L’ORIGINE E
L’EVOLUZIONE
DEL SISTEMA SOLARE
PRESENTAZIONE
I corpi del Sistema solare, da semplici “astri erranti” com’erano
considerati nell’antichità, sono diventati oggetto di studio approfondito.
Grazie ai telescopi è stato possibile scoprire nuovi componenti del nostro
sistema planetario, mentre tutti i pianeti conosciuti dagli antichi sono stati
esplorati da satelliti artificiali lanciati dall’uomo; l’uomo stesso è sceso
sulla Luna e sonde automatiche sono sbarcate su Venere, Marte e Titano,
il maggiore dei satelliti di Saturno.
I numerosi dati e informazioni raccolti hanno permesso di comprendere
quali sono i meccanismi che regolano e sostengono il nostro mondo, non
solo, ma anche in che modo hanno avuto origine la nostra stella e i pianeti
che le ruotano attorno.
Proprio in questi giorni è rientrata la missione Stardust.
La sonda lanciata nel 1999 aveva il compito – svolto con successo – di
catturare le polveri provenienti da una cometa, ovvero gli elementi che si
pensa dovevano costituire la nube da cui ha avuto origine il Sistema solare.
Sempre di questi giorni è la notizia del lancio imminente della sonda New
Horizons, che raggiungerà Plutone, il più lontano dei pianeti, nel 2015.
La percezione comune delle conquiste ottenute spesso non è
accompagnata da una reale diffusione delle conoscenze che tali scoperte
hanno generato. Lo scopo di questa mostra itinerante sull’origine
ed evoluzione del Sistema solare, finanziata in parte dal Ministero
dell’Istruzione (MIUR), è proprio quello di avvicinare alle persone e, in
particolare, agli studenti delle scuole dell’obbligo alcuni concetti che
sono alla base della comprensione del mondo tanto affascinante quanto
complesso che abitiamo.
Ricordiamo, infine, che questa iniziativa si inserisce in un percorso
di promozione delle conoscenze astronomiche, che fa perno
sull’Osservatorio Astronomico di Bologna e sul Dipartimento di
Astronomia dell’Università di Bologna e che possiede il nucleo centrale
ne “Il Parco delle Stelle”, presso la Stazione astronomica di Loiano.
Coloro che fossero interessati a informazioni e aggiornamenti sui
programmi di ricerca e di divulgazione dell’Osservatorio di Bologna sono
pregati di consultare le pagine www.bo.astro.it
Flavio Fusi Pecci
Direttore Osservatorio Astronomico di Bologna
Istituto Nazionale di Astrofisica
3
LA FORMAZIONE DEL SISTEMA SOLARE
L’origine del Sistema solare, e in particolare della Terra, è uno dei più
affascinanti problemi dell’astronomia. Una plausibile soluzione a questo
problema non è solo importante per comprendere come si siano formati
i corpi celesti a noi più vicini, i pianeti, ma soprattutto per capire se il
processo di formazione planetaria è una conseguenza normale della
formazione stellare oppure un fatto accidentale e raro.
Tra i tanti modelli proposti l’idea vincente risultò quella di una nebulosa
primitiva da cui si formarono sia il Sole che i pianeti. Essa venne proposta
da Kant e Laplace nel XVIII secolo avendo come base la teoria della
gravitazione universale di Newton. Laplace ipotizza che l’atmosfera
del Sole fosse, originariamente, estesa all’intero spazio oggi occupato
dalle orbite dei pianeti nel Sistema solare. La nebulosa si contrae per
effetto della gravitazione, e, raffreddandosi, la sua velocità rotazionale
cresce sino a quando la nube originaria non collassa su di un piano in
una formazione a disco simile ad una struttura anulare. In seguito gli
anelli di gas vengono rimodellati dalla gravità e dai processi termici di
dissipazione e vanno a condensarsi in sotto-strutture che portano alla
formazione dei pianeti e dei loro satelliti, mentre nella parte centrale della
nube si forma il Sole. Nonostante i problemi sollevati da diversi fisici tra
cui Lord Kelvin, il modello nebulare si affermò largamente tra i fisici e gli
astronomi. Esso infatti ebbe il merito di spiegare quasi tutti i fenomeni,
relativi al Sistema solare, noti nel XVIII secolo ed in particolare quelli riferiti
ai moti dei pianeti.
Dall’idea di Kant e Laplace sono passati ormai più di duecento anni
ed una gran quantità di dati sono stati raccolti sulle proprietà del
Sistema solare. Fondamentali sono risultati i metodi di datazione
dell’età della Terra e dei meteoritici raccolti sulla superficie del nostro
pianeta che ci hanno permesso di determinare l’età e la composizione
chimica del Sistema solare alle sue origini. Ora possiamo affermare
che il Sistema solare nacque circa 4,6 miliardi di anni fa e che la sua
composizione originaria doveva essere prevalentemente di Idrogeno,
Elio ed in percentuali minori di elementi più pesanti. Secondo una delle
ipotesi più ricorrenti, l’esplosione di una supernova vicina alla nube
primordiale fu determinante per comprimere la nube sino a raggiungere
la massa minima necessaria affinché la gravità prendesse il sopravvento
sull’equilibrio termico della nube, causando il collasso delle sue parti più
interne. La rotazione della nube determinò a sua volta il confinamento
del materiale gassoso formando un disco nebulare. All’interno di
4
questo disco si produsse un ulteriore accumulo di materiale che portò
alla formazione del protosole. La forza di gravità intrappolò il gas nel
protosole, aumentandone enormemente la densità e la temperatura ed
innescando le reazioni termonucleari.
Contemporaneamente alla formazione del protosole, nel resto della
nebulosa, nelle parti del disco lontane dal protosole, inizia l’accumulo del
gas che porterà a formare i planetesimi. È importante considerare il fatto
che la nebulosa che forma il disco è composta non solo da idrogeno,
elio ed altri gas, ma anche da polvere, grani di silicati, ferro e ghiaccio. I
grani sono essenziali in quanto fu la loro interazione con le molecole di
gas in moto turbolento che determinò la crescita delle strutture solide
più piccole; la polvere. In seguito da questa sottile concentrazione di
polvere si formarono i primi corpi solidi nel piano centrale del disco da
cui ne risultarono una serie di instabilità gravitazionali su piccola scala. Le
instabilità gravitazionali continuarono a crescere determinando infine la
formazione dei planetesimi. Tra questi planetesimi di dimensioni di alcuni
km, i maggiori per massa e raggio costituiranno gli embrioni attorno ai
quali si formeranno i veri e propri pianeti.
Entro 3 unità astronomiche (U.A.), cioè 3 volte la distanza della Terra
dal Sole, su questi pianeti embrionali andarono ad accrescere una gran
quantità di planetesimi più piccoli e che somigliavano agli attuali asteroidi.
Il modello delle collisioni tra planetesimi sugli embrioni rende conto in
modo efficace della formazione dei pianeti rocciosi interni. Oltre le 4 U.A.,
le collisioni favorirono la aggregazione in corpi più grandi, ma poiché le
temperature erano molto più basse delle regioni interne, furono favorite
le condensazioni di ghiaccio, ammoniaca ed altre specie volatili. Qui si
formarono i pianeti gassosi esterni, i giganti del nostro Sistema solare. In
entrambi i casi però la durata del processo di formazione è singolarmente
breve, solo 100 milioni di anni; in accordo con i dati osservati analizzando
le proprietà dei meteoriti.
Più complessa è la formazione della Luna, un vero e proprio rompicapo
fino a qualche decennio fa. Ora si ritiene plausibile l’ipotesi della
formazione del nostro satellite in conseguenza dell’impatto di un corpo
celeste forse grande quanto l’attuale Marte su una Terra primordiale di
dimensioni molto maggiori di quella odierna.
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L’EVOLUZIONE DEL SOLE
Ma come si evolverà e fino a quando sopravvivrà il nostro Sistema solare?
La risposta a queste due domande richiede lo studio della produzione di
energia nell’interno del Sole.
