Autore: Mauro Marchesotti
Si ringrazia per la collaborazione Pierantonio Marchese, Giovannino Maio, Gianni D’Addio,
Cesare Nicorelli, Pierclaudio Pronzato, Gian Paolo Rossi
INDICE
I DISPOSITIVI MEDICI………………………………………………………………. Pag. 2
LE APPARECCHIATURE ELETTROMEDICALI………………………………… Pag. 3
IL RISCHIO MECCANICO………………………………………………………….. Pag. 4
Libretto di Istruzioni……………………………………………………………………………….
Pag. 5
Segnaletica di avvertimento……………………………………………………………………...
Pag. 5
Marcatura CE………………………………………………………………………………………..
Pag. 5
La formazione……………………………………………………………………………………….
Pag. 5
I ritmi di lavoro…………..…………………………………………………………………………
Pag. 6
L'illuminazione…………..………………………………………………………………………..
Pag. 6
L'attenzione…………..…………………………………………………………………………….
Pag. 6
L'ELETTROBISTURI…………..……………………………………………………………………….
Pag. 7
Considerazioni sulla sicurezza…………..……………………………………………………..
Pag. 9
L’ ELETTROCARDIOGRAFO…………..…………………………………………...………………..
Pag. 11
Considerazioni sulla sicurezza…………..………………………………...…………………...
Pag. 12
IL DEFIBRILLATORE…………..………………………………………………………………………
Pag. 13
Principi costruttivi…………..……………………………………………………………………
Pag. 13
Architettura dello strumento..……………………………………………………………….…
Pag. 14
Applicazioni…………..……………………………………………………………………………
Pag. 16
Sviluppi…………..…………………………………………………………………………………
Pag. 17
Considerazioni sulla sicurezza…………..…………………………………………………….
Pag. 17
Test………………………………………………………………………………………………….
Pag. 18
Bibliografia…………………………………………………………………………………………
Pag. 19
Scopo
Fornire ai dipendenti neo assunti le principali conoscenze sul corretto utilizzo delle
principali apparecchiature elettromedicali in utilizzo in ambiente sanitario.
Obiettivo:
 conoscere i rischi delle principali apparecchiature elettromedicali
1
I DISPOSITIVI MEDICI
DISPOSITIVI MEDICI
ELETTROMEDICALI
APPARECCHIATURE BIOMEDICHE
Dispositivo medico: “qualsiasi strumento, apparecchio, impianto, sostanza o altro prodotto, utilizzato da
solo o in combinazione, compreso il software informatico impiegato per il corretto funzionamento, e destinato dal
fabbricante ad essere impiegato nell'uomo a scopo di diagnosi, prevenzione, controllo, terapia o attenuazione di
una malattia; di diagnosi, controllo, terapia, attenuazione o compensazione di una ferita o di un handicap; di
studio, sostituzione o modifica dell'anatomia o di un processo fisiologico; di intervento sul
concepimento, il quale prodotto non eserciti l'azione principale, nel o sul corpo umano, cui è destinato, con mezzi
farmacologici o immunologici né mediante processo metabolico ma la cui funzione possa essere coadiuvata da tali
mezzi”
2
Come evidenziato negli insiemi precedentemente descritti gli elettromedicali ricadono tra le
apparecchiature destinatarie di normativa quali dispositivi medici, nonché norme tecniche
specifiche nazionali o internazionali, in assenza di norme specifiche nazionali.
Le apparecchiature elettromedicali
L’utilizzo delle apparecchiature elettromedicali non prevede una distinzione in livelli di
informazione: è necessario conoscere in modo approfondito l’apparecchiatura (codice rosso ■) al
fine di evitare o ridurre i rischi al minimo per l’operatore e il paziente e soprattutto, prima di
utilizzare dette apparecchiature, bisogna conoscere il manuale d’ istruzioni d’uso, che deve essere
redatto in lingua italiana e deve accompagnare sempre la macchina, in modo che sia a disposizione
dell’operatore in qualsiasi momento.
La sicurezza delle apparecchiature elettromedicali è regolata da specifica normativa, che mette in
risalto il fatto che la sicurezza può essere ed è realizzata da più figure professionali, che a vario
titolo concorrono alla realizzazione e all’utilizzo corretto dell’apparecchiatura stessa.
1.
Compiti del costruttore
□
Direttive europee e normative internazionali fissano per i costruttori i requisiti essenziali
delle apparecchiature.
□
Effettuare un’analisi dei rischi legati all’utilizzo.
□
Corredare l’apparecchiatura di un manuale di istruzioni in italiano per le manutenzioni
correnti a carico dell’utente.
□
Segnaletica specifica per i punti più pericolosi.
□
Schemi elettrici, ricambi per il personale qualificato
2.
Compiti degli utilizzatori
□
Gli utenti, medici, infermieri e tecnici, devono conoscere perfettamente il manuale d’uso
dell’apparecchiatura.
