DIARIO DI BORDO LUNEDI’ 22 MARZO 2010 presentato alla classe il PROGETTO PO FSE ABRUZZO 2007-2013 COMPETENZE METODOLOGICHE DEI DOCENTI DI DISCIPLINE TECNICO-SCIENTIFICHE. Il viaggio della conoscenza: prospetto le mete Illustrati i seguenti contenuti: (leggi ponderali della chimica, il metodo scientifico) (modo di procedere del metodo scientifico, costruzione di modelli e generalizzazione dei dati raccolti in leggi) ed esplicitazione delle modalità esecutive da parte del docente. Modalità di apprendimento (lezione frontale, uso di pensiero visivo con una rappresentazione schematica del modo di procedere della conoscenza. MARTEDI’ 23 MARZO 2010 Assegnazione del quesito: (come è fatto un atomo e come è cambiata nel tempo l’idea di atomo) Illustrati i seguenti contenuti: Modalità di apprendimento (lezione frontale, stesura sintetica di un modello, novità e criticità di un modello, divisione del lavoro in gruppi operativi di quattro alunne). Il metodo laboratoriale: come è possibile la scoperta guidata con momenti operativi per favorire l’acquisizione di concetti e lo sviluppo di capacità di analisi. Il metodo investigativo: l’indagine scientifica per favorire sia l’acquisizione del metodo scientifico sperimentale sia lo sviluppo di capacità ipotetico-deduttive di analisi e di sintesi,di problem solving. Metodo espositivo: lezione con momenti di discussione guidata e tecniche del problem solving al fine di favorire l’acquisizione di conoscenze, tecniche e procedimenti. GIOVEDI’25 MARZO 2010 Formulo ipotesi in merito ad esperienze laboratoriali ovvero come integro il sapere teorico con la manualità operativa di laboratorio Attività laboratoriale Obiettivo Dimostrazione pratica in laboratorio della validità della legge della conservazione della massa (parte prima) Materiale occorrente Bilancia Tecnica Una bottiglia di plastica da 300 ml con tappo a tenuta Acqua Miscela di carbonato acido di sodio, acido tartarico e acido malico Carta per pesare Modo di operare Prima parte Si pone sul piatto della bilancia la bottiglia vuota, il tappo, la carta per la pesata. Si azzera la bilancia. Si riempie la bottiglia di acqua fino a metà del suo volume. Si pesa il quantitativo di acqua. Si pesa sulla cartina una certa quantità della miscela. Si ottiene in questo modo la somma delle masse dei reagenti. Occorre ricordare che la cartina deve rimanere sul piatto della bilancia. Si mette la polvere nella bottiglia avendo cura di tappare la bottiglia prima che si sviluppi l’effervescenza. Si osserva sperimentalmente che la somma dei prodotti è la stessa. Seconda Parte Segue la verifica sperimentale che se l’anidride carbonica viene allontanata dal sistema aprendo la bottiglia si assiste ad una diminuzione della massa dei prodotti che sembra smentire la legge della conservazione della massa Conclusioni La miscela di polveri contiene delle sostanze che in acqua reagiscono con sviluppo di gas (anaidride carbonica). Senza entrare nel merito della reazione (decarbossilazione ossidativa) schematizzo la reazione: A+B+C= D + gas Nella prima parte dell’esperimento si conferma sperimentalmente la validità della legge: l’anidride carbonica sviluppata rimane nel sistema : essa è un gas incolore la cui massa partecipa all’equivalenza. La seconda parte dell’esperimento mostra che se si lascia allontanare l’anidride carbonica la somma delle masse dei prodotti è inferiore alla somma delle masse dei reagenti. Modalità di apprendimento (Approccio all'attività di laboratorio che dia maggiore importanza alla fase progettuale dell'esperimento; Problem solving) Commenti Vista la disponibilità di una sola bilancia tecnica, la mancanza di una cappa aspirante, la scarsa disponibilità temporale, la parte meramente operativa è stata svolta dall’insegnante mentre si è lasciato ampio spazio alla