tristan und isolde - ilgiornalegrandieventi.it

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Anno XI - Numero 75 - 14 novembre 2006
La Stagione 2007
Tutti i titoli della prossima
Stagione d’opera al Costanzi
A Pag 2
L’Intervista
Parlano il direttore Gelmetti
ed il regista Alli
A Pag 2
La filosofia di
Schopenhauer
Il filosofo tedesco,
Wagner ed il Tristano
A Pag 8
-9
L’enigma dell’opera
Il famoso accordo
del Preludio
A pag. 7 e 15
TRISTAN UND ISOLDE
d i R i c h a r d Wa g n e r
Tristan und Isolde
2
« Un capolavoro assoluto
~ ~ La Copertina ~ ~
John William Waterhouse
"Tristan und Isolde", 1905.
Il G iornale dei G randi Eventi
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Andrea Marini
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«
«C
chetta per il capolavoro
i sono tre ipodi Alfano La Leggenda si
tesi per chi
nell’aprile
Sakuntàla
ascolta
il
scorso. Innamorato da
“Tristano ed Isotta”: o
questo capolavoro di
giaci inconsapevole; o rifiuti e te ne vai; oppure, come vorrei
succedesse al pubblico, resti e coscientemente ti dissolvi, per
quanto possibile, nel
“mare” e nella
“notte” di Wagner.
Bisogna lasciarsi alle spalle tutto, pensieri, passioni, aspettative e credo anche
il troppo ragionare
per riconoscere singoli brani dell’opera.
Reputo che per goderla al meglio, bisognerebbe lasciarsi
completamente trascinare da questo
impetuoso ed incantevole fiume di note
e perdere così la dimensione del tempo». Parla da inna- Gianluigi Gelmetti
morato il Maestro
Wagner che può essere
Gianluigi Gelmetti, diconsiderato lo spartiacrettore musicale del Teaque verso la musica motro dell’Opera di Roma,
derna. «Non c’è in Wagner
sul podio per questo Triun vero legame con la tradistano dopo aver rinunzione precedente, se non
ciato di dirigere l’aperqualche riferimento a Wetura della stagione per
ber e Beethoven. Così, se
godersi al meglio la sua
Mozart usa il linguaggio
prima paternità ed aver
musicale del suo tempo,
poi impugnato la bac-
Giornale dei Grandi Eventi
L’ultimo appuntamento della
Stagione 2006 al Teatro Costanzi
Parlano il direttore Gianluigi Gelmetti
ed il regista e scenografo Pier'Alli
d'ascoltare con la mente libera
Il
Wagner il proprio linguaggio lo inventa di sana pianta. Nel “Tristano ed Isotta” non adopera e non
sfrutta il libretto: la sua è
una navigazione verso l’oblio ed il superamento di se che parte
dall’interno. Per questo gli episodi dell’opera sono così dilatati,
estesi, innaturali, per
permettere che la dissoluzione avvenga nel
tempo artificiale che
Wagner decide e crea.
Per un direttore la
difficoltà è restituire
la musica wagneriana
di tali dimensioni in
teatro. E la sfida massima è proprio il “Tristano”. Io ho fatto
tutto il Ring a Bologna, ma è la prima
volta che dirigo Wagner a Roma».
«Ogni parte di quest’opera – continua
Gelmetti – è per me
un assoluto del teatro musicale. In essa anche ogni luogo è parte di riferimenti della memoria: la nave è la nostalgia; il giardino è il luogo
natio; il 3° atto il luogo della morte, della corrosione,
della luce che si consuma
come la vita e le passioni».
Nella spiegazione si inserisce Pier’Alli, fiorentino di nascita, che di
questo nuovo allestimento ha firmato la regia, le scene ed i costumi: «Fondamentale è la
scena in quest’opera, opera
che a ben vedere è immobile. Per questo abbiamo
puntato su un connubio
tra scene reali e virtuali
che si integrano, per rendere al meglio questa trasfigurazione che c’è nella
drammaturgia dell’opera. I
grandi elementi curvi rimandano alla rotondità del
mondo ed allo sguardo del
XIX sec. proiettato nel
XX. Non è possibile rappresentare in teatro ciò ce
Wagner indica sul libretto,
ma lo si può rendere attraverso una grande attenzione agli elementi».
And. Ma.
7 - 14 Dicembre
CARMEN
di Georges Bizet
Alain Lombard
Rinat Shaham, Vincenzo La Scola,
Giorgio Surian, Anna Laura Longo
Direttore
Interpreti
La Stagione 2007 al Teatro Costanzi
16 - 21 Gennaio
SALOMÈ
Direttore
Interpreti
di Richard Strauss
Alain Lombard
Francesca Patanè, Graciela Araya,
Kristjan Ingvar Johannsson, Anooshah Golesorskhy
Direttore
Interpreti
di Jules Massenet
Alain Lombard
Rolando Villanzon, Beatrice Uria-Monzon,
Natale De Carolis, Yvette Bonner
Direttore
Interpreti
di Giuseppe Verdi
Gianluigi Gelmetti
Angela Gheorghiu, Vittorio Grigolo,
Renato Bruson, Giuseppe Filianoti
Direttore
Interpreti
di Gaetano Donizetti
Bruno Campanella
Carmela Remigio, Aldo Caputo,
Alberto Rinaldi, Anna Procleme
8 - 14 Marzo
WERTHER
20 Aprile - 3 Maggio
16 - 22 Maggio
LA TRAVIATA
LA FILLE DU RÉGIMENT
15 - 23 Giugno
MANON LESCAUT
Direttore
Interpreti
27 Novembre - 2 Dicembre
Direttore
Interpreti
21 - 30 Dicembre
di Giacomo Puccini
Donato Renzetti
Norma Fantin, Marco Berti
MOSÈ IN EGITTO
di Gioachino Rossini
Antonino Fogliani
Michele Pertusi, Giorgio Surian,
Anna Rita Taliento, Stefano Secco
LA VEDOVA ALLEGRA
di Franz Lehàr
Daniel Oren
Fiorenza Cedolins, Vittorio Grigolo, Markus Werba
Direttore
Interpreti
~~
La Locandina ~ ~
Terme Costanzi, 14 - 22 novembre 2006
TRISTAN UND ISOLDE
Dramma musicale in tre atti
Libretto e musica di Richard Wagner
Maestro concertatore Gianluigi Gelmetti
e Direttore
Maestro del Coro Andrea Giorgi
Regia, Scene e Costumi Pier’Alli
Disegno Luci Pier’Alli, Alessandro Santini
Prima rappresentazione: Monaco, Königliches Hof- und Nationaltheater, 10 giugno 1865
Personaggi / Interpreti
Tristan (T)
Isolde (S)
Kurvenal (B)
Brangäne (Ms)
Re Marke (B)
Timoniere (B)
Pastore (T)
Marinaio (T)
Melot (T)
Richard Decker /
Louis Gentile (18, 22/11)
Janice Baird /
Anna Katharina Behnke (18, 22/11)
Michele Kalmandy
Marianne Cornetti /
Hermine May (18, 22/11)
Rafal Siwek
Mario Bellanova
Cesare Ruta
Gian Luca Floris
Angelo Nardinocchi
ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO DELL’OPERA
Nuovo Allestimento
In lingua originale con sovratitoli in italiano
“Anch’io vado a Teatro”: per la recita di domenica 19 novembre è previsto
un servizio gratuito di Baby Sitting per bambini dai 6 agli 11 anni.
L
Il
Giornale dei Grandi Eventi
a data del 10 giugno 1865, ovvero
della prima esecuzione del “Tristano e Isotta” a Monaco, è stata indicata come l’atto di nascita della musica moderna. Ed infatti è un’opera che ha aperto orizzonti nuovi nel mondo
della musica, fin dal suo
famoso ed enigmatico
preludio del primo atto
con il celebre “Accordo
Tristan und Isolde
del Tristano”.
E’opera di grande lirismo e sentimenti, opera
erotica, un fiume di note
appassionante. Un lavoro di Wagner - libretto e
musica - che risente di
due esperienze concomitanti vissute dall’autore
tra la fine del 1857 e l’agosto 1859: da una parte
la burrascosa vicenda
sentimentale con Mathilde Wesendonk, moglie
del ricco commerciante
svizzero presso il quale
Wagner aveva trovato
“esilio” durante un periodo “caldo” della sua vita
e dall’altra l’entusiastica
lettura dell’opera più
profonda
di
Schopenhauer, Il mondo come
volontà e rappresentazione.
Il “Tristano”, che si rifà
ad una leggenda medioevale ripresa da diversi autori fin da prima
del 1200, si muove sul
collaudato soggetto dell’amore impossibile. Ma
è soprattutto la musica
ad incantare.
Questo nuovo allestimento
firmato
da
Pier’Alli è un connubio
di scene dipinta, costruite ed anche di proiezioni
che trasportano l’immaginazione dello spettatore nelle tre ambientazioni dei rispettivi atti che
3
Le Repliche
giovedì 16 novembre, ore 19,00
sabato 18 novembre, ore 18,00
domenica 19 novembre, ore 16,30
martedì 21 novembre ore 19,00
mercoledì 22 novembre, ore 16,30
sono poi la trasposizione
degli stati d’animo dei
protagonisti. Sul podio
sarà il maestro Gianluigi
Gelmetti.
Melodie travolgenti per Tristano
ATTO I -
Isolde, principessa d’Irlanda, sta
riposando sotto una tenda sulla tolda della nave che dalla sua patria la deve portare in Cornovaglia per andare in sposa a re Marke. Il cavaliere che la scorta è Tristan, nipote del Re. Così, mentre un marinaio canta l’infelice destino della fanciulla, Isolde ordina all’ancella
Brangäne di condurle davanti Tristan perché le renda omaggio, ma
questo turbato dice di non poter abbandonare il timone. Alle insistenze dell’ancella, Kurwenal, fedele scudiero di Tristan, afferma con
sarcasmo che il suo signore non deve rendere alcun omaggio dato
che non può essere vassallo di colei che sta portando in sposa al suo
Re dopo aver ucciso Morold, l’eroe irlandese che Isolde amava.
Rimasta sola con la sua ancella, Isolde le confida l’antefatto: un giorno raccolse e curò un ferito di nome Tantris, che scoprì poi averle ucciso il fidanzato Morold, proprio per un frammento di spada trovato
nel corpo dell’amato che corrispondeva con l’arma di Tantris. Aveva
successivamente riconosciuto Tantris in Tristan quando questo era
tornato, con la sua vera identità, a reclamarla in sposa per re Marke.
