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Meditazioni filosofiche
LA PRESENZA DELL’ASSENZA. FORSE.
giardini ben piantati, paesi facili, anche se il loro accesso è chimerico. Le
eterotopie inquietano, senz’altro perché minano segretamente il
linguaggio, perché vietano di nominare questo e quello, perché spezzano
e aggrovigliano i nomi comuni, perché devastano anzitempo la ‘sintassi’
e non soltanto quella che costruisce le frasi, ma anche quella meno
manifesta che fa ‘tenere insieme’ (a fianco e di fronte le une alle altre) le
parole e le cose […]. Le eterotopie […] inaridiscono il discorso,
bloccano le parole su se stesse, contestano fin dalla sua radice, ogni
possibilità di grammatica […].
[…]
Quando instauriamo una classificazione consapevole, quando
diciamo che il gatto e il cane si somigliano meno di due levrieri, […]
qual è dunque l’elemento di base a partire dal quale possiamo sostenere
questa affermazione con piena certezza. Su quale ‘tavola’, in base a
quale spazio d’identità, di similitudini, d’analogie, abbiamo preso
l’abitudine di distribuire tante cose diverse e uguali? Qual è questa
coerenza – di cui è facile capire che non è né determinata da una
concatenazione a priori e necessaria, né imposta da contenuti
immediatamente sensibili?”
“Questo libro nasce da un testo di Borges: dal riso che la sua lettura
provoca scombussolando tutte le familiarità del pensiero – del nostro,
cioè: di quello che ha la nostra età e la nostra geografia – sconvolgendo
tutte le superfici ordinate e tutti i piani che placano ai nostri occhi il
rigoglio degli esseri, facendo vacillare e rendendo a lungo inquieta la
nostra pratica millenaria del Medesimo e dell’Altro. Questo testo
menziona «una certa enciclopedia cinese» in cui sta scritto che «gli
animali si dividono in: a) appartenenti all’Imperatore, b) imbalsamati, c)
addomesticati, d) lattonzoli, e) sirene, f) favolosi, g) cani in libertà, h)
inclusi nella presente classificazione, i) che si agitano follemente, j)
innumerevoli, k) disegnati con un pennello finissimo di peli di
cammello, l) et caetera, m) che fanno l’amore, n) che da lontano
sembrano mosche». Nello stupore di questa tassonomia, ciò che balza
subito alla mente, ciò che, col favore dell’apologo, ci viene indicato
come il fascino esotico d’un altro pensiero, è il limite del nostro,
l’impossibilità pura e semplice di pensare tutto questo.
[…]
Questo testo di Borges mi ha fatto ridere a lungo, non senza un certo
malessere difficile da superare. Forse perché sulla sua scia spuntava il
sospetto di un disordine peggiore che non l’incongruo e l’accostamento di
ciò che non concorda; sarebbe il disordine che fa scintillare i frammenti
di un gran numero d’ordini possibili nella dimensione, senza legge e
geometria, dell’eteroclito; e occorre intendere questa parola il più vicino
possibile alla sua etimologia: nell’eteroclito le cose sono ‘coricate’, ‘posate’,
‘disposte’ in luoghi tanto diversi che è impossibile trovare per essi uno
spazio che li accolga, definire sotto sotto gli uni e gli altri un luogo comune.
Le utopie consolano: se infatti non hanno luogo reale si schiudono
tuttavia in uno spazio meraviglioso e liscio; aprono città dai vasti viali,
Michel Foucault, Le parole e le cose. Un’archeologia delle scienze umane, RCS
libri, Milano, 1998, pp. 5-8.
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Q
uesta meditazione nasce da un testo di Foucault: dal riso amaro
non è tanto pensare ciascuno di questi singoli gruppi di animali,
che la sua lettura provoca scombussolando tutte le familiarità
sebbene
della filosofia…
alcuni
di
essi
creino,
per
esempio,
paradossi
dell’autoreferenzialità; impossibile è pensarli come un tutto, immaginarsi
Quando ci si imbatte in Borges la tentazione di perdersi in molteplici
un locus dove possano incontrarsi, un ordine razionale di relazioni di
rimandi testuali e labirintiche auto-citazioni è davvero forte: piacevole
uguaglianza e differenza che li accomuni: la serie alfabetica fornisce
sarebbe cimentarsi in giochi di scatole cinesi, analoghi a quelli con cui
infatti solo un finto luogo della giustapposizione.
Calvino ci diletta in Se una notte d’inverno un viaggiatore, o in infiniti
Eppure tutto ciò è dicibile! Il linguaggio nudo e crudo non sembra
“rimbalzi” tra spettacolo e spettatore, quali lo stesso Foucault riconosce
infatti curarsi molto di certe difficoltà: lo scollamento, anzi la frequente
nel Velasquez di Las Meninas. Ma qui il testo “da meditare” è di Foucault
estraneità, tra verbum, intellectus e res non potrebbe essere più evidente. In
e io potrei al massimo compiacermi dell’idea di concepire una caotica
questo caso il linguaggio, oltre a donare presenza ad esseri fantastici
meta-meditazione sui “fantasmi filosofici” che esso evoca.
