari per effetto di specifiche disposizioni di legge ed avrebbe
dovuto essere composto quindi da una pluralità di contributi specifici.
Quanto al fondo per la perequazione e per gli incentivi, bisogna tenere presente che, conformemente
ai principi sanciti dall'art.149 del T.U. sull’ordinamento degli enti locali approvato con decreto
legislativo 18 agosto 2000, n.267, i trasferimenti erariali devono tenere conto anche di una
distribuzione delle risorse con finalità di perequazione degli squilibri di fiscalità locale. Tale
perequazione veniva effettuata, in passato, mediante l'utilizzo di un fondo denominato "Fondo
perequativo degli squilibri di fiscalità locale", con riferimento al gettito delle imposte e delle
addizionali di competenza dei vari enti la cui applicazione sia obbligatoria e per la parte per la quale
non vi sia discrezionalità per l'ente impositore. Il principio infatti consisteva nel compensare gli
squilibri che non derivassero da scelte operate dai singoli Comuni, ma da situazioni di oggettiva
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carenza delle basi imponibili. Per questo motivo venivano presi a base di riferimento soltanto i
gettiti provenienti da tributi obbligatori e soltanto per la parte per la quale non vi sia discrezionalità
da parte dell'ente.
Con l'emanazione del d.lgs.244/97 il fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale avrebbe
dovuto essere sostituito da un nuovo fondo denominato "Fondo per la perequazione e per gli
incentivi". Questo nuovo fondo, calcolato sulla base del precedente, avrebbe dovuto essere
incrementato annualmente in base a tassi di incremento da applicarsi al fondo ordinario, contenuti
nei documenti di programmazione economico-finanziaria dello Stato.
L'assegnazione ai comuni avrebbe dovuto essere finalizzata allo svolgimento di funzioni associate,
alla realizzazione delle procedure di unione, alla perequazione delle basi imponibili, all'incentivo
allo sforzo fiscale ed all'incentivo allo sforzo tariffario. In particolare per quanto riguarda l'aspetto
perequativo, l'operazione avrebbe dovuto essere effettuata sulla base dell'imposta comunale sugli
immobili e dell'imposta di registro, ipotecaria e catastale sui trasferimenti di immobili. A tale fine
dovevano essere presi in considerazione i gettiti potenziali, se disponibili, oppure i gettiti di
competenza dei comuni. Ove possibile, per ciascun tributo avrebbe dovuto poi essere considerato il
valore per punto di aliquota valutata nel suo valore medio ponderato.
Per quanto riguarda invece l'aspetto legato all'incentivazione, vengono prese in considerazione
quattro finalità. Lo sforzo fiscale, lo sforzo tariffario, la realizzazione di procedure di unione e la
gestione associata dei servizi.
Infine il Fondo per lo sviluppo degli investimenti avrebbe dovuto essere determinato in base
all'onere residuo posto a carico dello Stato sulle rate di ammortamento dei mutui contratti dagli enti
locali ed attribuito annualmente a tali enti in ragione dell'onere posto a carico dello Stato per
l'ammortamento dei mutui contratti dall'ente secondo la normativa in base alla quale fu concesso il
contributo.
Tale nuova articolazione dei trasferimenti erariali non è però mai entrata in vigore essendo stata più
volte rinviata la sua applicazione.
Da ultimo, con legge 13 maggio 1999, n.133 il Parlamento ha conferito una nuova delega al
Governo per l’emanazione di uno o più decreti legislativi di revisione dell’intera materia. Fra i
criteri direttivi ai quali dovrà ispirarsi la riforma è prevista anche la revisione del sistema dei
trasferimenti erariali degli enti locali in funzione delle esigenze di perequazione connesse
all’aumento dell’autonomia impositiva e alla capacità fiscale relativa all’ICI e alla
compartecipazione all’IRPEF non facoltativa. La perequazione dovrà basarsi su quote capitarie
definite in relazione alle caratteristiche territoriali, demografiche e infrastrutturali, nonché alle
situazioni economiche e sociali e potrà essere effettuata, per un periodo transitorio, anche in
funzione dei trasferimenti storici.
La seconda categoria accoglie i contributi e trasferimenti correnti dalla Regione. Riguardo ai
trasferimenti regionali l'art.149 del Testo Unico sull’ordinamento degli enti locali, approvato con
decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, prevede che le Regioni concorrano al finanziamento degli
enti locali per la realizzazione del piano regionale di sviluppo e dei programmi di investimento,
assicurando la copertura finanziaria degli oneri necessari all'esercizio di funzioni trasferite o
delegate. Inoltre le Regioni determinano con legge i finanziamenti per le funzioni da esse attribuite
agli enti locali in relazione al costo di gestione dei servizi sulla base della programmazione
regionale. Si tratta, pertanto, non di trasferimenti generici, ma di contribuzioni strettamente
correlate all'esercizio di funzioni attribuite o delegate agli enti locali di cui devono consentire la
copertura dei relativi oneri. La situazione pertanto appare variamente definita nell'ambito delle
diverse Regioni in relazione alle specifiche funzioni attribuite ai rispettivi enti locali. Rispetto ad
alcune funzioni è comunque possibile individuare una certa uniformità di indirizzo pressoché
costante in tutte le Regioni. Si tratta, in particolare delle funzioni nel campo del diritto allo studio e
dell'assistenza scolastica, della conservazione del territorio, della tutela dell'ambiente,
dell'assistenza agli immigrati, dei musei e delle biblioteche e dei servizi sociali.
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La terza categoria accoglie i contributi e trasferimenti dalla Regione per funzioni delegate. La
separata indicazione in bilancio di tali contributi rispetto agli altri contributi regionali di cui al punto
precedente è richiesta ai fini di quanto stabilito dall'art.165, comma 12, del Testo Unico
sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267 per
consentire la possibilità del controllo regionale in merito alla destinazione dei fondi assegnati agli
enti locali.
Tali trasferimenti trovano analitica corrispondenza, rispetto all'utilizzo degli stessi, nell'apposito
quadro per funzioni, servizi ed interventi approvato con d.P.R. 194/96 ove vengono riepilogati, per
ogni intervento della spesa, gli impegni dell'ultimo esercizio chiuso, le previsioni definitive
dell'esercizio in corso, le previsioni di competenza e le variazioni rispetto alle previsioni definitive
dell'esercizio in corso.
La quarta categoria accoglie i contributi e trasferimenti da parte di organismi comunitari e
internazionali. Anche i contributi e trasferimenti correnti erogati da organismi comunitari e
internazionali a fronte di diverse finalità trovano analitica corrispondenza, quanto al loro utilizzo sul
fronte delle spese, in un apposito quadro analitico, approvato con d.P.R. 194/96, per funzioni,
servizi ed interventi, ove vengono dettagliatamente esposti gli impegni dell'ultimo esercizio chiuso,
le previsioni definitive dell'esercizio in corso, le previsioni di competenza per l'esercizio al quale si
riferisce il bilancio, e le variazioni di queste ultime rispetto alle previsioni definitive dell'esercizio in
corso.
La quinta categoria accoglie, infine, i contributi e trasferimenti correnti da altri enti del settore
pubblico. La categoria riguarda gli altri contributi e trasferimenti correnti eventualmente erogati a
favore del comune da parte di altri soggetti facenti parte del settore pubblico e non presenta aspetti
di particolare problematicità.
Titolo III - Entrate extratributarie.
La seconda tipologia di risorse proprie dei comuni, che costituiscono il terzo titolo delle entrate, è
costituita dalle entrate non aventi natura tributaria.
