DIARIO DI BORDO LUNEDI` 22 MARZO 2010 presentato alla classe

DIARIO DI BORDO
LUNEDI’ 22 MARZO 2010
presentato alla classe il PROGETTO PO FSE ABRUZZO 2007-2013 COMPETENZE
METODOLOGICHE DEI DOCENTI DI DISCIPLINE TECNICO-SCIENTIFICHE.
Il viaggio della conoscenza: prospetto le mete
Illustrati i seguenti contenuti:
(leggi ponderali della chimica, il metodo scientifico) (modo di procedere del metodo scientifico,
costruzione di modelli e generalizzazione dei dati raccolti in leggi) ed esplicitazione delle modalità
esecutive da parte del docente.
Modalità di apprendimento (lezione frontale, uso di pensiero visivo con una rappresentazione
schematica del modo di procedere della conoscenza.
MARTEDI’ 23 MARZO 2010
Assegnazione del quesito: (come è fatto un atomo e come è cambiata nel tempo l’idea di
atomo)
Illustrati i seguenti contenuti:
Modalità di apprendimento (lezione frontale, stesura sintetica di un modello, novità e criticità di un
modello, divisione del lavoro in gruppi operativi di quattro alunne).
Il metodo laboratoriale: come è possibile la scoperta guidata con momenti operativi per favorire
l’acquisizione di concetti e lo sviluppo di capacità di analisi.
Il metodo investigativo: l’indagine scientifica per favorire sia l’acquisizione del metodo scientifico
sperimentale sia lo sviluppo di capacità ipotetico-deduttive di analisi e di sintesi,di problem solving.
Metodo espositivo: lezione con momenti di discussione guidata e tecniche del problem solving al
fine di favorire l’acquisizione di conoscenze, tecniche e procedimenti.
GIOVEDI’25 MARZO 2010
Formulo ipotesi in merito ad esperienze laboratoriali ovvero come integro il sapere teorico
con la manualità operativa di laboratorio
Attività laboratoriale
Obiettivo
Dimostrazione pratica in laboratorio della validità della legge della conservazione della massa
(parte prima)
Materiale occorrente
Bilancia Tecnica
Una bottiglia di plastica da 300 ml con tappo a tenuta
Acqua
Miscela di carbonato acido di sodio, acido tartarico e acido malico
Carta per pesare
Modo di operare
Prima parte
Si pone sul piatto della bilancia la bottiglia vuota, il tappo, la carta per la pesata. Si azzera la
bilancia. Si riempie la bottiglia di acqua fino a metà del suo volume.
Si pesa il quantitativo di acqua. Si pesa sulla cartina una certa quantità della miscela.
Si ottiene in questo modo la somma delle masse dei reagenti. Occorre ricordare che la cartina deve
rimanere sul piatto della bilancia.
Si mette la polvere nella bottiglia avendo cura di tappare la bottiglia prima che si sviluppi
l’effervescenza.
Si osserva sperimentalmente che la somma dei prodotti è la stessa.
Seconda Parte
Segue la verifica sperimentale che se l’anidride carbonica viene allontanata dal sistema aprendo la
bottiglia si assiste ad una diminuzione della massa dei prodotti che sembra smentire la legge della
conservazione della massa
Conclusioni
La miscela di polveri contiene delle sostanze che in acqua reagiscono con sviluppo di gas (anaidride
carbonica). Senza entrare nel merito della reazione (decarbossilazione ossidativa) schematizzo la
reazione:
A+B+C= D + gas
Nella prima parte dell’esperimento si conferma sperimentalmente la validità della legge: l’anidride
carbonica sviluppata rimane nel sistema : essa è un gas incolore la cui massa partecipa
all’equivalenza.
La seconda parte dell’esperimento mostra che se si lascia allontanare l’anidride carbonica la somma
delle masse dei prodotti è inferiore alla somma delle masse dei reagenti.
