I SEGNI E LA MEMORIA 1 INDICE 2 Prefazione di Paola Turchelli 5 Il processo di lavoro di Giovanni Campagnoli e Marco Martinetti 7 I Segni, la Memoria, i luoghi, la storia di Mauro Begozzi 11 Considerazioni degli studenti di Alessandro Alliata e Massimo Pettinaroli 16 Considerazioni di una docente di Anna Maria Brustia 17 La mappa del territorio 21 I Martiri della Resistenza a Meina 24 Episodi di Resistenza ad Arona 26 La Resistenza a Gozzano 28 I Martiri della Resistenza a Borgomanero 30 Villa Marazza di Borgomanero 32 La strage di Castelletto Ticino 34 La strage di Borgo Ticino 36 I Martiri della Resistenza a Cressa 38 I Martiri della Resistenza a Suno 40 L’incendio della Cacciana 42 La Resistenza a Romagnano Sesia 44 I Martiri della Resistenza a Barengo 46 I Martiri galliatesi della Resistenza 48 I Martiri della Resistenza a Novara 50 L’eccidio di Casalino 52 Partigiani di Granozzo con Monticello 54 I Martiri della Resistenza di Bellinzago 56 La strage di San Marcello a Invorio 58 Ringraziamenti 60 3 PREFAZIONE …La dolce, terribile mano della dimenticanza getta la stessa bianca coltre di nebbia su quello che dovremmo portare per sempre con noi… intorno a noi tutto ci spinge a dimenticare e a persuaderci che la memoria non serve più a nulla attraversiamo il tempo che ci è destinato con pochi pesi, con pochi ricordi, con pochi libri e lasciamo la terra senza nessuna eredità alle spalle. Ma c’è invece una straordinaria “memoria sociale” che va custodita, tramandata, insegnata perché l’eredità venga accolta. (da “L’armonia del mondo” di Pietro Citati). E allora ecco che la memoria ci aiuta a guardare al passato con interezza di sentimenti, a riconoscerci nella nostra identità, a radicarci nei suoi valori fondanti. Questa civiltà alla quale noi italiani abbiamo dato nel corso dei secoli uno straordinario contributo intellettuale e spirituale è fatta di umanità, rispetto per l’altro, fede nella ragione e nel diritto, solidarietà. Le prevaricazioni dei totalitarismi non sono riuscite a distruggere questi principi: essi sono risorti, più forti che mai, sulle devastazioni della guerra; hanno cementato più forti che mai la volontà degli Europei di perseguire, uniti, obiettivi di pace e di progresso. Ma libertà, pace, progresso non sono parole consegnate alla storia come definitivamente acquisite. La democrazia è un regime politico esigente che giorno dopo giorno ci viene affidato e ci rende responsabili della vita del nostro paese. La ricchezza del sistema democratico sta proprio nella capacità che questo offre ad ogni cittadino di portare un contributo, perché nessun cittadino è inutile se l’organizzazione della società recepisce ciò che è proprio di ogni persona. La partecipazione è il valore fondamentale perché è da questa che derivano la responsabilità e la solidarietà. Questo è il significato del progetto “I Segni e la Memoria”, affidato alla capacità dei nostri giovani di leggere la storia e di interpretarne l’attualità attraverso uno studio rigoroso dei documenti e delle testimonianze. A loro - che in questi anni hanno seriamente lavorato così come è ben documentato in questo volume affidiamo, insieme ad un ringraziamento sincero, il compito di tenere viva l’eredità che hanno raccolto, e di farne motivo e ragione di impegno per il futuro. Paola Turchelli Assessore all’istruzione Provincia di Novara N 4 5 IL PROCESSO DI LAVORO Un progetto che si articola su tre anni e coinvolge tanti soggetti diversi tra loro dà vita a processi di lavoro complessi, che si modificano nel tempo. Proviamo qui sinteticamente ad analizzarli, dando uno sguardo dietro le quinte, al “making of” che ha permesso la realizzazione dei pannelli, esposti nel territorio novarese e in questa pubblicazione. L’idea iniziale è nata da una ricorrenza: 25 aprile 2005, 60° anniversario della Liberazione. Un modo vero per celebrare la memoria è trasmetterla a chi rischia di perderla, di riporre eventi così fondamentali nel dimenticatoio, confusi in mezzo a tanti altri fatti di una Storia percepita come molto lontana: da qui l’idea di coinvolgere attivamente i ragazzi delle Superiori in percorsi di ricerca, in cui fossero motivati a sapere qualche cosa di più, soprattutto a rendersi conto di quanto eventi di sessant’anni prima fossero significativi anche per loro, dopo tutto questo tempo. Come fare? La prima intuizione è stata quella di confrontarsi con gli insegnanti, attori fondamentali per lavorare con gli studenti. Inizialmente ha preso forma l’ipotesi di ricerche diverse, motivate dai possibili molteplici interessi dei ragazzi. Poi è emersa la necessità di curare le connessioni tra i lavori di tutti, in modo che ognuno potesse riconoscere il proprio contributo all’interno di un progetto articolato. Non solo. Occorreva fare in modo che l’attività di ricerca degli studenti fosse visibile e comunicabile, così che il territorio potesse rendersi conto dell’interesse dei giovani verso il loro passato e ciò che ha significato e significa. In questo modo sono nate le idee del sito e dei pannelli. Per garantire una comunicazione precisa e storicamente affidabile era necessaria una supervisione attenta ai contenuti: da qui il coinvolgimento nel progetto dell’Istituto Storico della Resistenza, sia come fonte di materiali informativi sia come garante della correttezza dei testi elaborati. I dettagli necessari a rendere il progetto operativo sono stati definiti progressivamente. Anzitutto insieme agli insegnanti è stato individuato un preciso oggetto di lavoro: i “segni” presenti sul territorio che ricordano episodi della Resistenza. Nel fare questa scelta si immaginava già l’avvio della ricerca con gli studenti: a muoverli sarebbe stata la curiosità di capire la storia che stava dietro quel monumento, quel cippo, quel nome su quella via, luoghi visti e rivisti ma spesso senza soffermarsi, senza chiedersi cosa significassero. Definito l’oggetto occorreva esplicitare modalità di lavoro che garantissero buoni risultati: cioè una conoscenza effettiva da parte degli studenti del “segno” analizzato e della storia connessa, oltre ad un’esposizione capace di riassumere i dati raccolti. Con questo scopo sono stati elaborati due tipi di strumenti: da un lato schede per la raccolta dei dati, utili per sistematizzarli; dall’altro una descrizione dei passaggi necessari per realizzare una ricerca efficace. Le schede di raccolta proposte sono state tre: la prima sulle caratteristiche del segno (monumento, cippo, ecc…), la seconda sulla toponomastica, la terza per le interviste a testimoni del periodo della Resistenza. Per quel che riguarda le diverse fasi della ricerca da parte degli studenti, le presenteremo tra poco, descrivendo come i gruppi di ragazzi hanno effettivamente lavorato. L’individuazione dell’oggetto di lavoro ha permesso inoltre di chiarire meglio le caratteristiche degli stru- 6 7 IL PROCESSO DI LAVORO menti di comunicazione: sono stati pensati i formati per i pannelli, sono state definite l’architettura del co sia notizie su eventi e persone coinvolte. sito, la veste grafica, le sezioni, le modalità di accesso ai vari materiali, coinvolgendo in queste operazio- Ogni gruppo ha operato raccogliendo questo materiale, provando a confrontarlo tanto per farsi una ni le risorse professionali necessarie. prima idea dell’accaduto, quanto per individuare quali informazioni erano mancanti, incomplete o poco Non restava che promuovere la partecipazione degli studenti. Per farlo sono state pensate due modali- chiare, così da orientare meglio la propria ricerca. L’insegnante di riferimento non solo ha sostenuto il tà: da un lato i loro stessi insegnanti hanno presentato in classe l’idea del progetto, spiegando i passag- gruppo nell’individuazione delle fonti e delle informazioni, ma ha anche chiarito eventuali dubbi fornen- gi necessari per realizzarlo e l’impegno richiesto; dall’altro, a segnalare la dimensione provinciale del do un inquadramento storico alle vicende che gli studenti incontravano. lavoro, è stata organizzata una riunione di presentazione ufficiale, chiedendo ai ragazzi interessati di Solo dopo questa fase di analisi il gruppo procedeva a stendere i testi che sarebbero stati resi pubblici. iscriversi al progetto, definendo il territorio di cui avrebbero voluto occuparsi. L’idea originaria era infat- Nel farlo doveva tenere in considerazione i formati predefiniti, in particolare per i pannelli, in modo che ti di costituire gruppi trasversali tra le scuole, composti da studenti frequentanti istituti diversi. la comunicazione potesse essere efficace e concisa. I testi, elaborati sotto la supervisione degli inse- Operati questi passaggi “I Segni e la Memoria” è entrato nel vivo, subito segnalando la difficoltà orga- gnanti e completati con immagini che potessero conferire maggiore efficacia alla presentazione, veni- nizzativa per gli insegnanti di seguire i “gruppi misti” appena descritti. Ciò ha comportato una ridefinizio- vano sottoposti alla validazione da parte dell’Istituto Storico della Resistenza: solo dopo questa trafila ne utile a semplificare il lavoro: ogni docente si è occupato degli allievi delle sue classi, con cui ovvia- potevano essere trasmessi al grafico per l’impaginazione in vista della pubblicazione sui pannelli. mente è stato più agevole tenere i contatti. Questa scelta ha reso indispensabile un coordinamento gene- Un percorso simile è stato seguito anche per i materiali da mettere sul sito, con un ulteriore sviluppo. rale più attento, per evitare il rischio della frammentazione, soprattutto in Nel corso del progetto è emerso il grande interesse dei ragazzi per le interesse ai testimoni dell’epoca. vista della pubblicazione dei risultati delle ricerche. Si è pertanto deciso di creare in corso d’opera una sezione apposita del sito, volta a raccogliere le tra- Proviamo ora a vedere come gli studenti hanno organizzato il proprio lavo- scrizioni dei colloqui realizzati. ro, precisando che ogni gruppo ha seguito il canovaccio, pur con qualche L’impegno degli studenti non terminava con la stesura dei testi. Infatti la dimensione pubblica del pro- modifica. getto esigeva una presentazione dei risultati della ricerca alle comunità residenti nei comuni interessa- Il primo passo è stato la costituzione di piccoli gruppi. Il gruppo doveva deci- ti. Questa presentazione ha richiesto l’organizzazione di eventi ad hoc o l’istituzione di momenti dedica- dere di quale territorio occuparsi (in genere quello di residenza), confron- ti all’interno di occasioni già previste (come le commemorazioni per il 25 aprile). tandosi poi sulle informazioni già possedute (un monumento conosciuto, il Da un lato queste occasioni richiedevano un raccordo a livello istituzionale tra i soggetti interessati nome di un partigiano su una via, un testimone dell’epoca con cui esisteva- (Provincia, amministrazione comunale, associazioni); dall’altro gli studenti erano impegnati a preparare no già contatti). L’insegnante aiutava il gruppo a definire come muoversi e a una sintesi di quanto appreso durante la ricerca, sintesi che risultasse ben chiara all’uditorio presente. reperire le fonti da utilizzare. E’ stata una fase di non poco conto: i gruppi si sono impegnati a definire cosa dire, a dividersi le parti, Successivamente il gruppo provvedeva all’esplorazione del territorio, mira- preparando un breve discorso utile a superare qualche timidezza. L’esito è stato apprezzabile, non solo ta all’individuazione dei “segni”. Utilizzando la scheda di lavoro predisposta durante la presentazione vera e propria, ma anche subito dopo: in ogni paese gli studenti hanno potuto, gli studenti raggiungevano i luoghi interessati, osservavano il “segno” rac- al termine del momento istituzionale, chiacchierare con le persone intervenute, spesso partigiani o cogliendo le informazioni immediatamente coglibili, realizzavano fotografie parenti di partigiani, rendendo evidente il legame possibile tra le giovani generazioni e quegli avveni- da utilizzare per la presentazione. menti che hanno segnato la Storia del novarese e dell’Italia. Il contatto diretto con il “segno” era la scintilla da cui partire per la ricerca. Infatti da qui iniziava la raccolta delle fonti, differente caso per caso. Fondamentale è stato il rapporto con i testi: quando possibile è stata incen- A N I M A Z I O N E S O C I A L E & C U LT U R A L E Giovanni Campagnoli e Marco Martinetti tivata l’analisi di più pubblicazioni, così da stimolare il confronto, anche accostandosi a documenti dell’epoca. Si sono rivelate molto significative le interviste dirette ai testimoni: per gli studenti parlare direttamente con queste persone è stato un modo per superare una concezione “statica e lontana” della Storia, entrando in contatto con la quotidianità, riuscendo davvero a immaginarsi un mondo passato, diverso eppure parente di quello attuale in cui vivono. Non a caso hanno suscitato particolare interesse le foto d’epoca, in quanto hanno permesso di vedere come erano “allora” luoghi “ora” piuttosto diversi, riconoscendoli e vedendoli sotto un’altra luce. Un’ulteriore fonte di informazioni è stata la ricerca negli archivi: presso La presentazione del pannello della memoria: 25 aprile a Romagnano Sesia e a Bellinzago Novarese: 8 quelli comunali sono state reperite indicazioni relative all’istituzione dei “segni”, mentre quello dell’Istituto Storico ha fornito sia materiale fotografi- 9 I SEGNI, LA MEMORIA, I LUOGHI, LA STORIA. 10 La scelta di utilizzare i luoghi come strumento per “comunicare storia” non è, se si sviluppa un percorso scientificamente controllato, un mero pretesto, non significa “giocare alla storia”, ma può rappresentare un corretto modo di divulgare la conoscenza storica. La storia si è svolta sempre in luoghi determinati: ha percorso il tempo, ma anche investito un determinato spazio. E la città, il paese, la frazione in cui viviamo hanno sempre fatto parte della storia generale che impariamo sui manuali. Spetta a noi, contemporanei, scoprirlo, svelarne i segreti e il fascino nascosti. A partire da lì, dal luogo, è dunque possibile ricercare informazioni storiche che ci aiutano a comprendere non solo i fatti in sé, quelli che si sono svolti, bensì i fenomeni generali, la “macrostoria”. Nel caso della Resistenza poi, mai avvenimenti della storia nazionale e internazionale sono stati così strettamente legati alla geografia fisica dei posti in cui si sono svolti. Oggi noi percepiamo quei luoghi e quegli itinerari con gli occhi del presente e fatichiamo non poco a comprendere il significato che essi hanno avuto nel passato. Ma se ci sforziamo un po’, se confrontiamo ciò che quotidianamente vediamo con altre fonti storiche ecco che gli stessi luoghi, gli stessi itinerari (anche se ormai totalmente diversi nel loro aspetto fisico) cominciano a parlarci, a comunicare. E questo è ancora più vero se teniamo conto, per quanto riguarda gli avvenimenti del Novecento, e particolarmente per quelli riferiti alla Resistenza, che viviamo un tempo di passaggio, del passaggio obbligato dalla memoria alla storia. Le memorie di quegli eventi si chiudono, i testimoni inesorabilmente scompaiono. Tra non molto non avremo altro che le testimonianze raccolte in questi anni, magari salvate su qualche supporto magnetico o digitale. Non avremo più però il confronto e il contatto concreto e diretto con i protagonisti. Tutto passerà, se già non è successo, nelle mani della comunicazione storica. Occorre quindi che questa si attrezzi il più possibile per surrogare in qualche modo il formidabile apporto di conoscenza e di partecipazione emotiva che in questi anni le è venuto dai testimoni diretti. Nulla potrà sostituire il valore della testimonianza, ma salvare la memoria significa anche riuscire a far parlare i luoghi, muti custodi di vicende umane, salvaguardandone i segni che ci hanno lasciato. Da qui “I Segni e la Memoria”, il tema di questo triennale progetto, opera di giovani per altri giovani, che ora va concludendosi lasciando nuovi segni, nuove tracce e indizi per ulteriori ricerche, per ulteriori approfondimenti. Il visitatore attento o il viaggiatore distratto potranno trovare, disseminati qua è là sul territorio, brevi annotazioni su quanto avvenne nei nostri territori in quel periodo di oppressione e di lotta e in particolare in sedici località della provincia di Novara: ad Arona, Barengo, Borgomanero, Borgo Ticino, Casalino, Castelletto Sopra Ticino, Cressa, Fontaneto d'Agogna, Galliate, Gozzano, Granozzo con Monticello, Invorio, Meina, Novara, Romagnano Sesia, Suno (oltre a un sito web con altre schede) teatro di episodi tragici o gloriosi della nostra Resistenza. Sono trascorsi più di sessant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale, da quella primavera del 1945 in cui, finalmente, dopo anni di dittatura fascista, guerre e lutti senza fine, un’occupazione feroce, distruzioni, paure ed una resistenza tenace, capillare e gloriosa, anche gli Italiani poterono tornare a vedere la luce, riprendere a vivere e, liberamente, cercare di costruire il proprio futuro. Non deve stupire, dunque, che un così importante lasso di tempo non abbia spento l’interesse per quel periodo, snodo fondamentale della nostra storia collettiva e non deve nemmeno stupire che molti giovani di oggi, a torto descritti come generazione senza passato e senza futuro, tornino a guardare con disincanto, ma con impegno, a quegli anni e ai giovani di allora, per trovare radici e ragione di sé. Vale allora la pena di proporre qui, anche se necessariamente in forma sintetica, uno schema di riferimento generale sul contesto novarese entro il quale nacque, si sviluppò e, infine, vinse il movimento di 11 I SEGNI, LA MEMORIA, I LUOGHI, LA STORIA. 