Ora Isolde vuole che Tristan beva un filtro di morte, decisa a berlo con
lui per cancellare con la morte l’offesa. Ordina così all’ancella di portare di portare i filtri magici affidatigli dalla madre e di preparare la
bevanda di morte. Entra Kurwenal annunciando che il viaggio è alla
fine e di prepararsi dunque allo sbarco. Isolde si congeda amorevolmente da Brangäne e le dice di chiamare Tristan, che ora non avrà più
scuse per negarsi. Quando Tristan arriva, Isolde le ricorda con durezza la viltà ed il tradimento, poi si calma e gli propone di bere alla riconciliazione ed all'oblio. Tristano capisce che oblio significa morte e
dopo qualche attimo di esitazione beve, seguito da Isolde pronta a
morire. Ma l’ancella Brangäne ha sostituito la bevanda di morte con
un filtro d’amore. I due si guardano così in preda all’estasi, mentre l’equipaggio urlante annuncia l’approdo e l’arrivo di Re Marke.
temendo che il cavaliere Melot, segretamente
innamorato di Isolde, possa tendere una trappola per smascherarli. Ma Isolde non sente ragioni e spegne la fiaccola. Tristan entra precipitosamente e si getta tra le braccia dell’amata in un impetuoso amplesso. Dolcemente avvinti, i due invocano la notte perché custodisca il loro amore. Più tardi Brangäne li ammonisce che l’alba è vicina, ma gli amanti, trasportati dall’estasi, non le prestano
ascolto. Al culmine della loro passione, l’ancella lancia un grido
lacerante. Kurwenal entra con la spada sguainata per avvertire
Tristan del pericolo. Subito giungono Melot e re Marke. Quest’ultimo di fronte ai fatti chiede con amarezza a Tristan come
l’abbia potuto tradire. Tristan non può rispondere e si rivolge invece ad Isolde per chiederle se lo vuole seguire in esilio. Isolde
gli risponde mostrandogli la via. Melot, accecato dalla gelosia
sguaina la spada. Tristan accetta il duello, ma quando Melot gli
oppone la lama si lascia colpire.
La Trama
ATTO II - Giardino del castello di Re Marke. Mentre è in corso una
caccia reale, Isolde attende nella sua stanza l’ora propizia per incontrare Tristan. Quando spegnerà una fiaccola quello sarà il segnale per l’amante. L’ancella Brangäne l’invita però alla prudenza,
ATTO III - Giardino del castello di Tristan a Kareol, in Bretagna.
Tristan giace ferito, vegliato dal fedele Kurwenal, mentre la cornamusa di un pastore intona un triste lamento. Al suono familiare,
pian piano Tristan riprende le forze e comincia a ricordare. Ma il
ricordo fa più disperato il suo delirio, in una violenta lotta interiore. Poco dopo si placa e si abbandona sfinito. Ad un tratto il suono
della cornamusa si fa più festosa per annunciare l’arrivo di una nave che porta Isolde. Tristan, si strappa le bende e le corre incontro,
ma appena è tra le sue braccia muore. Dopo un ultimo saluto Isolde si accascia svenuta sul corpo dell’amato. Il pastore annuncia
un’altra nave. Kurwenal, scorgendo con re Marke e Brangäne anche Melot ed i suoi guerrieri, pensa ad un assalto e si scaglia contro Melot uccidendolo. Ma è anch’egli colpito e muore vicino a Tristan. Re Marke inorridisce poiché, avendo saputo da Brangäne del
filtro, era venuto per benedire l’unione dei due amanti. Isolde non
ode le parole e fissando il volto di Tristan intona il suo ultimo canto, cadendo dolcemente tra le braccia di Brangäne e spirando sul
corpo di Tristan.
Il
Giornale dei Grandi Eventi
I
Tristan und Isolde
5
Janice Baird e Anna Katharina Behnke
Richard Decker e Louis Gentile
Isolde,
principessa d’Irlanda
Tristan, ingannatore
ed amante di Isolde
T
soprano Janice Baird (14, 16, 19, 21 novemristan è interpretato dai tenori Richard Decker (14, 16, 19,
bre) e Anna Katharina Behnke (18, 22 no21 novembre) e da Louis Gentile (18, 22 novembre). Rivembre) prestano la voce a Isolde. Janice
chard Deker, originario della Pennsylvania, ha studiato alBaird è una dei maggiori soprano di oggi per
la Manhattan School of Music. Ha debuttato come Tamino ne Il
quanto riguarda i ruoli drammatici, e in partiflauto magico alla Bronx Opera, perfeziondosi poi all’Opera Stucolare quelli delle eroine di Wagner e Strauss.
dio di Zurigo. Da qui è stato ingaggiato come Ferrando in Così
Le sue interpretazioni del ruolo di Brunhilde
fan tutte a St. Gallen e Macerata. Si è specializzato come tenore
le hanno fatto ricevere numerose segnalazioni
eroico, debuttando in Tristan, in Die Soldaten, in Parsifal e Otello.
come cantante dell’anno dalla prestigiosa riviE’ ospite abituale dei principali teatri, da Dussendorf a Napoli, a
sta Opernwelt. Ha riscosso grandi successi coRoma, al Metropolitan di New York, Francoforte, Seoul.
me Elektra (anche al Teatro dell'Opera di RoLouis Gentile è nato a New Haven, Connecticut, e ha studiato
ma), Salome, Arianna in Arianna a Nasso, Orcanto a New York, ottenendo poi il primo premio all’Università
trud nel Lohengrin. Cantante e attrice carismadi Siena e all’Opera Studio di Zurigo. Ha debuttato nel suo pritica, ha ottenuto grande successo anche come
mo ruolo drammatico ne I Pagliacci alla Kammeroper di Vienna.
Isolde, come Leonora nel Fidelio, come Turan- Richard Decker e Janice Baird
Dal 1988 è ospite nei principali teatri del mondo e interpreta i
dot, come Minnie ne La Fanciulla del West e
principali ruoli da tenore drammatico. Tra i suoi ultimi impegni
Lady Macbeth.
operistici da ricordare Aida a San Diego, Tristan a Oslo e Salisburgo,
Katharina Behnke, al suo debutto nel ruolo, è nata a Wuppertal, do- Tannhäuser a Vienna, mentre a livello concertistico, la Missa solemnis di
po gli studi alla Scuola superiore di musica di Monaco, ha debuttato Beethoven a Chicago e il Lied von der Erde a Amsterdam.
alla Kammeroper di Vienna come Susanna ne Le nozze di Figaro. Dopo un periodo di collaborazione con l’Opera di Bonn è stata chiamaMichele Kalmandy
ta come artista ospite in ruoli principali a Praga, Karlsruhe, Basilea,
Parigi, Essen, Trieste, Norimberga. Nel 2002 ha debuttato come Salome al Teatro alla Scala di Milano e come Arabella allo Châtelet di Parigi, poi, sempre come Salome, si è esibita a Tokio, al Bolshoi di Mosca e al Mariinski di San Pietroburgo.
E’
Lo scudiero Kurvenal,
compagno di Tristan
Marianne Cornetti e Hermine May
A
Brangäne,
fedele ancella di Isolde
d interpretare Brangäne sono Marianne Cornetti (14, 16,
19, 21 novembre) e Hermine May (18, 22 novembre). Il
mezzosoprano Marianne Cornetti, nata in Pennsylvania,
ha conseguito un diploma in musica e canto alla Duquesne University, perfezionando i suoi studi al Cincinnati Conservatory of
Music e alla Manhattan School of Music. E' diventata membro della Pittsburgh Opera Center, dove si è
affidata alla guida del M° Capobianco. Ha un repertorio estremamente
vario che include ruoli in Così fan
tutte, Werther, il Matrimonio segreto,
Hänsel und Gretel, il Barbiere di Siviglia, la Ragazza boema di Balte, l’Elektra, lo Zauberflöte, la Morte a Venezia
di Britten e l’Happy End di Weill. Tra
i premi ricevuti ci sono il Catherine
Shouse/Wolftrap Opera Career
Grant, il Shoshana Foundation "Richard F. Gold Career Grant" e il
Pennsylvania Federation of Music
Clubs Award (1990).
Hermine May, nata in Romania ma
cresciuta in Germania, si è affermata
inizialmente interpretando il ruolo
di Carmen in moltissimi teatri, dalla
Germania alla Cina; negli ultimi an- Marianne Cornetti
ni ha debuttato in ruoli quali Brangäne in Tristan und Isolde, Clairon in Capriccio, Kundry in Parsifal, Ortrud in Lohengrin, Dalila in
Samson et Dalila, ed anche Santuzza in Cavalleria Rusticana, Ulrica
ne Un ballo in maschera. Nella musica concertistica ha collaborato
come solista, tra gli altri, con la Israel Philharmonic Orchestra e
recentemente con la Filarmonica di Dresda.
Pagina a cura di Diana Sirianni – Foto: Corrado M. Falsini
il baritono Michele Kalmandy a
prendere le vesti di Kurvenal. Nato
in Romania, a sei anni ha iniziato
gli studi di pianoforte e chitarra classica, diplomandosi in musica all’Academy G. Dima a Cluj-Napoca. Successivamente si è trasferito a Budapest, dove è diventato solista
principale dell'Opera di Stato. Dopo il debutto al Teatro Verdi di Trieste come Nabucco, ha cantato nei maggiori teatri d’Europa. Tra le opere in cui si è esibito ricordiamo il Fliegende Holländer, Nabucco, Don
Carlos, Falstaff, Il Trovatore, Macbeth, La TraMichele Kalmandy
viata, Un ballo in maschera, Rigoletto, Aida, La
forza del destino, Carmen, la Gioconda, Bluebeard’s Castle, La Fiamma, Fedora, Salome, la Cavalleria Rusticana, Le nozze istriane, Le Jongleur de Notre Dame, Tristan und Isolde, Lucia di Lammermoor, Don Giovanni.
Rafal Siwek
A
Re Marke, aspirante
sposo di Isolde
d interpretare Re Marke è il basso Rafal Siwek, che dopo il diploma all’Accademia di Musica di Varsavia e lo
studio con Kaludi Kaludow, ha vinto numerosi premi internazionali, incluso il Concorso
Moniuszko di Varsavia (2001), il Concorso
Belvedere di Vienna (2001) e il Concorso dell’Opera di Dresda (2002). Ancora studente,
Siwek ha debuttato nel 2001 come Ferrando
nel Trovatore al Wroclaw State Opera e, nello
stesso anno, è stato al Warsaw Chamber Opera nel Flauto Magico, Don Giovanni, Die EntRafal Siwek
fuhrung Aus Dem Serail, le Nozze di Figaro, il
Barbiere di Siviglia l’Incoronazione di Poppea. Il repertorio concertistico di
Siwek include impegni con le principali orchestre francese, olandese e polacche, con cui ha interpretato i Requiem di Mozart e di Verdi, la IX Sinfonia e la Missa Solemnis di Beethoven, lo Stabat Mater e la Petite Messe Solennelle di Rossini, lo Stabat Mater di Dvorak e Berliotz.
6
Tristan und Isolde
L
Mille difficoltà per la “prima” di Monaco
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Lo sfortunato debutto del Tristano
a prima messa in
scena di Tristano e
Isotta il 10 giugno
1865 al Königliches Hofund Theater di Monaco,
in Baviera, fu un parto
doloroso. Fu il re
Ludwig II di Baviera ad
assumersi il ruolo di
ostinato e zelante ostetrico, insistendo contro le
mille, consuete titubanze
di Wagner, che aveva
tuttavia le sue buone ragioni per prendere tempo. Già nel 1862 aveva
compiuto un un tentativo per far rappresentare
Tristano e Isotta a Vienna,
ma il progetto era naufragato a causa della
mancanza di cantanti in
grado di sostenere la difficilissima parte dei protagonisti. Nel 1865, almeno, questo problema
sembrava risolto grazie
ad una coppia di eccellenti cantanti: il tenore
ventinovenne Ludwig
Schnorr von Carolsfeld e
sua moglie Malvina, soprano. Per scritturare i
due il Re Ludwig in persona aveva dovuto chiedere il permesso al Re di
Sassonia con il quale i
due artisti avevano già
firmato un contratto.