Il Sole contiene più del 99% della massa totale del Sistema solare ed
il suo raggio è ben 109 volte quello della Terra. Il Sole è costituito per
circa il 75% da idrogeno e per il 25% da elio, tutto il resto, che possiamo
definire “metalli”, ammonta a solo 0,1%. Le percentuali però cambiano, sia
pure lentamente, con il passare del tempo, poiché il Sole nel suo nucleo
converte l’idrogeno in elio. La produzione di energia del Sole (386 miliardi di
miliardi di megawatt) è dovuta alle reazioni di fusione nucleare. Oggi, ogni
secondo, circa 594.000.000 di tonnellate di idrogeno vengono convertite in
circa 590.000.000 di tonnellate di elio e vengono prodotte circa 4.000.000
tonnellate di energia sotto forma di raggi gamma. Come tutte le stelle
quindi anche il Sole, seppur molto lentamente, evolverà cambiando
dimensioni ed aspetto. Quando il Sole avrà terminato l’idrogeno inizierà
una fase di instabilità e si avrà una reazione più forte della precedente che
renderà il Sole più luminoso, ma anche più instabile. Diventerà una Gigante
Rossa espandendosi, ma nel frattempo anche raffreddandosi. Il suo raggio
crescerà di circa 100 volte e la sua superficie esterna arriverà oltre l’orbita
di Venere! Questo segnerà l’inizio della fine dei pianeti interni, ma non c’è
da preoccuparsi perché avverrà tra più di 7 miliardi di anni !
In seguito brucerà un altro componente: l’elio permettendo al Sole di
vivere come Gigante Rossa per centinaia di milioni di anni. Quando però
tutto il combustibile sarà finito, la temperatura sarà molto alta e il Sole
improvvisamente si dilaterà ed esplodendo getterà parte della materia nello
spazio attorno: si formerà una Nebulosa Planetaria. Resterà un nocciolo
centrale che ridurrà il Sole a un oggetto piccolissimo di dimensioni simili
alla Terra. Ciò che resta della stella morta si chiama Nana Bianca. I pianeti
che saranno sopravissuti si ritroveranno in un ambiente gelido e buio, ma,
per fortuna, saranno passati più di 12 miliardi di anni dalla loro nascita.
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I PIANETI DEL SISTEMA SOLARE
I pianeti ruotano attorno al Sole su trattorie quasi circolari, tranne Mercurio
e Plutone che si muovono su orbite più eccentriche, e il piano che le
contiene si chiama eclittica. I pianeti si muovono nella stessa direzione e
tutti, tranne Venere e Urano, ruotano su se stessi nel medesimo senso.
I pianeti interni o pianeti terrestri
Mercurio, Venere, Terra e Marte sono pianeti con una superficie
“rocciosa” costituiti da un nucleo metallico circondato da uno strato di
silicati. Vengono chiamati pianeti interni e sono posti a breve distanza dal
Sole (da 0,3 a 1,6 U.A.). L’unità di misura utilizzata è l’Unità Astronomica
(U.A.) cioè la distanza Terra-Sole, quasi 150 milioni di chilometri.
I pianeti interni possiedono, a parte la Luna (che in realtà non è un
pianeta, ma il nostro satellite) e Mercurio, un’atmosfera che ne avvolge la
superficie, ma che costituisce solo una piccola frazione della loro massa
totale. Ad esempio l’atmosfera di Venere, la più massiccia tra i pianeti
terrestri, rimane confinata ad un centomilionesimo della sua massa.
La Terra, Marte e Venere, hanno sviluppato, lungo la loro evoluzione
planetaria, un’atmosfera propria ben diversa da quella primordiale. Le
loro atmosfere sono costituite in massima parte da molecole “pesanti”
come l’anidride carbonica, l’ossido di carbonio, l’azoto molecolare
ed il vapor d’acqua, che possono essere trattenute dal loro campo
gravitazionale. Gli elementi originari “leggeri”, come l’idrogeno, si sono
dispersi già da tempo nello spazio interplanetario dopo la formazione dei
pianeti interni. Solo la Terra ha un’atmosfera che è stata profondamente
modificata dalla presenza di vita organica sviluppatasi dapprima negli
oceani e, in seguito alla formazione dello strato protettivo di ozono,
migrata sulla sua superficie. Su Marte, Venere e Mercurio non sono state
trovate tracce di vita biologica.
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Un’altra caratteristica comune dei pianeti terrestri è l’intesa attività
geologica, per la Terra tuttora in atto, sviluppatasi sin dalla loro formazione.
Questo ha prodotto effetti non solo sulla superficie, ma anche sulla loro
struttura interna differenziando i quattro pianeti (come è possibile verificare
dalla struttura dei loro campi magnetici). All’inizio era predominante
l’effetto degli impatti degli asteroidi determinando la creazione di enormi
crateri del diametro di centinaia di km. In seguito il decadimento degli
elementi radioattivi di lungo periodo (uranio e torio ad esempio) ha portato
ad una emissione di calore sotto forma di attività vulcanica con risalita di
magma caldo dall’interno del pianeta. Questi fenomeni hanno rimodellato
la superficie dei pianeti e modificato la loro atmosfera.
La fascia degli asteroidi
I pianeti esterni sono separati, da quelli interni, dalla fascia degli asteroidi,
frammenti di roccia con diametri che variano da alcune migliaia di km
a pochi km e sono disposti tra 2,2 e 3,4 U.A. La scoperta dei primi
asteroidi risale all’inizio del 1800 quando gli astronomi erano alla ricerca
del “pianeta mancante” (in base alla legge di Titius-Bode) tra Marte e
Giove. I maggiori sono, in ordine di scoperta, Cerere, Pallade, Giunone e
Vesta. Sino ad oggi sono stati scoperti migliaia di oggetti con dimensioni
superiori al km. Un piccolo numero di questi è posto tra l’orbita di Marte
e quella di Giove e costituiscono la classe dei “Troiani”. Altri pianetini
hanno orbite fortemente ellittiche che intersecano l’orbita terrestre e i cui
prototipi sono Apollo e Amor.
La loro classificazione si basa sulla composizione chimica della
superficie, e sull’albedo (riflessione della luce solare). La loro origine è
ancora controversa, ma non è del tutto errato considerarli come relitti
della condensazione nella nube primordiale che non hanno dato origine a
pianeti veri e propri, causa le forti perturbazioni gravitazionali di Giove
I pianeti esterni o pianeti giganti
I quattro pianeti esterni (Giove, Saturno, Urano e Nettuno) contengono,
escluso il Sole, il 99 % del materiale del Sistema solare e sono posti
a grande distanza, da 5 a 30 U.A. Mentre Giove e Saturno, dato il loro
splendore, erano noti sin dall’antichità, Urano e Nettuno sono stati
scoperti più recentemente: Urano da Herschel nel 1781 e Nettuno da Le
Verrier nel 1846.
Sono degli sferoidi di gas d’idrogeno ed elio con miscugli di metano,
ammoniaca, acqua e hanno piccole densità, tra 0,7 e 2,3 volte la densità
dell’acqua. Nei pianeti giganti manca una distinzione tra interno ed
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atmosfera per cui la loro caratteristica più rimarchevole è l’assenza di
una superficie solida.
Nonostante le apparenze Giove e Saturno differiscono da Urano e
Nettuno. Questi ultimi sono più poveri di idrogeno ed elio ed i loro
nuclei sono costituiti principalmente da ghiaccio, mentre Giove e
Saturno hanno, probabilmente, un nucleo costituito da metalli, silicati
ed acqua. In particolare, nell’interno di Giove e Saturno, l’idrogeno si è
condensato, alle maggiori profondità, in idrogeno liquido. Tre dei pianeti
esterni irradiano più calore di quanto ne ricevano dal Sole. Curiosamente
solo Urano non presenta questo eccesso di calore ed ha una rotazione
retrograda .