12 liberazione, oggetto della riflessione e del lavoro di ricerca dei ragazzi che si sono cimentati con il pro- più nota, numerosa e agguerrita brigata partigiana, comandata dal capitano Filippo Maria Beltrami, fu getto. distrutta nel suo intero livello di comando. In sede storiografica si è andata consolidando una ripartizione in fasi della storia della resistenza locale L’idea e il bisogno di avere un territorio come quello novarese sotto rigido controllo spinse le forze d’oc- e più precisamente in tre diversi periodi che ricalcano l’evoluzione e le caratteristiche del movimento cupazione e gli alleati fascisti ad un sempre maggiore dispendio di energie, di uomini e mezzi, per garan- stesso. Specularmente, anche se con alcuni scostamenti temporali, la stessa suddivisione si potrebbe tirsi un retroterra sicuro ove produrre, sottrarre, trasportare. Il tentativo di “pacificazione” si scontrò non proporre per quanto attiene all’occupazione nazista e alle caratteristiche del fascismo saloino. solo con un movimento partigiano in grado di superare le fasi più difficili e che di fatto rese impossibile La prima fase, convenzionalmente, riguarda il periodo che va dall’armistizio dell’8 settembre 1943 al feb- tale tentativo, ma anche con un movimento operaio che sabotò sistematicamente la produzione (centi- braio 1944, dall’arrivo di due battaglioni della prima divisione SS Leibstandarte “Adolf Hitler” alla batta- naia furono gli scioperi nelle maggiori fabbriche sia a nord che a sud della provincia) e una popolazione, glia di Megolo. L’occupazione militare, affidata a truppe d’elite della macchina militare nazista, si carat- soprattutto contadina, che supportò con ogni mezzo la resistenza e consentì al movimento armato, al di terizzò immediatamente per la durezza dell’impatto sul territorio e sulle popolazioni. Sopravvalutando la là di ogni adesione ideologica, di sopravvivere e muoversi nel territorio. possibilità di rivolte popolari e la presenza di forme organizzate di resistenza (specie da parte dei milita- La seconda fase, che va dalla primavera all’autunno del 1944, fu dunque caratterizzata da una sorpren- ri presenti numerosi nelle caserme e nelle zone di confine) il dispiego di forze fu notevole e le operazio- dente attività di guerriglia capace di contrastare in ogni zona l’apparato poliziesco e militare nazifasci- ni repentine. sta. Il movimento, grazie anche al sostanziale fallimento dei ripetuti bandi di richiamo della Repubblica Occupazione dei punti nevralgici del territorio, disarmo di tutti i militari e relativo invio nei campi di con- sociale italiana, andò ingrandendosi e organizzandosi in formazioni sempre più strutturate e operative. centramento (nella sola Novara furono circa diecimila), preparazione delle condizioni per il passaggio di Per la natura stessa di tali formazioni non è facile descriverne linearmente l’evoluzione, che fu assai tra- consegne alle forze di controllo di polizia e per la costituzione delle strutture politiche e organizzative del vagliata e a volte contraddittoria, eppure in tempi e modi diversi si costituirono ben tre divisioni garibal- neofascismo furono le direttrici e i compiti dei primi mesi dell’occupazione. dine in Valsesia (la “Fratelli Varalli” e la “Pajetta”) e nel Cusio-Ossola (la “Redi”), altrettante divisioni Il carattere oppressivo e intimidatorio volto a troncare sul nascere qualsiasi forma di opposizione è testi- autonome (la “Beltrami”, la “Valtoce” e la “Valdossola” ) sempre nel Verbano-Cusio-Ossola. Senza moniato dalla violenza delle operazioni: da un lato si sparò a vista su ogni sospetto, dall’altro si diede dimenticare la divisone “Mario Flaim” e la brigata “Perotti” nel Verbano, la brigata “Matteotti” in Ossola corso ad un rastrellamento precoce e senza pietà degli Ebrei presenti sul territorio (da qui la prima e più e le brigate al piano “Della Vecchia”, “Rabellotti” e “Campagnoli”. grave strage di israeliti avvenuta in Italia nel periodo). La zona era ritenuta, per i suoi impianti industria- Furono ancora gli scioperi nelle fabbriche ad aprire la seconda fase della resistenza nel marzo del ‘44. li, per le risorse agricole, per le linee di comunicazione interne ed internazionali, per le centrali idroelet- La convinzione dei nazifascisti di aver stroncato il “ribellismo”, ostentata dopo la morte di Beltrami e dei triche, di vitale importanza, adatta comunque a trasferirvi strategiche produzioni militari, lontane ma non suoi, si scontrò con l’evidente ripresa della guerriglia e con le ripetute manifestazioni di disobbedienza e troppo dai principali obiettivi dei bombardamenti alleati. Se il “bastone” della repressione fu durissimo, di resistenza civile. la “carota” dell’amministrazione si presentò inizialmente morbida: molta propaganda e un ripristino delle Dall’aprile al giugno 1944 lo sforzo repressivo si fece imponente e un grande rastrellamento puntò, da un strutture del fascismo basato più sui vecchi funzionari dello Stato che non sui militi del partito. Una situa- lato, verso la Valsesia e, dall’altro, verso il Verbano-Ossola. zione che durò pochi mesi e che volse ben presto verso la costruzione di uno stato di polizia assoluta- Nel primo caso fu un vero fallimento, tanto che a giugno la Valsesia fu liberata per oltre un mese dai par- mente asservito all’occupante. tigiani, mentre nel secondo, soprattutto in Valgrande, provocò una vera carneficina, con quasi trecento Se repentine furono le operazioni di controllo dei territori da parte nazifascista, altrettanto precoce fu il morti tra civili e combattenti. I crimini commessi in questo periodo furono numerosissimi ed hanno il pro- sorgere delle prime forme organizzate, sia politiche sia armate, di resistenza. Basti pensare che già nel prio simbolo nella fucilazione del 20 giugno a Fondotoce di 43 partigiani, ostaggi e prigionieri. cosiddetto periodo dei quarantacinque giorni di Badoglio, con il ritorno dal confino di fondamentali figu- Il carattere terroristico di simili azioni non sortì altro effetto che aumentare la distanza e l’odio fra oppres- re dell’antifascismo, risorsero o si costituirono quasi tutti i partiti politici (socialisti, comunisti, democri- si ed oppressori. L’estate del ’44, con i successi degli alleati su ogni fronte di guerra, sembrò agli Italiani stiani, azionisti, liberali) e fu dato vita a un Comitato di coordinamento (chiamato anche Giunta interpar- la stagione della definitiva liberazione e spinse il movimento partigiano ad agire in sostegno dello sforzo titi o Fronte nazionale dei cinque partiti) che fu la base su cui nacque, pochi giorni dopo l’8 settembre, il bellico. Il prezzo pagato fu altissimo: sotto le macerie dei terribili bombardamenti alleati, nei feroci primo Comitato di Liberazione Nazionale in provincia. Soldati e ufficiali sbandati, giovani della zona, anti- rastrellamenti, nei paesi bruciati, nei carri pieni di deportati destinati al mortale lavoro forzato o diretta- fascisti, studenti, donne, operai, comunque ed esclusivamente volontari, costituirono invece l’ossatura mente alle camere a gas, negli scontri armati le vittime si contarono a migliaia. delle prime “bande” armate, che fin dai primissimi giorni andarono costituendosi in diverse zone, soprat- Le retrovie sgombre di resistenti e sfruttate al massimo restarono però solo un miraggio: sempre più forze tutto nel retroterra montano delle cittadine del nord della provincia. dovettero essere impiegate sul cosiddetto “fronte interno”, sempre più violenza dovette essere usata per In Valsesia, nel Cusio e nell’Ossola i primi e più organizzati gruppi. Fragili nelle strutture, in una lotta da cercare di frenare l’attività dei resistenti. inventare giorno per giorno, incerte sulle finalità politiche della guerra, ma forti del sostegno concreto Di contro il movimento di liberazione scrisse in questo periodo alcune delle pagine più significative della delle popolazioni, le prime formazioni partigiane scontarono fino in fondo i limiti di una situazione solo ini- propria storia: da un lato portandosi stabilmente in pianura, sulle linee di comunicazione ferroviarie e zialmente favorevole. Attaccate duramente non appena ebbero alzato il livello dello scontro furono stradali e a ridosso delle città, mentre dall’altro sperimentando concrete forme di autogoverno democra- costrette a soccombere. È il caso della prima insurrezione operaia e partigiana di Villadossola dell’8 tico in territori liberati dagli occupanti. novembre 1943, soffocata nel sangue e nelle deportazioni, ed è il caso della battaglia di Megolo in cui la Il fenomeno della “pianurizzazione” fu molto precoce e ottenne il duplice scopo di scoraggiare il nemi- 13 I SEGNI, LA MEMORIA, I LUOGHI, LA STORIA. 14 co, impedendogli qualsiasi controllo effettivo del territorio fuori dai presìdi e dalle fortificazioni, e di rassicurare le popolazioni sull’imminenza della liberazione. La costituzione di “zone libere”, come è il caso della cosiddetta “Repubblica partigiana dell’Ossola” servì invece non solo a vivere una breve, ma intensa stagione di libertà, bensì a mostrare al mondo le finalità di giustizia e riscatto, nonché le capacità di autogovernarsi democraticamente del popolo italiano. Con la caduta della Repubblica ossolana si chiuse anche la seconda fase della resistenza novarese. Ancora una volta la rioccupazione dell’Ossola non significò la sconfitta del movimento partigiano che seppe riorganizzarsi nel volgere di breve tempo. L’inverno alle porte, il “proclama Alexander” che invitava i partigiani a sospendere ogni azione e la stagnazione della guerra, non sfaldarono ulteriormente la resistenza, che anzi, anche nei mesi più difficili e duri, continuò con azioni di guerriglia e sabotaggio. Continuò anche la stagione del sangue e del terrore nonostante i ripetuti cambiamenti ai vertici delle istituzioni politico-militari della Repubblica sociale. Paradossalmente fu per i nazifascisti che la situazione divenne sempre più difficile: mentre a poco a poco le fila partigiane si ingrossarono e tornarono a essere esercito in grado di combattere battaglie sempre più importanti, la potente macchina repressiva subì un inesorabile sfaldamento. Fallì miseramente il tentativo di risolvere la propria crisi di legittimità con la violenza generalizzata e fallì ogni tentativo di spezzare il sostegno popolare al movimento di resistenza. La terza e definitiva fase attraversa, dunque, l’inverno 1944-45 e porta alle operazioni della liberazione nella primavera del ’45. L’offensiva alleata sui diversi fronti spinse tutte le formazioni ad agire di concerto. L’insurrezione era ormai alle porte: da tempo sia le forze militari che politiche avevano preparato i piani, anche per il “dopo”. Nell’alto novarese e nella bassa Valsesia, verso il capoluogo, si combatterono battaglie decisive: le città insorsero e vennero liberate. Il piano insurrezionale fu modificato all’ultimo momento sì che le formazioni del Verbano, del Cusio e dell’Ossola si diressero verso Milano, mentre le formazioni della Valsesia, unitamente alle brigate al piano, ebbero il compito di liberare Novara e fermare le colonne tedesche e fasciste in ritirata. Queste colonne cercarono di ostacolare le operazioni di liberazione, di forzare i blocchi per dirigersi verso la Germania, minacciando e qualche volta attuando inutili stragi: si scontrarono però con la maturità politica e militare dei comandi partigiani che spinsero il nemico a desistere da ogni piano distruttivo. Le città furono salve, così come gli impianti industriali, le centrali elettriche, le principali vie di comunicazione. Se il passaggio dalla guerra alla pace, dalla dittatura alla democrazia, fu qui più che altrove meno traumatico, il merito va dunque ascritto a una resistenza che da moto spontaneo di ribellione si trasformò via via in un cosciente movimento di liberazione, che combatté in condizioni difficilissime, iniziando a lottare quando ancora le sorti del conflitto non erano segnate, che ha sempre avuto presente il futuro, sperimentando, quando non anche inventando, forme nuove di convivenza civile. Ha scritto Alberto Cavaglion: “la guerra partigiana non poteva essere che quella che è stata e non ha senso accusarla di non essere stata ciò che non poteva essere, o magnificarla per ciò che non può essere stata” (La resistenza spiegata a mia figlia, L’ancora del Mediterraneo, 2005). L’augurio e l’auspicio è che i giovani continuino a guardare con questo disincanto a quel periodo perché ancora capace di dare loro senso e speranza nel futuro. Mauro Begozzi Direttore Istituto Storico della resistenza e della società contemporanea del novarese e del Verbano Cusio Ossola 15 IL PROGETTO CONSIDERAZIONI SUL PROGETTO “I SEGNI E LA MEMORIA” CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE SUL PROGETTO “I SEGNI E LA MEMORIA” DA PARTE DEGLI STUDENTI DA PARTE DI UNA INSEGNANTE Un aspetto importante del progetto “I Segni e la Memoria” è stato quello dei momenti pubblici della “con- Ho aderito con entusiasmo all’iniziativa proposta dall’Assessore all’Istruzione, Prof.sa Paola Turchelli, segna” ai sindaci dei pannelli che gli studenti avevano realizzato a scuola. subito all’avvio del progetto “I Segni e la Memoria” ed ho continuato a lavorare con le mie classi intor- Di seguito, si riporta la presentazione di due studenti preparata per l’incontro con il Sindaco e la comu- no alla sua realizzazione per tutto il triennio in cui esso si è protratto. Né credo che smetterò di far svi- nità di Gozzano, come elemento utile alla valutazione di questo progetto, da parte di due giovani par- luppare le ricerche avviate solo perché il progetto della Provincia si è concluso, anzi! tecipanti. In realtà sono convinta che lo studio della vicende locali connesse con la storia della Resistenza non La nostra classe ha partecipato al progetto promosso dall’Assessorato provinciale all’Istruzione “I Segni debba rimanere circoscritto nel tempo, né determinato solo dalle sollecitazioni di un ente territoriale e la Memoria". Abbiamo scelto di realizzare un pannello che parlasse della Resistenza a Gozzano e delle esterno alla scuola, come è avvenuto in questo caso, ma ritengo che debba costituire parte integran- persone che sono state uccise in quel periodo. te del curriculum dell’insegnamento della storia almeno negli istituti secondari di secondo grado, poi- Per farlo abbiamo ripreso i testi del fascicolo pubblicato dall’Amministrazione comunale nel 2005 ed in ché non si può costruire il proprio futuro senza avere la conoscenza del proprio passato: sarebbe seguito abbiamo ricercato in biblioteca le foto di quel periodo che testimoniavano i fatti dell'epoca a par- come gettare un seme sull’asfalto o su di un terreno arido: la piantina certo forse riuscirebbe a nascere e a crescere, ma avrebbe radici così superficiali che non le garantirebbero stabilità, equilibrio e tire dalla sfilata dei partigiani del 25 aprile 1945. Abbiamo anche realizzato delle interviste a testimoni dell'epoca che sono pubblicate sul sito www.resi- sicurezza nè la stessa sopravvivenza. Così è per la conoscenza del proprio passato. Certo si può sopravvivere o vegetare senza di esso, ma su quali basi e in quale misura si potrebbero compiere scel- stenzanovarese.it. te critiche, autonome e responsabili per il proprio futuro? Gli elementi che ci hanno colpito durante le fasi di questo lavoro sono stati cinque: 1) la presenza a Gozzano della “petroliera”, un grande area con un enorme deposito di carburante che in quell’epoca aveva un'importanza strategica; 2) il fatto che la difesa della petroliera avesse giustificato addirittura la presenza a Gozzano di truppe occupanti tedesche; Sono nata dopo la seconda guerra mondiale e non ho vissuto il periodo della Resistenza, quindi non posso essere ritenuta una “nostalgica” o una “fanatica”. La mia formazione deriva sia dall’educazione familiare ricevuta e dalla memoria conservata in famiglia di episodi drammatici risalenti al periodo bellico, sia da una quantità di studi, ricerche su documenti e da un aggiornamento continuo, condotti autonomamente per scelta e sensibilità personale. La scuola superiore e l’università non sono stati soggetti attivi nella formazione della mia coscienza storica; proprio per questo, forse, io ho cercato e 3) l'alto numero di caduti partigiani del nostro Comune e le torture che alcuni di loro hanno dovuto subire; cerco di offrire ad allieve/i delle mie classi quelle informazioni e quei metodi di lavoro e di studio che a me non sono stati forniti dalle istituzioni scolastiche che ho frequentato. 4) il fatto che i nomi delle persone uccise siano quelli delle famiglie di Gozzano ci richiama episodi di Il progetto proposto dalla Provincia, pertanto, ha costituito un’opportunità per affrontare con maggior violenza ed in generale di guerra proprio nel nostro Comune. Pensare che tutto ciò sia avvenuto solo determinazione e motivazione la conoscenza della storia recente del territorio novarese, dei conflitti sessant'anni fa, ci fa riflettere, così come il fatto di averlo “scoperto” solo di recente; militari, sociali, ideali che lo hanno lacerato, ma anche delle azioni di solidarietà che lo hanno attra- 5) al termine di questo lavoro, il fatto che alcune vie del paese portino i nomi di queste persone uccise versato, delle sofferenze che le persone hanno patito e delle scelte che hanno operato nel periodo ha acquisito per noi un nuovo significato, che rimanda sia al ricordo del passato, ma anche al gran- della seconda guerra mondiale e della Resistenza in particolare. de valore che pace, democrazia, benessere e legalità hanno oggi. Il fatto poi che il progetto fosse una iniziativa di un Ente istituzionale ha permesso di superare le difficoltà, per lo più burocratiche, connesse con l’accesso alle fonti ed ha, quindi, favorito la collaborazio- Realizzare questo lavoro ci ha molto interessato e vogliamo ringraziare per questo il nostro Liceo, la ne dei sindaci, che hanno ammesso studenti e studentesse alla consultazione dei documenti conser- Provincia e Vedogiovane che ci hanno permesso di poterlo fare, oltre alla Biblioteca di Gozzano, a vati negli archivi comunali dei paesi prescelti per condurre l’indagine. Giuseppe Ruga e Giuseppe Fusi per il materiale che ci hanno fornito. Vari sono gli aspetti interessanti e coinvolgenti previsti dal progetto, ma certamente il più rilevante consiste nell’applicazione del metodo di ricerca proprio della disciplina storica per dar conto dei nessi esistenti tra i segni presenti sul territorio e gli avvenimenti a cui essi rimandano. Alessandro Alliata e Massimo Pettinaroli, 15 anni Molto interessante è dunque apparso il lavoro eseguito sulle fonti, affiancando alla lettura di giornali Liceo linguistico europeo Don Bosco, Borgomanero. Gozzano, 23 maggio 2007 d’epoca e di saggi storici di carattere generale il reperimento e l’interpretazione di documenti originali, conservati negli archivi comunali o negli archivi privati di singole persone, documenti talvolta mai esaminati da alcuno. Altrettanto interessante è apparsa la ricostruzione storica condotta attraverso interviste a persone anziane, testimoni degli avvenimenti indagati, innanzitutto rivolte ai propri parenti, nonne/i, zie e zii, e poi a vicini di casa, agli abitanti del paese, al parroco, al sindaco, ecc. Il contatto diretto con i testimoni, al di là della frammentarietà dei ricordi e delle notizie raccolte, ha reso più viva e coinvolgente la ricerca, tanto da far maturare nel tempo il dialogo tra generazioni diverse. 16 17 IL PROGETTO Non sono certo mancate le difficoltà per studentesse e studenti che hanno intrapreso un lavoro di per sè complesso e tortuoso anche per la/o stessa/o storica/o di professione. Le classi hanno comunque risposto positivamente all’invito a dedicare parte del loro tempo libero allo sviluppo del progetto e non è stato difficile lavorare con loro se non per il rispetto dei tempi di consegna dei lavori prodotti. La dilatazione dei tempi di lavoro è dovuta sia al fatto che la ricerca sui documenti richiede obiettivamente molta pazienza e molto tempo, e talvolta risulta frustrante perchè non produce risultati immediati, sia al suo svolgimento da parte di principianti inesperti, che necessitano di una guida e di continui incoraggiamenti. Ma, nonostante le difficoltà, alcuni studenti si sono talmente appassionati all’indagine intrapresa da continuare a lavorarvi autonomamente fino a giungere all’elaborazione di vere e proprie piccole pubblicazioni da presentare all’esame di stato. Uno di loro è riuscito ad interessare l’Ente Comunale coinvolto negli avvenimenti descritti tanto da ottenere il sostegno ed il supporto per la stampa e la diffusione dell’opuscolo fra la popolazione locale. Certo il livello di motivazione e di interesse per l’indagine storica varia da persona a persona, ma la conclusione di una ricerca e la stesura della relazione sui documenti esaminati e sulle interviste svolte, che si raggiunge quando il racconto acquista un senso compiuto, ha sempre ripagato della fatica sostenuta generando un senso di soddisfazione e di gratificazione per i risultati ottenuti e per le persone conosciute. Credo che il Liceo Classico costituisca un osservatorio privilegiato per valutare il grado di interesse e di motivazione di studentesse e studenti nei confronti della ricerca storica, in quanto nel triennio conclusivo del corso di studi esse/i già posseggono un’abitudine allo studio, all’impegno ed all’approfondimento che generalmente facilita il compito di un/a docente. Forse anche per questo motivo, oltre che per la volontà dell’insegnante che li ha guidati, le classi del triennio della sezione D del Liceo Classico hanno continuato a sviluppare il progetto per l’intero triennio. Con questo non intendo affermare che l’intervento dell’insegnante sia inutile; anzi, se un/a docente vuole motivare i/le propri/e allievi/e ad affrontare questioni anche apparentemente estranee ai loro interessi immediati, deve innanzitutto essere motivata/o lei/lui stessa/o. Il suo ruolo quindi consiste non certo nel sostituirsi all’allieva/o nel condurre la ricerca, ma nell’illustrare il metodo di lavoro, nell’indicare i soggetti da interpellare e le vie da seguire per poter trovare le fonti necessarie a raggiungere lo scopo, nel chiedere conto sistematicamente dell’avanzamento della ricerca e delle difficoltà incontrate nel lavoro e infine proprio nel fornire un aiuto a superare le frustrazioni prodotte da una ricerca che a volte appare inutile e che non riesce ad approdare a risultati concreti. Il ruolo della/del docente è quello di una persona adulta che guida, tiene i contatti con le altre persone adulte coinvolte nel lavoro per cercare di appianare gli ostacoli incontrati da allieve/i, affinché esse/i possano trarre dal lavoro gratificazione e soddisfazione personale oltre che valide e nuove conoscenze. Prof.sa Anna Maria Brustia Novara, 16 aprile 2008 18 19 LA MAPPA DEL TERRITORIO IL PROGETTO “I SEGNI E LA MEMORIA” In occasione del 60° anniversario del 25 aprile, l’Assessorato provinciale all’Istruzione in collaborazione con le Scuole Superiori, con l’Istituto Storico della Resistenza e con Vedogiovane, ha promosso un pro- getto triennale per ricordare cosa sia successo nel novarese tra l’au- tunno del 1943 e la primavera del 1945. Ciò partendo dai segni che sul territorio aiutano a fare memoria: infatti la toponomastica, i cippi, le targhe, le vecchie scritte sui muri, oggi ci possono aiutare a ricordare. Maggiori informazioni su questo pro- getto sono disponibili sul sito www.resistenzanovarese.it . 