1.
INTRODUZIONE
Realismo (letteratura) Termine che indica
genericamente ogni rappresentazione immediata e fedele della realtà. In letteratura a
questo proposito è di particolare interesse la visione del critico Erich Auerbach che,
nell’opera Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale (1946), individua la
tensione realistica come elemento caratterizzante della tradizione letteraria occidentale.
Auerbach prende così in esame passi di scrittori che vanno da Omero a Petronio,
all’autore della Chanson de Roland, a Dante, Boccaccio, Rabelais, Flaubert e Zola, fino a
Virginia Woolf, individuando l’efficacia nella descrizione della realtà storica e sociale in
cui vivono come comune denominatore delle loro opere e della cultura europea.
2.
IL ROMANZO REALISTICO OTTOCENTESCO
A partire dagli anni Trenta dell’Ottocento, in concomitanza con le profonde
trasformazioni portate dalla rivoluzione industriale, si diffonde in tutta Europa il
romanzo realistico. Esso si propone come specchio della realtà contemporanea,
descrivendo le dinamiche e i conflitti che si sviluppano nel mondo della borghesia e
delle classi meno agiate.
Iniziatore di questo genere può essere considerato lo scrittore francese Stendhal nella
cui opera è presente una serietà di indagine conoscitiva del tutto nuova rispetto ai
romanzi precedenti. Nelle sue opere più celebri, Il rosso e il nero (1830), La Certosa di
Parma (1839), i personaggi, appassionati e coraggiosi, si scontrano con l’angusta
società della Restaurazione e, nonostante la loro carica vitale, sono destinati a una fine
tragica.
Il romanzo realistico si diffonde in Francia con Honoré de Balzac e il suo ciclo della
Commedia umana, con Gustave Flaubert che nel 1857 pubblica Madame Bovary e con
Guy de Maupassant.
In Inghilterra ne sono rappresentanti Jane Austen, il cui Orgoglio e pregiudizio è
pubblicato nel 1813, Anne, Charlotte e Emily Brontë, Charles Dickens con Oliver Twist
(1837) e David Copperfield (1849).
Una notazione a parte merita la grande scuola realistica russa, con scrittori come
Aleksandr Puškin (Evgenij Onegin, 1833), Nikolaj Gogol' (Le anime morte, 1842), Lev
Tolstoj (Guerra e pace, 1869; Anna Karenina, 1877), Fëdor Dostoevskij (Delitto e
castigo, 1866).
Elementi che accomunano questa produzione letteraria sono la capacità di
rappresentare tutti gli strati sociali, l’intesse verso l’intera realtà contemporanea, senza
escludere alcun ambiente, e la convinzione che esista uno stretto rapporto tra il modo
d’essere, di pensare e agire dei personaggi e l’ambiente sociale e storico in cui si sono
formati e vivono.
Nella seconda metà dell’Ottocento, con l’affermazione del positivismo, la vocazione
realistica del romanzo è sostenuta da una nuova fiducia nella possibilità dello scrittore
di rappresentare scientificamente la società e le sue leggi, come lo scienziato studia e
analizza le leggi naturali: nascono così il naturalismo in Francia con Emile Zola e il
verismo in Italia con Giovanni Verga, Luigi Capuana e Federico De Roberto.
3.
IL REALISMO NOVECENTESCO
Nel Novecento la tradizione
realista continua, dando vita a movimenti quali la Nuova Oggettività, sviluppatasi in
Germania nel clima culturale della Repubblica di Weimar, e il Neorealismo in Italia negli
anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale.
In Unione Sovietica il realismo venne proposto come modello letterario e fu assunto
come indicazione ufficiale per gli scrittori durante lo stalinismo, in particolare da
Maksim Gor'kij nel 1934, contemporaneamente alla svalutazione di ogni altra modalità
espressiva. Non avendo più motivo di esserci una denuncia sociale tipica del realismo
borghese ottocentesco, gli scrittori sono invitati a rappresentare oggettivamente la
società socialista e l’uomo nuovo nato dalla rivoluzione.1
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