Riccardo ANTONIUCCI Master 2 “Philosophie Contemporaine” École Normale Supérieure de Paris / École des Hautes Études en Sciences Sociales PROGETTO DI RICERCA DOTTORALE Il problema dell’esperienza nella filosofia di Michel Foucault: una ricerca trascendentale Si intende sondare l’opera di Michel Foucault (1926-1984) ricorrendo allo strumento concettuale, non direttamente “foucaultiano”, del “trascendentale”, inteso come il problema della determinazione delle condizioni di possibilità dell’esperienza. Il termine trascendentale, presente nei primi lavori del filosofo, benché sempre in un’accezione negativa, sembra in seguito scomparire dall’orizzonte delle ricerche di Foucault, sotto il peso di problemi più attuali e meno direttamente riconducibili nel novero delle questioni tradizionalmente ritenute proprie della filosofia. Ciononostante, nell’intenzione di aprire lo spazio per un’inchiesta che vada al di là della superficie del discorso foucaltiano, l’ipotesi che si vorrebbe formulare consiste nella possibilità di individuare per il pensiero di Foucault un piano di sviluppo propriamente “filosofico”, che agirebbe sullo sfondo rispetto agli oggetti espliciti delle sue ricerche, ma che, nondimeno, permetterebbe di restituire l’unitarietà di un’opera così multiforme e, per di più, segnata da brusche svolte. Si crede possibile acquisire una tale prospettiva proprio a partire da una ricostruzione dell’uso e dell’interpretazione della questione trascendentale da parte del filosofo. In via preliminare, si renderà necessaria una giustificazione della scelta di ricorrere alla nozione (e al problema) del “trascendentale”, che si è preferito rispetto ad altre formulazioni, pure meno problematiche nel discorso foucaltiano, come quella di “a priori storico”1 o, ancora, quella più tardiva di “ontologia storica”2. In primo luogo, il termine “trascendentale” sembra meglio degli altri permettere di inserire Foucault nella storia della filosofia, operazione che si ritiene necessaria al fine di apprezzare completamente la singolarità del pensiero di Foucault. In quest’ottica, sarà necessario stabilire la misura in cui il pensiero di Foucault risulti debitore delle formulazioni del trascendentale fornite da Kant, prima, e da Husserl, in seguito, e in che senso la sua ricerca possa considerarsi uno sviluppo di tale questione. In tale contesto, sarà molto importante determinare i caratteri della “metamorfosi” del termine “trascendentale”, parallela del resto alla metamorfosi del termine stesso di “esperienza”, en1 Termine che si ritrova nel celebre libro Les mots et les choses, Gallimard, Paris, 1966; tr. it. di E. Panaitescu, Le parole e le cose, Rizzoli, Milano, 1967. 2 Formulazione non meno paradossale, che Foucault menziona in occasione di una lettura del testo di Kant “Che cos’è l’Illuminismo?”. Cf. Qu’est-ce que les Lumières? (1984), in Dits et écrits, Gallimard, Paris, 20012, vol. II, t. 339. trambi i concetti finendo per perdere il loro (kantiano) radicamento gnoseologico a favore di un più vasto senso ontologico. È nell’ambito di una tale messa in prospettiva che sarà possibile apprezzare la “novità” del pensiero di Foucault. Si tratterà quindi di mettere in luce un “uso” foucaltiano del trascendentale, cioè la presenza di un modello di pensiero che rimane costante nella sua opera e che, in ultima istanza, ne costituisce il motore dello sviluppo. Questa prospettiva permette altresì una certa apertura della ricerca verso i lavori di contemporanei di Foucault che hanno tematizzato, più o meno esplicitamente, il trascendentale. Fra tutti, non si può fare a meno di citare l’«empirismo trascendentale» di Gilles Deleuze3, senza dimenticare il «kantismo senza soggetto trascendentale»4 di Claude Lévi-Strauss. Non è forse azzardato dire che, nel contesto della filosofia francese sviluppatasi fra gli anni Sessanta e Settanta, lo statuto della ricerca trascendentale e, con essa, lo statuto stesso della filosofia siano stati messi in questione, per trovare nuove formulazioni e nuove prospettive. Da questo punto di vista, la filosofia francese si colloca in una linea di derivazione diretta (ma una derivazione che è più dell’ordine della “deviazione” che della continuazione) con la filosofia tedesca XX secolo, e in particolare con la filosofia di