Verso quali orizzonti per la formazione degli Idr? Andrea Porcarelli Ai relatori intervenuti al Convegno abbiamo chiesto di aiutare il Servizio Nazionale Irc della CEI a “leggere” l’esperienza fatta in questi anni, nella particolare congiuntura storico-scolastica in cui si è collocata, per porre le basi del cammino che ci attende, con i piedi che poggiano saldamente sul nostro passato e lo sguardo puntato con decisione verso il futuro prossimo. Il cammino di questi anni ha visto un grande impegno nel cercare di seguire i grandi cambiamenti in atto nel mondo della scuola, cercando di stare “dentro” il processo di riforma, con lealtà nei confronti delle istituzioni, ma anche con attenzione alla specificità della disciplina che è chiamata ad una duplice fedeltà: al contesto scolastico in cui si colloca, alla propria identità di una disciplina che sa di essere portatrice di una tradizione, di valori e di una cultura che possono aiutare gli studenti a gettare uno sguardo nuovo sulla loro cultura e sulla loro vita, alla luce del Vangelo. In particolare ci è sembrato importante esplorare quattro dimensioni della formazione degli Idr, per fare il “punto” della situazione e procedere oltre. Da un lato è importante capire come ci si stia concretamente muovendo nelle diocesi e nelle regioni, quali sollecitazioni siano state colte con maggiore entusiasmo, che tipo di “cultura della formazione” stia prendendo forma sul territorio nazionale. L’obiettivo è indubbiamente elevato ed in questa fase è stato compiuto un primo passo in tale direzione, non tanto con la pretesa di dire fin da ora l’ultima parola su quanto si sta facendo, ma anzi per segnalare agli stessi Direttori degli uffici diocesani per l’Irc quanto sia importante fermarsi a riflettere sulle modalità e il senso di ciò che si sta facendo. Il contributo di Italo Fiorin (La formazione in servizio per l’Idr: quadro generale) ha da un lato aiutato a collocare le strategie formative messe in atto in questi ultimi anni nel più ampio quadro di un approccio di natura “riflessiva” allo sviluppo professionale dei docenti, su cui un contributo particolarmente significativo dovrebbe venire dai corsi sviluppati in collegamento con le istituzioni accademiche che promuovono percorsi “di eccellenza” con una funzione di tipo paradigmatico per ciò che anche altre istituzioni potrebbero fare e con la possibilità di disseminare materiali di qualità, grazie alla pubblicazione degli elementi culturali e pedagogici più significativi messi in campo per le azioni formative. Una prima analisi di alcune linee di tendenza messe in atto a livello diocesano è stata affidata a Sergio Cicatelli (Risultati della ricerca sui Corsi di aggiornamento diocesani), nella consapevolezza che lo strumento utilizzato in prima battuta – un questionario di rilevamento – offre la possibilità di individuare alcune prime variabili, anche molto significative, ma potrà essere utilmente integrato da altri strumenti di indagine, di natura più “qualitativa”, che consentiranno di approfondire la conoscenza di quanto si sta facendo, al fine di consentire al Servizio di predisporre strumenti di supporto sempre più utili ed efficaci. Il cuore di un percorso formativo, soprattutto per gli Insegnanti di Religione, non sta però nelle modalità concrete con cui viene realizzato, ma nell’anima culturale che lo genera e ne determina l’identità profonda. In tale prospettiva si intrecciano la dimensione teologica e quella pedagogica, soprattutto per la formazione dei formatori degli Idr. Da un lato, infatti, si tratta di persone adulte che si rendono disponibili a formare altri adulti, all’interno di un orizzonte in cui la dimensione spirituale e religiosa rappresenta l’ambiente culturale che dovrebbe permeare ogni azione formativa, per cui è necessario che ciascuno dei formatori sia aiutato a ripensare la propria “fede adulta” per generare anche nei colleghi un’analisi riflessiva del proprio agire professionale anche in tale ottica. Questo il senso “strategico” del contributo di Franco Giulio Brambilla (Dal Convegno di Verona “per” una fede adulta, pensata e testimoniata), ricco delle potenti suggestioni del recente Convegno ecclesiale di Verona. Non facile è il compito di tradurre le consapevolezze teologiche e culturali che in genere sono ben presenti a chi progetta e organizza la formazione degli Idr in 1 modelli pedagogici congruenti con le premesse culturali e antropologiche in cui dovrebbero radicarsi. Non è infrequente, come sottolinea l’intervento di Maria Teresa Moscato (La formazione degli Idr, una proposta che si rinnova) che tra i criteri di progettazione dei percorsi formativi prevalgano alcune “mode” passeggere del momento, comode perché largamente diffuse e facilmente attingibili, ma non sempre compatibili con un’antropologia ispirata al Vangelo. Nella prima metà del XX secolo insigni figure di pedagogisti cattolici hanno saputo proporre una sintesi “alta” tra le ricerche pedagogiche “di punta” del momento e lo sguardo sapienziale che su di esse poteva lanciare chi le leggeva alla luce di una cultura cristiana. Oggi viviamo probabilmente un momento di difficoltà in tal senso e capita spesso di limitare lo sguardo ad orizzonti più ristretti e questioni più marginali, ma vi è una forte “spinta interna” perché uomini e donne di buona volontà si facciano carico dell’importante compito di rigenerare uno sguardo pedagogico profondamente radicato nell’antropologia cristiana che sappia a sua volta illuminare la logica con cui vengono progettati i percorsi formativi. Anche su questa strada si possono compiere ulteriori passi, ma l’occasione di riflessione sul cammino fin qui compiuto che è stata offerta da questo Convegno può certamente rappresentare una tappa importante di tale cammino ed un punto di riferimento molto significativo per i prossimi passi da compiere. 2