alterazioni della funzione tiroidea indotte dall`amiodarone

ALTERAZIONI DELLA FUNZIONE TIROIDEA
INDOTTE DALL’AMIODARONE
Saverio Pignata; Ester Pignata
Settembre 2011
http://www.webalice.it/saveriopignata/
[email protected]
[email protected]
1
INTRODUZIONE
L'amiodarone è un farmaco antiaritmico ed antianginoso comunemente prescritto per il trattamento
di vari tipi di aritmie cardiache comprese le aritmie ventricolari, tachicardia parossistica
sopraventricolare, fibrillazione e flutter atriale, mantenimento del ritmo sinusale dopo conversione
di fibrillazione atriale (1).
L’amiodarone è un derivato benzofuranico che presenta alcune analogie strutturali con la tiroxina. Il
37% del suo peso è costituito da iodio. In una capsula di amiodarone da 200 mg sono contenuti
circa 75 mg di iodio. Il 10% di questo (7,5 mg) viene reso disponibile ogni giorno dal metabolismo
della molecola, fornendo, in questo modo, un eccesso di 50 volte dell’assunzione giornaliera di
iodio. Tale alto contenuto di iodio e gli effetti intrinseci dell’amiodarone e del suo metabolita attivo
desetilamiodarone sono causa di disfunzione tiroidea nel 14-18% dei pazienti dopo 2-3 anni di
trattamento (2). Le frequenze relative di tireotossicosi indotta da amiodarone (AIT) e ipotiroidismo
indotto da amiodarone (AIH) sono influenzati soprattutto dall’apporto di iodio e dalla patologia
tiroidea sottostante. L’AIH è più comune di AIT in regioni con sufficiente apporto di iodio, mentre
AIT è più comune dell’AIH se l'assunzione di iodio è insufficiente (2). Nel presente lavoro di tesi
verrà trattata l'epidemiologia e la patogenesi delle disfunzioni tiroidee indotte dall'amiodarone,
insieme alle diverse manifestazioni cliniche ed alle possibili strategie terapeutiche da adottare.
2
1. CENNI STORICI
In seguito alla scoperta nel 1961 da parte di Tondeur e Binon, due chimici belgi, l'amiodarone
venne usato soprattutto in Europa come anti-anginoso (3, 4) In seguito all'esperienza e alle ricerche
del Dr. Bramah Singh, università di Oxford, venne riconsiderato il ruolo dell'amiodarone che,
unitamente al sotalolo, venne classificato come farmaco anti-aritmico di classe III (5), gruppo
caratterizzato dalla capacità di allungare il periodo refrattario mediante il blocco dei canali del
potassio. Il Dr. Mauricio Rosenbaum, medico argentino, basandosi sui lavori del Dr. Singh, usò
l'amiodarone per il trattamento dei pazienti che soffrivano di aritmia sopraventricolare e aritmia
ventricolare, con risultati eccellenti. In accordo con i risultati di Singh e Rosenbaum, i medici
americani cominciarono ad usare l'amiodarone come terapia cronica nei pazienti aritmici a partire
dal 1970 (5, 6). Dal 1980 l'amiodarone cominciò ad essere prescritto anche negli stati europei. In
seguito ai gravi effetti collaterali polmonari, cardiaci e tiroidei associati all'uso cronico, venne
riconsiderato l'impiego clinico dell'amiodarone nelle tachiaritmie (7). Nel dicembre 1985
l'amiodarone venne approvato dalla Food and Drug Administration per il trattamento della
fibrillazione atriale e nella profilassi della tachicardia ventricolare ricorrente. Secondo una recente
analisi basata sulle evidenze, l’amiodarone dovrebbe essere utilizzato secondo le seguenti
indicazioni:
•
l’utilizzo dell’amiodarone in profilassi deve essere limitato al periodo peri-operatorio
cardiochirurgico;
•
il farmaco può essere utilizzato con sicurezza nella disfunzione ventricolare sinistra e nella
insufficienza cardiaca congestizia;
•
è utile in acuto sia in caso di arresto cardiaco che in caso di tachicardia ventricolare stabile;
•
è un sicuro e valido farmaco aggiuntivo nella cardiopatia ischemica;
•
è efficace in associazione ai beta-bloccanti in “electrical storm” (tempesta elettrica);
•
è appropriato come farmaco di prima linea solo nei pazienti sintomatici con disfunzione
ventricolare sinistra ed insufficienza cardiaca congestizia, dove però il rapporto rischio/
beneficio del suo impiego debba essere confrontato con le altre strategie alternative
disponibili per trattare la fibrillazione atriale (controllo della frequenza associata ad
anticoagulanti, ablazione);
3
•
nel flutter atriale e nella tachicardia sopraventricolare parossistica è preferibile l’ablazione
con catetere e l’amiodarone ha scarsa o nulla efficacia (1).