In particolare le entrate extratributarie vengono suddivise in cinque diverse categorie.
1^ Proventi dei servizi pubblici;
2^ Proventi dei beni dell'ente;
3^ Interessi su anticipazioni e crediti;
4^ Utili netti delle aziende speciali e partecipate, dividendi di società;
5^ Proventi diversi.
Nella prima categoria sono iscritti i proventi dei servizi pubblici. Si tratta, in realtà, della categoria
che assume maggior importanza, sia quantitativamente e sia perché in essa si esprime l'attività dei
comuni nei confronti dei bisogni della collettività amministrata.
Nell'ambito dei servizi pubblici erogati dai comuni, vengono solitamente individuate tre diverse
tipologie. Si tratta, in particolare, dei servizi istituzionali, dei servizi pubblici a domanda individuale
e dei servizi a carattere produttivo.
I servizi definiti come istituzionali sono quelli che l'ente pone in essere per obbligo istituzionale
trattandosi di servizi essenziali per la comunità amministrata. Questi servizi vengono quindi
finanziati in massima parte mediante l'utilizzo dei trasferimenti statali o mediante integrazione di
tali trasferimenti con entrate proprie soprattutto di natura tributaria. Si tratta, in sostanza, dei servizi
individuati come indispensabili.
Il Testo Unico sull’ordinamento degli enti locali, come abbiamo visto, stabilisce che i Comuni
svolgano tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale
precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell’assetto ed
utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, ma non fornisce una elencazione dei servizi
che devono essere obbligatoriamente prestati ai cittadini.
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Il decreto 28 maggio 1993 del Ministro dell'Interno di concerto con il Ministro del tesoro, ha
individuato i servizi indispensabili dei comuni procedendo ad una puntuale elencazione alla quale si
rimanda.
Al riguardo, però, è da tenere presente anche l'orientamento della giurisprudenza amministrativa, in
particolare del Consiglio di Stato e di diversi T.A.R., che ritengono debba considerarsi obbligatorio
ogni servizio che si presenta come essenziale di fatto. In altre parole l'essenzialità, e quindi
l'obbligatorietà, deve essere valutata in rapporto alle reali esigenze delle collettività locali.
Una particolare tipologia di entrate derivanti da servizi istituzionali è quella relativa alle sanzioni
per violazioni alle norme del codice della strada.
L'art.208 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285 stabilisce infatti che una quota pari al
cinquanta per cento dei proventi derivanti dalle sanzioni in argomento, devono essere destinati a
studi, ricerche e propaganda ai fini della sicurezza stradale, alla redazione dei piani urbani di
traffico, a finalità di educazione stradale nonché al miglioramento della circolazione sulle strade, al
potenziamento e miglioramento della segnaletica stradale e alla fornitura di mezzi tecnici necessari
per i servizi di polizia stradale e alla realizzazione di interventi a favore della mobilità ciclistica,
nonché, in misura non inferiore al dieci per cento della predetta quota ad interventi per la sicurezza
stradale in particolare a tutela degli utenti deboli quali, bambini, anziani, disabili, pedoni e ciclisti.
A tale fine l'ente deve determinare, annualmente, con deliberazione della Giunta comunale, le quote
da destinarsi alle finalità sopra elencate. I Comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti
devono poi dare comunicazione delle suddette determinazioni al Ministero dei Lavori Pubblici
Inoltre il regolamento di esecuzione del codice della strada, approvato con d.P.R. 16 dicembre
1992, n.495, stabilisce che gli enti locali siano tenuti ad iscrivere nel proprio bilancio annuale
apposito capitolo di entrata e di uscita dei proventi ad essi spettanti. Dei proventi introitati e delle
spese effettuate gli enti dovranno infine fornire al Ministero dei Lavori Pubblici il rendiconto finale
delle entrate e delle spese.
La tipologia dei servizi pubblici a domanda individuale presenta invece caratteristiche assai
particolari, sia sotto il profilo della individuazione dei servizi, che per quanto riguarda le modalità
di determinazione delle relative tariffe. Rientrano nella categoria dei servizi pubblici a domanda
individuale tutte quelle attività gestite direttamente dall'ente, che non siano poste in essere per
obbligo istituzionale, che vengano utilizzate a richiesta dell'utente e che non siano state dichiarate
gratuite per legge nazionale o regionale.
Per classificare, quindi, un servizio pubblico come a domanda individuale devono ricorrere alcuni
presupposti. Innanzitutto il servizio deve essere gestito direttamente dall'ente. A questo riguardo
bisogna tenere presente però che ciò che rileva dal punto di vista dei servizi a domanda individuale
è la potestà dispositiva in materia di tariffe. Ove pertanto un comune, pur affidando la gestione di
un servizio pubblico in appalto ad un'impresa privata, conservi la potestà dispositiva in materia di
tariffe, ai fini della classificazione fra i servizi a domanda individuale, la gestione di quel servizio
sarà comunque assimilabile a quella diretta o in economia e pertanto il servizio sarà incluso fra
quelli a domanda individuale. In secondo luogo non deve trattarsi di un servizio obbligatorio
istituzionalmente, cioè non deve trattarsi di un servizio incluso nella categoria precedentemente
analizzata e costituita dai servizi istituzionali. Inoltre il servizio deve essere utilizzato a richiesta
dell'utente. Questa è, per così dire, la caratteristica tipica dei servizi a domanda individuale.
Infine vanno, ovviamente, esclusi dalla categoria dei servizi pubblici a domanda individuale tutti
quei servizi per i quali le leggi dello Stato o delle rispettive Regioni prevedano la gratuità. Inoltre si
deve tenere presente che alcuni servizi, pur rientrando concettualmente nella categoria dei servizi
pubblici a domanda individuale, devono essere esclusi per espressa previsione legislativa. Si tratta
in particolare dei servizi finalizzati all'inserimento sociale dei portatori di handicap, dei servizi per i
quali le vigenti norme prevedono la corresponsione di tasse, diritti, o prezzi amministrati, dei servizi
di trasporto pubblico e di quelli a carattere produttivo che esamineremo al punto successivo. Il
decreto 55/83 ed il decreto interministeriale 31 dicembre 1983, ai quali si rimanda, elencano
puntualmente i servizi che devono essere considerati "a domanda individuale".
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Come accennato, per i servizi in esame è prevista una disciplina tariffaria del tutto particolare. Di
anno in anno viene stabilita una percentuale obbligatoria di copertura dei relativi costi mediante i
proventi. Si è partiti dal 22% del 1983 per arrivare al 36% negli ultimi anni a partire dal 1990. La
percentuale di copertura viene determinata contrapponendo le entrate e le spese dei vari servizi. Fra
le entrate si deve tenere conto delle tariffe a carico degli utenti, ma anche di tutte le entrate
specificamente destinate; quindi anche di eventuali contributi a specifica destinazione. Fra le spese
devono essere incluse quelle per il personale comunque adibito anche ad orario parziale, compresi
gli oneri riflessi, quelle per l'acquisto di beni e servizi comprese le manutenzioni ordinarie, e gli
ammortamenti. I costi comuni devono essere imputati ai singoli servizi sulla base di percentuali
stabilite con la deliberazione di determinazione della percentuale di copertura. Una volta
determinati i costi, le entrate e la relativa percentuale di copertura, deve essere adottata apposita
deliberazione consiliare non oltre la data di approvazione del bilancio di previsione. Nella suddetta
deliberazione devono inoltre essere stabilite le tariffe e contribuzioni. I dati relativi a costi, entrate,
percentuale di copertura devono inoltre essere certificati sia a preventivo che a consuntivo mediante
gli appositi stampati ministeriali. Resta da precisare che la percentuale di copertura si riferisce
all'insieme dei servizi a domanda individuale e non ad ogni singolo servizio. Pertanto è possibile,
anzi normale, avere servizi che non coprono la percentuale obbligatoria, e servizi che coprono i
costi in misura superiore alla percentuale. L'importante è che nel complesso venga garantita una
copertura non inferiore alla percentuale stabilita. Un'ultima precisazione riguarda le spese per il
servizio asili nido che, a partire dal 1993, devono essere considerate, ai fini della determinazione
della percentuale di copertura soltanto per il 50%. (art.5 legge 23 dicembre 1992, n.498). Si tratta di
un parziale riconoscimento della natura sociale che il servizio asili nido è venuto ad assumere nella
nostra società.
