L’alimentazione vegetariana per la prevenzione e la terapia delle patologie cronico-degenerative Dott.ssa Michela De Petris Le diete vegetariane correttamente bilanciate sono salutari, adeguate dal punto di vista nutrizionale e comportano benefici per la salute nella prevenzione e nel trattamento di numerose patologie. Sul piano nutrizionale offrono molteplici vantaggi come ridotti contenuti di acidi grassi saturi, colesterolo e proteine animali a fronte di ben più elevati apporti di carboidrati complessi, fibre, magnesio, potassio, acido folico, vitamina C, vitamina E ed antiossidanti (Position of the American Association: Vegetarians Diets. J Am Diet Assoc. 2009). Regimi alimentari basati sui cibi vegetali (diete ovo-latto-vegetariane, ovo o latto-vegetariane, vegane) sono auspicabili per ridurre l’incidenza di svariate malattie cronico-degenerative e per migliorare la prognosi nei soggetti già affetti. A partire dal secondo dopoguerra, lo stato socioeconomico della popolazione è rapidamente migliorato permettendo l’instaurarsi di nuove abitudini di vita quali: sedentarietà, utilizzo di sostanze voluttuarie (tabacco, alcool), incremento dell’assunzione di carne, formaggi, grassi saturi, piatti pronti e cibi elaborati. Le patologie più facilmente influenzate (in bene e in male) dallo stile alimentare sono quelle che oggi affliggono in modo sempre più preoccupante i paesi ricchi dilagando come epidemia anche in quelli in via di sviluppo, e sono: - aterosclerosi ipertensione arteriosa eccesso di peso diabete mellito osteoporosi tumori L’aterosclerosi, rara all’inizio del secolo scorso, è diventata la principale causa di morte nei Paesi Occidentali. I suoi principali fattori di rischio sono gli alti livelli di colesterolo LDL e di trigliceridi plasmatici, ma anche fumo, diabete, sedentarietà, ipertensione arteriosa, la scarsa assunzione di fibre e l’eccesso di grassi animali nella dieta. Proprio per questo motivo l’aterosclerosi può essere influenzata e corretta in modo significativo dalle scelte nutrizionali: con una dieta appropriata è possibile ottenere l’arresto e la regressione della placca (Esselstyn 2007). Il consumo di carne rossa è associato ad un rischio più che raddoppiato di morte coronaria nei maschi (Fraser 1999), mentre i vegetariani hanno un rischio in media del 24% inferiore (Key 1999). Anche nel caso dell’ipertensione arteriosa, molti dei suoi fattori di rischio sono riconducibili alla dieta: sovrappeso/obesità, elevato consumo di sale, eccesso di grassi e scarsità di fibre. I non-vegetariani hanno una prevalenza di ipertensione di 2-2.5 volte superiore rispetto ai vegetariani (Fraser 1999, Appleby 2002); effetto probabilmente riconducibile ad un minor peso corporeo, ad un più elevato apporto di potassio e ad una maggior viscosità ematica (Berkow 2005). Una dieta a base vegetale produce una perdita di peso significativa senza necessità di porre limiti di calorie e porzioni, ne’ di aumento dell’attività fisica (Turner-McGrievy 2007); i cibi vegetali infatti sono caratterizzati da bassa densità calorica ed elevato potere saziante che consente di controllare più facilmente l’introito calorico. Nell’Adventist Health Study (AHS), l’aumento della frequenza del consumo di carne è direttamente correlato con un incremento dell’Indice di Massa Corporea (Fraser 1995); nello studio EPIC-Oxford, i vegetariani sono risultati avere un peso corporeo inferiore agli onnivori con una minor incidenza di casi di obesità (Spencer 2003). L’elevato peso corporeo è un grosso fattore di rischio non solo per aterosclerosi, ipertensione arteriosa e patologie cardiovascolari, ma anche per l’insorgenza di diabete mellito di tipo II insieme al consumo di cibi animali, zuccheri semplici, cereali raffinati, grassi saturi ed alimenti poveri di fibre (i cibi animali ne sono privi). Nell’AHS, il rischio di sviluppare diabete II nei non vegetariani è risultato essere quasi doppio rispetto ai vegetariani (Fraser 1999). La dieta vegetariana aumenta la sensibilità periferica all’insulina (Hung 2006); quella vegana (a basso contenuto di grassi) migliora anche il controllo glicemico, riduce i livelli ematici di LDL, la circonferenza vita, il peso corporeo ed è più efficace e meglio accettata rispetto a quella onnivora proposta dall’American Diabetes Association (Barnard 2006). Per quanto riguarda i tumori, le Linee Guida per la loro prevenzione raccomandano di consumare molti cibi vegetali, il più possibile allo stato integrale (Kushi 2006) e di limitare quelli di origine animale, soprattutto carni rosse e salumi (WCRF 2007). I fattori dietetici più importanti nel favorire la comparsa di neoplasie sono l’eccesso di grassi saturi, di proteine animali e la carenza di sostanze protettive come antiossidanti, e fibre. Al momento non c’è evidenza che nei vegetariani vi sia una più bassa incidenza di tumori, anche se nell’AHS chi seguiva una dieta priva di carne e pesce ha avuto una minor probabilità di sviluppare neoplasie colonrettali e prostatiche rispetto agli onnivori. Tra i fattori di rischio per l’insorgenza di osteoporosi, sedentarietà e scorrette abitudini alimentari sono quelli più importanti; fortunatamente sono anche i più facilmente influenzabili dalla correzione dello stile di vita. In particolare, è stato dimostrato come diete ricche di proteine animali (più acide di quelle vegetali), sale, fosfati, caffeina ed alcool incrementino la perdita urinaria di calcio a differenza di quelle vegetariane ricche di cibi ad alto contenuto di potassio, fitoestrogeni e vitamina K che influenzano positivamente la salute dell’osso. Allo stato attuale, l’incremento dell’assunzione di latte e derivati non è più auspicato per la prevenzione dell’osteoporosi (Harvard School of Public Health, 2007). Dall’analisi della più recente letteratura mondiale, risulta quindi evidente come le indicazioni scientifiche per la prevenzione e la terapia di numerose malattie cronico-degenerative spingano verso l’adozione di diete il più possibile basate su prodotti di origine vegetale, integrali, freschi e cucinati in modo semplice (WCRF 2007).