Quando la medicina è nelle mani della politica

DIARIO
MARTEDÌ 21 LUGLIO 2009
DI REPUBBLICA
■ 32
Il virus dell’influenza suina provoca risposte
diverse da parte dei governi. E le possibili scelte
sanitarie fanno discutere le opinioni pubbliche
VACCINO
Quando la medicina
è nelle mani della politica
FRANCESCO MERLO
LIBRI
PETER H.
DUESBERG
Aids. Il virus
inventato
Baldini
Castoldi
Dalai, 2008
JACKY LAW
Big pharma.
Come
l’industria
farmaceuticac
ontrolla la
nostra salute
Einaudi, 2006
CLAUDIA
BENATTI
FRANCO
AMBROSI
CARLA ROSA
Vaccinazioni
tra scienza e
propaganda
Il Leone
verde, 2006
JOHN LE
CARRÉ
Il giardiniere
tenace
Mondadori,
2006
DOROTHY
CRAWFORD
Il nemico
invisibile.
Storia
naturale dei
virus
Raffaello
Cortina, 2002
JOSEPH
MCCORMICK
SUSAN
FISHERHOCH
Cacciatori di
virus
Mondadori,
1999
HANS JONAS
Tecnica,
medicina ed
etica
Einaudi, 1997
BAROUK M.
ASSAEL
Il favoloso
innesto. Storia
sociale della
vaccinazione
Laterza, 1996
mentendo Manzoni e
riabilitando, almeno
parzialmente, la caccia all’untore, che non
è mai soltanto una nevrosi plebea, l’Inghilterra non
vuole trasformare gli untori
stranieri in vaccinatori muniti
di biglietto della British Airways.
Non è insomma per via naturale, non è per selezione dei ceppi
spontaneamente sopravvissuti
che l’Inghilterra vuole arrivare
al “vaccino suino”, pasticcio di
parole (vacca-maiale) e veleno
che solo ci potrebbe svelenire
tutti se non fosse che anche i
vaccini, come le stagioni i sapori e pure i medici, non sono più
quelli di una volta.
E infatti la virologia, che è la
branca più incerta e traballante
della Medicina, rimpiange il
tempo bello, il passato recente
che già sa di antico dei cacciatori di virus e degli scienziati d’azione come Edward Jenner
(vaiolo), Karl Johnson (ebola),
Max Theiler (febbre gialla). La
virologia insomma mal si adatta
al doctor House e alla sua fascinosa potenza neosensitiva, al
bisogno di spostare la realtà, anche quella della medicina, un
po’ più in là della ragione.
Ma forse è davvero finita l’epoca d’oro dei vaccini, quando
bastava che dei medici disposti
a tutto in nome della Scienza si
facessero cavie di se stessi come
Albert Sabin (poliomielite), sacerdoti dell’inoculazione illuminista che già era stata cantata
dal Parini: «Erra chi dice / Che
natura ponesse all’uom confine».
Oggi un vaccino, per renderci
davvero inespugnabili, dovrebbe essere transgender perché
anche il morbo dell’influenza
suina, da bravo virus della civiltà
globale, è un artista delle metamorfosi, e dunque ad ogni contatto si trasforma. Al punto che,
feroce in Messico, è diventato
“gentle-virus” in Inghilterra.
Anche il virus dunque si muta
nel suo contrario come Michael
Jackson che sbiancava e come
Obama che annerisce, ma sempre per meglio colpire, per
confondere e aggirare i vaccinatori e più sapientemente farsi
pandemia, quasi sapesse che la
società degli uomini non si dispera troppo finché la malattia
colpisce i paesi già sofferenti, i
poveri, gli anonimi, i corpi già
segnati dal sottosviluppo.
