Autore: Mauro Marchesotti Si ringrazia per la collaborazione Pierantonio Marchese, Giovannino Maio, Gianni D’Addio, Cesare Nicorelli, Pierclaudio Pronzato, Gian Paolo Rossi INDICE I DISPOSITIVI MEDICI………………………………………………………………. Pag. 2 LE APPARECCHIATURE ELETTROMEDICALI………………………………… Pag. 3 IL RISCHIO MECCANICO………………………………………………………….. Pag. 4 Libretto di Istruzioni………………………………………………………………………………. Pag. 5 Segnaletica di avvertimento……………………………………………………………………... Pag. 5 Marcatura CE……………………………………………………………………………………….. Pag. 5 La formazione………………………………………………………………………………………. Pag. 5 I ritmi di lavoro…………..………………………………………………………………………… Pag. 6 L'illuminazione…………..……………………………………………………………………….. Pag. 6 L'attenzione…………..……………………………………………………………………………. Pag. 6 L'ELETTROBISTURI…………..………………………………………………………………………. Pag. 7 Considerazioni sulla sicurezza…………..…………………………………………………….. Pag. 9 L’ ELETTROCARDIOGRAFO…………..…………………………………………...……………….. Pag. 11 Considerazioni sulla sicurezza…………..………………………………...…………………... Pag. 12 IL DEFIBRILLATORE…………..……………………………………………………………………… Pag. 13 Principi costruttivi…………..…………………………………………………………………… Pag. 13 Architettura dello strumento..……………………………………………………………….… Pag. 14 Applicazioni…………..…………………………………………………………………………… Pag. 16 Sviluppi…………..………………………………………………………………………………… Pag. 17 Considerazioni sulla sicurezza…………..……………………………………………………. Pag. 17 Test…………………………………………………………………………………………………. Pag. 18 Bibliografia………………………………………………………………………………………… Pag. 19 Scopo Fornire ai dipendenti neo assunti le principali conoscenze sul corretto utilizzo delle principali apparecchiature elettromedicali in utilizzo in ambiente sanitario. Obiettivo: conoscere i rischi delle principali apparecchiature elettromedicali 1 I DISPOSITIVI MEDICI DISPOSITIVI MEDICI ELETTROMEDICALI APPARECCHIATURE BIOMEDICHE Dispositivo medico: “qualsiasi strumento, apparecchio, impianto, sostanza o altro prodotto, utilizzato da solo o in combinazione, compreso il software informatico impiegato per il corretto funzionamento, e destinato dal fabbricante ad essere impiegato nell'uomo a scopo di diagnosi, prevenzione, controllo, terapia o attenuazione di una malattia; di diagnosi, controllo, terapia, attenuazione o compensazione di una ferita o di un handicap; di studio, sostituzione o modifica dell'anatomia o di un processo fisiologico; di intervento sul concepimento, il quale prodotto non eserciti l'azione principale, nel o sul corpo umano, cui è destinato, con mezzi farmacologici o immunologici né mediante processo metabolico ma la cui funzione possa essere coadiuvata da tali mezzi” 2 Come evidenziato negli insiemi precedentemente descritti gli elettromedicali ricadono tra le apparecchiature destinatarie di normativa quali dispositivi medici, nonché norme tecniche specifiche nazionali o internazionali, in assenza di norme specifiche nazionali. Le apparecchiature elettromedicali L’utilizzo delle apparecchiature elettromedicali non prevede una distinzione in livelli di informazione: è necessario conoscere in modo approfondito l’apparecchiatura (codice rosso ■) al fine di evitare o ridurre i rischi al minimo per l’operatore e il paziente e soprattutto, prima di utilizzare dette apparecchiature, bisogna conoscere il manuale d’ istruzioni d’uso, che deve essere redatto in lingua italiana e deve accompagnare sempre la macchina, in modo che sia a disposizione dell’operatore in qualsiasi momento. La sicurezza delle apparecchiature elettromedicali è regolata da specifica normativa, che mette in risalto il fatto che la sicurezza può essere ed è realizzata da più figure professionali, che a vario titolo concorrono alla realizzazione e all’utilizzo corretto dell’apparecchiatura stessa. 1. Compiti del costruttore □ Direttive europee e normative internazionali fissano per i costruttori i requisiti essenziali delle apparecchiature. □ Effettuare un’analisi dei rischi legati all’utilizzo. □ Corredare l’apparecchiatura di un manuale di istruzioni in italiano per le manutenzioni correnti a carico dell’utente. □ Segnaletica specifica per i punti più pericolosi. □ Schemi elettrici, ricambi per il personale qualificato 2. Compiti degli utilizzatori □ Gli utenti, medici, infermieri e tecnici, devono conoscere perfettamente il manuale d’uso dell’apparecchiatura. □ La formazione specifica deve essere trasmessa agli addetti contestualmente all’acquisto e comunque prima dell’utilizzo □ Rispettare la destinazione d’uso delle apparecchiature □ Segnalare tempestivamente le alterazioni rispetto alle caratteristiche dichiarate e alle prestazioni □ Partecipare a corsi interni o esterni e a seminari di aggiornamento sulle nuove