Questa disciplina, vigente fino all'anno 1993, ha subito modifiche assai importanti in conseguenza
dell'entrata in vigore delle innovazioni recate dal decreto legislativo 30.12.1992, n.504 e dal decreto
del Ministero dell'Interno 30.9.1993. Tale normativa stabiliva infatti che tutta una serie di controlli
centrali riguardanti le piante organiche, l'assunzione di personale, ed i tassi di copertura del costo di
taluni servizi fra i quali quelli a domanda individuale, in precedenza estesi a tutti gli enti locali,
siano applicabili, a partire dal 1994, soltanto agli enti che si trovino in situazioni strutturalmente
deficitarie. Per situazioni strutturalmente deficitarie devono intendersi due ben precise ed
individuate situazioni. Innanzitutto rientrano nella categoria gli enti che hanno dichiarato il dissesto.
In secondo luogo devono includersi tutti quegli enti che dal conto consuntivo presentino gravi ed
incontrovertibili condizioni di squilibrio evidenziabili con parametri obiettivi. Tali parametri
vengono individuati mediante apposito decreto del Ministero dell'Interno.
I parametri costituiscono una tabella che dovrà essere allegata al certificato del conto consuntivo ed
alla deliberazione di approvazione dello stesso conto. Se almeno la metà di questi parametri
presenta valori eccedenti rispetto a quelli stabiliti dal Ministero, scatta, dal giorno successivo,
l'obbligo di sottoposizione ai controlli centrali e di rispetto delle percentuali minime di copertura.
Soltanto gli enti che rientrano nelle due categorie di cui sopra devono garantire il rispetto della
percentuale minima di copertura dei costi dei servizi a domanda individuale e sono inoltre tenuti a
certificare tale condizione. Indipendentemente dal fatto che per un Comune permanga o meno
l'obbligo di copertura percentuale, circostanza da verificare in relazione alle condizioni di cui sopra,
le entrate dei servizi, le spese relative, le percentuali di copertura e le relative tariffe, devono
comunque essere sempre individuate e deliberate.
La terza tipologia di servizi pubblici erogati dai comuni è costituita dai servizi a carattere
produttivo. Rientrano in questa categoria le attività gestite dai comuni con caratteristiche
tipicamente imprenditoriali. I servizi a carattere produttivo gestiti con maggiore diffusione e
uniformità da parte dei comuni sono, in particolare, la distribuzione del gas, la centrale del latte, la
distribuzione dell'energia elettrica, il teleriscaldamento e le farmacie comunali. Oltre a questi
servizi, particolarmente diffusi in tutti gli ambiti territoriali, potranno però rinvenirsi altre tipologie
di servizi a carattere produttivo in relazione alle specifiche situazioni dei vari enti. Talora i servizi
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di cui sopra non sono gestiti direttamente dai comuni, vale a dire in economia, ma mediante
l'utilizzo di altre forme di gestione.
L'art.113 del Testo Unico sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18
agosto 2000, n.267 disciplina le diverse modalità di gestione dei servizi. Per i servizi a carattere
produttivo si verifica frequentemente che, sia le dimensioni dell'attività, sia le particolari
caratteristiche di questi servizi, rendano opportuna la scelta di forme gestionali diverse dalla
gestione in economia, quali, ad esempio, la concessione a terzi, la società per azioni o a
responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale; la società per azioni senza il vincolo
della proprietà pubblica maggioritaria. Non adeguata alle caratteristiche dei servizi a rilevanza
imprenditoriale è invece la gestione a mezzo di istituzione. Inoltre ai sensi dell'art.31 del Testo
Unico sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267 i
servizi degli enti locali possono essere gestiti anche in forma associata attraverso la costituzione di
consorzi. I comuni e le province possono inoltre stipulare tra loro apposite convenzioni al fine di
svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati. Nel caso di gestione di un servizio a
carattere produttivo mediante forme gestionali che prevedano la costituzione di appositi soggetti, i
relativi proventi saranno però imputabili ai soggetti all'uopo costituiti (aziende speciali, società,
ecc.) e quindi verranno attribuiti al comune come risultato di gestione di tali soggetti anziché come
proventi dei servizi.
La seconda categoria accoglie i proventi dei beni dell'ente. I beni appartenenti ai comuni, come
vedremo più dettagliatamente nel capitolo dedicato al conto del patrimonio, possono essere
classificati, a seconda del loro regime giuridico, in beni demaniali, beni del patrimonio indisponibile
e beni del patrimonio disponibile. I beni appartenenti al demanio dei comuni, individuati
dall'art.824 del codice civile, sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di
terzi se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano.
Fanno parte invece del patrimonio indisponibile dei comuni gli edifici agli stessi appartenenti e
destinati a sede di uffici pubblici, con i loro arredi, e gli altri beni destinati ad un pubblico servizio.
Tali beni non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che
li riguardano.
Infine i beni del patrimonio disponibile sono soggetti alle norme di diritto comune in quanto i
comuni ne possono disporre alla stessa stregua degli altri soggetti. In conseguenza del diverso
regime giuridico cui sono soggetti, è proprio da questa tipologia di beni, definiti quindi anche
fruttiferi, che i comuni traggono i maggiori proventi derivanti dalla gestione dei loro beni. Non è
escluso comunque che anche le altre tipologie di beni possano produrre proventi diretti, in
particolare mediante l'istituto della concessione.
Nella terza categoria trovano allocazione gli interessi su anticipazioni e crediti. In questa categoria
devono quindi essere iscritti gli interessi che l'ente percepisce in relazione ad anticipazioni e crediti
concessi a terzi. La fattispecie sicuramente più frequente è quella derivante dai rapporti con aziende
speciali o altri soggetti a partecipazione comunale nei cui confronti possono essere concesse
anticipazioni. Gli interessi su crediti potrebbero invece nascere da dilazioni di pagamento concesse
a vari soggetti.
Nella quarta categoria sono iscritti gli utili netti delle aziende partecipate e i dividendi di società.
Per quanto riguarda questa voce, si dovrà fare riferimento alla specifica normativa esistente
relativamente alla diversa natura giuridica di tali soggetti.
In particolare, per quanto riguarda le società per azioni, l'art.2350 del codice civile stabilisce il
principio generale del diritto agli utili da parte dei soci prevedendo che ogni azione attribuisca il
diritto ad una parte proporzionale degli utili netti, salvi i diritti stabiliti a favore di speciali categorie
di azioni.
L'art.2430 prevede che dagli utili netti annuali deve essere dedotta una somma corrispondente
almeno alla ventesima parte di essi per costituire una riserva, fino a che questa non abbia raggiunto
il quinto del capitale sociale. La riserva deve inoltre essere reintegrata se viene diminuita per
qualsiasi ragione.