capacità progettuale delle allieve. Infatti nel procedere dell’esperimento solo state loro che opportunamente stimolate hanno individuato i vari passaggi e gli opportuni accorgimenti da adottare (es l’importanza della tara, la necessità di mantenere sul piatto della bilancia la cartina adoperata per pesare la polvere, la rapidità necessaria nel richiudere la bottiglia per evitare possibilità di fuga dell’anidride carbonica). Si è cercato di potenziare la creatività, il senso critico e logico, aspetti fondamentali della conoscenza in un contesto più informale e stimolante) Abbiamo cercato di far interagire il settore delle conoscenze con il settore dell’indagine ponendoci le seguenti domande 1) Problema Che cosa voglio trovare? Quali obiettivi devo raggiungere? 2) Prerequisiti Quali concetti posseggo sull’argomento? 3) Progetto operativo Come devo operare? Quali attrezzature e materiali dovrò adoperare? 4) Dati e osservazioni Che cosa ho osservato in ciascuna fase dell’esperimento? Quali dati posso raccogliere? 5) Deduzioni e risposta al problema Quali deduzioni posso trarre da ciascuna osservazione? A quali conclusioni posso pervenire facendo interagire le conoscenze del punto 2 con i dati e le osservazioni del punto 4? SABATO 27 MARZO 2010 Formulo ipotesi in merito ad esperienze laboratoriali ovvero come integro il sapere teorico con la manualità operativa di laboratorio Attività laboratoriale: prova anche tu Completiamo la fase laboratoriale analizzando un tipo diverso di reazione: Zinco e acido cloridrico messi a reagire in una beuta con tappo su una bilancia tecnica. Obiettivo Dimostrazione pratica in laboratorio della validità della legge della conservazione della massa (parte seconda) Materiale occorrente Bilancia Tecnica Una beuta di vetro da 250 ml con tappo a tenuta Acqua Zinco in granuli Soluzione di acido cloridrico 4M Carta per pesare Modo di operare Prima parte Poniamo sul piatto della bilancia la beuta vuota, il tappo, la carta per la pesata. Azzeriamo la bilancia. Riempiamo la beuta di acqua fino a metà del suo volume. Effettuiamo una diluizione 1:3 dell’acido cloridrico fumante 12 M. Pesiamo 2 ml della soluzione di acido così diluita. Pesiamo sulla cartina una certa quantità di zinco. Otteniamo in questo modo la somma delle masse dei reagenti. Occorre ricordare che la cartina deve rimanere sul piatto della bilancia. Mettiamo la polvere nella beuta avendo cura di tappare la bottiglia prima che si sviluppi gas. Osserviamo sperimentalmente che la somma dei prodotti è la stessa. Seconda Parte Segue la verifica sperimentale che se l’idrogeno sviluppato viene allontanato dal sistema aprendo la beuta si assiste ad una diminuzione della massa dei prodotti che sembra smentire la legge della conservazione della massa Si ha sviluppo di idrogeno e zinco passa in soluzione sotto forma di cloruro di zinco. Viene osservato il consumarsi della lamina di zinco. Generalizziamo: La legge è valida ed è una legge ponderale (Misurazione con la bilancia tecnica) Fino a quando la reazione avviene con la beuta tappata viene confermata la validità della legge di Lavoisier. Se si toglie il tappo e dà la possibilità al gas di lasciare la miscela di reazione si osserva sperimentalmente la diminuzione della massa pesata sulla bilancia. Le nuove conoscenze acquisite Terza parte Messa a fuoco del problema Sono capace di individuare il tipo di reazione osservata? Sono capace di scriverla e di bilanciarla? Le alunne scrivono autonomamente la reazione, la bilanciano e la classificano. Zn+2HCl=ZnCl2+H2 Reazione di spostamento o semplice scambio Cosa abbiamo fatto e perché? Abbiamo individuato l’approccio al metodo sperimentale messo a punto da Lavoisier. Abbiamo capito l’importanza di pesare anche i gas che si svolgevano nel corso delle varie reazioni chimiche. Dall’osservazione ripetuta dei risultati deriva la legge che spiega i diversi risultati sperimentali. LUNEDI’ 29 MARZO 2010 Sviluppo storico dei modelli atomici LABORATORIO A GRUPPI con assegnazione del quesito Cosa sappiamo a proposito del percorso storico dei modelli atomici? Viene effettuata la ricognizione dei diversi modelli attraverso la ricerca dati a gruppi: 1) Dalle leggi ponderali al modello di Dalton. 