Al contrario, bisogna rendersi gentili – qualche linea di febbre e un po’ di mal di testa – , bisogna diventare virus democratici e politicamente corretti per
meglio affrontare e disarmare la
Mutazioni
S
Oggi il virus, come tutti
nella civiltà globale, è un
artista della metamorfosi
e a ogni contatto si
trasforma. Così in Messico
era feroce e in Inghilterra
è diventato gentile
Immunità
Un manifesto di fine ’800
ritrae Louis Pasteur mentre
vaccina un bambino
I popoli immuni dalla
dittatura non sono quelli
che l’hanno sperimentata
ma al contrario quelli
che non l’hanno mai
provata come gli Stati
Uniti e l’Inghilterra
forza e la superbia vaccinatoria
nel cuore della civiltà industriale. Tanto più che il virus è suino
come le salsicce e come il bacon,
l’orgoglio insomma di una razza
combattente che è tale proprio
perché si ciba di maiale, animale spazzino, a volte antropofago,
che incarna l’ingordigia smodata dell’Impero britannico, con
una bocca che, come l’insondabile Londra, è un abisso che ingoia tutto.
Diversa forma simbolica
prenderebbe il vaccino contro il
virus suino in Italia che è una
Circe in minigonna: qui maialona e porco sono simboli di ec-
cessi sessuali, modelli – come si
sa – sempre più “alti”, contro i
quali il vaccino può risultare
persino controproducente. E
pensate, solo per fare un esempio di vaccini svaccati, a Montanelli che diceva: «Berlusconi è
una malattia che si cura soltanto con il vaccino, con una bella
iniezione di Berlusconi a Palazzo Chigi, Berlusconi anche al
Quirinale, Berlusconi dove vuole, Berlusconi al Vaticano. Soltanto dopo saremo immuni.
L’immunità che si ottiene col
vaccino». Non è andata così e
forse mai sapremo se abbiamo
sbagliato le dosi che danno
LOUIS PASTEUR
SILLABARIO
VACCINO
MICHEL FOUCAULT
l carattere certo e generalizzabile dell’inoculazione e della vaccinazione permetteva di considerare il fenomeno in termini di calcolo delle probabilità, grazie agli strumenti statistici di cui si disponeva.
La vaccinazione aveva questo di rilevante: non mirava tanto a impedire il vaiolo quanto a provocare qualcosa di simile negli individui che erano inoculati. Grazie a questa sorta di lieve malattia iniziale, inoculata
artificialmente, era possibile prevenire gli altri attacchi eventuali del vaiolo. Ecco un tipico meccanismo
di sicurezza. Doppia integrazione, dunque: nell’ambito delle differenti tecnologie di sicurezza e all’interno della razionalizzazione del caso e delle probabilità. Tutto ciò rendeva queste nuove tecniche sicuramente accettabili, se non per il pensiero medico, almeno per i vari medici, amministratori, responsabili
della polizia medica e in definitiva per la gente stessa.
I
identità di vaccino all’infezione. O se sia il vaccino che sta
uscendo dall’est modus in rebus,
come sostiene la cosiddetta
“medicina alternativa” che sta
producendo una densa letteratura contro i vaccini e a favore
della presunta perdita di quella
misura appunto, che in realtà
non esisterebbe se non come ricerca. «Perché non esiste l’uomo vaccinato», l’Achille inespugnabile, «ma esiste l’uomo avvelenato».
Detto grossolanamente è infatti questo il vaccino: un piccolo avvelenamento per creare o
selezionare ceppi immunologicamente resistenti al grande avvelenamento. E ovviamente il
modo più sbrigativo sarebbe
ancora quello del generale Washington che, dopo l’epidemia
di Boston del 1776, contro gli
untori inviati dai nemici inglesi
decise di infettare le proprie
truppe. Il bilancio in vite umane
fu terribile ma forse non esisteva un’altra maniera di immunizzare gli americani e di vincere la guerra.
Dunque i medici alternativi
scrivono e dicono che il vaccino
«è una risorsa solo per le industrie farmaceutiche» e che «i
sempre più frequenti toni apocalittici delle campagne antinfluenzali fanno parte di una
strategia economica fondata
sul terrore». Secondo questi
scienziati (ma lo sono?) il vaccino finisce comunque per avvelenare molto più che svelenire.
Di sicuro arriva sempre ad allarme finito, pronto per…i magazzini. La sola Germania, per
esempio, ha accumulato scorte
di antiaviaria per cinquanta milioni di euro.