tecnologie 3. Operatori/manutentori 3 □ Verificare da parte dell’operatore la corretta installazione secondo quanto prescritto dal manuale e, se non si è in grado, con l’ausilio dei servizi di Ingegneria Clinica interni o esterni. □ Rispettare le procedure e i tempi di manutenzione indicate dal costruttore IL RISCHIO MECCANICO Ovunque vi sia un utilizzo di apparecchiature e macchine che abbiano parti rotanti o in movimento è presente anche il rischio infortunistico. Le parti in movimento possono urtare gli arti o altre parti del corpo, possono schiacciare mani o piedi, possono afferrare i vestiti o i capelli infliggendo traumi tanto più gravi quanto più veloci sono i movimenti, quanto più accessibili sono le parti interessate e quanto più sono lenti i dispositivi di arresto. Anche se non è tradizionalmente associato all'ambiente sanitario, il rischio meccanico è presente negli ospedali laddove si sono introdotti sistemi di movimentazione meccanizzata dei pazienti e nelle attività collaterali all'assistenza, come le operazioni di manutenzione e di officina, il trasporto di materiali, i sistemi meccanici di archiviazione e di magazzino e in generale in tutte le attività che utilizzano macchinari. Le norme di prevenzione affrontano il rischio meccanico da due fronti distinti: quello tecnico meccanico e quello organizzativo e gestionale. 4 Fino dalle norme emesse negli anni cinquanta era fatto obbligo di utilizzare tutti i mezzi tecnici disponibili per impedire che le parti in movimento dei macchinari fossero accessibili e potessero venire a contatto con le dita, gli arti e il corpo degli operatori. La "Direttiva Macchine" emessa a livello europeo, impone ai progettisti di tenere in conto gli aspetti di sicurezza già nella progettazione delle macchine e delle apparecchiature. Sono stati così studiati diversi tipi di griglie, di barriere meccaniche e fotoelettriche per rendere inaccessibili le parti pericolose dei macchinari e per arrestare con effetto immediato i movimenti in caso di ingresso accidentale degli arti dell'operatore nelle zone pericolose. Dal lato organizzativo e gestionale le norme impongono una serie di accorgimenti che mirano a rendere più agevole l'utilizzo delle macchine e ad aumentare la consapevolezza dell'operatore sulla presenza dei rischi e sul corretto utilizzo dell'attrezzatura con cui lavora. Secondo la Direttiva Macchine ogni apparecchiatura deve essere obbligatoriamente corredata di: Libretto di Istruzioni E' formato da una serie di indicazioni (talvolta anche su supporto informatico), in particolare da tutte quelle per l'utilizzo corretto della macchina; una parte del libretto è appositamente dedicata alle misure di sicurezza, e presenta i principali rischi che l'impiego della macchina comporta; presenta inoltre i comportamenti e gli utilizzi errati che possono introdurre ulteriori rischi. Il libretto di istruzioni deve essere redatto in italiano. Segnaletica di avvertimento Sulla macchina devono essere segnalate le zone pericolose per gli arti o il corpo dell'operatore; anche queste indicazioni devono essere scritte in italiano ed essere ben visibili durante il normale uso della macchina. Marcatura CE Le macchine progettate e costruite rispettando le indicazioni della Direttiva Macchine devono essere marcate con l'ormai noto simbolo CE. La presenza della marcatura garantisce la conformità ai requisiti essenziali di sicurezza prescritti dalla Direttiva stessa. La presenza eventuale del marchio IMQ assicura la conformità alle norme CEI. La formazione Le macchine di utilizzo più complesso, o che presentano rischi specifici, hanno bisogno di un processo di formazione e di addestramento per essere utilizzate nel modo migliore; parte dell'addestramento deve essere rivolto agli aspetti di sicurezza. 5 Tutti gli accorgimenti tecnici o organizzativi, anche se hanno fortemente migliorato la sicurezza e l'affidabilità delle attrezzature da lavoro, da soli non bastano a garantire l'assenza di incidenti, come ben attesta la progressione degli infortuni dagli anni cinquanta in poi. Non si può considerare la sicurezza di un macchinario senza considerare insieme il contesto in cui viene utilizzata; vi sono fattori fortemente incidenti sulla sicurezza che sono esterni alla macchina e riguardano in generale l'organizzazione e l'ambiente di lavoro: I ritmi di lavoro Anche le operazioni più semplici possono diventare un rischio se compiute in fretta e senza la necessaria attenzione, si pensi agli innumerevoli incidenti con tagli o punture che avvengono nelle sale operatorie. L'illuminazione Un’illuminazione non adeguata impedisce una chiara percezione della segnaletica di sicurezza e dei comandi riducendo il grado di informazione dell'operatore e aumentando il rischio di eseguire manovre errate. L'attenzione Un ambiente di lavoro rumoroso, in cui i lavoratori devono rispondere a diverse sollecitazioni a un ritmo sostenuto, impedisce che le attrezzature vengano utilizzate con la necessaria attenzione. In conclusione, l'utilizzo di macchinari comporta sempre un grado di rischio che gli accorgimenti tecnici non riescono ad eliminare; non bisogna mai dimenticare o sottovalutare questi rischi, nemmeno nel compiere le operazioni più semplici. 