Rispetto ai pianeti interni dispongono di un gran numero di satelliti con
caratteristiche molto particolari e dotati di superficie solida. Alcuni di
questi satelliti hanno dimensioni e masse maggiori di Mercurio e della
Luna.
La fascia esterna del Sistema solare
Nella parte più esterna del Sistema solare si trova Plutone con il suo
satellite Caronte, grande la metà del pianeta principale. Plutone ha una
sottile atmosfera di gas metano e, come il suo satellite, è probabilmente
costituito di ghiaccio e metano. Le comete, anch’esse composte
principalmente da ghiaccio, orbitano ai limiti del Sistema solare,
intrappolate dal campo gravitazionale del Sole.
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I CORPI DEL SISTEMA SOLARE
Il Sole è il padrone incontrastato del Sistema solare: da solo contiene
più del 99% della massa ed il suo raggio è di circa 700.000 chilometri.
Come tutte le stelle, il Sole è costituito da gas di idrogeno ed elio in
equilibrio idrostatico. La temperatura nel suo centro è di circa 20.000.000
di gradi, e quella superficiale è di circa 5.700 gradi. E’ attivo da circa 5
miliardi d’anni e continuerà a vivere almeno per altrettanto tempo. Trae la
sua energia dalle fusioni nucleari che avvengono nel suo interno.
Mercurio è il pianeta più vicino al Sole e l’ottavo in ordine di
grandezza. Conosciuto sin dal tempo dei Sumeri (terzo millennio a.C.), il
suo nome, tratto dalla mitologia greca, deriva da quello del messaggero
degli dei, probabilmente a causa della sua rapidità di moto nel cielo. Per
i romani era invece il dio del commercio e il protettore dei ladri. Risulta
a volte visibile ad occhio nudo, anche se è difficilmente osservabile
in quanto sempre troppo vicino al Sole, la magnitudine apparente al
massimo dello splendore è di -1. La magnitudine indica la luminosità di
una stella vista dalla Terra misurata in una scala standard (logaritmica,
secondo la sensibilità dell’occhio umano), quanto più debole è la
luminosità di una stella, tanto maggiore è la sua magnitudine. Per
esempio una stella di magnitudine 1 è 2,5 volte meno splendente di una
di magnitudine 0; 2,52=6 volte meno luminosa di una di magnitudine
-1; 2,53=15 volte meno luminosa di una di magnitudine -2 e così
via... Poiché le stelle si trovano a diverse distanze da noi e oggetti
ugualmente luminosi ci appaiono tanto meno splendenti quanto più
sono lontani, la magnitudine da sola non può dirci nulla riguardo alla
reale emissione di una stella.
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Torniamo a Mercurio, si tratta di un pianeta poco più grande della Luna,
con un raggio di 2.439 km, senza atmosfera e con tanti crateri. La
temperatura sulla sua superficie, nella parte esposta al Sole, raggiunge i
465 gradi centigradi, mentre nella parte al buio scende a 200 gradi sotto
zero. Il pianeta è situato alla distanza di 0,39 U.A., compie un giro attorno
al Sole in 88 giorni terrestri viaggiando alla velocità di 50 km/s; il più
veloce di tutti i pianeti. Sino al 1962 si credeva che il “giorno” di Mercurio
avesse la stessa durata del suo “anno”, cioè che la rotazione attorno al
proprio asse fosse sincrona con il suo moto orbitale. Nel 1965, misure
effettuate con il radar hanno rivelato che Mercurio ruota attorno al proprio
asse, pressoché perpendicolare al piano orbitale, con un periodo di 59
giorni circa. Compie tre rotazioni su se stesso ogni due rivoluzioni. Se
uno volesse rimanere un giorno intero su Mercurio dovrebbe starci 176
giorni terrestri. Una sola navicella spaziale, il Mariner 10 lo ha sorvolato
tre volte tra il 1973 ed il 1974 esplorando solo il 45% della sua superficie.
Una nuova missione, la sonda Messenger, è già stata lanciata nell’agosto
del 2004 e si prevede che entrerà in orbita attorno a Mercurio nel 2008 e
inizierà la sua missione scientifica nel 2011.
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Venere è il secondo pianeta dal Sole e il sesto in grandezza con un
raggio di 6.051 km. La magnitudine apparente di Venere al massimo del
suo splendore è -4,2 rendendolo così l’astro più splendente, esclusi il Sole
e la Luna, e l’unico che sia visibile anche di giorno (purché se ne conosca
molto bene la posizione). Mercurio e Venere sono gli unici pianeti del
Sistema solare che non hanno satelliti. Dista 0,72 U.A. dal Sole e percorre
un’orbita intorno ad esso in 0,6 anni, cioè 225 giorni, alla velocità orbitale
di 35,3 km/sec. L’orbita di Venere è quasi circolare con una eccentricità
minore dell’1%. Dal momento che si tratta di un pianeta interno, Venere
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presenta delle fasi analoghe a quelle lunari. Ruota molto lentamente su sé
stesso in 243 giorni e, a differenza della maggior parte degli altri pianeti,
in senso orario cioè retrogrado. Sulla superficie di Venere quindi il Sole
sorge ad Ovest e tramonta ad Est. La prima sonda a visitare Venere fu il
Mariner 2 nel 1962, seguito da diverse altre missioni nei decenni seguenti.
Recentemente la sonda Magellano ha prodotto mappe dettagliate, usando
tecniche radar, della sua superficie con una risoluzione di 300 metri. Se
la Terra avesse un gemello, sarebbe Venere; infatti massa, dimensione,
composizione, distanza dal Sole sono simili, qui però terminano le
analogie. Venere è, infatti, un mondo ostile. Nubi giallognole, costitute da
acido solforico, lo avvolgono in permanenza. L’atmosfera, molto spessa, è
priva di vapore acqueo e costituita per il 96% d’anidride carbonica. Vaste
pianure tormentate da fratture, più di 1600 vulcani inattivi, montagne che
occupano quasi tutta la superficie. Al suolo la pressione atmosferica è
circa 92 volte quella terrestre (sulla Terra una simile pressione si raggiunge
solo a 900 metri sotto il livello del mare). Per effetto serra, per cui i raggi
del Sole riflessi dalla superficie del pianeta vengono intrappolati dalla
spessa atmosfera anziché dispersi nello spazio, la temperatura è costante
e sempre superiore ai 400 gradi centigradi; a questa temperatura metalli
come piombo e stagno fonderebbero. Tutti i nomi dei crateri, strutture
vulcaniche, ecc. del pianeta sono stati dedicati a personaggi femminili.
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La Terra è il terzo pianeta in ordine di distanza dal Sole e il quinto
come dimensioni. Ha un raggio di 6.378 km e viaggia nel Sistema solare,
attorno al Sole, ad una velocità di 29,8 km/s in 365,256 giorni. Soltanto
dal XVI secolo, con Copernico, si è cominciato ad accettare che la Terra,
da un punto di vista astronomico, fosse un pianeta come tutti gli altri. In
particolare essa, accanto ad evidenti differenze, mostra molte analogie
12
con gli altri pianeti cosiddetti “interni o terrestri” e cioè Mercurio, Venere
e Marte. La Terra però è geologicamente attiva e questo si manifesta con
la tettonica a zolle e quindi con la presenza di numerosi crateri vulcanici,
caratteristica questa non comune nel Sistema solare. Il nucleo terrestre è
in parte fluido e composto principalmente da ferro, ruota e la sua rotazione
genera il campo magnetico della Terra secondo un meccanismo, detto
“effetto dinamo”, che consente la trasformazione dell’energia di rotazione
in energia magnetica. La possibilità di osservare la Terra dall’alto tramite
i satelliti artificiali ne ha permesso un monitoraggio continuo e completo.
