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Biografia
Otis Taylor
from Chicago, USA
One of the most compelling artists…
Con Otis Taylor ci si deve aspettare l’inaspettato! Mentre la sua musica
è un‘amalgamazione di tradizionali stili nella loro forma più grezza, con
temi discutibili e pesanti come la morte, la tirannia e l’ingiustizia, il suo
personale stile è spensierato. “Sono bravo nei temi cupi ma non sono una
persona particolarmente infelice. Vorrei solo fare abbastanza soldi per comprarmi una Porsche”
Parte del suo appello sono i tratti contrastanti del suo carattere, ma sono
precisamente questi elementi che lo rendono uno degli artisti più interessanti
emersi negli ultimi anni.
Guitar Player magazine scrive di lui: “Otis Taylor è senza dubbio il più
rilevante artista blues del nostro tempo.” Sia con la sua unica strumentazione (suona il banjo e cello) che, con un improvviso suono
vocale femminile o, con un brano apparentemente ottimistico che
si trasforma in sconsolato, ciò che rimane costante è la struggente
narrazione basata su verità e storia.
Slang Music
Via S.Francesco, 3 - 25075 Nave (BS)
Tel. 0302531536 - Fax 0302536348 - Cell. 3356715992
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Otis Taylor
Quest’anno si presenta con un nuovo album,
pronto per essere diffuso in Inghilterra e Irlanda a Marzo, Hey Joe Opus Red Meat.
Il suo primo lavoro per l’etichetta Inakustik
è un’altra, meticolosa, artigianale, collezione di canzoni e brani strumentali ed è solo
affine alle precedenti registrazioni in quanto
la musica resiste alle facili categorizzazioni.
Blues e folk sono gli elementi chiave di tutto questo ma l’approccio
all’avanguardia di Taylor spazia anche nel Psychedelic Rock, Jazz
e Americana per creare un ibrido che lui chiama “Trance Blues”.
Nucleo dell’album sono le sue riflessioni su come prendere decisioni e come
queste possano cambiare del tutto le nostre vite e anche quelle delle nostre
famiglie. “Qualche volta vinci, qualche volta perdi. Prendi una decisione e impari dalle conseguenze. Vogliamo che il risultato sia buono ma non sempre lo
è.” Altre canzoni coprono differenti critiche situazioni, “Heart is a Muscle” è un
commento sulla gravidanza adolescenziale, “Peggy Lee” riguarda il cambio
di sesso e “Cold at Midnight” è la riflessione di un uomo innamorato di una
donna che può essergli infedele.
Disegnato per essere ascoltato come un unico pezzo di musica in dieci parti,
il nuovo album contiene il brano “Hey Joe” che è il tema prioritario; creata dal
famoso The Jimi Hendrix Experience ma, scritta nei primi anni sessanta
da Billy Roberts, qui è eseguita in due diverse versioni, entrambe con contrastanti strumentazioni. Dato che Taylor è un compositore e si esibisce in
pochissime versioni cover, perchè questa particolare canzone?
Perchè “Hey Joe” è intrecciata con la sua storia musicale e, essendo stato un
cavallo di battaglia nei suoi live per diciotto anni, ha uno speciale significato
per lui; realmente esibito in jam con The Jimi Hendrix Experience nella sua
nativa Colorado, Otis ha registrato breve versioni del pezzo anche nei suoi
primo album, Blue-eyed Monster e Recapturing the Banjo del 2008 (con
Alvin Youngblood Hart).
La reazione del pubblico al classico degli anni ’60 è sempre stata forte e il
pezzo è stato notevolmente ampliato nelle esibizioni dal vivo, creando nuovi
arrangiamenti.