Martin Heidegger, cui si deve la messa in movimento di questioni, come quella della differenza, che andranno a costituire la cifra della filosofia francese. L’idea di fondo del presente lavoro, perciò, si potrebbe riassumere alla possibilità di ricondurre l’intera opera foucaultiana, con le sue deviazioni e i suoi cambiamenti di passo, a una sola questione o, meglio, a un solo problema, in grado di rendere la necessità della ricerca filosofica di Foucault. Un problema di ordine teoretico, che agirebbe sullo sfondo dell’opera del filosofo e di cui le varie mutazioni della ricerca non sarebbero che tentativi, sempre incompleti, di “soluzione”. Sicché si otterrebbe, infine, il ritratto di una ricerca problematica, mai paga dei suoi risultati e tuttavia profondamente unitaria nel suo sviluppo. Attraverso un’analisi del suo intero percorso filosofico, ci si concentrerà sulla definizione dei rapporti che Foucault ha intrattenuto con l’opera di alcuni fra i maggiori filosofi occidentali moderni. È infatti passando per questo approccio storico-filosofico che, come si è detto, si ritiene possibile definire, in tutti i suoi aspetti, il problema foucaltiano delle condizioni di possibilità dell’esperienza. 3 Cf. Gilles Deleuze, Différence et répétition, PUF, Paris, 1969; tr. it. di G. Guglielmi, Differenza e ripetizione, Raffaello Cortina, Milano, 19972. 4 Formula che si deve in realtà a Paul Ricoeur, che la utilizza in maniera polemica nell’articolo sul libro di LéviStrauss, La pensée sauvage (Plon, Paris, 1962), articolo intitolato Structure et herméneutique, «Esprit», 1963, pp. 596627. A questo articolo fece seguito un dibattito fra Claude Lévi-Strauss e il «groupe philosophique» della rivista «Esprit» (tra cui Paul Ricœur): Autour de La Pensée sauvage. Réponses à quelques questions, «Esprit» novembre 1963. Il primo e più importante rapporto che si dovrà chiarire, allora, è senz’altro quello con la filosofia di Immanuel Kant. Il filosofo di Königsberg, del resto, a partire dalla tesi secondaria di dottorato del 1961, Génèse et structure de l’Anthropologie de Kant5, e fino al celebre intervento del 1984 su «Che cos’è l’Illuminismo»6, è stato un “interlocutore” diretto per Foucault. In effetti, il confronto con Kant è il luogo privilegiato della costituzione di un’interrogazione propriamente teoretica nell’opera foucaltiana. Foucault si interesserà soprattutto all’apporto del criticismo alla filosofia, e di conseguenza ai rapporti che una filosofia “critica” possa intrattenere con le altre discipline, prima fra tutte l’antropologia. In particolare, il riferimento a Kant sarà molto esplicito fino al 1966, anno di pubblicazione de Le parole e le cose7, e Foucault arriverà a sostenere perfino la necessità di una ripresa del criticismo (letto come separazione dell’empirico e del trascendentale), contro la deviazione, o meglio il dévoiement, che la filosofia successiva avrebbe operato. La questione del trascendentale, insomma, si pone, nell’opera di Foucault, in prima battuta nei termini di una discussione della filosofia kantiana. Per questa ragione la ricostituzione della lettura foucaltiana di Kant costituisce il vero punto di partenza della presente ricerca. L’interpretazione di Kant cui si è accennato, tuttavia, conduce necessariamente a indagare le principali letture che del criticismo si sono fatte nella filosofia occidentale moderna. È in questo modo che la fenomenologia, e in particolare il pensiero di Husserl, entra in questione nell’opera foucaltiana. Infatti, è proprio nella questione del trascendentale che è reperibile il nodo del rifiuto foucaltiano dell’approccio fenomenologico. Si tratta, fondamentalmente, di criticare l’operazione husserliana consistente, a detta di Foucault, a fondare la possibilità dell’esperienza sul postulato dell’esistenza di una coscienza originaria trascendentale, in un movimento, dunque, che tende a far precipitare la questione trascendentale su quella dell’origine. La critica foucaltiana della fenomenologia costituirà dunque il secondo campo di indagine. Il terzo terreno di ricerca, che si apre al confine e nella connessione dei primi due, è rappresentato dal rapporto del pensiero di Foucault con la filosofia di Martin Heidegger, specialmente quella del primo periodo. L’interpretazione heideggeriana