Nonostante la corpulenta stazza, i due artisti si
trasfigurarono completamente agli occhi di Wagner quando iniziarono
Ludwig Schnorr von Carolsfeld,
primo Tristan
a cantare: con simili stupende voci, anche la loro
imponenza fisica avrebbe
contribuito a trasmettere
emozione al pubblico.
Una frase fuori posto
Trovati finalmente gli interpreti, un nuovo problema fu causato da una
frase infelice del direttore d'orchestra, Hans von
Bülow, strenuo sostenitore e fedele collaboratore di Wagner. Il diretto-
vampare
immediatamente una campagna di
stampa contro il direttore. A poco valsero le sue
scuse, che affermavano
di essersi riferito, con
quella frase, ai critici anti-wagneriani e non certo
al pubblico di Monaco.
Il Re rimase impassibile
di fronte alla trivialetta
querelle e l'11 maggio, nel
giorno della prova generale, promulgò un'amnistia per tutti gli stranieri
che avevano preso parte
ro di sollievo, per
Wagner
giunse la
notizia fatale: Malvina Schnorr von
C a r o l sfeld, l'interprete di
Isotta,
Koenigliches Nationaltheater di Monaco
aveva pernorr von Carolsfeld, cui
so la voce in seguito a
era affidata la parte di
un bagno di vapore.
Tristano, portò la moTroppo tardi ormai per
glie Malvina a Bad Reichenstall, per ristabilirsi
e ritrovare la voce.
Il grande giorno
Ludwig e Malvina Schnorr von Carolsfeld a Monaco nel 1865
re, oltre che stremato dal
lavoro musicale su Tristano, era anche esaurito
per le sue tristi vicende familiari. La
relazione adulterina
di sua moglie Cosima con Wagner era
in pieno svolgimento e la gente ne mormorava. Il 2 maggio, durante le prove
pomeridiane,
informato della necessità di togliere
una trentina di poltrone di platea per
far posto ad altri
elementi d'orchestra, von Bülow
esclamò: «Che differenza fa avere qui
Schweitrenta
nehunde (porci) in
più o in meno?».
Queste parole furono casualmente raccolte da un cronista
del Neueste Nachrichten e fecero di-
ai moti del '48; un palese
favore verso Wagner, il
quale, nel 1849 a Dresda,
era salito sulle barricate
a fianco a Bakunin.
Il disastro
Il giorno della prima, il
15 maggio1865, la catastrofe. Nella mattina
bussarono alla porta di
Wagner, alcuni ufficiali
giudiziari che gli intimarono il pagamento
immediato di 2400 gulden, il corrispettivo di
un debito contratto anni
prima e mai onorato.
Per evitare il pignoramento del suo ricco mobilio, Wagner dovette
abilmente intrattenere
gli ufficiali giudiziari,
mentre Cosima von Bülow si precipitava dal
Re, che anche questa
volta pagò senza batter
ciglio.
Tratto appena un sospi-
cercare una sostituzione. Completamente distrutto, Wagner dovette
far annullare la rappresentazione di gala prevista per la sera.
Sui giornali di Monaco,
solitamente malevoli nei
confronti di Wagner, si
avvicendarono versioni
contrastanti: chi sosteneva che la barbara musica wagneriana avesse
rovinato la voce di Malvina, chi invece portava
avanti la tesi di un complotto per uccidere il
musicista, chi attribuiva
il tutto alle minacce subite da von Bülow per la
frase sugli Schweinehunde. Tutti i giornali, comunque, gongolavano
di fronte alla sfortuna
che perseguitava Wagner e i suoi amici.
La data della prima fu
quindi spostata al 10
giugno. Nel frattempo,
il tenore Ludwig Sch-
Il giorno della prima era
carico di tensione: si
temevano disordini o
altri infausti contrattempi. Il Re fece il suo
ingresso nel palco reale
vestito di una semplice
marsina nera; non aveva voluto nessuno dei
suoi familiari nel palco,
affinché non disturbassero il suo estatico
ascolto. Alla fine dell'impegnativa esecuzione, durata diverse ore
ma svoltasi senza intoppi, il pubblico scoppiò
in applausi, decretando
il successo di un'opera
che sarebbe divenuta
una pietra miliare nella
storia della musica.
Qualche fischio volò all'indirizzo del palco di
Wagner così come sui
giornali, alcuni critici tra i
più conservatori come
Eduard Hanslick, espressero critiche velenose.
Il più commosso di tutti
fu il Re Ludwig, colui
che aveva reso possibile
la messa in scena del capolavoro nonostante le
difficoltà tecniche, le
malignità della stampa
e le bizze degli artisti.
Subito rientrato nei suoi
appartamenti dopo la
recita, scrisse a Wagner
poche, adoranti righe:
«Mio Divino! Che meraviglia! Perfetto! Così pieno di estasi! Naufragare…affondare - inconsapevolmente - suprema letizia! Eternamente fedele
- fino alla tomba!».
Andrea Cionci
Il
Giornale dei Grandi Eventi
«U
Tristan und Isolde
7
Analisi musicale
Tristano, un fiume di note appassionate
na stravaganza
che doveva una
volta essere compiuta, ma con la quale non bisognava giocare».
Commentò così, anni dopo,
Wagner la rivoluzione armonica messa in atto con il
suo Tristan und Isolde.
Un’affermazione volutamente equivoca quasi che il
“gioco” messo in atto fosse
in realtà involontario.
Al contrario l’atto sovversivo fu tale che, com’è noto, la
data del 10 giugno 1865, ovvero della prima esecuzione
del Tristan und Isolde, è stata
indicata come l’atto di nascita della musica moderna.
rato utilizzo di cromatismi:
si pensi alla ricchezza “armonica” dei madrigali di
Gesualdo da Venosa, che
suonano ancora oggi a tratti quasi espressionisti nel
loro urtante movimento
delle parti.
Cromatismo, dunque, come sensualità e forza perturbatrice.
E’ interessante ricordare
ricordato, la tavolozza armonica era andata via via
arricchendosi. Se il primo
Beethoven non si era discostato molto dall’armonia di
Haydn e di Mozart, nelle
sue opere estreme si avverte, complice una più sofferta e totalizzante elaborazione e variazione motivica
con intense soluzioni anche
contrappuntistiche, un di-
mento (quelli che al nostro
orecchio, per intenderci,
suonano più o meno dissonanti, ci danno cioè l’idea
che debba succedere qualcosa subito dopo) e accordi
di quiete (rassicuranti, di
riposo). Un musicista di
qualche tempo fa ricordava
spiritosamente che quando
la moglie voleva che lui si
alzasse da letto, andava al
che se si prende un’altra
opera di Wagner, più o meno coeva, I Maestri Cantori
di Norimberga (1859), il linguaggio musicale è totalmente diverso, assai meno
corrosivo. Ciò dimostra che
in Wagner è il “dramma” a
condizionare la scelta musicale. E nel caso del “Tristano” l’amore impossibile
fra i due amanti richiedeva
un discorso sonoro di
profonda e trascinante sensualità. Tristano ed Isotta è
opera erotica, il grande
duetto è fra i più straordinari, coinvolgenti e travolgenti inni all’amore del teatro di tutti i tempi. E Tristano ed Isotta non sono un
amore idealizzato, ma vero, carnale, sentito, come
quelli che viveva con trasporto Wagner.
Ma il loro desiderio, il loro
amore non poteva avere
pace. Ed ecco, allora, subentrare l’altro elemento
già presente nel Preludio,
la sospensione nelle risoluzioni armoniche.
Nell’arco dell’Ottocento, va
scorso armonico spesso urtante e imprevedibile (si
pensi alla stupefacente Fuga della Sonata op. 106).
Con la generazione centrale del Romanticismo, l’armonia divenne un elemento portante del discorso,
nel senso di un impiego
sempre più raffinato per
un’identificazione soggettiva del tema associato a
un’idea, ad un sentimento.
Se si prendono Chopin o
Schumann, la tavolozza armonica è ricchissima. E sulla scia di Chopin si pose,
naturalmente, anche Liszt,
suocero di Wagner e suo
diretto anticipatore se è vero che una volta dichiarò
provocatoriamente: «Qualunque accordo può essere seguito da qualunque accordo».
pianoforte, suonava un accordo “di movimento” (una
settima di dominante) e lui
sentiva l’impulso di alzarsi
per andare a “risolvere” l’accordo lasciato in sospeso!
Alla terza battuta, dunque,
Wagner mette un accordo
di movimento, ma non lo
risolve. Lo avesse fatto seguire dal prevedibile accordo risolutivo, Isotta sarebbe morta dopo 20 secondi
di musica e ci saremmo
persi la più travolgente, ma
anche lunga storia d’amore
in musica.
Invece, non solo Wagner fa
saltare quell’accordo che il
nostro orecchie presentiva,
ma via via ne saltano molti
altri e il discorso musicale
si fa affannoso, interrotto,
agitato, come agitato, tormentato è l’amore fra i due
giovani.
La rivoluzione wagneriana
Cerchiamo dunque di capire la portata della rivoluzione wagneriana.
E che di rivoluzione vera e
propria si trattasse se ne resero conto gli stessi orchestrali quando iniziarono le
prove: «Ho fatto suonare per
la prima volta il Preludio e ora
mi accorgo di quanto enormemente mi sia allontanato dal
mondo negli ultimi otto anni», annotò Wagner nella
sue Memorie. «Questo Piccolo Preludio fu per gli orchestrali così incomprensibilmente nuovo che dovetti addirittura guidare di nota in nota i
miei uomini come alla scoperta di pietre preziose nella miniera».
Cosa c’era di nuovo e di diverso?
La novità stava nella combinazione esplosiva fra due
elementi ampiamente storicizzati: il cromatismo e il ritardo nella risoluzione armonica.
Da sempre il cromatismo è
stato collegato all’idea della sensualità. Lo era ai tempi dei Greci, ad esempio,
quando il genere cromatico
e quello enarmonico erano
considerati lascivi e contrari alla corretta morale. Inoltre, da sempre, il cromatismo è un elemento perturbatore di un ordine precostituito. Così era anche nel
Rinascimento, quando il
processo di superamento
dell’antica modalità con il
conseguente, lento approdo al sistema tonale fu
messo in moto dall’esaspe-
Il Preludio del Tristano
L’intero Preludio del “Tristano”, dunque, gioca a
confondere le carte dell’armonia classica, alterando
l’equilibrio che solitamente
esiste fra accordi di movi-
Un fiume di note
appassionate
In più, in quel piccolo e travolgente Preludio, Wagner
riunisce, cita, annuncia i
vari Leitmotive che poi
animano l’intera partitura, preparando pertanto
un intreccio di elementi
che poi costituisce l’humus principale dell’intero
tessuto sinfonico dell’opera.