20 21 I SEGNI E LA MEMORIA I Martiri della Resistenza a Meina 15-23 SETTEMBRE 1943: LA STRAGE DEGLI EBREI Cori e Vittorio Haim Krüger annunciò a Meina è una ridente cittadina del lago Maggiore, confinan- Pompas. voce alta, perché te con Arona e sede, da tempo, di molte ville in cui perso- Quando il 15 settem- tutti gli ospiti aria- naggi importanti hanno trascorso in assoluta riservatezza i bre 1943 le SS si pre- ni sentissero, che ballato tutta la notte, forse per loro momenti di riposo, ma che è stata nel XIX secolo sentarono all’Hotel gli Ebrei presenti occultare il rumore degli spari che anche un centro industriale di una certa importanza. Meina, andarono a nell’albergo dove- Adriana Galliani, fidanzata di All’ingresso del paese, dove una volta sorgeva il porto, c’è colpo sicuro: qualcu- vano essere tra- Vittorio Haim Pompas disse poi di sferiti, per ordine avere udito in diversi momenti. del comando delle Vittorio Haim Pompas insieme a Targa nel Parco della fratellanza di Meina, lungo la strada del Sempione COMUNE DI MEINA un albergo, oggi fatiscente, carico di tristi ricordi: quando no li aveva avvisati ancora si chiamava “Hotel Meina” ed apparteneva alla della presenza di famiglia Behar, nel 1943, divenne il luogo in cui fu compiu- Ebrei nell’albergo. SS di Baveno, in un campo di concentramento che distava Daniele Modiano e Raoul e Valerie ta una delle prime stragi di Ebrei civili in Italia. Non si trattava di 150-200 KM da Meina, che i “detenuti” sarebbero stati tra- Torres fu inserito nel terzo gruppo L’Hotel Meina era un albergo di prima qualità: un giardino nazisti sferiti con un’automobile privata a piccoli gruppi e che per portato verso Arona. che dava sul lago, l’imbarcadero dei battelli proprio a due facevano parte della tutto il tempo del trasferimento degli Ebrei gli altri ospiti La destinazione dei “detenuti” fu passi, come la strada statale, una sala da biliardo, una per divisione corazzata Leibstandarte “Adolf Hitler”, di ritorno dovevano restare nella sala da pranzo o, meglio, nelle loro giocare a carte. Anche la cucina era ottima, tenuto conto dalla Russia, erano soldati spesso giovanissimi, spietati e camere, in modo da evitare qualunque contatto con loro. I del razionamento. Nel settembre del 1943 gli ospiti erano “specializzati nella strage all’ebreo”. primi quattro ad essere prelevati furono Marco ed Ester un centinaio: da quando la Casa editrice Mondadori, a Dopo avere occupato l’Hotel, ordinarono a tutti gli ospiti di Mosseri, Lotte Froehlich, Vitale Cori. Cantoniera in località Pontecchio e dopo averli fucilati li avevano getta- causa dei bombardamenti, aveva trasferito gli uffici ad ritirarsi nelle loro camere e poi, individuati gli Ebrei, li por- Furono fatti salire su una camionetta, non su un’auto pri- ti nel lago con sassi legati al collo per impedirne il riaffioramento, che Arona, non erano pochi i dirigenti che vivevano nell’alber- tarono all’ultimo piano. vata, che rientrò in albergo all’una di notte: era passato puntualmente si verificò e permise agli abitanti di Meina di conoscere go. Con loro, alloggiavano all’Hotel Meina anche alcune Catturarono anche il proprietario e la sua famiglia, Ebrei, troppo tempo per un interrogatorio ad Arona, troppo la verità. famiglie di Ebrei greci fuggiti appena in tempo da ma turchi. Poiché i Behar ospitavano nella loro abitazione poco per un trasferimento nel fantomatico campo di con- Le SS allora raggiunsero i cadaveri con una barca e li colpirono con le Salonicco: la famiglia Fernandez Diaz, composta dal nonno meinese, villa Novecento, il console turco (la Turchia era in centramento. baionette per affondarli una volta per tutte. Per tutto il giorno i ragazzi Dino, da suo figlio Pierre, da sua moglie Liliana e da Jean, quel momento neutrale), questi intervenne per liberarli ed Il secondo gruppo scelto dalle SS era composto da due Fernandez Diaz restarono affacciati al terrazzo, chiedendo ai passanti, Robert e Brachette, i loro figli; la famiglia Mosseri, compo- essi, dopo avere pagato una penale in denaro per avere coppie di sposi: i Mosseri e i Fernandez Diaz. che cercavano di rassicurarli, notizie sui loro genitori. sta dai coniugi Marco ed Ester e dal figlio Giacomo Renato ospitato degli Ebrei, scamparono al massacro, pur dive- Allontanandosi, Marco e Liliana Fernandez Diaz abbrac- Alle 22 furono prelevati con il nonno: nessuno ebbe dubbi sulla loro sorte, e sua moglie Odette; infine, la famiglia Torres, composta nendone impotenti testimoni. ciarono i tre figli e il nonno. La camionetta, dopo averli cari- quando la camionetta partì verso Arona. dai coniugi Raoul e Valerie. L’occupazione dell’Hotel durò fino al 23 settembre, una set- cati, si allontanò in direzione di Arona. Alle tre del mattino La strage di Meina è uno degli episodi più terribili dell’occupazione nazi- Arrivava da Salonicco anche Daniele Modiano, mentre gli timana di agonia di cui tutto il paese fu in qualche modo del 23 settembre, le SS tornarono in albergo, dove si era sta in Italia, oltre che dei più ignorati. Nel 1968 ad Osnabrück fu celebra- altri tre Ebrei vittime del razzismo nazista furono Lotte testimone: una strage che si differenziò dalla altre compiu- to un processo in cui i Behar si costituirono parte civile: due ufficiali furo- Froehlich, moglie dello scrittore Mario Mazzucchelli e due te sulle rive del Verbano (ad Arona, Baveno, Stresa, no condannati all’ergastolo, ma nel 1970 una sentenza della Corte supre- dipendenti del negozio milanese di antiquariato del pro- Mergozzo, Orta, Pian Nava e Intra), per le quali si cercò la ma di Berlino cancellò tutto, perché i reati erano da considerare caduti in prietario dell’albergo, Alberto Behar, che si trovavano a massima segretezza. prescrizione. In Italia non s’è mai fatto un processo. Meina per caso, come aiutanti tuttofare nell’albergo: Vitale Gli ospiti dell’Hotel avevano molti amici a Meina e ad Nessuno ha pagato per quei sedici morti. Arona, che cercarono di mettersi in contatto con loro, di Ma c'è chi non ha dimenticato e da anni racconta la verità: "I giorni di mediare. Ad alcuni fu concesso un lasciapassare e potero- Meina hanno segnato nella mia vita - scrive Becky Behar - un trauma no incontrarli un’ultima volta, pranzare con loro, raccoglie- perenne: non sono più stata la stessa, perché non è il fatto di essere re confidenze, alcuni ricevettero anche gioielli e valori da sopravvissuto che ti può dare pace". qualunque: L’imbarcadero di Meina Cippo commemorativo degli Ebrei trucidati nel Parco della fratellanza di Meina mettere in salvo. Il 17 settembre il clima era così “disteso” chiara il mattino del 23 settembre. I Tedeschi avevano portato gli Ebrei poco distante, alla Casa Bibliografia di riferimento: Becky Behar, la strage dimenticata, Interlinea - 2003 Giorgio Bocca, Storia dell’Italia Partigiana, Enrico Massara, Antologia dell’Antifascismo e della Resistenza Novarese, Novara - 1984 Marco Nozza, Hotel Meina - La prima strage di Ebrei in Italia, Mondadori - 1993 che le SS più giovani giocarono con i ragazzi Fernandez Diaz. Il giorno seguente, un cupo silenzio e un tangibile nervosismo presero il posto del rumoroso via vai dei giorni precedenti. In tarda serata due individui cercarono di allontanare dal- Foto e testi a cura della classe V Chimici B - a.s. 2005-2006 l’albergo il proprietario, che fu salvato dall’intervento del vice console turco Dian Danish, che alloggiava in Hotel. Nei giorni successivi la situazione peggiorò. Il 22 fu vietato agli Ebrei di scendere al pianterreno e di passeggiare nel L’albergo oggi. corridoio del quarto piano. Dovevano restare nelle loro camere e tenere le porte chiuse. Dopo cena, il capitano 22 Cippo commemorativo degli Ebrei trucidati lungo la statale del Sempione, di fronte alla casa cantoniera, dove ci fu la strage N I.T. LEONARDO DA VINCI BORGOMANERO A N I M A Z I O N E S O C I A L E & C U LT U R A L E 23 I SEGNI E LA MEMORIA Episodi di Resistenza ad Arona ARONA: 14 E 15 SETTEMBRE 1943 e vi è da presumere che Arona sia l’ultima tappa prima di L’OPERAZIONE DEL CAPITANO SS KRÜGER affrontare il viaggio per la Svizzera, verso la salvezza. Caduti: Vittorio Angelo Cantoni Mamiani della Rovere, Ma sulla strada dei Modiano vi è Krüger "il biondo capita- Margherita Cohen, Carlo Elia Modiano, Giacomo Elia no dagli occhi azzurri e gelidi" che li sorprende all’Albergo La sparatoria verso la collina dà, per i fascisti, i suoi frutti. Viene infatti Modiano, Grazia Modiano, Irma Finzi ved. Cantoni, Mary Sempione, non ascolta le loro preghiere, non ha alcun uccisa una giovane donna, Angelina Franzetti, che per caso si trova sulla Modiano Bardavid, Clara Rakosi Kleinberger, Tiberio cenno di pietà. I tre fratelli Modiano e la giovane sposa di traiettoria di una delle tante raffiche di mitra sparate all’impazzata. Alessandro Rakosi. Giacomo sono caricati nel cellulare; e i loro bagagli sono COMUNE DI ARONA "alleggeriti" di ogni oggetto di valore. LA BATTAGLIA DI ARONA - ARONA, 14 APRILE 1945 SS La carovana si porta a villa Beretta e Piccoli dove risiedo- Caduti: Luigi Iorella, Renato Ferrari, Franco Giunta, Ezio Pirali, Gian Carlo dell’Hauptsturmführer Hans Walter Krüger, un pericoloso no i Rakosi, madre e figlio, di origine ungherese. Il Rakosi, Tiboni, Giuseppe Caramella, Giuseppe Guazzoni, Osvaldo Gemma, Angelo "cacciatore di teste". Sono minime le possibilità che un medico, tenta di convincere le SS dell’intrasportabilità Bugio, Giuseppe Nobile, Giovanni Bossetti, Rosa Stadera (civile), colpo vada a vuoto; gli elenchi forniti dai fascisti, con della madre, appena dimessa dall’ospedale e ancora Giuseppe Vallorio (civile), Renato Lanzini (civile), Stefano Salini (civile). nome, cognome, provenienza e attuale residenza, riducono costretta a letto; fa presente che è figlio di un "ariano", ma le possibilità d’errori. nulla commuove i razzisti hitleriani. La brigata "Servadei", che ha mantenuto per lunghi mesi in costante allar- In questi giorni sono ospiti dell’Albergo Sempione di Arona Madre e figlio si uniscono, nel cellulare, ai Modiano. Gli me i presìdi Tedeschi e fascisti del Vergante, riceve l’ordine dal Comando i coniugi Giacomo e Maria Modiano (rispettivamente di 35 automezzi si dirigono, quindi, verso casa Penco, in via di attaccare il cosiddetto "Alcazar" di Arona, rifugio del nemico. e 20 anni) e i fratelli di Giacomo e Maria Modiano (rispetti- Milano. La moglie del fotografo Penco, Margherita Cohen, Era la sera del 13 aprile 1945: i partigiani della "Servadei" scendono dai vamente di 32 e 25 anni). I Modiano provengono da Milano è ebrea; le SS la strappano dalle braccia della figlia dicias- diversi colli, sovrastanti la bella cittadina che sorge sulla riva del Lago settenne, Eugenia, e la caricano Maggiore. L’ordine di attaccare giunse alle 5.30 del 14 aprile. Un inferno! sul furgone. Ma i partigiani avanzano decisamente verso il centro cittadino. Il viaggio continua: gli automezzi I fascisti, battuti ovunque, si ritirano verso la caserma. Quando già si sta Il 14 settembre giungono ad Arona le si fermano, ancora una volta, passare una camionetta con sette o otto SS e tre civili: un profilando il successo dell’azione, una decina di tedeschi, con bandiera dinanzi alla villa Cantoni per pre- uomo, una donna e una ragazza… Li seguo in auto fino alla bianca, chiede di parlamentare. levare il Conte Vittorio Cantoni salita Testa, a dieci chilometri da Arona. S’inoltrano nel Ai partigiani che si presentano al colloquio, i nazisti propongono di con- Mamiani della Rovere. Fallisce bosco a piedi, io vado dietro strisciando fra i cespugli. tinuare il combattimento contro i fascisti: i Tedeschi non avrebbero oppo- sorprendentemente la cattura del Si è fatto buio, posso sentili ma non vederli. Odo una SS sto resistenza. L’inganno è palese e il comando partigiano non accetta le comandante Federico Jarach, già sghignazzare e dire in italiano "Brava mamma, tua figlia condizioni. presidente dell’Unione Comunità molto buona" e capisco che hanno aggredito la ragazza. La battaglia riprende con maggior accanimento, ma di nuovo in via Israelitiche. Federico Jarach, Poi, ci sono delle raffiche di mitra…>. Nei dieci giorni di Paleocapa si presenta una pattuglia tedesca sventolando bandiera bian- preavvisato del sopraggiungere permanenza delle SS ad Arona accadono numerosi casi di ca. I partigiani cessaono immediatamente il fuoco e il gruppo dei parla- delle SS, con una barca riesce a aggressioni e di violenza. mentari avanza verso i Tedeschi. La pattuglia tedesca si trae allora da una parte e da una viuzza sbuca una camionetta da cui cominciano a guadagnare la riva lombarda del lago Maggiore. ARONA 1 OTTOBRE 1944 - SPARANO A CASACCIO mitragliare i partigiani ormai allo scoperto A segnalare tempestivamente Caduto: Franzetti Angelini Intanto, ai tedeschi giungono rinforzi dai presidi vicini e le sorti si capovolgono nonostante il coraggio e l’impeto dei valorosi garibaldini della l’arrivo delle SS e delle loro inten- Il Capitano Bruno, durante una pausa della Battaglia di Arona. 24 zioni è l’avv. Carlo Torelli, commis- Quando le ombre fanno paura si spara all’impazzata e … si "Servadei", costretti a spezzare l’accerchiamento dei gruppi nemici pro- sario prefettizio. Oltre alla famiglia uccide. È il 1 ottobre del ‘44, e per le vie di Arona si snoda venienti dall’esterno. Perdono la vita nella battaglia 12 giovani partigiani dell’industriale lombardo, coman- un corteo funebre che segue le bare di alcuni "camerati". e 4 civili antifascisti. dante Jarach, riescono a sfuggire I Fascisti hanno paura, temono l’attacco dei partigiani; dal- Oltre settemila persone, il 16 aprile, seguono i feretri dei caduti nella alla cattura altri Ebrei e fra costo- l’una e dall’altra parte del corteo vi è la Milizia che fa da Battaglia di Arona. ro il commediografo Sem Benelli scorta con mitra "pronti per l’uso". e moglie, i coniugi milanesi Si raggiunge il Cimitero e, mentre i Sacerdoti recitano le pre- Veneziani, ghiere per i defunti, alcuni giovani militi si mettono a sparac- il commediografo Sabatino Lopez. chiare verso la collina; che cosa hanno visto?... alcune Oltre a questi fatti, nei quali i nomi ombre scambiate, ovviamente, per partigiani pronti all’as- sono conosciuti, vi è una testimo- salto. La funzione religiosa viene interrotta e l’Arciprete, nianza del maresciallo dei carabi- con gli altri Sacerdoti, viene tradotto all’albergo Milano nieri che al processo dichiara: (per gli aronesi "Alcazar" perché trasformato in fortino <... una sera di settembre vedo dalla X Mas). Fonte: www.anpi.it N A N I M A Z I O N E S O C I A L E & C U LT U R A L E 25 I SEGNI E LA MEMORIA La Resistenza a Gozzano LA RESISTENZA A GOZZANO due partigiani (Bagnetti e In quegli anni Gozzano è sede di un deposito Bocchinelli), mentre un terzo, ferito, militare di carburanti (il più importante dell’Italia (Carlo Rolando di Novara) viene settentrionale): a custodirlo vi è un presidio di portato nel presidio tedesco (la fanteria comandato dal maggiore Poletti, che Petroliera) ed alla sera ucciso. Poi parteciperà poi alla Resistenza in collegamento sarà sepolto nel cimitero di con Moscatelli. Gozzano. Alla data dell’armistizio dell’8 settembre 1943, al Improvvisa, nei primi giorni di grido di “tutti a casa” i militari abbandonano la maggio, una notizia luttuosa: il Petroliera che si trova sguarnita. giorno 9, a Forno, in Valstrona Subito arrivano i civili a prendere il prezioso carbu- muore Aurelio Godi: i fascisti rante, mentre il 20 arrivano i Tedeschi, ponendo subi- della Tagliamento hanno attac- to un reparto a presidio. Così Gozzano diventa un cato la casa utilizzata come paese occupato e lo sarà fino alla Liberazione. ospedaletto A fine settembre anche a Gozzano si viene a conoscenza della strage nazista di Ebrei a Meina, episodio La pubblicazione curata dall’Amministrazione Comunale in occasione del 60° della Liberazione partigiano ed Aurelio, affacciatosi alla finestra, viene colpito a morte. Gli altri otto, compresi i medici che desta grande impressione ed orrore. Già in ottobre-novembre circolano le voci sul capitano Filippo Maria curanti, vengono catturati e fucilati nella piazzetta. Beltrami, a capo di una formazione partigiana sopra Verso maggio i Tedeschi vengono sostituiti da una forza Omega. A febbraio 1944 suscita grande dolore la notizia fascista. A metà giugno un cartello viene posto al passag- della sua morte con altri undici partigiani, in combattimen- gio a livello della stazione, vi è scritto: “Attenzione perico- to contro i Tedeschi a Megolo, frazione di Pieve Vergonte: lo di bande”. Così i repubblichini dichiarano di non essere tutto sembra finito. È il 13 febbraio. padroni della situazione. Il 23 marzo si ha notizia di un combattimento a Prerro, fra- Intanto la guerra per i nazifascisti va male, è caduta anche zione di Pogno: un gruppetto di partigiani di Beltrami viene Firenze. Nella seconda metà di agosto, il giorno 24, un attaccato dai Tedeschi di Gozzano: restano sul terreno automezzo della polizia fascista giunge in paese ed i militi iniziano un rastrellamento. Hanno i nomi di persone da portare in carcere a Novara come ostaggi: due dei ricercati riescono a fuggire alla cattura, sono Mario Vercelli, noto antifascista, e Giuseppe Bertolotti, capitano dei Carabinieri, ma vengono catturate le loro mogli. In tutto una dozzina di persone. Immediatamente si interessa Padre Raverta, gesuita, perché i partigiani garibaldini non si muovano, altrimenti gli ostaggi sarebbero in fin di vita. Nulla accade e pochi giorni dopo gli ostaggi tornano alle loro case. Il 6 settembre 1944 scendono i partigiani, il presidio fascista è stato ritirato. Giorni di grande festa, è tutto un altro vivere. Ma il 12 tuona il cannone del carro armato dei fascisti della Folgore: i partigiani non possono resistere e si ritirano. Nell’entrare in paese, sulla strada di Briga Novarese, viene ucciso Giovanni Bui (non ha sentito l’alt). Entrano i fascisti ed occupano un deserto: portoni e finestre sbarrate, non un cane per le strade, gli uomini validi sono