(come le sirene), fornisce uno spazio non-luogo in cui tali categorie
Il filosofo francese opta per un titolo terribilmente essenziale, Le
enciclopediche possono convivere e apparire, solo apparire, distinguibili:
parole e le cose. Non gravitano forse attorno a questi due concetti tutto il
le parole dividono l’indivisibile. Non diventa però lo spazio della
sapere umano e la sua filosofia? O meglio attorno alla ricerca dei relativi
rappresentazione, della conoscibilità: relegato alla pagina e alla voce esso
ordini, quello in cui mettere le parole e quello che individua le cose,
non sembrerebbe in alcun modo collegabile alla realtà o al pensiero. Che
nonché infine quello che lega le une alle altre? A sfidare tale ipotesi ecco
volesse avvertirci proprio di questo Borges collocando l’enciclopedia in
Borges con una peculiare enciclopedia di animali: come ogni tassonomia
un luogo per noi alieno, l’esotico estremo oriente?
che si rispetti essa dovrebbe mostrare un ordine delle cose attraverso
Non si può non notare come Foucault, insistendo sullo “spazio”,
l’ordine di una serie di parole, ma in questo caso qualcosa non funziona.
sembri restare, almeno in parte, legato alla concezione visiva, platonica,
Le parole falliscono il loro obiettivo e il pensiero s’arresta perplesso di
della conoscenza. Come egli suggerisce, siamo di fronte ad
fronte ad una strana forma di impossibilità. Ciò che sembra impossibile
un’eterotopia, il negativo inquietante delle consolatrici utopie, mostro
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Meditazioni filosofiche
linguistico che inaridisce le frasi e rende impossibili tutti i legami tra “(a
sottratto alla vista: in questo caso non si scorge da nessuna parte
fianco e di fronte le une alle altre) le parole e le cose”. L’eterotopia non
l’ordine in base al quale gli animali sono stati separati. È davvero
consente discorsi, ma va ben oltre la falsità, ben oltre la classica colpa di
scomparso o piuttosto non c’è mai stato? Esattamente come accade nel
mal accordare le parole alla realtà di cui lo straniero accusa il sofista
dipinto Las Meninas per l’oggetto-soggetto di rappresentazione, cioè i
nell’omonimo dialogo platonico. Le scelte pseudo-sintattiche di Borges
sovrani di Spagna, il brano di Borges mette in risalto, non mostrandolo
impediscono l’auspicabile aggancio delle parole tanto con le cose
o meglio mostrando gli effetti della sua mancanza, ciò di cui Foucault
quanto soprattutto con il pensiero: neppure la fantasia riesce a gestire
andrà alla ricerca per le quattrocento e oltre pagine della sua opera. Sarà
tale classificazione.
“archeologia” proprio perché egli sembra voler disseppellire, far
Forse si potrebbe attribuire ad un ipotetico autore Foucault-Borges il
emergere, ciò che il tempo e i sedimenti dell’abitudine, della cultura e
tentativo di ridicolizzare, evidenziandone la potenziale inefficacia, la
dell’inconscio hanno coperto: l’ordine o meglio gli ordini, le strutture
quasi maniacale ansia di trovare definizioni che pervade la filosofia
dell’episteme, del sapere, ciò senza il quale non potremmo pensare e
occidentale. Risulta infatti evidente come per possedere un oggetto con
conoscere. La sua aspirazione è osservare l’ordine nel suo essere grezzo,
il pensiero non sia sufficiente catalogare e specificare, come non basti
i suoi modi d’essere, i modi con cui la sua presenza si è manifestata nella
dare biblicamente un nome alle cose per renderle epistemologicamente
nostra cultura, in base a quali a-priori si è costituito il sapere.
proprie. Ma ancor più interessante è notare come la sottolineatura
Questo peculiare ruolo dell’ordine, o del principio d’ordine, richiama
dell’eterotopia evidenzi una latitanza, illumini il vuoto lasciato in questa
almeno in parte la celebre allegoria della Repubblica: così come per
turba di animali da un assente fondamentale, il principio d’ordine.
Platone non è possibile distinguere e conoscere gli oggetti del sapere
Ordinare significa, per Foucault, distinguere il “Medesimo” dall’“Altro”.
senza la “luce” del Bene, per Foucault pare essenziale la presenza
La classificazione di Borges rende però impossibile una simile cesura,
dell’ordine. L’analogia potrebbe estendersi anche a moralità ed estetica?