I tre atti sono preceduti
da altrettanti Preludi. Wagner lascia in questa partitura uno dei suoi esempi
più mirabili di orchestrazione. E’ un’orchestra piena, colorita, imponente,
capace tuttavia anche di
leggerezze e di delicatezze. E la musica si piega
così a evocare suoni della
natura, a dar voce al mare, al mistero della notte,
ai sentimenti più profondi. C’è la magia del filtro
d’amore (annunciato da
un Leitmotiv già nel Preludio). E poi c’è l’amore
che gonfia la musica, la
trasforma in un fiume di
note appassionate, sublimi. C’è una pienezza melodica travolgente. Non è
la melodia “italiana”, non
c’è il lirismo alla Bellini,
naturalmente. Ma Wagner fa cantare a piene
voci e lo strumentale palpita, scavalca le voci stesse, incorporandole nel
suo tessuto.
Infine, la morte. Quella di
Tristano e quella commovente, trasfigurata di Isotta
che desidera solo ricongiungersi con il suo amato.
La morte, nella tipica concezione romantica, vista
come catarsi, come superamento del dolore e recupero di una pace superiore.
«Nel flusso ondeggiante,
nell’armonia risonante –
canta Isotta – nello spirante
universo del respiro del
mondo, annegare, inabissarmi, senza coscienza, suprema voluttà».
Nella morte di Isotta c’è il
trionfo dell’amore superiore. Isotta e Tristano lasciano questa terra per ricongiungersi altrove e la
musica di Wagner che sa
di divino, di celestiale è lì
con le sue armonie inquietanti, con le sue pienezze sonore a trasformare una semplice storia
d’amore in un mito immortale.
Roberto Iovino
8
P
Tristan und Isolde
Il
Giornale dei Grandi Eventi
I rapporti dell’opera con il lavoro filosofico che influenz
L’intensità del Tristano e Isotta è l’intensità della Volo
er Nietzsche, sodale
quasi predestinato
di Wagner, «Tristano e Isotta è il vero “opus
metaphysicum” di tutta l’arte, un’opera da cui promana
lo sguardo rotto di un morente, con la sua insaziabile,
dolcissima nostalgia dei misteri della notte e della morte, remotissima dalla vita,
una vita che riluce nel chiarore tagliente di un’aurora
orrida e spettrale, in quanto
essa è male, è inganno, è separazione». A suo riguardo, Nietzsche racconta in
Ecce homo: «Dal momento
in cui ci fu una trascrizione
per pianoforte del Tristano,
io fui wagneriano. Le opere
precedenti di Wagner io le
vedevo al di sotto di me –
erano ancora troppo triviali,
troppo “tedesche”... Ma cerco ancor oggi un’opera che
abbia un fascino ugualmente
pericoloso, che abbia un’infinità ugualmente raccapricciante e dolce come il Tristano - la cerco invano in tutte
le arti. Tutti gli arcani di
Leonardo da Vinci perdono
la loro magia alla prima nota
del Tristano. Quest’opera è
senz’altro il non plus ultra
di Wagner».
Schopenhauer per la vita
Come si vede, c’è qui una
consonanza di Nietzsche
con Wagner che maggiore
non potrebbe essere, e di
ciò è certamente causa la
comune
fede
scho-
La morte di Tristano
penhaueriana. In precedenza, nel suo periodo socialista e anarchico, Wagner aveva avuto come filosofi di riferimento
Feuerbach e Proudhon,
ma poi era passato a
Schopenhauer, e il Tristano e Isotta ripete, nella sua
ispirazione e intensità,
l’ispirazione e l’intensità
della Volontà di vivere di
Schopenhauer, forza cieca, irrefrenabile e onnipotente. Così essa è esposta
nel Mondo come volontà e
rappresentazione, e in particolare nel capitolo sulla
“Metafisica dell’amore
sessuale”. Quest’opera,
di cui tutte le altre del filosofo tedesco si possono
dire integrazioni, era stata donata a Wagner nel
1854 («dono del cielo!») dal
poeta Herweg a Zurigo,
dove Wagner si era rifugiato dopo il fallimento
della sollevazione anarchica di Dresda del 1849 e
dove aveva vissuto il
grande amore per Mathilde Wesendonck, moglie
del ricco commerciante
svizzero presso il quale
Wagner aveva trovato
ospitalità. Questo amore
gli aveva ispirato il Tristano e Isotta, che ebbe la
prima rappresentazione a
Monaco di Baviera nel
1865. Da allora Wagner
rimase schopenhaueriano per il resto della vita,
anche se invece, da parte
sua, Schopenhauer, che
dannoso sulle cose più importanti, interrompe le occupazioni più serie, getta
in confusione anche le
menti più grandi, si introduce con le sue smancerie
fra le trattative degli uomini di Stato e le ricerche dei
dotti, intrufola i suoi bigliettini zuccherosi e le sue
ciocche di capelli nei portafogli ministeriali e nei
manoscritti filosofici, ordisce le mene peggiori e più
aggrovigliate, fa sciogliere i
rapporti più preziosi, spezza i legami più saldi, immola a sé talvolta la vita o la
salute, talvolta la ricchezza,
il rango e la felicità, rende
senza coscienza chi era prima onesto e traditore chi era
stato fino allora fedele».
Un’opera che influenzò
tutta la cultura occidentale
Arthur Schopenhauer
amava soprattutto Bellini, Rossini e Mozart, non
divenne wagneriano.
L’amore
secondo Schopenhauer
Dopo le rivoluzionarie,
ma pacate negazioni
kantiane degli articoli di
fede e di ragione fino allora più fortemente creduti, Schopenhauer irrompe sulla scena filosofica con la sua “volontà
di vivere”, che soggioga
la ragione e se ne
fa sgabello per i
suoi fini. La “volontà”, perpetuamente assetata di
vita, agita tutto, e
agita in particolare i membri della
specie
umana,
ispirando loro la
passione d’amore. Questa passione irresistibile e
inestinguibile li
spinge a ricercare
e unirsi coi membri del sesso opposto per godere,
come credono, di
una perenne felicità, ma in realtà
per assicurare la
propagazione
della specie. L’amore
sessuale «è il fine ultimo
di quasi ogni aspirazione
umana, esplica un influsso
E’
Nietzsche rimprovera a
Schopenhauer di non
aver mai sviluppato
(mutato) la visione iniziale, che secondo lui è
la visione romantica di
un ventiseienne e non
Schopenhaue
Due edizioni per “Il Mondo com
sicuramente il
capolavoro del
filosofo tedesco
Arthur
Schopenhauer “Il Mondo
come volontà e rappresentazione”, tanto da registrare tre edizioni tra
il 1819 ed il 1859. Il
senso rivoluzionario
Arthur Schopenhauer – Il
mondo come volontà e rappresentazione – 2 volumi
(pag. 879 + 909) - Rizzoli
BUR, 2002 - € 30,00
dell’opera sta nella
concezione della volontà metafisica, considerata come il vortice
inarrestabile che governa il tutto e da cui
la volontà umana può
liberarsi solo autosopprimendosi, per raggiungere in tal modo la
beatitudine. Precedentemente gli altri filosofi partivano dal mondo
per spiegare l’uomo,
ma poiché solo l’uomo
conosce la realtà dal di
dentro oltre che dal di
fuori,
Shopenhauer
parte dall’uomo per
spiegare il mondo.
Un’opera che ha riscosso una grande fortuna ed è stata di ispirazione non soltanto in
ambito strettamente filosofico con Nietzsche
e Bergson, ma anche
nella musica, nella letteratura e nell’arte con
Wagner, Tolstoi e
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Tristan und Isolde
9
zò Wagner
ontà schopenhaueriana
un pensiero per persone
adulte. Ma la concezione di Schopenhauer pretende di cogliere le prime e ultime cose sub specie aeternitatis, sicché essa poteva essere smentita o confermata, non
trasformata. Comunque
la gioventù, con la sua
malinconia, il suo romanticismo e il suo pessimismo esagerato, parossistico, ma non certo
infondato, c’è, ma c’è insieme con una costruzione concettuale che,
anche se le basi sono dovute a Kant, rimane una
delle più mirabili della
storia della filosofia,
servita com’è anche da
uno stilista, artista e
moralista di prim’ordine. Come tale, essa ha
esercitato un influsso
enorme nella cultura occidentale
(Wagner,
Nietzsche,
Thomas
Mann, Einstein, Kafka,
Gide, Borges, Marx, Tolstoj, Freud, Gehlen,
Horkheimer ecc.). Qual
è il suo segreto? 1) Quel-
lo di fondarsi, come il
sistema kantiano, sull’esperienza, ma, a differenza di questo, di interpretare anche l’esperienza come un tutto e
di oltrepassarla, sul suo
stesso slancio e senza
mai perderne il contatto, in quanto essa non è
autosufficiente e non si
spiega da sé, donde la
necessità della metafisica; 2) quello di correggere la mutilazione a cui
Kant si era fermato (l’uomo non può fuoruscire
dal fenomeno), aggiungendo un altro modo, interno, diretto, di fare
esperienza della vita come “volontà”, cioè attraverso il proprio corpo.
Rappresentazione
come unità
di soggetto ed oggetto
In base alla doppia conoscenza che noi abbiamo del nostro corpo:
una volta come oggetto
della mente al pari di
tutti gli altri oggetti, e
er in libreria
me volontà e rappresentazione”
Mann, in psicoanalisi
con Freud, in antropologia con Gehlen e nell’indagine critica della società con Horkheimer.
I due libri che presentiamo, sono la stessa
traduzione della massima opera di Shopenhauer, curata da
Sossio Giametta, uno
dei maggiori studiosi
europei della filosofia
tedesca del XIX secolo,
autore della traduzione di diversi filosofi tra
i quali quasi tutto
Nietzsche. Il primo libro ha presentato l’opera, in forma economica, fin dal 2002 per i
tipi della Biblioteca
Universale Rizzoli ed
ha già avuto una seconda edizione nel
2003. Il secondo volume, fresco di stampa
per i tipi della Bompiani, nelle sue 2500 pagine, oltre il testo origi-
nale tedesco a fronte, è
completato da una interessante bibliografia
sugli studi degli ultimi
50 anni sulle tematiche
relative al Mondo e da
due preziosi indici di
68 pagine dei Termini
e dei Nomi.
Arthur Schopenhauer – Il
mondo come volontà e rappresentazione – (pag. LXX 2288) - Edizione con testo in
tedesco a fronte ed indici
dei Termini e dei Nomi –
Bompiani, 2006 - € 42,00
Tristano beve la pozione d'amore con Isotta di John Duncan 1912
un’altra come oggetto
della coscienza, noi possiamo attribuire la doppia e coincidente realtà
che ne risulta anche a
tutte le altre cose e al
mondo stesso. Questo
diventa così un macroantropo (fatto come
l’uomo solo di volontà e
rappresentazione),
mentre per gli altri filosofi era l’uomo che diventava un microcosmo. Pur avendo genialmente indagato le forme
a priori della conoscenza nel soggetto: spazio,
tempo e causalità, Kant
aveva appuntato la sua
attenzione sull’oggetto,
la “cosa in sé”, che in
quanto non è la cosa in
noi, non potrà mai essere da noi conosciuta. Ma
non era arrivato a proclamare: nessun oggetto
senza soggetto. Lo fa
Schopenhauer, che parte dunque non dall’oggetto, ma dalla rappresentazione come unità
inscindibile di soggetto
e oggetto. In base a questa innovazione, egli coglie importanti verità e
risolve secolari problemi filosofici. Combinando questa innovazione
con l’analisi della co-
scienza, cioè con l’accesso interno alla cosa in sé
(la “volontà”), arriva a
una “decifrazione del
mondo” quale in filosofia
non c’era mai stata.