fuggiti nei paesi attorno e nelle vigne, dove si è più Partigiani di Gozzano. Da sinistra: Renato Filippini, Giorgio Paracchini e Giuseppe Ruga; seduto: Paolo Loretti liberi, non vi sono posti di blocco, permessi di lavoro, raffiche di mitra. Da notare che i posti di blocco situati in via per Arona, al Purton, in via Gentile (angolo via 1° maggio) ed all’attuale 26 COMUNE DI GOZZANO 25 Aprile 1945: l’entrata dei partigiani a Gozzano parco di via Beltrami, controllano solo il centro del paese; giani a ritirarsi. Godio, ferito gravemente, viene portato a Gozzano e sono al di fuori le periferie, le cui case accolgono sovente “finito” nell’attuale piazza Matteotti (nessuna pietà per i feriti, come per e volentieri gruppi di partigiani. Carlo Rolando). A metà ottobre un attacco partigiano riesce a penetrare Il presidio repubblichino viene tolto e a sostituirlo arriva un distacca- sino alle scuole elementari e a far bottino di viveri dopo un mento di Tedeschi territoriali: ormai il deposito di carburanti è quasi aspro scontro. A novembre altri lutti: l’ing. Mario Motta, vuoto. A marzo una raffica di mitra uccide uno di questi Tedeschi, di collaboratore della Resistenza sin dal suo sorgere, con guardia nei pressi di piazza Ardicini: a colpirlo sono i partigiani del bat- Beltrami, viene arrestato e a sera rilasciato: mentre è sulla taglione G. Creola della divisione Valtoce. strada del ritorno a casa viene massacrato nei pressi della Il 24 aprile 1945 i partigiani scendono in tutto il Cusio e l’Ossola. Omegna strada che dalla statale porta a Bolzano, da quelli della accoglie festante la divisone Filppo Maria Beltrami: sono quelli del Folgore. “Capitano”, comandati da Bruno Rutto. Giuseppe Fava ad Orta incontra un gruppo di partigiani: Anche Gozzano rivede i partigiani: sono gli “azzurri” del “B. Creola”. fiducioso di poter proseguire, mostra la sua tessera del Dal Sud, dove si era recato in missione, giunge anche Aminta Migliari, il Servizio Informazioni comandato da Aminta Migliari comandante “Giorgio”, il capo del Servizio Informazioni che aveva bene “Giorgio”, ma sono fascisti travestiti. Catturato e portato a operato per tanti mesi in paese. Novara, viene torturato sino a morire. Il suo cadavere sarà Fonte: 60° Anniversario della Liberazione a Gozzano, Amministrazione Comunale, 2005 poi gettato nell’Agogna. Successivamente recuperato, viene sepolto al cimitero di Gozzano. Così trascorre l’inverno, mentre la lotta partigiana si fa sempre più dura. Viene ucciso Vittorio Godio, mentre con altri due compagni attacca, sulla statale tra Baraggia e Borgomanero, un automezzo degli uomini della Folgore. Questi, superiori per volume di fuoco, costringono i parti- N A N I M A Z I O N E S O C I A L E & C U LT U R A L E 27 I SEGNI E LA MEMORIA I Martiri della Resistenza a Borgomanero I SEI MARTIRI OPERAI DELLA SIAI MARCHETTI dello stabilimento di un drappello forse composto da nazi- La lapide che si trova nei pressi del cancello d’entrata sti e militi della Rsi, che addirittura si sarebbero travestiti della ex SIAI Marchetti, oggi “Mecaer”, in Borgomanero, da operai; da qui lo scontro, con il fermo e la fucilazione. raccoglie le storie, differenti, di sei persone morte all’inter- Da considerare a parte il caso di Ottavio Grossini. si fanno passare per partigiani e ucciso per non aver dato loro le infor- no dello stabilimento. L’Antologia fa riferimento a uno sciopero bianco interno mazioni che chiedevano. Casi di sacrifici comunque legati da un tragico filo rosso allo stabilimento SIAI del 10 giugno 1944. Verso le 10,30 gli Un’altra ipotesi è che abbia commesso l’errore di muoversi con troppa che è quello di una morte troppo facile da incontrare, operai si accingono a riprendere il lavoro. precipitazione verso un gruppo di persone armate e che queste ne quando si vive in un clima di terrore, sopraffazione e Giungono sul posto alcuni militari Tedeschi, che già aveva- abbiano frainteso le intenzioni freddandolo con una raffica. guerra. no dato segni di intemperanza e sparato raffiche intimida- Queste storie, come ricordato in precedenza, sono oggi tristemente I primi quattro nomi che compaiono sulla stele sono quelli torie all’esterno della fabbrica. A questo punto viene ferito racchiuse nel marmo di una lapide bianca ai bordi del cortile di una di Carlo Platini, Carluccio Boriolo, Mario Gualini e a una gamba l’operaio Ottavio Grossini, “il quale - si legge fabbrica che ha visto trascorrere gli anni violenti e ingiusti della Giancarlo Maggi. Per loro l’Antologia dell’Antifascismo e - decedeva all’ospedale di Borgomanero alle ore 12”. repressione nazifascista. della Resistenza Novarese di Enrico Massara, parla espli- Preziosa pure in questo caso la ricostruzione, anche se La visita a questo cippo è un modo per non dimenticare il contributo citamente di “un’azione di sabotaggio nello stabilimento parziale, della citata testimone, che parla di una fuga del degli operai alla lotta di liberazione. SIAI (Società Idrovolanti Alta Italia) di Borgomanero” nella Grossini, spaventato dalla presenza delle SS. quale “vengono sorpresi da una pattuglia nazista e fucilati Lo stesso viene inseguito e ferito in un viottolo laterale alla immediatamente sul posto” il 25 luglio 1944. Vi sono alcuni recinzione dello stabile. particolari sul giorno dell’esecuzione che differiscono tra Interrogato, viene poi rilasciato e in un secondo tempo quelli riportati sulla lapide e quelli della documentazione accompagnato in ospedale dove però giunge ormai dis- COMUNE DI BORGOMANERO La pena di morte in vigore anche a Borgomanero durante la resistenza, introdotta dalle leggi nazifasciste. ufficiale; la differenza potrebbe essere imputata a un semplice errore di trascrizione. sanguato e lì decede. Una testimonianza raccolta dalla viva voce di una ex ope- Per Ettore Sacco, ex carabiniere e guardia giurata all’in- raia dello stesso stabilimento conferma invece la realtà del terno della SIAI Marchetti, le notizie sono ancora più sabotaggio, svelandone alcuni particolari. Probabilmente il frammentarie. Muore nella notte del 19 agosto 1944; gruppo dei quattro attivisti partigiani (tutti membri di forma- forse viene tratto in inganno da un gruppo di fascisti che zioni quali la 82° Brigata Osella o la 81° Brigata Loss) cadono in un’imboscata preparata grazie a un’informazione La lapide all’interno dello stabilimento della Siai Marchetti (oggi Mecaer), in via Arona 46 a Borgomanero passata alle SS dalla sede centrale SIAI di Sesto Calende. L’intervento della pattuglia in cerca di carburante sembra sia stato appunto preceduto dall’appostamento all’interno In queste foto: manifestazioni per la liberazione dai nazifascisti, il 25 aprile 1945 in Piazza Martiri a Borgomanero. N 28 A N I M A Z I O N E S O C I A L E & C U LT U R A L E 29 I SEGNI E LA MEMORIA Villa Marazza di Borgomanero IL PRESIDIO DI VILLA MARAZZA, "LA VILLA TRISTE" COMUNE DI BOROMANERO Il 29 novembre 1944 il presidio delle truppe repubblichine di Borgomanero venne trasferito dalle scuole di via Dante alla Villa Bonola (oggi Marazza). Fu una scelta strategica: la Villa in centro città risultava più isolata, di minori dimen- LA FIGURA DI ACHILLE MARAZZA sioni e quindi meglio controllabile. "Villa Bonola divenne il Achille Marazza (nella foto) incominciò la sua covo della prepotenza fascista e cambiò il suo nome in carriera di attivista politico come vice presi- Villa inferno". Si ricordano tutte le migliorie a livello di forti- dente della FUCI (Federazione Universitaria ficazioni militari apportate all'edificio e al parco. Postazioni Cattolica Italiana) nel 1914. Divenne poi mem- di mitragliatrici e cannoncini; filo spinato sulla recinzione bro del Partito Popolare Italiano e si candidò ed un appostamento persino in una cappelletta per non alle elezioni comunali di Borgomanero del 1920, lasciare un centimetro scoperto. I "folgorini" presero pos- risultando eletto come consigliere comunale. Si candidò alle ele- sesso anche degli appartamenti della Villa. Il primo piano zioni provinciali del 1923 in opposizione al montare delle violenze venne adibito a residenza della milizia, semplici repubbli- fasciste sul territorio. Nel 1942 la chiamata alle armi e la partenza per la Jugoslavia. Nel chini ed ufficiali. Il piano terreno venne utilizzato come Nelle immagini sono evidenti le macerie dei bombardamenti, le formazioni partigiane che liberano il presidio fascista presso la Villa e la folla che attende fuori. deposito-carcere; stanzoni di magazzino con poca paglia per terra su cui si dovevano stendere gli arrestati in attesa della Democrazia Cristiana in clandestinità. dei tremendi interrogatori o delle sevizie comminate spes- Seguì l’ingresso per la DC nel CLNAI (Comitato di Liberazione so a caso. Era possibile infatti che dopo qualche festino Nazionale per l’Alta Italia). Alla fine della Seconda Guerra notturno (donne e alcol non mancavano…) i "folgorini" Mondiale ricoprì la carica di Sottosegretario alla Pubblica finissero la nottata con qualche violenza su chi si trovava lì Istruzione nel Ministero Parri e nel primo Governo De Gasperi. rinchiuso. Un soggetto in particolare viene ricordato con Nel 1946 fu Sottosegretario alla Giustizia nel secondo Governo De ribrezzo: Gasperi ed infine, nel 1950, Ministro del Lavoro nel sesto Governo "Quante volte i prigionieri si saranno guardati smarriti, sen- De Gasperi. tendo i passi pesanti di Nando il boia che si avvicinava alla porta del loro carcere! Questo figuro faceva rabbrividire al solo guardarlo; alto e grosso come un colosso, dal viso spaventosamente deformato e dalla voce rauca, non esitava a sparare nei pubbli- Era la prova generale della Liberazione: mercoledì 25 apri- ci locali o mettere la gente al muro per divertirsi e far ride- le 1945 alcuni grossi camion si fermarono davanti ai can- re i folgorini che lo bazzicavano". celli di Villa Marazza per caricare i fascisti che si erano bombe esplosive e mitragliamento continuato senza inter- Nonostante le misure di sicurezza la Villa fu ripetutamente arresi alle truppe partigiane. Il lieto fine di una storia triste. ruzione per 18 minuti, per dare tempo ai patrioti già appo- interessata da rapide azioni di disturbo; sino ad arrivare Fonte: "Stella Alpina", 24 febbraio 1946 (articolo di Wanda Barcellini) stati a circa due chilometri di raggiungere la città”. Le cose non andarono così. Gli aerei arrivarono in ritardo rispetto al all'attacco congiunto con l'aviazione alleata di domenica 22 aprile 1945. 30 1943 il rientro in Italia e l’adesione alla Resistenza come dirigente LA BATTAGLIA DI BORGOMANERO: previsto, fecero solo una rapidissima incursione e sgan- DOMENICA 22 APRILE 1945 ciarono pochissime bombe che, anche a causa del forte La “Battaglia di Borgomanero” venne organizzata per l’e- vento, finirono fuori bersaglio, lasciando intatto il Presidio spugnazione del presidio fascista in città, all’interno di e danneggiando soltanto parte della recinzione e alcuni quella che oggi è Villa Marazza (allora Villa Bonola). In par- caseggiati nei pressi della Villa. ticolare si può fare riferimento a due diverse fonti. Una è Il Le forze partigiane decisero a quel punto di non attaccare; Monte Rosa è sceso a Milano, di Secchia e Moscatelli; l’al- il piano era fallito ed un attacco senza adeguata copertura tra sono le personali testimonianze descritte nel libro del sarebbe costato troppo in numero di vite umane. Non man- dottor De Francesco (o “Piccinino”) di Borgomanero. carono comunque gli scontri in città e negli immediati din- La presa di Villa Marazza era stata pensata come una sorta torni. In quella domenica lo scenario era quello di un sur- di esperimento di collaborazione tra le forze partigiane e reale silenzio rotto solo dal sibilo del vento e dal rumore dei l’aviazione alleata anglo-americana. motori degli aerei; sulle colline e dentro le vie cittadine pat- Il piano prevedeva l’intervento di “quattro caccia bombar- tuglie partigiane, scese in massa per sferrare l’attacco dieri alleati per impedire ai fascisti uso cannoni e lancia- contro contingenti di repubblichini e Tedeschi che si appo- fiamme. Aerei devono attaccare Villa Bonola con lancio di stavano in diversi punti della città. N A N I M A Z I O N E S O C I A L E & C U LT U R A L E 31 I SEGNI E LA MEMORIA La Strage di Castelletto Ticino L'ultima lettera del partigiano Sergio Gamarra “Tom” alla COMUNE DI CASTELLETTO TICINO famiglia, una delle pochissime degli antifascisti novaresi CHE IMPORTA SE CI CHIAMAN BANDITI, IL POPOLO CONOSCE I SUOI FIGLI Portiamo l'Italia nel cuore, abbiamo il moschetto alla mano, a morte il tedesco invasore, ché noi vogliamo la libertà. A morte il fascio repubblican, a morte il fascio, siam partigian. A morte il fascio repubblichin, condannati a morte. una serie di scariche di mitra si abbatte sui cinque che gridano “Viva “Cara Mamma, oggi è giunta la mia ultima ora, ma non importa di morire. Perdonami se ho mancato, se sono andato via senza il tuo permesso, ma muoio contento come un buon cristiano e un vero Italiano. Salutami tutti gli amici e parenti e vicini non stare arrabbiata con nessuno. Ricevi un grosso bacio, ai fratellini e alla zia Nene. Tuo per sempre. Sergio” a morte Hitler, viva Stalin. l’Italia, viva i partigiani”: sono Luigi Barbieri, 44 anni, di Vigevano, Teresio Clari, 30 anni, di Torino, Ernesto Colombo, 18 anni, di Milano, Sergio Gamarra, 19 anni, di Invorio, Luciano Lagno, 23 anni, di Bogogno. L'esecuzione avviene a raffiche di mitra isolate, in modo che le vittime debbano assistere alla fine di chi li precedeva. 1° Maggio 1945, il capitano Bruno entra a Castelletto L’Ungarelli finisce a colpi d’arma da fuoco sul viso Barbieri, che aveva chiesto di essere colpito al cuore armi sul luogo del delitto”1. per essere riconoscibile e si allonta- Il permesso viene accordato e Ungarelli, tramite manife- na urlando ai castellettesi “questo è sto, informa i castellettesi che sarà eseguita “la più spie- il primo tributo per l’assassinio del tata, la più feroce delle vendette”. nostro camerata”. Sin dall’inizio della Resistenza, Castelletto Ticino fu centro La X Mas torna in paese l’1 novembre. Il capitano Ungarelli Dopo l’esecuzione, il capitano di attività clandestina e le squadre d’azione patriottiche vuole un pubblico numeroso per la sua azione di vendetta Ungarelli stende un rapporto di ser- furono molto attive, tanto che la località veniva tenuta sotto e obbliga la popolazione a convergere nel piazzale del pic- vizio sull’accaduto: "in attesa di stretto controllo dai nazifascisti. colo porto, fa fermare i treni in transito e costringe i pas- poter portare a termine l'inchiesta L’1 novembre 1944 cinque partigiani venivano fucilati per seggeri a dirigersi all’imbarcadero. che mi avrebbe fatto individuare gli autori del delitto ritenevo opportu- rappresaglia nel porto di Castelletto Ticino. I 16 ostaggi provenienti da Sesto Calende vengono allinea- no dare un primo esempio di intransigente fermezza e richiedevo al Ma cosa era successo? ti nella piazzetta e da un motoscafo si fanno scendere 6 comandante De Giacomo la cessione di un certo numero di ostaggi che La sera del 29 ottobre 1944, a pochi chilometri da partigiani provenienti dall’Alcazar di Arona, catturati in un volevo far passare per le armi sul luogo stesso del delitto il mattino suc- Castelletto, i partigiani catturano il sottotenente di vascel- rastrellamento nel basso Vergante: hanno i volti tumefatti, cessivo. lo Leonardi, ufficiale della “X Mas”. In seguito alla sua i vestiti laceri, le mani legate dietro la schiena, ma avanza- Il comandante De Giacomo aderiva senz'altro alla proposta" 6, dal quale fucilazione, i militi della X Mas irrompono in paese prele- no con capo eretto e passo sicuro. appare chiaramente la gratuità della rappresaglia. In memoria del sacri- vando 16 ostaggi che vengono portati nella sede del GNR Allineati davanti al plotone d’esecuzione, sotto gli occhi ficio dei cinque partigiani è stato eretto un monumento ideato da Enrico (Guardia Nazionale Repubblicana) di Sesto Calende. dell’intero paese che cerca di rompere il cordone dei mili- Barberi, scultore di Castelletto Ticino, che era presente al fatto e che ha avanti, Seconda Brigata! Il capitano Ungarelli chiede al comandante dell’ “Alcazar” tari, intonano la canzone “Che importa se ci chiaman ban- preparato il bozzetto. L’opera è del professor Otello Monteguti di Milano. Compagni, già sorge il mattino, di Arona, De Giacomo, di portare a termine l’inchiesta volta diti, il popolo conosce i suoi figli”. Sempre con le mani l'alba serena di libertà. ad individuare i colpevoli dell’uccisione di Leonardi e la legate dietro la schiena, volta al plotone, sono fatti sedere. cessione di “un certo numero di ostaggi da passare per le Ungarelli legge la sentenza di morte: ”Io, capitano Fonte: Istituto Storico della Resistenza, Novara Cosa importa se ci chiaman banditi? Ma il popolo conosce i suoi figli. Vedremo i fascisti finiti, conquisteremo la libertà. A morte il fascio repubblican... Onore a chi cade in cammino, esempio per chi resta a lottare; da forti accettiamo il destino, nel sacro nome della libertà! A morte il fascio repubblican... In piedi, ché il giorno è vicino; A morte il fascio repubblican... Bibliografia: Enrico Massara, Antologia dell’antifascismo e della Resistenza novarese, 1984 Atti nel processo contro Junio Valerio Borghese e altri, Corte di Assise di Roma, 21-22 gennaio, 1949 1 Ungarelli della X Mas condanno a morte mediante fucilazione alla schiena questi sei banditi, volgari delinquenti Nel segno di falce e martello comuni ” . lottiamo per il popolo nostro, A quel punto il pubblico, agitato, urla parole di disprezzo domani sarà il giorno più bello, contro il capitano e lo obbliga a rivedere la sua sentenza: che noi vivremo in libertà! Ungarelli è costretto a graziare il più giovane dei sei partigiani, Alfonso Boca, con le parole “faccio grazia al minore A morte il fascio repubblican... di essi che verrà inviato ai lavori obbligatori in Germania” . Una volta slegato, il giovane corre ad abbracciare i suoi compagni, poi i militari lo trascinano fra gli ostaggi. La tensione cresce: ora la popolazione canta con i condannati a 1° Novembre 1944: l’ultimo canto dei partigiani fucilati a Castelletto Ticino 32 morte, una popolana riesce a raggiungere i partigiani e li Gruppo di partigiani castellettesi della 118 brigata Remo Servadei (foto fornita da Marilisa Galvani, nipote del partigiano Gaudenzio Delle Donne) a incita a continuare nel loro canto. Ripresa dai militi, è caricata su di un furgone. Arriva infine l’ordine di “Fuoco!” ed N I.T. LEONARDO DA VINCI BORGOMANERO A N I M A Z I O N E S O C I A L E & C U LT U R A L E 33 I SEGNI E LA MEMORIA La Strage di Borgo Ticino 13 agosto 1944: è una soleggiata domenica d’agosto. A COMUNE DI BORGO TICINO Borgo Ticino fervono i preparativi per i festeggiamenti per la Patrona del Paese, la Madonna Assunta. Nella mattina, un convoglio tedesco è attaccato da una formazione partigiana al San Michele, una località vicina al confine tra Borgo Ticino e Varallo Pombia. Fu un rapido scambio di colpi di mitragliatore tra i militi nazisti ed i “ribelli” italiani. Dal Rapporto del Nucleo dei Carabinieri di Borgo Ticino al Pretore di Borgomanero in data 12 febbraio 1947 (volume V, foglio 33 - in atti nel processo contro Junio Valerio Borghese e altri) Corte di Assise di Roma, 21-22 gennaio 1949), sappiamo che nello scontro quattro soldati Tedeschi RAPPRESAGLIA … BORGOTICINO tredici agosto; della lunga Via Crucis un’altra stazione: e son tredici che devon morire per la mannaia della doppia croce prima hanno chiesto il prezzo del sangue: trenta denari di più fosco Giuda per pagare il riscatto della morte; poi l’Erode più avido di sangue il sangue non vuole, nemmeno il