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Il successivo art.2433 stabilisce invece la disciplina della distribuzione degli utili. L'assemblea che
approva il bilancio delibera anche sulla distribuzione degli utili ai soci.
Non possono essere pagati dividendi sulle azioni, se non per utili realmente conseguiti e risultanti
dal bilancio regolarmente approvato. Se si verifica una perdita del capitale sociale, non può farsi
luogo a ripartizione di utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura
corrispondente. I dividendi erogati in violazione delle disposizioni di cui sopra non sono però
ripetibili se i soci li hanno riscossi in buona fede in base a bilancio regolarmente approvato, da cui
risultano utili netti corrispondenti.
Per quanto riguarda le società a responsabilità limitata, come stabilito dall'art.2492 del codice civile,
salvo diversa disposizione contenuta nell'atto costitutivo, la ripartizione degli utili ai soci è fatta in
proporzione delle rispettive quote di conferimento. La disciplina vista in precedenza per le s.p.a.,
relativamente alla distribuzione degli utili ed alla riserva legale, è applicabile anche alle s.r.l.
La quinta categoria accoglie infine i proventi diversi. Si tratta, evidentemente, di una categoria
residuale nella quale dovranno essere iscritte tutte le entrate correnti non appartenenti ad altre
categorie specifiche.
Titolo IV - Entrate derivanti da alienazioni, da trasferimenti di capitale e da riscossioni di crediti.
Il quarto titolo accoglie diverse ed eterogenee tipologie di entrate in conto capitale, costituite da
quelle derivanti dall'alienazione di beni patrimoniali di proprietà dell'ente, dai trasferimenti in conto
capitale effettuati a favore dell'ente da parte di soggetti diversi quali lo Stato, la Regione ed altri enti
del settore pubblico ed altri soggetti e dalla riscossione di crediti concessi a favore di terzi.
La prima categoria accoglie le entrate derivanti dalla alienazione di beni patrimoniali. In particolare
si tratta, oltre che di beni mobili, di valori mobiliari, e, soprattutto, di beni immobili appartenenti al
patrimonio disponibile.
Nella seconda categoria sono iscritti i trasferimenti di capitale dallo Stato. I principi fondamentali in
materia di finanza locale, contenuti nell’art.149 del Testo Unico sull’ordinamento degli enti locali,
approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, individuano fra gli elementi costitutivi
della finanza locale anche le risorse per investimenti. Quanto ai trasferimenti dello Stato finalizzati
al finanziamento degli investimenti dei Comuni, l'art.149 stabilisce che la legge determini un fondo
nazionale ordinario per contribuire ad investimenti degli enti locali destinati alla realizzazione di
opere pubbliche di preminente interesse sociale ed economico. Inoltre, sempre con legge statale,
deve essere determinato un fondo speciale per finanziare, con criteri perequativi, gli investimenti
destinati alla realizzazione di opere pubbliche unicamente in aree o per situazioni definite dalla
legge statale. Lo Stato può inoltre trasferire ai Comuni risorse finalizzate al finanziamento di spese
di investimento previste da leggi statali settoriali. In questo caso la distribuzione avviene sulla base
di programmi regionali.
Nella terza categoria trovano allocazione i trasferimenti di capitale dalla regione. Riguardo ai
trasferimenti regionali, l'art.149 del Testo Unico sull’ordinamento degli enti locali, approvato con
decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267 prevede che le Regioni concorrano al finanziamento degli
enti locali per la realizzazione del piano regionale di sviluppo e dei programmi di investimento,
assicurando la copertura finanziaria degli oneri necessari all'esercizio di funzioni trasferite o
delegate.
Nella quarta categoria sono iscritti i trasferimenti di capitale da altri enti del settore pubblico, fra i
quali si richiamano, a titolo esemplificativo, le province, le città metropolitane, i comuni e le unioni
di comuni, le comunità montane, le aziende sanitarie ed ospedaliere e le aziende di pubblici servizi.
Nella quinta categoria sono iscritti i trasferimenti di capitale da soggetti diversi rispetto allo Stato,
alle Regioni ed agli altri enti del settore pubblico.
Infine nella sesta categoria vengono iscritte le entrate provenienti dalla riscossione di crediti
eventualmente concessi dall'ente a soggetti terzi.
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Titolo V - Entrate derivanti da accensioni di prestiti.
Le entrate derivanti da accensioni di prestiti si suddividono in quattro diverse categorie:
1^ Anticipazioni di cassa;
2^ Finanziamenti a breve termine;
3^ Assunzioni di mutui e prestiti;
4^ Emissione di prestiti obbligazionari.
La prima categoria accoglie le entrate provenienti da anticipazioni di cassa.
L'art.222 del T.U. prevede che il tesoriere conceda all'ente locale anticipazioni di tesoreria
finalizzate a fronteggiare momentanee difficoltà di cassa derivanti dallo sfasamento temporale nella
effettuazione dei pagamenti rispetto alla realizzazione dei flussi di riscossione delle entrate.
L'anticipazione deve essere richiesta dall'ente (servizio finanziario), corredata da apposita
deliberazione dell'organo esecutivo e non può essere di importo superiore ai tre dodicesimi delle
entrate correnti (primi tre titoli) accertate nel penultimo anno precedente.
Il tesoriere concede l'anticipazione in mancanza di fondi non vincolati dell'ente nella contabilità
speciale presso la tesoreria provinciale dello Stato e dovrà provvedere ad estinguere l'anticipazione
stessa non appena verranno acquisiti introiti dell'ente non soggetti a vincolo di destinazione.
Anche se l’art.222 non richiama esplicitamente questo obbligo del tesoriere, la norma, recata dal
d.m. 26 luglio 1985, n.4 in materia di tesoreria unica, è comunque da ritenersi in vigore, in quanto
non abrogata e non contrastante con alcuna disposizione del testo unico, ma, anzi, indirettamente
confermata dall’art.209, comma 2, ai sensi del quale il tesoriere esegue le operazioni legate alla
gestione finanziaria dell’ente locale nel rispetto della legge 29 ottobre 1984, n.720 e successive
modificazioni. Il d.m. sopra citato contiene, infatti, le norme di attuazione del sistema di tesoreria
unica di cui alla legge 720/1984.
Le modalità di accensione ed estinzione delle anticipazioni in relazione alla disponibilità di fondi
non vincolati presso la tesoreria provinciale dello Stato, assumono particolare rilievo in rapporto
alla decorrenza degli interessi addebitati dal tesoriere. Il secondo comma dell'art.222, infatti, nel
disporre che tali interessi decorrano dall'effettivo utilizzo delle somme, esclude che possano essere
addebitati all'ente interessi in presenza di fondi liberi presso la tesoreria dello Stato in quanto in tale
situazione il tesoriere non dovrà accendere l'anticipazione o, se già in essere, dovrà procedere alla
sua estinzione. Le modalità operative devono invece essere oggetto di convenzione.
La corrispondente entrata viene iscritta nella presente categoria e trova corrispondenza con
l'analoga voce relativa alla restituzione dell'anticipazione nell'intervento n.1 del titolo terzo della
spesa.
Nella seconda categoria vengono iscritte le entrate relative a finanziamenti a breve termine e si
riferisce quindi ad eventuali accensioni di prestiti a breve termine e ad aperture di credito concesse
da istituti di credito.
Per quanto riguarda le categorie 3^ (Assunzione di mutui e prestiti) e 4^ (Emissione di prestiti
obbligazionari) si ricorda che il ricorso all'indebitamento è disciplinato dal capo II del titolo IV del
T.U.. In particolare l’art.202 prevede che le forme di indebitamento alle quali l’ente locale può fare
ricorso siano stabilite dalle leggi vigenti. Le entrate rinvenienti dall’assunzione dei prestiti hanno
sempre destinazione vincolata e non possono quindi essere utilizzate per finalità diverse da quelle
per le quali i prestiti vennero assunti.