4
2. FARMACOLOGIA
2.1. Introduzione
L’amiodarone (nome chimico: 2-butilbenzofuran-3-il-4-(2-dietilaminoetossi)-3,5-di-iodofenil
chetone; INN: amiodarone) è un farmaco ad azione antiaritmica e antianginosa. Chimicamente è un
derivato benzofuranico, poco solubile in acqua, solubile in alcol, molto solubile in cloroformio.
L’amiodarone è un analogo strutturale degli ormoni tiroidei (fig. 1) e alcuni dei suoi effetti
cardiovascolari ed elettrofisiologici presentano caratteristiche simili all’ipotiroidismo; questi effetti
potrebbero essere attribuibili all’interazione con il recettore per gli ormoni tiroidei (8). Il 37% del
suo peso è costituito da iodio (2). In una capsula di amiodarone da 200 mg sono contenuti circa 75
mg di iodio. Il 10% di questo viene reso disponibile ogni giorno dal metabolismo della molecola,
fornendo, in questo modo, un eccesso di 50 volte dell’assunzione giornaliera di iodio (2).
5
Figura 1. Formula chimica dell’amiodarone, desetilamiodarone, ormoni tiroidei (2)
L’amiodarone è considerato come il prototipo della III classe dei farmaci antiaritmici secondo la
classificazione di Vaughan Williams. Rispetto agli altri farmaci della cosiddetta III classe, ha però
un profilo farmacologico estremamente complesso essendo in grado di interagire con molteplici
bersagli molecolari (canali ionici, pompe, recettori). Queste sue proprietà rendono l’amiodarone un
farmaco del tutto peculiare nel panorama dei farmaci antiaritmici; inoltre le sue azioni
6
elettrofisiologiche ed i suoi effetti farmacodinamici sono diversi in acuto o dopo trattamento
cronico. Ancora oggi, non è possibile definire con certezza quale o quali delle sue proprietà
farmacologiche siano responsabili della sua elevata efficacia antiaritmica. La complessità
farmacodinamica dell’amiodarone è associata ad un altrettanto complesso profilo farmacocinetico e
farmacotossicologico.
2.2. Effetti farmacologici
Le azioni elettrofisiologiche e gli effetti farmacodinamici dell’amiodarone sono diversi in acuto o
dopo trattamento cronico.
2.2.1. Effetti farmacodinamici in trattamento acuto
L’amiodarone è un farmaco altamente lipofilo, quasi insolubile in acqua o in soluzioni acquose.
Negli esperimenti tesi a valutare le azioni acute del farmaco, il composto viene normalmente sciolto
in soluzioni idrosaline usando vari veicoli (etanolo, albumina, polisorbato 80, tween 80) che a
determinate concentrazioni possono modificare le proprietà che si intendono studiare. A causa poi
dell’elevata liposolubilità, l’amiodarone penetra profondamente nella matrice lipidica delle
membrane da cui è rilasciato molto lentamente quando il farmaco viene sospeso.
