NOTAIO E CAPACITA’ DI INTENDERE E VOLERE. Un collega scrive su Legalforum: > Il notaio, anzi in realtà una notaia dalla voce giovane e pretenziosa,mi chiede il rilascio di un certificato da cui si evidenzi la piena capacità di intendere e volere di una mia paziente che si è rivolta a lei per un atto. > Alla gentile notaia dico che tale certificato non mi compete ed è inutile > in quanto la capacità di intendere e di volere appartiene a tutti i > maggiorenni che non sono stati interdetti e che quindi non ha senso > certificarla; la notaia mi risponde che quella di cui parlo è la capacità > di agire e che senza il mio certificato non può redigere l'atto di vendita > che la mia paziente deve fare. Risponde: Federico Torregiani Consulente Nazionale FIMMG Entrambi, tu ed il notaio, potreste essere in errore, nonostante entrambi abbiate ragioni da vendere; io credo che casi di questo tipo, per noi medici di famiglia, debbano essere risolti diversamente. Quando tu scrivi che "tale certificato non ti compete", sei in palese errore: a chi dovrebbe competere un tale tipo di certificazione, se non ad un medico? Così come è in errore il notaio ad affermare che senza tale certificato non può redigere l'atto; avrebbe dovuto dire che senza tale certificato non si fida a redigerlo, poiché ha paura di una possibile impugnazione dell'atto da parte di altri parenti od aventi diritto. Io credo che l'accertamento della capacità di intendere e di volere sia alla portata di qualsiasi medico, ma nello stesso tempo che esso richieda una precisa competenza specialistica, proprio ai fini per i quali il certificato viene richiesto. In questi casi non ha alcun senso scrivere e controfirmare la formuletta che necessita al notaio, ma è necessario specificare sul documento stesso attraverso quali modalità si è giunti a sottoscrivere tale certificazione. In caso contrario ha il valore di quei moduli di "consenso informato" in calce ai quali, senza spiegare nulla, si chiede la firma degli operandi; in caso di contenzioso contano meno della carta igienica e costituiscono, semmai, un motivo aggravante per un'eventuale condanna da parte di un giudice. Pertanto io evito sempre ed accuratamente di scontrarmi con notai ed avvocati, ma più che negare una mia certificazione, cerco di far capire al paziente la sua inutilità e la necessità, nei suoi interessi, di rivolgersi ad uno specialista psichiatra. Scrive Vincenzo Antinucci: > D'accordo sull'inutilita', ma se insistono non si potrebbe > somministrare al paz. un MMSE, che servirebbe da prova oggettiva, > conservarlo e quindi redigere il certificato, il tutto evidentemente > a pagamento? > Credo che il MMSE sia sufficiente riguardo la capacita' di intendere > e di volere. > Che ne dici? Il Mini Mental Test è uno degli esami che possono essere presi in considerazione nel caso in cui venga richiesto di certificare la capacità di intendere e volere. Il problema, in ogni caso, continua ad essere a monte, e cioè il medico di medicina generale, pur avendo la potestà di rilasciare tale tipo di certificazione, deve decidere autonomamente se farlo oppure se convincere il paziente che in questi casi è molto più tutelante per lui una perizia psichiatrica fatta da uno specialista del ramo. Ed io propendo sempre per questa seconda opzione. Federico Torregiani Consulente Nazionale FIMMG Scrive Diego Sabbi: > Scusa Federico ma io come Bruno dell'Aquila continuo allora a non > capire perchè se vado ad acquistare una macchina a rate il venditore > non pretenda lo stesso certificato! > Un maggiorenne è per definizione capace d'intendere (nel senso della > logica mi pare così) un notaio uno con difficoltà ad assumersi delle > responsabilità? Caro Diego, ogni giorno in Italia i notai rogano migliaia di atti, ma le richieste di questo tipo di certificazioni sono pochissime. Nel caso citato da Dell'Aquila credo che la richiesta sia riconducibile al fatto che il notaio era probabilmente a conoscenza del fatto che la paziente fosse in cura psichiatrica presso un Centro di Salute Mentale ... Federico