L’esempio dell’ epatite A
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L’esempio dell’ epatite A
Federica Tavassi
Sono in aumento le patologie alimentari dovute a virus. Numerose sono le
cause della loro insorgenza, ma sempre collegate a mancanza di igiene,
personale e/o ambientale
I prodotti alimentari, durante la loro vita commerciale, possono
essere soggetti a diversi tipi di contaminazioni. Le contaminazioni
alimentari rappresentano potenzialmente un pericolo per il fruitore
finale, che rischia quindi di consumare un alimento adulterato e
tendenzialmente non più salubre. Le contaminazioni possono
essere di tipo diverso in funzione dell’agente contaminante e se ne
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riconoscono di tipo chimico, fisico e biologico.
Quella chimica prevede che l’alimento sia adulterato da sostanze
chimiche indesiderate, che possono derivare dall’ambiente
(inquinamento, prodotti velenosi utilizzati in agricoltura, fitofarmaci e
fitosanitari,ecc.); dalle fasi di lavorazione e pulizia (composti chimici
utilizzati inadeguatamente per la detersione e la sanificazione degli
ambienti di lavorazione), ma anche dai prodotti che entrano a
contatto con gli alimenti (cessione di composti pericolosi dai
cosiddetti MOCA – materiali a contatto con gli alimenti). La
contaminazione fisica, invece, oltre a prevedere una
contaminazione radioattiva degli alimenti decisamente più rara,
prevede una contaminazione, ben più frequente, da corpi estranei:
frammenti di imballaggi, sassi, terra, frammenti di vetro, plastica,
ceramica o legno, frammenti di animali, peli e unghie, monili o
porzioni di questi, ecc. In ultimo, la contaminazione biologica è
quella più diversificata e prevede che microrganismi come batteri,
parassiti, muffe e virus possano infettare o proliferare nell’alimento
dando luogo a patologie connesse all’ingestione di tali prodotti.
Seppur le contaminazioni batteriche siano nettamente più
conosciute e numerose, non sono le uniche che incidono sulla
salute pubblica. Sono infatti altrettanto frequenti le patologie
alimentari sostenute da agenti patogeni virali, rappresentando un
rischio in aumento per la salute pubblica in tutto il mondo. Alcune
stime infatti riportano un incremento dell’incidenza delle patologie
alimentari di origine virale.
Il fattore umano e non
I virus sono microrganismi infettivi molto piccoli, che possono avere
un genoma a DNA o RNA racchiuso in un rivestimento proteico. A
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differenza dei batteri, i virus possono moltiplicarsi solo all’interno di
cellule viventi di altri organismi, sfruttando le strutture cellulari per
effettuare la moltiplicazione virale. Tuttavia, molti virus mostrano
un’elevata resistenza a stress come il calore, l’essicatura, il
congelamento, i raggi UV, ecc. e possono sopravvivere per lunghi
periodi di tempo negli alimenti o nell’ambiente. La maggioranza
delle infezioni virali sono dovute al contatto tra uomo e uomo,
mentre la trasmissione alimentare rappresenta un rischio minore,
ma comunque esistente, nel contesto generale delle patologie di
origine virali. In questo caso il vettore dell’infezione è rappresentato
dagli alimenti. Gli alimenti che possono essere associati a malattie
virali di origine alimentare comprendono molluschi (ad esempio
ostriche, mitili), crostacei e i loro prodotti che vengono allevati e/o
raccolti in acque adiacenti ai canali di scolo dei liquami umani (ad
esempio trattamento di piante con acque di scarico); frutta e
verdure cresciute su terre fertilizzate con concimi animali o irrigate
con acqua contaminata; e carni poco cotte come il maiale.
Tutti i virus a trasmissione alimentare derivano dall’intestino umano
o animale, e si diffondono nell’ambiente attraverso le feci o altri
liquidi corporei. A differenza di quanto accade per i batteri, che
sono in grado di replicarsi negli alimenti direttamente, la
contaminazione virale avviene principalmente in maniera indiretta,
in quanto non sono in grado di replicarsi direttamente nell’alimento.
Questa trasmissione quindi può avvenire da parte degli addetti alla
manipolazione degli alimenti che, se infetti e non osservanti le
buone pratiche igieniche e di manipolazione, possono contaminare
il prodotto alimentare. Oppure può avvenire la trasmissione di
componenti virali per contaminazione crociata, quando ad esempio
gli alimenti vengono accidentalmente a contatto con concimi
animali, liquami umani o acque non salubri ma contaminate da
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liquami.