2.2.1.a. Effetti elettrofisiologici
Il più consistente effetto dell’amiodarone, in tessuti o cellule cardiache che dipendono per il
processo di attivazione dai canali rapidi del sodio, è una riduzione della massima velocità di
depolarizzazione. Questo effetto risulta più marcato all’aumentare della frequenza cardiaca,
analogamente a quanto succede con gli altri farmaci che interagiscono con i canali del sodio. La
cinetica con cui si instaura il blocco e quella di recupero dal blocco sono relativamente rapide,
confrontabili con quelle della lidocaina e della mexiletina. L’inibizione della massima velocità di
depolarizzazione appare più marcata a potenziali di membrana più positivi. I dati sulla corrente di
7
sodio sono in accordo con quelli prima descritti e consentono di concludere che l’amiodarone
blocca i canali del sodio preferenzialmente quando si trovano nello stato inattivato. Meno univoci
sono i risultati relativi agli effetti acuti dell’amiodarone sulla durata del potenziale d’azione: infatti,
sono stati descritti allungamento, accorciamento o nessun effetto sulla durata del potenziale
d’azione registrato da preparazioni atriali o ventricolari di varie specie animali. Questa variabilità
dell’effetto dell’amiodarone può in parte essere determinata dalle diverse correnti ioniche che
controllano la
ripolarizzazione nell’atrio e nel ventricolo e dal diverso contributo che queste
correnti hanno nelle varie specie animali. Una delle principali correnti di potassio che controlla la
fase di ripolarizzazione è la corrente IK (“delayed rectifier”) con le sue due componenti a rapida
attivazione e a lenta attivazione. Acutamente l’amiodarone sembra preferenzialmente inibire la
componente a rapida attivazione, mentre un trattamento prolungato riduce la componente a lenta
attivazione (9). In acuto, l’amiodarone non sembra avere un effetto sulla “transient outward
current”, anch’essa importante per la ripolarizzazione, mentre sono necessarie alte concentrazioni
per modificare la “inward rectifier” che ha un ruolo importante per mantenere il potenziale di
membrana. L’amiodarone inibisce alcuni canali del potassio attivati da ligandi, come il canale del
potassio attivato dal sodio, il canale del potassio sensibile all’acetilcolina, il canale del potassio
attivato dall’adenosina trifosfato. L’azione dell’amiodarone sui canali del potassio sensibili
all’acetilcolina potrebbe contribuire all’effetto del farmaco nel terminare e nel prevenire la
fibrillazione atriale. La recente dimostrazione che concentrazioni di amiodarone, confrontabili a
quelle che si raggiungono clinicamente, sono in grado di inibire l’attività dei canali del potassio
attivati dall’adenosina trifosfato ha fatto ipotizzare che anche questa azione possa essere importante
nell’effetto antiaritmico del farmaco (10). È stato anche ipotizzato che l’effetto inibitorio che
l’amiodarone ha sullo scambiatore Na+/Ca2+ possa favorire un’attività di cardioprotezione (11). A
questo riguardo occorre segnalare anche che l’amiodarone ha un’azione “scavenger” diretta e risulta
in grado di proteggere i cardiomiociti dal danno causato da radicali liberi dell’ossigeno (12).
Nonostante gli studi sperimentali non siano numerosi, gli effetti dell’amiodarone su quelle strutture
cardiache che dipendono per la loro attivazione dai canali lenti del calcio o direttamente sulla
corrente di calcio, dimostrano un effetto di blocco dell’amiodarone sui canali del calcio di tipo L. I
risultati suggeriscono che anche il blocco dei canali del calcio da parte di concentrazioni
“terapeutiche” di amiodarone avvenga in modo preferenziale quando questi si trovano nello stato
inattivato. Queste proprietà dell’amiodarone rendono conto degli effetti elettrofisiologici osservati
in seguito alla somministrazione endovenosa nell’uomo: con dose tra 2.5 e 10 mg/kg si osservano
8
effetti scarsi o nulli sulla frequenza sinusale, sulla refrattarietà atriale e ventricolare, si ha un
prolungamento dell’intervallo PR e un rallentamento della conduzione atrioventricolare; si osserva
un piccolo ma significativo aumento della conduzione intraventricolare con aumento della durata
del QRS (13, 14). Il desetilamiodarone (DEA), principale metabolita dell’amiodarone, ha un effetto
più marcato sui canali del sodio dell’amiodarone. Si ritiene che gli effetti del metabolita possano
avere un ruolo importante nell’azione antiaritmica dell’amiodarone in corso di terapia cronica, ma
non per gli effetti acuti (13, 14).