Questo fresco approccio, segno del suo coraggio artistico, è presente nel suo
nuovo Cd dove la forma dei brani si sposta in sezioni strumentali chiamate
“Sunday Morning” (in 3 versioni) e “They Wore Blue”. Incorporando spesso
etere texture alle chitarre, ulteriori “sapori” sono aggiunti a questi pezzi tramiSlang Music
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te un giudizioso uso del violino e corna, l’ultima cortesia del, per molto tempo associato musicalmente,
Ron Miles.
Ad aiutare a dare forma all’album quattro ospiti d’eccezione: il potente chitarrista Warren Haynes (meglio conosciuto come membro degli Allman Brothers, The Dead e Gov’t Mule), il chitarrista acustico Bill
Nershi dei The String Cheese Incident, il cantante/compositore/chitarrista Langhorne Slim e il chitarrista Daniel Sproul che si è esibito e si esibisce con lui tuttora, istruito da Eddie Van Halen, Warren
Haynes e The Black Crowes.
Il suo sound all’avanguardia bilancia la musica moderna con echi dell’antica Africa e Appalachia. Destinatario del prestigioso Académie Charles Cros award (Francia) del 2012, Rolling Stone lo descrive
come “grezzi suoni e intricato folk Africano si spostano dal proprio passato in un reame dove il blues
può essere sia illuminante che provocatorio”.
Hey Joe Opus Red Meat è un altro eccezionale esempio di come Otis Taylor trasporta le forme esistenti incluso, una mondiale hit, con origini folk-rock rinvigorendole.
Nato a Chicago nel 1948, dopo la morte dello zio la famiglia si sposta a Denver dove inizia a coltivare
un adolescente interesse per il folk e blues grazie anche ai genitori che sono grandi fans della musica
“Sono cresciuto con musicisti jazz, mio padre lavorava per una ferrovia e conosceva un sacco di persone, era un socialista e vero amatore del jazz - bebop - degli anni ’40.”
Otis trascorre il suo tempo al Denver Folklore Center dove prende il suo primo strumento, il banjo
che era solito suonarlo mentre andava a scuola con il suo monociclo ed è anche il luogo dove sente
per la prima volta Mississippi John Hurt e il country blues. Impara a suonare la chitarra e l’armonica
durante la sua adolescenza e forma il suo primo gruppo, Butterscotch Fire Department Blues Band
e, più tardi, la Otis Taylor Blues Band.
Si avventura oltremare a Londra dove si esibisce per un breve periodo fino al ritorno negli USA verso la
fine degli anni ’60 dove intraprende un progetto chiamato T&O Short Line, con il leggendario cantante/
chitarrista dei Deep Purple, Tommy Bolin. Si esibisce per un periodo con 4-Nikators e Zephyr prima
di prendere una pausa dal mondo della musica nel 1977; durante questo periodo si crea una carriera
di successo come antiquario oltre a istruire una squadra di ciclisti professionisti che raggiungono il 4°
posto nazionale e diventano famosi per avere due dei migliori atleti africani-americani del paese.
Dopo anni lontano dal mondo musicale con il bassista, nonché grande star, Kenny Passarelli e l’asso alla chitarra Eddie Turner, ritorna a cavalcare il palcoscenico nel 1995, in un intimo club nel “Hill”
district di Boulder Colorado.
Una rivista riporta “Una combinazione magica, l’unico stile vocale di Taylor si mescola perfettamente al costante virtuosismo rock di Passarelli e alle riff rock-roll di Turner”.
La risposta al “singolo evento” è talmente forte che Taylor decide di ritornare sulle scene musicali, esibendosi in alcune selezionate date con Passarelli e Turner.
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Otis Taylor
Due anni dopo realizza Blue Eyed Monster (Shoelace Music), che assorbe
il mondo del blues ed evidenzia la necessità di un cantante/compositore che
abbia, in parole sue, “un modo di dire qualcosa che sembri essere più intenso.”
Nel 1998 suscita qualche perplessità con When Negroes Walked the Earth
(Shoelace), un album zeppo di impenitenti testi, nuda strumentazione e
sconvolgente comunicazione. La rivista Playboy lo descrive come “blues minimalista nella modalità di John Lee Hooker”.