Modalità di apprendimento (Approccio all'attività di laboratorio che dia maggiore importanza alla
fase progettuale dell'esperimento; Problem solving)
Commenti
Vista la disponibilità di una sola bilancia tecnica, la mancanza di una cappa aspirante, la scarsa
disponibilità temporale, la parte meramente operativa è stata svolta dall’insegnante mentre si è
lasciato ampio spazio alla capacità progettuale delle allieve. Infatti nel procedere dell’esperimento
solo state loro che opportunamente stimolate hanno individuato i vari passaggi e gli opportuni
accorgimenti da adottare (es l’importanza della tara, la necessità di mantenere sul piatto della
bilancia la cartina adoperata per pesare la polvere, la rapidità necessaria nel richiudere la bottiglia
per evitare possibilità di fuga dell’anidride carbonica).
Si è cercato di potenziare la creatività, il senso critico e logico, aspetti fondamentali della
conoscenza in un contesto più informale e stimolante)
Abbiamo cercato di far interagire il settore delle conoscenze con il settore dell’indagine ponendoci
le seguenti domande
1) Problema
Che cosa voglio trovare? Quali obiettivi devo raggiungere?
2) Prerequisiti
Quali concetti posseggo sull’argomento?
3) Progetto operativo
Come devo operare? Quali attrezzature e materiali dovrò adoperare?
4) Dati e osservazioni
Che cosa ho osservato in ciascuna fase dell’esperimento?
Quali dati posso raccogliere?
5) Deduzioni e risposta al problema
Quali deduzioni posso trarre da ciascuna osservazione?
A quali conclusioni posso pervenire facendo interagire le conoscenze del punto 2 con i dati e le
osservazioni del punto 4?
SABATO 27 MARZO 2010
Formulo ipotesi in merito ad esperienze laboratoriali ovvero come integro il sapere teorico
con la manualità operativa di laboratorio
Attività laboratoriale: prova anche tu
Completiamo la fase laboratoriale analizzando un tipo diverso di reazione:
Zinco e acido cloridrico messi a reagire in una beuta con tappo su una bilancia tecnica.
Obiettivo
Dimostrazione pratica in laboratorio della validità della legge della conservazione della massa
(parte seconda)
Materiale occorrente
Bilancia Tecnica
Una beuta di vetro da 250 ml con tappo a tenuta
Acqua
Zinco in granuli
Soluzione di acido cloridrico 4M
Carta per pesare
Modo di operare
Prima parte
Poniamo sul piatto della bilancia la beuta vuota, il tappo, la carta per la pesata. Azzeriamo la
bilancia. Riempiamo la beuta di acqua fino a metà del suo volume.
Effettuiamo una diluizione 1:3 dell’acido cloridrico fumante 12 M.
Pesiamo 2 ml della soluzione di acido così diluita. Pesiamo sulla cartina una certa quantità di zinco.
Otteniamo in questo modo la somma delle masse dei reagenti.
Occorre ricordare che la cartina deve rimanere sul piatto della bilancia.
Mettiamo la polvere nella beuta avendo cura di tappare la bottiglia prima che si sviluppi gas.
Osserviamo sperimentalmente che la somma dei prodotti è la stessa.
Seconda Parte
Segue la verifica sperimentale che se l’idrogeno sviluppato viene allontanato dal sistema aprendo la
beuta si assiste ad una diminuzione della massa dei prodotti che sembra smentire la legge della
conservazione della massa
Si ha sviluppo di idrogeno e zinco passa in soluzione sotto forma di cloruro di zinco. Viene
osservato il consumarsi della lamina di zinco.
Generalizziamo:
La legge è valida ed è una legge ponderale (Misurazione con la bilancia tecnica)
Fino a quando la reazione avviene con la beuta tappata viene confermata la validità della legge di
Lavoisier. Se si toglie il tappo e dà la possibilità al gas di lasciare la miscela di reazione si osserva
sperimentalmente la diminuzione della massa pesata sulla bilancia. Le nuove conoscenze acquisite
Terza parte
Messa a fuoco del problema
Sono capace di individuare il tipo di reazione osservata? Sono capace di scriverla e di bilanciarla?
Le alunne scrivono autonomamente la reazione, la bilanciano e la classificano.