2) Il modello di Thomson. 3) L’esperienza di Rutherford e relativo modello di Rutherford. 4) Il modello di Bohr. 5) Dualismo onda-particella. Principio di indeterminazione. 6) La struttura dell’atomo secondo il modello degli orbitali. Regole per il riempimento degli orbitali. I gruppi sono costituiti da tre-quattro allieve che hanno a disposizione il libro di testo per rielaborare il percorso storico dei modelli atomici. A casa ricercano tramite Internet immagini utili per visualizzare i diversi modelli. LUNEDI’ 12 APRILE 2010 Formulo ipotesi e le metto a confronto (devi sapere che…) LABORATORIO A GRUPPI Ricerca dati a gruppi: Prosegue lo studio delle allieve guidato dall’insegnante che raccoglie gli stimoli da parte delle alunne e vaglia il lavoro fatto registrando anche le interpretazioni erronee e correggendole. E’ una sorta di lezione aperta ai piccoli gruppi che ha lo scopo di organizzare le nuove conoscenze in un quadro coerente. MARTEDI’ 13 APRILE 2010 Proseguono le attività di gruppo, non sempre le attività sono realizzate con ordine in tutti i gruppi. Le allieve sperimentano la continua evoluzione della scienza e ciascun gruppo si riallaccia al modello precedente e indica i limiti del modello da loro studiato facendo intravedere gli sviluppi del modello successivo. SABATO 17 APRILE 2010 Formulazione di una mappa concettuale Viene formulata la prima mappa concettuale che si riferisce alla prima unità didattica. L’insegnante consapevole delle difficoltà riscontrata dalle allieve nel discernere i concetti dalle relazioni aiuta le allieve a scrivere i concetti alla lavagna cui segue la discussione guidata dalla gerarchia da dare ai concetti. Si ordinano i concetti alla lavagna da quello più generale a quelli più specifici e le alunne individuano i legami e le parole chiave. Le alunne collaborano alla costruzione della mappa scrivendola contemporaneamente sul quaderno. LUNEDI’ 19 APRILE 2010 Dibattito e fase di condivisione dei vari modelli (fase di generalizzazione) Ha inizio il confronto dei modelli e delle motivazioni a sostegno. Si entra così pian piano nella costruzione del modello che è la fase di generalizzazione. Ciascun gruppo espone le evidenze sperimentali a sostegno del modello ma anche e soprattutto le criticità e che hanno consentito la revisione di ciascun modello. Ogni gruppo espone il proprio prodotto all’attenzione comune con una relazione analitica. Possiamo riassumere le relazioni secondo questo schematismo: LA TEORIA ATOMICA DI DALTON Lo studioso inglese J. Dalton all'inizio del XIX secolo, attraverso l'ingegnosa interpretazione delle leggi fondamentali della chimica a quel tempo note (la legge della conservazione della massa e la legge delle proporzioni definite), alle quali aggiunse quella da lui stesso formulata (la legge delle proporzioni multiple) arrivò alla conclusione che la materia é discontinua cioè formata da particelle. Sulla base di queste tre leggi Dalton nel 1803 formulò la prima teoria atomica della materia. Tale teoria può essere così schematizzata: o La materia non é continua, ma é composta da particelle che non possono essere ulteriormente divisibili né trasformabili, gli atomi; o Gli atomi di un particolare elemento sono tutti uguali tra loro e hanno la stessa massa; o Gli atomi di elementi diversi hanno massa e proprietà differenti; o Le reazioni chimiche avvengono tra atomi interi e