2.2.1.b. Effetti emodinamici
L’amiodarone provoca vasodilatazione coronarica e periferica; gli effetti emodinamici dopo
somministrazione acuta dipendono dalla velocità di somministrazione.
La somministrazione endovenosa di dosi di 2.5-10 mg/kg può causare ipotensione e ridurre la
contrattilità cardiaca. A causa del possibile effetto inotropo negativo, la somministrazione
endovenosa deve essere eseguita con molta attenzione in pazienti con funzione contrattile
compromessa.
2.2.2. Effetti farmacodinamici in trattamento cronico
Durante il trattamento cronico, sia l’amiodarone che il suo metabolita DEA si accumulano a livello
di molti organi e tessuti tra cui tessuto adiposo, fegato, polmoni, reni, cuore, muscolo scheletrico,
tiroide e cervello, dai quali è rilasciato lentamente. Gli effetti farmacodinamici del trattamento
prolungato per via orale con l’amiodarone sono la risultante degli effetti dell’amiodarone e del DEA
sulle proprietà elettrofisiologiche cardiache; a questi effetti si aggiungono quelli sulla funzione
tiroidea e quelli antiadrenergici.
9
2.2.2.a. Effetti elettrofisiologici
Il principale effetto elettrofisiologico che si ha con il trattamento cronico con amiodarone è il
prolungamento della durata del potenziale d’azione cardiaco, che è stato dimostrato sia a livello del
miocardio di lavoro (atriale e ventricolare) come pure a livello del tessuto di conduzione (nodo
senoatriale, nodo atrioventricolare, fibre di Purkinje) di numerose specie animali. Il prolungamento
della durata del potenziale d’azione si associa ad un aumento del periodo refrattario effettivo.
L’effetto dell’amiodarone sulla durata del potenziale d’azione non sembra influenzato dalla
frequenza, nel senso che la durata è aumentata a tutte le frequenze di stimolazione e l’effetto non è
più marcato alle frequenze più basse. L’amiodarone non mostra cioè quel fenomeno che va sotto il
nome di “reverse” uso o frequenza-dipendenza e che è invece presente in altri farmaci che
prolungano la durata del potenziale d’azione. Questa proprietà può in parte spiegare la modesta
incidenza di “torsioni di punta” che si osservano con l’uso clinico dell’amiodarone. Le conoscenze
sulle basi ioniche responsabili di questo comportamento dell’amiodarone sono ancora limitate e in
qualche modo discordanti. Un recente studio su miociti ventricolari isolati da cuori di coniglio
trattati per 4 settimane con amiodarone per via orale suggerisce che la riduzione della corrente IK
tipicamente causata dall’amiodarone sia riconducibile ad una riduzione della componente a lenta
attivazione, rimanendo la componente a rapida attivazione praticamente immodificata (15). Il
trattamento acuto sembra invece inibire soprattutto la componente a rapida attivazione (9). Altri
autori hanno invece riportato riduzioni comparabili delle due componenti dopo somministrazione
per 7 giorni per via intraperitoneale nella cavia (16).
2.2.2.b. Effetti sulla funzione tiroidea
Gli effetti dell’amiodarone sulla funzione tiroidea possono essere suddivisi in effetti intrinseci
derivanti da proprietà intrinseche del composto ed effetti iodio indotti. L’amiodarone e il DEA
inibiscono la conversione periferica della tiroxina a triiodotironina da parte della 5’-deiodinasi.
Questo processo può avvenire in quasi tutti i tessuti, ma principalmente nel rene e nel fegato ed è
responsabile della produzione nel sangue di ormone tiroideo attivo. Amiodarone e DEA causano
anche un’inibizione del legame della triiodotironina ai recettori nucleari e inibiscono il trasporto
della tiroxina e dalla triiodotironina attraverso le membrane cellulari.