6 L'elettrobisturi Codifica AC.MA.GEST.1 ELB Denominazione Elettrobisturi Descrizione taglia e coagula i tessuti per mezzo di energia a radiofrequenza fornita all'estremità di un manipolo. L'elettrobisturi è un'apparecchiatura che ha lo scopo di eseguire alcune funzioni nell'ambito chirurgico, quali il taglio e la coagulazione di tessuti biologici, mediante correnti a radiofrequenza. Esso utilizza il riscaldamento prodotto per effetto Joule dal passaggio di tali correnti. L'aumento di temperatura è funzione della densità di potenza e del tempo di applicazione, ed il suo livello può essere tale da surriscaldare il tessuto fino a determinare l'effetto di coagulazione o taglio. Si usano solitamente correnti con frequenze maggiori di 0,3 MHz, per evitare l'effetto collaterale di stimolazione di nervi e muscoli, ed inferiori a 5 MHz per minimizzare i problemi legati alle correnti di dispersione ad alta frequenza. L'elettrobisturi è collegato al paziente tramite un elettrodo di piccole dimensioni (elettrodo attivo) ed uno di elevata superficie (elettrodo neutro o piastra) applicato al paziente. 1 AC.MA.GEST è l’acronimo di acquisizione-manutenzione-gestione. Si tratta di una codifica delle tecnologie biomediche, derivata dal progetto finanziato negli anni ‘80 dal C.N.R. e dal Ministero della Sanità. 7 La corrente, pur avendo lo stesso valore assoluto sui due elettrodi, ha una densità molto più elevata in corrispondenza dell'elettrodo attivo, dove si dissipa in calore la quasi totalità della potenza elettrica. Il secondo elettrodo deve avere una superficie di contatto con il paziente ampia per diminuire la densità della corrente e contemporaneamente fornire una via di ritorno a bassa resistenza. Le tecniche adottate negli elettrobisturi per il rientro della corrente in uscita dall'elettrodo attivo possono essere di tre tipi: monopolare, bipolare o monopolare monoterminale. La configurazione di funzionamento monopolare prevede un elettrodo attivo ed un elettrodo di ritorno di forma e funzione nettamente distinte. L'elettrodo attivo o bisturi, costituito da una parte metallica, la cui forma varia a seconda della necessità specifica, inserita in un manico isolato detto manipolo, è caratterizzato da una forma appiattita, sferica, ad anello o ad ago. Può essere usato sia per tagliare il tessuto sia per coagulare ferite di piccole dimensioni. Quelli più recenti hanno due pulsanti sul manico: l'attivazione della potenza necessaria al taglio o alla coagulazione avviene premendo il pulsante relativo. Il secondo elettrodo, caratterizzato da una grande superficie di contatto, denominato anche elettrodo di ritorno o piastra, raccoglie la corrente ad alta frequenza uscente dall'elettrodo attivo, e chiude il circuito elettrico tra elettrobisturi e paziente. Poiché l'area dell'elettrodo di ritorno è molto maggiore di quella dell'elettrodo attivo, la densità di corrente su di essa sarà di alcuni ordini di grandezza più bassa e quindi produrrà un effetto termico minimo. I primi elettrodi di questo tipo erano delle lamine di piombo che venivano adattate ai contorni del corpo o lame rigide di acciaio inossidabile usate con una soluzione salina o con gel elettrolitici per l'accoppiamento. Tali elettrodi sono ancora oggi utilizzati. Attualmente sono molto usate le piastre monouso: sono fogli metallici molto flessibili rivestiti di schiume particolari. Un bordo adesivo permette la loro applicazione sulla superficie del corpo del paziente. Alcune hanno il gel incorporato per migliorare il contatto e per diminuire la resistenza elettrodo-cute. La configurazione bipolare utilizza una sola impugnatura, detta pinza bipolare, nella quale sono inseriti i due elettrodi di cui uno funziona da elettrodo attivo mentre l'altro è quello passivo. Pertanto la zona di lavoro è quella interposta tra le due punte del forcipe e il percorso di corrente è limitato entro il paziente. La potenza impiegata è di poche decine di watt in quanto la zona interessata è di piccole dimensioni. Esiste un terzo tipo di