L’utilizzo inoltre deve sempre essere finalizzato alla realizzazione di investimenti o al
finanziamento di debiti fuori bilancio ai sensi dell’art.194.
L'attivazione delle fonti di finanziamento derivanti dal ricorso all'indebitamento è sottoposta ad
alcune condizioni. Infatti è possibile adottare le relative deliberazioni soltanto se si è già approvato
il rendiconto dell'esercizio del penultimo anno precedente rispetto a quello in cui si intende
deliberare il ricorso a forme di indebitamento e si è già approvato il bilancio annuale nel quale sono
incluse le relative previsioni.
Ove si rendesse necessario attuare nuovi investimenti non previsti nel bilancio annuale, o variare
quelli già in atto, l'organo consiliare dovrà quindi adottare un'apposita variazione al bilancio
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annuale. Inoltre dovranno essere modificati anche il bilancio pluriennale e la relazione previsionale
e programmatica per la copertura degli oneri derivanti dall'indebitamento e per la copertura delle
spese di gestione delle opere da realizzare.
Un altro limite fondamentale cui è soggetto il ricorso all'indebitamento, riguarda un aspetto
quantitativo. E' possibile infatti deliberare nuovi mutui soltanto se l'importo annuale dei relativi
interessi passivi sommato a quello dei mutui precedentemente contratti ed a quello derivante da
garanzie fidejussorie prestate, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi, non sia
superiore al 25% delle entrate iscritte nei primi tre titoli, relative al penultimo anno precedente
rispetto a quello in cui viene deliberata l'assunzione del mutuo. Per gli enti locali di nuova
istituzione, che non possono avere quindi un termine di riferimento nel rendiconto del penultimo
esercizio precedente, si dovrà fare riferimento, per i primi due anni, ai corrispondenti dati finanziari
del bilancio di previsione.
Il limite previsto dall’articolo in esame, peraltro recepito dalla previgente normativa, non presenta
aspetti di effettiva significatività, sia per il riferimento al penultimo esercizio precedente, che
costituisce un riferimento temporale troppo remoto, sia, e soprattutto, per la percentuale delle
entrate correnti individuata come limite quantitativo degli oneri finanziari. Il venticinque per cento
delle entrate correnti costituisce, infatti, parametro altamente irreale che ben difficilmente un ente
può anche soltanto avvicinare senza incorrere in consistenti rischi di dissesto finanziario.
Se la norma è finalizzata, quindi, ad imporre agli enti locali comportamenti orientati ad una sana
gestione finanziaria attraverso una effettiva limitazione dell’indebitamento, la soglia del venticinque
per cento appare priva di significatività e tale da non fornire alcuna garanzia di equilibrio.
L’assunzione di mutui costituisce, storicamente, la principale forma di ricorso all'indebitamento.
Rispetto alle opere e lavori finanziati mediante assunzione di mutui, la regola generale che impone
che ogni spesa presenti la rispettiva copertura finanziaria, vale a dire che, nel momento in cui si
assume il relativo impegno di spesa, esistano i mezzi finanziari per farvi fronte, si traduce,
concretamente, nel divieto di affidamenti di lavori, forniture o servizi, finanziati con mutuo, prima
che siano intervenuti la formale concessione del mutuo (in presenza di mutuo da assumere nei
confronti della Cassa Depositi e Prestiti), o la stipula del relativo contratto (in caso di contratto da
assumere nei confronti di altri Istituti di credito).
Inoltre, se una quota di spesa è finanziata con mezzi propri, sarà necessario stanziare in bilancio le
relative risorse ed attestare la copertura finanziaria anche per tale quota.
La procedura per l'assunzione dei mutui è differenziata a seconda dei diversi soggetti mutuanti
(Cassa Depositi e Prestiti, INPDAP, Istituto per il Credito Sportivo, Banca Europea degli
Investimenti -BEI).
Oltre che con i soggetti di cui sopra, i Comuni possono contrarre mutui anche con gli altri istituti di
credito. In questo caso, però, l'art.204 pone alcune clausole obbligatorie e condizioni. Innanzitutto
la stipula deve avvenire, a pena di nullità, in forma pubblica. In secondo luogo devono essere
rispettate le seguenti condizioni:
- l'ammortamento non può avere una durata inferiore ai dieci anni;
- la decorrenza dell'ammortamento deve essere fissata al primo gennaio dell'anno successivo a
quello della stipula del contratto; su richiesta dell’ente gli istituti di credito sono però tenuti a far
decorrere l’ammortamento dal primo gennaio del secondo anno successivo;
- unitamente alla prima rata di ammortamento del mutuo cui si riferiscono devono essere
corrisposti gli eventuali interessi di preammortamento, gravati degli ulteriori interessi, al
medesimo tasso, decorrenti dalla data di inizio dell'ammortamento e sino alla scadenza della
prima rata;
- deve essere indicata la natura della spesa da finanziare con il mutuo e, ove necessario, avuto
riguardo alla tipologia dell'investimento, dato atto dell'intervenuta approvazione del progetto
esecutivo, secondo le norme vigenti;
- deve essere rispettata la misura massima del tasso di interesse applicabile ai mutui, determinato
periodicamente dal Ministero del Tesoro con proprio decreto.
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Quanto alle modalità di utilizzo delle risorse finanziarie rinvenienti dall’assunzione dei mutui, è
stabilito che l’istituto di credito eroghi le somme sulla base dei documenti giustificativi di spesa o
degli stati di avanzamento dei lavori. Inoltre i titoli di spesa non possono essere pagati dal tesoriere
se privi di un’apposita dichiarazione dell’ente che attesti il rispetto delle modalità di utilizzo sopra
citate.
Un'altra forma di indebitamento è costituita dall'emissione di prestiti obbligazionari. La facoltà, per
gli enti locali, di attivare prestiti obbligazionari è prevista dall'art.205. La relativa disciplina è recata
dalla legge 23 dicembre 1994, n.724 alla quale si rimanda quindi per ulteriori dettagli.
Innanzitutto, come per l'assunzione di mutui, anche l'emissione di prestiti obbligazionari deve
essere finalizzata al finanziamento di investimenti non essendo consentito in tale forma finanziare
spese correnti.
In secondo luogo, oltre ai limiti quantitativi già visti in materia di mutui, l'emissione di prestiti
obbligazionari è subordinata alle seguenti condizioni: l'Ente deve aver conseguito un avanzo di
amministrazione nei conti consuntivi relativi all'ultimo ed al penultimo esercizio precedente quello
di emissione; l'Ente deve aver interamente ripianato gli eventuali disavanzi di gestione dei servizi
pubblici gestiti a mezzo di aziende, nonché gli eventuali disavanzi di consorzi per la quota a carico
dell'Ente stesso, sempre con riferimento all'ultimo ed al penultimo esercizio precedenti; deve essere
stato deliberato il bilancio di previsione dell'esercizio in cui è prevista l'emissione del prestito.
Gli Enti locali non devono inoltre trovarsi in situazione di dissesto finanziario o in condizioni
strutturalmente deficitarie. L’art.37 della legge 724/1994 ammette però, al riguardo, una deroga a
condizione che l’Ente sia in avanzo di amministrazione nell’ultimo e nel penultimo esercizio e che
siano stati ripianati i disavanzi delle aziende dell’Ente ed il consuntivo dell’ultimo e del penultimo
esercizio.