10
L'alto contenuto di iodio dell’amiodarone influenza la normale funzione della tiroide, in cui lo iodio
è attivamente concentrato. Normalmente, quando la concentrazione di iodio nella tiroide supera
un livello critico, ulteriori aumenti di concentrazione inibiscono la sintesi degli ormoni tiroidei fino
a quando la concentrazione di iodio intratiroideo si è normalizzata (effetto Wolff-Chaikoff). Nei
pazienti con una malattia autoimmune della tiroide (malattia di Hashimoto), questa autoregolazione
potrebbe non funzionare correttamente e la tiroide potrebbe non essere capace di sfuggire all'effetto
Wolff-Chaikoff dopo un carico di iodio. L'assunzione di grandi quantità di iodio in questi pazienti
può quindi provocare ipotiroidismo o attenuare un ipertiroidismo pre-esistente. Nel caso di un
nodulo autonomo, non c'è autoregolazione e l'assunzione di una grande quantità di iodio può
indurre tireotossicosi.
Nei pazienti con normale funzione tiroidea trattati con amiodarone, i livelli di triiodotironina
diminuiscono del 20-25% e rimangono bassi. È stato ipotizzato che uno dei meccanismi attraverso
cui l’amiodarone esercita i suoi effetti sia l’induzione di uno stato di “ipotiroidismo cardiaco”. È
infatti ben documentato che gli ormoni tiroidei hanno importanti effetti sul sistema cardiovascolare
e sulla funzionalità ed espressione di canali ionici, pompe e recettori a livello cardiaco (16). Questa
ipotesi è però rigettata da diversi autori sulla base del fatto che l’ipotiroidismo non mima tutti gli
effetti del trattamento cronico con amiodarone sul cuore, ed in particolare non ha gli stessi effetti
elettrofisiologici (15).
2.2.2.c. Effetti antiadrenergici
L’amiodarone presenta un effetto antiadrenergico che si manifesta nei confronti delle azioni sia alfa
che beta mediate delle catecolamine (17). L’antagonismo è di tipo non competitivo; numerosi studi
in vivo e in vitro indicano che l’amiodarone è capace di ridurre la densità dei recettori betaadrenergici (“down-regulation”), attraverso un’azione diretta o più probabilmente indiretta, che
coinvolge l’antagonismo nei confronti della triiodotironina, prima descritto (18). L’importanza di
questi effetti antiadrenergici nell’efficacia clinica dell’amiodarone non è nota.
11
2.3. Farmacocinetica
L’amiodarone è sostanza altamente lipofila con un ampio volume di distribuzione (40-84 L / kg) a
causa di assorbimento tissutale esteso (19); presenta un tempo di eliminazione con un’ampia
variabilità tra paziente e paziente (tra 20 e 110 giorni, con una clearance corporea di 90-158 ml/h/
kg). Possono essere necessari mesi perché le concentrazioni plasmatiche raggiungano lo stato
stazionario; occorre ricordare che le concentrazioni plasmatiche non sono correlate con l’effetto
clinico.
In uno studio su otto pazienti trattati con amiodarone, l’emivita di eliminazione dopo l’interruzione
del farmaco da una terapia a lungo termine era di 52,6 +/- 23,7 giorni per l’amiodarone e 61,2 +/31,2 giorni per il DEA (20).
L’assorbimento per somministrazione orale è lento, variabile ed incompleto. La biodisponibilità
orale varia tra il 30 e il 50%. Il cibo aumenta in modo significativo sia la velocità che l’entità
dell’assorbimento, per cui se ne raccomanda l’assunzione a stomaco pieno. Il 66-75% del farmaco
viene eliminato con bile e feci. L’escrezione renale è minima e pertanto non è necessario aggiustare
la dose nei pazienti con patologie renali. Amiodarone e DEA non sono dializzabili. Il farmaco viene
metabolizzato a livello epatico, essendo il principale metabolita il DEA, che è farmacologicamente
attivo ed ha un’emivita più lunga dell’amiodarone. A causa della loro lipofilia, sono entrambi
accumulati nel fegato, polmone, grasso, cute ed altri tessuti. Nel cuore si possono avere
concentrazioni da 10 a 50 volte più alte di quelle plasmatiche. La formazione di DEA è mediata dal
citocromo P4503A (CYP3A4) e la marcata variabilità tra soggetti nell’eliminazione
dell’amiodarone può essere in parte spiegata da differenze interindividuali nel citocromo CYP3A4.