configurazione usata esclusivamente per applicazioni di bassa potenza. Questa è monopolare avente però un solo elettrodo, quello attivo ed è chiamata perciò monoterminale. Al posto del secondo elettrodo questa configurazione utilizza la capacità tra il paziente e la terra come via di ritorno della corrente. Per quel che riguarda l'isolamento dei terminali d'uscita (parte applicata), gli elettrobisturi possono esser realizzati secondo due modalità circuitali: 8 a) elettrodo neutro riferito a terra per le alte frequenze tramite impedenza nota (ad esempio con un condensatore): la corrente a 50 Hz della rete viene fermata perché il condensatore a quella frequenza presenta un impedenza molto alta, mentre per la radiofrequenza è praticamente un cortocircuito. Rimangono comunque inalterate le condizioni di pericolosità per i contatti accidentali. b) uscita isolata (flottante): questa configurazione è la migliore in quanto offre le maggiori garanzie di sicurezza: poiché la parte applicata non è riferita a terra, la corrente erogata dal manipolo non può fluire per contatti accidentali verso terra, ma deve richiudersi attraverso l'elettrodo neutro. (a) (b) Considerazioni sulla sicurezza L'elettrobisturi è un dispositivo intrinsecamente pericoloso poiché è progettato per distruggere i tessuti. C'è quindi un numero elevato di rischi associato al suo utilizzo, sia per il paziente sia per lo staff chirurgico. Rischio di ustioni: la corrente ad alta frequenza proveniente dall'elettrodo attivo può chiudersi a terra anche attraverso vie alternative dove c'è il contatto tra paziente ed elettrodo di ritorno, come ad esempio tramite il tavolo operatorio o altri strumenti collegati a terra ed al paziente, e provocare in tal modo ustioni anche gravi nei punti di contatto. In alcune condizioni particolari, il rischio di ustioni c'è anche per il chirurgo che stia usando il dispositivo. Tali rischi, comunque, possono essere minimizzati anche nell'applicare con attenzione e in modo appropriato l'elettrodo di ritorno, ed isolando il paziente da ogni contatto casuale con superfici conduttrici che potrebbero costituire un ritorno a bassa impedenza per la corrente a radiofrequenza. Un altro problema è la stimolazione neuromuscolare di pazienti anestetizzati, sottoposti a procedure utilizzanti l'elettrobisturi, in quanto in alcuni casi c'è una densità di corrente ad alta frequenza, passante attraverso nervi e muscoli sufficiente ad eccitarne la contrazione. Il rischio d’incendio ed esplosione di materiali infiammabili è sempre presente quando è in uso un dispositivo che può produrre una scintilla, come appunto l'elettrobisturi. Pur essendo proibita la presenza di gas e liquidi infiammabili nelle vicinanze di un elettrobisturi, in un ambiente chirurgico ci sono sempre altre forme di materiali combustibili. L'elettrobisturi può, inoltre interferire con le operazioni di altri dispositivi, come ad esempio far perdere la traccia ad un monitor ECG durante il suo uso, o disturbare un pacemaker. Tale interferenza è difficile da eliminare. Non si hanno effetti nei tracciati su carta 9 10 Esempio di caratteristiche 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. Possibilità di utilizzo con uscite in mono e bipolare (circa 300W monopolare e 80W bipolare); Possibilità di effettuare le seguenti modalità di lavoro; Taglio puro; Taglio misto; Taglio bipolare; Coagulazione unipolare; Coagulazione bipolare; Sistema di regolazione e di controllo mediante microprocessore con possibilità di impostare e sviluppare i parametri di lavoro e dotato di dispositivo di autodiagnosi con blocco automatico in caso di guasto e anomalie di funzionamento, con relative segnalazioni acustiche e luminose. Dotato di un sistema di sicurezza che controlli con continuità se l’elettrodo neutro è collegato all’apparecchio ed è applicato al paziente in modo corretto attivando un segnale di allarme e bloccando l’erogazione di corrente per insufficiente contatto tra l’elettrodo neutro e il tessuto; Possibilità di utilizzo di elettrodi neutri con controllo sulla corretta applicazione della piastra; Comando di erogazione di potenza sia a pedale di tipo stagno che mediante dispositivo posto sul manipolo; L’apparecchio deve essere facilmente pulibile e disinfettabile senza alterazioni di funzionamento; Dimensioni di ingombro e peso contenuti; Alimentazione 220V 50Hz; L’apparecchiatura deve essere dotata di carrello di trasporto; Elenco degli accessori opzionali e del materiale di consumo; Conformità normativa CEI 62-5 generale più particolari; Direttiva 89/336/CEE. Compatibilità elettromagnetica. 