Del resto a smentire l’efficacia dei vaccini ci si mette pure la
politica. I popoli immuni dalla
dittatura non sono infatti quelli
che l’hanno sperimentata ma al
contrario quelli che mai l’hanno
provata, come gli Stati Uniti e
l’Inghilterra. E anzi, proprio chi
l’ha sperimentata, sia pure una
volta, è soggetto a ricadute, in
genere mutanti, forse perché sa
di potervi ricorrere come soluzione magari d’emergenza ma
comunque possibile, carta di riserva per i momenti difficili.
Insomma tutto complotta
contro l’idea di vaccino, del
morbo che guarisce, del male
assorbito ma addomesticato,
del corpo che tiene a bada e regola il traffico dei virus, governa
un ingorgo di veleni, in un mondo popolato di vecchi, intossicati da una medicina che sempre più giorni dà alla vita ma
sempre più vita toglie ai giorni.
Gli autori
IL TESTO del Sillabario di Michel Foucault
è tratto da Sicurezza, territorio, popolazione (Feltrinelli). Giorgio Cosmacini insegna Storia del pensiero medico all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
Adriano Prosperi insegna Storia moderna alla Scuola normale superiore di Pisa
I Diari online
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Repubblica Nazionale
Edward Jenner
Samuel Butler
Albert Bruce Sabin
Oltre seimila persone vaccinate
esposte all’infezione del vaiolo
non hanno contratto la malattia
Il vaccino in medicina
corrisponde al sacramento
del battesimo
Non ci sarebbe stato il vaccino
antipolio senza gli esperimenti
su un gran numero di animali
Publications on Vaccination...,1800
Butler’s Notebooks, 1912
Wall Street Journal, 1993
IL VAIOLO
LA POLIOMIELITE
L’AIDS
LE CRITICHE
OGGI
Nel 1796, l’inglese
Edward Jenner compie
con successo i primi
esperimenti che portano
a un vaccino antivaiolo
Albert Sabin perfeziona
il vaccino antipolio nel
1955, ma la scoperta
viene riconosciuta solo
dieci anni dopo
Dalla metà degli anni
Ottanta in poi, la messa
a punto di un vaccino
anti-Aids è tra le prime
sfide della medicina
Dagli anni ’90 in poi,
l’efficacia dei vaccini
e le multinazionali che
li producono finiscono
sotto accusa
La diffusione della
nuova influenza H1N1
di tipo A riapre
il dibattito sull’efficacia
dei vaccini
■ 33
Le tappe
Il significato della sconfitta del vaiolo
Chi sono gli untori di oggi
LA SCIENZA IL BACILLO
ILLUMINISTA DELLA PAURA
GIORGIO COSMACINI
ADRIANO PROSPERI
el 1761 un clinico svizzero di grande valore, Samuel
August Tissot (poi in cattedra a Pavia nel triennio
1783-85), diede alle stampe a Losanna, dove era
médecin de ville, un Avis au peuple sur sa santé che
era un vero progetto di “medicina pubblica” con ampia descrizione di tutti i rischi da contagio, primo fra tutti il vaiolo
con la sua elevata mortalità la sua vasta diffusione, i suoi gravi danni (tra cui la cecità) e il suo rimedio sovrano, la “variolizzazione” o “inoculazione” fatta da mani abili. È questa,
scrive Tissot, «la operazione per mezzo della quale, mettendo un po’ di pus preso da pustole mature su una leggera incisione fatta sulla pelle, si procura questa malattia, però in
forma attenuata: infatti basta sapere che su 690 soggetti ne
morranno 106 e che se invece si pratica a essi l’inoculazione,
ne morranno appena 2 sullo stesso numero».
Tissot traccia una breve storia dell’inoculazione. Scrive:
«Questo metodo è in uso da tempo immemorabile in Cina e
nelle grandi Indie; lo si impiega da più secoli in Georgia e in
Circassia; è stato introdotto a Costantinopoli da un centinaio d’anni; fu infine portato in Inghilterra nel 1721 da una
donna di nobile sentire, lady Mary Wortley Montague, che
era stata testimone del successo con cui lo si usava a Costantinopoli, dove suo marito era ambasciatore».
