38
04iv/zhsASZgLUDiUzEkUsNRmh5gqHjWSoZ8G9zXf0M=
Mercoledì 29 aprile 2015 · GIORNALE DI BRESCIA
CULTURA&SPETTACOLI
[email protected]
Teatro
Galatea Ranzi al lavoro con Cesare Lievi
«In Soap opera
autoanalisi e fantasmi
di una donna
allo specchio»
Prove in corso a Bolzano
per il nuovo spettacolo
con testo e regia
dell’artista di Gargnano
Paola Carmignani
Galatea Ranzi, bellissima e
pluripremiata attrice di teatro
e cinema, è a Bolzano, al lavoro con il regista gardesano Cesare Lievi, per «Soap opera», testo dello stesso Lievi, coproduzione di Teatro Stabile di Bolzano ed Emilia Romagna Teatri. Il nome della Ranzi è diventato celebre già ai suoi esordi,
per la conquista, nel 1988, del
Premio Ubu come migliore attrice giovane, e per una menzione speciale al prestigioso
Premio Duse, che poi ha vinto
/
nel 2012. Nell’arco di vent’anni Galatea Ranzi ha interpretato numerosi spettacoli diretti
da Luca Ronconi.
Al cinema, ha lavorato, fra l’altro, con i fratelli Taviani («Fiorile») e con Cristina Comencini, Michele Placido, Paolo Virzì, Carlo Vanzina, Giuseppe
Piccioni. Nel film premio
Oscar di Paolo Sorrentino «La
grande bellezza» l’interprete è
stata Stefania, l’amica radical
chic che balla con Jep Gambardella, vittima di una sua sfuriata sulla terrazza.
Abbiamo raggiunto telefonicamente l’attrice romana durante le prove a Bolzano, per rivolgerle alcune domande.
Signora Ranzi, cosa è «Soap
opera»?
È un’autoanalisi allo specchio, con fantasmi che ritornano. La Balia, la bambina, la
donna incontrano la Signora,
che si confronta con una se
stessa di età diverse.
La Signora si prepara per
"scendere in campo" in politica: il testo può essere considerato una riflessione sulle donne e il potere?
Sì, è un tema che mi sembra
molto interessante di questi
tempi. Lievi fa anche un discorso sulla costruzione dell’immagine, la Signora prende e lascia il suo ventaglio per vedere
che effetto fa... «Soap opera» è
un testo ricco di idee, di spunti, di critiche...
Anche il «non detto» è molto...
Sì, e infatti il lavoro con il regista è molto intenso, e non è
una cosa da poco che il regista
sia l’autore del testo, ovvero la
persona che meglio di ogni altra può conoscere tutto il «non
detto» che c’è dietro le parole.
PRIMA DELLA «PRIMA»
Il debutto
«Soap opera» di Cesare Lievi
debutterà al Teatro Comunale di
Bolzano (Teatro Studio) giovedì 7
maggio e sarà in scena fino a
domenica 24 maggio
Una coproduzione
Si tratta di una coproduzione fra
Teatro Stabile di Bolzano ed
Emilia Romagna Teatri
La compagnia
Con Galatea Ranzi (la Signora)
recitano Dorotea Aslanidis, Sara
Putignano e Letizia Angela Tonoli
Un altro bresciano
Il disegno luci è del bresciano
Cesare Agoni, mentre le scene
sono di Josef Frommwieser e i
costumi di Marina Luxardo
La tournée
Dopo le repliche di Bolzano, lo
spettacolo sarà in tournée nella
stagione di prosa 2015-16
Lei aveva già lavorato con Lievi nel 1996 in «Donna Rosita
nubile» di Garcia Lorca, prodotta dal Ctb: come è Lievi regista?
Lo trovo molto completo. Ha
unainfinita pazienza con gliattori. E poi ha gusto, precisione, un’immaginazione fervida
- e questo è importante - e ha
anche chiarezza, e sente l’esigenza di condividere con gli attori la sua visione. E questo è
molto bello.
Lei ha lavorato per vent’anni
con Luca Ronconi, dal 1987 fino a «Mistero doloroso» della
Ortese, che è del 2012: pensa
che il modo di fare teatro di
Ronconi sia così legato alla
sua persona, da scomparire
ora che lui non c’è più?
Mi dispiace tanto che non ci
sia più. Mi accompagna una riflessione continua su quanto
mi ha dato. Indubbiamente, il
teatro che lui ha fatto era molto legato alla sua persona. Era
una sua visione molto personale, particolare, e quindi unica.
I suoi prossimi impegni?
Ci sono alcune ipotesi, di cui
preferisco non parlare. La
prossima stagione teatrale sarò ancora in «Soap opera», poi
farò una commedia francese
con Massimo Ghini.
