LA FIBRILLAZIONE VENTRICOLARE: IL CAOS CHE UCCIDE
Quante volte abbiamo sentito di persone morte improvvisamente in luoghi più
disparati: sono giovani e meno giovani, cardiopatici e non, che si accasciano a terra
all’improvviso sui campi di calcio, nei luoghi di lavoro, per strada, a casa, colpiti da
arresto cardiaco.
Ma cosa provoca queste morti? Si può fare qualcosa?
Sappiamo ormai che la stragrande maggioranza di questi arresti (circa l’85%) è dovuta
ad una aritmia, cioè un disturbo del ritmo cardiaco per cui gli impulsi elettrici che
fanno battere il cuore sono talmente veloci e/o disorganizzati che il cuore stesso non
è più capace di pompare il sangue.
Il più temibile tra questi disturbi del ritmo è sicuramente la FIBRILLAZIONE
VENTRICOLARE. Quest’aritmia, che gli addetti ai lavori abbreviano in FV, risulta in
una rapidissima e caotica attività elettrica del cuore. E’ come se ogni cellula muscolare
del cuore si contraesse per conto suo. Ma tutto questo caos elettrico non porta ad
altro che ad un caos meccanico ed in pratica il cuore rimane fermo, senza poter
pompare il sangue che dà nutrimento a tutto l’organismo.
Tanto per fare un esempio, immaginiamo una barca a remi, con un certo numero di
rematori: finché tutti i rematori seguono il ritmo del timoniere, la barca fila veloce
sull’acqua; ma se ogni rematore rema per conto suo la barca, nel caos, non si muove. E
così fa il cuore.
Esiste una terapia? Certo. L’unica terapia efficace della FV è la DEFIBRILLAZIONE,
cioè l’erogazione di corrente elettrica al cuore in modo che tutte le cellule che si
muovono in modo caotico vengano portate allo stesso punto e possano riprendere a
battere seguendo il normale ritmo cardiaco (il timoniere della nostra barca).
La scarica elettrica in questione viene erogata da strumenti chiamati appunto
DEFIBRILLATORI, che si trovano ovviamente negli ospedali ed anche sulle ambulanze
medicalizzate del Servizio di Emergenza Territoriale – il 118, per intenderci -.
Allora siamo a posto! Possiamo star tranquilli! Ma come mai si continua a morire? Il
problema è il tempo. Infatti la defibrillazione deve avvenire prima possibile, entro
pochi minuti, altrimenti non solo potrebbe non essere efficace, ma soprattutto perché
durante l’arresto cardiaco il cervello, l’organo più complesso e delicato dell’organismo,
viene danneggiato dalla mancanza di sangue e quindi di ossigeno. Man mano che passano
i minuti il cuore diventa sempre meno suscettibile a farsi defibrillare e, quel che è
peggio, i danni al cervello diventano irreversibili.
Ecco perché l’ideale sarebbe eseguire la defibrillazione entro pochi minuti dal suo
inizio.
Ma per defibrillare entro pochi minuti dovrei portare il malcapitato all’ospedale “entro
pochi minuti”; e neanche l’ambulanza, a volte, riesce ad arrivare “entro pochi minuti”.
Bisognerebbe avere a disposizione un po’ ovunque dei defibrillatori, facili da usare, alla
portata di tutti, come gli estintori.
Questi strumenti esistono: sono i DEFIBRILLATORI SEMIAUTOMATICI, che
compiono da soli l’analisi del ritmo cardiaco e decidono se è necessario erogare la
scarica elettrica. Ma chi li usa? Per adesso il medico. Ma tra breve anche personale
non sanitario adeguatamente addestrato potrà eseguire la defibrillazione sul
territorio: Soccorritori Volontari, Agenti di Polizia, Vigili Urbani, Vigili del Fuoco, ecc.
La legge sulla defibrillazione (Utilizzo dei defibrillatori semiautomatici in ambiente
extraospedaliero) Art. 1 comma 1. dice infatti che “E’ consentito l’uso del
defibrillatore semiautomatico in sede extraospedaliera anche al personale sanitario
non medico, nonché al personale non sanitario che abbia ricevuto una formazione
specifica nelle attività di rianimazione cardiopolmonare.”
Un programma di defibrillazione precoce potrebbe ridurre i tempi di intervento ed
aumentare le probabilità di sopravvivenza dei soggetti colpiti da arresto cardiaco.