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L’espresso
Venerdì 29 Giugno 2007
Bello come un bunker
di Enrico Arosio
A Saint-Nazaire sull'Atlantico la base U-Boot del 1943 diventa spazio culturale. Grazie al sindaco e
a un architetto berlinese. Storia di un progetto europeista
In una giornata cupa, di nuvole e pioggia, fa impressione. La mole, 300 metri di lunghezza, il
colore che dal grigio vira al nerastro, una sensazione di brutalità, di qualcosa d'indistruttibile.
Siamo a Saint-Nazaire sulla costa atlantica, sotto la Bretagna, e il bunker dei sottomarini tedeschi
è lì dal 1941, quasi intatto. Ha resistito a bombe di cinque tonnellate, allo sbarco alleato, al
tracollo dell'esercito di Hitler. Per sessant'anni ha ostruito l'accesso a mare della cittadina francese,
sede di importanti cantieri navali, uscita distrutta per l'85 per cento dai bombardamenti, più
ancora di Rotterdam. Ma il bunker degli U-Boot della Kriegsmarine no: rimase in piedi. Qui non c'è
l'Angelo della Storia di Klee e Benjamin; questo è il Panzer, lo Scarabeo della Storia. Oggi è
diventato una infrastruttura di pace. Un oggetto emblematico del dialogo franco-tedesco, della
nuova Europa. Un luogo, a modo suo, profondamente politico.
A Saint-Nazaire si festeggia la seconda fase del progetto Ville-Port. Ed è molto più che una festa
dell'architettura. Lo studio Lin (il tedesco Finn Geipel, la romana Giulia Andi), che opera tra Berlino
e Parigi, ha trasformato il cosiddetto Alvéole 14, uno dei 14 bacini di rimessaggio dei sottomarini
che formano, uno accanto all'altro, questo mostro di cemento armato. Da un luogo di guerra e di
morte sono stati ricavati lo spazio Life, enorme hangar foderato di metallo per le forme artistiche
emergenti; lo spazio Vip, sala per la musica contemporanea con un bar rialzato alle spalle del
pubblico; il percorso di collegamento illuminato da una foresta di punti luce zenitali, le scale e
l'ascensore che salgono al tetto. Un'estetica ferrigna, dura, scura, da disco berlinese. E sul tetto,
un'ulteriore sorpresa, che diremo.
Il tetto ci appare come un'immensa schiena in cemento armato rinforzata da una gabbia di costole
che fu aggiunta dai tedeschi per attutire l'impatto delle bombe. Dai muri escono, come vene
tranciate, spezzoni di armatura arrugginita. Lo spessore del tetto va dai 3 agli 8 metri: una
corazza imperforabile. Ci cammini sopra col vento in faccia, e devi immaginare che qui, tra il 1941
e il '43, lavorarono 5 mila operai reclutati dall'Organizzazione Todt. Per molti fu lavoro coatto, per
altri volontario, e tanti furono i francesi, il che aggiunse dramma al dramma.
Lo sguardo abbraccia la zona portuale. Gru, magazzini, banchine, cantieri. Acqua e ruggine. Un
paesaggio tra Sironi e Simenon, esposto alle intemperie. Sotto di noi il bacino rettangolare, su cui
prima del 1940 si affacciava il centro città: oggi vi beccheggiano i trimarani della regata St
Nazaire-St Malo, paiono farfalle su uno stagno. A destra l'estuario della Loira, che porta all'oceano
le sue acque brune come minestra. Pochi gabbiani in cielo. Sullo sfondo i celebri Chantiers de
l'Atlantique, fondati intorno al 1860, ai tempi di Napoleone III. Da lì si sviluppò la Compagnie
Générale Transatlantique, il servizio postale per il Sud America, da lì uscirono i giganti del mare
France e Normandie, le grandi petroliere, la portaerei Foch, nel 2003 la Queen Mary 2. Oggi la
proprietà dell'Atlantique è norvegese, comanda la Aker Yards, un altro colpo alla sovranità
francese. Guardi i cantieri e ti rendi conto di come questa città di 70 mila abitanti abbia penato per
contrastare il declino degli anni Settanta e Ottanta, la disoccupazione, le tante famiglie operaie
costrette a lasciare un mestiere tramandato dai padri.
In fondo al tetto, sopra l'Alvéole 14, la sorpresa: una cupola geodetica, il Radome. Da dove viene?
Chi conosce Berlino lo sa: è la cupola radar che fino al 2003 si trovava all'aeroporto di Tempelhof,
negli ultimi anni di Guerra Fredda copriva la centrale d'ascolto delle forze Nato. È in materia
plastica, a triangoli montati su uno scheletro di alluminio. Geipel e Andi l'hanno acquisita a costo
zero a Berlino, fatta smontare, trasportare, rimontare qui. Di notte, illuminata, è traslucida come
alabastro. Vi si possono tenere piccoli concerti e performance. La cupola di Tempelhof, l'aeroporto
della capitale del Reich ma anche della Luftbrücke, il ponte aereo alleato che nel 1948-49 salvò
dalla fame i berlinesi isolati nei settori alleati dopo il blocco dei collegamenti decretato dai
sovietici, è la conclusione simbolica del progetto.