Zn+2HCl=ZnCl2+H2
Reazione di spostamento o semplice scambio
Cosa abbiamo fatto e perché?
Abbiamo individuato l’approccio al metodo sperimentale messo a punto da Lavoisier.
Abbiamo capito l’importanza di pesare anche i gas che si svolgevano nel corso delle varie reazioni
chimiche. Dall’osservazione ripetuta dei risultati deriva la legge che spiega i diversi risultati
sperimentali.
LUNEDI’ 29 MARZO 2010
Sviluppo storico dei modelli atomici
LABORATORIO A GRUPPI con assegnazione del quesito
Cosa sappiamo a proposito del percorso storico dei modelli atomici?
Viene effettuata la ricognizione dei diversi modelli attraverso la ricerca dati a gruppi:
1) Dalle leggi ponderali al modello di Dalton.
2) Il modello di Thomson.
3) L’esperienza di Rutherford e relativo modello di Rutherford.
4) Il modello di Bohr.
5) Dualismo onda-particella. Principio di indeterminazione.
6) La struttura dell’atomo secondo il modello degli orbitali. Regole per il riempimento degli
orbitali.
I gruppi sono costituiti da tre-quattro allieve che hanno a disposizione il libro di testo per rielaborare
il percorso storico dei modelli atomici. A casa ricercano tramite Internet immagini utili per
visualizzare i diversi modelli.
LUNEDI’ 12 APRILE 2010
Formulo ipotesi e le metto a confronto (devi sapere che…)
LABORATORIO A GRUPPI
Ricerca dati a gruppi:
Prosegue lo studio delle allieve guidato dall’insegnante che raccoglie gli stimoli da parte delle
alunne e vaglia il lavoro fatto registrando anche le interpretazioni erronee e correggendole.
E’ una sorta di lezione aperta ai piccoli gruppi che ha lo scopo di organizzare le nuove conoscenze
in un quadro coerente.
MARTEDI’ 13 APRILE 2010
Proseguono le attività di gruppo, non sempre le attività sono realizzate con ordine in tutti i gruppi.
Le allieve sperimentano la continua evoluzione della scienza e ciascun gruppo si riallaccia al
modello precedente e indica i limiti del modello da loro studiato facendo intravedere gli sviluppi del
modello successivo.
SABATO 17 APRILE 2010
Formulazione di una mappa concettuale
Viene formulata la prima mappa concettuale che si riferisce alla prima unità didattica. L’insegnante
consapevole delle difficoltà riscontrata dalle allieve nel discernere i concetti dalle relazioni aiuta le
allieve a scrivere i concetti alla lavagna cui segue la discussione guidata dalla gerarchia da dare ai
concetti. Si ordinano i concetti alla lavagna da quello più generale a quelli più specifici e le alunne
individuano i legami e le parole chiave. Le alunne collaborano alla costruzione della mappa
scrivendola contemporaneamente sul quaderno.
LUNEDI’ 19 APRILE 2010
Dibattito e fase di condivisione dei vari modelli (fase di generalizzazione)
Ha inizio il confronto dei modelli e delle motivazioni a sostegno. Si entra così pian piano nella
costruzione del modello che è la fase di generalizzazione.
Ciascun gruppo espone le evidenze sperimentali a sostegno del modello ma anche e soprattutto le
criticità e che hanno consentito la revisione di ciascun modello.
Ogni gruppo espone il proprio prodotto all’attenzione comune con una relazione analitica.
Possiamo riassumere le relazioni secondo questo schematismo:
LA TEORIA ATOMICA DI DALTON
Lo studioso inglese J. Dalton all'inizio del XIX secolo, attraverso l'ingegnosa interpretazione delle
leggi fondamentali della chimica a quel tempo note (la legge della conservazione della massa e la
legge delle proporzioni definite), alle quali aggiunse quella da lui stesso formulata (la legge delle
proporzioni multiple) arrivò alla conclusione che la materia é discontinua cioè formata da particelle.