denaro. I martiri della strage avvenuta a Borgo Ticino rimangono feriti, mentre ignoriamo vi siano state perdite tra La legge della rappresaglia nazista imponeva che per ogni i partigiani. soldato tedesco ucciso venissero giustiziati dieci italiani. Quali furono invece le angosce, le ansie e il terrore di chi il In assenza di militari uccisi, il capitano Krumhar (I tedeschi 13 agosto 1944 si trovò ammassato nella piazza, rischiando appartenenti alle. S.S. erano al comando del Capitano la fucilazione o assistendo alla morte di un congiunto, lo Krumhar e gli italiani, della X Mas, erano al comando del apprendiamo da un volumetto che l’Unione delle donne ita- tenente Ungarelli) decise che per ogni soldato tedesco 16,15, i 13 giovani caddero contro il muro della farmacia, edificio che liane di Borgo Ticino dedicò alle madri dei giovani uccisi ferito tre giovani italiani dovessero morire, più uno, poiché ancora oggi si affaccia ad est della piazza Martiri. Mario Piola, miracolo- nel primo anniversario della strage. Erano circale due del tra i feriti uno era particolarmente grave. Inoltre “… il samente, si salvò. Le vittime furono così dodici: Cerutti Cesare, Ciceri Borgo Ticino 1945: il paese devastato dalle macerie pomeriggio e al dopolavoro si stava svolgendo una gara di Luigi, Fanchini Giovanni, Lucchetta Alberto, Meringi Giuseppe, bocce quando, con gran fragore, arrivarono a bordo di Pizzamiglio Benito, Silvestri Andes, Tosi Francesco, Parachini Olimpio, autocarri i soldati della SS naziste ed i militi della X Mas. Nicola Narcisio, Gattoni Rinaldo, Tognoli Cesare. Armati, si sparpagliarono per le vie del paese, “sparando e Scese il silenzio fra gli “spettatori”, ma la giornata di follia omicida non vociando […] scardinando porte e finestre e aggressivi, era terminata: “la sbirraglia nazi-fascista ritornò nel paese martoriato, Tredici giovani, scelti a casaccio, tra la folla rovesciata in piazza quattro feriti devon pagare, perché l’ario resti in casa nostra intatto e intangibile. con le armi spianate, le baionette innestate, minacciando nelle case devastate e continuò il saccheggio. Vuotò stalle e pollai, entrò ed insultando donne, bambini, vecchi e ammalati, tutti li nelle poche abitazioni inviolate: tutte le devastò e le saccheggiò tutte” strapparono dalle abitazioni, dai nascondigli improvvisati (Comune di Borgo Ticino, Album della libertà), come dimostrano le foto e, sgomenti, tremanti di paura, li spinsero fuori dalle case, dell’epoca. Cadon riversi; uno solo illeso, e pur caduto, per miracolo: salvo, la vita salva dovrà dare ai Tedeschi, se vivere vorrà. piazzetta piena di gente, nell’afa pomeridiana”(Enrico attraverso le strade irte di armi, sature di soldati, verso la Infine “i carnefici…facendo bersaglio dei loro sputi e dei loro insulti i corpi straziati delle loro vittime, incitavano le bestie cacciate dalle stalle Massara, Crimini dei nazi fascisti nella Provincia di Commissario Prefettizio, issato su di una camionetta, con a calpestarli” . Novara) . voce tremante, disse che i nazi-fascisti, per rappresaglia, Nella serata, i familiari dei caduti tentarono di recuperare le salme per esigevano entro quindici minuti la somma di 300.000 lire” dar loro sepoltura, ma non fu possibile: l'ordine era di lasciarli sul posto (Comune di Borgo Ticino, Album della libertà). La somma fu fino all'indomani, quando furono portati al cimitero su carri agricoli. La vasta folla partecipa ai funerali dei martiri L’ordine è eseguito; un verbale da archiviare; e rosso timbro di ceralacca sul plico della morte è l’incendio appiccato alle case. Il luogo della strage immediatamente versata, ma non bastò: vennero scelti tra la folla 13 giovani, che vennero schierati al muro. Nessun Bibliografia: Enrico Massara, Crimini dei nazi fascisti nella Provincia di Novara Comune di Borgo Ticino, Album della libertà controllo della loro identità venne fatto (da Carteggio riservato, Attività ribelli; Fondo Repubblica sociale italiana, Archivio centrale dello Stato, Roma, sappiamo che tra i E se vanno ebbri Di sangue, di fuoco, di vino, le mani piene di cose rubate; si diverton con gli ultimi spari: la folla, in piazza, come sul Calvario giustiziati figurava anche un simpatizzante fascista, reduce dalla Russia e ferito di guerra, ed alcuni operai della Siai Marchetti di Sesto Calende. Dallo stesso promemoria apprendiamo che il comandante Ungarelli della X Mas, presente, non riuscì che a sottrarre due camicie nere alla fucilazione, tale era la rabbia dei Tedeschi). poesia di Camillo Pasquali - 1950 Dopo un'attesa che dovette sembrare infinita, venne dato l’ordine di sparare. Di fronte alle loro madri disperate, alle 34 N I.T. LEONARDO DA VINCI BORGOMANERO A N I M A Z I O N E S O C I A L E & C U LT U R A L E 35 I SEGNI E LA MEMORIA I Martiri della Resistenza a Cressa MASSACRATI E TORTURATI ENZO GIBIN gere l’operazione, che comincia ED ERNESTO MORA, DUE GIOVANI PARTIGIANI 20ENNI nella tarda mattinata del 23 febbraio Cressa, 23 febbraio 1945. Quel giorno, nel pomeriggio, un 1945 gruppo di persone venne prelevato e radunato con la Borgomanero. I MARTIRI CRESSESI forza nella sede dell’ex Consorzio Agrario Provinciale Qui i due giovani riescono a cattura- Il 5 settembre del 1944 fu un’altra brutta giornata per Cressa: infatti una re sia Roncarolo che un brigadiere squadra dell’esercito della Repubblica Sociale di Salò uccise cinque per- dell’esercito sone lungo la strada che porta a Bogogno (già sul territorio di questo (già Molino Saini), dove aveva sede il presidio nazifascista. Qui si trovarono davanti ai reparti dell’esercito della Ernesto Mora davanti all’Ospedale della COMUNE DI CRESSA di Repubblica Repubblica di Salò, schierati in attesa dell’arrivo di un Sociale di Mussolini. Con loro c’è automezzo con due prigionieri, che il loro comandante anche un ragazzo (Maffei, di Borgomanero), che viene Comune). Venne torturato ed ucciso Pietro Fattoretto di soli 16 anni, staffetta partiIl corpo di Enzo Gibin giana. Poi furono fucilati tre civili: Ulderico Broggio (di Castelletto Ticino), aveva inviato a Borgomanero. Tra questi civili rastrellati subito rilasciato in atto di generosità. Sarà lui però ad avvi- dai fascisti c’era anche Alessandro Bertona, che rac- sare di quanto accaduto una pattuglia della Folgore che conta: insegue i due partigiani con i loro prigionieri. comando del colonnello Festi. pressi cadde in un’imboscata l’industriale Alberto Saini (classe 1899). Il Quando li raggiungono comincia uno scontro a fuoco che Saputo dell’accaduto, è lui a mandare un automezzo a 1° gennaio del 1945 fu ucciso un altro civile, Natale Parola (classe 1911) “Ho la sventura di essere testimone al massacro dei due dura mezz’ora, alla fine del quale Gibin rimane ferito alla Borgomanero per far trasferire qui i due prigionieri, ordi- nell’attuale via Martiri. giovani eroi. Gettati dal camion come se fossero sacchi, i gambe ed i due loro prigionieri fascisti riescono a fuggire. nando a Roncarolo di prelevare dall’Ospedale anche Gibin. Altri due giovani partigiani garibaldini cressesi persero la vita durante la carnefici si avventano con pugni, pedate e calci di Mora si carica il compagno sullo spalle e lo nasconde nella Festi vuol dare una lezione di vero comportamento fasci- Resistenza: Giovanni Poletti (del 1923, morto a Casalino nell’eccidio del 30 moschetto sui corpi dei due partigiani. È una gara oscena, boscaglia. Trova aiuto in un cascinale, ritorna dall’amico sta: così anche nel viaggio i due giovani vengono ancora marzo 1945) ed Eugenio Rozzati (del 1921, morto il 10 agosto 1944 a Proh). selvaggia, a chi picchia di più e più forte. Il calcio di un ferito per caricarlo su un carro e portarlo in ospedale. Ma percossi e a Gibin viene spezzato, con il calcio del mitra, il moschetto si spezza colpendo la gamba martoriata di mentre si sta approntando il carro, sopraggiungono il capi- gesso applicatogli alla gamba appena operata. Gibin. Mora cade al fianco del compagno, con il volto sfi- tano Roncarolo ed i paracadutisti della Folgore. L’epilogo è quello descritto prima. gurato anche in conseguenza di un pugno assestatogli da C’è un nuovo scontro a fuoco: Mora rimane senza munizio- un ufficiale fascista. Non un lamento esce dalle labbra dei ni e viene anche ferito. Si arrende e viene catturato, men- due ragazzi. Infine sono trasportati di peso all’esterno del tre Gibin viene ricoverato all’ospedale. muro di cinta e nuovamente torturati”. Per Mora cominciano le torture e le sevizie: vogliono sape- Giuseppe Gioria ed Ermanno Mattioli, entrambi di Veruno. Sempre nei Da Enrico Massara: “Antologia dell’antifascismo e della Resistenza novarese”, Novara 1984 re dove si trova la sua Formazione e da quanti uomini è Gibin muore tra atroci sofferenze, mentre Mora è costretto composta. Non parla. La rabbia dei fascisti sale. Piovono le a vedere ciò che di inaudito, terribile ed atroce avviene sul bastonate. cadavere del compagno: con colpi di tallone gli viene Viene spinto e trascinato per le strade di Borgomanero; il schiacciato l’occhio sinistro, con il pugnale gli viene strap- suo volto è tumefatto, sanguinano copiosamente le ferite, pato quello destro ed ancora gli squarciano il petto per sanguina tutto il corpo per le legnate e le fustigate. I fasci- strappare fuori il cuore. sti vogliono che i borgomaneresi vedano quale è la sorte “Viva l’Italia libera e viva i partigiani” grida ancora Mora riservata ai “ribelli”, a chi combatte contro l’esercito di prima di morire. Poi anche a lui vengono strappati gli occhi. Mussolini. Un gruppo di donne, di fronte allo spettacolo inumano, Da Enrico Massara: “Antologia dell’antifascismo e della Resistenza novarese”, Novara 1984 bestiale, a cui i fascisti lo costringono ad assistere, non sa nascondere il loro sdegno. A Cressa il locale presidio fascista è stato rafforzato con un nuovo reparto dell’Esercito della Repubblica di Salò, al Ma chi erano quei due giovani 20enni e cosa avevano fatto per ricevere una simile punizione? Sono due partigiani garibaldini della brigata “Volante loss” , una formazione che opera costan- Le foto dei corpi danno conto della barbarie che venne perpetrata su questi due giovani. Questa foto in alto testimonia a Cressa l’avvio del funerale nella mattina del 3 maggio del 1945. temente nel medio novarese e che ha avuto il compito di catturare Roncarolo, il capitano della compagnia nera di Borgomanero, che ha la fama di essere un “famigerato torturatore di partigiani”. Sono proprio Enzo Gibin 36 Enzo Gibin ed Ernesto Mora a svol- Il corpo di Ernesto Mora N A N I M A Z I O N E S O C I A L E & C U LT U R A L E 37 I SEGNI E LA MEMORIA I Martiri della Resistenza a Suno LA TRAGICA NOTTE DEL 23 AGOSTO 1944 A SUNO di Suno, un monumento “ai caduti per la liber- COMUNE DI SUNO tà nel territorio di Suno” in memoria È l’agosto del ’44. La zona di Suno, con quel- degli otto giovani fucilati il 23 agosto. le di Cressa, Fontaneto, Momo, Barengo è, Il terrore era sul volto di tutti noi, era il giorno della caccia all’uomo.” Pierina dall’inoltrata primavera dello stesso anno, SUNO, 14 DICEMBRE 1944: Ferrari, residente a Suno, ricorda: “Io abitavo a Forno, molta gente il 14 sempre più “calda”. Da quando reparti LA BATTAGLIA DI SUNO dicembre scappava verso i boschi passando da casa mia e noi preoccupa- garibaldini operano in quest’area per Già nella serata del 13 vi sono scontri, ma ti chiedevamo a tutti che cosa stesse succedendo; ci avvisarono dell’arrivo stroncare le azioni nazifasciste, Vezzalini- all’alba, l’alba gelida del 14 dicembre, gli dei nazisti per il rastrellamento. Tutti gli uomini fuggivano, alcuni perché Pasqualy-Martino,“il trio della morte”, 2 scontri si fanno più vivaci (…). avevano disertato dal servizio militare. Tre giorni prima del 14 dicembre alla portano le loro squadracce a compiere Dal rapportino del comandante di un batta- cascina erano arrivati i partigiani che si erano nascosti tre o quattro per ogni sorta di efferatezze contro partigiani glione partigiano della Servadei si appren- stalla e avevano passato lì la notte. Quando il 14 dicembre seppero dell’ar- e popolazioni. de che mentre alcune squadre prendono rivo dei Tedeschi abbandonarono tutto e fuggirono. Quel giorno gli uomi- Una di queste ha luogo nella giornata del posizione nelle vicinanze di Agrate, altre ni anziani rimasti in paese vennero catturati e portati nella casa 23 agosto e culmina con la tragica morte squadre vengono “inviate verso la cascina Biscaretti per essere tenuti come ostaggi. Durante quel terribile rastrel- di otto giovani. Tutto inizia nel pomerig- Cordona per controllare eventuali puntate lamento vennero uccise nove persone; domenica 17 ci furono i funerali gio quando il comandante tedesco, “Suno: 14 dicembre 1944” Pubblicazione a cura della SMS (Classi 3a A e 3a B), Circolo ARCI, 2004. In copertina l’immagine dei funerali dei caduti, svolti il 17 dicembre 1944. convocati il parroco, il podestà e il segretario comunale del paese, ordina loro di provvedere al mantenimento di una trentina di fascisti in arrivo a Suno. Alle obiezioni del Segretario da Mezzomerico, Mottoscarone, Piazza 14 dicembre, dove ha sede il Municipio nella piccola chiesa di S. Maria. Per noi il periodo della Resistenza è stato tragico”. Ernesta Del Ponte, residente a Suno, ricorda: “il 14 dicembre io Montecchio. Verso mezzogiorno un centinaio di fascisti provenienti da Borgoticino raggiun- zione. Dall’una e dall’altra parte le perdite sono gravi. ero in un prato vicino alla fattoria. Arrivato un treno, dai vagoni saltarono gono Conturbia e si sistemano a difesa del Quattordici giovani partigiani vengono catturati nel corso del fuori i nazisti che iniziarono a sparare sui contadini. Io e due vecchietti Castello…” Sull’imbrunire, squadre partigiane combattimento ed inviati in Germania, nel campo di che lavoravano con me scappammo verso la Cascina Baraggioli poco distante. Intanto altri soldati andarono alla cascina Giavarota; lì si era della Volante Loss vengono a contatto con il Mauthausen: due di essi, giovanissimi, termineranno in quel Comunale, riguardanti le difficoltà per il paese di far fronte a nemico, che ha già provveduto a concentrare le proprie terribile campo, tra le torture, la loro breve vita. Ma ancora nascosto in un pollaio un mio caro amico, Remo Poletti. I Tedeschi lo tro- tale impegno, il comandante nazista replica che in serata, a forze, fanno tacere la mitragliatrice appostata nelle vicinan- una volta la rabbia nazifascista si scatena contro la popola- varono e lo uccisero, aveva due anni meno di me, 20, era un giovane partigiano. Nei boschi si erano nascosti molti uomini tra cui mio zio Giovanni Suno, avrà luogo la fucilazione di otto ostaggi in risposta ai ze del Castello di Conturbia e ripiegano verso Divignano nella zione civile di Suno e di Vaprio d’Agogna. Continua incessan- sabotaggi compiuti dai partigiani su due locomotive. Intanto speranza di trovare un varco per uscire dalla zona dove è in te la bestiale caccia all’uomo di cui solo i nazifascisti sono Ramazzotti, che fu colpito alla testa da un proiettile e ucciso con altri com- arrivano in paese i fascisti e gli abitanti impauriti si barricano corso un rastrellamento. A sera inoltrata il nemico apposta- capaci, mentre i “ribelli” combattono coraggiosi per la libertà pagni. Due miei fratelli, Emilio e Antonio Del Ponte, invece di essere uccisi, furono portati alla prigione di Novara. in casa. In serata giungono a Suno anche gli otto ostaggi to al limite della boscaglia intima la resa, ma i garibaldini sfidando la morte. Il furiere ricorda che i nazifascisti “spara- provenienti dal carcere di Novara e vengono allineati nei rispondono con un improvviso e deciso attacco e dopo ripe- no su tutti e su tutto”. Il saccheggio precede la distruzione di Sempre il 14 dicembre alcuni uomini furono portati alla casa Voli come pressi della ferrovia. “Sono le 21 del 23 agosto quando le raf- tuti assalti costringono i nazifascisti ad abbandonare la posi- case e di cascinali. Ed ecco il bilancio: in quello stesso 14 ostaggi, mentre sul campanile c’erano i mitra dei soldati che sparavano fiche di mitra stroncano otto giovani vite. I corpi precipitano dicembre nove innocenti, nove contadini e lavoratori vengo- a chi passava. Una spia avvertì i nazisti che nella cascina Motto si nella scarpata ed i moribondi vengono finiti con la pistola dal no uccisi nelle strade, nei loro campi, nelle loro terre: Carlo nascondevano i partigiani, così durante la notte i Tedeschi sbagliarono maresciallo comandante il plotone di esecuzione. È presen- Bolchini, Pietro Bolchini, Giovanni Ramazzotti, Isacco cascina e si introdussero nella mia casa. Mio fratello si era nascosto te il capitano Schiller. Poi i fascisti si rinchiudono nell’osteria Maffioli, Emilio Gaboli, Luigi Andorno, Gaudenzio Ramazzotti, sotto il materasso, i nazisti cercarono per tutta la casa ma non lo trova- a gozzovigliare. Nel corso della notte il parroco, il segretario Luigi Ramazzotti, Antonio Giannuso. rono. La mattina seguente seppi che erano stati uccisi nove civili”. e il messo comunale, con il seppellitore, trasportano con un carro i cadaveri nella Cappella mortuaria. Ci vogliono tre Le alunne e gli alunni della Scuola Media di Suno hanno rac- giorni per identificare gli assassinati che erano stati preleva- colto alcune testimonianze sugli avvenimenti del 14 dicem- ti dal carcere di Novara dove si trovavano in attesa di giudi- bre 1944, da cui emerge il clima di terrore introdotto dai nazi- zio. fascisti. La Maestra Linuccia Doniselli di Suno racconta: I nomi delle vittime sono: Giovanni Boriolo, Stefano Boriolo, “l’anno del 1944 è stato chiamato anno del terrore. Questa Giuseppe Calligari, Francesco Donna, Elso Farinoni, Enrico espressione è stata scritta sotto il ponte del Terdoppio alla Guarini, Antonio Massarin, Rosolino Passerini. frazione Imperio; in questo modo tutti coloro che sostavano 1 in tempo di magra d’acqua presso il piccolo fiume leggevano 1) Le notizie, le fotografie dei caduti e le citazioni sono tratte dall’ articolo di Corsi, Tragica notte a Suno, in “La squilla alpina” del 27 gennaio 1946, e dall’Antologia dell’antifascismo e della Resistenza novarese curata da E. Massara, 1984 2) Il testo è tratto da E. Massara, “Antologia dell’antifascismo e della Resistenza novarese”, Novara, 1984 a sua volta tratto dal racconto del Furiere pubblicato su La stella alpina del 30 dicembre 1945. 