non tra frazioni di essi; o In una reazione chimica tra due o più elementi gli atomi, pur conservando la propria identità, si combinano secondo rapporti definiti dando luogo a composti. IL MODELLO ATOMICO DI THOMSON Nel modello atomico di Thomson, formulato nel 1898, da J. J. Thomson, si ammetteva che l'atomo, piuttosto che la sferetta solida e compatta ipotizzata da Dalton, fosse un aggregato di particelle più semplici. Alla luce dei pochi dati sperimentali in suo possesso, J. J. Thomson ipotizzò che l'atomo fosse costituito da una sfera omogenea carica di elettricità positiva in cui gli elettroni erano distribuiti in maniera uniforme e senza una disposizione spaziale particolare. (Modello a panettone) IL MODELLO ATOMICO DI RHUTERFORD e relativa esperienza Rhuterford ipotizzò che la massa e la carica positiva fossero concentrate in una parte molto piccola dell'atomo chiamata nucleo, e che gli elettroni si trovavano nella zona periferica, a grande distanza dal nucleo. Questa ipotesi nasceva da un'importante esperienza, effettuata da due allievi di Rutherford. Una lamina sottilissima di metallo veniva bombardata con particelle alfa veloci; uno schermo rivelatore indicava poi i punti di arrivo della particelle alfa, permettendo quindi di stabilirne la traiettoria dopo il passaggio attraverso la lamina. Se fosse stato valido il modello di Thomson, cioè se l'atomo avesse avuto una struttura omogenea, la particelle alfa avrebbero dovuto comportarsi tutte nello stesso modo, perché in qualunque punto avessero colpito la lamina metallica avrebbero trovato situazioni equivalenti. In realtà le particelle alfa si comportarono in modo diverso: per la maggior parte passarono senza subire nessuna deviazione, ma alcune vennero deviate secondo vari angoli e alcune vennero addirittura respinte. Questo comportamento spinse Rutherford a formulare la sua ipotesi; le particelle che non venivano deviate erano quelle che passavano abbastanza distanti dai nuclei. Quelle che si avvicinavano ai nuclei venivano deviate per effetto della repulsione elettrica, visto che sia le particelle che i nuclei sono positivi; tanto più si avvicinavano ai nuclei, tanto più fortemente venivano deviate. Quelle che andavano direttamente verso i nuclei venivano respinte: queste ultime erano poche, perché il nucleo occupa una parte molto piccola rispetto allo spazio occupato da un atomo e quindi la probabilità che una particella si dirigesse proprio contro un nucleo era bassa. I risultati di queste esperienze condussero Rutherford a descrivere l’atomo come un minuscolo sistema solare in quanto il sole è rappresentato dal nucleo entrale e i pianeti dagli elettroni ruotanti su certe orbite (modello planetario). IL MODELLO ATOMICO DI BOHR Il nuovo modello di atomo fu proposto da Niels Bohr nel 1913. Alcuni anni prima Max Plank aveva introdotto un concetto che non faceva parte della fisica classica, quello di quantizzazione. Se una grandezza é può assumere soltanto determinati va-lori e non altri. Plank aveva dovuto introdurre questo concetto per spiegare un altro feno-meno che aveva costituito un rompicapo per i fisici: la radiazione del corpo nero. Bohr pensò che un'ipotesi analoga potesse permettere di spiegare i fenomeni che riguardano gli atomi. Il modello di Bohr si basa su alcune ipotesi fondamentali: o PRIMA IPOTESI: Nell'atomo gli elettroni ruotano intorno al nucleo su orbite circolari. Ognuna di queste orbite ha un raggio ben determinato. o SECONDA IPOTESI: Bohr studia la situazione dell'elettrone utilizzando le leggi della fisica classica. L'elettrone é soggetto alla forza di attrazione del nucleo. Questa forza provoca il suo moto di rotazione. Gli elettroni nelle loro orbite possiedono una certa quantità di energia; essi infatti sono in moto, e quindi hanno energia cinetica; inoltre