Le previsioni meteorologiche e lo studio del clima globale sono quindi
diventati sempre più precisi e permettono un controllo continuo delle
condizioni di mantenimento della vita sul nostro pianeta. Il 70% della
sua superficie è coperta d’acqua: questo spiega perché dallo spazio
la Terra appaia di un colore blu intenso sfumato d’azzurro. La Terra è
l’unico pianeta conosciuto in cui si sia sviluppata la vita, non a caso infatti
sono tante le condizioni che ne hanno permesso l’insorgere e favorito
lo sviluppo. La giusta distanza dal Sole è una di queste, permette,
infatti, che la sua temperatura media sia di 8 gradi centigradi né troppo
alta né troppo bassa. L’atmosfera, che contiene ossigeno, protegge
dall’eccesso di radiazioni solari, ma consente il passaggio della luce.
L’acqua è presente allo stato liquido in superficie. Il periodo di rotazione
ha una durata ottimale e l’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre
permette l’alternarsi delle stagioni. La vita in tutte le sue espressioni si
è evoluta sulla Terra a partire da 3,5 miliardi di anni fa. È, sino ad oggi,
l’unico pianeta nel Sistema solare in cui sappiamo che si è sviluppata e
mantenuta secondo caratteristiche straordinarie, ma legate alla “fragilità”
del nostro ambiente.
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La Luna è l’unico satellite naturale della Terra e il corpo celeste ad essa più
vicino. Venne chiamato Luna dai romani, Selene dai greci e con innumerevoli
altri nomi nelle mitologie di altri popoli. È nota sin dai tempi preistorici in
quanto risulta il secondo oggetto per luminosità dopo il Sole e quindi ben
visibile in cielo. Ha un raggio di 1.738 km e una distanza media dalla Terra di
384.400 km. La sua massa è 81,3 volte inferiore a quella terrestre e la gravità
sei volte più piccola. Tutte queste caratteristiche, dalle quali deriva una bassa
velocità di fuga (2,4 km/sec contro gli 11 km/s della Terra), fanno della Luna il
corpo celeste ideale per l’osservazione, sia dallo spazio che sulla superficie.
L’allunaggio, per via della gravità inferiore, è più semplice e la ripartenza
richiede meno energia che sulla Terra. Per la prima volta sulla Luna atterrò il
veicolo spaziale sovietico Luna 2 nel 1959. È l’unico corpo celeste su cui sia
sceso l’uomo per la prima volta il 20 luglio 1969 con la missione Apollo XI,
lasciando per la prima volta la sua impronta nello spazio interplanetario.
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Marte è il settimo pianeta per grandezza e il quarto dal Sole con una distanza
media di 1,52 U.A. e compie una intera rivoluzione intorno ad esso in 1,88 anni alla
velocità di 24,13 km/sec. Ha un’orbita discretamente eccentrica (e=0,093) ed una
magnitudine apparente media di -2. È comunemente chiamato il “pianeta rosso” a
causa della colorazione che le particelle di polvere in sospensione forniscono alla
sua atmosfera. Il colore rossastro è dovuto alla superficie ricca di ferro (tre volte più
della Terra). Marte è più piccolo della Terra, ha un raggio di 3.397 km, la metà circa
di quello terrestre, e la sua superficie eguaglia quella delle terre emerse del nostro
pianeta. L’emisfero meridionale presenta crateri d’impatto simili a quelli della Luna,
mentre l’emisfero settentrionale presenta pianure molto più giovani e con una
storia geologica molto più complessa. Data l’atmosfera rarefatta, l’osservazione
del suolo di Marte è stata abbastanza agevole anche con telescopi e cannocchiali
non molto sofisticati, ma limitata dal loro scarso potere risolutivo. Prima dell’inizio
14
dell’era dell’esplorazione spaziale Marte era ritenuto il miglior candidato per lo
sviluppo di vita extraterrestre. Diversi astronomi, tra cui Schiaparelli nel 1877,
ritennero che le linee rette che si distinguevano sulla sua superficie fossero
“canali” artificiali costruiti da una civiltà marziana. Un’altra ragione che portava
a ipotizzare lo sviluppo di vita su Marte era conseguente all’osservazione di
variazioni stagionali nel colore della sua superficie che venivano interpretati come
una “fioritura” della vegetazione di Marte durante i mesi più caldi. In seguito si capì
che i dettagli che si notavano su Marte altro non erano che artefatti visivi dovuti
alla scarsa risoluzione degli strumenti ottici impiegati. Dall’inizio dell’esplorazione
spaziale è stato visitato da oltre 32 sonde, più della metà fallite. La prima sonda
che visitò Marte fu il Mariner 4 nel 1965. Le prime storiche immagini mandate a
Terra dal Mariner 4 rivelarono una superficie contenente molti crateri, ma senza
alcuna traccia né di vegetazione né di altre strutture di carattere artificiale. Molte
altre missioni seguirono il Mariner 4, sino ad arrivare alle due sonde Viking, che
atterrarono su di esso nel 1976, e alla missione Pathfinder del luglio 1997. L’ipotesi
di vita biologica presente sul pianeta rosso venne esclusa dagli esperimenti
condotti dai laboratori biologici condotti dai Viking Lander 1 e 2. In questi ultimi
10-20 anni le nostre conoscenze sul pianeta sono cresciute enormemente. Si è
stabilito che le regioni polari sono rivestite da calotte ghiacciate che cambiano
aspetto al variare delle stagioni marziane. Spesso tempeste di sabbia avvolgono
il pianeta con risultati drammatici. Dune gigantesche, vento sino a 200 chilometri
l’ora e strutture sagomate dal vento. Su Marte si trova il monte più alto dell’intero
Sistema solare, il monte Olimpo, alto 26 chilometri e largo 600 chilometri, un
antico vulcano ora spento. Il sistema geologico più imponente è quello della valle
Marineris che si estende su quasi mezzo pianeta. Spettacolari sono le missioni
spaziali tuttora in corso, Mars Global Surveyor, Mars Exploration Rover, Mars
Odyssey e Mars Reconnaissance Orbiter, che hanno riempito in questi ultimi
anni le pagine dei giornali. I due rover Spirit e Opportunity hanno esplorato la
15
Mercurio
Venere
Terra
Marte
diametro (Terra=1)
0,4
0,9
1
0,5
diametro (km)
4,879
12,103
12,756
6,794
massa (Terra=1)
0,055
0,814
1
0,107
Distanza media dal Sole
(U.A.)
0,387
0,723
1
1,5
Periodo orbitale (anni
terrestri)
0,2
0,6
1
2
Eccentricità dell’orbita**
0,2056
0,0068
0,0167
0,0934
Velocità media orbitale
(km/sec)
50
35
30
24
Periodo di rotazione (in
giorni terrestri)
58,65
-243*
1
1,03
Inclinazione dell’asse
(gradi)
0
177,4
23,45
23,98
Temperatura superficiale
media (C)
-200/465
456
-89/58
-82/20
Gravità all’equatore
(Terra=1)
0,376
0.903
1
0,38
Velocità di fuga (km/sec)
4,25
10,36
11,18
5,02
Densità media (acqua=1)
5,43
5,24
5,52
3,93
Composizione atmosferica
assente
Anidride carbonica, Azoto, Ossigeno,
Azoto
Argo
Anidride Carboni
Azoto, Argo
Numero di lune
0
0
1
2
Anelli
no
no
no
No
* Il valore negativo nel periodo di rotazione indica che il pianeta ruota nella
direzione opposta a quella di rivoluzione.
16
ica,
Giove
Saturno
Urano
Nettuno
Plutone
11
9
4
4
0,2
142,800
120,536
51,118
55,528
2,390
317,8
95
14,48
17,2
0,002
5.2
9,54
19,19
30,07
39,48
12
30
84
165
248
0,0483
0,056
0,0461
0,0097
0,2482
13
10
7
5
5
0,41
0,44
-0,72*
0,72
-6,38*
3,08
26,73
97,92
28,8
122
-148
-139,15
-200
-200
-215
2,34
1,16
1,15
1,19
0,066
59,54
35,49
21,29
23,71
1,27
1,33
0,69
1,24
1,76
1,1
Idrogeno, Elio
Idrogeno, Elio
Idrogeno, Elio
Idrogeno, Elio
Metano
62
31
27
13
1
si
si
si
si
no
** L’eccentricità (e) è un numero che indica l’ellitticità di un’orbita.
Per e=0 l’orbita è circolare.