Sulla base di queste tre leggi Dalton nel 1803 formulò la prima teoria atomica della materia. Tale
teoria può essere così schematizzata:
o
La materia non é continua, ma é composta da particelle che non possono essere
ulteriormente divisibili né trasformabili, gli atomi;
o
Gli atomi di un particolare elemento sono tutti uguali tra loro e hanno la stessa massa;
o
Gli atomi di elementi diversi hanno massa e proprietà differenti;
o
Le reazioni chimiche avvengono tra atomi interi e non tra frazioni di essi;
o
In una reazione chimica tra due o più elementi gli atomi, pur conservando la propria identità,
si combinano secondo rapporti definiti dando luogo a composti.
IL MODELLO ATOMICO DI THOMSON
Nel modello atomico di Thomson, formulato nel 1898, da J. J. Thomson, si ammetteva che l'atomo,
piuttosto che la sferetta solida e compatta ipotizzata da Dalton, fosse un aggregato di particelle più
semplici. Alla luce dei pochi dati sperimentali in suo possesso, J. J. Thomson ipotizzò che l'atomo
fosse costituito da una sfera omogenea carica di elettricità positiva in cui gli elettroni erano
distribuiti in maniera uniforme e senza una disposizione spaziale particolare. (Modello a panettone)
IL MODELLO ATOMICO DI RHUTERFORD e relativa esperienza
Rhuterford ipotizzò che la massa e la carica positiva fossero concentrate in una parte molto piccola
dell'atomo chiamata nucleo, e che gli elettroni si trovavano nella zona periferica, a grande distanza
dal nucleo.
Questa ipotesi nasceva da un'importante esperienza, effettuata da due allievi di Rutherford. Una
lamina sottilissima di metallo veniva bombardata con particelle alfa veloci; uno schermo rivelatore
indicava poi i punti di arrivo della particelle alfa, permettendo quindi di stabilirne la traiettoria dopo
il passaggio attraverso la lamina.
Se fosse stato valido il modello di Thomson, cioè se l'atomo avesse avuto una struttura omogenea,
la particelle alfa avrebbero dovuto comportarsi tutte nello stesso modo, perché in qualunque punto
avessero colpito la lamina metallica avrebbero trovato situazioni equivalenti.
In realtà le particelle alfa si comportarono in modo diverso: per la maggior parte passarono senza
subire nessuna deviazione, ma alcune vennero deviate secondo vari angoli e alcune vennero
addirittura respinte. Questo comportamento spinse Rutherford a formulare la sua ipotesi; le
particelle che non venivano deviate erano quelle che passavano abbastanza distanti dai nuclei.
Quelle che si avvicinavano ai nuclei venivano deviate per effetto della repulsione elettrica, visto che
sia le particelle che i nuclei sono positivi; tanto più si avvicinavano ai nuclei, tanto più fortemente
venivano deviate. Quelle che andavano direttamente verso i nuclei venivano respinte: queste ultime
erano poche, perché il nucleo occupa una parte molto piccola rispetto allo spazio occupato da un
atomo e quindi la probabilità che una particella si dirigesse proprio contro un nucleo era bassa.
I risultati di queste esperienze condussero Rutherford a descrivere l’atomo come un minuscolo
sistema solare in quanto il sole è rappresentato dal nucleo entrale e i pianeti dagli elettroni ruotanti
su certe orbite (modello planetario).
IL MODELLO ATOMICO DI BOHR
Il nuovo modello di atomo fu proposto da Niels Bohr nel 1913.
Alcuni anni prima Max Plank aveva introdotto un concetto che non faceva parte della fisica
classica, quello di quantizzazione. Se una grandezza é può assumere soltanto determinati va-lori e
non altri. Plank aveva dovuto introdurre questo concetto per spiegare un altro feno-meno che aveva
costituito un rompicapo per i fisici: la radiazione del corpo nero. Bohr pensò che un'ipotesi analoga
potesse permettere di spiegare i fenomeni che riguardano gli atomi. Il modello di Bohr si basa su
alcune ipotesi fondamentali:
o
PRIMA IPOTESI: Nell'atomo gli elettroni ruotano intorno al nucleo su orbite circolari.