3) Circolo ARCI di Suno, Istituto Comprensivo di Momo, Scuola media di Suno, in collaborazione con Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea. “Suno: 14 dicembre 1944”, Suno 2004. quelle parole e questo in particolare accadeva alle donne (Testi e immagini a cura di Eleonora Zenone) che vi si recavano spesso per lavare i panni. Ricordo che il giorno 14 dicembre 1944 soldati armati fino ai denti passavaIl giornale partigiano “La stella Alpina” Suno ha voluto innalzare in piazza G. Puccini, alla Baraggia 38 Il monumento in piazza G. Puccini, alla Baraggia di Suno, “ai caduti per la libertà nel territorio di Suno” in memoria degli otto partigiani fucilati il 23 agosto 1944 no di casa in casa mettendo a soqquadro tutte le abitazioni, rovistando nei cassetti, prendendo indumenti in lana. Molti parlavano tedesco, ma qualcuno italiano. N A N I M A Z I O N E S O C I A L E & C U LT U R A L E 39 I SEGNI E LA MEMORIA L’incendio della Cacciana La Cacciana è uno di quei luoghi in cui il fascismo non ha 20 SETTEMBRE 1944: mai attecchito: “all’inizio del 1900 i più attenti e preparati BRUCIA LA CACCIANA abitanti della frazione Cacciana e di Fontaneto esaminava- DI FONTANETO D’AGOGNA no la realtà sociale con gli occhi dell’intelligenza, convinti COMUNE DI FONTANETO D’AGOGNA che i loro problemi quotidiani si potessero risolvere in modo definitivo soltanto in un quadro ben più ampio rispetto a Quando bruciarono le case e fu un rogo quello locale. Così erano attratti dal socialismo nascente, dalla sua visione di un mondo aperto agli umili”. In questo nella notte d’autunno processo di avvicinamento agli ideali di libertà ha contato … quando bruciarono le case contadine molto la presenza del dottor Umberto Caroncini, eccellente medico e uomo dalle solide conoscenze politiche, che strette nel pugno di storia antica sapeva trasmettere a chi gli era vicino. Alcuni dei maggiori e di sudori esponenti del partito comunista in quegli anni hanno ripetu- … quando imposero ai padri dei “ragazzi” tamente frequentato la piccola frazione, certi dell’antifascismo degli abitanti, della loro lealtà. partigiani uno straccio infuocato oltre ogni soglia … quando questo avvenne, e un velo grigio di cenere rapprese lacrime di terrore nell’urlo folle della disperazione qualcuno disse: “torneranno i ragazzi, ricostruiremo le case; non siamo vinti”. Era l’autunno del quarantaquattro. … pattuglia della brigata Andrej attacca il presidio, ritirando- in salvo qualcosa. I partigiani, intanto, non si sono allontanati e pensano si dopo avere catturato quattro militari ed avendone ferito a come intervenire: “siccome la Cacciana e i partigiani erano come una un quinto. Sarà proprio per rappresaglia a questa azione famiglia, Andrej decideva di ascoltare la popolazione, la quale andava di che il giorno seguente, il 20 settembre, le forze fasciste mezzo più di tutti e di tutto” e proprio tenendo conto delle conseguenze appiccheranno “l’immane rogo” alla Cacciana. che l’intervento armato avrebbe potuto provocare “le donne decidevano Il sacerdote al quale è stato intimato di aprire le trattative di lasciarli fare [i fascisti] concludendo che le stalle e le case si poteva- Qui, dove non ci sono spie e traditori, si rifugiano volentie- con la brigata partigiana per il rilascio dei militari, Don no ricostruire, ma i morti non si potevano resuscitare”, anche se non tutti ri i partigiani che a partire dalla primavera del 1944 opera- Merlo, si trova ancora presso il comando partigiano a trat- i partigiani sono disposti a starsene con le mani in mano di fronte ad un no nelle zone di Soriso, Gargallo, Boca, Maggiora. tare la restituzione quando i nazifascisti si avventano sulla tale oltraggio, tanto che Andrej stesso deve fare il giro delle strade per Da qui, seguendo il giovane compaesano Alessandro frazione “come fiere selvagge, scatenate, contro le quali stanare i compagni che vi si sono nascosti, intimando loro di non spara- Boca, nome di battaglia Andrej, dopo l’8 settembre, molti nulla si può fare”. Alla testa di repubblichini e fascisti ci re. Dopo le 16, forse anche per la rabbia di non riuscire a catturare parti- ragazzi sono partiti per unirsi ai partigiani di Ciro e del Cino, sono Vezzalini, Pasqualy, Martino: i contadini cercano di giani, l’opera di distruzione è portata a termine, fra lo sgomento e l’impo- per non doversi arruolare nella milizia nera. farli ragionare, ma vengono minacciati, ottengono solo tenza degli abitanti. Vengono complessivamente distrutte cinquantaquat- L’aiuto fornito dagli abitanti della zona ai partigiani è noto e pochi minuti per sfollare. La Cacciana viene prima sac- tro abitazioni e cascinali alla Cacciana, nove a Fontaneto, uno a Cressa. soprattutto dall’edificio della S. A. Molini Saini, situato cheggiata, poi si danno alle fiamme case, fienili, stalle. Nemmeno questo, però, riuscirà a piegare gli abitanti, che non abbando- molto vicino alla Cacciana, all’incrocio fra la statale Quel giorno pioviggina e nonostante ciò le fiamme e il fumo neranno la loro terra e daranno subito inizio all’opera di ricostruzione. Novara-Gravellona Toce con la provinciale che unisce degli incendi appiccati sono evidenti da lontano e rimar- Fontaneto d’Agogna a Cressa, escono notevoli quantità di ranno tali per giorni, distruggendo il lavoro dei contadini. farina destinate ai reparti partigiani e alle popolazioni delle Gli animali, mucche e conigli, rimasti nelle stalle, muoiono valli, punite per il loro comportamento dai nazifascisti “con soffocati, oppure, ustionati, sono poi abbattuti dagli stessi l’embargo di qualunque merce”. Per evitare traffici clande- padroni. I fascisti iniziano a bruciare la mattina, poi si riti- stini, dietro preciso ordine del capo della Provincia rano annunciando il loro ritorno alle 16, come puntualmen- Vezzalini, da tempo la Molini Saini viene costantemente te avviene. Nelle poche ore in cui i fascisti si allontanano, presidiata da truppe della Milizia. Il 19 settembre 1944 una i contadini possono misurare i danni e cercare di mettere poi fu l’Aprile: esplose la vita, nel sole. Dante Strona Foto dei partigini della “Pizio Greta”. In basso, in prima fila con il basco è “Andrej”; l’ultimo a destra è “John” (1945 - dai fotogrammi di un filmato - Arch. ISRN) 40 Cacciana di Fontaneto d’Agogna. La casa Albertinazzi distrutta. Da destra: Pierina Albertinazzi con la figlia Luigina Platinetti, Mario, Antonio e Celeste Albertinazzi (1945 - Foto Bonzanini - Arch. ISRN) Cacciana di Fontaneto d’Agogna. La casa del “Ciota” distrutta. I bambini, Giacomo e Pietro di 6 e 4 anni sono orfani di Martino Boca, morto nel 1943 (1945 - Arch. ISRN) N I.T. LEONARDO DA VINCI BORGOMANERO A N I M A Z I O N E S O C I A L E & C U LT U R A L E 41 I SEGNI E LA MEMORIA 42 La Resistenza a Romaganano Sesia I guastastatori della Brigata “Osella” sfilano a Varallo Sesia (1945) I Comandanti della “Musati” sfilano a Varallo Sesia. Da destra: Don Sisto, Pesgu, Barbis, Rastelli e Toscanini. (25 aprile 1945) COMUNE DI ROMAGNANO SESIA LA BATTAGLIA DI ROMAGNANO SESIA 16 MARZO 1945 La battaglia di Romagnano Sesia era inserita in un’offensiva partigiana, concordata dai comandi della zona Valsesia contro i presidi nazifascisti nei comuni di Chiodi a 3 punte usato dai “guastatori” della Osella per fermare i mezzi dei nazifascisti. Borgosesia, Fara Novarese e Romagnano Sesia. re, sia di uomini che di mezzi, deve, verso sera, ripiegare per tanti mesi l’avevano tormentata), e lasciano Romagnano con le armi, A Borgosesia, nella notte tra il 15 e il 16 marzo, i partigiani su Fara. I garibaldini di "Moro", ancora una volta, hanno le munizioni e il materiale bellico sottratto ai fascisti, per raggiungere i sono impegnati in una cruenta battaglia contro i nazifasci- avuto successo. Nella battaglia cadono, a Fara, il garibal- loro accampamenti. Lasciano purtroppo sul campo della battaglia due sti, costringendo alla resa gli occupanti il presidio, ormai dino Giuseppe Sestetti e, a Ghemme, il commissario della partigiani e un civile: Giorgio Robatti, Pierino Beretta e Vincenzo Rovelli. vinti. Purtroppo il sopraggiungere di un’autoblinda tede- "Volante Loss", Santino Campora. Nel rientro sulla provinciale per Borgomanero cade nelle mani della sca, che apre il fuoco contro il gruppo "mortai", costringe i La battaglia di Romagnano Sesia inizia alle quattro e "Folgore" il commissario della X Rocco Peppino Preti che viene immedia- garibaldini alla ritirata. Cadono il comandante Giacomo mezza del mattino con un intenso attacco al presidio tamente trucidato a colpi di pugnale. Picciolo e otto dei suoi uomini: Renato Mortasino, fascista della "Folgore" accasermato nel Collegio Curioni, Armando Peretti, Mario Vandoni, il Georgiano Churskaia che pure è in attività: vi sono studenti, personale di dire- Magona, Confortola Augusto, Ferrarsi Luigi, Perotti Luigi e zione e amministrativo, assistenti e addetti ai vari servizi. Allegra Giuseppe. Il presidio è dotato di armi pesanti e automatiche. I parti- A Fara Novarese, nella notte del 16 marzo, gli uomini del giani verso le nove concedono una tregua per permettere comandante "Moro" attaccano il presidio fascista e nella agli studenti e al personale di allontanarsi. Si susseguono mattinata sconfiggono il nemico, danno la notizia tramite azioni di guerra e trattative per convincere alla resa i staffetta al comandante "Bruno" impegnato con altri (tra i fascisti. quali Giacomo Gray) nella battaglia di Romagnano. Intanto La resa è richiesta dai partigiani con l’invio di don Preti una colonna di nazifascisti, proveniente da Novara diretta insegnante presso il Collegio Curioni. a Fara, a Briona si scontra con reparti della "Volante Loss". Alle 17.45 gli ufficiali della "Folgore" fanno cessare il fuoco. I partigiani sono costretti a ripiegare fino a creare, nella I partigiani vittoriosi, come da accordi raggiunti, fanno zona di Ghemme, una seconda linea di difesa. La resisten- partire i camion carichi di fascisti disarmati (la popolazio- za è tale che il nemico, pur essendo di gran lunga superio- ne non era tanto d’accordo di lasciare liberi coloro che Fonte: www.anpi.it N A N I M A Z I O N E S O C I A L E & C U LT U R A L E 43 I SEGNI E LA MEMORIA I Martiri della Resistenza a Barengo Collocato tra i boschi ed i vigneti di un territorio collinare COMUNE DI BARENGO intermedio tra Novara e le valli del Sesia e dell’Ossola, Barengo ha vissuto la lotta di liberazione dal nazifascismo, con ben 25 residenti, tra cui due donne, che entrarono a far parte delle brigate partigiane. Nell’autunno del 1944 le zone circostanti al paese, in particolare la strada che mette in comunicazione trasversalmente Fara, Proh e la via per la Valsesia, con Suno, Vaprio e la via per il Sempione, furono teatro di numerosi scontri tra i partigiani, definiti “briganti” dal regime, e le squadre nazi-fasciste. La 124ª brigata Garibaldi Pizio Greta, che agiva sulla fascia collinare grazie alla conoscenza del territorio posseduta dai suoi componenti, aveva il compito strategico di controllare strade e ferrovie, tendendo imboscate ai fascisti e ai Tedeschi, per rendere loro difficile il quando “due camion 18 BL, carichi di uomini armati, entra- transito. no in Barengo e si portano dinanzi al Circolo Socialista Barengo, pertanto, annovera tra i suoi cittadini numerosi Agricolo-Operaio; nei locali del Circolo vi è solo caduti, la cui morte avvenne in episodi e momenti diversi l’Assessore comunale socialista Antonio Bensi; gli altri della Resistenza. avventori si sono allontanati non appena, in paese, è scat- Antonio Bensi, Carlo Boniperti, Oreste Frattini, Vittorino tato l’allarme. Gramoni, Francesco Donna, Maggiorino Ortaldi, Carmelo È probabile che gli esaltati sgherri neri non conoscano Ardizzoia, Napoleone Fenoglio sono le vittime dell’odio Antonio Bensi, ma certamente ritengono il Bensi reo di nazifascista che il Comune di Barengo ha voluto ricordare averli attesi nella casa dei lavoratori; deve essere punito con una lapide affissa sulla facciata del Municipio. per il coraggio dimostrato. Contro il Bensi vengono sparati alcuni colpi di rivoltella; dopo alcune ore il Bensi muore. Gli L’EPISODIO DEL 1922 sgherri mussoliniani continuano la loro opera di distruzio- Già nell’estate del 1922, la violenza fascista si manifestò ne, ripuliscono la cassa del Circolo e quella del banconie- nel territorio novarese, come in altre zone del nord Italia, re, spaccano mobili ed attrezzature e, infine, se ne quando le squadre fasciste cercarono di soffocare la liber- vanno...” (1) tà di pensiero, di parola e di associazione, punendo coloro Da Enrico Massara: “Antologia dell’antifascismo e della Resistenza novarese”, Novara 1984 (1) che si impegnavano attivamente nell’attività politica e reprimendo ogni forma di organizzazione sindacale o di partito. A Barengo la violenza fascista si scatenò il 23 luglio 1922 ”Durante azioni di rastrellamento compiute dalle squadre Le rapine cui si dedicavano i nostri erano di sommo interesse poiché di CC.NN. della Brigata nera Augusto Cristina di Novara, consistevano appunto in mitra e bombe a mano della suddetta brigata nella zona di Fara Novarese sono stati uccisi sette banditi, Cristina e le ribalderie tendevano all’immorale scopo di liberare l’Italia da tra i quali uno di origine slava, che scorazzavano in quella certa sozza genia che, in fatto di ribalderie, ne sapeva veramente qualco- plaga compiendo rapine e ribalderie di ogni sorta.” sa.” (2) Gli altri caduti persero la vita ciascuno in un luogo diverso e in epi- L’ECCIDIO DI PROH sodi diversi: L’episodio che si concluse con l’uccisione di Oreste Napoleone Fenoglio, appartenente alla 6ª brigata Gramsci, cadde a Varallo Frattini, Carlo Boniperti e Vittorino Gramoni avvenne nella notte del 9 luglio 1944 e venne in seguito narrato su “La (2) I “Fuorilegge “ di Fara e quelli di Proh La stella alpina, 5 agosto 1945 Loss, venne ucciso nell’eccidio di Ghemme il 6 marzo 1945; Francesco Donna venne fucilato a Suno il 23 agosto 1944. stella alpina”. “Un reparto della brigata nera Cristina” di Novara, camuf- Sesia l’8 agosto 1944; Carmelo Ardizzoia, appartenente alla brigata Volante Foto e testi a cura di Irene Santamaria ed Edoardo Boroli. Sulla strada provinciale che conduce da Barengo a Fara Novarese, nel ter- fatosi da partigiani, dopo aver preso prigionieri e fucilato ritorio comunale barenghese, a circa 1 km dal centro del paese, sul bordo all’una e dieci di notte, sulla strada che da Fara va verso della strada, si trova un cippo a lui dedicato: Maggiorino Ortaldi, apparte- Barengo, quattro volontari, si imbatteva più tardi in altri tre nente alla Brigata Pizio Greta, fu fucilato dai nazisti nei pressi di Barengo il dei nostri che fucilava, more solito, alle 6.30 del mattino in 2 ottobre 1944. faccia al castello, subito dopo la fonte per venire a . Barengo. Compiuta l’infame bisogna contro ogni legge umana e di guerra, il reparto repubblichino (...) temendo il peggio rientrava in Novara e si faceva premura di diffondere alla stampa il comunicato della bella impresa che il 44 “Popolo novarese” dell’11 luglio 1944 così pubblicava: N A N I M A Z I O N E S O C I A L E & C U LT U R A L E 45 I SEGNI E LA MEMORIA I Martiri galliatesi della Resistenza Il tributo che Galliate ha pagato alla lotta di Liberazione è COMUNE DI GALLIATE stato molto alto: 9 i partigiani caduti, tra cui una donna. Queste le loro storie a futura memoria. EMILIO MURCIANO Nato a Druogno, in Val Vigezzo, il 20 dicembre 1920, Emilio all’età di otto anni si trasferisce con la famiglia a Galliate. Consegue a Novara la maturità classica (1939) e si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università Statale di Milano. Chiamato alle armi, frequenta il Corso Allievi Ufficiali Michele Bignoli, Francesco Albertinale, Emilio Murciano, Remo Rabellotti a Spoleto. Ufficiale di prima nomina, viene assegnato come sottotenente all’81° Reggimento Fanteria di stanza a Roma. Comandante Emilio ritorna al suo posto di lotta al comando L’8 settembre, senza lasciarsi travolgere dallo sbandamento del Battaglione ‘Comoli’, per venire poi nominato dell’esercito italiano, in divisa e con la propria pistola d’ordi- Comandante di Brigata. Alla prima azione importante non nanza, sale in treno a Roma e viaggia indisturbato fino a vuole mancare; il 26 dicembre del 1944 partecipa così, mal- Galliate. Rientrato a Galliate, consegue nel novembre 1943 la grado le sue precarie condizioni di salute, all’attacco del pre- laurea in giurisprudenza e inizia il tirocinio presso uno studio sidio di Pettenasco con gli uomini del nuovo Battaglione legale di Novara. “Brunetto”. Con lo stesso battaglione Emilio si porta, nel Nella primavera del 1944 non aderisce alle ripetute chiama- cuore del gelido inverno, in Val d’Ossola. Durante l’attacco te alla leva dell’esercito repubblicano e la notte del 29 mag- del 2 febbraio 1945 ad un treno blindato alla stazione di gio parte per i monti della Val d’Ossola insieme agli amici Vogogna, Emilio, sempre alla testa dei suoi uomini, viene Remo Rabellotti e Francesco Bignoli. In seguito all’intensifi- nuovamente ferito al capo. Trasportato morente all’Ospedale carsi dell’azione di rastrellamento delle truppe naziste e delle S. Biagio di Domodossola, vi rimane degente per una ventina brigate nere nella zona di Ornavasso, che costano la vita al di giorni e sottoposto ad una serie di interrogatori da parte compagno Rabellotti, si unisce alle formazioni garibaldine dei fascisti che, tranne negli ultimi giorni di vita, non gli per- della ‘Xª Rocco’, Brigata della Divisione ‘Redi’. Ben presto le mettero di ricevere visite. Alla sua morte, sopraggiunta il 23 sue doti emergono. Il brillante comportamento tenuto nella febbraio 1945, i fascisti, per paura che la memoria esempla- battaglia del Massone (agosto 1944) e la fiducia che ha con- re di un partigiano incentivi i disordini, non permettono lo quistato tra gli uomini, portano il Comando garibaldino della svolgersi della celebrazione del suo funerale. Le spoglie ven- ‘Xª Rocco’ ad affidare ad Emilio il comando del 2° Battaglione gono sepolte nel cimitero di Druogno per poi essere trasferi- ‘L. Comoli’. te, alla morte del padre, al cimitero di Galliate. È MEDAGLIA giustizia che lo anima e alla profonda convinzione maturata strazione, senza però subire vittime. Alla notizia, pervenuta tramite una Combatte in prima linea nella battaglia di Gravellona Toce D’ARGENTO al valor militare della Resistenza. in lui della necessità di un impegno in prima persona nella donna di Ornavasso, che truppe tedesche stanno perlustrando il paese e (12-15 settembre 1944), dove rimane gravemente ferito al lotta contro i nazi-fascisti, a difesa della libertà e della nazio- portando via uomini, Remo ordina di rifugiarsi nelle baite. Rimasti indietro capo. Viene catturato e ricoverato, “con speciale sorveglian- REMO RABELLOTTI ne (“Io parto perché devo partire; non posso, non devo più per aspettare alcuni compagni, Remo e un compagno vengono catturati dai za”, all’Ospedale di Omegna. Il personale dell’ospedale è Nato a Galliate il 6 luglio 1920, nel 1943 si laurea a pieni voti restare”). La notte del 29 maggio 1944 Remo parte insieme Tedeschi e portati nel palazzo delle scuole, dove trovano altri due membri però, in gran parte, collaboratore dei partigiani e quindi tra- con lode in Medicina Veterinaria a Milano, diventando imme- a due suoi compagni, Francesco Bignoli ed Emilio Murciano. della spedizione. Dopo essere stati sottoposti per tre giornate a violente sporta Emilio e gli altri partigiani ricoverati sulla sponda diatamente assistente universitario. Impegnato in modo con- Il 31 maggio Remo raggiunge le baite del campo sopra minacce ed inaudite torture e dopo essere stati privati di ogni cosa, Remo opposta del lago d’Orta. Non appena riprese le forze, il vinto e attivo fin da ragazzo nell’Associazione giovanile di Ornavasso, dove si trova un reparto del “Gruppo Patrioti e i suoi tre compagni vengono caricati su un’auto e portati in campagna. Azione Cattolica dell’Oratorio, nel 1940 viene eletto presi- Ossola” (nucleo della futura “Divisione Valtoce”), comanda- Alle 17,30 di mercoledì 14 giugno 1944, i patrioti Felice Cattaneo, Bartolomeo dente. Dell’Associazione fanno parte, tra gli altri, Emilio to da Alfredo Di Dio. Il pomeriggio dell’11 giugno, il servizio Oliaro, Remo Rabellotti e Edoardo Rossi vengono fucilati vicino alla Chiesa Murciano, Dante Mena, Francesco Albertinale e Francesco informativo dei partigiani segnala la presenza di un treno di S. Bernardo, presso Migiandone di Ornavasso. Prima di morire Remo Bignoli. Nel 1940, Remo e i giovani universitari perdono il loro carico di farina, pirite e macchinari, fermo alla stazione di grida: ”Viva l’Italia libera!” padre spirituale, l’assistente dell’Oratorio don Girolamo Gravellona Toce. Viene deciso l’assalto! L’operazione è affi- Il 9 maggio 1945, Novara e Galliate tributano solenni onori militari alle spo- Giacomini, chiamato a lasciare Galliate per assumere un data ad un gruppo di 15 volontari, tra i quali Remo con il glie di Remo Rabellottti, che ora riposano nella tomba di famiglia a Galliate. impegno