hanno energia potenziale dovuta all'attrazione elettrostatica tra elettrone e nucleo. Finché un elettrone rimane nella sua orbita, non emette e non assorbe energia. Per passare da un'orbita con energia minore a un'orbita con energia maggiore (cioè da un'orbita più interna a una più esterna), l'elettrone deve ricevere dall'esterno una quantità di energia corrispondente alla differenza di energia fra le due orbite; se invece passa da un'orbita con energia maggiore a un'orbita con energia minore, l'elettrone emette una quantità di energia pari alla differenza di energia fra le due orbite. L'energia viene emessa o assorbita sotto forma di radiazione elettromagnetica. L'ipotesi di Bohr sulla struttura dell'atomo spiega quindi perché gli spettri di emissione degli atomi sono spettri discontinui, a righe: ogni riga corrisponde a un ben determinato valore di energia, che a sua volta corrisponde alla differenza di energia fra due orbite. MARTEDI’ 20 APRILE 2010 Dibattito e fase di condivisione dei vari modelli (fase di generalizzazione) Prosegue la presentazione da parte degli ultimi due gruppi che propongono il dualismo fra natura corpuscolare della materia e natura ondulatoria della stessa e come si giunge ad una descrizione più convincente della struttura atomica. LA VISIONE MODERNA DELL’ATOMO Il principio di indeterminazione di Heisemberg e la scoperta della doppia natura dell'elettrone da parte di de Broglie indicavano chiaramente una cosa: non era più possibile trattare l'elettrone come una particella classica. Bohr nel suo modello, aveva introdotto l'ipotesi della quantizzazione, ma per il resto aveva trattato l'elettrone come una particella classica, che si muove su orbite ben determinate il cui raggio può essere calcolato in base a semplici considerazioni meccaniche sulle forze in gioco. Le nuove scoperte però imponevano un modo completamente diverso di affrontare il problema, che portò all'elaborazione di una nuova fisica, la meccanica quantistica. Il termine orbitali indica le funzioni che si ottengono come soluzione dell'equazione di Schrodinger, che sono visualizzabili come regioni dello spazio intorno al nucleo, nelle quali é possibile trovare l'elettrone. Si può dire che gli orbitali hanno varie forme e si protendono lontano dal nucleo in modo diverso, in relazione ai numeri quantici che ne caratterizzano la funzione d'onda. Ogni funzione d'onda, o orbitale, descrive uno stato dell'atomo. Le diverse funzioni d'onda di un atomo si denotano indicando i valori dei tre numeri quantici: n, l, m; a ogni terzetto di numeri quantici corrisponde un orbitale ben preciso. I NUMERI QUANTICI • IL NUMERO QUANTICO PRINCIPALE n. Questo numero può assumere valori maggiori o uguali a 1.Ha il ruolo più importante nel determinare l'energia del dato orbitale. • IL NUMERO QUANTICO ANGOLARE l. É un numero legato al valore del momento angolare che l'elettrone ha nel suo moto intorno al nucleo; determina la forma degli orbitali e insieme al numero n, contribuisce a determinare l'energia. • IL NUMERO QUANTICO MAGNETICO m. É un numero che determina l'inclina-zione del vettore momento angolare dell'elettrone; determina l'orientamento degli orbitali nello spazio. Si dà spazio alla discussione guidata dall’insegnante e vengono chiariti dubbi e imprecisioni di esposizione o interpretazione. GIOVEDI’ 22 APRILE 2010 Risultati finali in termini di apprendimenti e di difficoltà. Abbiamo dedicato uno spazio alla verifica finale degli apprendimenti attraverso la costruzione di atomi utilizzando il metodo dell’Aufbau. Inoltre abbiamo realizzato personali relazioni scientifiche su gli esperimenti effettuati in laboratorio VERIFICA E VALUTAZIONE Sono stati individuati i seguenti "lettori" fondamentali per la definizione della valutazione: -atteggiamento nei confronti del