Ognuna di queste orbite ha un raggio ben determinato.
o
SECONDA IPOTESI: Bohr studia la situazione dell'elettrone utilizzando le leggi della fisica
classica. L'elettrone é soggetto alla forza di attrazione del nucleo. Questa forza provoca il suo moto
di rotazione. Gli elettroni nelle loro orbite possiedono una certa quantità di energia; essi infatti sono
in moto, e quindi hanno energia cinetica; inoltre hanno energia potenziale dovuta all'attrazione
elettrostatica tra elettrone e nucleo. Finché un elettrone rimane nella sua orbita, non emette e non
assorbe energia.
Per passare da un'orbita con energia minore a un'orbita con energia maggiore (cioè da un'orbita più
interna a una più esterna), l'elettrone deve ricevere dall'esterno una quantità di energia
corrispondente alla differenza di energia fra le due orbite; se invece passa da un'orbita con energia
maggiore a un'orbita con energia minore, l'elettrone emette una quantità di energia pari alla
differenza di energia fra le due orbite. L'energia viene emessa o assorbita sotto forma di radiazione
elettromagnetica.
L'ipotesi di Bohr sulla struttura dell'atomo spiega quindi perché gli spettri di emissione degli atomi
sono spettri discontinui, a righe: ogni riga corrisponde a un ben determinato valore di energia, che a
sua volta corrisponde alla differenza di energia fra due orbite.
MARTEDI’ 20 APRILE 2010
Dibattito e fase di condivisione dei vari modelli (fase di generalizzazione)
Prosegue la presentazione da parte degli ultimi due gruppi che propongono il dualismo fra natura
corpuscolare della materia e natura ondulatoria della stessa e come si giunge ad una descrizione più
convincente della struttura atomica.
LA VISIONE MODERNA DELL’ATOMO
Il principio di indeterminazione di Heisemberg e la scoperta della doppia natura dell'elettrone da
parte di de Broglie indicavano chiaramente una cosa: non era più possibile trattare l'elettrone come
una particella classica.
Bohr nel suo modello, aveva introdotto l'ipotesi della quantizzazione, ma per il resto aveva trattato
l'elettrone come una particella classica, che si muove su orbite ben determinate il cui raggio può
essere calcolato in base a semplici considerazioni meccaniche sulle forze in gioco. Le nuove
scoperte però imponevano un modo completamente diverso di affrontare il problema, che portò
all'elaborazione di una nuova fisica, la meccanica quantistica.
Il termine orbitali indica le funzioni che si ottengono come soluzione dell'equazione di Schrodinger,
che sono visualizzabili come regioni dello spazio intorno al nucleo, nelle quali é possibile trovare
l'elettrone. Si può dire che gli orbitali hanno varie forme e si protendono lontano dal nucleo in modo
diverso, in relazione ai numeri quantici che ne caratterizzano la funzione d'onda. Ogni funzione
d'onda, o orbitale, descrive uno stato dell'atomo. Le diverse funzioni d'onda di un atomo si denotano
indicando i valori dei tre numeri quantici: n, l, m; a ogni terzetto di numeri quantici corrisponde un
orbitale ben preciso.
I NUMERI QUANTICI
•
IL NUMERO QUANTICO PRINCIPALE n. Questo numero può assumere valori maggiori
o uguali a 1.Ha il ruolo più importante nel determinare l'energia del dato orbitale.
•
IL NUMERO QUANTICO ANGOLARE l. É un numero legato al valore del momento
angolare che l'elettrone ha nel suo moto intorno al nucleo; determina la forma degli orbitali e
insieme al numero n, contribuisce a determinare l'energia.
•
IL NUMERO QUANTICO MAGNETICO m. É un numero che determina l'inclina-zione
del vettore momento angolare dell'elettrone; determina l'orientamento degli orbitali nello spazio.
Si dà spazio alla discussione guidata dall’insegnante e vengono chiariti dubbi e imprecisioni di
esposizione o interpretazione.
GIOVEDI’ 22 APRILE 2010
Risultati finali in termini di apprendimenti e di difficoltà.