17
superficie di Marte analizzando le rocce della sua superficie e avvalorando l’ipotesi
che nel lontano passato fosse presente dell’acqua allo stato liquido, formando
fiumi e laghi abbastanza estesi. Si è ipotizzato che quattro miliardi d’anni fa la
temperatura del pianeta crebbe bruscamente provocando la più catastrofica
inondazione dell’intero Sistema solare, creando grandi canyon che ancora
solcano la superficie. Sebbene sia un pianeta piuttosto freddo (le temperature
sono comprese tra -80 e -30 gradi centigradi) e secco, può essere certamente
abitato in futuro. Si parla già di possibili missioni spaziali con equipaggio umano
nei prossimi due decenni.
....................................................................................................................
Giove è il quinto pianeta dal Sole e il primo per grandezza, dista 5,20
U.A. dal Sole e impiega quasi 12 anni per compiere una intera rivoluzione
alla velocità media di 13,06 km/sec. Ha un raggio di 71.492 km e quindi
è grande quasi undici volte la Terra. Giove racchiude il 75% della massa
planetaria del Sistema solare e con esso si potrebbero costruire circa 320
altri pianeti delle dimensioni della Terra. Dal momento che la sua densità
è quattro volte inferiore a quella della Terra se ne conclude che deve
essere composto principalmente di elementi leggeri, idrogeno e elio, e
quindi risulta più simile chimicamente al Sole che alla Terra. Se Giove
avesse avuto una massa circa 40 volte maggiore, sarebbe stato capace
di innescare un processo di fusione nucleare e diventare una stella.
Il marcato schiacciamento di Giove ai poli è segno evidente che si tratta
di un corpo non rigido in rapida rotazione di 9 ore e 50 minuti per la
zona equatoriale e 9 ore e 55 minuti a latitudini più elevate. Giove ha una
magnitudine apparente al massimo di -2,6 e quindi risulta ben visibile ad
occhio nudo. Giove è stato visitato da diverse sonde automatiche. Nel
1973 e 1974 è stato avvicinato dai Pioneer 10 e 11, mentre nel 1979 è
stata la volta delle due sonde Voyager. Nel 1995 la sonda Galileo è entrata
in orbita attorno ad esso e ha studiato nei minimi dettagli sia il pianeta sia
i suoi satelliti maggiori, concludendo la sua missione nel 2003. Nel finire
del 2000 Giove ha offerto l’assist gravitazionale alla sonda Cassini, diretta
verso Saturno; la sonda non ha perso l’occasione di puntare le sue camere
sul pianeta producendo immagini di ottima risoluzione. La formazione più
appariscente visibile in superficie è la Grande Macchia Rossa. Essa ha un
diametro di 24.000 chilometri, due volte quello terrestre. Si pensa che sia
un gigantesco uragano che dura da almeno trecento anni.
Giove con le sue tante lune e diversi anelli costituisce un piccolo Sistema
solare. Quando Galileo rivolse il suo cannocchiale verso Giove vide
anche quattro piccole stelle che lo accompagnavano, allineate lungo
l’eclittica e che oscillavano a destra e a sinistra seguendolo nel suo moto
attraverso il cielo. Diversi altri osservatori, tra cui Keplero, confermarono
18
la scoperta e ne dedussero, come aveva fatto Galileo, che i nuovi astri
si rivolvono attorno a Giove così come la Luna fa attorno alla Terra ed
i pianeti attorno al Sole. Galileo dedicò i nuovi astri alla famiglia dei
Medici, chiamandoli astri medicei. Essi furono poi battezzati con i
nomi di Io, Europa, Ganimede e Callisto. Verso il 1665 Cassini studiò
con accuratezza i loro movimenti e predisse i tempi delle loro eclissi. I
loro diametri vennero stimati alla fine dell’ottocento pari a 3.800, 3500,
5.600 e 4.800 km, abbastanza vicini ai valori reali di 3.630, 3.139,
5.262 e 4.800 km misurati dai Voyager. Prima dell’arrivo dei Voyager, si
riteneva che i satelliti galileiani fossero freddi mondi inerti con superfici
craterizzate dall’impatto di un gran numero di oggetti nelle prime fasi
di vita del Sistema solare. Numerose furono le sorprese rivelate dai
Voyager nell’osservazione di Io, Callisto, Europa e Ganimede. Io è senza
dubbio il più spettacolare tra tutti i satelliti del Sistema solare. Ha un
vivace colore arancione e non presenta crateri. Si può quindi dedurne
che si è formato dopo il periodo di bombardamento meteoritico che ha
caratterizzato il Sistema solare nelle prime epoche della sua formazione.
La sua superficie però è disseminata di vulcani attivi, caratteristica che
ha in comune solo con la Terra. Europa è un satellite di colore biancastro
senza vulcani né crateri ben evidenti e il suo aspetto richiama quello di
un oceano artico con la superficie composta da ghiaccio solcato da
linee simili ai presunti canali marziani. È un satellite liscio quasi come
una palla di biliardo e si suppone rivestito da una crosta di ghiaccio
profonda un centinaio di km sovrastante una fanghiglia di acqua
e ghiaccio e un nucleo roccioso, il cui raggio misura 1.400 km. In
particolare la superficie presenta sotto di sé uno strato di acqua liquida
della profondità di forse 50 km.
19
Saturno dista 9,54 U.A. dal Sole e percorre un’intera orbita intorno ad
esso in circa 29,5 anni alla velocità di 9,64 km/sec, ruotando su stesso
in poco più di 10 ore, e ha un raggio di 60.268 km. È il più esterno dei
pianeti visibili ad occhio nudo presentando una magnitudine apparente al
massimo della luminosità pari a +0,7. Come Giove la sua rapida rotazione
ne fa un pianeta con un forte schiacciamento polare. È il pianeta con la
più bassa densità, 0,69 volte quella dell’acqua, per cui in mare potrebbe
galleggiare. Nella parte esterna e equatoriale della sua atmosfera, i venti
raggiungono la velocità di 550 metri al secondo (sulla Terra la velocità
massima del vento in un uragano devastante è di 110 metri al secondo).
Il pianeta è caratterizzato da un sistema di anelli che ne fanno il più
spettacolare tra i pianeti del Sistema solare. I suoi anelli sono formati da
particelle di varie dimensioni ruotanti attorno al pianeta in orbite circolari
indipendenti. Gli anelli di Saturno si estendono per 66.500 chilometri,
ma hanno uno spessore di solo 100 metri (meno di un campo di calcio).
Rispetto a quella del pianeta la loro massa è trascurabile. Probabilmente
gli anelli si sono formati in seguito allo scontro di un satellite abbastanza
grande con un asteroide o una cometa. È stato visitato dal Pioneer 2
nel 1979 e nel 1980 e 1981 dai Voyager 1 e 2, che hanno ripreso delle
immagini con una risoluzione fino a 100 km; 50 volte migliori di quelle che
si possono ottenere da Terra. La sonda Cassini è ancora in orbita attorno
a Saturno e il suo modulo Huygens è atterrato sul suo principale satellite
Titano, uno dei pochi satelliti del Sistema solare con una atmosfera,
fornendoci nel gennaio 2005 spettacolari e uniche immagini della sua
superficie. Saturno è circondato da un gran numero di satelliti. Sino ad
oggi se ne conoscono 18 ma è probabile che ve ne siano altri nascosti tra
le suddivisioni degli anelli. Tutti i satelliti, escluso Phoebe, ruotano intorno
a Saturno volgendogli sempre la stessa faccia.