□
La formazione specifica deve essere trasmessa agli addetti contestualmente all’acquisto e
comunque prima dell’utilizzo
□
Rispettare la destinazione d’uso delle apparecchiature
□
Segnalare tempestivamente le alterazioni rispetto alle caratteristiche dichiarate e alle
prestazioni
□
Partecipare a corsi interni o esterni e a seminari di aggiornamento sulle nuove tecnologie
3.
Operatori/manutentori
3
□
Verificare da parte dell’operatore la corretta installazione secondo quanto prescritto dal
manuale e, se non si è in grado, con l’ausilio dei servizi di Ingegneria Clinica interni o
esterni.
□
Rispettare le procedure e i tempi di manutenzione indicate dal costruttore
IL RISCHIO MECCANICO
Ovunque vi sia un utilizzo di apparecchiature e macchine che abbiano parti rotanti o in movimento
è presente anche il rischio infortunistico.
Le parti in movimento possono urtare gli arti o altre parti del corpo, possono schiacciare mani o
piedi, possono afferrare i vestiti o i capelli infliggendo traumi tanto più gravi quanto più veloci sono
i movimenti, quanto più accessibili sono le parti interessate e quanto più sono lenti i dispositivi di
arresto.
Anche se non è tradizionalmente associato all'ambiente sanitario, il rischio meccanico è presente
negli ospedali laddove si sono introdotti sistemi di movimentazione meccanizzata dei pazienti e
nelle attività collaterali all'assistenza, come le operazioni di manutenzione e di officina, il trasporto
di materiali, i sistemi meccanici di archiviazione e di magazzino e in generale in tutte le attività che
utilizzano macchinari.
Le norme di prevenzione affrontano il rischio meccanico da due fronti distinti: quello tecnico meccanico e quello organizzativo e gestionale.
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Fino dalle norme emesse negli anni cinquanta era fatto obbligo di utilizzare tutti i mezzi tecnici
disponibili per impedire che le parti in movimento dei macchinari fossero accessibili e potessero
venire a contatto con le dita, gli arti e il corpo degli operatori.
La "Direttiva Macchine" emessa a livello europeo, impone ai progettisti di tenere in conto gli aspetti
di sicurezza già nella progettazione delle macchine e delle apparecchiature.
Sono stati così studiati diversi tipi di griglie, di barriere meccaniche e fotoelettriche per rendere
inaccessibili le parti pericolose dei macchinari e per arrestare con effetto immediato i movimenti in
caso di ingresso accidentale degli arti dell'operatore nelle zone pericolose.
Dal lato organizzativo e gestionale le norme impongono una serie di accorgimenti che mirano a
rendere più agevole l'utilizzo delle macchine e ad aumentare la consapevolezza dell'operatore sulla
presenza dei rischi e sul corretto utilizzo dell'attrezzatura con cui lavora.
Secondo la Direttiva Macchine ogni apparecchiatura deve essere obbligatoriamente corredata di:

Libretto di Istruzioni
E' formato da una serie di indicazioni (talvolta anche su supporto informatico), in particolare da
tutte quelle per l'utilizzo corretto della macchina; una parte del libretto è appositamente
dedicata alle misure di sicurezza, e presenta i principali rischi che l'impiego della macchina
comporta; presenta inoltre i comportamenti e gli utilizzi errati che possono introdurre ulteriori
rischi. Il libretto di istruzioni deve essere redatto in italiano.

Segnaletica di avvertimento
Sulla macchina devono essere segnalate le zone pericolose per gli arti o il corpo dell'operatore;
anche queste indicazioni devono essere scritte in italiano ed essere ben visibili durante il
normale uso della macchina.

Marcatura CE
Le macchine progettate e costruite rispettando le indicazioni della Direttiva Macchine devono
essere marcate con l'ormai noto simbolo CE. La presenza della marcatura garantisce la
conformità ai requisiti essenziali di sicurezza prescritti dalla Direttiva stessa. La presenza eventuale del marchio IMQ assicura la conformità alle norme CEI.
La formazione
Le macchine di utilizzo più complesso, o che presentano rischi specifici, hanno bisogno di un
processo di formazione e di addestramento per essere utilizzate nel modo migliore; parte dell'addestramento deve essere rivolto agli aspetti di sicurezza.
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Tutti gli accorgimenti tecnici o organizzativi, anche se hanno fortemente migliorato la sicurezza e
l'affidabilità delle attrezzature da lavoro, da soli non bastano a garantire l'assenza di incidenti, come
ben attesta la progressione degli infortuni dagli anni cinquanta in poi.
Non si può considerare la sicurezza di un macchinario senza considerare insieme il contesto in cui
viene utilizzata; vi sono fattori fortemente incidenti sulla sicurezza che sono esterni alla macchina e
riguardano in generale l'organizzazione e l'ambiente di lavoro:

I ritmi di lavoro
Anche le operazioni più semplici possono diventare un rischio se compiute in fretta e senza la
necessaria attenzione, si pensi agli innumerevoli incidenti con tagli o punture che avvengono
nelle sale operatorie.