Notato da critica e fans, il suo talento come vivido narratore e abile chitarrista
viene rafforzato. Le sue abilità verranno confermate nell’estate del 2000 con
una composizione finanziata dal Sundance Institute di Park City; UT.
Se i suoi primi due lavori hanno un effetto magico sul mondo della musica, gli ascoltatori sono ufficialmente estasiati da White African (2001, NorthernBlues Music), il suo più diretto e personale racconto da africano-americano. Affronta il linciaggio del nonno e la morte dello zio, la brutalità diventa
una parte rilevante nelle canzoni che senza timore esplorano la storia delle
relazioni razziali e ingiustizie sociali. Con questo disco Taylor ufficialmente
traccia il suo sentiero e si guadagna 4 W.C. Handy nominations e vince il
premio come “Best New Artist Debut”.
White African è da poco nei negozi che Otis sta già lavorando a Respect The
Dead che, lanciato nel 2002, fa di lui un concorrente per 2 Handy Awards
come “Best Acoustic Artist” e “Contemporary Blues Album.”
L’anno dopo rompe di nuovo le convenzioni con il debutto per la Telarc Records, Truth Is Not Fiction, dove prende un decisamente elettrico, quasi psichedelico percorso forgiando un sound che lui descrive come “trance-blues.”
La critica musicale ne rimante talmente affascinata che il disco riceve sontuosi
elogi da USA Today, New York Times, Washington Post, NPR e da Downbeat
Critics Poll come “Blues Album of the Year.”
Segue Truth with Double V, che segna il suo esordio come produttore e una
collaborazione con la figlia Cassie. Si guadagna il premio Downbeat Critics
Poll per due consecutivi anni (cosa mai successa) mentre Rolling Stone, The
New Yorker, Blender, e CNN gli danno riscontri positivi ma, forse, il più significativo riconoscimento arriva da Living Blues Reader che lo premia (accanto
a Etta James) con il titolo di “Best Blues Entertainer” del 2004.
Below the Fold, un altro lavoro sotto la Telarc, il suo settimo Cd, arriva nell’estate 2005 ed è un set dalla varietà stilistica di canzoni che partono dal blues
ma sono inondati da toni country e da misterioso, psichedelico rock. Ancora
una volta la critica è entusiasta, Downbeat gli regala 4 stelle e lo descrive
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così “ha l’anima del poeta, con un profondo rispetto per le storia dei neri in America e un
forte curiosità per le condizioni umane.” “una versione country-folk dello spontaneo maestro blues John Lee Hooker.” New Yorker definisce il suo sound “Velvet Underground Railroad,”
e continua a proclamarlo “Egli può essere monotono ma non rimane mai fermo e quando si muove si
dirige sempre verso luoghi sconosciuti”. Alla fine dell’anno raggiunge il 12° posto nei Top 20 album
di Chicago Tribune.
Ma se le sue brillanti composizioni ed evocativa voce non sono abbastanza per attirare l’attenzione del
pubblico e della critica, Taylor dimostra anche le sue capacità strumentali con due consecutivi Blues
Music Awards nominations (2005 e 2006) come “Best Instrumentalist” nella categoria banjo.
Nel 2007 arriva Definition of a Circle un altro viaggio negli inesplorati luoghi già visitati con Below the
Fold. Un set di 12 brani il cui tema varia dal personale al politico e costringe gli ascoltatori a seguirlo
in un viaggio “che apre gli occhi” e che include un cast eccezionale e vario composto dal trombettista
Ron Miles (vincitore del Downbeat come “top ten trumpet players”), Il britannico chitarrista blues-rock
Gary Moore, l’armonicista Charlie Musselwhite e il pianista jazz Hiromi Uehara e, come sempre, sua
figlia Cassie Taylor che aggiunge le proprie vocalità.