20
Urano nella mitologia greca era la prima e suprema divinità: padre di
Saturno, dei Ciclopi e dei Titani. Urano è il primo dei pianeti del Sistema
solare non ancora noti agli antichi, ha infatti una magnitudine apparente
(al massimo della luminosità) pari a +5,5, al limite della visibilità ad occhio
nudo. Non era noto storicamente, infatti fu scoperto nel 1781 da William
Herschel. È il settimo pianeta per distanza dal Sole e il terzo in grandezza
con un raggio di 14.531 km. Alla distanza di 19 U.A., il pianeta appare
come un dischetto di 4” (secondi di arco). Urano impiega 84 anni per
compiere una rivoluzione attorno al Sole percorrendo l’orbita ad una
velocità di 6,8 km/s. Mentre la maggior parte dei pianeti del Sistema
solare ha l’asse di rotazione quasi perpendicolare all’eclittica, Urano
invece lo ha quasi parallelo e per questo il Sole è visibile da uno stesso
polo per 42 anni terrestri. Se i pianeti “ruotano” intorno al Sole si può ben
dire che Urano “rotola” attorno al Sole. Forse quest’anomala inclinazione
dell’asse di rotazione è dovuta ad una collisione con un corpo di massa
simile a quella della Terra. Osservato da Terra il pianeta appare come un
disco verdastro in cui si distinguono striature simili alla strutture a bande
di Giove. Nel 1977 osservazioni basate sull’occultazione di stelle da parte
del pianeta mostrarono che possedeva un sistema di anelli simile a quello
di Saturno. Sono 11, molto scuri e che non si possono vedere dalla Terra.
L’unica sonda spaziale che lo ha avvicinato è stata la Voyager 2 nel
gennaio 1986, dopo aver visitato Giove e Saturno. Anch’esso ha un gran
numero di satelliti, tra cui il principale è Titania.
21
Nettuno è l’ottavo pianeta dal Sole e il quarto per grandezza con un
raggi di 24.764 km. Si trova ad una distanza dal Sole di 30,06 U.A. e impiega
circa 165 anni per compiere un’orbita intorno ad esso, ad una velocità di
5,43 km/s. Il suo nome venne associato a quello, nella mitologia romana,
del dio del mare. La scoperta di Nettuno fu uno dei maggiori successi della
meccanica celeste. Dopo avere trovato Urano si andò a determinare la sua
orbita scoprendo, nel 1830, una differenza tra le previsioni e la posizione
vera di 20” (secondi d’arco) circa. La posizione di un pianeta nella sua
orbita non dipende solo dall’attrazione gravitazionale del Sole, ma anche
dall’azione combinata degli altri pianeti. Per identificare il corpo celeste
che produceva la perturbazione sull’orbita di Urano occorreva predirne la
posizione in cielo. Adams a Cambridge e Le Verrier a Parigi eseguirono i
complessi calcoli di meccanica celeste per determinare la posizione del
nuovo pianeta utilizzando le posizioni note di Giove, Saturno ed Urano.
La sera del 23 settembre 1846 l’astronomo Galle notò la presenza di un
astro relativamente brillante dove la carta del cielo non riportava nulla. La
posizione vera del nuovo pianeta risultava distare solo 55’ (primi) dalla
posizione indicata da Le Verrier e di circa il doppio da quella indicata da
Adams. Nettuno, se osservato con un telescopio, ha l’aspetto di un piccolo
disco bluastro. Dal momento che la sua luminosità al massimo corrisponde
ad una magnitudine apparente di +7,85, è completamente invisibile ad
occhio nudo. Il suo disco apparente è di 2,4” (secondi d’arco). L’unica
sonda spaziale che lo ha visitato è stata la Voyager 2 nel 1989. Dal 1979
al 1999 Nettuno è stato il pianeta del Sistema solare più distante dal Sole.
Dalle immagini delle sonde Voyager del 1989, si sono evidenziate sulla
superficie di Nettuno una Grande Macchia Nera, e una seconda macchia
più piccola. La sonda ha potuto individuare numerose altre strutture
nell’atmosfera del pianeta. Violente tempeste, cicloni quasi permanenti
e lunghe catene di nubi bianche, simili a cirri giganteschi. Ha quasi una
decina di satelliti e il più grande è Tritone.
22
Plutone
è il più lontano dei pianeti del Sistema solare. Alla
fine dell’ottocento P. Lowell pose mano al problema delle residue
perturbazioni dell’orbita di Nettuno e nel 1915 dedusse la presenza di un
pianeta di massa uguale a 6,5 masse terrestri ad una distanza di 42 U.A.
nella costellazione dei gemelli. Lowell morì nel 1916 senza trovare il nuovo
pianeta. Tombaugh nel 1930, nel momento in cui la costellazione dei
Gemelli era in opposizione al Sole, trovò il nuovo pianeta assai vicino alla
posizione definita da Lowell e gli diede il nome di Plutone. Dal momento
però che la massa del pianeta era troppo piccola rispetto a quella prevista,
rimase per molto tempo il dubbio che si trattasse veramente del pianeta
di Lowell. Nel frattempo l’accumularsi dei dati sulle posizioni di Urano e
Nettuno permise di ridurre il numero delle perturbazioni di cui rendere
conto, per cui il valore della massa di Plutone si ridusse quindi a meno
della massa della Terra. La scoperta poi di un satellite di Plutone permise
una più corretta valutazione della massa riducendone ulteriormente
il valore a 0,0026 masse terrestri. Il fatto curioso è che la massa così
ricavata non avrebbe potuto in alcun modo influenzare le orbite di Urano
e Nettuno per cui risultò incomprensibile come mai Plutone fosse stato
trovato nel punto previsto da Lowell. Plutone si trova ad una distanza dal
Sole di 39,5 U.A. e impiega circa 248 anni per compiere una rivoluzione
attorno al Sole ad una velocità di 4,74 km/sec. Plutone è il più piccolo
dei pianeti, con un raggio di soli 1.195 km. Nel 1978 è stato scoperto
un suo satellite Caronte, che ha dimensioni ragguardevoli, raggio di 595
km, rispetto a quelle del pianeta. Per questo motivo il sistema PlutoneCaronte viene considerato come un prototipo di pianeta doppio in cui
due corpi ruotano attorno ad un baricentro comune in modo analogo
al sistema Terra-Luna. Plutone può forse essere considerato l’esempio
più grande di una nuova classe d’oggetti denominati Plutini, che girano
attorno al Sole su orbite esterne a Nettuno. Sono pianeti di ghiaccio con
dimensioni di poco più 1.000 chilometri di diametro, si pensa che siano
migliaia. La missione New Horizons è la prima dedicata all’esplorazione
di Plutone e degli altri corpi celesti ai confini del Sistema solare e partirà
nel 2006, raggiungendo il pianeta nel 2015.
23
Gli Asteroidi hanno una composizione chimica che è ancora
praticamente quella delle prime fasi della nascita del Sistema solare.
Essi non hanno infatti subito, nel tempo, quelle modificazioni chimiche e
geologiche conseguenti alla aggregazione delle masse dei pianeti interni
ed esterni. Gli asteroidi (o pianetini) sono corpi rocciosi abbastanza
piccoli compresi in una zona chiamata fascia degli asteroidi tra le orbite
di Marte e Giove. Il primo asteroide, Cerere, fu scoperto dall’abate Piazzi
nel 1801 a questa scoperta seguirono quelle di Pallade (1802), Giunone
e Vesta nel 1807. Oggi si conoscono diverse migliaia di asteroidi e di
circa 2.000 è stata determinata l’orbita. Solo una mezza dozzina hanno
un diametro superiore ai 300 km, mentre i più piccoli hanno dimensioni
di qualche chilometro. Si ritiene che la massa complessiva dei pianetini
tra Marte e Giove sia inferiore a quella della Luna. Le loro orbite intorno al
Sole hanno le eccentricità più disparate: da quasi circolari a fortemente
ellittiche. Alcuni hanno orbite anomale; ad esempio quella di Icaro è
particolare in quanto penetra addirittura nell’orbita di Mercurio. Due
gruppi di asteroidi, i Troiani, si trovano nell’orbita di Giove. Un gruppo
precede il pianeta gigante in una posizione tale da formare con Giove e
il Sole i tre vertici di un triangolo equilatero; una situazione di equilibrio
prevista dalla Meccanica Celeste. Per quanto riguarda l’ipotesi della
formazione dei pianetini si suppone che si tratti di materiale originario
che non è riuscito ad agglomerarsi in un pianeta. Di conseguenza la
mancanza di azione aggregante da parte della gravità ha determinato
la tipica forma irregolare di questi corpi celesti. In questi ultimi anni la
ricerca astronomica ha inoltre mostrato come una parte cospicua di
questi oggetti sia situata anche in un’altra fascia oltre l’orbita di Nettuno:
essi vengono detti transnettuniani.