L'illuminazione
Un’illuminazione non adeguata impedisce una chiara percezione della segnaletica di sicurezza
e dei comandi riducendo il grado di informazione dell'operatore e aumentando il rischio di eseguire manovre errate.

L'attenzione
Un ambiente di lavoro rumoroso, in cui i lavoratori devono rispondere a diverse sollecitazioni a
un ritmo sostenuto, impedisce che le attrezzature vengano utilizzate con la necessaria attenzione.
In conclusione, l'utilizzo di macchinari comporta sempre un grado di rischio che gli accorgimenti
tecnici non riescono ad eliminare; non bisogna mai dimenticare o sottovalutare questi rischi,
nemmeno nel compiere le operazioni più semplici.
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L'elettrobisturi
Codifica
AC.MA.GEST.1
ELB
Denominazione
Elettrobisturi
Descrizione
taglia e coagula i tessuti per mezzo di energia a radiofrequenza fornita
all'estremità di un manipolo.
L'elettrobisturi è un'apparecchiatura che ha lo scopo di eseguire alcune funzioni nell'ambito
chirurgico, quali il taglio e la coagulazione di tessuti biologici, mediante correnti a
radiofrequenza. Esso utilizza il riscaldamento prodotto per effetto Joule dal passaggio di tali
correnti. L'aumento di temperatura è funzione della densità di potenza e del tempo di
applicazione, ed il suo livello può essere tale da surriscaldare il tessuto fino a determinare l'effetto
di coagulazione o taglio.
Si usano solitamente correnti con frequenze
maggiori di 0,3 MHz, per evitare l'effetto
collaterale di stimolazione di nervi e muscoli, ed
inferiori a 5 MHz per minimizzare i problemi
legati alle correnti di dispersione ad alta
frequenza.
L'elettrobisturi è collegato al paziente tramite un
elettrodo di piccole dimensioni (elettrodo attivo)
ed uno di elevata superficie (elettrodo neutro o
piastra) applicato al paziente.
1
AC.MA.GEST è l’acronimo di acquisizione-manutenzione-gestione. Si tratta di una codifica delle tecnologie
biomediche, derivata dal progetto finanziato negli anni ‘80 dal C.N.R. e dal Ministero della Sanità.
7
La corrente, pur avendo lo stesso valore assoluto
sui due elettrodi, ha una densità molto più
elevata in corrispondenza dell'elettrodo attivo,
dove si dissipa in calore la quasi totalità della
potenza elettrica.
Il secondo elettrodo deve avere una superficie di
contatto con il paziente ampia per diminuire la
densità della corrente e contemporaneamente
fornire una via di ritorno a bassa resistenza.
Le tecniche adottate negli elettrobisturi per il rientro della corrente in uscita dall'elettrodo attivo
possono essere di tre tipi: monopolare, bipolare o monopolare monoterminale.

La configurazione di funzionamento monopolare prevede un elettrodo attivo ed un elettrodo
di ritorno di forma e funzione nettamente distinte. L'elettrodo attivo o bisturi, costituito da
una parte metallica, la cui forma varia a seconda della necessità specifica, inserita in un
manico isolato detto manipolo, è caratterizzato da una forma appiattita, sferica, ad anello o
ad ago. Può essere usato sia per tagliare il tessuto sia per coagulare ferite di piccole
dimensioni. Quelli più recenti hanno due pulsanti sul manico: l'attivazione della potenza
necessaria al taglio o alla coagulazione avviene premendo il pulsante relativo.
Il secondo elettrodo, caratterizzato da una grande superficie di contatto, denominato anche
elettrodo di ritorno o piastra, raccoglie la corrente ad alta frequenza uscente dall'elettrodo
attivo, e chiude il circuito elettrico tra elettrobisturi e paziente. Poiché l'area dell'elettrodo di
ritorno è molto maggiore di quella dell'elettrodo attivo, la densità di corrente su di essa sarà
di alcuni ordini di grandezza più bassa e quindi produrrà un effetto termico minimo. I primi
elettrodi di questo tipo erano delle lamine di piombo che venivano adattate ai contorni del
corpo o lame rigide di acciaio inossidabile usate con una soluzione salina o con gel
elettrolitici per l'accoppiamento. Tali elettrodi sono ancora oggi utilizzati. Attualmente sono
molto usate le piastre monouso: sono fogli metallici molto flessibili rivestiti di schiume
particolari. Un bordo adesivo permette la loro applicazione sulla superficie del corpo del
paziente. Alcune hanno il gel incorporato per migliorare il contatto e per diminuire la
resistenza elettrodo-cute.