Il CYP3A4 è inibito dal succo di pompelmo, che altera in modo rilevante il metabolismo
dell’amiodarone (21).
Il volume di distribuzione è variabile, ma molto grande con valore medio di 60 l/kg. È ampiamente
legato alle proteine plasmatiche (96%), attraversa la placenta (10-50%) e si ritrova nel latte
materno. L’effetto, dopo somministrazione endovenosa, comincia a manifestarsi entro 1-2 ore; per
avere un effetto dopo somministrazione orale sono necessari 2-3 giorni, spesso 1-3 settimane e
talvolta anche di più. Una dose di carico riduce questo intervallo. Esiste una ragionevole linearità
tra le concentrazioni plasmatiche e la dose di amiodarone; i livelli plasmatici nei pazienti trattati con
successo variano tra 1.5 e 2.5 microg/ml. Anche i livelli di DEA aumentano in funzione del tempo e
12
raggiungono valori anche superiori a quelli dell’amiodarone. In un’analisi postmortem, le
concentrazioni dell’amiodarone e del suo metabolita erano rispettivamente di 14 mg/kg e 64 mg/kg
nel tessuto tiroideo, 316 mg/kg e 76 mg/kg nel tessuto adiposo, 391 mg/kg e 2354 mg/kg nel fegato
(22).
Come già affermato, non vi è correlazione tra le concentrazioni plasmatiche e gli effetti clinici o
tossici dell’amiodarone. Il monitoraggio delle concentrazioni plasmatiche è di scarsa utilità;
ovviamente, concentrazioni plasmatiche > 3-4 microg/ml per periodi di tempo lunghi sono associate
ad un aumento dell’incidenza di reazioni avverse. È possibile che l’amiodarone influenzi in qualche
modo la sua stessa eliminazione durante la terapia cronica, contribuendo alle differenze tra l’emivita
che si riscontra in una fase precoce della terapia rispetto a quella che si ha dopo una terapia
prolungata (23).
13
3. AMIODARONE E TIROIDE
3. 1. Cenni di fisiologia tiroidea
3.1.1. Sintesi degli ormoni tiroidei e tireoglobulina
Per la sintesi dei due principali ormoni tiroidei, la triiodotironina (T3) e la tiroxina (T4), è
indispensabile lo iodio. Lo iodio alimentare viene assorbito a livello dell’intestino tenue previa
riduzione a ione ioduro. Dopo che è entrato in circolo, a livello del lato extracellulare della
membrana apicale delle cellule follicolari tiroidee viene ossidato a I2 e quindi si lega ai residui
tirosinici delle macromolecole di tireoglobulina, già secrete nel lume follicolare sotto forma di
colloide. Si formano in tal modo mono e diiodotirosina; queste ultime, unendosi insieme in modo
variabile, danno origine alle iodotironine (T2, T3, T4), ancora parte integrante della molecola di
tireoglobulina. La tireoglobulina, oltre a rappresentare un prodotto di deposito e di riserva di ormoni
tiroidei, è presente, anche se in concentrazione minima, nel sangue periferico.
3.1.2. Ormone tireostimolante e secrezione degli ormoni tiroidei
Le cellule follicolari della ghiandola tiroidea, sotto stimolazione del TSH, sintetizzano la
tireoglobulina, il precursore degli ormoni tiroidei. Le tireoglobulina è poi rilasciata all'interno del
follicolo, che è pieno di colloide. Le cellule follicolari della tiroide intrappolano lo ioduro, che
viene ossidato dalla perossidasi tiroidea in iodio e rilasciato nella colloide. Lo iodio è quindi
incorporato nei residui di tirosina all'interno della tireoglobulina, formando le molecole di diiodotirosina e monoiodotirosina. Dalla reazione di accoppiamento di due molecole di diiodotirosina si forma la T4, mentre dall'associazione di monoiodotirosina con di-iodotirosina si
forma la T3. In seguito alla stimolazione da parte del TSH la tireoglobulina viene riassorbita nelle
cellule follicolari e le molecole di T4 e T3 sono staccate e immesse nella circolazione (20, 24).