Nella breve storia tracciata manca ovviamente la trasfor-
accia all’untore. Che il commento del cronista di
questo giornale all’episodio dell’aeroporto di Londra si sia aperto ieri con queste parole dimostra una
cosa ben nota: il linguaggio è un documento storico straordinario. Epidemie e pandemie del passato hanno
forgiato non soltanto i sistemi di sicurezza e le protezioni
della medicina ma ancor più le emozioni e le immagini che
le parole veicolano. Emozioni stratificate, forse un po’ attenuate ma sempre vive, come bacilli dormienti di epidemie
antiche. È così che il brivido di febbre del vicino, il sospetto
contagiato, suscita un altro brivido ben più contagioso. Un
brivido, ha scritto lo storico Johan Huizinga, che sorge «dalla zona della coscienza in cui si annida l’agghiacciante timore degli spettri». Gli spettri dei morti escono dalla fossa,
i loro scheletri oscenamente danzanti avvolgono il vivente
e lo trascinano nella tomba. Questa è la scena della «danza
di Macabre» , descritta da un poeta francese nel 1376. Non
sappiamo bene da dove venisse quel nome: ma le immagini di quell’incubo, prodotto allora dai milioni di morti della
Peste Nera che devastò l’Europa tra il 1347 e il 1350, si sono
radicate nelle culture europee, ne hanno influenzato il linguaggio, hanno creato arte e poesia. Oggi a quel macabro
medievale guardiamo con un misto di tenerezza e di ammirazione, come alla creatività dei bambini: il macabro del
N
NOVECENTO
Sopra, una vaccinazione all’inizio del secolo;
in basso, campioni di vaccino antipolio di Salk
vengono caricati in aereo a Philadelphia
C
Oscurantismo
L’incubo
Si aprì un dibattito tra chi sosteneva una nuova
pratica basata sulla razionalità e chi era contario
sostenendo l’argomento che il corpo come
l’anima doveva purgarsi dei propri peccati
La Peste nera devastò l’Europa tra il 1347 e il 1350
Le immagini di quell’incubo si sono radicate nelle
diverse culture, ne hanno influenzato il linguaggio
e hanno prodotto tante forme di arte e poesia
mazione, posteriore di 37 anni, della “variolizzazione” di
metà Settecento, praticata con pus umano non senza qualche rischio, nella “vaccinazione” di fine Settecento, e poi dell’Ottocento e del Novecento, praticata con pus vaccino innocente. Nel 1798 il naturalista inglese Edward Jenner (17491823) rese infatti noto che il cow-pox o vaiolo vaccino, trasferito dal bovino all’uomo, provocava in quest’ultimo una
malattia mite (variola minor) che impediva al vaiolo umano
(variola maior) di attecchire e fare danno. Tale “non ritorno”
della malattia in chi l’aveva avuta, attenuata e provocata ad
arte, era l’equivalente biologico di quella che poi sarebbe stata detta “immunità”. «Il favoloso innesto», come venne chiamato da Giuseppe Parini, salvò nell’Ottocento più vite di
quante ne sacrificarono le guerre napoleoniche, quelle risorgimentali e quella franco-prussiana del 1870. Fu un evento non solo medico-scientifico, ma anche medico-sociale.
Inoltre fornì una ulteriore dimostrazione del fatto che la
medicina scientifica è fitta di ispirazioni derivanti dalla medicina popolare: se nel Seicento i medici avevano imparato
a curare le febbri con la china-china (da cui il chinino), appartenente da tempo alla farmacopea popolare degli Indios,
nel Settecento i medici impararono a prevenire il vaiolo con
la tecnica ricavata dalla pratica delle donne cinesi e caucasiche.
Infine, nella settecentesca “età dei lumi”, la vaccinazione
fu un reagente capace d’indicare la posizione di ciascuno nel
campo di due schieramenti ideologici contrapposti: quello
“oscurantista”, in cui militava chi si opponeva a una pratica
che impediva al corpo di purgarsi come l’anima dal peccato,
e quello “illuminista”, in cui militava chi si schierava – come
in Francia gli enciclopedisti e in Italia Pietro Verri e Cesare
Beccaria – a favore di una pratica salvavita.