La configurazione bipolare utilizza una sola impugnatura, detta pinza bipolare, nella quale
sono inseriti i due elettrodi di cui uno funziona da elettrodo attivo mentre l'altro è quello
passivo. Pertanto la zona di lavoro è quella interposta tra le due punte del forcipe e il
percorso di corrente è limitato entro il paziente. La potenza impiegata è di poche decine di
watt in quanto la zona interessata è di piccole dimensioni.

Esiste un terzo tipo di configurazione usata esclusivamente per applicazioni di bassa
potenza. Questa è monopolare avente però un solo elettrodo, quello attivo ed è chiamata
perciò monoterminale. Al posto del secondo elettrodo questa configurazione utilizza la
capacità tra il paziente e la terra come via di ritorno della corrente.
Per quel che riguarda l'isolamento dei terminali d'uscita (parte applicata), gli elettrobisturi possono
esser realizzati secondo due modalità circuitali:
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a)
elettrodo neutro riferito a terra per le alte frequenze tramite impedenza nota (ad
esempio con un condensatore): la corrente a 50 Hz della rete viene fermata perché il
condensatore a quella frequenza presenta un impedenza molto alta, mentre per la
radiofrequenza è praticamente un cortocircuito.
Rimangono comunque inalterate le condizioni di pericolosità per i contatti accidentali.
b)
uscita isolata (flottante): questa configurazione è la migliore in quanto offre le
maggiori garanzie di sicurezza: poiché la parte applicata non è riferita a terra, la corrente
erogata dal manipolo non può fluire per contatti accidentali verso terra, ma deve richiudersi
attraverso l'elettrodo neutro.
(a)
(b)
Considerazioni sulla sicurezza
L'elettrobisturi è un dispositivo intrinsecamente pericoloso poiché è progettato per distruggere i
tessuti. C'è quindi un numero elevato di rischi associato al suo utilizzo, sia per il paziente sia per lo
staff chirurgico.




Rischio di ustioni: la corrente ad alta frequenza proveniente dall'elettrodo attivo può
chiudersi a terra anche attraverso vie alternative dove c'è il contatto tra paziente ed elettrodo
di ritorno, come ad esempio tramite il tavolo operatorio o altri strumenti collegati a terra ed
al paziente, e provocare in tal modo ustioni anche gravi nei punti di contatto. In alcune
condizioni particolari, il rischio di ustioni c'è anche per il chirurgo che stia usando il
dispositivo.
Tali rischi, comunque, possono essere minimizzati anche nell'applicare con attenzione e in
modo appropriato l'elettrodo di ritorno, ed isolando il paziente da ogni contatto casuale con
superfici conduttrici che potrebbero costituire un ritorno a bassa impedenza per la corrente a
radiofrequenza.
Un altro problema è la stimolazione neuromuscolare di pazienti anestetizzati, sottoposti a
procedure utilizzanti l'elettrobisturi, in quanto in alcuni casi c'è una densità di corrente ad
alta frequenza, passante attraverso nervi e muscoli sufficiente ad eccitarne la contrazione.
Il rischio d’incendio ed esplosione di materiali infiammabili è sempre presente quando è in
uso un dispositivo che può produrre una scintilla, come appunto l'elettrobisturi. Pur essendo
proibita la presenza di gas e liquidi infiammabili nelle vicinanze di un elettrobisturi, in un
ambiente chirurgico ci sono sempre altre forme di materiali combustibili.
L'elettrobisturi può, inoltre interferire con le operazioni di altri dispositivi, come ad esempio
far perdere la traccia ad un monitor ECG durante il suo uso, o disturbare un pacemaker. Tale
interferenza è difficile da eliminare. Non si hanno effetti nei tracciati su carta
9
10
Esempio di caratteristiche
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
Possibilità di utilizzo con uscite in mono e bipolare (circa 300W monopolare e 80W bipolare);
Possibilità di effettuare le seguenti modalità di lavoro;
Taglio puro;
Taglio misto;
Taglio bipolare;
Coagulazione unipolare;
Coagulazione bipolare;
Sistema di regolazione e di controllo mediante microprocessore con possibilità di impostare e
sviluppare i parametri di lavoro e dotato di dispositivo di autodiagnosi con blocco automatico in
caso di guasto e anomalie di funzionamento, con relative segnalazioni acustiche e luminose.
Dotato di un sistema di sicurezza che controlli con continuità se l’elettrodo neutro è collegato
all’apparecchio ed è applicato al paziente in modo corretto attivando un segnale di allarme e
bloccando l’erogazione di corrente per insufficiente contatto tra l’elettrodo neutro e il tessuto;
Possibilità di utilizzo di elettrodi neutri con controllo sulla corretta applicazione della piastra;
Comando di erogazione di potenza sia a pedale di tipo stagno che mediante dispositivo posto sul
manipolo;
L’apparecchio deve essere facilmente pulibile e disinfettabile senza alterazioni di
funzionamento;
Dimensioni di ingombro e peso contenuti;
Alimentazione 220V 50Hz;
L’apparecchiatura deve essere dotata di carrello di trasporto;
Elenco degli accessori opzionali e del materiale di consumo;
Conformità normativa CEI 62-5 generale più particolari;
Direttiva 89/336/CEE. Compatibilità elettromagnetica.