Nella figura 2 è rappresentata la sintesi degli ormoni tiroidei nelle cellule follicolari della tiroide
(25)
14
Figura 2. Sintesi degli ormoni tiroidei (25)
La T3 può formarsi anche dalla monodeiodazione di T4. Questa reazione, che è catalizzata da
iodotironina deiodinasi tipo I (D1), è la fonte principale di T3 circolante (24). La D1 si trova in gran
parte nel fegato, reni e tiroide, mentre il tipo II iodotironina deiodinasi (D2) è presente
principalmente nel muscolo scheletrico, nel sistema nervoso centrale e nell'ipofisi. La iodotironina
deiodinasi tipo III (D3), che si trova nella pelle, cervello e placenta, converte T4 e T3 e porta alla
formazione di reverse T3 e T2, rispettivamente (26).
3.1.3. Trasporto ematico e metabolismo intracellulare degli ormoni tiroidei.
A causa della loro scarsa idrosolubilità gli ormoni tiroidei sono trasportati in circolo da tre proteine
vettrici; la più importante di queste è un’alfa-globulina detta TBG (thyroxine binding globulin) che
veicola circa il 70% della T4 e l’80% della T3. Solo una piccola quota dei due ormoni circola libera,
ma è solo tale componente che può penetrare nei tessuti periferici e svolgere l’azione biologica
degli ormoni tiroidei. Per tale motivo e per il fatto che la concentrazione plasmatica delle proteine
vettrici è influenzata da numerose condizioni fisiologiche e patologiche oltre che da farmaci, è
15
preferibile dosare le frazioni libere (FT3, FT4) piuttosto che la quantità totale. La concentrazione
plasmatica della T4 sia totale che libera è maggiore della T3, ma l’attività biologica della T4
intrinseca è minima, mentre l’ormone fisiologicamente attivo è la T3. La T4 può essere considerata
in larga misura un pro-ormone: infatti a livello intracellulare viene trasformata in T3 in seguito al
distacco ad opera dell’enzima 5’- monodeiodasi di tipo I di un atomo di iodio posto in posizione 5’
nell’anello fenolico esterno. La deiodazione può però interessare anche l’atomo di iodio posto in
posizione 5’ dell’anello tirosinico interno della T4 e della T3 con formazione, rispettivamente, di
“reverse” T3 (isomero biologicamente inattivo della T3) e di T2 (25).
3.2. Effetti dell’amiodarone sulla tiroide
L’amiodarone esplica i suoi effetti sulla tiroide attraverso molteplici meccanismi patogenetici. Ad
oggi sono stati individuati almeno quattro meccanismi patogenetici dell’amiodarone sulla tiroide:
enzimatico, citotossico, autoimmunitario e recettoriale (2), come illustrato nella tabella 1 (27).
Tabella 1. Effetti dell’amiodarone sulla tiroide (27)
Mecanismo
Azione
Effetto
Enzimatico
Inibizione 5’-deiodasi
Inibizione captazione tissutale degli
ormoni tiroidei
Aumentata concentrazione sierica
T4
Ridotta concentrazione sierica T3
Aumentata concentrazione sierica
rT3
Citotossico
Diretto di amiodarone e desetilamiodarone
Da eccesso di iodio
Citonecrosi
Autoimmunitario
Recettoriale
Aumento sottopopolazioni
linfocitarie
Precipitazione pregressa
autoimmunità
Riduzione recettori per le catecolamine
Riduzione effetto T3 sui recettori beta
Condizione tissutale “similipotiroidea”
16
Nell’uomo, la conversione di T4 in T3 e di T2 in rT3 è catalizzata dall’enzima 5’-desiodasi.
Esistono due tipi di questo enzima, il tipo I nei tessuti periferici ed il tipo II a livello ipofisario. Per
il suo effetto enzimatico, l’amiodarone inibisce l’attività della 5’-desiodasi, soprattutto a livello
epatico (28, 29). Questa inibizione persiste per diversi mesi dalla sospensione del farmaco (30-31).