Di essa fa parte integrante la definizione dei
limiti della nostra conoscenza: noi potremo
sempre e solo conoscere
ciò che si dà nell’esperienza, ossia ciò che ricade sotto il principio di
ragione. Non potremo
invece mai conoscere la
volontà stessa, le idee
platoniche, che l’arte ci
mostra, il soggetto, «che
tutto conosce e da nessuno
è conosciuto», la materia,
che si può pensare ma
non intuire, se non come materia specifica.
Perché queste cose sono
fuori del tempo, dello
spazio e della causalità.
Non potremo mai rispondere alle domande:
qual è l’inizio del mondo e quale sarà la sua fine? perché le cose sono
come sono? perché esiste il male? perché esistiamo noi? qual è il
senso della vita e del
tutto? ecc. Problemi rimasti confusi e irrisolti
vengono chiariti e genialmente risolti, so-
prattutto quello del primato dell’intelletto o
della volontà (della vita,
della realtà). Prima esso
era stato sempre attribuito alla mente, alla ragione.
Per
Schopenhauer invece la
mente è strumento della
volontà, organo tra gli
organi, con la funzione
di cercare il nutrimento
e l’occorrente per vivere, e la ragione non è,
come per gli idealisti,
una capacità del sovrasensibile, ma un elaboratore delle intuizioni
dell’intelletto, che senza
questo input è come un
computer vuoto. Con
Schopenhauer giunge
così al culmine un’antica lotta, affrontata dai
filosofi tedeschi fin dai
tempi di Eckhart e Böhme, contro l’astrazione e
le generalizzazioni che
mortificano la vita. Dopo
di lui, la filosofia non comincerà più con la coscienza ma con la “volontà”, cioè la vita, per
continuare nella stessa
direzione con Nietzsche,
la nuova antropologia filosofica, le filosofie della
vita e l’esistenzialismo.
Sossio Giametta
Scrittore e traduttore
Tristan und Isolde
10
Il
Giornale dei Grandi Eventi
L’influenza di Mathilde Luckmeyer Wesendonk sella genesi del “Tristano”
«L
Wagner e le sue Isotte
a mia arte ha
avuto sempre da
lodarsi de’ cuori
muliebri, e ciò deriva senza
dubbio dal fatto che fra tutta la volgarità regnante riesce sempre ormai difficile
alle donne far indurire così
completamente le loro anime come è il caso dei nostri
politicanti del sesso forte.
Le donne sono veramente la
musica della vita…».
E’ un passo di una lettera di Wagner a Theodor
Uhlig da Zurigo il 27 dicembre 1849.
Wagner ha sempre goduto di particolari attenzioni femminili. Sarà stata la sua musica, passionale e seducente, la galleria delle sue eroine mitologiche o, più probabilmente, la personalità
vivace, scapestrata, rivoluzionaria; fatto sta che
oltre alle due mogli ufficiali, Minna Planer e Cosima Liszt, il grande musicista si circondò di un
nugolo di ammiratrici.
Fra queste, certamente la
più celebre fu Mathilde
Luckmeyer Wesendonk,
nata nel 1828, moglie di
un ricco commerciante
svizzero presso il quale
Wagner trovò ospitalità
durante il suo esilio.
Mathilde e Wagner si incontrarono
probabilmente in casa di amici a
Zurigo nel 1851. L’amore
scoppiò nel 1854.
Mathilde Wesendonk
Wagner identificò l’idillio con quello di Siegmund e Sieglinde del
suo “Anello”, come attestano le allusioni a
Mathilde, sotto forma di
Villa Wesendonk
iniziali decifrate nel manoscritto del primo atto
di Walkiria.
Dall’Anello al Tristano
Improvvisamente Wagner mise da parte la
c o m p o s i z i o n e
dell’“Anello” e si gettò a
capofitto in quella del
“Tristano” di cui completò il poema nel settembre 1857.
Il 18 settembre Wagner
lesse a Mathilde il poema. Convinta di essere la
vera ispiratrice del
dramma, la donna si
commosse, strinse fra le
braccia Richard e gli disse (secondo una testimonianza, non sappiamo
quanto attendibile, di
Wagner stesso): «D’ora
in poi non avrò altri desideri e non
mi resta altro che
morire».
Sulla reale influenza esercitata da Mathilde
sulla genesi del
“Tristano” esistono tuttavia non
pochi dubbi.
«Wagner – ha
scritto ad esempio il biografo
Ernst Newman non ha mai permesso che le donne
influenzassero la
sua arte. Sono al
contrario i bisogni della sua
arte che lo portano incessantemente a idealizzare la
donna che, in quel momento, pare armonizzare nel
modo più perfetto con il suo
mondo interiore… La sua
vita non ha mai determinato la sua arte tanto quanto
la sua arte ha colorato la
sua vita».
Pochi giorni dopo, Wagner lesse il poema in casa sua davanti ad alcuni
amici. C’erano la moglie
Minna, i coniugi Wesendonk e il direttore d’orchestra Hans von Bulow
con la giovane moglie
Cosima figlia di Franz
Liszt. Un quadretto francamente divertente: c’erano infatti, inconsapevolmente riunite, la moglie ufficiale, l’amante e
la futura seconda moglie
di Wagner, Cosima, appunto. Il 23 dicembre per
il compleanno di Mathilde, approfittando che il
marito Otto era in viaggio, Wagner organizzò
una serenata davanti alla
villa. E il 31 dicembre le
offrì lo schizzo del “Tristano” (primo atto) dedicandole questi versi:
Felice beato,
al dolore strappato,
in purezza e libertà,
tuo per l’eternità
d’Isolde e Tristan i lamenti,
e le rinunce,
in casti aurei accenti,
i loro baci e lacrime amare
ai tuoi piedi voglio lasciare
acciocchè l’angelo possan lodare,
che tanto mi seppe innalzare!
Il 6 aprile 1858 Wagner si
recò in casa Wesendonk.
Mathilde era in compagnia di due amici, uno
dei quali il letterato
Francesco De Santis. In
to di piombare in camera
mia per farmi i più straordinari rimproveri in seguito alla terribile scoperta che
credeva d’aver fatto…».
La fiamma dell’amore
fra Mathilde e Wagner
gradualmente si spense
negli anni successivi,
quando i due amanti dovettero vivere lontano,
mantenendo per lungo
tempo solo un rapporto
epistolare. Wagner compose i celebri Wesendonk
Lieder su testi poetici della donna amata. E qua e
là nelle sue lettere fece
riaffiorare la sua antica
passione, anche se a
Mathilde seguirono altre, rapide infatuazioni.
L’amore per Mina comunque sfiorì e la moglie, infelice e ammalata
di cuore, indirizzò alla
rivale un biglietto significativamente
duro:
«Debbo dirle con il cuore
uno slancio di gelosia,
Wagner si gettò a capofitto in una violenta discussione con la donna a
proposito del Faust di
Goethe. Probabilmente
trascese se la mattina dopo si sentì in dovere di
indirizzare a Mathilde
una lettera di otto pagine, condita di dolcezze
e di richieste di
perdono.
Sfortunatamente la lettera finì
nelle mani di
Minna che fece
al musicista una
vera e propria
scenata come ha
ricordato ironicamente lo stesso Wagner nelle
sue fantasiose
“Memorie”: «Mia Cosima Wagner
moglie da qualche
sanguinante che lei è riutempo aveva cominciato a
scita a separare mio marito
mostrarsi insoddisfatta dei
da me, dopo quasi ventidue
suoi rapporti con la nostra
anni di matrimonio. Possa
vicina; … e soprattutto troquesta nobile azione contrivava che nei nostri rapporti
buire alla pace del suo spidi vicini di casa, le visite delrito e alla sua felicità».
la nostra amica fossero assai
Nel 1866 Minna si spenpiù per me che per lei. Tutse e poco dopo nella vita
tavia, veri e propri sospetti
di Wagner entrò Cosima,
di gelosia, Minna finora non
la sua seconda moglie.
ne aveva ancor manifestati.
Da notare che sia Otto
Ora trovandosi quel mattino
Wesendonk, sia Hans
in giardino, ella s’imbatté
von Bulow furono fra gli
per caso nel mio invio, lo tolamici più stretti di Wase dalle mani del domestico e
gner, pronti non solo ad
aprì la lettera. Assolutamenammirarlo, ma ad aiute incapace di comprendere
tarlo concretamente.
lo stato d’animo espresso in
Wagner, insomma, proquelle righe, ella si attenne
vava una particolare attanto più fermamente ad un
trazione per le mogli detriviale significato letterale,
gli amici più fedeli!
quello che a lei era consueto
e si credette perciò in diritRoberto Iovino
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Tristan und Isolde
11
La visione del mondo del filosofo tedesco
Amore e pessimismo nella
filosofia di Schopenhauer
D
el filosofo tedesco
Arthur
Schopenhauer, due tesi sono molto popolari: il
pessimismo radicale e la
denuncia del carattere
mistificatorio dell’amore. Sono noti molti degli
aforismi concisi e pungenti con cui egli si riferiva a questi argomenti,
come per esempio quello
che recita: «La vita umana
è un continuo oscillare fra
il dolore e la noia», o quello che smaschera la finta
sublimità del sentimento
amoroso: «Ogni innamoramento, per quanto etereo
voglia apparire, affonda
sempre le radici nell’istinto
sessuale […] Se la passione
del Petrarca fosse stata appagata, il suo canto sarebbe
ammutolito».
Ma cominciamo dall’inizio, e precisamente da
Danzica, dove nel 1788 si
apre la vicenda biografica di Schopenhauer. Figlio di un ricco commerciante di origine olandese, nell’infanzia viaggiò
molto e apprese diverse
lingue, anche nella prospettiva di subentrare al
padre nell’attività com-
Schopenhauer in una caricatura
merciale. Tuttavia nel
1805 la morte improvvisa del genitore (vicenda
inquietante, visto che si
trattò forse di suicidio)
impresse alla vita di
Schopenhauer una nuova direzione.
Trasferitosi a Weimar insieme alla madre scrittrice, fu introdotto da quest’ultima nei circoli letterari di Wieland e Goethe.
Egli però non approvava
né la vita mondana, né la
condotta della madre,
che giudicava immorale.
Nel periodo di Weimar
condusse una vita solitaria, completando le proprie conoscenze dei classici latini e greci, e iniziando lo studio delle filosofie orientali. Iscrittosi a medicina, nel 1811 si
trasferì nella facoltà di filosofia dell’università di
Berlino, dove seguì i corsi di Schleiermacher e di
Fichte. Nel 1813 conseguì la laurea, con una tesi su La quadruplice radice
del principio di ragion sufficiente.
