06.3.Realismo (filosofia)

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Realismo (filosofia)
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INTRODUZIONE
Realismo (filosofia) In filosofia, il termine "realismo" indica generalmente una posizione contraddistinta
dall'affermazione che la realtà esiste indipendentemente dall'attività conoscitiva del soggetto e teorizza
pertanto l'irriducibilità dell'essere al pensiero. Come corrente filosofica, il realismo si contrappone
all'idealismo sia sul piano ontologico o metafisico (esso afferma infatti l'esistenza di un mondo di cose),
sia sul piano gnoseologico o epistemologico (esso afferma infatti che la mente si limita a rispecchiare
questo mondo di cose).
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REALISMO INGENUO E REALISMO CRITICO
Nella sua forma estrema, il realismo, definito anche "realismo ingenuo", arriva a ritenere che l'essenza
degli oggetti sia rispecchiata fedelmente dalla nostra coscienza; il realista ingenuo afferma infatti che il
mondo è sostanzialmente tale quale noi lo conosciamo anzitutto attraverso i sensi e teorizza una
fondamentale identità fra le nostre rappresentazioni delle cose e il loro essere oggettivo. La maggiore
difficoltà del realismo ingenuo è quella di render conto della possibilità dell'illusione, dell'allucinazione e di
altri errori percettivi. Da esso si distingue pertanto il "realismo critico", che pur argomentando
l'indipendenza della realtà dal pensiero, afferma che il mondo non è così come appare immediatamente ai
nostri sensi.
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REALISMO E IDEALISMO
La tesi del realismo ingenuo, spontaneamente condivisa dalla coscienza comune, non è mai stata la
posizione dei filosofi realisti, che fin dall'antichità hanno messo in luce il carattere problematico e relativo
delle nostre sensazioni e percezioni: Platone ad esempio oppone la realtà vera del mondo delle idee,
conoscibile dall'intelletto e oggetto della scienza, alle mutevoli apparenze che caratterizzano il mondo
sensibile che è oggetto dell'opinione. Si noti tuttavia che, se per questo aspetto la filosofia di Platone può
dirsi realista, essa tuttavia è stata definita anche idealistica, in quanto identifica la realtà con le idee
(quali modelli eterni e sussistenti in sé delle cose).
Per quanto si siano definite realiste la maggior parte delle filosofie dell'antichità e del Medioevo (come ad
esempio quelle di Aristotele e di san Tommaso d'Aquino), il termine realismo assume un significato più
chiaro nella filosofia moderna per designare quel complesso di posizioni (anche molto diverse fra loro),
che riconoscono l'esistenza delle cose indipendentemente dall'atto del conoscere, in opposizione
all'idealismo, ossia a quel complesso di posizioni (altrettanto variegato al suo interno), che riduce l'essere
al pensiero. Come esempio di questa riduzione si può ricordare la tesi del filosofo irlandese Berkeley, del
XVIII secolo, secondo cui l'essere delle cose si risolve nel loro essere percepite da parte dell'io. In
opposizione all'idealismo di Berkeley, Kant definì realista il proprio pensiero, poiché riconosceva
l'esistenza di una realtà esterna, sebbene egli limitasse ai fenomeni la conoscibilità di essa e, per questo
secondo aspetto, potesse contraddistinguere la sua filosofia al tempo stesso come idealista.
Filosofie di impronta nettamente realista sono, nel pensiero contemporaneo, il marxismo, la filosofia del
"senso comune" di George Edward Moore, la neoscolastica.
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IL REALISMO NEL PROBLEMA DEGLI UNIVERSALI
Il termine "realismo" è stato impiegato anche per designare una risposta data, nella filosofia medievale,
al problema degli universali, cioè a quella dottrina che faceva corrispondere una realtà non solo
concettuale o linguistica ai termini che designano il genere o la specie (ad esempio: "animale", "uomo").
In questo senso il realismo si oppone alle tesi del nominalismo.
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