Seguono Recapturing The Banjo (2008) in cui Otis assembla uno stellare gruppo per riscoprire le origini Africane del banjo tra i quali Guy Davis, Corey Harris, Alvin Youngblood Hart, Keb’ Mo’ e Don
Vappie, Pantatonic Wars and Love Songs (2009) che mette in luce le complessità dell’amore in tutte
le sue forme, con apparizioni dell’irlandese chitarrista blues-rock Gary Moore (già sentito nell’album
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Otis Taylor
Definition of a Circle del 2007) e il pianista jazz/hip-hop Jason Moran e,
Clovis People Vol 3 (2010) inspirato dalla scoperta archeologica, vicino a
casa sua, di alcuni attrezzi e strumenti appartenenti ad una civiltà chiamata
Clovis di almeno 13.000 anni fa. Questo album è, in qualche modo, un veicolo per Taylor che può essere definito un archeologo ma di natura diversa, a
riesaminare alcune delle verità da lui scoperte nella sua epoca e conservarle
per gli ascoltatori per un futuro prossimo.
“Con questi brani ho scavato nel mio passato musicale fino al mio primo album. Mi piace cercare diversi modi per raccontare delle vecchie storie perché
loro continuano a significare qualcosa per me, per le persone che le hanno
ascoltate e per i musicisti che le hanno suonate con me, molti anni dopo averle raccontate la prima volta.”
Nel 2012 realizza Otis Taylor’s Contraband, ben 14 brani originali dal terreno famigliare che parlano di amore, ingiustizie sociali, demoni personali e
guerra prendendo il nome da un articolo apparso sul numero di maggio di
Preservation Magazine che parla della fuga degli schiavi a Fort Monroe, VA
durante la guerra civile americana, finendo a vivere nei campi dove le condizioni sono spesso peggiori che della vita nella piantagioni.
Ma Otis Taylor’s Contraband non parla solo di questo ma dell’intera umana
esperienza. “Non sono realmente un cantante di protesta o una persona veramente politica, volevo solo raccontare un’interessante storia e lasciare alle
persone interpretarla a piacere.”
Per questo lavoro Otis si riunisce a collaboratori di lunga data incluso Ron
Miles, il chitarrista pedal steel Chuck Campbell del gruppo gospel The
Campbell Brothers, il suonatore di djembe Fara Tolno, grande maestro alla
batteria nato in Guinea, la violinista Anne Harris di Chicago, mentre il basso
viene gestito dalla figlia Cassie e Todd Edmunds; il tutto supportato dalla
sua band composta da Jon Paul Johnson alla chitarra, Brian Juan all’organo e Larry Thompson alla batteria, ex membro del rinomato Caribou Ranch
Studio di Colorado.
Il suo recente lavoro, nonchè tredicesimo album, My world is Gone, realizzato nel 2013 sempre per la Telarc è un fulmine di creatività musicale e
commento sociale. I brani sono animati da un’intelligenza poetica e un unico
e innovativo sound che bilancia il mondo moderno a richiami dell’antica Africa
e Appalachia e non solo.
Definire Taylor un artista all’avanguardia è riduttivo. Anche se la
sua musica è basata sul blues e folk, meticolosamente si esercita
nelle sue abilità per abbattere le barriere del jazz, rock, funk, Americana e una miriade di altri generi ed è questo stile a sostenere i
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suoi schietti brani di lotta, libertà, desiderio, conflitto e, naturalmente, l’amore.
Il tema centrale di My World Is Gone è alimentato da Mato Nanji, suo amico, cantante, chitarrista e
pietra miliare della band Indigenous. “Mato ha ispirato l’intera direzione dell’album. Parlavamo della
storia, del dietro le quinte del concerto tributo a Jimi Hendrix a cui Mato aveva suonato e, in riferimento
al suo popolo, i nativi americani definiti Nakota, lui disse - My world is gone - La semplicità e l’onestà
di queste quattro parole era troppo pesante, in quel momento ho capito cosa avrei dovuto scrivere.”