Abbiamo dedicato uno spazio alla verifica finale degli apprendimenti attraverso la costruzione di
atomi utilizzando il metodo dell’Aufbau. Inoltre abbiamo realizzato personali relazioni scientifiche
su gli esperimenti effettuati in laboratorio
VERIFICA E VALUTAZIONE
Sono stati individuati i seguenti "lettori" fondamentali per la definizione della valutazione:
-atteggiamento nei confronti del lavoro didattico
-acquisizione di abilità specifiche: conoscenza del linguaggio tecnico-scientifico
-conoscenza dei contenuti
-capacità espositive
-capacità di correlare ed applicare i concetti acquisiti
-capacità di relazionare in merito alle esperienze di laboratorio
-capacità di formulare ipotesi a soluzione di quesiti sperimentali
-capacità di costruire metodiche e strategie per la soluzione di quesiti sperimentali
-capacità di acquisire un metodo di studio autonomo
-capacità di lavorare in gruppo collaborando attivamente
-capacità di risolvere problemi collegando gli aspetti teorici ed analizzando criticamente il lavoro
Verifica finale in termini di apprendimenti e di soddisfazione da parte delle allieve
Per verificare la validità delle metodologie adoperate e degli strumenti utilizzati abbiamo realizzato
e compilato in maniera anonima un questionario di gradimento.
L’atteggiamento nei confronti del lavoro didattico è stato di accettazione positiva ed entusiastica
mentre difficoltà sono state registrate dalle alunne per ciò che riguarda le loro capacità espositive, la
capacità di formulare ipotesi a soluzione di quesiti sperimentali, la capacità di correlare ed applicare
i concetti acquisiti attraverso un metodo di studio più autonomo. Le alunne si sono mostrate
concordi nel giudicare l’attività svolta da abbastanza a molto impegnativa.
Consenso è stato mostrato nei commenti per ciò che riguarda il tipo di approccio che stimola la
curiosità e l'osservazione, collega i saperi teorici con quelli pratici e tende verso una mentalità più
flessibile.
Dall’analisi dei questionari emerge un gradimento delle attività svolte e delle metodologie
adoperate e una quasi unanime volontà e possibilità di riproporre l’intervento per ulteriori iniziative
curriculari.
L’unica critica registrata si riferisce al fatto che l’attività richiede troppo tempo e non tutti
partecipano attivamente alle attività anche se si sottolinea che serve a chiarire molti dubbi.
Un’alunna evidenzia che l’attività è stata senz’altro positiva ma che le sarebbe piaciuto avere più
tempo a disposizione. Nel processo di autovalutazione tutte le alunne individuano un miglioramento
nelle loro conoscenze rispetto alla situazione precedente l’intervento formativo.
Verifica finale in termini di apprendimenti da parte del docente
Al termine dell’attività formativa si è cercato di valutare l’apprendimento in termini di
significatività, ovvero si è cercato di verificare il collegamento tra le nuove informazioni e i
concetti che le allieve già possedevano.
Si è valutata la capacità di comprensione di un testo scritto, individuando i concetti chiave , la loro
capacità di rielaborare attraverso la stesura di relazioni e le capacità espositive soffermando
un’attenzione particolare alla scelta dei termini e delle costruzioni linguistiche più appropriate.
La valutazione nel complesso è positiva per tutte le alunne che hanno evidenziato discrete
conoscenze e capacità rielaborative anche se talvolta con l’aiuto dell’insegnante.
Nella stesura della relazione di laboratorio maggiori difficoltà sono state registrate in circa un terzo
delle allieve nonostante sia stato proposta una sorta di scaletta per la composizione della relazione
scritta evidenziando i principali punti da trattare:
1. Titolo: un’intestazione breve di carattere generale che contiene un riferimento agli obiettivi
o alle conclusioni dell’esperimento.
2. Introduzione e descrizione: una presentazione nella quale si inquadra la problematica
trattata all’interno di un ambito di carattere generale, si danno le definizioni e le premesse
necessarie per la comprensione della procedura, della metodologia che poi seguiranno, si
indicano eventuali le ipotesi di lavoro e di interpretazione.