11 L'elettrocardiografo Codifica AC.MA.GEST. Denominazione ECG Descrizione Rileva i potenziali elettrici connessi con l’attività cardiaca mediante elettrodi esterni e ne fornisce una rappresentazione grafica; può avere uno o più canali di misura. Elettrocardiografo È lo strumento destinato al prelevamento, all'amplificazione e alla registrazione dei segnali bioelettrici cardiaci. Nella vasta gamma di strumenti elettrocardiografìci presenti sul mercato è possibile effettuare due tipi di classificazione sulla base di altrettanti aspetti tecnologici: Numero di tracce Monocanale: in grado di rappresentare una singola traccia; Pluricanale: in grado di rappresentare tracce multiple contemporaneamente; Tecnologia di acquisizione del segnale Analogici: con scrittura della traccia tramite penna a deflessione analogica; Digitali: con acquisizione del segnale campionato e ricostruzione tramite matrice di punti. A prescindere da questa classificazione è necessario distinguere gli elettrocardiografi con funzioni di base, destinati prevalentemente agli impieghi di routine o di riserva, dagli apparati con funzioni complesse, in grado di svolgere analisi interpretative dei tracciati o particolari tipi di registrazione. Tutte le sottoclassi di apparecchiature citate hanno una struttura comune che si può così sintetizzare: Cavo paziente - connettore: il numero di poli è compreso tra 5 e 10 per gli elettrocardiografi mentre si riduce a 3 nei sistemi di monitoraggio continuo. Protezione da scariche di defibrillazione: l'uso di elettrocardiografi su pazienti cardiopatici sottoposti a terapie particolari può interferire con l'uso di un defibrillatore sullo stesso paziente. La scarica del defibrillatore può dare origine a differenze di potenziale dell'ordine delle centinaia di volt con conseguenze irreparabili sull'integrità dei tempi lunghi o in condizioni di metabolismo alterato. Appartengono a quest'ultimo gruppo anche i monitor operatorio posto letto, la cui funzione è garantire un'analisi qualitativa ma continua del tracciato elettrocardiografico. Evidentemente gli elettrocardiografi di base saranno in prevalenza di tipo monocanale e con acquisizione analogica. Tuttavia è in corso un'inversione di orientamento tecnologico che privilegia sempre di più le architetture digitali su tutte le fasce di complessità. Ciò è giustificato da alcune considerazioni: - Il progetto di architetture digitali ha minori criticità rispetto all'analogico; 12 - Il costo delle tecnologie digitali è in costante diminuizione; - I circuiti logici sono per loro natura immuni al rumore; - Le architetture digitali si prestano all'espandibilità modulare offrendo l'opportunità di passare dalla macchina base a quella di medio-alta sofisticazione con dei semplici up-grade hardware o firmware. Circuiti di preamplificazione degli elettrocardiografi: su molti apparecchi è previsto un circuito di protezione in grado di dissipare senza danni l'energia di scarica derivata sugli elettrodi. Selettore derivazioni: consente di dirigere sul canale di amplificazione il segnale standard desiderato. La complessità di questa sezione è molto variabile e dipende dal numero di elettrodi di Ingresso e dal numero di canali di amplificazione. Nel caso dei Monitor Operatorio Posto Letto (2 poli + ref) il selettore si riduce spesso ad un semplice invertitore di polarità. Protezione Paziente: è deputata all'isolamento galvanico tra i circuiti di ingresso e gli stadi successivi di amplificazione. Stadio di ampliflicazione-filtraggio-registrazione: la sua implementazione varia notevolmente a secondo della tecnologia di acquisizione del segnale (analogica o digitale). L'elemento finale è il sistema di scrittura, che comprende un pennino a deflessione magnetica o elettrostatica nei sistemi analogici o una stampante a matrice di punti per le tecnologie digitali. Nel caso dei Monitor Operatorio il display principale è costituito da un video CRT o LCD che rappresenta il tracciato in aggiornamento continuo. Considerazioni sulla sicurezza Dal punto di vista della sicurezza elettrica le caratteristiche degli elettrocardiografi sono prescritte nelle norme particolari CEI 62- 15. Le sezioni di maggiore interesse per quanto concerne le verifiche di accettazione (collaudo) o di controllo periodico sono: defibrillazione e blocco dopo defibrillazione (sono definiti i tempi di ripristino delle tracce dopo una scarica di defibrillatore che abbia coinvolto gli elettrodi dell'elettrocardiografo). Per i dettagli delle singole sezioni rimandiamo alla pubblicazione CEI; Correnti di dispersione permanenti e correnti ausiliarie (sono precisate le correnti massime ammissibili rilevabili