Nel rispetto delle condizioni di cui sopra l'Ente può procedere all'emissione di prestiti
obbligazionari per un ammontare non superiore alla spesa risultante dal progetto esecutivo cui fa
riferimento, per le opere pubbliche, o al valore riconosciuto dall'ufficio tecnico dell'Ente per le altre
tipologie di investimento.
Se l'investimento è finanziato anche con altre risorse, queste ultime devono essere dettagliatamente
indicate nella deliberazione di emissione del prestito.
Gli interessi, ovviamente, concorrono, come abbiamo già visto, alla determinazione del limite di
indebitamento dell'Ente. La durata del prestito non può essere inferiore ai cinque anni.
Le obbligazioni emesse possono essere anche convertibili in azioni di società per azioni possedute
dall'Ente. In questo caso nella deliberazione di emissione devono essere però indicate le modalità
stabilite per la conversione.
Gli interessi possono essere corrisposti, con cedole annue, semestrali o trimestrali, sia a tasso fisso
che a tasso variabile. Il rendimento effettivo, al lordo di imposta, per i sottoscrittori del prestito non
può essere superiore, al momento della emissione, al rendimento lordo dei titoli di Stato di pari
durata emessi nel mese precedente maggiorato di un punto percentuale.
Il prestito può essere estinto anticipatamente solo mediante l'utilizzo di proventi da alienazioni di
cespiti patrimoniali disponibili effettivamente realizzati.
Per il collocamento del prestito gli enti locali si avvalgono di intermediari finanziari autorizzati.
L'Ente creditizio rappresenta i creditori nei confronti dell’ente. Pertanto l’ente versa alla banca i
fondi occorrenti per il pagamento delle cedole al netto delle ritenute fiscali e la banca procede al
pagamento a favore dei sottoscrittori.
Le obbligazioni emesse possono essere acquistate dall’ente soltanto con economie di bilancio.
L'utilizzo delle somme è simile a quanto stabilito in materia di mutui, in quanto, anche in questo
caso, avviene sulla base di documenti giustificativi della spesa o di stati di avanzamento dei lavori.
I mutui ed i prestiti obbligazionari contratti dagli enti locali possono essere garantiti da delegazioni
di pagamento rilasciate a valere sulle entrate afferenti i primi tre titoli del bilancio annuale. L'atto di
delega, che non è soggetto ad accettazione, deve essere notificato al Tesoriere dell'Ente e costituisce
titolo esecutivo.
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Titolo VI – Servizi per conto di terzi.
Le entrate e le spese da servizi per conto di terzi sono costituite da tutte quelle voci che
rappresentano, per l'ente, al tempo stesso un'entrata ed una spesa, quali somme che vengono
corrisposte da terzi a fronte di spese sostenute, o che verranno sostenute, dall'ente. Si tratta in
particolare delle ritenute previdenziali ed assistenziali al personale, delle ritenute erariali, di altre
ritenute effettuate al personale per conto di terzi, dei depositi cauzionali, delle anticipazioni di fondi
per il servizio economato, ed in generale, di tutte le entrate e le spese sostenute per conto di terzi.
In sostanza, per poter qualificare una spesa, o un’entrata, come relativa a servizi per conto terzi
devono verificarsi due condizioni. Innanzitutto la spesa, o l’entrata, deve essere relativa a
movimenti finanziari che siano attuati per conto di terzi; in secondo luogo è necessario che la causa
che ha originato il movimento finanziario produca, al tempo stesso, un debito ed un credito per
l’ente.
Non risulta sempre agevole individuare l’esistenza delle due condizioni sopra citate e pertanto è
possibile rinvenire, nei bilanci degli enti locali, poste incluse fra i servizi per conto di terzi che,
talora, presentano non pochi aspetti problematici relativamente alla loro classificazione. E’ infatti
abbastanza diffusa la tendenza ad includere fra i servizi per conti di terzi molte poste riferite a
somme che pareggiano nel loro ammontare, fra entrata e spesa, a prescindere dalla natura delle
cause che hanno prodotto i movimenti finanziari. In questo senso la nuova denominazione assegnata
al titolo sesto delle entrate ed al titolo quarto delle spese ha sicuramente contribuito a chiarire alcuni
aspetti problematici. Come è noto, infatti, prima dell’entrata in vigore della riforma
dell’ordinamento contabile e finanziario degli enti locali, i due titoli in esame erano denominati
“Partite di giro”. Tale denominazione, che non faceva alcun riferimento alla natura effettiva dei
movimenti finanziari, ha generato non pochi dubbi interpretativi in quanto sembrava prescindere
dall’aspetto fondamentale che, come abbiamo visto, consiste nella estraneità dei movimenti rispetto
ai servizi dell’ente, vale a dire nella circostanza che i movimenti stessi si riferiscano a servizi attuati
per conto di terzi soggetti.
Rispetto a queste voci, l’art.168, stabilisce che, sia in sede previsionale che nella registrazione degli
accertamenti di entrata e degli impegni di spesa, debba essere assicurata la coincidenza fra entrate e
spese.
Infine le entrate e le spese per servizi per conto di terzi sono articolate soltanto in capitoli.
6) Le spese
Per quanto riguarda la parte spesa, i titoli individuano come segue i diversi principali aggregati
economici:
Titolo I Spese correnti
Titolo II Spese in conto capitale
Titolo III Spese per rimborso di prestiti
Titolo IV Spese per servizi per conto di terzi
I primi due titoli sono inoltre suddivisi in funzioni in relazione alle funzioni degli enti. Ogni
funzione è poi articolata in servizi in relazione ai singoli uffici che gestiscono un complesso di
attività
Per meglio comprendere il significato di questa articolazione in servizi dobbiamo però fare
riferimento anche ai commi 8° e 9° del medesimo art.7 che prevedono, rispettivamente, che a
ciascun servizio sia correlato un reparto organizzativo, semplice o complesso, composto da persone
e mezzi, cui è preposto un responsabile; inoltre a ciascun servizio è affidato, col bilancio di
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previsione, un complesso di mezzi finanziari, specificati negli interventi assegnati, del quale
risponde il responsabile del servizio.
Il servizio pertanto non individua soltanto una articolazione del bilancio, ma ha anche un contenuto
organizzativo individuando un reparto, semplice o complesso, al quale vengono affidati mezzi
finanziari specifici ed al quale è preposto un responsabile. Il servizio, inoltre, come detto, può
essere semplice o complesso. In tale ultimo caso deve essere ulteriormente articolato, dal punto di
vista organizzativo, in centri di costo; tale articolazione, però, come vedremo, non viene effettuata
attraverso il bilancio di previsione, ma con un altro documento denominato piano esecutivo di
gestione.
L'articolazione dei primi due titoli della spesa in funzioni e servizi, è definita come segue, dal d.P.R.