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L'elettrocardiografo
Codifica
AC.MA.GEST.
Denominazione
ECG
Descrizione
Rileva i potenziali elettrici connessi con l’attività cardiaca mediante
elettrodi esterni e ne fornisce una rappresentazione grafica; può avere uno
o più canali di misura.
Elettrocardiografo
È lo strumento destinato al prelevamento, all'amplificazione e alla registrazione dei segnali
bioelettrici cardiaci.
Nella vasta gamma di strumenti elettrocardiografìci presenti sul mercato è possibile effettuare due
tipi di classificazione sulla base di altrettanti aspetti tecnologici:

Numero di tracce



Monocanale: in grado di rappresentare una singola traccia;
Pluricanale: in grado di rappresentare tracce multiple contemporaneamente;
Tecnologia di acquisizione del segnale


Analogici: con scrittura della traccia tramite penna a deflessione analogica;
Digitali: con acquisizione del segnale campionato e ricostruzione tramite matrice di
punti.
A prescindere da questa classificazione è necessario distinguere gli elettrocardiografi con funzioni
di base, destinati prevalentemente agli impieghi di routine o di riserva, dagli apparati con funzioni
complesse, in grado di svolgere analisi interpretative dei tracciati o particolari tipi di registrazione.
Tutte le sottoclassi di apparecchiature citate hanno una struttura comune che si può così sintetizzare:
Cavo paziente - connettore: il numero di poli è compreso tra 5 e 10 per gli elettrocardiografi mentre
si riduce a 3 nei sistemi di monitoraggio continuo.
Protezione da scariche di defibrillazione: l'uso di elettrocardiografi su pazienti cardiopatici
sottoposti a terapie particolari può interferire con l'uso di un defibrillatore sullo stesso paziente. La
scarica del defibrillatore può dare origine a differenze di potenziale dell'ordine delle centinaia di
volt con conseguenze irreparabili sull'integrità dei tempi lunghi o in condizioni di metabolismo
alterato. Appartengono a quest'ultimo gruppo anche i monitor operatorio posto letto, la cui funzione
è garantire un'analisi qualitativa ma continua del tracciato elettrocardiografico.
Evidentemente gli elettrocardiografi di base saranno in prevalenza di tipo monocanale e con
acquisizione analogica. Tuttavia è in corso un'inversione di orientamento tecnologico che privilegia
sempre di più le architetture digitali su tutte le fasce di complessità. Ciò è giustificato da alcune
considerazioni:
- Il progetto di architetture digitali ha minori criticità rispetto all'analogico;
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- Il costo delle tecnologie digitali è in costante diminuizione;
- I circuiti logici sono per loro natura immuni al rumore;
- Le architetture digitali si prestano all'espandibilità modulare offrendo l'opportunità di passare dalla
macchina base a quella di medio-alta sofisticazione con dei semplici up-grade hardware o firmware.
Circuiti di preamplificazione degli elettrocardiografi: su molti apparecchi è previsto un circuito di
protezione in grado di dissipare senza danni l'energia di scarica derivata sugli elettrodi.
Selettore derivazioni: consente di dirigere sul canale di amplificazione il segnale standard
desiderato. La complessità di questa sezione è molto variabile e dipende dal numero di elettrodi di
Ingresso e dal numero di canali di amplificazione. Nel caso dei Monitor Operatorio Posto Letto (2
poli + ref) il selettore si riduce spesso ad un semplice invertitore di polarità.
Protezione Paziente: è deputata all'isolamento galvanico tra i circuiti di ingresso e gli stadi
successivi di amplificazione.
Stadio di ampliflicazione-filtraggio-registrazione: la sua implementazione varia notevolmente a
secondo della tecnologia di acquisizione del segnale (analogica o digitale). L'elemento finale è il
sistema di scrittura, che comprende un pennino a deflessione magnetica o elettrostatica nei sistemi
analogici o una stampante a matrice di punti per le tecnologie digitali.
Nel caso dei Monitor Operatorio il display principale è costituito da un video CRT o LCD che
rappresenta il tracciato in aggiornamento continuo.
Considerazioni sulla sicurezza
Dal punto di vista della sicurezza elettrica le caratteristiche degli elettrocardiografi sono prescritte
nelle norme particolari CEI 62- 15.
Le sezioni di maggiore interesse per quanto concerne le verifiche di accettazione (collaudo) o di
controllo periodico sono:
 defibrillazione e blocco dopo defibrillazione (sono definiti i tempi di ripristino delle tracce
dopo una scarica di defibrillatore che abbia coinvolto gli elettrodi dell'elettrocardiografo).