tra varie parti dell'apparecchio e la terra in funzione della classe e tipo); Protezione contro gli effetti della defibrillazione 13 Il defibrillatore Codifica AC.MA.GEST. DEF Denominazione Defibrillatore Descrizione permette di ripristinare la normale attività cardiaca mediante scariche elettriche, applicate al torace del paziente, aventi durata ed intensità determinate. I defibrillatori sono dispositivi usati per applicare scariche elettriche di elevata intensità e breve durata attraverso il torace del paziente, al fine di riattivare il normale ritmo cardiaco. In caso di fibrillazione ventricolare, infatti, tali scariche sono in grado di depolarizzare completamente il miocardio, abolendone ogni attività elettrica per un breve intervallo di tempo, in modo tale da permettere al nodo seno-atriale di riprendere il controllo del ritmo cardiaco ripristinando un’attività coordinata ed efficace. L'attività elettrica è asincrona e quindi, essendo anche asincrona la contrazione di molte fibre ventricolari, la gittata cardiaca è insufficiente. Il defibrillatore può anche essere usato per la correzione di aritmie legate ad ipereccitabilità del miocardio: fibrillazione atriale, flutter, tachicardie parossistiche. In tal caso è ancora presente il complesso QRS. La scarica, quindi, deve essere sincronizzata con l'attività cardiaca in modo da avvenire solo in corrispondenza alle onde R. I defibrillatori che permettono tale funzionamento sono denominati defibrillatori sincronizzati o cardioversori. Queste aritmie richiedono l'intervento del defibrillatore in quanto la frequenza ventricolare è troppo alta per consentire il riempimento totale dei ventricoli tra due contrazioni successive. Ciò determina una diminuzione pericolosa sia del flusso che della pressione sanguigna. Le loro cause più comuni possono essere l'ischemia, traumi elettrici, acidosi metabolica, ipotermia, o intossicazione da farmaci. PRINCIPI COSTRUTTIVI Attualmente i defibrillatori più diffusi sono caratterizzati da una forma d'onda sinusoidale smorzata. Il circuito base dell'apparecchiatura è costituito da un condensatore e da un'induttanza per la scarica dell'energia, preventivamente accumulata, attraverso la resistenza offerta dal torace e dal muscolo cardiaco del paziente. 14 Tale circuito è preferibile rispetto a quello costituito da solo un condensatore in quanto produce sia meno aritmie post-scarica, sia meno danni ai tessuti, anche se la presenza dell'induttanza, aumentando la resistenza del circuito di scarica, ne diminuisce l'efficienza. La forma d'onda prodotta da tale circuito dipende , oltre che dai valori di induttanza e capacità, dalla resistenza sia del circuito che del paziente. Dipendendo da tali fattori la forma d'onda può essere, poco smorzata e con una componente negativa, molto smorzata con decadimento molto lento o smorzata al punto critico in cui i valori della capacità, induttanza e resistenza sono tali da non determinare l'inversione di tensione. Meno diffusi sono i defibrillatori che generano una forma d'onda trapezoidale o esponenziale attraverso la scarica di un condensatore, bloccando il flusso di corrente dopo un tempo breve rispetto alla costante di tempo del circuito. SCR, ARCHITETTURA DELLO STRUMENTO (es. defibrillatore, che offre la possibilità di essere sincronizzato all'onda R e dotato di un accumulatore tampone in grado di assicurarne il funzionamento anche in mancanza di tensione di rete). Elettrodi Si distinguono in elettrodi per defibrillazione esterna (da applicare sul torace del paziente) ed interna (da applicare direttamente sul miocardio). Sostanzialmente differiscono per dimensioni ed inoltre quelli interni devono poter essere sterilizzati. In ogni caso consistono di due piatti di metallo (acciaio inox) montati su due manici isolanti, sui quali sono presenti due interruttori, che devono essere attivati contemporaneamente per permettere di erogare la scarica. In figura a e b sono mostrati degli elettrodi per defibrillazione esterna, in figura c quelli per defibrillazione interna. (a) (b) (b) (c) (c) Circuito LC Il condensatore è l'elemento che permette di immagazzinare l'energia che verrà scaricata, all'atto della defibrillazione. Generalmente il valore di tale elemento è dell'ordine delle decine di μF e la tensione di carica dell'ordine dei kV. L'induttanza, presente in serie al condensatore, permette di ottenere una forma d'onda di scarica smorzata consistente in un ampio impulso positivo della durata di alcuni millisecondi (tipicamente 5-10 ms). Commutatore carica-shock I pulsanti presenti sui manici degli elettrodi permettono di azionare un relè, che sconnette il gruppo LC dall'alimentatore AT connettendolo agli elettrodi stessi in modo da produrre la scarica. Se sono presenti i circuiti di sincronizzazione, il relè è automaticamente attivato dalla prima onda R successiva all'azionamento dei pulsanti di scarica da parte dell'operatore. 