194/96:
01) Funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo:
01) organi istituzionali, partecipazione e decentramento;
02) segreteria generale, personale e organizzazione;
03) gestione economica, finanziaria, programmazione,
provveditorato e controllo di gestione;
04) gestione delle entrate tributarie e servizi fiscali;
05) gestione dei beni demaniali e patrimoniali;
06) ufficio tecnico;
07) anagrafe, stato civile, elettorale, leva e servizio statistico;
08) altri servizi generali;
02) funzioni relative alla giustizia:
01) uffici giudiziari;
02) casa circondariale e altri servizi;
03) funzioni di polizia locale
01) polizia municipale;
02) polizia commerciale;
03) polizia amministrativa;
04) funzioni di istruzione pubblica:
01) scuola materna;
02) istruzione elementare;
03) istruzione media;
04) istruzione secondaria superiore;
05) assistenza scolastica, trasporto, refezione e altri servizi;
05) funzioni relative alla cultura ed ai beni culturali:
01) biblioteche, musei e pinacoteche;
02) teatri, attività culturali e servizi diversi nel settore culturale;
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06) funzioni nel settore sportivo e ricreativo:
01) piscine comunali;
02) stadio comunale, palazzo dello sport ed altri impianti;
03) manifestazioni diverse nel settore sportivo e ricreativo;
07) funzioni nel campo turistico:
01) servizi turistici;
02) manifestazioni turistiche;
08) funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti:
01) viabilità, circolazione stradale e servizi connessi;
02) illuminazione pubblica e servizi connessi;
03) trasporti pubblici locali e servizi connessi;
09) funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell'ambiente:
01) urbanistica e gestione del territorio;
02) edilizia residenziale pubblica locale e piani di edilizia
economico-popolare;
03) servizi di protezione civile;
04) servizio idrico integrato;
05) servizio smaltimento rifiuti;
06) parchi e servizi per la tutela ambientale del verde, altri
servizi relativi al territorio ed all'ambiente;
10) funzioni nel settore sociale:
01) asili nido, servizi per l'infanzia e per i minori;
02) servizi di prevenzione e riabilitazione;
03) strutture residenziali e di ricovero per anziani;
04) assistenza, beneficenza pubblica e servizi diversi alla
persona;
05) servizio necroscopico e cimiteriale;
11) funzioni nel campo dello sviluppo economico:
01) affissioni e pubblicità;
02) fiere, mercati e servizi connessi;
03) mattatoio e servizi connessi;
04) servizi relativi all'industria;
05) servizi relativi al commercio;
06) servizi relativi all'artigianato;
07) servizi relativi all'agricoltura;
12) funzioni relative a servizi produttivi:
01) distribuzione gas;
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02) centrale del latte;
03) distribuzione energia elettrica;
04) teleriscaldamento;
05) farmacie;
06) altri servizi produttivi.
Ogni servizio, come sopra individuato, viene quindi successivamente disaggregato in interventi in
base alla natura economica dei fattori produttivi di ciascun servizio. Tale ultima articolazione
costituisce l'unità elementare, per la parte spesa, del bilancio di previsione e determina quindi il
livello di maggior dettaglio presente nella attività di programmazione del Consiglio comunale.
Gli interventi, definiti dal d.P.R. 194/96, sono differenziati per i diversi titoli e riguardano soltanto i
primi tre titoli della spesa.
1) Interventi titolo I - spese correnti:
01) personale;
02) acquisto di beni di consumo e/o di materie prime;
03) prestazioni di servizi;
04) utilizzo di beni di terzi;
05) trasferimenti;
06) interessi passivi e oneri finanziari diversi;
07) imposte e tasse;
08) oneri straordinari della gestione corrente;
09) ammortamenti di esercizio;
10) fondo svalutazione crediti;
11) fondi di riserva.
2) Interventi titolo II - Spese in conto capitale:
01) acquisizione di beni immobili;
02) espropri e servitù onerose;
03) acquisto di beni specifici per realizzazioni in economia;
04) utilizzo di beni di terzi per realizzazioni in economia;
05) acquisizione di beni mobili, macchine ed attrezzature tecnico-scientifiche;
06) incarichi professionali esterni;
07) trasferimenti di capitale;
08) partecipazioni azionarie;
09) conferimenti di capitale;
10) concessioni di crediti e anticipazioni.
3) Interventi titolo III - Spese per rimborso di prestiti:
01) rimborso per anticipazioni di cassa;
02) rimborso di finanziamenti a breve termine;
03) rimborso di quota capitale di mutui e prestiti;
04) rimborso di prestiti obbligazionari;
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05) rimborso di quota capitale di debiti pluriennali.
E' da notare infine che il 6° titolo dell'entrata ed il 4° titolo della spesa, relativi ai servizi per conto
di terzi, presentano una articolazione differenziata rispetto agli altri titoli. In particolare non
vengono disaggregati in categorie e risorse per le entrate, nè in funzioni, servizi ed interventi per le
spese, ma soltanto in capitoli.
Tali capitoli, anch'essi individuati dal d.P.R. 194/96, sono i seguenti
Entrate - Titolo VI Servizi per conto di terzi:
01) ritenute previdenziali e assistenziali al personale;
02) ritenute erariali;
03) altre ritenute al personale per conto di terzi;
04) depositi cauzionali;
05) rimborso spese per servizi per conto di terzi;
06) rimborso di anticipazione di fondi per il servizio economato
07) depositi per spese contrattuali.
Spese - Titolo IV Servizi per conto di terzi:
01) ritenute previdenziali e assistenziali al personale
02) ritenute erariali;
03) altre ritenute al personale per conto di terzi;
04) restituzione di depositi cauzionali;
05) spese per servizi per conto di terzi;
06) anticipazione di fondi per il servizio economato
07) restituzione di depositi per spese contrattuali.
Inoltre il bilancio di previsione, per la parte spesa, segue anche una ulteriore e diversa articolazione.
Deve infatti essere consentita la lettura anche per programmi dei quali deve inoltre essere fatta
analitica illustrazione in apposito quadro di sintesi del bilancio stesso e nella relazione previsionale
e programmatica.
Il programma è definito dall'art.165, comma 7, del T.U., come un complesso coordinato di attività,
anche normative, relative alle opere da realizzare e di interventi diretti ed indiretti, non
necessariamente solo finanziari, per il raggiungimento di un fine prestabilito, nel più vasto piano
generale di sviluppo dell'ente. Ogni programma può essere ricompreso all'interno di una sola
funzione, ma può anche rivestire un carattere interfunzionale coinvolgendo quindi più funzioni
diverse.
Attraverso la lettura per programmi si può quindi riclassificare il bilancio in funzione degli obiettivi
programmatici dell'ente e definire il quadro complessivo di risorse specificamente dedicate al
perseguimento dei vari obiettivi definiti dall'ente.
7) Il contenuto del bilancio
Quella che abbiamo sinteticamente riepilogato, costituisce quindi l'articolazione del bilancio di
previsione in senso, per così dire, orizzontale. Si tratta cioè della disaggregazione dei dati di
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bilancio rispetto a diverse tipologie di entrata e di spesa. Ma quali sono i dati di bilancio che devono
essere articolati ed esposti secondo la struttura sopra riepilogata?
Innanzitutto devono essere esposti gli accertamenti o gli impegni, a seconda che ci si riferisca alle
entrate o alle spese, che risultano dal rendiconto relativo al penultimo esercizio precedente a quello
di riferimento.
In secondo luogo devono essere riportate le previsioni aggiornate relative all'anno in corso. Si tratta
quindi non delle previsioni iniziali contenute nel relativo bilancio di previsione, ma di quelle
aggiornate in base alle variazioni intervenute nel corso dell'esercizio. Non può ancora parlarsi di
previsioni definitive in quanto il bilancio di previsione, secondo la naturale scadenza stabilita dalla
legge 142/90, deve essere approvato entro il 31 ottobre dell'anno precedente a quello di riferimento,
quindi prima della chiusura dell'esercizio precedente. Ove il bilancio venisse predisposto ad
esercizio già iniziato, circostanza verificatasi abbastanza frequentemente negli anni passati, le
previsioni aggiornate corrisponderebbero, in effetti, con le previsioni definitive.