Finn Geipel e Giulia Andi sono una coppia nel lavoro e nella vita. Lui ha 49 anni, è di Stoccarda, è
cresciuto a Bruxelles, si è formato in parte a Parigi, per due anni ha insegnato alla Columbia a New
York e alla Esarq di Barcellona. Lei è romana, 34 anni e un'aria da ragazzina, ha studiato alla
Sapienza e poi si è unita allo studio Lin. Lei più comunicativa, lui riflessivo, di poche parole,
entrambi determinati. Lei dice: "Non sarebbe stato possibile senza l'impegno di Joël Batteux, il
sindaco di Saint-Nazaire, una persona straordinaria in carica dal 1983. È stato lui a salvare la città
dalla crisi e a indirizzarne lo sviluppo". Il sindaco è un uomo alto e cordiale, dal naso da
condottiero, un socialista indipendente e, dicono, "iconoclasta". Si ripresenterà per il quinto
mandato. Batteux parla di Saint-Nazaire con affetto e ironia: "Una piccola città di carattere", dice.
Riconosce agli architetti "il talento, la cultura, la capacità di sostenere uno sforzo bestiale". Lo
studio Lin è stato il vincitore di un concorso internazionale con ben 120 concorrenti. Alla fine,
Saint-Nazaire, città martirizzata dalla guerra di Hitler, affida la rinascita del bunker divenuto il
fulcro della riconversione urbana a un tedesco di nuova generazione, quella della pax europea.
Finn Geipel sorride. "Io mi sento ormai a metà un architetto francese", premette, "ma certo è stato
un gesto coraggioso affidare il lavoro a noi. Batteux ci ha sempre difeso e incoraggiato". Geipel
racconta un episodio che inquadra culturalmente il progetto Alvéole 14: "Da studente, con tre
amici, feci un viaggio in Normandia con Paul Virilio, il sociologo. Visitammo le infrastrutture
costiere del Vallo Atlantico, le spiagge dello sbarco alleato del 1944. Tra queste, una fortificazione
tedesca detta Grosse Falke, il Grande Falco. Un oggetto con una sua strana bellezza. Virilio
discusse a lungo con noi sul tema dell'estetica in rapporto alla guerra, 'la beauté du terrifiant'. Per
me fu destabilizzante: avevamo il diritto di parlare di bellezza? Virilio provocava,
consapevolmente". E alla fine superaste la contraddizione? "Sì. Virilio ebbe su di me un effetto
liberatorio. Ma fu decisivo il rapporto con il sindaco. Ci disse subito: se non recuperiamo il bunker
la città non ha più senso. Saint-Nazaire fu distrutta per via della base, e con la base deve
risorgere. La città aveva voltato le spalle al mare, si era girata verso l'interno, perdendo la sua
identità. Ora, con il progetto Ville-Port, e la piazza retrostante, si comincia a ricucire il tessuto, ad
abbattere la barriera. La città si a riappropria di sé".
Intervenire sulla massa fisica del bunker (295 metri per 130, fino a 19 in altezza) è difficile e
costoso. Abbatterlo, ha calcolato il comune, costerebbe 150 milioni di euro, un'enormità. I 14
alveoli sono lunghi oltre cento metri l'uno, in parte interrati, in parte percorsi dall'acqua. Il primo
intervento fu affidato negli anni Novanta all'architetto spagnolo Manuel de Solá-Morales, che rese
raggiungibile il tetto con una passerella pedonale e organizzò la piazza di accesso. Per gli altri
alveoli si pensa a ristoranti, bar, negozi, spazi culturali, associazionismo. Come si è capito, qui
non si tratta di sola architettura.
Si riparte da Saint-Nazaire in Tgv, con un senso di gratitudine. Malgrado tutto, il Trattato che non
decolla, lo scetticismo britannico, i gemelli reazionari di Polonia, malgrado tutto ciò l'Europa
esiste. Almeno un po'. Questa bella storia ci invita a non mollare.
Da Todt a Speer
La base di Saint-Nazaire fu avviata nel 1941 dalla Organizzazione Todt (da Fritz Todt, ministro
della Produzione bellica del Reich). Con i bunker di Brest, Lorient e La Palice, fu sede delle flottiglie
U-Boot della Kriegsmarine. Saint-Nazaire conteneva 20 sottomarini, fu finita nel giugno 1942, poi
ancora rinforzata, e resistette a tutti i bombardamenti alleati. Dopo la morte di Todt nel 1942 in
un incidente aereo, l'Organizzazione, basata sul lavoro coatto, fu affidata al ministro degli
Armamenti Albert Speer; nel 1944 controllava 1,5 milioni di lavoratori stranieri. Saint-Nazaire fu
l'ultimo porto francese a essere liberato, l'11 maggio 1945, quando capitolò l'estrema sacca di
resistenza tedesca, che passò alla storia come la Poche de l'Atlantique, con i suoi 32 mila soldati.