15 Alimentatore alta tensione Tale blocco ha il compito di generare la tensione richiesta per la carica del condensatore. Ciò è ottenuto partendo dalla tensione di rete o dalla tensione di uscita di un oscillatore, mediante un trasformatore elevatore di tensione ed un opportuno elemento rettificante. Se è presente l'accumulatore, l'alimentatore AT comprende anche un convertitore DC/AC in grado di alimentare il trasformatore. Alimentatore generale Provvede ad alimentare i vari blocchi costituenti lo strumento. Accumulatore L'accumulatore garantisce il funzionamento dell'apparecchio indipendentemente dal suo collegamento alla rete elettrica. Deve essere mantenuto in perfetta efficienza, provvedendo alla sua ricarica dopo ogni utilizzo dell'apparecchio od ogni periodo di inattività. Circuiti di controllo e carica automatica Questo blocco mantiene costantemente sotto controllo lo stato di carica dell'accumulatore intervenendo automaticamente qualora la tensione ai morsetti dell'accumulatore stesso scenda al di sotto di un livello di guardia prefissato. Preamplificatore ECG Questo blocco è presente solo in defibrillatori capaci di funzionare sincronizzati o dotati di monitor. Il suo scopo è quello di amplificare il segnale ECG prelevato direttamente dagli elettrodi per la defibrillazione o da altri elettrodi specifici. È costruito in modo tale da non essere danneggiato all'istante della scarica del condensatore. Esistono cardioversori sprovvisti di tale blocco: in questo caso il segnale ECG è prelevato da un preamplificatore esterno, generalmente associato a strumentazione di monitoraggio. Circuiti di sincronizzazione Tale blocco è presente in tutti i cardioversori. Dal segnale ECG preamplifìcato, mediante filtro opportuno, viene isolata l'onda R in corrispondenza della quale è generato un impulso di sincronismo che abilita la scarica del condensatore sul paziente. Indicatore Lo strumento è generalmente un kilovoltmetro tarato in joule. Negli apparecchi meno recenti tale strumento riporta un'indicazione di energia accumulata dal condensatore, mentre negli apparecchi più moderni è generalmente riportata anche un indicazione dell'energia ceduta al paziente. Selettore energie Tale blocco permette di predeterminare, agendo su di un opportuno selettore, l'energia che dovrà essere immagazzinata nel condensatore. In realtà questo comando seleziona la tensione di carica, determinando quindi in modo indiretto l'energia immagazzinata. Monitor 16 Permette la visualizzazione del segnale ECG prelevato dalle piastre di defibrillazione o da altri elettrodi specifici, consentendo la verifica dei risultati della scarica. Non tutti gli apparecchi presenti in commercio ne sono forniti. Registratore a carta Sistema scrivente a penna termica o a stampante per la documentazione del tracciato ECG, solitamente a partenza automatica dopo ogni scarica del defibrillatore. APPLICAZIONI Ci sono tre applicazioni basilari dei defibrillatori. La prima applicazione è la defibrillazione di emergenza, necessaria in caso di fibrillazione ventricolare. In questo caso la scarica è applicata attraverso il torace, di solito usando gli elettrodi in posizione precordiale, o anteroposteriore. I livelli di energia richiesti in queste applicazione sono elevati: la prima scarica può essere dell'ordine dei 200 J e le successive a 300 o 360 J se la prima non è stata sufficiente. Poiché la fibrillazione ventricolare è associata ad una quasi totale cessazione di circolazione sanguinea, è necessario effettuare la rianimazione cardio-polmonare se la scarica di defibrillazione non può essere applicata immediatamente, in modo da mantenere in vita il paziente finché non sia disponibile il defibrillatore. Il secondo uso base è la cardioversione. Si tratta dell'applicazione di scariche elettriche sincronizzate per il trattamento di aritmie, che includono, come precedentemente detto, la fibrillazione atriale, il flutter e la tachicardia parossistica. È necessario sincronizzare la scarica in modo che non si verifichi durante l'onda T del complesso ECG, poiché ciò potrebbe provocare la fibrillazione ventricolare. Nella cardioversione le energie applicate sono dell'ordine di 5 - 20 J per la tachicardia parossistica e per il flutter, e di 50 – 200 J per la fibrillazione atriale. In generale la prima scarica è a bassa energia, le