Infine devono essere esposte le entrate che si prevede di accertare e le spese che si prevede di
impegnare nel corso dell'esercizio di riferimento, vale a dire le previsioni di competenza
dell'esercizio di riferimento del bilancio. Le entrate e le spese previste per l'esercizio trovano quindi
comparazione con gli importi accertati ed impegnati nel penultimo esercizio precedente e con le
previsioni aggiornate dell'ultimo esercizio precedente (esercizio in corso) costituendo un trend
storico triennale utile per fornire una prima indicazione di attendibilità delle previsioni stesse.
Un'ultima annotazione rispetto alla struttura del bilancio riguarda le entrate e le spese relative a
funzioni delegate dalla regione. Il comma 12 dell'art.165 del T.U. prevede infatti al riguardo, che il
bilancio di previsione recepisca, ai sensi dell'art.11, comma 3, della legge 19 maggio 1976, n.335, e
per quanto non contrasti con la normativa di cui allo stesso T.U., le norme recate dalle leggi delle
rispettive regioni di appartenenza per quanto concerne le entrate e le spese per funzioni delegate, al
fine di consentire la possibilità del controllo regionale sulla destinazione dei fondi assegnati agli
enti locali e l'omogeneità delle classificazioni di dette spese nei bilanci di previsione degli enti
rispetto a quelle contenute nei rispettivi bilanci di previsione regionali. Inoltre le entrate e le spese
per le funzioni delegate dalle regioni non possono essere collocate tra i servizi per conto di terzi.
Il problema posto da tale norma è stato risolto nell'ambito dei modelli di bilancio approvati con
d.P.R. 194/96 mediante un modello specifico costituito da un quadro analitico per funzioni, servizi
ed interventi delle spese per funzioni delegate.
Come abbiamo visto, con l'entrata in vigore del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n.77, poi
recepito nel T.U., il bilancio di previsione ha assunto una veste assai diversa rispetto al passato. Gli
aspetti che risultano maggiormente evidenti nella nuova struttura del bilancio di previsione che
abbiamo brevemente esaminato, sono sicuramente costituiti dalla maggiore sinteticità e rigidità.
Queste caratteristiche sono particolarmente evidenti per quanto riguarda la parte spesa. Infatti,
come abbiamo visto, l'unità elementare della spesa è ora costituita dall'intervento, articolazione
molto più aggregata rispetto al capitolo di bilancio, quale era definito dal d.P.R. 19 giugno 1979,
n.421.
La nuova unità elementare di bilancio, contrariamente al passato, è inoltre predefinita dalla
modulistica approvata con d.P.R. 31 gennaio 1996, n.194. In questo modo è possibile rispondere
all'esigenza del consolidamento dei conti pubblici, che costituisce una delle finalità della recente
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riforma dell'ordinamento contabile degli Enti locali, ed è inoltre possibile dare un contenuto di
maggiore leggibilità al bilancio di previsione soprattutto a vantaggio di soggetti esterni
all'Amministrazione.
Rispetto alla precedente struttura del bilancio di previsione vengono però penalizzati due importanti
aspetti. Il primo riguarda la funzione del bilancio come strumento di programmazione. Se teniamo
ben presente lo sviluppo logico del processo di programmazione, così come già esaminato nello
specifico capitolo, vediamo infatti che questo processo prende l'avvio dal documento di indirizzo
predisposto dal Sindaco ed approvato dal Consiglio. Questo documento contiene gli indirizzi
generali di governo che l'Amministrazione intende perseguire nel corso del suo mandato. Si tratta
quindi di un documento finalizzato alla individuazione degli indirizzi politici generali.
Il processo si sviluppa poi nella definizione dei programmi dell'Amministrazione. Questa fase si
svolge essenzialmente attraverso la predisposizione della relazione previsionale e programmatica
che consente, come abbiamo visto, l'individuazione di programmi generali e di progetti. Questi
programmi, però, non si esprimono in obiettivi di particolare dettaglio, ma costituiscono una sorta
di anello di congiunzione tra indirizzi politici e concrete politiche di attuazione. Potremmo dire, in
prima approssimazione, che traducono la politica in amministrazione e consentono quindi di passare
dagli indirizzi generali ai programmi e progetti.
I programmi definiti nella relazione previsionale e programmatica trovano poi la loro espressione
finanziaria nel bilancio pluriennale e nel bilancio annuale.
In passato il bilancio di previsione ha svolto, in parte, anche una funzione di programmazione di
dettaglio, tale era la sua articolazione in capitoli. Il bilancio di un Comune di medie dimensioni si
componeva di migliaia di capitoli il cui contenuto era di estrema specificazione rispetto alla
concreta destinazione delle risorse finanziarie in funzione degli utilizzi.
Ora il bilancio annuale, secondo la sua nuova articolazione, non può più costituire uno strumento di
programmazione di dettaglio in quanto le unità elementari che vi sono iscritte presentano un livello
di aggregazione incompatibile con tale funzione, rappresentando, in sostanza, la destinazione delle
risorse rispetto ai fattori della produzione. Ciò, peraltro, come abbiamo visto, risponde pienamente
alle specifiche competenze del Consiglio comunale, organo deputato all'approvazione del bilancio.
Senza l'istituzione di un nuovo documento il processo di programmazione sarebbe quindi rimasto
incompleto, privo della concreta individuazione della specifica destinazione delle risorse finanziarie
rispetto agli impieghi.
Il secondo aspetto pesantemente penalizzato nella nuova versione del bilancio di previsione
riguarda questo documento nella sua veste di strumento di gestione. La nuova articolazione del
bilancio, infatti, penalizzando in modo netto l'analiticità del documento, lo rende assai difficilmente
utilizzabile come strumento operativo per la gestione.
Quindi possiamo dire che la nuova articolazione del bilancio ha dato origine a queste due nuove
problematiche: la mancanza di uno strumento di programmazione di dettaglio e di uno strumento di
gestione del bilancio. Queste esigenze devono quindi trovare una adeguata risposta in un nuovo
documento denominato appunto piano esecutivo di gestione (p.e.g.).
Mentre l'approvazione del bilancio annuale di previsione, come abbiamo visto, continua,
ovviamente, ad essere competenza del Consiglio comunale, il piano esecutivo di gestione deve
invece essere approvato dall'organo esecutivo. Ciò risponde alle diverse attribuzioni dei due organi.
Il Consiglio dell'Ente è infatti deputato alla definizione delle politiche generali, di indirizzo politico,
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mentre l'organo esecutivo ha il compito di definire le concrete politiche attuative degli indirizzi
espressi dal Consiglio e, come abbiamo visto, è proprio su questo terreno che opera il piano
esecutivo di gestione.
Attraverso questo documento l'organo esecutivo dà infatti un reale contenuto gestionale agli
indirizzi del Consiglio in materia di allocazione delle risorse nell'ambito dei diversi fattori
produttivi individuati dagli interventi, completando quindi quel processo di programmazione, cui
abbiamo accennato, con l'individuazione degli obiettivi di dettaglio, operativi, specifici per i vari
servizi.
In questo documento, obbligatorio solo per gli Enti con popolazione superiore ai 15.000 abitanti,
ma, come vedremo, utilmente adottabile da tutti gli Enti indistintamente, vengono infatti definiti,
prima dell'inizio dell'esercizio, gli obiettivi di gestione e le dotazioni necessarie da assegnare ai
responsabili dei servizi.
L'organo amministrativo deve quindi determinare gli obiettivi da perseguire nel corso dell'esercizio
in conformità agli indirizzi espressi dal Consiglio; deve individuare i responsabili dei vari servizi ed
infine deve attribuire gli obiettivi ai responsabili unitamente alle risorse necessarie per la gestione.
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