“Vaccinazione” è oggi il termine con cui si designa la somministrazione di una sostanza antigenica in grado di stimolare una risposta immunitaria protettiva nei confronti di una
malattia infettiva. Due secoli di storia dimostrano che il metodo è ricco di indubitabili e inestimabili meriti. Tra le prove
che si possono addurre basti quella dell’eradicazione del
vaiolo su scala planetaria e della poliomielite nei paesi nordoccidentali del globo.
mondo adulto contemporaneo è muto, non è ancora riuscito a liberare in immagini i mostri che lo abitano.
La storia, la cultura possono dunque esorcizzare le paure delle epidemie? In realtà tra tutte le pagine della storia
queste sono quelle che più si vorrebbero dimenticare. O che
si vorrebbero raccontare solo per quello di rassicurante che
contengono: che in fondo non è poco. La storia delle epidemie, come tutte le storie, può essere raccontata in due modi: come storia dei progressi della specie o come storia delle sconfitte degli individui. Gli esseri umani sono morti; ma
la specie si è (finora) salvata. Davanti alla minaccia della superficiale influenza di cui si parla in questi giorni si può dunque guardare al passato come dall’alto di un osservatorio
rassicurante. È vero che la velocità dell’aggressione è enormemente aumentata grazie all’unificazione del globo e alla rapidità delle comunicazioni: altri tempi quelli in cui l’agente della peste bubbonica viaggiava coi topi e le pulci delle navi genovesi in arrivo dal Mar Nero e quello del vaiolo coi
butterati soldati spagnoli naviganti verso il Nuovo Mondo.
Ma da allora i sistemi di prevenzione e di difesa sono molto
progrediti. Perciò si può essere tentati di pensare che la storia non serva e che più sia utile la ricerca medica e biologica.
Che i ricercatori continuino a frugare tra i resti umani delle
grandi epidemie del passato sembra assolutamente necessario: si tratta di snidare una minaccia sempre incombente,
di conoscere ad esempio il bacillo che uccise con Pericle
tanti ateniesi nel 430 a.C. o il ceppo dell’influenza del 191819, la nefasta “spagnola”. E tuttavia c’è qualcosa che solo
l’indagine storica può aiutarci a capire: noi stessi. Proviamo
a spiegarci tornando a quell’immagine iniziale della caccia
all’untore. Quella che Corrado Stajano ha chiamato la “città
degli untori” in un suo bel libro recente è sempre pronta a
rivivere nella realtà civile del nostro paese: un paese dove il
potere di chi governa distribuisce ottimismo a parole ma nei
fatti coltiva bacilli di paura e sotto la finzione della sicurezza inventa meccanismi di esclusione. Meccanismi non
troppo diversi da quelli che dopo la Peste Nera produssero
le pesti storiche della caccia alle streghe, agli ebrei, agli untori e che oggi sono pronti a creare altri diversi da noi tra
quelli che vivono in mezzo a noi.
FILM
CASSANDRA
CROSSING
Sul treno
GinevraStoccolma si
diffonde un
virus letale. Il
convoglio
viene così
dirottato.
Classico del
filone
catastrofico
con Sophia
Loren,
Richard Harris
e Burt
Lancaster.
Di George
Pan
Cosmatos,
1976
VIRUS
LETALE
Mandato in
Africa per
studiare un
virus
pericoloso, un
medico
militare torna
in America
convinto che
l’epidemia
possa
diffondersi
anche lì. La
ricerca del
vaccino
diventa una
lotta contro il
tempo. Con
Dustin
Hoffman e
Morgan
Freeman.
Di Wolfgang
Petersen,
1995
28 GIORNI
DOPO
Un gruppo di
animalisti
libera alcune
scimmie usate
come cavie.
Gli animali,
contagiati da
un virus,
scatenano
un’epidemia
che
sconvolge
Londra.
Di Danny
Boyle, 2002
Repubblica Nazionale