lavoro didattico -acquisizione di abilità specifiche: conoscenza del linguaggio tecnico-scientifico -conoscenza dei contenuti -capacità espositive -capacità di correlare ed applicare i concetti acquisiti -capacità di relazionare in merito alle esperienze di laboratorio -capacità di formulare ipotesi a soluzione di quesiti sperimentali -capacità di costruire metodiche e strategie per la soluzione di quesiti sperimentali -capacità di acquisire un metodo di studio autonomo -capacità di lavorare in gruppo collaborando attivamente -capacità di risolvere problemi collegando gli aspetti teorici ed analizzando criticamente il lavoro Verifica finale in termini di apprendimenti e di soddisfazione da parte delle allieve Per verificare la validità delle metodologie adoperate e degli strumenti utilizzati abbiamo realizzato e compilato in maniera anonima un questionario di gradimento. L’atteggiamento nei confronti del lavoro didattico è stato di accettazione positiva ed entusiastica mentre difficoltà sono state registrate dalle alunne per ciò che riguarda le loro capacità espositive, la capacità di formulare ipotesi a soluzione di quesiti sperimentali, la capacità di correlare ed applicare i concetti acquisiti attraverso un metodo di studio più autonomo. Le alunne si sono mostrate concordi nel giudicare l’attività svolta da abbastanza a molto impegnativa. Consenso è stato mostrato nei commenti per ciò che riguarda il tipo di approccio che stimola la curiosità e l'osservazione, collega i saperi teorici con quelli pratici e tende verso una mentalità più flessibile. Dall’analisi dei questionari emerge un gradimento delle attività svolte e delle metodologie adoperate e una quasi unanime volontà e possibilità di riproporre l’intervento per ulteriori iniziative curriculari. L’unica critica registrata si riferisce al fatto che l’attività richiede troppo tempo e non tutti partecipano attivamente alle attività anche se si sottolinea che serve a chiarire molti dubbi. Un’alunna evidenzia che l’attività è stata senz’altro positiva ma che le sarebbe piaciuto avere più tempo a disposizione. Nel processo di autovalutazione tutte le alunne individuano un miglioramento nelle loro conoscenze rispetto alla situazione precedente l’intervento formativo. Verifica finale in termini di apprendimenti da parte del docente Al termine dell’attività formativa si è cercato di valutare l’apprendimento in termini di significatività, ovvero si è cercato di verificare il collegamento tra le nuove informazioni e i concetti che le allieve già possedevano. Si è valutata la capacità di comprensione di un testo scritto, individuando i concetti chiave , la loro capacità di rielaborare attraverso la stesura di relazioni e le capacità espositive soffermando un’attenzione particolare alla scelta dei termini e delle costruzioni linguistiche più appropriate. La valutazione nel complesso è positiva per tutte le alunne che hanno evidenziato discrete conoscenze e capacità rielaborative anche se talvolta con l’aiuto dell’insegnante. Nella stesura della relazione di laboratorio maggiori difficoltà sono state registrate in circa un terzo delle allieve nonostante sia stato proposta una sorta di scaletta per la composizione della relazione scritta evidenziando i principali punti da trattare: 1. Titolo: un’intestazione breve di carattere generale che contiene un riferimento agli obiettivi o alle conclusioni dell’esperimento. 2. Introduzione e descrizione: una presentazione nella quale si inquadra la problematica trattata all’interno di un ambito di carattere generale, si danno le definizioni e le premesse necessarie per la comprensione della procedura, della metodologia che poi seguiranno, si indicano eventuali le ipotesi di lavoro e di interpretazione. 