nella segreteria diocesana dell’Azione Cattolica. grado di sottotenente. Assicurati dalla tranquillità della sta- Nel maggio del 1944 Remo confida agli amici più cari della zione i partigiani iniziano a svuotare il treno di farina e a com- Gioventù Cattolica di Galliate la sua ferma decisione di unir- piere azioni di sabotaggio; al termine dell’operazione, mentre si ai partigiani che combattono in montagna, non per motivi è diretto verso le baite, il gruppo viene a trovarsi sotto le raf- ideologici o politici, bensì per tener fede al radicato senso di fiche di mitraglia sparate da una pattuglia tedesca in perlu- Dante Mena, Francesco Bignoli, Francesco Albertinale, Emilio Murciano 46 Partigiani caduti N LICEO SCIENTIFICO A. ANTONELLI - NOVARA A N I M A Z I O N E S O C I A L E & C U LT U R A L E 47 I SEGNI E LA MEMORIA I Martiri della Resistenza a Novara N Durante gli anni del governo fascista anche a Novara le locali, decide di collaborare con i Tedeschi. sabotaggio, ma che col tempo diventano vere e proprie forze dell’opposizione vengono duramente colpite. Il Grazie alla presenza tedesca sul territorio si forma il nuovo Brigate collegate ai gruppi politici di orientamento cattoli- Tribunale speciale condanna al carcere e al confino i prin- partito fascista repubblicano e si ricostituiscono le orga- co, socialista, comunista e azionista. cipali esponenti dell’antifascismo novarese: comunisti, nizzazioni fasciste, ma solo dopo la nascita della La loro attività risulta essenziale per sensibilizzare e mobi- Questura guidata da Vincenzo Martino: Vittorio Aina, Mario Campagnoli, socialisti, cattolici e azionisti. Repubblica sociale italiana svolgeranno un ruolo ammini- litare la popolazione e per mantenere i collegamenti con le Emilio Lavizzari, Giuseppe Piccini. Nonostante questo la resistenza clandestina continua dif- strativo e politico con i nazisti. formazioni in montagna. Fondamentale a questo proposito fondendo, attraverso opuscoli e giornali, un’informazione Il nuovo governo, formato dopo il ritorno dalla Germania di il lavoro svolto, nel coordinamento dei vari gruppi e delle CASA FORNARA alternativa a quella di regime e appoggiando gli scioperi Mussolini il 23 settembre, si riunisce per la prima volta il 27 iniziative, dal primario di Pediatria Piero Fornara, arrestato Situata in Corso Cavour 15, nelle fabbriche e nelle campagne. e a Novara dall’ottobre 1943 iniziano le sostituzioni alla e picchiato a sua volta il 27 ottobre 1944 dagli uomini della sede attuale dell’Istituto stori- Dopo la caduta di Mussolini, il 25 luglio 1943, riprende l’at- Prefetture e alla Questura con uomini fedeli alla Rsi. squadraccia. co della Resistenza e della tività dei partiti antifascisti che presso lo studio dell’avvo- Si succedono alla guida della Provincia Tuninetti, Barbera, Le numerose violenze fasciste compiute a Novara per ter- società contemporanea nel cato Ugo Porzio Giovanola costituiscono una sorta di coor- Vezzalini e Zuccherini, mentre in Questura si avvicendano rorizzare la popolazione e per rappresaglia proseguono Novarese e nel Verbano Cusio dinamento, futuro embrione di quello che sarebbe stato il Abrate, Pasqualy e Minervini. È alle dipendenze della fino al 26 aprile 1945 quando la città viene liberata. Ai par- Ossola, era l’abitazione di Cln novarese dopo l’8 settembre. Questura la cosiddetta squadraccia che, istituita nel giu- tigiani locali delle Brigate Rabellotti, Dellavecchia, Piero Fornara, (nella foto a In seguito all’armistizio, il 12 settembre giungono a Novara gno del 1944 e comandata da Vincenzo Martino per com- Campagnoli e Biglieri, si aggiungono i reparti valsesiani lato) pediatra di fama interna- i primi reparti Tedeschi: militari del I battaglione SS appar- battere i partigiani della zona, diventa tragicamente nota guidati da Eraldo Gastone, Ciro, e Vincenzo Moscatelli, zionale e figura di rilievo della tenente al II Reggimento della Divisione corazzata per le azioni violente e sanguinarie. Cino, che si dispongono attorno a Novara con le Divisioni resistenza cittadina e provin- Leibstandarte Adolf Hitler. Dopo l’8 settembre prosegue in clandestinità anche l’ope- F.lli Varalli e Pajetta nella notte tra il 25 e il 26 aprile. ciale. Primo prefetto della pro- Una parte di loro risale la provincia ed è responsabile della ra di riorganizzazione dei partiti antifascisti che già il 21 Iniziano i primi scontri tra i partigiani presenti in città e i vincia dopo la liberazione e strage degli Ebrei sul Lago Maggiore, mentre la formazio- settembre costituiscono ad Arona un raggruppamento pro- fascisti che stanno smobilitando, mentre sono in corso lun- deputato alla Costituente per il ne che resta in città ottiene senza difficoltà il controllo vinciale Nazionale. ghe trattative tra i dirigenti della Resistenza, i responsabi- Psi. sulle armi e sui militari italiani: il generale Sorrentino, Parallelamente si formano i primi nuclei militari partigiani li militari, Fornara, il Cln locale, e i capi Tedeschi e italiani comandante del Presidio militare cittadino, nonostante i che in città sono inizialmente piccole strutture (Squadre e della Rsi. Un ruolo di primo piano svolge in queste ore mon- BROLETTO pressanti inviti alla Resistenza giunti dai gruppi antifascisti Gruppi di azione partigiana) con compiti di spionaggio e signor Leone Ossola favorendo la mediazione tra le parti e Nel cortile del vecchio Palazzo civico, sotto la conseguente liberazione di Novara senza arrivare allo il porticato a sinistra, entrando da Piazza scontro armato: nel corso della mattinata i capi partigiani e della Repubblica (già Piazza Duomo), si il vescovo riescono a convincere alla resa fascisti e nazisti trova un bassorilievo con dodici lapidi mura- che vengono confinati nelle caserme cittadine. rie che riportano i nomi dei caduti nella Alle 17 del 26 aprile 1945 i reparti partigiani entrano in città Resistenza appartenenti alle province di e il Cln, assunti i pieni poteri, nomina Piero Fornara prefet- Novara e del Verbano Cusio Ossola. del Comitato di Liberazione PROVNCIA DI NOVARA to e Vincenzo Moscatelli sindaco. Il 28 aprile arrivano i primi rappresentanti degli alleati e il 2 maggio le truppe statunitensi della V armata che prendono in consegna i prigionieri Tedeschi. PIAZZA MARTIRI DELLA LIBERTÀ Novara, Veveri 26 aprile 1945: Monsignor Ossola, con i comandanti tedeschi e partigiani, durante le trattative per la liberazione della città. (foto U. Bonzanini, archivio fotografico Istituto storico “P. Fornara) 48 PIAZZA CAVOUR È la piazza del castello visconteo sforzesco, all’epoca sede delle carceri. Alle spalle della statua di Cavour e a lato della Banca San Una lapide posta sulla destra dell’ingresso, lungo il fossato, riporta i nomi Paolo si trova una lapide muraria, coperta da una spessa di cinque partigiani, tre dei quali, Giovanni Bellandi, Ludovico Bertona, “griglia” di marmo rosa a ricordo degli altri quattro parti- Aldo Fizzotti, uccisi nel pomeriggio del 24 ottobre 1944, assieme ad altri giani uccisi il 24 ottobre 1944 dalla squadraccia della segue > 49 I SEGNI E LA MEMORIA I Martiri della Resistenza a Novara N quattro fucilati in Piazza Cavour lo stesso giorno. PROVNCIA DI NOVARA Gli altri nomi sulla lapide sono di Felice Zanoni, morto a Novara il 28 aprile del 1944, e di Natale Olivieri, carabiniere e medaglia d’argento al valor militare, catturato e poi ucciso dai fascisti il 17 ottobre 1944 di fronte al Castello. VIALE DONATORI DI SANGUE, ANGOLO VIALE IV NOVEMBRE Tra il parco dei bambini e l’ufficio centrale delle Poste, si trova la statua di monsignor Leone Ossola, amministratore della diocesi di Novara dall’ottobre 1943 e poi vescovo della città. Importante figura di riferimento per le forze democratiche, è l’artefice della mediazione tra partigiani, fascisti e Tedeschi, che porta alla liberazione di Novara il 26 aprile 1945 (foto grande a lato). VIALE MASSIMO FICUCIELLO VIGNALE, PONTE SUL CANALE CAVOUR All’interno del parco dell’Allea, All’entrata di Vignale, arrivati al ponte sul canale Cavour e VIGNALE, CASCINA INSARNO di fronte al nuovo ponte in svoltando a sinistra in via XXVI agosto, si trova la lapide Poco dopo Vignale in direzione Borgomanero, si trova sulla sinistra la con i nomi e le foto dei tredici ragazzi fucilati per rappresa- cascina dove i fascisti della Legione Autonoma E. Muti hanno ucciso per glia dai fascisti il 26 agosto 1944, sette uccisi qui, i fratelli rappresaglia tre contadini il 10 aprile 1945. Giovanni e Natale Diotti, Renato Crestanini, Erminio Sara, Sul portone d’ingresso una lapide muraria ricorda Cesare Marchioni, Secondo Passera, Fausto Gatti, Iginio Mancin, e sei nei Giuseppe Avondo e Angelo Colli, anche se ora sono visibili solo gli ultimi pressi del ponte ferroviario. due nomi. legno che immette nel castello, è collocata la lapide dedicata al generale novarese Luigi Edoardo Gherzi, comandante di fanteria della Divisione Acqui e medaglia Valsesia, Verbano, Cusio, Ossola, c’è una lapide muraria all’ingresso del Campo 1°, recinto 1°, a sinistra sotto il porticato, con i nomi e le foto dei partigiani novaresi caduti, e un monumento di pietra e metallo a ricordo degli ex internati militari si trova al centro del Campo 4°, recinto 4°. d’oro al valor militare. Gherzi, con altri militari italiani, viene PORTA MORTARA, giustiziato dai tedeschi a Cefalonia il 24 settembre 1943, ANGOLO nonostante la resa avvenuta dopo una settimana di com- C.SO XXIII partigiano Luigi Zanetti ucciso a Vignale il 19 novembre CORSO DELLA VITTORIA 1944 durante uno scontro a fuoco. Di fronte alle Officine Grafiche De Agostini, sulla sponda del canale Quintino Sella, un cippo è stato posto sul luogo dell’uccisione del parti- MARZO E VIA MONTE SANTO battimenti. giano milanese Giulio De Simoni, avvenuta il 21 giugno 1944 ad opera di Una lapide, all’interno di una quartiere. novarese dell’Università del Piemonte Orientale, una lapi12 settembre 1943 dai Tedeschi, da poco giunti in città, mentre stava osservando il movimento dei militari davanti alla caserma. della squadraccia. nomi dei caduti partigiani del Di fronte all’ingresso della ex caserma Perrone, ora sede de ricorda Giuseppe Ubezio, un ragazzo di 18 anni ucciso il Salvatore Zurlo della Gnr di Novara e di Vincenzo Martino, comandante piccola cappella, riporta i VIA PERRONE, ANGOLO VIA MAGNANI RICOTTI PIAZZA SAN MARTINO Una lapide muraria, sulla parete del vec- SANT’AGABIO, VIA DELLA RIOTTA Sulla parete d’ingresso della Direzione del III Circolo didattico, una lapide muraria ricorda i partigiani del quartiere caduti. chio edificio che ospitava l’Istituto per anziani “De Pagave”, ricorda i caduti partigiani e gli internati militari del quartiere. VIGNALE, PONTE FERROVIARIO SUL CANALE CAVOUR Poco prima del canale, svoltando a destra sul tratto pedonale di via SANTA RITA, PARCO PUBBLICO XXVI agosto, nei pressi del ponte CIMITERO COMUNALE, VIA CURTATONE All’interno del parco, nell’angolo tra via S. Rita e via ferroviario, si trova un cippo a Nel cimitero cittadino, oltre alle tombe di alcuni partigia- Alagna, sorge un cippo dedicato a Giovanni Andoardi, par- ricordo dei sei partigiani qui fuci- ni illustri come quella di Eraldo Gastone, Ciro, comandan- tigiano della Divisione Beltrami, ucciso in uno scontro a lati: i fratelli Orione e Spartaco Berto, Pietro Molinari, te militare del raggruppamento Divisioni garibaldine della 50 TRA Accanto alla lapide, una colonna spezzata ricorda anche il fuoco il 20 febbraio 1945. Antonio Denti, Angelo Saini, Giuseppe Schiorlini. N LICEO SCIENTIFICO A. ANTONELLI - NOVARA A N I M A Z I O N E S O C I A L E & C U LT U R A L E 51 I SEGNI E LA MEMORIA L’eccidio di Casalino I SETTE MARTIRI DI CASALINO ventunenne Giovanni Poletti di Cressa e vicino a lui cade il Dall’intervista a Ugo Roncaglione, il fratello di Ezio, uno dei È il 30 marzo 1945: reparti della "E. Muti" - oltre centocin- diciottenne Francesco Lazzaroni di Dello (BS); qualche partiginai trucidati: quanta militi - vengono scaricati da una colonna di auto- centinaio di metri più in là cadono il ventiduenne Domenico Arrivato ad Orfengo c’era già trambusto e correva la voce mezzi all’ingresso di Casalino; vi sono, con i militi, una deci- Gatta di Bovegno (BS) e residente in Vinzaglio, il diciotten- che i fascisti avessero ucci- na di SS, guidate dall’interprete Borgonovo. ne Francesco De Stefano, perito industriale di Reggio so venti Partigiani. I fascisti I nazifascisti perquisiscono tutte le case del paese e fanno Calabria e residente a Casalino; ancor più lontano viene passarono poi nelle diverse man bassa di tutto ciò che può essere loro utile e, prima di abbattuto il venticinquenne Giuseppe Manenti di frazioni ogni altra cosa, di denaro e preziosi. In via S. Pietro si Comenzano (BS), ma residente a Casalino. Infine anche il Casalino sino alle tre del imbattono nei fratelli Giuseppina e Severino Comelli; pur- diciassettenne Severino Comelli trascinato fino a Quarti pomeriggio vantandosi di troppo in una saccoccia di Severino viene scoperto un viene assassinato dai militi della "Muti". quello che avevano fatto e mazzetto di volantini che inneggiano alla prossima vittoria finale delle forze di liberazione. Severino Comelli, percosso selvaggiamente, confessa di avere ricevuto i volantini dal del Comune COMUNE DI CASALINO di mostrando come trofei ciò Da Enrico Massara. “Antologia dell’antifascismo e della Resistenza novarese” che avevano strappato ai Partigiani. fratello che si trova in località Quarti, nei pressi di Quando si recarono ad Cameriano. Orfengo ed entrarono nella Severino è certamente all’oscuro del fatto che in quel trattoria dei miei genitori un momento a Quarti è in sosta una pattuglia della "Osella" giovanissimo fascista si van- che, durante la notte, ha trovato rifugio nei cascinali dei tava di aver ucciso due partigiani e portava due fucili. dintorni. La pattuglia della Osella è di corvè: ha il compito Un tedesco, sentendo il ragazzino lo fissò per un istante e di racimolare viveri per il proprio reparto che si trova tra i gli disse in un italiano stentato che sicuramente non totalmente coperto dai cespugli. I fascisti si erano messi a cercarlo per- sarebbe mai diventato vecchio. ché l’avevano visto cadere ma non lo trovarono e venne salvato dalla A Casalino mostrarono la carta d’identità di mio fratello gente nel pomeriggio. In quella zona fu ritrovato in un campo di colza il dicendo: "Abbiamo ucciso il vostro studente!". Portavano cadavere di De Stefano, con il ventre mutilato. al collo i suoi scarponi e mostravano l’orologio d’oro che Il Comelli fu giustiziato alla fine dello scontro: prima venne percosso, infi- gli era stato sottratto. ne gli fu fatta scoppiare una bomba sulla testa. Il volto di mio fratello era La ricostruzione dell’accaduto fu fatta in base al sopralluo- tutto sfregiato: lo avevano utilizzato come bersaglio per lanciare i loro go. Mio fratello, il Lazzaroni e il Poletti, che portava un pugnali. Il Manenti fu colpito alle spalle quando aveva quasi raggiunto la mitragliatore inglese Brem, si appostarono in un canale statale. parallelo alla strada, per poter vedere l’eventuale arrivo I fascisti, finito l’eccidio, passarono dal municipio ed intimarono al segre- dei Fascisti. Gli altri si misero in posizione nord protetti dai tario comunale dr. Farnetti di lasciare pure i cadaveri a marcire dove si primi tre, che avevano maggiore possibilità di fuoco. Si trovavano. ritiene che il primo a cadere, senza aver neanche la possi- Al parroco fu intimato di non commemorarli con alcuna funzione religiosa. bilità di sparare, sia stato il Poletti. Venuta meno la forza di La popolazione invece si adoperò al recupero dei morti per poi provvede- fuoco principale i Partigiani, già in inferiorità numerica, si re a celebrare le sepolture. vigneti di Briona. Gli otto garibaldini della "Osella" vengono presi alla sprov- Fotografia tratta da "I briganti neri a Casalino" articolo di Soreghina, pubblicato da "La Stella Alpina" 15 luglio 1945. vista: solo due riescono a fuggire, mentre gli altri cadono falciati dalle raffiche dei mitragliatori e dei mitra. Cade Ezio Roncaglione – studente diciottenne di Orfengo – cade il Nella pagina a lato: il libro di Moscatelli e Secchia, che ben descrive il contesto in cui si sono svolti i fatti. trovarono completamente debilitati. Mio fratello e il Lazzaroni si gettarono sul Poletti ferito per assisterlo. Gli altri quattro cercarono la fuga verso la Cascina Maghetta, inconsapevoli del fatto che anche in quella direzione la strada era sbarrata dai fascisti. Tuttavia riuscirono ad allontanarsi un po’ passando nei canali asciutti. Quando sembrò loro di essere fuori tiro, per fuggire più velocemente uscirono allo scoperto cercando di raggiungere la statale che collega Novara a Vercelli. Solo uno, il caposquadra La Rusca, continuò la fuga nei fossi raggiungendo la statale e portandosi sul retro dello schieramento fascista. Così si salvò. Un altro Partigiano, il Serpente, venne ferito nella fuga e cadde nella fontana detta dell’ospedale. Fortunatamente nei pressi vi erano dei cespugli di bora ed era quasi completamente immerso nell’acqua e 52 N A N I M A Z I O N E S O C I A L E & C U LT U R A L E 53 I SEGNI E LA MEMORIA Partigiani di Granozzo con Monticello La memoria della guerra di Liberazione è presente tuttora il ’55, si ritirò a vita privata. Di carattere schivo e riservato, prio partito. Fu tra i promotori del CLN nel proprio Comune nel paese di Granozzo attraverso numerosi segni che testi- per tutta la vita ha custodito gelosamente i documenti di durante la Resistenza, in cui operò fianco a fianco con vali- moniano la partecipazione attiva dei suoi abitanti alla tutta quanta l’attività svolta da lui e dal fratello. di esponenti democristiani della zona come Dante Graziosi. Resistenza: una via è intitolata a Francesco Bigatti, partigia- Morì l’11/10/1982 a Granozzo con Monticello . Fu responsabile del PCI della seconda zona del Basso ca di Salò, Anselmo divenne un partigiano ed entrò a far parte del distac- Novarese. Nel dopoguerra fu attivo sindacalista della fede- camento della Volante Loss, che operava nelle campagne del basso nova- razione dei contadini e responsabile dell’ANPI di Novara. rese. no nato a Monticello e caduto in Val Varaita, una piazza è 1 Resistenza Unita, marzo 1974. dedicata ai fratelli Bazzani partigiani, attivi in politica e nel Di lui è ancora in corso una ricerca negli archivi per poter meglio ricostrui- sindacato anche nel dopoguerra. A Monticello, la via princi- re la sua vita, la sua azione e soprattutto l’episodio citato sulla lapide, che pale del paese è dedicata ad Anselmo Vecchi, ricordato ANGELO BIAGIO BAZZANI come partigiano. Esiste poi una lapide ai margini della stra- Perseguitato antifascista, confinato politico, organizzatore Chiamato Bacco, nato ricorda la sua uccisione il 9.11.1944. da che da Monticello porta alla provinciale di Lumellogno in del CLN, è stato uno dei più nobili esempi di coscienza poli- nel 1923 a Granozzo e Alcune notizie su di lui sono state raccolte attraverso testimonianze degli ricordo dell’uccisione di Anselmo Vecchi, il cui nome è tica dei braccianti delle risaie novaresi. residente Biella. abitanti del paese, in particolare di Carlo Felice Vanotti: “Anselmo Vecchi riportato anche sulla lapide situata al Broletto di Novara in Nato a Monticello nel 1900, fece fin da ragazzo il bracciante Impiegato, caposqua- era uno dei tanti ragazzi che dopo l’Armistizio dell’8 settembre ’43, non si memoria dei partigiani caduti. avventizio in qualità di badilante. Nell’aprile 1919 si trovava dra, aiutante del coman- presentò alla chiamata alle a Milano in servizio di leva, richiamato in fanteria, e dalla dante Medici, è nella armi. Era uno di quelli che i CLEMENTE BAZZANI sede