La carriera accademica a
cui lo studioso si avviò
fu piuttosto infelice. La
fortuna delle
sue opere fu
molto tarda:
per esempio,
egli dovette
aspettare
vent’anni prima di vedere
ripubblicata la
sua
opera
maggiore, Il
mondo come volontà e rappresentazione, che
era stata data
alle
stampe
nel 1819.
E’ leggendario
Arthur Schopenhauer in un ritratto giovanile
il suo conflitto
velo ingannevole delcon Hegel, che all’epoca
l’apparenza, si scoprirà
regnava incontrastato alche la realtà è fondata e
l’università di Berlino.
dominata da una forza
Nostante il contrasto
irrazionale e cieca, che
personale,
Schoaspira esclusivamente
penhauer riuscì a consealla propria affermazioguirvi la libera docenza;
ne e perpetuazione: egli
ma i suoi corsi (tenuti
la chiama “volontà”. La
nello stesso orario di
volontà si oggettiva nel
quelli di Hegel) ebbero
mondo secondo gradi
scarso successo, tanto da
diversi: al grado più basfargli abbandonare l’inso si trovano le forze gesegnamento dopo un senerali della natura (come
mestre.
la forza di gravità o il
Lasciata Berlino, il filomagnetismo); seguono
sofo viaggiò ancora, in
quindi, in un processo
Svizzera, Italia e Germaascendente, le forze che
nia; tornò a Berlino nel
governano la vita delle
1825, con l’intenzione di
piante e degli animali;
riprendere i corsi: ma lo
infine, nell’uomo, la voscarso seguito e l’epidelontà diviene ragione,
mia di colera del 1831 lo
agisce secondo motivi
indussero a rinunciare
determinati. Ma questa
definitivamente alla carstessa volontà, oggettiriera accademica. Finalvatasi nei singoli esseri,
mente, nel 1833 si stabilì
si trasforma nello stesso
a Francoforte, dove tratempo nel principio di
scorse il resto della sua
una lotta feroce tra gli
vita (che si concluse nel
egoismi individuali; una
1860).
lotta perenne e senza alNon si sposò mai, e la
tro scopo che quello delfama di misantropo che
l’autosopravvivenza.
egli si guadagnò, non è
certo immeritata. Gli studiosi sono concordi nel
La concezione
considerare
Schodell’amore
penhauer come uno dei
principali teorici del pessimismo nell’età moderIl conflitto è anche l’esna.. e, in effetti, la sua
senza dei rapporti umaspeculazione non lascia
ni, ma a differenza degli
scampo!
animali, gli uomini danno spesso una giustificaLa realtà dominata
zione razionale ai loro
dalla volontà
impulsi, rivestendoli di
un’apparenza logica. Si
Schopenhauer sostiene
tratta naturalmente solo
che una volta sollevato il
di un’illusione! Anche i
sentimenti più nobili
non sono in realtà quello
che sembrano; per esempio l’amore, lungi dall’essere una delle emozioni moralmente più
elevate che l’animo
umano possa sperimentare, non è che un’“astuzia” della natura che mira alla continuazione
della specie: «Ogni innamoramento, per quanto si
atteggi ad etereo, è radicato esclusivamente nell’istinto sessuale [… ]. Ciò
che alla fine attira con tanta violenza due individui di
sesso diverso è la volontà di
vivere dell’intera specie.
Uomini e donne, finché la
vecchiaia non li abbia ridotti ad un’esistenza quasi vegetale, si abbandonano incessantemente all’infaticabile ricerca del compagno
loro conveniente».
Dunque, una più onesta
considerazione
della
realtà individuerà come
suo fondamento una
tensione che si ripropone costantemente, imponendo all’individuo dei
bisogni, la cui soddisfazione non è mai duratura. La volontà, in quanto
desiderio di qualcosa
che deve ancora essere
raggiunto, è privazione,
e quindi dolore e sofferenza. Tuttavia, una volta ottenuto l’oggetto desiderato, la soddisfazione si rivela non essere
che momentanea e si
traduce subito in noia.
Quando è placato il bisogno, e con esso la volontà che lo sostiene, la
vita, che non è altro che
volontà, appare come
svuotata e priva di senso. Così, l’esistenza si
dispiega come una penosa altalena tra due
mali, la privazione e la
noia. L’esistenza dell’uomo è caratterizzata
dall’infelicità al punto
che Schopenhauer afferma: «Se a un Dio si deve
questo mondo, non ci terrei
ad essere quel Dio: l’infelicità che vi regna mi strazierebbe il cuore».
Diana Sirianni
Tristan und Isolde
12
«F
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Il sentimento contrastato nelle trame d’opera e nella letteratura
Amori ostacolati, esperienze travolgenti
ratelli, a un tempo
stesso, Amore e
Morte/ ingenerò
la sorte». Si esprimeva così
il più grande dei nostri Romantici in apertura del
ventisettesimo dei suoi
Canti. Giacomo Leopardi
aveva il coraggio di fissare
negli occhi "l'arido vero" e
contemporaneamente subire il fascino della bellezza, sapeva sentire la verità
della Morte e insieme aspirare al sogno dell’Amore
in un unico atto creativo,
fondendo mirabilmente
Realismo e Romanticismo
nella sua immensa poesia.
Se l’Ottocento romantico è
il momento del trionfo in
letteratura del tema dell’amore impossibile, irraggiungibile, presago di
morte, fin dalle sue origini
la poesia, con la sua capacità di conciliare i mondi
più lontani e di esplorare
gli abissi dell’animo umano ed i suoi irrisolvibili
conflitti, ha celebrato l’inscindibile binomio Eros e
Thanatos.
stano ed Isotta, in genere
considerata capostipite di
quel filone di amore e
morte che troverà nel romanticismo il suo apogeo, ha degli antenati anche nel lontano mondo
della mitologia classica.
Le antiche leggende riconducibili allo schema
dell’amore impossibile
sono molte, ma la più
suggestiva, la più enig-
ta, tradendo il patto fatto
con Ade.
Amore occidentale
velato di sofferenza
In genere tuttavia, l’amore
nel mondo greco e latino è
gioioso, dionisiaco, e raramente si sposa con l’idea di
morte.
L’amore occidentale, invece,
dalle sue origini cortesi, ap-
Liberata. Il tema dell’amore
irrealizzabile qui diventa
una vicenda straziante, narrata dal Tasso con partecipazione commossa. Nel momento culminante dell’uccisione di Clorinda, il motivo
guerresco e quello amoroso
si fondono in toni sensuali
che possono far pensare insieme ad una punta di sadismo e ad una metafora sessuale: «Ma ecco omai l'ora fata-
Il massimo della
separazione è la morte
Tristano e Isotta, Romeo e
Giulietta, Paolo e Francesca, sono soltanto i più
noti fra una miriade di
amori ostacolati od irrealizzati, ma soprattutto alimentati da una mai sopita nostalgia. Anzi, nella
maggioranza dei casi sono proprio la lontananza,
il distacco a rendere possibile il perdurare dell’amore. L’amore sussiste
solo se c’è l’ostacolo e il
massimo dell’ostacolo-separazione è proprio la
morte: a questo sembrano
tendere i due amanti,
questo sembra essere il fine del sentimento che li
unisce.
«Mi ama tanto che la morte
ama», dice Isotta dalle
bianche mani. E Tristano
non riesce staccarsi da lei
con la mente, cosa che
sembrerebbe l’unica soluzione, vista l’impossibilità di essere vicini: «Son
legato alla Regina: son legato a questa donna! E’ così:
non so lasciare e non so dimenticare!».
In realtà la vicenda di Tri-
Il bacio di Tristano ed Isotta di Gustav Klimt
matica ed inquietante è il
mito di Orfeo e Euridice.
Per lo più banalizzata in
molte delle numerosissime rivisitazioni moderne,
spesso edulcorata con un
lieto fine, la storia originalmente raccontata da
Ovidio e Virgilio conserva tuttora una grande potenza evocativa ed una
carica problematica maggiore rispetto a quella di
altri miti apparentemente
analoghi. Difficile ancor
oggi dare un’interpretazione a quel distacco definitivo e ineluttabile di
Euridice che svanisce nel
momento stesso in cui
Orfeo - non resistendo alla tentazione di guardarla
mentre s’incammina per
lasciare l’Oltretomba e
tornare sulla terra - si vol-
pare fondamentalmente legato al distacco, alla sofferenza. E’ un sentimento che
esige l’assenza e l’idealizzazione di chi si ama, un desiderio fine a se stesso che il
più delle volte rimane inappagato. Così cantano l’amore i trovatori provenzali e i
nostri poeti della scuola siciliana, che adorano la donna
con tensione mistica, con
una dedizione totale, pervasa da un senso di morte quale fuga dalla realtà quotidiana, difficile e banale. Per non
parlare degli Stilnovisti, che
addirittura sublimano la figura femminile rendendola
angelica.
Amore e Morte trovano, poi,
uno dei vertici più sublimi
nella poesia italiana nel
“Combattimento di Tancredi e
Clorinda” della Gerusalemme
le è giunta/ che 'l viver di Clorinda al suo fin deve./ Spinge egli il
ferro nel bel sen di punta/che vi
s'immerge e 'l sangue avido beve;/
e la veste, che d'or vago trapunta/
le mammelle stringea tenera e leve,/ l'empie d'un caldo fiume».
L’amore nella
letteratura moderna
Tralasciando il Settecento
razionalistico e dunque
meno votato alla passione
amorosa, voliamo avanti
agli ultimi due secoli, che
ci hanno lasciato ancora
numerosissime versioni
diverse dell’eterna vicenda dell’amore impossibile.
In Francia il tema è stato
l’ingrediente principale,
per esempio, di alcuni racconti di Flaubert (Passione e
virtù), Stendhal (San Fran-
cesco a Ripa), Zola (Nantas),
giù giù fino al bellissimo
romanzo breve di Marguerite Duras, L’Amante, in cui
per una volta è l’uomo ad
essere impossibilitato ad
unirsi per sempre all’amata, giovane e povera, perché già promesso sposo di
una donna ricca; o al recente Attentato, di Amelie
Nothomb, moderna favola
dell’amore irrealizzabile
calata, con l’umorismo sottile che contraddistingue
sempre l’autrice, nell’odierna società attenta solo
alle apparenze.
Nel mondo Anglosassone
scrissero di unioni impossibili George Eliot (Il mulino
sulla Floss), Dickens (Il nostro comune amico) ed in
fondo fu forse un sentimento proibito e quindi disperato, perché rivolto ad
una bambina, quello che
spinse Lewis Carroll a scrivere Alice nel Paese delle Meraviglie.
Nello stesso filone dei desideri perversi e dunque irrealizzabili verso i giovanissimi si possono collocare allora anche altri due capolavori quali La morte a
Venezia di Mann, e più tardi Lolita di Nabokov.