Per i dettagli delle singole sezioni rimandiamo alla pubblicazione CEI;
 Correnti di dispersione permanenti e correnti ausiliarie (sono precisate le correnti massime
ammissibili rilevabili tra varie parti dell'apparecchio e la terra in funzione della classe e
tipo);
 Protezione contro gli effetti della defibrillazione
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Il defibrillatore
Codifica AC.MA.GEST. DEF
Denominazione
Defibrillatore
Descrizione
permette di ripristinare la normale attività cardiaca mediante scariche
elettriche, applicate al torace del paziente, aventi durata ed intensità
determinate.
I defibrillatori sono dispositivi usati per applicare scariche elettriche di elevata intensità e breve
durata attraverso il torace del paziente, al fine di riattivare il normale ritmo cardiaco. In caso di
fibrillazione ventricolare, infatti, tali scariche sono in grado di depolarizzare completamente il
miocardio, abolendone ogni attività elettrica per un breve intervallo di tempo, in modo tale da
permettere al nodo seno-atriale di riprendere il controllo del ritmo cardiaco ripristinando un’attività
coordinata ed efficace. L'attività elettrica è asincrona e quindi, essendo anche asincrona la
contrazione di molte fibre ventricolari, la gittata cardiaca è insufficiente.
Il defibrillatore può anche essere usato per la correzione di aritmie legate ad ipereccitabilità del
miocardio: fibrillazione atriale, flutter, tachicardie parossistiche. In tal caso è ancora presente il
complesso QRS.
La scarica, quindi, deve essere sincronizzata con l'attività cardiaca in modo da avvenire solo in
corrispondenza alle onde R. I defibrillatori che permettono tale funzionamento sono denominati
defibrillatori sincronizzati o cardioversori.
Queste aritmie richiedono l'intervento del defibrillatore in quanto la frequenza ventricolare è troppo
alta per consentire il riempimento totale dei ventricoli tra due contrazioni successive. Ciò determina
una diminuzione pericolosa sia del flusso che della pressione sanguigna.
Le loro cause più comuni possono essere l'ischemia, traumi elettrici, acidosi metabolica, ipotermia,
o intossicazione da farmaci.
PRINCIPI COSTRUTTIVI
Attualmente i defibrillatori più diffusi sono caratterizzati da una forma d'onda sinusoidale smorzata.
Il circuito base dell'apparecchiatura è costituito da un condensatore e da un'induttanza per la scarica
dell'energia, preventivamente accumulata, attraverso la resistenza offerta dal torace e dal muscolo
cardiaco del paziente.
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Tale circuito è preferibile rispetto a quello costituito da solo un condensatore in quanto produce sia
meno aritmie post-scarica, sia meno danni ai tessuti, anche se la presenza dell'induttanza,
aumentando la resistenza del circuito di scarica, ne diminuisce l'efficienza.
La forma d'onda prodotta da tale circuito dipende , oltre che dai valori di induttanza e capacità, dalla
resistenza sia del circuito che del paziente. Dipendendo da tali fattori la forma d'onda può essere,
poco smorzata e con una componente negativa, molto smorzata con decadimento molto lento o
smorzata al punto critico in cui i valori della capacità, induttanza e resistenza sono tali da non
determinare l'inversione di tensione. Meno diffusi sono i defibrillatori che generano una forma
d'onda trapezoidale o esponenziale attraverso la scarica di un condensatore, bloccando il flusso di
corrente dopo un tempo breve rispetto alla costante di tempo del circuito.
SCR,
ARCHITETTURA DELLO STRUMENTO
(es. defibrillatore, che offre la possibilità di essere sincronizzato all'onda R e dotato di un
accumulatore tampone in grado di assicurarne il funzionamento anche in mancanza di tensione di
rete).
Elettrodi
Si distinguono in elettrodi per defibrillazione esterna (da applicare sul torace del paziente) ed
interna (da applicare direttamente sul miocardio). Sostanzialmente differiscono per dimensioni ed
inoltre quelli interni devono poter essere sterilizzati. In ogni caso consistono di due piatti di metallo
(acciaio inox) montati su due manici isolanti, sui quali sono presenti due interruttori, che devono
essere attivati contemporaneamente per permettere di erogare la scarica. In figura a e b sono
mostrati degli elettrodi per defibrillazione esterna, in figura c quelli per defibrillazione interna.
(a)
(b)
(b)
(c)
(c)
Circuito LC
Il condensatore è l'elemento che permette di immagazzinare l'energia che verrà scaricata, all'atto
della defibrillazione. Generalmente il valore di tale elemento è dell'ordine delle decine di μF e la
tensione di carica dell'ordine dei kV. L'induttanza, presente in serie al condensatore, permette di
ottenere una forma d'onda di scarica smorzata consistente in un ampio impulso positivo della durata
di alcuni millisecondi (tipicamente 5-10 ms).