de l’Avanti, devastata dai fascisti, portò a casa pochi Resistenza della valle fascisti chiamavano “sbanda- Nato nel 1909 a Monticello, fu con il fratello Biagio uno dei libri bruciacchiati, che divennero il suo primo strumento di Varaita dall’aprile 1944. Ferito nello scontro della Rolfa, è ti”, e che in piccoli gruppi di più attivi antifascisti ed organizzatori del PCI nella zona risi- formazione politica e culturale. In quello stesso anno fondò fucilato a Venasca il 30 dicembre 1944. ragazzi, si nascondevano per cola del Basso Novarese. Nel 1928 Biagio Bazzani, denun- la Sezione Socialista di Monticello. La vicenda si svolge a Brossasco, (CN) dove di Bacco si evitare di essere arruolati. ciato, venne inviato al confino a Ponza per 5 anni dalla Nel 1920 fu tra gli animatori dello “sciopero dei 50 giorni” parla a proposito del suo legame con Medici, importante Era figlio di contadini salariati Commissione Provinciale per il confino. che ebbe in Monticello uno degli epicentri: “la mia molinel- capo partigiano. Il 24 dicembre 1944 i due si incontrarono e viveva nel castello di Monticello. Nell’autunno del ’44, in un rastrellamen- Nonostante il proscioglimento in istruttoria per insufficienza la rossa” come lo chiamava Secondo Ramella. presso la casa di Esile Armandi, insegnante del luogo. Il 25 to operato da militari provenienti dalla Mongolia e arruolati nell’esercito di prove, ne scontò ben quattro; per la famiglia l’assenza di Dopo Livorno si staccò dal PSI fondando la sezione comuni- dicembre Bacco vede transitare, in direzione Sapere, tedesco, Anselmo e altri ragazzi “sbandati” della zona vennero catturati. Biagio, maggiore di 4 fratelli, creò insuperabili problemi eco- sta di Monticello. Fu tra i pù sagaci agitatori comunisti e tra un’automobile piena di autorità fasciste. Nel frattempo Imprigionato nel castello di Monticello, tentò di fuggire, con altri due suoi nomici e morali: la stessa madre morì dal dispiacere. i sostenitori in polemica coi socialisti, della difesa armata chiede a Medici un incontro e lo invita a trovarsi al colle compagni, ma venne raggiunto da un colpo di fucile che lo uccise il 9 Nonostante tutto i fratelli Bazzani continuarono ad essere delle istituzioni operaie degli assalti fascisti, che tra il 1921 e Liretta il 29 dicembre il comandante, nonostante la sorve- novembre di quello stesso anno appena fuori dalle mura.” un punto di riferimento costante per i tanti antifascisti della 1922 si intensificarono in quelle roccaforti del movimento glianza strettissima, accetta e si muove con il suo aiutante. Il fatto stesso che al giovane sia zona. Ancora nel 1940-41 Clemente, che era sarto e poteva bracciantile con squadracce provenienti dalla lomellina, I due compagni, superato Brossasco, si dirigono verso stata dedicata la via principale quindi liberamente girare di casa in casa, svolgeva le funzio- capeggiate da Forni e Magnani. Venasca, ma giunti alla frazione Rolfa, cadono nell’imbosca- del paese e che sia stata eretta ni di fiduciario del PCI e di raccoglitore di fondi per il Con Giarda, Leopardi, Piffaretti, Tambussi, Invernizzi, “bian- ta preparata dai fascisti, li squadristi, probabilmente a causa una lapide in sua memoria sul Soccorso Rosso. Per ordine del Partito si iscrisse al co” continuò la lotta al fascismo anche dopo la marcia su di una soffiata, sanno della presenza di Medici e lo attendo- luogo in cui sarebbe stato ucci- Sindacato Fascista: in esso svolse un’importante opera di Roma. no sulla strada. Deceduto il comandante della Saluzzo i so indicherebbe la volontà di informatore a favore dei compagni all’estero. Arrestato una prima volta nel ’26, fu tra i 14 arrestati nel fascisti catturano Bacco che, torturato e picchiato, viene mantener vivo il ricordo di un Dopo l’8 settembre divenne novarese per la ricostruzione del partito comunista: tra que- ucciso alcuni giorni dopo con un colpo di pistola alla testa, avvenimento tragico della sto- responsabile militare della sti venivano deferiti al Tribunale speciale: Giovanni Ubezio, nel cortile della scuola elementare del paese. L’uccisione di ria della Resistenza di questa zona per il PCI con specifici Giacinto Garzoni, Giuseppe Zoppis, Cesare Corbellino, Bacco è particolarmente odiosa poiché il plotone di esecu- località. compiti di informazione e rac- Corrado Bonfantini, Giuseppe Rimola, confinati erano inve- zione si rifiuta di sparare sul ferito e il compito è compiuto La lapide di Monticello non è l’ colta di armi e munizioni. ce Domenico Uglietti, Giovanni Invernizzi, Angelo Fornaia, dal maresciallo Umberto Pallotta, successivamente proces- unico ricordo di Anselmo Inoltre divenne il rappresen- Rinaldo Cislaghi, Francesco Boca, Giuseppe Sguazzino, sato per aver ucciso con ferocia, di sua mano, 49 partigiani. tante dei comunisti in seno al 54 1 COMUNE DI GRANOZZO CON MONTICELLO Ferdinando Nonigni. E, per 5 anni a Ponza, Biagio Bazzani. FRANCESCO BIGATTI 2 a RUZZI M. (1997) Garibaldini in Val Varaita. 1943-1945. Tra valori e contraddizioni. ANPI Terzuolo. Istituto Storico della Resistenza in Cuneo e provincia, 59-60. 2 CLN di zona, che comprendeva un’ ampia area: da Al confino a Ponza, Bazzani, con il compito di collegamento Lumellogno a Confienza, da Vespolate, a Tornaco, a Robbio e di individuazione delle spie, fu uno dei dirigenti comunisti Lomellina). Si distinse in quel periodo nell’aiuto ai prigionie- di Ponza, come si può desumere dal rapporto del 17/12/1931 ri alleati che fuggivano dai campi di lavoro della zona. della sezione della direzione generale di P.S. all’Ufficio ANSELMO VECCHI Inquadrato nella brigata al piano “Della Vecchia” nel marzo Confino Politico. Anselmo Vecchi, figlio di Francesco, del ’45, durante un rastrellamento, venne arrestato. Ripresi con una certa consistenza i collegamenti con il nato nel 1924, apparteneva ad una Mentre i fascisti saccheggiavano la sua casa, riuscì a fuggi- Partito nel ’42, con Vercelli e Torino, soprattutto tramite il famiglia numerosa di contadini resi- re tra le formazioni garibaldine in montagna. Dopo la compagno Cavalli, promosse agitazioni nelle campagne di dente a Monticello. Liberazione riprese le fila organizzative del Partito e fu elet- Monticello, Granozzo e confidenza, nella primavera del ’43, Renitente alla leva, per non essere to Consigliere Comunale a Granozzo con Monticello e, dopo e nell’estate riuscì a ritessere la trama organizzativa del pro- arruolato nell’esercito della repubbli- Vecchi scolpito nella pietra: il suo nome è inciso anche nella lapide del Broletto a Novara insieme a tutti i partigiani caduti durante la Resistenza. N A N I M A Z I O N E S O C I A L E & C U LT U R A L E 55 I SEGNI E LA MEMORIA I Martiri della Resistenza di Bellinzago È il 3 marzo del ’45. Verso il tramonto compare nel cielo un che l’uccisione di un tedesco possa provocare, infatti, la rap- piccolo caccia tedesco, volteggia alcune volte a bassa quota presaglia. Il podestà e il coadiutore, accompagnati dal geom. su Ghemme e, infine, riesce fortunosamente ad atterrare, ai Frascotti, che è il segretario comunale, vanno immediata- margini del paese, su un ex campo d’atterraggio reso impra- mente al Comando fascista di Fara per tentare di convincere ticabile dai Tedeschi per evitare che gli alleati se ne servano. il cap. Famà a non infierire sulla popolazione di Ghemme, ma Sia il podestà Guido Crespi che il coadiutore della non ricevono udienza perché sono già le 21. Parrocchiale dell’Assunta, don Angelo Stoppa, a colloquio Il 4 marzo, in mattinata, giunge a Ghemme una camionetta dinanzi ad una finestra dello stabilimento ‘Secondo Salto’ militare preceduta e seguita da macchine cariche di COMUNE DI BELLINZAGO NOVARESE avvistano l’apparecchio, ne osservano le manovre e il fortunoso atterraggio. Le bare nella chiesa Parrocchiale di S. Clemente e Mons. Leone Ossola, Vescovo di Novara (Foto Piantanida - Cameri) Podestà e coadiutore si recano immediatamente sul luogo dell’atterraggio e si trovano di fronte al pilota che, sceso dall’aereo, sta guardandosi attorno. Il podestà, che conosce la si avviano al campo di atterraggio. Non appena a terra, il lingua tedesca, si rivolge al pilota per conoscere il motivo ventunenne garibaldino della Volante Loss Luigi Prandi tenta che lo ha indotto ad atterrare nell’ex campo militare in con- la fuga, ma viene abbattuto da una raffica di mitra; don Forni dizioni di impraticabilità; il pilota spiega che, partito da viene colpito da una pallottola alla mano e viene accompa- Monaco e diretto a Gallarate, ha sbagliato rotta e l’aereo è gnato all’Ospedale dal Segretario Comunale. Don Stoppa rimasto senza carburante, tanto da costringerlo ad un atter- prende immediatamente il posto del Prevosto ed in una sua Mario Tosi, diciottenne, operaio, di Bellinzago, Luigi Prandi, ventunenne, nota (pubblicata sull’Azione dell’8 marzo 1946) si legge: operaio meccanico, di Bellinzago, assassinato mentre tenta la fuga e Luigi "…Nessuno dei condannati batte ciglio, ma i loro occhi sere- Vandoni di diciannove anni di Bellinzago. ni si posano su di me sacerdote che essi sentono amico: io È il comandante nazista che ordina: "Portare via subito i corpi, portarli al Tedeschi; dalla camionetta viene prelevata la cassa in cui gli m’interpongo presso il maggiore Tedesco comandante del cimitero con un carro. stessi soldati Tedeschi depongono la salma del pilota; si plotone per implorare la grazia, ma dal tedesco più duro e Provvedere le bare, sotterrarli immediatamente, senza lacrime, senza rito, forma il corteo funebre e, nel tentativo di placare la rabbia più impassibile di un macigno ottengo, con una fredda rispo- senza preghiere e senza nessun accompagnamento…Entro le 13; in caso dei Tedeschi, tutta la popolazione vi partecipa. sta negativa, il permesso di svolgere il mio sacerdotale mini- di trasgressione, impiccheremo dieci persone al balcone del Municipio". Prelevati e trasportati a Novara, Don Stoppa e il podestà stero, ma nel modo più celere.." Il commento di un milite nero:“Che peccato non averne qui ancora altri cin- Crespi vengono sottoposti ad un lungo interrogatorio; rila- Interviene anche il podestà per tentare di salvare la vita quanta da fucilare". sciati il coadiutore ed il podestà vengono assicurati che non almeno del più giovane dei condannati a morte, Miglio vi saranno rappresaglie. La popolazione ritiene sia grazie alla Benami, che ha solo quindici anni; ma il comandante tede- partecipazione al funerale. Il 5 marzo, a Ghemme, non si nota sco ribatte: "Oh, 15 anni… con un fucile in mano può ammaz- GLI ALTRI CADUTI DI BELLINZAGO alcun movimento fuori dalla normalità; gli uomini ritornano a zare anche lui". Oltre ai caduti a Ghemme, vi sono altre otto persone di Bellinzago che per- casa e al lavoro. Il 6 marzo, alle ore 8, entrano in Ghemme Borgonovo, l’interprete, dà lettura della sentenza di condan- sero la vita in quel periodo, in circostanze diverse. due grossi automezzi carichi di Tedeschi e fascisti; in mezzo na a morte. Il plotone di esecuzione - 14 fascisti e 4 Tedeschi Patrioti caduti in combattimento: a loro vi sono dieci giovani, coi volti segnati da profonde feri- - è già schierato dinanzi ai condannati. Il grido di "Viva l’Italia Colombo Franco (di anni 19); Massara Ires (di anni 17); Miglio Pierino (di anni pilota, fatto un balzo indietro, estrae prontamente la pistola te, coi vestiti laceri ed imbrattati di sangue. libera" si confonde con il crepitio delle raffiche di mitra, ma 25); Vandoni Mario (di anni 18); Maggioni Ennio. gridando "Wass ist los?", ma è preceduto da uno dei due gari- Si viene poi a sapere che i dieci giovani sono stati catturati, proprio il giovanissimo garibaldino, rimasto in piedi, riesce a Per rappresaglia: Barbero Maurizio (di anni 49). in una imboscata, alla Bertinella Nuova, una cascina di gridare ancora, prima di essere abbattuto da una seconda Per incidente: D'Esposito Francesco (di anni 20); Invernizzi Franco (di anni nel serbatoio provoca l’incendio e la distruzione dell’aereo. Bellinzago Novarese, l’8 febbraio del ’45, da reparti del raffica, "Viva l’Italia libera". 16). La salma del pilota tedesco viene portata all’Ospedale della Comando tedesco di Turbigo che li aveva rinchiusi nella raggio di fortuna. Sopraggiungono due partigiani garibaldini della Volante L’uscita delle bare dalla chiesa di S. Anna a Bellinzago il giorno dei solenni funerali il 17 giugno 1945 (Foto Piantanida - Cameri) Loss, invitano Guido Crespi e don Stoppa a farsi da parte; il baldini che lo abbatte con un solo colpo. Una raffica di mitra La carcassa del caccia tedesco distrutto dai partigiani dopo il suo atteraggio di fortuna sul campo d’aviazione in disuso di Ghemme - (Foto da “Bellinzago quarant’anni dopo”) Il monumento ai caduti di Bellinzago, in via Libertà. Fonte: www.anpi.it Fonte: "Bellinzago Partigiana", a cura di Gian Michele Gavinelli - 1970 Provvidenza ove viene approntata la camera ardente. caserma del ‘54’ e poi tradotti alle carceri di Novara. CHI SONO I FUCILATI? Tutti gli uomini, giovani e anziani, si allontanano dal Paese Prelevati dai Tedeschi il prevosto don Forni, il podestà Guido Carmelo Ardizzoia di Barengo; Frediano Bagnati, diciottenne, Inoltre, durante la Seconda Guerra Mondiale, molte altre persone persero rifugiandosi nei vigneti o nelle boscaglie della collina; si teme Crespi, il segretario comunale geom. Frascotti, gli automezzi operaio panettiere di Bellinzago; Adriano Barbero, diciotten- la vita. Una lapide al cimitero ed il momumento in via Libertà le ricorda tutte. ne, operaio, di Bellinzago; Ernesto Bovio di ventidue anni, contadino, di Bellinzago; Benami Miglio, quindicenne, operaio di Bellinzago; Ernestino Boschi, diciassettenne, garzone di macelleria, di Novara; Piero Sassoni di trentadue anni, rilegatore, di Novara; 56 N A N I M A Z I O N E S O C I A L E & C U LT U R A L E 57 I SEGNI E LA MEMORIA La strage di San Marcello a Invorio INVORIO, 28 MARZO 1945 che si fanno in quattro per aiutarli; possono, finalmente, Caduti: Ugo Ballerini, Mario Bertone, Nando Ebro, Carlo cambiare la biancheria zuppa e consumare un rancio caldo Garzonio, Giacomo Godio, Filippo Leggri, Amleto Livi, dinanzi ad un grande camino il cui fuoco asciuga anche le Edmondo Negri, Carlo Pedrini, Angelo Piantanida, Pietro ossa. È in questa occasione che Mario Preda (‘Topolino’), il Quirini. quindicenne garibaldino di Verano Brianza che milita nel COMUNE DI INVORIO ‘Bariselli’, incontra Amleto Livi, detto ‘Matteotti’, sedicenne La marcia di trasferimento è lunga e dura; vento gelido e garibaldino agli ordini del ‘Generale’ (figlio di un operaio pioggia martellante sono cattivi, anzi antifascista, se pur giovanissimo pessimi, compagni di viaggio, un viag- aveva già partecipato all’insurrezio- gio che sembra non avere mai fine. I ne di Montefiorino, era stato cattura- partigiani del Battaglione ‘Bariselli’ to ed era fuggito mentre stava per hanno ricevuto l’ordine dal comando essere caricato su una tradotta della Divisione di trasferirsi da Boleto diretta in Germania). ad Armeno, dall’una all’altra sponda Topolino è fradicio ed ha "ai piedi un nale più a monte stacca Matteotti dal nuovo compagno. del lago d’Orta. Fradici, stanchi ed paio di scarpe autarchiche e sgual- Matteotti, mettendosi "l’elmetto di ferro in capo" promette a affamati, i garibaldini del ‘Bariselli’ cite" e il nuovo amico Matteotti gli Topolino di portargli, al rientro, un fucile. Continua a piovere raggiunto Armeno, possono, finalmen- passa un paio di scarponi e un paio fino a tarda notte tra il 27 e il 28 marzo. Il tempo per dormire te, anche scrollarsi di dosso la fame, ma non tarda ad arri- di calzettoni di lana e non vi è dubbio sul fatto che, in quel non è mai sufficiente, soprattutto per i giovanissimi e parti- vare il nuovo ordine di andare nel Vergante, nelle vicinanze momento, il dono del giovane amico sia un regalo da consi- colarmente in questa occasione è troppo breve; alle prime di Invorio. La marcia riprende e, proprio nei pressi di Invorio, derarsi prezioso. L’amicizia fra Topolino e Matteotti è presto luci dell’alba, i garibaldini, rifugiatisi nelle cascine Cedola e vi è l’incontro con un distaccamento del III btg. Della ‘X fatto anche se, purtroppo, l’ordine di far da guida ad un Castellaccio, vengono svegliati da raffiche di mitra e di Rocco’ guidata da Edmondo Negri, detto il ‘Generale’, e con gruppetto di nuovi arrivati che devono trasferirsi in un casci- mitragliatori; i colpi provengono da ogni lato e non è difficile Rossi Franco Vedani Felice Vignola Gianni Zaninetti Angelo convincersi che la località è accerchiata.Occorreva aprire, elementi della ‘divisione Alpina d’Assalto F.M. Beltrami’ con Le foto dei caduti di Invorio, Arona, Oleggio Castello e Paruzzaro che si trovano nel monumento commemorativo. Bortolo Consoli (‘Burtul’) e della ‘Volante Dom’. È una fortuna per i garibaldini del ‘Bariselli’ incontrare tanti compagni ad ogni costo, una via d’uscita, un passaggio, spezzando il cerchio, e superare il prato esponendosi al bersaglio del nemico. Il primo sfortunato tentativo venne effettuato da Mario Bertone (‘Vento’), da Carlo Garzonio (‘Nuvola’), da Giacomo Godio (‘Tom’), ma i tre garibaldini furono falciati dalle raffiche della mitraglia. Anche Matteotti tentò di superare il prato, coperto dai compagni, ma venne ferito. Filippo Leggeri (‘Memo’), commissario politico della ‘Volante Dom’, si batté da leone; "solo contro sette,spara fino all’ultima pal- Ballarini Ugo Bertinotti Francesco Bertona Dorina Bertona Mario Borsa Luigi Catilina Mario Ebro Nardo lottola". Ferito ad una gamba, riusciva a percorrere un centinaio di metri, continuando a sparare contro il nemico che lo circondava. Raggiunto veniva spogliato, seviziato, sfigurato e finito a colpi di pugnale e di baionetta. Poi caddero, nel vano tentativo di superare quel prato maledetto, Pietro Quirini (‘Quiri’) e Ugo Ballerini, anch’essi della ‘Volante Dom’ e venne ferito Burtul, uno dei ‘grandi veci’ della Damasca. Caddero ancora Nando Ebro, Angelo Piantanida (‘Brighin’) Ferrari Francesco Gamarra Sergio Garzonio Carlo Godio Giacomino Leggeri Filippo Leone Franco Livi Amleto ed Edmondo Negri, il Generale. Il giovane Matteotti, ferito, venne catturato e trucidato a colpi di pugnale. In questa pagina alcuni particolari del monumento ai caduti di via Cesare Battisti a Invorio I fascisti, non ancora soddisfatti, raggiunsero Invorio, saccheggiarono alcune abitazioni, dando alle fiamme altre case ed infine fucilarono un civile, Carlo Pedrini. I fascisti fotografarono i volti sfigurati dei trucidati e fecero pervenire alle famiglie dei caduti la fotografia del congiunto. Martinoli Franco 58 Merlini Candido Negri Edmondo Padrini Carlo Pelizzoni Arturo Piantadina Angelo Quirini Piero Fonte: www.anpi.it N A N I M A Z I O N E S O C I A L E & C U LT U R A L E 59 Ringraziamenti “I Segni e la Memoria” è stato curato da Paola Turchelli per la Provincia di Novara, da Giovanni Campagnoli e Marco Martinetti per Vedogiovane. Si ringraziano i docenti: proff. Marina Albanese, Lorenzo Borelli, Anna Maria Brustia, Mario Ceratti, Giuseppina Ferolo, Gianni Galli, Elena Mastretta, Eugenio Milani, tutti gli studenti delle Scuole Superiori della provincia che hanno partecipato a questo percorso, i Dirigenti Scolastici del Liceo Classico Statale Carlo Alberto e del Liceo Scientifico Antonelli di Novara, dell’Iti e del Liceo Don Bosco di Borgomanero. Un particolare ringraziamento per la supervisone al progetto a Mauro Begozzi, Direttore dell’Istituto Storico della Resistenza e della società contemporanea del novarese e VCO, “Piero Fornara”. Infine grazie a tutti quei partigiani e testimoni di quel periodo che con i loro racconti hanno reso possibile questo lavoro. Profetto grafico e impaginazione: Stampa: Litopress - Borgomanero 60