Le Comete sono i più spettacolari dei corpi minori del Sistema solare.
Sono di piccola massa e gravitano intorno al Sole su orbite di grande
eccentricità. Ad oggi ne sono state osservate e catalogate diverse
centinaia. Le comete si classificano in base al tipo di orbita. Vi sono
periodiche con orbite ellittiche e breve periodo di rivoluzione (minore di
100 anni). Queste sono abbastanza frequenti e ritornano ad apparire nel
Sistema solare. La cometa Encke è quella a più breve periodo (circa 3,3
anni) infatti ne sono stati osservati ben 46 passaggi. Si osservano anche
comete a lungo periodo con periodi di rivoluzione compresi tra 100 ed
1 milione di anni e orbite quasi paraboliche. Infine ci sono comete con
orbite iperboliche che, una volta comparse, si allontanano dal Sistema
solare senza farvi più ritorno. Le comete con il loro apparire improvviso
e l’irregolarità e bizzarria dei loro moti anche fuori della fascia zodiacale
24
percorsa dai pianeti, con le loro strane chiome variabili da una notte
all’altra per forma, splendore e lunghezza confondevano completamente
gli osservatori. Essi non capivano se le comete erano oggetti astronomici
o fenomeni temporanei dell’atmosfera, magari puramente ottici. Gli antichi
inoltre avevano una pessima opinione delle comete. Le loro apparizioni, in
quanto non previste, erano presagio di avvenimenti luttuosi o addirittura
la causa stessa del disastro. Infatti l’etimologia della parola stessa
“disastro” deriva dalla parola greca dis=cattivo aster=astro. Una cometa
apparsa dopo l’uccisione di Cesare fu considerata come la dimostrazione
della sua apoteosi; un’altra seguita dalla peste a Costantinopoli (che
causò la morte di 300.000 persone) ne fu considerata la causa diretta.
Le cronache del Medioevo tramandano un elenco di comete che vennero
associate alla morte di altrettanti re, catastrofi naturali o, perlomeno,
eventi fuori dell’ordinario. Molte di queste comete altro non erano che
l’apparizione periodica della cometa di Halley. Soltanto con Newton e
Halley le comete tornarono ad occupare il ruolo loro spettante tra i corpi
celesti del Sistema solare: oggetti che compiono rivoluzioni attorno al
Sole seguendo le leggi di Keplero.
25
DOMANDE E RISPOSTE
1. Giove e Saturno sono pianeti gassosi: sarebbe
possibile attraversarli in volo?
No, non è possibile attraversare un pianeta gassoso. Questo perché il gas ha
una pressione altissima, tanto che andando verso l’interno diventa liquido,
e qualunque uomo o navicella spaziale che vi si trovi in mezzo sarebbe
schiacciata e distrutta. Nelle regioni più interne si pensa che sia presente
un nucleo solido.
Giove è composto da un enorme corpo di idrogeno liquido. A grandi profondità
nel suo interno, infatti, la pressione è così elevata che gli atomi di idrogeno si
spezzano in elettroni e protoni e il gas assume lo stato di metallo fluido. Questo
è possibile solo a pressioni superiori a 4 milioni di volte il peso dell’atmosfera
terrestre su di noi, come quelle che si trovano all’interno del pianeta. Tale
peso è di gran lunga superiore a quello esercitato dalle presse più potenti che
abbiamo ed è molto peggio che avere sulla testa molte montagne. Al centro
c’è probabilmente un nucleo solido di ferro e silicati, pesante circa 15 volte il
peso della Terra. Il tutto è circondato da una densa atmosfera di idrogeno,
che costituisce gran parte del pianeta; essa è composta prevalentemente
di idrogeno ed elio, con tracce di ammoniaca, metano e vapor d’acqua. La
conoscenza dell’interno di Giove, come per tutti gli altri pianeti gassosi, è
impossibile, e quel poco che sappiamo deriva per lo più da evidenze indirette.
Il pianeta è composto per 3/4 della sua massa di idrogeno, per circa 1/4 di
elio, con piccole tracce di altri elementi. Questa composizione, come quella di
Saturno, è molto simile alla composizione della nube primordiale dalla quale si
pensa che si sia generato il Sistema Solare.
Saturno possiede probabilmente un piccolo nucleo di metallo e roccia, racchiuso
in un mantello di idrogeno allo stato liquido. Questo si trova in stato metallico a
causa delle altissime pressioni a cui è soggetto. Il tutto è circondato da una densa
atmosfera.
La composizione chimica del pianeta è simile a quella gioviana: idrogeno (3/4), elio
(1/4) con tracce di acqua, metano, ammoniaca e materia rocciosa.
Anche Saturno, come Giove, sembra avere una sorgente interna di energia che gli
fa emettere circa 2.2 volte più energia di quella che riceve dal Sole. Probabilmente
si tratta della lenta contrazione gravitazionale del pianeta, che produce un
riscaldamento dello stesso: il suo nucleo ha una temperatura di circa 12000 gradi.
In comune con Giove ha anche un campo magnetico di polarità inversa
rispetto a quello terrestre.
26
2. Il Sole sull’orizzonte è più alto in estate o in inverno?
Ciò che determina le stagioni è proprio l’altezza del Sole sull’orizzonte,
che determina il riscaldamento della Terra. Infatti non è vero, come alcuni
credono, che quando da noi è inverno il Sole si trova più lontano, anzi
è proprio il contrario. Il Sole ogni giorno sorge a est, percorre un arco
nel cielo culminando, cioè toccando il punto più alto della giornata,
e tramonta a ovest. Quello che cambia nel corso dell’anno è proprio
l’altezza della culminazione. Questo perché l’asse della rotazione della
Terra è inclinato rispetto al piano dell’orbita terrestre. Nella figura si vede
come varia l’altezza del Sole durante l’anno, in particolare sono riportate
le altezze per un osservatore che si trovi a 40 gradi di latitudine.
3. Tutti i pianeti hanno il cielo dello stesso colore?
Il colore del cielo dipende dalla composizione e densità dell’atmosfera
che circonda il pianeta su cui ci troviamo. Lo spazio infatti è di per se
nero, poiché la densità di materia diffusa (gas e polvere) è molto bassa e
di conseguenza l’assenza di colore si spiega con l’assenza di materia.
Nel caso della Terra, vediamo il cielo azzurro perché l’atmosfera terrestre
è ricca di molecole di acqua che ne conferiscono il caratteristico colore.
Su Marte vedremmo il cielo rosso, in quanto la rarefatta atmosfera
marziana è “sporcata” dalla polvere molto fine di ossido di ferro presente
sulla superficie del pianeta. Su Venere il cielo color pesca dipende dalle
fitte nubi di ammoniaca, lo stesso dicasi per Titano, il più grande dei
satelliti di Saturno, mentre su tutti gli altri corpi rocciosi del Sistema solare
il cielo è nero a causa della quasi completa assenza di atmosfera.
4. Perché Urano rotola?
Quasi tutti i corpi del Sistema solare ruotano sul proprio asse nello stesso
verso con cui rivoluzionano attorno al Sole, questo è dovuto al fatto che i
pianeti hanno avuto origine dalla stessa nube di gas e polvere in rotazione
che ha generato il Sole. Nel caso di Urano l’asse di rotazione è molto
inclinato rispetto al piano dell’orbita del pianeta, per questo si può dire che
Urano “rotola”. La ragione certa di questa particolarità non è nota, ma si
può ipotizzare che la causa sia stata una o più collisioni molto violente con il
materiale in caduta verso il centro della nube durante le fasi di formazione.