3. Obiettivo: è lo scopo dell’esperienza, ciò che ci si prefigge di dimostrare o smentire, generalmente si farà poi esplicito riferimento a questa sezione nelle conclusioni. 4. Materiali: è un elenco accurato di tutti gli strumenti e gli oggetti che rientrano a qualsiasi titolo nella procedura che si realizza, tutti i materiali dovranno poi essere menzionati nella metodologia e tutto ciò che si trova nella successiva metodologia deve avere riscontro in questa sezione. 5. Metodologia: è un descrizione dettagliata e sequenziale della procedura realizzata per arrivare alla raccolta dei dati, le condizioni e i processi. I dati veri e propri non vi rientrano a pieno titolo ma vengono forniti nella successiva sezione. 6. Dati: è la presentazione delle misure effettuate (complete di grandezze e unità di misura), normalmente si tratta di una tabella riassuntiva. 7. Elaborazione e presentazione dei dati: la rappresentazione delle misure raccolte o di dati ottenuti da calcoli effettuati sulle misure, molto frequentemente ci si avvale di strumenti grafici (tipicamente la rappresentazione in un piano cartesiano) o modelli. 8. Formulazione di un modello matematico: se la serie di dati raccolti lo consente o per lo meno lo indica è possibile formulare un modello matematico che ricalchi in maniera sintetica il comportamento delle grandezze studiate, descrivendo il fenomeno in esame: tipicamente si tratta di esplicitare una relazione, un rapporto, una dipendenza, un legame esistente fra le grandezze coinvolte. 9. Formulazione di una legge chimica: se il modello matematico è soddisfacente e applicabile ai dati esso permette di calcolare il valore delle costanti implicate, trovando tale valore si può trasformare il generico modello matematico nella legge chimica e mettere tale legge chimica alla prova verificando la sua capacità di previsione. 10. Conclusioni: osservazioni finali che descrivono la legge chimica e la mettono in relazione con l’obbiettivo iniziale. . SABATO 15 MAGGIO 2010 Presento il lavoro finale come percorso unitario di conoscenza Presento alla classe il prodotto Power Point. Analizziamo il lavoro fatto e proviamo a formulare un giudizio. Cosa abbiamo appreso in termini di conoscenze? I modelli atomici nacquero, dunque, dall'intuizione di alcuni scienziati di fronte all'impossibilità di interpretare in modo semplice i fenomeni complessi. Inizialmente un modello si basa su un numero limitato di fenomeni, ma quando ulteriori fenomeni non trovano in esso apprezzabile riscontro, é necessario perfezionarlo o addirittura sostituirlo con un altro che risulti più aderente alla realtà Che cosa abbiamo fatto e perché? Che cosa ho imparato? E’ questa l’area della riflessione successiva alla fase della verifica e dell’autovalutazione. Essa ci è sembrata fruttuosa in quanto ha messo in evidenza che il percorso affrontato è stato interessante, divertente nella fase di gruppo e di intergruppo ma impegnativo nel momento della stesura del documento finale o di una mappa concettuale in cui le alunne stesse hanno manifestato la necessità di un’azione di supervisione da parte dell’insegnante. Dalla fase personalizzata di osservazione dei risultati ottenuti dai diversi scienziati le alunne sono giunte a soluzioni provvisorie e hanno dato luogo al confronto dei diversi modelli. Durante la fase finale del percorso le alunne sono giunte ad acquisire nuove consapevolezze sul procedere dell'indagine scientifica. In particolare hanno capito l’importanza di sottoporre i vari modelli alla prova dell'esperienza. Nel loro percorso formativo le allieve hanno praticato le procedure del metodo scientifico sia nella fase di laboratorio sia nella fase di lavoro di gruppo e di intergruppo e ne hanno valutato sia la rilevanza specifica che universale. Hanno in sostanza sperimentato la continua evoluzione che è propria della scienza.