Fra gli italiani ci limitiamo
a citare a titolo di esempio
Le ultime lettere di Jacopo Ortis (che a sua volta ricalca la
vicenda dell’amore sofferto
del Werther di Goethe), ma
anche Storia di una capinera
di Verga, Daniele Cortis di
Fogazzaro, Senilità di Svevo e Un amore di Buzzati.
Tutte storie suggestive e
coinvolgenti proprio in
quanto incentrate sulla fusione di amore e morte, simbiosi e separazione, desiderio di possesso e assenza…
Perché, come scrisse Hemingway in Morte nel pomeriggio - quasi a dettare una
regola, si spera, più della
finzione letteraria che della
vita vera - «Se due persone si
amano non può esserci per loro una fine felice».
Perchè, come notò Freud «è
l’assente a perturbare e a
rinfocolare il desiderio». Perché, infine, vivere l’amore
significa spostarlo sempre
più in avanti vivendo, … fino alla morte.
Ines Aliprandi
Il
Giornale dei Grandi Eventi
L
Tristan und Isolde
13
La storia della leggenda di Tristano ed Isotta
Un mito che ha appassionato in ogni epoca
e passioni cavalleresche, le gesta eroiche,
gli incantesimi, i destini di Tristano ed Isotta
attraversano i secoli. I due
amanti ci raccontano non
soltanto una storia d’amore, ma anche l’evoluzione
di un mito.
Le origini della leggenda si
perdono nei racconti attorno al fuoco delle popolazioni celtiche che abitavano le
terre di Galles e di Bretagna. L’anima sognatrice,
compenetrata di sacralità
dei Celti partorisce un racconto che diventa parte
fondante della tradizione
orale. Il passaggio dalla parola alla carta, però, non è
immediato, e bisogna
aspettare il 1170 per avere
una prima trascrizione ad
opera del poeta anglo-normanno Thomas d’Angleterre: del suo Tristram, profondo e raffinato, rimangono
pochi versi. Sarà qualche
anno dopo il giullare Béroul
a redigere un’avventura più
resistente alle ingiurie del
tempo, ma anche più rude
nelle forme e nei contenuti.
Di questo Tristano popolare
arrivano a noi circa 4500
versi che costituiscono la
straordinaria testimonianza
di una lingua d’Oil pensata
per il pubblico.
Attraversata la soglia del
XIII secolo, le avventure di
Tristano scavalcano i confini della Francia e si riversa-
I
no su tutta l’Europa delle
corti medievali. I poeti tedeschi sono i primi ad essere affascinati dall’onnipotenza e dalla fatalità dell’amore trasmessi dalla storia,
e cominciano ad occuparsene. Goffedo di Strasburgo
traduce l’opera di Thomas,
l’approfondisce e la reinterpreta, dando al Tristano
normanno, frammentario e
decontestualizzato, anche
una nascita, una morte ed
un profilo psicologico di
grande spessore. Sul finire
del 1300 la leggenda di Tristano è già sulle penne dei
poeti e sulle bocche dei cantori di Spagna e di Italia: attorno alla metà del secolo fa
la sua comparsa un “cuento
de Tristan” in aragonese,
mentre nel V canto della
Divina Commedia Virgilio
mostra a Dante un Tristano
“lussurioso”, insieme alle altre anime «ch’amor di nostra
vita dipartille» (Inferno, V,
69 - che un amore mal con-
cepito costrinse a
uccidersi),
o Petrarca
al 33 verso
del primo
canto del
suo Trionfo
d’amore:
«ch’anzi
tempo ha di
vita Amor
divisi».
Nel corso
del Rinascimento i personaggi del mito cominciano
a perdere di fascino, e ben
presto sono costretti a farsi
da parte per far posto alle
più immediate e vivaci avventure di Lancillotto e Ginevra e degli altri personaggi Arturiani. Un capitolo della Morte di Artù dell’inglese Thomas Malory
dedicato alla passione di
Tristano ed Isotta contribuisce a tenere accesi i riflettori sulla leggenda.
La passione drammatica, i
riferimenti mitologici, l’ineluttabilità del destino: tra il
XVIII e il XIX secolo i romantici tedeschi riscoprono
le vicende dei due amanti
infelici e non possono che
appassionarvisi. Tra poemi
e drammi scrivono delle gesta di Tristano August Schlegel, Friedrich Ruckert,
Hermann Kurz, per arrivare infine a Richard Wagner,
che dall’antica leggenda
celtica trae un’ispirazione
Strenne di Natale - Novità in libreria
Sinfonia Gastronomica, ovvero lo stretto
rapporto tra i piaceri della musica e della cucina
l nostro collaboratore, il musicologo Roberto Iovino ha appena pubblicato con
Ileana Mattion un nuovo libro per la
“Viennepierre edizioni” di Milano che sarà
in libreria nei prossimi giorni. Si tratta di
Sinfonia gastronomica, un viaggio nei secoli fra
musica, eros e
cucina.
Il volume ha
una impostazione musicale e si
sviluppa
nei
tempi di una
sinfonia. Nel
“primo tempo”
(Allegro
con
moto) Iovino e
Mattion raccontano il rapporto
fra musica e cucina partendo dal banchetto
dei greci fino ai fast food odierni. Dedicano
poi la seconda parte (Andante con variazioni) alla presenza di banchetti e brindisi nella
librettistica: «… nel teatro, trasfigurazione della
realtà, un brindisi o una cena hanno rappresentato spesso i momenti culminanti di una vicenda. È
durante un brindisi che Alfio sfida Turiddu e che
nasce l’idillio fra Violetta Valery e Alfredo Germont. Ed è mentre gusta cibi mortali che Don
Giovanni viene sprofondato nell'inferno».
Il terzo movimento (Scherzo) ritrae un’ampia schiera di musicisti a tavola, da raffinati
gourmet come Rossini, Haendel, Brahms,
Verdi e Mascagni a inappetenti come Paganini.
Nel Rondò i due autori invitano i lettori a un
banchetto e propongono diversi menù di
epoche differenti, abbinando ai piatti alcuni
ascolti musicali.
Mi. Mar.
spontanea e compone un
melodramma intenso e passionale.
I personaggi
Tristano – Che si chiami
Tristan, Tristram o Tristano, che faccia la sua comparsa nelle liriche di un troviere francese o nel melodramma di un compositore
tedesco, il personaggio
principale del mito appare
sempre come un’anima genuina, limpida, ma oppressa tragicamente dall’amore
fatale. Figlio di Riwaalen, re
del Loonois e di Biancofiore, sorella del re Marco di
Cornovaglia, Tristano, “il
triste”, porta nel nome il
suo destino. Il padre spodestato ed ucciso, la madre
morta di parto, Tristano
viene allevato in tenera età
da un personaggio di nome
Governale, e raggiunta l’adolescenza si trasferisce in
Cornovaglia alla corte di
suo zio Marco, che lo considera come un figlio e ne apprezza l’uso delle armi e
l’abilità nel suonare l’arpa.
Ma le doti cavalleresche del
giovane si trovano ben presto a fare i conti con la legge dell’amore, che è in grado di vincere e schiacciare il
diritto, la moralità, e persino l’onore, valore supremo
del mondo cortese. Tristano
occupa il ruolo di un eroe
tragico, simile ad alcuni
personaggi delle tragedie
greche: suo malgrado assassino del fidanzato della
donna che l’ha salvato, suo
malgrado amante, suo malgrado traditore di colui che
lo ha allevato, prigioniero
di un destino ineluttabile.
Molti sono gli accostamenti
con la mitologia, ed in particolare con la storia di Teseo, cui si avvicina nelle
versioni in cui, nel finale,
compare un episodio indubbiamente ripreso dall’antico mito. Tristano, ferito gravemente ed in fin di
vita, manda a chiamare da
sua moglie, sposata controvoglia, l’amante, suo unico
vero amore: se la donna invocata risponderà al richiamo, la nave che la porterà
dovrà issare le vele bianche. La nave giunge, con
l’amata e le vele bianche,
ma la moglie per gelosia
annuncia che il colore delle
vele è nero. Tristano, infelice, muore. Come Egeo, padre di Teseo, morì alla vista
delle vele nere che annunciavano la disfatta del figlio, e che per una dimenticanza non erano state tolte.
Isotta la Bionda – Sposa di
Re Marco, amante di Tristano, Isotta è un personaggio
femminile complesso e al
tempo stesso nuovo, stretto
tra la sensualità e la passionalità dell’amante e l’onestà
ed il rimorso della moglie.
Isotta vive profondamente il
dramma del tradimento, ed
oscilla tra l’amore-adultero,
passionale ed intenso, teso
inevitabilmente - nel più puro spirito romantico - alla
morte, e l’amore-nuziale,
volto alla tradizione e alla
conservazione della società.
I due amori sono inconciliabili, così come inconciliabili
sono gli uomini verso cui
sono rivolti: il cavaliere, sottomesso ad un ordine che è
costretto a tradire, e il Re,
conservatore di questo ordine. Eppure la donna Isotta
non può rinunciare a nessuno dei due amori, e una volta sciolto il legame con il
marito, il suo viaggio verso
l’amante si tramuta in un
viaggio verso la distruzione
di sé stessa.
Re Marco – Il Re di Cornovaglia, zio di Tristano, è figura non protagonista della
trama, ma fondamentale
per l’importanza che assume dal punto di vista della
trasmissione dei valori cavallereschi. E’ il sovrano,
tutore di un ordine. E’ un
uomo tradito. Ma è al tempo stesso uno zio benevolo
ed un marito innamorato e,
dunque, oscilla in continuazione tra la necessità di punire i colpevoli dell’adulterio e di assolverli essendo le
stesse le due persone che
più ama. Re Marco è forse il
personaggio più libero per
le sue doti di umanità e
comprensione, ed al tempo
stesso colui che è più prigioniero del destino. In bilico tra sentimenti contrastanti, sintesi dell’uomo e
dei suoi molteplici caratteri,
rimane una delle figure più
complesse ed intriganti del
medioevo cavalleresco.
Jacopo Matano
14
Tristan und Isolde
R
La concezione wagneriana del dramma musicale
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Quella rivoluzione della musica chiamata Wagner
ichard Wagner,
che suscitò al contempo l’ammirazione e l’esecrazione di
un secolo intero, aveva
una vera e propria mania per il teatro: egli fu
un genio che impose ad
un pubblico dapprima
restio, poi rispettoso e
infine entusiasta, l’idea
che un evento teatrale
potesse essere un’opera
d’arte nel senso assoluto del termine. Determinante e significativa è la
pretesa estetica e sociale
che viene avanzata denominando il teatro Gesamtkunstwerk (Opera
d’arte totale): quintessenza dell’arte in cui parola, musica e gesto si fondono e confluiscono trovando il proprio compimento e superamento
nel
Wort–Ton–Trama
(Dramma di parole e musica), ossia quella che
per Wagner doveva essere «l’opera d’arte dell’avvenire». La tesi del
musicista, secondo cui
l’evento teatrale non è
solo il mezzo per rappresentare
un’opera
d’arte ma è esso stesso
la vera e propria opera
d’arte in cui poesia, musica e gesto vanno intese
in funzione di questa,
fu una vera e propria rivoluzione estetica. Una
rivoluzione che lanciava una sfida tanto alla
religione del testo,
quanto ai pregiudizi sociali di un secolo in cui
il teatro era ritenuto una
forma d’arte di secondo
piano. L’idea di dramma, un dramma in cui si
intrecciano antico e moderno, passato e futuro,
costituisce il centro intorno al quale gravitano
le concezioni artistiche
di Wagner, sia dal punto di vista filosofico, che
tecnico – musicale, concezioni esposte in modo
programmatico nel famoso saggio Opera und
Drama (1851).