Taylor aveva già iniziato a comporre nuovi brani con altri temi dopo Contraband e tre di queste “Green
Apples,” “Gangster and Iztatoz Chauffeur” e “Coming With Crosses” – appaiono in My World Is Gone,
ma ispirato da Nanji, che suona la chitarra elettrica ed acustica in sei tracce e unisce le sue vocalità a
quelle di Taylor in molte canzoni e, dalla sua conoscenza della cultura degli Antichi Americani, sviluppata in parte attraverso l’arte Indiana quando era ancora giovane, intraprende un viaggio nel passato
e presente e nella psiche degli indigeni americani.
“Ho scritto molti brani sulla schiavitù ma qui in America è considerata parte del passato. Cosa è successo e cosa succede ai nativi Americani è ancora in corso. Molte persone lo hanno dimenticato. Questo è un modo per ricordarlo.”
Con la sua consueta sinteticità, potenza e grazia, Taylor convoglia le sue storie in intimi dettagli usando
la sua ricca e baritona voce per dargli vita e umanità. L’album iniziato da un punto con “My World Is
Gone,” ritrae come le dorate seduzioni della cultura dell’uomo bianco hanno minato il modo di vivere
dei nativi americani. La melanconia nella sua voce e in quella di Nanji, cantando dalla prospettiva di un
Indiano tormentato dalla tentazione e perdita è sostenuto dalla gentile melodia del violino di Anne Harris e le chitarre acustiche ed elettriche di Nanji nonché dall’acustica a sei corde modello da lui firmato,
con soli 14 tasti, creata da uno dei migliori costruttori del Santa Cruz Guitars.
In aggiunta alle tourneè e registrazioni ha creato un programma scolastico chiamato “Writing the
Blues.” Concepito da sua moglie, appare alle scuole elementari e università attorno al paese offrendo
consulenza, conoscenza agli studenti riguardo al blues “inizio chiedendo di scrivere quello che li rende
tristi, paure, delusioni, perdite, qualunque cosa. È meraviglioso vedere quanti pensieri incredibili. Spesso sono semplici sentenze ma così reali, tristi, vere e pure”.
Per Taylor è un’opportunità di connettersi con gli altri e aiutarli a connettersi con loro
stessi e gli permette di fare la sua parte nel garantire che il blues, e la possibilità di condividere esperienze di vita, continuino per le seguente generazioni.
sito ufficiale: www.otistaylor.com/
Line-up:
Otis Taylor - Lead guitar, lead voice and banjo
Anne Harris - violin
Larry Thompson - drums
Todd Edmunds - bass, sousaphone
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Shawn Starski - electric guitar
Taylor Scott - acoustic guitar
Zachary Miskin - double bass
Otis Taylor
Discografia
BLUE EYED MONSTER (1996)
Shoelace Music
WHEN NEGROES WALKED THE EARTH (1998)
Shoelace
Un album zeppo di impenitenti testi, nuda strumentazione
e sconvolgente comunicazione.
La rivista Playboy lo descrive come “blues minimalista nella
modalità di John Lee Hooker”.
WHITE AFRICAN (2001)
Northern Blues Music
Il suo più diretto e personale racconto da africano-americano. Con questo disco Taylor ufficialmente traccia il suo sentiero e si guadagna 4 W.C. Handy nominations e vince il
premio come “Best New Artist Debut”.
RESPECT THE DEAD (2002)
Northern Blues Music
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TRUTH IS NOT FICTION (2003)
Telarc Records
Un album dove Otis prende un decisamente elettrico, quasi psichedelico percorso forgiando un sound che lui descrive come “trance-blues.”
La critica musicale ne rimante talmente affascinata che il disco riceve sontuosi elogi da
USA Today, New York Times, Washington Post, NPR e da Downbeat Critics Poll come
“Blues Album of the Year.”