di Kant, infatti, data nel Kantbüch8, ha innegabilmente influito sulla lettura di Foucault dell’opera kantiana, costituendo senz’altro la base della sua interpretazione del criticismo ma, allo stesso tempo, il documento di un uso fenomenologico del 5 La tesi secondaria di Foucault si componeva di un’introduzione e una traduzione dell’Antropologia dal punto di vista pragmatico di Kant. Diversamente dalla traduzione, l’introduzione è a lungo rimasta inedita. Se ne è avuta edizione solo recentemente: M. Foucault, «Introduction», in Immanuel Kant, Anthropologie du point de vue pragmatique, Vrin, Paris, 2009. Il testo è tradotto in italiano in Immanuel Kant, Antropologia dal punto di vista pragmatico, introduzione e note di Michel Foucault, Einaudi, Torino, 2010. 6 Michel Foucault, Qu’est-ce que les Lumières?, cit. 7 Michel Foucault, op. cit.; tr. it. cit. 8 Kant und das Problem der Metaphysik, Bonn, 1929; Vittorio Klostermann GmbH, Frankfurt am Mein, 1951 (2); tradotto in francese da A. de Waelhens et W. Biemel Kant et le problème de la métaphysique, Paris, Gallimard, 1953. trascendentale, che si tratta per Foucault di sorpassare. In particolare, nell’Introduzione all’Antropologia di Kant Foucault riprende esplicitamente l’idea heideggeriana secondo la quale la Critica si riassumerebbe a un tentativo di «instaurazione del fondamento della metafisica», instaurazione che verrebbe però «doppiata» da una fondazione antropologica, ciò che, per Foucault, contraddirebbe il gesto critico della separazione fra empirico e trascendentale. In questo frangente si tratterà di verificare l’ipotesi secondo la quale a fondamento della denuncia foucaltiana della confusione antropologica tra empirico e trascendentale si trovi un’analisi della concezione kantiana delle forme dell’interiorità (così come essa è esposta nell’Antropologia dal punto di vista pragmatico, ovvero nei termini di un rapporto fra le tre figure della Seele, del Geist e del Gemüt). Si tratterebbe, quindi, collocare già all’altezza del testo del 1961 di Introduzione all’antropologia di Kant un importante punto di snodo del pensiero di Foucault, in quanto l’analisi ivi condotta costituirebbe la condizione stessa della critica dell’antropologia che avrà luogo nei successivi lavori del filosofo. Come si vede, dunque, la critica dell’antropologia filosofica in quanto dispositivo di pensiero che abolisce la separazione fra empirico e trascendentale diventa essenziale nell’ambito della definizione dei caratteri della ricerca filosofica foucaltiana. Inoltre, questa critica permetterà di chiarire la relazione tra Foucault e la corrente di pensiero che va sotto il nome di “strutturalismo”. Ci si interesserà soprattutto all’opera di Claude Lévi-Strauss, nel tentativo di mostrare come la fondazione di un’Antropologia strutturale, che sviluppi su un piano a-soggettivo le condizioni dell’esperienza facendo a meno del postulato della coscienza trascendentale originaria, sia stata, in un certo senso, il gesto inaugurale di un movimento di pensiero che, senza ridursi al solo strutturalismo ma unendo personalità e punti di vista teorici differenti, caratterizzò la filosofia francese degli anni ’60 e ’70, Foucault compreso, nel tentativo di dare corpo una nuova teoria dell’esperienza e delle sue condizioni. Si intende inoltre proporre un progetto di co-tutela della ricerca con l’istituzione francese dell’École Normale Supérieure de Paris, rue d’Ulm, in cui poter sfruttare le relazioni maturate nel corso degli ultimi due anni di formazione magistrale svolti a Parigi, specialmente con il prof. Frédéric Worms e la prof.ssa Judith Revel. BIBLIOGRAFIA SECONDARIA INDICATIVA Monografie AMATO, Ontologia e storia. La filosofia di Michel Foucault, Roma, Carocci, 2011. BASSO, Elisabetta, Michel Foucault e la Daseinsanlyse, Milano, Mimesis, 2007. CESARONI, Pierpaolo, La distanza da sé. Politica e filosofia in Michel Foucault, Padova, CLEUP, 2010. CREMONESI, Laura, Michel Foucault e il mondo antico, Pisa, ETS, 2008. FIMIANI, Mariapaola, Foucault e Kant. Critica, clinica, etica, Napoli, La Città del Sole, 1997; tr. Foucault et Kant: critique, clinique et éthique, L’Harmattan, 1998. HAN, Béatrice, L’ontologie manqué de Michel Foucault, Million, 1998. 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