Colpevoli i frutti di bosco
La maggior parte delle malattie alimentari causate da virus sono
riconducibili a un numero non troppo esteso di virus, come ad
esempio i Norovirus, Calcivirus, Rotavirus, e Astrovirus che danno
luogo a gastroenteriti e difficilmente si tramutano in epidemie;
oppure i Virus dell’Epatite A e dell’Epatite E che danno luogo a
patologie più complesse. È tornato recentemente sul “banco degli
imputati”, ad esempio, il virus dell’epatite A (HAV) che nel corso
degli ultimi tre anni ha dato luogo a una delle epidemie di Epatite A
collegata al consumo alimentare più estese degli ultimi tempi, e che
ha colpito anche il nostro Paese. L’epidemia ha toccato quasi i
1800 casi ed ha coinvolto diverse aziende produttrici del prodotto
contaminato: i frutti di bosco congelati. L’epidemia sembra essere
partita da alcune aziende dell’est Europa, in particolare in Polonia e
Bulgaria. Queste producevano frutti rossi congelati che sono
risultati contaminati dal virus dell’epatite A. La contaminazione è
stata ricondotta all’utilizzo di acqua non salubre nelle fasi di
lavorazione e produzione dei frutti di bosco e dei frutti rossi sia nelle
fasi di congelamento che in quelle della produzione primaria.
L’utilizzo di questi frutti, largamente presenti nella pasticceria anche
senza cottura, ha portato a una rapida diffusione dei contagi.
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Non grave, ma fastidiosa
L’epatite virale A è una malattia infettiva acuta causata dal virus
HAV, appartenente al genere Heparnavirus della famiglia dei
Picornaviridae, che aggredisce le cellule del fegato. Il virus ha
diffusione mondiale e si può manifestare sia in forma sporadica che
epidemica. In Italia la malattia è ben conosciuta e molto frequente
nelle regioni meridionali, in quanto storicamente correlate alla
diffusa pratica di consumare frutti di mare crudi. Tuttavia, come si
evince dai recenti casi notificati, possono verificarsi epidemie o casi
sporadici su tutto il territorio nazionale, legati anche al consumo di
altri alimenti (vegetali e frutta) o acqua (per es. di pozzo)
contaminati. Nella maggior parte dei casi legati al consumo di
alimenti non idonei, la malattia è causata dal mancato rispetto delle
norme igieniche con conseguente contaminazione dei cibi e
dell’acqua da parte delle feci, dove frequentemente viene ritrovato il
virus HAV. Il consumo di acqua o cibi crudi o non cotti a sufficienza,
soprattutto molluschi, contaminati con materiale fecale contenente il
virus espone il soggetto allo sviluppo della malattia. Il virus
dell’epatite A causa disturbi improvvisi e di breve durata. La
malattia e i suoi sintomi si manifestano in maniera leggermente
diversa in base all’età del soggetto. I bambini possono non
mostrare alcun sintomo, mentre negli adulti la malattia può
manifestarsi con sintomi simil-influenzali lievi, generalmente da 2 a
7 settimane dopo il contatto con il virus. Si tratta, generalmente, di
stanchezza e spossatezza, febbre, perdita di appetito, nausea, mal
di testa, dolori muscolari, dolore all’addome. Con il proseguire della
malattia compaiono altri sintomi, quali una colorazione molto scura
delle urine, una colorazione molto chiara delle feci, ittero e prurito.
Le complicanze gravi dell’epatite A sono estremamente rare, tanto
che la maggior parte delle persone colpite va incontro a una
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remissione spontanea dei sintomi entro 1 o 2 mesi.
Precauzioni indispensabili
A livello clinico la prevenzione della malattia prevede una
immunizzazione indotta dei soggetti con l’utilizzo di vaccini che
conferiscono una protezione a lungo termine oppure con l’utilizzo di
immunoglobuline a scopo profilattico e preventivo nei soggetti più a
rischio. La prevenzione però comprende soprattutto il mettere in
pratica le norme basilari di igiene personale e le buone norme di
prassi igienica nei luoghi di lavoro in cui vi sia manipolazione di
alimenti e bevande. Praticare una buona igiene personale, infatti, è
il modo migliore per limitare il contagio e la diffusione dell’epatite A:
lavare sempre le mani con sapone e acqua calda immediatamente
dopo aver utilizzato servizi igienici o aver cambiato pannoloni, e
prima di preparare o mangiare cibi. Il lavaggio deve essere
accurato, quindi anche sotto le unghie e non deve durare meno di
60 secondi. Inoltre può essere estremamente importante lavare la
frutta e la verdura molto bene prima di mangiarla e mantenere la
temperatura del frigorifero a 4°C o meno, e del freezer a –18 °C o
meno. Si consiglia di consumare il prima possibile cibi precotti,
deperibili o pronti; mantenere carne, pesce e pollame crudo
separati dagli altri cibi; cuocere bene i cibi di origine animale
soprattutto i frutti di mare (almeno per 2’ a 90°C); lavare le mani, i
coltelli e i taglieri dopo aver maneggiato cibo crudo, compresa
carne, pesce e pollame.
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