Proseguirà con il cinema, oltre che col teatro?
Sì, ho sempre lavorato sia nel
teatro, sia nel cinema, e spero
di continuare a farlo.
Nel 2014 lei è entrata nel cast
di una vera soap opera televisiva di grande popolarità,
«Centovetrine» di Canale 5,
nella parte di Emma Saint
Germain, moglie del personaggio affidato ad Enrico Loverso. Che esperienza è stata
per lei?
Molto interessante. Non avevo mai fatto la «soap». È stata
anche molto impegnativa, perché i ritmi di lavoro sono molto rapidi.
Come sono fatte le giornate di
lavoro sul set di una vera «soap»?
Vengono date le scene e si gira, dalla mattina alla sera. È
una "catena di montaggio" intensa.
Che ne sarà della serie? Proseguirà?
Non lo so. So solo che ci sono
alcune puntate già registrate e
che tra poco dovrebbero andare in onda. //
Il regista: «Gioco su molti tavoli e mi sento libero»
Drammaturgia
Una felicità creativa
tra Vienna
il Brasile
e l’Italia
Cesare Lievi risponde al telefono con voce festante: «Devo ammetterlo: questa per
me è una stagione felice e molto creativa». L’artista di Villa
di Gargnano - regista di prosa
e di melodramma, drammaturgo, poeta, ora anche romanziere - commenta così il
racconto degli impegni internazionali che lo attendono,
appena dopo il debutto di «Soap opera», il cui testo, dopo essere uscito in Germania per i
tipi di Suhrkamp, è appena
stato pubblicato da Marsilio,
così come il suo primo romanzo, di cui riferiamo qui a lato.
A Vienna proprio oggi, 29 apri-
le, va in scena l’ultima replica
di «Alla meta» di Thomas Bernhard, con Andrea Jonasson,
la vedova di Giorgio Strehler,
applauditissima protagonista.
Un successo che ha fruttato a
Lievi altri impegni nei Paesi
di lingua tedesca, dove è molto conosciuto.
/
L’agenda del regista. «Mentre
da Vienna ricevo ottime notizie - spiega Lievi -ho davanti
la mia agenda, piena di lavoro almeno fino a tutto il 2016.
Giocando su molti tavoli».
Ci può anticipare qualcosa?
Farò la regia di una «Manon
Lescaut» di Puccini, che debutterà il 1° settembre 2015 a
San Paolo del Brasile, poi una
«Carmen» a Klagenfurt. A
Vienna nel marzo 2016 curerò la regia di «Persone in albergo» (Menschen im Hotel) di
Anna Bergman, tratto dal romanzo best seller di Vicki
Baum, dal quale nel 1932 fu
A Vienna. Andrea Jonasson (a destra) in «Alla meta»
tratto il film Premio Oscar
«Grand Hotel», con Greta Garbo. Avrò 12 attori in scena. E,
ancora, preparo un «Leonce e
Lena» di Büchner in Italia.
Sul fronte della drammaturgia?
Sto scrivendo due testi, che
mi sono stati commissionati
in Italia, dove i teatri hanno bisogno di novità. Il primo si intitola «Tre fratelli» ed è previsto per la fine del 2016; l’altro,
il cui titolo probabilmente sarà «Fino all’alba», è un testo
con tre personaggi.
Una bella serie di impegni...
Ma l’impresa che in un certo
senso mi affascina di più è un
romanzo ambientato in Brasile: racconterà il viaggio di alcuni amici da San Paolo fino a
dove comincia l’Amazzonia,
quattromila chilometri con
l’ultima parte di solo sterrato,
che li porteranno fin dove finisce la civiltà e comincia la foresta.
E poi c’è il romanzo, «La sua
mente è un labirinto»...
Sì. L’8 maggio lo presenterò a
Roma, il 13 maggio sarò a Brescia, all’Università Cattolica.
E a giugno parteciperò a un incontro riservato al Soroptimist Club di Brescia.
E se in questo momento qualcuno in Italia le offrisse di dirigere un teatro?
La risposta non è facile, perché sarebbe un incarico che
mi interesserebbe molto. Però sono convinto che il mio
momento di felicità creativa
sia dovuto al fatto che mi sento libero. Non potrei sopportare, in questo momento della
mia vita, il peso di aver a che
fare con la melma di certa politica. Sto vivendo una stagione
preziosa prima di quella che
sarà la mia pensione, e come
Matisse confido che la mia sarà una vecchiaia di creatività
felice. Così la sento, e finalmente il mio lavoro si giova
del senso di libertà che avverto in quello che faccio. // P. CAR.