Commutatore carica-shock
I pulsanti presenti sui manici degli elettrodi permettono di azionare un relè, che sconnette il gruppo
LC dall'alimentatore AT connettendolo agli elettrodi stessi in modo da produrre la scarica. Se sono
presenti i circuiti di sincronizzazione, il relè è automaticamente attivato dalla prima onda R
successiva all'azionamento dei pulsanti di scarica da parte dell'operatore.
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Alimentatore alta tensione
Tale blocco ha il compito di generare la tensione richiesta per la carica del condensatore. Ciò è
ottenuto partendo dalla tensione di rete o dalla tensione di uscita di un oscillatore, mediante un
trasformatore elevatore di tensione ed un opportuno elemento rettificante. Se è presente
l'accumulatore, l'alimentatore AT comprende anche un convertitore DC/AC in grado di alimentare il
trasformatore.
Alimentatore generale
Provvede ad alimentare i vari blocchi costituenti lo strumento.
Accumulatore
L'accumulatore garantisce il funzionamento dell'apparecchio indipendentemente dal suo
collegamento alla rete elettrica. Deve essere mantenuto in perfetta efficienza, provvedendo alla sua
ricarica dopo ogni utilizzo dell'apparecchio od ogni periodo di inattività.
Circuiti di controllo e carica automatica
Questo blocco mantiene costantemente sotto controllo lo stato di carica dell'accumulatore
intervenendo automaticamente qualora la tensione ai morsetti dell'accumulatore stesso scenda al di
sotto di un livello di guardia prefissato.
Preamplificatore ECG
Questo blocco è presente solo in defibrillatori capaci di funzionare sincronizzati o dotati di monitor.
Il suo scopo è quello di amplificare il segnale ECG prelevato direttamente dagli elettrodi per la
defibrillazione o da altri elettrodi specifici. È costruito in modo tale da non essere danneggiato
all'istante della scarica del condensatore. Esistono cardioversori sprovvisti di tale blocco: in questo
caso il segnale ECG è prelevato da un preamplificatore esterno, generalmente associato a
strumentazione di monitoraggio.
Circuiti di sincronizzazione
Tale blocco è presente in tutti i cardioversori. Dal segnale ECG preamplifìcato, mediante filtro
opportuno, viene isolata l'onda R in corrispondenza della quale è generato un impulso di
sincronismo che abilita la scarica del condensatore sul paziente.
Indicatore
Lo strumento è generalmente un kilovoltmetro tarato in joule. Negli apparecchi meno recenti tale
strumento riporta un'indicazione di energia accumulata dal condensatore, mentre negli apparecchi
più moderni è generalmente riportata anche un indicazione dell'energia ceduta al paziente.
Selettore energie
Tale blocco permette di predeterminare, agendo su di un opportuno selettore, l'energia che dovrà
essere immagazzinata nel condensatore. In realtà questo comando seleziona la tensione di carica,
determinando quindi in modo indiretto l'energia immagazzinata.
Monitor
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Permette la visualizzazione del segnale ECG prelevato dalle piastre di defibrillazione o da altri
elettrodi specifici, consentendo la verifica dei risultati della scarica. Non tutti gli apparecchi presenti
in commercio ne sono forniti.
Registratore a carta
Sistema scrivente a penna termica o a stampante per la documentazione del tracciato ECG,
solitamente a partenza automatica dopo ogni scarica del defibrillatore.
APPLICAZIONI
Ci sono tre applicazioni basilari dei defibrillatori.
La prima applicazione è la defibrillazione di emergenza, necessaria in caso di fibrillazione
ventricolare. In questo caso la scarica è applicata attraverso il torace, di solito usando gli elettrodi in
posizione precordiale, o anteroposteriore. I livelli di energia richiesti in queste applicazione sono
elevati: la prima scarica può essere dell'ordine dei 200 J e le successive a 300 o 360 J se la prima
non è stata sufficiente.
Poiché la fibrillazione ventricolare è associata ad una quasi totale cessazione di circolazione
sanguinea, è necessario effettuare la rianimazione cardio-polmonare se la scarica di defibrillazione
non può essere applicata immediatamente, in modo da mantenere in vita il paziente finché non sia
disponibile il defibrillatore.
Il secondo uso base è la cardioversione. Si tratta dell'applicazione di scariche elettriche
sincronizzate per il trattamento di aritmie, che includono, come precedentemente detto, la
fibrillazione atriale, il flutter e la tachicardia parossistica. È necessario sincronizzare la scarica in
modo che non si verifichi durante l'onda T del complesso ECG, poiché ciò potrebbe provocare la
fibrillazione ventricolare. Nella cardioversione le energie applicate sono dell'ordine di 5 - 20 J per la
tachicardia parossistica e per il flutter, e di 50 – 200 J per la fibrillazione atriale. In generale la
prima scarica è a bassa energia, le successive a energia gradualmente più elevata se la prima non è
stata in grado di riportare il ritmo alla normalità.