L’evoluzione
del dramma musicale
Nel saggio Über die Benennung Musikdrama
(1872) Wagner parla
del dramma come di
«azioni della musica divenute visibili», dunque
un evento teatrale in
cui è la musica, origine
e “grembo materno” del
dramma, ad avere un
ruolo predominante. La
musica, linguaggio dei
suoni, «come pura emanazione del sentimento,
esprime appunto sol quello che il linguaggio delle
parole non può esprimere,
l’inesprimibile», riconducendo l’uomo a «ciò
che è puramente umano»,
ossia ciò da cui la parola, sbiadita e ridotta alla convenzione, si è allontanata estraniando
l’uomo da se stesso,
dalla sua natura originaria. Il ripristino dell’originario è, dunque,
il fine immanente del
dramma. La parola si
unisce alla musica in un
canto lontano sia dalle
forme chiuse, che dal
recitativo tradizionale.
Un canto che diviene
declamato arioso flessibile e che, attraverso linee melodiche di ampio fraseggio quasi senza punti cadenzali e
prive quasi del tutto di
elementi ripetitivi, si
estende con continuità
in una unendliche melodie (melodia infinita).
All’orchestra, strumento principe di comunicazione, è conferito il
peso principale del discorso musicale. Oltre a
fornire la base armonica, essa enuncia i leitmotive (“motivi conduttori”), raramente cantati, in una tavolozza timbrica di straordinaria
ricchezza. La wagneriana insoddisfazione verso il linguaggio, di cui
egli sentiva l’incapacità
di giungere a ciò che è
essenziale, rappresenta
il rovescio della sua insoddisfazione verso la
musica, che si esprime
nella convinzione che
questa, per avere diritto all’esistenza, dovrebbe essere ‘motivata’. I
leitmotive, precise unità
musicali, sono associate
ad uno stato d’animo,
pensiero, sentimento riguardante singoli per-
Richard Wagner
sonaggi, oppure collegati ad una determinata situazione, evento,
concetto, oggetto del
dramma. L’essenza del
leitmotif consiste primariamente nell’essere ricordo sonoro, collegamento del passato con
il presente: una “memoria”, come la definiva
Wagner. Si potrebbe
supporre che attraverso
la tecnica dei leitmotive
lo scorrere del tempo
venga sospeso o appaia
inessenziale. In realtà
accade il contrario: il
collegamento del presente con il passato serve a rendere consapevole della dimensione
temporale ed a dare all’uomo la coscienza del
suo esserci nel tempo
presente. Una tecnica
dei leitmotive, che risulti essenziale per la forma del dramma ed una
regolare struttura del
periodo musicale si
escluderebbero a vicenda. Il “sistema” wagneriano, consistente nel
conferire ad un dramma musicale una coesione interna «attraver-
so una trama dei temi
principali che si estenda
non soltanto ad una scena
ma all’intero dramma nel
più intimo rapporto con
l’intenzione
poetica»,
presuppone profonde
modificazioni
della
“quadratura” ritmico–sintattica, perfino la sua
dissoluzione in “prosa
musicale” al fine di realizzare un durchkomponiert, ossia una struttura composta da cima a
fondo, senza riprese e
ripetizioni.
L’orchestra
L’organico orchestrale
delle opere di Wagner
conosce un notevole
ampliamento e ciò non
solo per le conseguenti
possibilità di potenza
sonora ma anche e soprattutto per la maggiore disponibilità a
creare impasti timbrici
sempre più variegati.
Con la sua mania per il
teatro Wagner si sentiva erede del classicismo, sia di quello poetico sia di quello musicale, dunque, per cosi
dire, un ‘classico vivente’. Per conferire al
dramma musicale il carattere di vera arte fece
ricorso all’elaborazione
tematica e motivica che
proveniva dalla sinfonia classica, sia in
quanto tecnica sia in
quanto idea estetica. La
tecnica dei motivi conduttori può, dunque,
essere intesa come un
metodo per assicurare
la sopravvivenza della
sinfonia entro il dramma. Nel dramma musicale i motivi conduttori, che compenetrano
tutta la parte orchestrale e ne determinano la
struttura in ogni istante, costituiscono una
fitta trama che ha una
qualità fondamentale
in comune con l’elaborazione tematica di
Beethoven: ambedue
creano una forma musicale che non si basa
sull’equilibrio di periodi melodici, ma scaturisce piuttosto da una logica motivica. Non a
caso Wagner presenta i
suoi drammi musicali
come opere concepite
nello
spirito
delle
sinfonie di Beethoven.
Nel proclamare la fine
della sinfonia - affermando cioè che la musica assoluta abbia raggiunto lo stadio ultimo
nel finale con coro della Nona Sinfonia di
Beethoven – Wagner
sosteneva che i mezzi
di espressione musicale
sviluppati
da
Beethoven trovino il loro sviluppo naturale
nel dramma musicale,
poiché in essi vengono
“motivati” da testi e
azioni. Il Musikdrama,
nuovo genere artistico
che nelle parole del suo
autore corrispondeva
all’atmosfera e alle esigenze del tempo, segnò
in modo rivoluzionario
la storia del dramma
musicale, storia che,
attraverso la Salome e
l’Elektra di Richard
Strauss si estenderà fino al Wozzeck di Berg e
al Moses un Aron di
Schönberg.
Si. Me.
Il
Giornale dei Grandi Eventi
I
Tristan und Isolde
15
Il famoso accordo del Tristan
Un enigma che da sempre accompagna l’opera
l tanto famoso accordo del Tristan und
Isolde di Wagner segna l’inizio del Preludio
del 1° atto: fa –si – re diesis – sol diesis, queste le
quattro note che formano uno degli accordi più
“ambigui” della storia
della musica. L’ambiguità del materiale sonoro giustifica l’importanza che i musicologi
sono stati portati ad assegnare a questo accordo, in funzione dell’orientamento delle rispettive teorie.
Le numerose e vaste
analisi dell’accordo del
Tristan possono esser ripartite in tre classi: il
Basso numerato, L’analisi
funzionale, Le identificazioni non funzionali. Il
Basso numerato si concentra esclusivamente
sulla struttura dell’accordo. Ricordiamo a titolo di esempio quella
di Jadassohn: un accordo di settima (fa – sol
diesis – si – re diesis = mi
diesis – sol diesis – si – re
bemolle) posto sul settimo grado in fa diesis
minore. Il re diesis è introdotto da Jadassohn
nell’accordo seguente,
sotto il la del sesto tempo (fa – la – si – re diesis),
come secondo grado in
la minore. In una simile
analisi il grado, dunque
la collocazione all’inter-
La morte di Isolde
no di una tonalità, non
ha alcuna importanza
funzionale, poiché l’autore passa, per le sole
due prime battute, attraverso tre tonalità differenti, ciò che importa è
la natura strutturale dell’accordo. Nelle Analisi
funzionali al contrario
domina il principio che
la musica tonale è fatta
di concatenazioni caratteristiche di gradi e dunque ciò che è importante
è la funzione dell’accordo all’interno del sistema musicale. Non bisogna credere che riguardo l’accordo del Tristan
le analisi funzionali
giungano alle stesse
conclusioni. Al contrario tante e diverse sono
le scuole di pensiero.
Come nota Nattiez nel
suo Il discorso musicale
«la molteplicità delle analisi funzionali ha qualcosa
di sospetto. Se il nostro accordo è talmente instabile
che una lieve spinta può
cambiarne la fondamentale
(dunque la sua funzione, n.d.r.), è possibile dire
che la funzione, in questo
caso, è pertinente?». In altri termini, se quest’entità musicale è talmente
“spuria” da poter essere
classificata secondo più
analisi armoniche, forse
la sua importanza non
risiede nella sua funzione armonica. Tale è il
principio delle Analisi
non funzionali. In quest’ambito Schenker è
stato il primo a considerare l’accordo del Tristano dal punto di vista
melodico, mettendolo in
relazione a un fenomeno contrappuntistico di
dissonanza della fuga in
mi minore del primo volume del Clavicembalo
ben temperato di Bach.
Anche Noske, situandosi nell’ambito di un pensiero melodico, si rifiuta
di caratterizzare l’accordo dal punto di vista
funzionale. Quindi, perché l’accordo del Tristan
ha tanto colpito l’attenzione dei musicologi?
La ragione, sostiene
Nattiez alla luce di tali
diverse spiegazioni teoriche, è che «esso suona
come entità armonica (ossia come un accordo,
n.d.r.), ma risulta da fattori melodici», inscritto
cioè in un movimento
melodico, in una durata
e in una progressione
cromatica da cui non si
può prescindere, si presenta dunque come un
accordo “spurio”. Dal
momento che tale accordo appare “ambiguo”,
ossia difficilmente definibile, realizzato non a
caso in un periodo di
transizione della storia
della musica, è normale
e comprensibile che tut-
Richard Wagner
te le teorie vi si siano date appuntamento, teorie
peraltro tutte autorevoli. Nel 1962 il musicologo tedesco Martin Vogel
dedicò un intero libro di
163 pagine al famoso
“Accordo del Tristano”:
L’accordo del Tristano e la
crisi della teoria armonica
moderna. Il titolo conteneva già una risposta all’importante opera di
Ernst Kurth L’armonia
romantica e la sua
crisi nel “Tristano” di Wagner
(1920).
Vogel
esaminava una
per una tutte le
analisi pubblicate su tale accordo
dal 1879 in poi e
giungeva infine
alla conclusione
che «la crisi dell’armonia romantica (realizzata in
Wagner, n.d.r.) è
in realtà una crisi
della teoria dell’arquella
monia»,
che,
volendo
semplificare, ha
origine con Bach.
L’accordo di Tristan, espressione
del più sfuggente
cromatismo e di
quel mezzo retorico ed
espediente tecnico che è
la progressione, contribuisce, come tutta la
musica di Wagner, all’indebolimento dei valori tonali dell’armonia
classica disciogliendone
in perpetua fluidità i
nessi “sintattici”. Dunque, aldilà della sua
grande
importanza
drammatica all’interno
dell’opera e della sua intrinseca difficoltà definitoria, ciò che è certo è
il ruolo fondamentale
che esso ha acquisito,
proprio in virtù del suo
essere un limite estremo
di equilibrio armonico e
di riconoscibilità definitoria, nello sviluppo armonico musicale della
seconda metà dell’Ottocento, realizzando un
punto di rottura e al tempo stesso un punto di avvio di quell’intrinseco
divenire della musica occidentale che doveva
portare poi nel XX secolo
al superamento del tradizionale sistema diatonico basato sul concetto
dell’unità tonale e alla
radicale emancipazione
delle dissonanze.
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