successive a energia gradualmente più elevata se la prima non è stata in grado di riportare il ritmo alla normalità. La terza applicazione è la defibrillazione interna chirurgica. Frequentemente, durante interventi di cardiochirurgia, i ventricoli possono fibrillare spontaneamente o essere intenzionalmente fibrillati dal chirurgo: se la fibrillazione permane è necessario usare il defibrillatore. La scarica viene applicata direttamente al miocardio con un’energia di 5-30 J. Scariche con energia più elevata possono danneggiare il cuore: per evitare ciò solitamente i defibrillatori hanno un limite di 50 J, in tale modalità di funzionamento. C'è un ulteriore uso dei defibrillatori: la distruzione di tessuto del miocardio al fine di eliminare alcune aree aventi problemi di conduzione. La tecnica è di inserire un catetere nella zona cardiaca ritenuta indesiderabile e poi applicare una scarica di qualche centinaia di joule attraverso di esso producendo una corrente di alta densità tale da danneggiare ed eliminare in tal modo il tessuto. 17 SVILUPPI Attualmente si stanno sviluppando dei defibrillatori automatici totalmente impiantabili. Sono simili ai pacemakers, ma trattano tachicardie invece che brachicardie e hanno una scarica elettrica in uscita con più di 30 J. Sono applicati sia per la fibrillazione ventricolare sia per tachicardia ventricolare, a causa dell'alta probabilità che quest'ultima porti alla fibrillazione ventricolare. Questi dispositivi sono in grado di ridurre notevolmente la mortalità nei pazienti con sindromi cardiache ad alto rischio. I defibrillatori impiantabili contengono dei sensori per rilevare l'attività cardiaca, un circuito per elaborare il segnale ed un algoritmo per formulare una diagnosi della tachicardia in modo da selezionare la potenza e l'energia appropriata. Un'altra linea di sviluppo è quella dei defibrillatori esterni automatici. Essi uniscono elettrodi e caratteristiche dei defibrillatori esterni standard ad un circuito diagnostico per determinare automaticamente la necessità di applicare una scarica e l'energia necessaria. Possono quindi essere usati anche da personale paramedico in situazioni di emergenza. Considerazioni sulla sicurezza Il problema più comune associato alla defibrillazione sono le ustioni del paziente nelle zone dove vengono applicati gli elettrodi. Si possono verificare ustioni di primo e secondo grado durante scariche ripetute di defibrillazione. Tali ustioni sono causate dal passaggio di una corrente di elevata intensità attraverso un’area molto piccola o dovute ad un aumento di resistenza di contatto. È di fondamentale importanza quindi che venga minimizzata l'impedenza piastra-cute con l'uso di pasta elettroconduttiva ed elevata pressione delle piastre sul torace del paziente. Alcune apparecchiature hanno un dispositivo che rileva l'impedenza di contatto e permette all'operatore di accertarsi che essa sia ottimale e non determini quindi pericoli di ustione. Un altro problema è che soprattutto i dispositivi più vecchi sono calibrati in joule di energia immagazzinata invece che in joule di energia erogata al paziente, e quindi non è conosciuta in modo abbastanza certo l'energia effettiva al paziente in quanto questa varia al variare delle resistenze di carico. Rischi per il paziente □ Il non corretto posizionamento delle piastre provoca aritmia □ Ustioni per effetto Joule □ Trasmissione di corrente a persone non isolate □ Inefficacia in caso di umidità del paziente. Rischi per l’operatore □ Possibilità di contatto di entrambe le piastre □ Contatto con il paziente Questi rischi sono molto evidenziati nell’utilizzo di defibrillatori manuali, tali rischi sono quasi inesistenti per defibrillatori semiautomatici. 18 TEST 1. Gli elettromedicali sono destinatari di norme specifiche? □ Sì □ No 2. Gli elettromedicali devono avere a corredo il manuale di istruzione redatto in lingua inglese? □ Sì □ No 3. L’utilizzo di elettromedicali dà rischi solo per il paziente? □ Sì □ No 4. La manutenzione delle apparecchiature deve essere programmata? □ Sì □ No 5. Le apparecchiature possono essere utilizzate in condizioni diverse da quelle previste dal costruttore? □ No 19 □ Sì Bibliografia “La gestione delle tecnologie biomediche”, IRCSS Policlinico San Matteo, Pavia – Struttura Ingegneria Clinica – Prevenzione e Protezione “Siamo sicuri?”, IOR, Bologna “Bollettini informativi sulle tecnologie biomediche”, CIVAB - CRS TBS Trieste “Manuale di Informazione e della Sicurezza sui rischi presenti nelle strutture ospedaliere”, Fondazione S. Maugeri – Prevenzione e Protezione IRCCS Istituto Scientifico di Campoli - Telese 20