TRUTH WITH DOUBLE V (2004)
Telarc Records
Segna il suo esordio come produttore e una collaborazione con la figlia Cassie.
Si guadagna il premio Downbeat Critics Poll per due consecutivi anni (cosa mai successa) mentre Rolling Stone, The New Yorker, Blender, e CNN gli danno riscontri positivi ma, forse, il più significativo riconoscimento arriva da Living Blues Reader che lo
premia (accanto a Etta James) con il titolo di “Best Blues Entertainer” del 2004.
BELOW THE FOLD (2005)
Telarc
Il suo settimo Cd, arriva nell’estate 2005 ed è un set dalla varietà stilistica di canzoni
che partono dal blues ma sono inondati da toni country e da misterioso, psichedelico
rock. Ancora una volta la critica è entusiasta, raggiunge il 12° posto nei Top 20 album
di Chicago Tribune.
DEFINITION OF A CRICLE (2007)
Telarc Records
Un set di 12 brani il cui tema varia dal personale al politico e costringe gli ascoltatori
a seguirlo in un viaggio “che apre gli occhi” e che include un cast eccezionale e vario
composto dal trombettista Ron Miles (vincitore del Downbeat come “top ten trumpet
players”), Il britannico chitarrista blues-rock Gary Moore, l’armonicista Charlie Musselwhite e il pianista jazz Hiromi Uehara e, come sempre, sua figlia Cassie Taylor che
aggiunge le proprie vocalità.
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Otis Taylor
RECAPTURING THE BANJO (2008)
Telarc Records
Un Album dove Otis assembla uno stellare gruppo per riscoprire le origini Africane del banjo tra i quali Guy Davis,
Corey Harris, Alvin Youngblood Hart, Keb’ Mo’ e Don
Vappi.
PANTATONIC WARS AND LOVE SONGS (2009)
Telarc Records
Un album che mette in luce le complessità dell’amore in
tutte le sue forme, con apparizioni dell’irlandese chitarrista
blues-rock Gary Moore (già sentito nell’album Definition of
a Circle del 2007) e il pianista jazz/hip-hop Jason Moran.
CLOVIS PEOPLE VOL 3 (2010)
Telarc Records
Questo album è, in qualche modo, un veicolo per Taylor
che può essere definito un archeologo ma di natura diversa, a riesaminare alcune delle verità da lui scoperte nella
sua epoca e conservarle per gli ascoltatori per un futuro
prossimo.
CONTRABAND (2012)
Telarc Records
14 brani originali dal terreno famigliare che parlano di amore, ingiustizie sociali, demoni personali e guerra.
Ma Otis Taylor’s Contraband non parla solo di questo ma
dell’intera umana esperienza. “Non sono realmente un cantante di protesta o una persona veramente politica, volevo
solo raccontare un’interessante storia e lasciare alle persone interpretarla a piacere.”
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MY WORLD IS GONE (2013)
Telarc
Il suo recente lavoro, nonchè tredicesimo album,realizzato nel 2013 sempre per la Telarc è un fulmine di creatività musicale e commento sociale.
I brani sono animati da un’intelligenza poetica e un unico e innovativo sound che bilancia il mondo moderno a richiami dell’antica Africa e Appalachia e non solo.
HEY JOE OPUS RED MEAT (2015)
Inakustik
Il suo primo lavoro per l’etichetta Inakustik è un’altra, meticolosa, artigianale, collezione
di canzoni e brani strumentali ed è solo affine alle precedenti registrazioni in quanto la
musica resiste alle facili categorizzazioni. Blues e folk sono gli elementi chiave di tutto
questo ma l’approccio all’avanguardia di Taylor spazia anche nel Psychedelic Rock,
Jazz e Americana per creare un ibrido che lui chiama “Trance Blues”.
Slang Music
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