3. Obiettivo: è lo scopo dell’esperienza, ciò che ci si prefigge di dimostrare o smentire,
generalmente si farà poi esplicito riferimento a questa sezione nelle conclusioni.
4. Materiali: è un elenco accurato di tutti gli strumenti e gli oggetti che rientrano a qualsiasi
titolo nella procedura che si realizza, tutti i materiali dovranno poi essere menzionati nella
metodologia e tutto ciò che si trova nella successiva metodologia deve avere riscontro in
questa sezione.
5. Metodologia: è un descrizione dettagliata e sequenziale della procedura realizzata per
arrivare alla raccolta dei dati, le condizioni e i processi. I dati veri e propri non vi rientrano a
pieno titolo ma vengono forniti nella successiva sezione.
6. Dati: è la presentazione delle misure effettuate (complete di grandezze e unità di misura),
normalmente si tratta di una tabella riassuntiva.
7. Elaborazione e presentazione dei dati: la rappresentazione delle misure raccolte o di dati
ottenuti da calcoli effettuati sulle misure, molto frequentemente ci si avvale di strumenti
grafici (tipicamente la rappresentazione in un piano cartesiano) o modelli.
8. Formulazione di un modello matematico: se la serie di dati raccolti lo consente o per lo
meno lo indica è possibile formulare un modello matematico che ricalchi in maniera
sintetica il comportamento delle grandezze studiate, descrivendo il fenomeno in esame:
tipicamente si tratta di esplicitare una relazione, un rapporto, una dipendenza, un legame
esistente fra le grandezze coinvolte.
9. Formulazione di una legge chimica: se il modello matematico è soddisfacente e
applicabile ai dati esso permette di calcolare il valore delle costanti implicate, trovando tale
valore si può trasformare il generico modello matematico nella legge chimica e mettere tale
legge chimica alla prova verificando la sua capacità di previsione.
10. Conclusioni: osservazioni finali che descrivono la legge chimica e la mettono in relazione
con l’obbiettivo iniziale.
.
SABATO 15 MAGGIO 2010
Presento il lavoro finale come percorso unitario di conoscenza
Presento alla classe il prodotto Power Point. Analizziamo il lavoro fatto e proviamo a formulare un
giudizio.
Cosa abbiamo appreso in termini di conoscenze?
I modelli atomici nacquero, dunque, dall'intuizione di alcuni scienziati di fronte all'impossibilità di
interpretare in modo semplice i fenomeni complessi. Inizialmente un modello si basa su un numero
limitato di fenomeni, ma quando ulteriori fenomeni non trovano in esso apprezzabile riscontro, é
necessario perfezionarlo o addirittura sostituirlo con un altro che risulti più aderente alla realtà
Che cosa abbiamo fatto e perché? Che cosa ho imparato?
E’ questa l’area della riflessione successiva alla fase della verifica e dell’autovalutazione. Essa ci è
sembrata fruttuosa in quanto ha messo in evidenza che il percorso affrontato è stato interessante,
divertente nella fase di gruppo e di intergruppo ma impegnativo nel momento della stesura del
documento finale o di una mappa concettuale in cui le alunne stesse hanno manifestato la necessità
di un’azione di supervisione da parte dell’insegnante.
Dalla fase personalizzata di osservazione dei risultati ottenuti dai diversi scienziati le alunne sono
giunte a soluzioni provvisorie e hanno dato luogo al confronto dei diversi modelli.
Durante la fase finale del percorso le alunne sono giunte ad acquisire nuove consapevolezze sul
procedere dell'indagine scientifica. In particolare hanno capito l’importanza di sottoporre i vari
modelli alla prova dell'esperienza.
Nel loro percorso formativo le allieve hanno praticato le procedure del metodo scientifico sia nella
fase di laboratorio sia nella fase di lavoro di gruppo e di intergruppo e ne hanno valutato sia la
rilevanza specifica che universale.
Hanno in sostanza sperimentato la continua evoluzione che è propria della scienza.