La terza applicazione è la defibrillazione interna chirurgica. Frequentemente, durante interventi di
cardiochirurgia, i ventricoli possono fibrillare spontaneamente o essere intenzionalmente fibrillati
dal chirurgo: se la fibrillazione permane è necessario usare il defibrillatore. La scarica viene
applicata direttamente al miocardio con un’energia di 5-30 J. Scariche con energia più elevata
possono danneggiare il cuore: per evitare ciò solitamente i defibrillatori hanno un limite di 50 J, in
tale modalità di funzionamento.
C'è un ulteriore uso dei defibrillatori: la distruzione di tessuto del miocardio al fine di eliminare
alcune aree aventi problemi di conduzione. La tecnica è di inserire un catetere nella zona cardiaca
ritenuta indesiderabile e poi applicare una scarica di qualche centinaia di joule attraverso di esso
producendo una corrente di alta densità tale da danneggiare ed eliminare in tal modo il tessuto.
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SVILUPPI
Attualmente si stanno sviluppando dei defibrillatori automatici totalmente impiantabili. Sono simili
ai pacemakers, ma trattano tachicardie invece che brachicardie e hanno una scarica elettrica in
uscita con più di 30 J. Sono applicati sia per la fibrillazione ventricolare sia per tachicardia
ventricolare, a causa dell'alta probabilità che quest'ultima porti alla fibrillazione ventricolare. Questi
dispositivi sono in grado di ridurre notevolmente la mortalità nei pazienti con sindromi cardiache ad
alto rischio.
I defibrillatori impiantabili contengono dei sensori per rilevare l'attività cardiaca, un circuito per
elaborare il segnale ed un algoritmo per formulare una diagnosi della tachicardia in modo da
selezionare la potenza e l'energia appropriata.
Un'altra linea di sviluppo è quella dei defibrillatori esterni automatici. Essi uniscono elettrodi e
caratteristiche dei defibrillatori esterni standard ad un circuito diagnostico per determinare
automaticamente la necessità di applicare una scarica e l'energia necessaria. Possono quindi essere
usati anche da personale paramedico in situazioni di emergenza.
Considerazioni sulla sicurezza
Il problema più comune associato alla defibrillazione sono le ustioni del paziente nelle zone dove
vengono applicati gli elettrodi.
Si possono verificare ustioni di primo e secondo grado durante scariche ripetute di defibrillazione.
Tali ustioni sono causate dal passaggio di una corrente di elevata intensità attraverso un’area molto
piccola o dovute ad un aumento di resistenza di contatto.
È di fondamentale importanza quindi che venga minimizzata l'impedenza piastra-cute con l'uso di
pasta elettroconduttiva ed elevata pressione delle piastre sul torace del paziente.
Alcune apparecchiature hanno un dispositivo che rileva l'impedenza di contatto e permette
all'operatore di accertarsi che essa sia ottimale e non determini quindi pericoli di ustione.
Un altro problema è che soprattutto i dispositivi più vecchi sono calibrati in joule di energia
immagazzinata invece che in joule di energia erogata al paziente, e quindi non è conosciuta in modo
abbastanza certo l'energia effettiva al paziente in quanto questa varia al variare delle resistenze di
carico.
Rischi per il paziente
□ Il non corretto posizionamento delle piastre provoca aritmia
□ Ustioni per effetto Joule
□ Trasmissione di corrente a persone non isolate
□ Inefficacia in caso di umidità del paziente.
Rischi per l’operatore
□ Possibilità di contatto di entrambe le piastre
□ Contatto con il paziente
Questi rischi sono molto evidenziati nell’utilizzo di defibrillatori manuali, tali rischi sono quasi
inesistenti per defibrillatori semiautomatici.
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TEST
1. Gli elettromedicali sono destinatari di norme specifiche?
□ Sì
□ No
2. Gli elettromedicali devono avere a corredo il manuale
di istruzione redatto in lingua inglese?
□ Sì
□ No
3. L’utilizzo di elettromedicali dà rischi solo per il paziente?
□ Sì
□ No
4. La manutenzione delle apparecchiature deve essere programmata? □ Sì
□ No
5. Le apparecchiature possono essere utilizzate in condizioni
diverse da quelle previste dal costruttore?
□ No
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□ Sì
Bibliografia
“La gestione delle tecnologie biomediche”, IRCSS Policlinico San Matteo, Pavia – Struttura
Ingegneria Clinica – Prevenzione e Protezione
“Siamo sicuri?”, IOR, Bologna
“Bollettini informativi sulle tecnologie biomediche”, CIVAB - CRS TBS Trieste
“Manuale di Informazione e della Sicurezza sui rischi presenti nelle strutture ospedaliere”,
Fondazione S. Maugeri – Prevenzione e Protezione IRCCS Istituto Scientifico di Campoli - Telese
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