mostrandone al tempo stesso la necessità epistemologica. L’ovvio, il
Forse no, ma più fondamentale mi pare chiedersi se l’ordine contenga
consueto, paradossalmente si manifesta solo nel momento in cui è
un barlume di valore ontologico. Pur essendo solo uno tra i possibili
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GIORGIA ZERBINI, CAMPO MAGNETICO, TOSCANA, 2010
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Meditazioni filosofiche
ordini, non è casuale o arbitrario ma è “quello che ha la nostra età e
Sicuramente possono creare qualcosa al di fuori del nostro attuale
la nostra geografia”. Pare quindi qualcosa di più di un semplice schema
concetto di razionalità, qualcosa di incommensurabile con i nostri
o categoria mentale. Non è forse la realtà in cui siamo costantemente
abituali schemi mentali, ma non credo impensabile. Siamo realmente di
gettati e immersi fin dall’inizio? Non è qualcosa di paragonabile alle
fronte solo ad una relazione tra parole e parole anziché tra linguaggio e
aperture, alle radure dell’essere di cui parla Heidegger? Sulla scia di
pensiero? Ha forse Borges scritto tali definizioni a sua insaputa, senza
quest’ultimo accostamento si potrebbe anche supporre non solo il
che il suo pensiero lucido ne costituisse il luogo comune? In ogni caso
profondo legame dell’ordine con il linguaggio, ma addirittura la loro
se anche le sue parole fossero frutto dell’inconscio, ciò non
fondamentale coincidenza.
significherebbe che sono impossibili e impensabili. Chi non ha
Procedendo su questa via di “meditabondo travisamento” del
sperimentato sogni nei quali gli abituali criteri di logica e
pensiero di Foucault posso forse azzardare anche una maggiore deriva
consequenzialità risultassero in crisi, nei quali fosse, almeno
critica: forse il filosofo francese si inganna e la mancanza di un principio
all’apparenza, impossibile riconoscere un ordine? Credo sia riduttivo
d’ordine, che distingua differenza e uguaglianza, è solo apparente.
limitare il pensiero alla razionalità accettata e condivisa, all’ordinato o,
Possiamo noi realmente concepire discorsi senza una coerenza?
meglio, ordinabile. Probabilmente “ci sono più cose in cielo e in terra,
Potrebbe Borges averci trasmesso qualcosa senza un ordine? Perché ha
[Foucault], di quante ne sogni la tua filosofia”! Inoltre un qualche
suddiviso gli animali in un certo modo e non altrimenti? In realtà
elemento extra-testuale comune tra noi lettori, Borges e questa
l’eterotopia dello scrittore argentino potrebbe essere solo il risultato di
enciclopedia deve pur esserci per giustificare la comunanza degli effetti,
una
cioè il riso o il disagio.
somma
di
principi
d’ordine
parzialmente
sovrapposti,
indipendentemente dal fatto che egli ne sia stato consapevole. Forse
Proprio
all’ordine non si sfugge.
questi
particolari
“effetti”
suscitano
un
ulteriore
interrogativo, benché forse marginale: da quale meccanismo interiore
Possiamo inoltre chiederci se possa esistere un discorso che non
deriva il disagio di cui parla Foucault? Dalla sorpresa o dalla necessità di
corrisponda ad un pensiero, parole che creino l’impensabile.
compensare una qualche profonda esigenza? Perché ne va della nostra
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serenità se non riusciamo a scorgere l’ordine, se ci sfugge la possibilità
vite particolari, realtà contingenti. A partire da queste individualità
di distinguere il medesimo e l’altro? Perché questa anxietas definiendi
filosofia e scienza possono, in un secondo momento, raggiungere il
secondo un criterio preliminare? Perché risulta insopportabile il
livello teorico e generalizzante, sebbene con metodologie, almeno
paradosso di Menone riguardo alla ricerca della conoscenza ma non
all’apparenza, piuttosto differenti. Non so se questa possa essere una
l’altrettanto paradossale circolo ermeneutico che richiede sempre un già
strada per avvicinare o cogliere le analogie tra arte e scienza, ma
compreso, un punto di partenza? Perché l’eterotopia ha effetto sulle
sicuramente lo è per diminuire la distanza tra la cosiddetta filosofia
nostre emozioni? Mi affascina la valenza antropologica ed esistenziale di
ermeneutica e la filosofia analitica, così legata alla scienza. In tal modo si
una questione all’apparenza puramente epistemologica: ma su tutto ciò
spiegherebbe anche perché tale modalità speculativa, che parte da opere
non pare soffermarsi Foucault. Non saprei neppure decidere se questo
d’arte, sia così cara a filosofi di formazione analitica, seppur
trapasso sia a sua volta una meta-struttura dell’episteme culturale
successivamente divenuti “eretici”, come R. Rorty o S. Cavell:
occidentale o caratterizzi ogni cultura.
sopravvive in loro il legame con un metodo scientifico ancorché
Scusandomi per la brusca variatio mi concedo infine un ultimo
rivisitato, dove l’arte è il laboratorio della filosofia.
tentativo di riflessione, sollecitato da questo splendido caso di utilizzo
ANTONIO FREDDI
filosofico di opere d’arte che, nel caso di Foucault, diventa
“archeologia” culturale: le sue speculazioni procederanno infatti
attraverso Las Meninas di Velasquez e il Don Chisciotte di Cervantes. Mi
pare che tale approccio, comune anche a molti altri filosofi
contemporanei, possa essere letto come una modalità forse insolita di
avvicinare la filosofia alla scienza. Così come la scienza empirica
procede per singoli esperimenti, singoli eventi, l’arte e la letteratura
offrono alla speculazione filosofica aperture altrimenti impossibili su
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