Torregiani Consulente Nazionale FIMMG Settore Assistenza Primaria Questo significa che i notai chiedono che la capacità di intendere e di volere venga certificata solo quando pensano che questa capacità non ci sia. Mi sembra troppo comodo da parte loro. Bruno Dell'Aquila Roma Caro Bruno, sinceramente non capisco il tuo atteggiamento: cosa c'entra la "comodità" dei notai? Il notaio deve garantire la correttezza di un atto di fronte allo Stato ed ha il dovere, nell'interesse di tutti, di accertare la capacità di intendere e di volere di chi si rivolge a lui, che a volte non può essere data per scontata. Per cui è evidente che egli lo faccia solo quando pensa che essa possa non esserci. L'accertamento di questa capacità è di esclusiva pertinenza medica, per cui non credo che il notaio abbia molte altre alternative, se non richiedendo un giudizio scritto a noi medici ... Federico Torregiani Consulente Nazionale FIMMG Settore Assistenza Primaria Perchè a mio avviso il notaio dovrebbero chiedere una perizia e non un semplice certificato, oltretutto dando per scontato che il medico di medicina generale sia tenuto a farlo. Buon fine settimana Bruno Dell'Aquila Roma Se è così come ho trovato, è terribilmente complicato stabilire se uno ce l'ha, questa stramaledetta capacità ... Turno Gabbi Cuneo Federico Torregiani ha scritto: > Il problema, in ogni caso, continua ad essere a monte, e cioè il > medico di > medicina generale, pur avendo la potestà di rilasciare tale tipo di > certificazione, deve decidere autonomamente se farlo oppure se > convincere il > paziente che in questi casi è molto più tutelante per lui una perizia > psichiatrica fatta da uno specialista del ramo. > Ed io propendo sempre per questa seconda opzione. Cosa ne pensi della possibilita' di convincere il paziente a nominare un amministratore di sostegno in casi selezionati ? L´amministrazione di sostegno è una figura istituita con la Legge numero 6 del 9 gennaio 2004, a tutela di chi, pur avendo difficoltà nel provvedere ai propri interessi, non necessita comunque di ricorrere all'interdizione o all'inabilitazione. grazie Giorgio Lazzari Garbagnate Milanese (MI) Quella del 2004 è una Legge molto valida, ma purtroppo è poco conosciuta. Soprattutto è di difficile attuazione pratica, perchè spesso ci sono di mezzo i parenti, con i quali si rischia di scontrarsi. Nonostante il medico di famiglia spesso non abbia il tempo per occuparsi anche di questo tipo di problematiche, credo che essa sia giustamente da prendere in considerazione in casi selezionati. Federico Torregiani Consulente Nazionale FIMMG Settore Assistenza Primaria. Qui una trattazione completa della nuova figura. http://www.forumsalutementale.it/Amm.%20sostegno/txt_procedura.htm Leggo tra l'altro: "Molti soggetti sono legittimati a proporre azioni formali per promuovere l´amministrazione di sostegno. Due vi sono obbligati quando sono a conoscenza di una situazione che lo impone, il pubblico ministero e i responsabili dei servizi sanitari e sociali; tre altri soggetti ne hanno facoltà, i parenti, i conviventi stabili e l´interessato." Ed inoltre: "Essenziale è una esaustiva elencazione delle ragioni per cui si chiede l´amministrazione di sostegno, al fine di individuare i bisogni della persona beneficiaria e i compiti di sostituzione e di assistenza che dovrebbero essere attribuiti all´amministratore. Il ricorso perciò deve illustrare brevemente le infermità o menomazioni della persona eventualmente con il corredo di una documentazione sanitaria, spiegare che per effetto di esse la persona non può provvedere in tutto o in parte ai propri interessi di cura e di buona amministrazione patrimoniale, indicare con chi la persona vive e quale è la sua situazione patrimoniale e reddituale, proporre le attività di sostituzione o di assistenza che potrebbero essere attribuite all´amministratore. Il ricorso non va riempito con altri formalismi, perché sarà poi il giudice tutelare a richiedere le informazioni e a disporre gli accertamenti." Giorgio Lazzari Garbagnate Milanese (MI)