27
5. Hai notato che un giorno venusiano è più lungo
di un anno venusiano?
Venere è l’unico pianeta ad avere il periodo di rotazione sul proprio asse
più lungo del periodo di rivoluzione attorno al Sole. In altre parole, su
Venere un giorno è più lungo di un anno!
6. Quali pianeti hanno le stagioni? La Terra e...
Le stagioni sono dovute la fatto che l’asse di rotazione di un pianeta non
è perfettamente perpendicolare al piano dell’orbita del pianeta stesso.
Questo fa sì che i raggi del Sole siano perpendicolari a punti diversi
della superficie del pianeta durante il corso dell’anno, dando luogo così
al susseguirsi delle stagioni. L’unico pianeta che, come la Terra, ha le
stagioni è Marte.
7. Dov’è finita l’acqua su Marte?
Probabilmente un tempo ci fu acqua allo stato liquido su Marte, come
confermato dalle recenti missioni sulla superficie marziana Opportunity
e Spirit, ma a causa della minore pressione atmosferica e alla forza di
gravità più debole rispetto alla Terra, questa è evaporate ed è andata
dispersa nello spazio, spinta dal vento solare. Al giorno d’oggi sappiamo
che su Marte è presente acqua allo stato solido ai poli, mentre si crede
che ci possa essere acqua allo stato liquido intrappolata nel sottosuolo.
Uno degli obbiettivi delle attuali missioni sul pianeta rosso è proprio
quello di scoprire se e dove si trovano questi giacimenti del prezioso
composto.
8. Il Sole ruota?
Il Sole ruota sul proprio asse, proprio come tutti gli altri corpi del Sistema
solare, essendosi formato dalla stessa nube in rotazione. In realtà la
rotazione del Sole è un po’ complessa. Poiché non si tratta di un corpo
solido, il Sole ruota diversamente a seconda della posizione che si
considera, più veloce all’equatore (un giro in 25 ore) e più lenta ai poli
(un giro in 36 ore).
9. Cosa sono le stelle cadenti? Avverano i sogni?
Il primo a scoprire cosa fossero le stelle cadenti fu l’astronomo milanese
Schiaparelli, nella seconda metà dell’Ottocento. Egli si accorse che la
periodicità del fenomeno corrispondeva all’incontro della Terra con
l’orbita delle comete. Ma vediamo la questione un po’ più nel dettaglio.
Le comete posseggono un’orbita fortemente ellittica, quindi nel loro
moto di rivoluzione attorno al Sole in certi momenti vengono a trovarsi
molto lontane dalla nostra stella e in altri momenti molto vicine. Essendo
composte da ghiaccio e polvere, quando sono vicine al Sole pian pianino
28
si sciolgono, dando origine alla coda che le caratterizza e, allo stesso
tempo, disperdono le polveri. La polvere, costituita in gran parte da
granelli di roccia grandi quanto la sabbia, con il passare del tempo si
distribuisce uniformemente lungo tutta l’orbita della cometa e quando la
Terra attraversa questa orbita la polvere cade sul nostro pianeta ed ecco
che si verifica il fenomeno delle stelle cadenti: i granelli, che a grande
velocità penetrano nell’atmosfera terrestre, si incendiano generando le
strisce di luce che chiamiamo appunto stelle cadenti, fino a dissolversi
del tutto a causa dell’attrito con l’aria.
10. Le comete sono una riserva d’acqua?
Le comete sono composte in gran parte da ghiaccio e per questo motivo
alcune teorie sulla formazione della Terra ipotizzano che l’abbondanza
d’acqua sul nostro pianeta sia dovuta alla caduta sulla sua superficie
di numerose comete in epoche passate. Alla stesso modo, le comete
possono essere considerate grandi riserve d’acqua, anche se è difficile
– per non dire impossibile – pensare ad un loro utilizzo.
11. Quali sono i pianeti che transitano sul Sole?
Perché un pianeta possa transitare sul Sole bisogna che possegga
un’orbita interna alla Terra, cioè che sia più vicino al Sole di noi, il che
rende possibile che il pianeta venga a trovarsi tra noi e il Sole. Quando
un pianeta durante il moto di rivoluzione si viene a trovare perfettamente
allineato tra la Terra e il Sole, vediamo un puntino (il pianeta appunto)
transitare sulla superficie del Sole. Quindi, i pianeti che possono
transitare sul Sole sono Mercurio e Venere.
Certo che un astronauta che si trovi su Marte potrebbe vedere anche la
Terra transitare sul Sole. Questo perché la Terra si trova in un’orbita più
interna di Marte.
29
12. Metteremo mai i piedi su Giove? e sugli anelli
di Saturno? e sul Sole?
Il Sole, Giove, Saturno hanno una superficie fluida e solo in grande
profondità possiedono un nucleo solido. Non è quindi possibile pensare di
sbarcare su di loro, però possiamo inviare delle sonde che analizzino la loro
superficie dall’esterno, fin dove è possibile. Nel caso del Sole poi tutto è
reso più difficile dall’altissima temperatura e dal forte campo gravitazionale
in grado di distruggere qualunque oggetto che si avvicini troppo.
13. Il Sole mangerà la Terra?
Le stelle nelle fasi finali della loro evoluzione assumono lo stato di “gigante
rossa”. Quando il Sole diventerà una gigante rossa, esso si gonfierà fino
a raggiungere l’orbita della Terra. Quindi il nostro pianeta verrà prima
surriscaldato e poi mangiato. Naturalmente la stessa sorte toccherà a
Mercurio e Venere, che sono più vicini al Sole. Ma niente paura, questo
accadrà tra circa 5 miliardi di anni e – dato che l’uomo è presente
sulla Terra “solo” da 30 mila anni – si tratta davvero di tanto tempo! A
quell’epoca avremo trovato un modo di evitare questa catastrofe o ci
saremo già trasferiti su pianeti che ruotano attorno ad altre stelle.
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IL SISTEMA SOLARE E NON SOLO… SUL WEB
http://solarsystem.nasa.gov/
National Aeronautics and Space Administration
http://solarsystem.nasa.gov/kids/
National Aeronautics and Space Administration per i più piccoli
http://www.eso.org/outreach/eduoff/edu-materials/info-solsys/eng/index.html
European Space Agency
http://hubblesite.org/gallery/album/solar_system_collection/
Hubble Space Telescope
http://photojournal.jpl.nasa.gov/index.html
Album fotografico della NASA
http://www.pd.astro.it/MOSTRA/NEW/A2001SIS.HTM
INAF-Osservatorio Astronomico di Padova, Sistema solare
http://www.pd.astro.it/othersites/sc/starchild/solar_system_level1/solar_
system.html
INAF-Osservatorio Astronomico di Padova, Sistema solare per i più piccoli
http://www.nineplanets.org/
Pagine amatoriali sul Sistema solare, in inglese
http://kids.nineplanets.org/index.html
Pagine amatoriali sul Sistema solare per i più piccoli
http://www.exploratorium.edu/ronh/solar_system/
Exploratorium, Museo della scienza a San Francisco, come costruire un modello
in scala del Sistema solare
http://system.solaire.free.fr/sommaire.htm
Pagine amatoriali sul Sistema solare, in francese
http://www.inaf.it/
Istituto Nazionale di Astrofisica
http://www.bo.astro.it/
INAF-Osservatorio Astronomico di Bologna
http://www.astronomia.unibo.it/
Dipartimento di Astronomia - Università di Bologna
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INAF
Osservatorio Astronomico di Bologna
Università di Bologna
Dipartimento di Astronimia
via Ranzani, 1 40127 Bologna
tel. 051 20.95.701 | e-mail: [email protected]
web: www.bo.astro.it | www.astronomia.unibo.it