Vi è anche inibizione dell’ingresso degli ormoni tiroidei nei tessuti periferici (2). Entrambi questi
meccanismi contribuiscono all’aumentata concentrazione sierica di T4 (spesso ai limiti alti della
normalità o leggermente superiori) ed alla ridotta concentrazione sierica di T3 (spesso ai limiti bassi
della normalità) che si osserva nei soggetti eutiroidei in terapia cronica con amiodarone (30, 2). In
genere è molto più evidente l’aumento della concentrazione sierica di rT3 (33, 34). Sono anche
descritte modificazioni dose e tempo dipendenti nella concentrazione sierica di TSH (2, 29, 35). In
genere il TSH è nei limiti della norma per somministrazione di 200-400 mg/die di farmaco, anche
se spesso vi è un’aumentata risposta allo stimolo con ormone ipotalamico (36). Con dosaggi più
elevati, invece, si assiste ad un aumento del TSH, probabilmente dovuto alle variazioni delle
concentrazioni degli ormoni tiroidei (37). È stato anche postulato che l’effetto sul TSH sia di tipo
diretto, attraverso lo stimolo della secrezione e della sintesi a livello ipofisario, grazie all’inibizione
della 5’- desiodasi tipo II, deputata alla conversione di T4 in T3 nell’ipofisi (2). Per tale motivo, i
valori di riferimento nei pazienti eutiroidei in terapia con amiodarone sono diversi rispetto ai
pazienti non trattati (38). L’amiodarone possiede anche un effetto citotossico diretto sulla tiroide,
potenziato dall’eccesso di iodio rilasciato dal farmaco (2). Il desetilamiodarone, metabolita attivo
dell’amiodarone, è anche più citotossico per le cellule tiroidee e la sua concentrazione
intraghiandolare è più elevata di quella dell’amiodarone (39). Lo iodio può indurre autoimmunità
tiroidea nell’uomo e negli animali, ma non è stato confermato un aumento dell’autoimmunità in
corso di terapia con amiodarone. La maggior parte degli studi, infatti, ha indicato che è improbabile
che autoanticorpi antitiroidei compaiano in soggetti con test negativi prima dell’inizio del
trattamento (2). L’amiodarone, però, aumenta alcune sottopopolazioni linfocitarie, così in individui
suscettibili, il farmaco potrebbe precipitare od esacerbare una preesistente autoimmunità organospecifica (39). Questo dato sembra, comunque, più importante nella patogenesi dell’ipotiroidismo
indotto da amiodarone. Per il suo effetto sui vari tipi di recettore, la terapia cronica con amiodarone
causa, a livello tissutale, una condizione “simil-ipotiroidea”. Ciò è dovuto ad una riduzione nel
numero dei recettori per le catecolamine e ad una riduzione dell’effetto della T3 sui recettori beta.
Sono descritti anche effetti di ridotta trascrizione dei geni dipendenti dalla T3 (40). Inoltre sembra
17
esserci una down-regulation di alcuni sottotipi di recettore per gli ormoni tiroidei nei tessuti
periferici (2, 41).
3.2.1. Effetti dell'amiodarone sui test di funzione tiroidea
Usualmente all’inizio del trattamento con amiodarone e durante le prime due settimane si realizza il
fenomeno di Wolff-Chaikoff (42), ovvero l’aumento delle concentrazioni di ioduro, che induce
un’inibizione temporanea della produzione e del rilascio di T3-T4 da parte della tiroide (fig. 3). Ne
consegue una possibile riduzione del livello degli ormoni circolanti nei primi giorni di terapia.
Figura 3. Fenomeno di Wolff-Chaikoff (43)
Assunzione
di
amiodarone
aumento della
concentrazione di
iodio liberata
durante il
metabolismo del
farmaco
diminuzione
della
captazione
tiroidea di
ioduro
diminuzione
transitoria nella
produzione e
rilascio degli
ormoni tiroidei
aumento
temporaneo
del livello di
ormone
stimolante la
tiroide
L’amiodarone, come già riportato, inoltre riduce la conversione periferica di T4 a T3 (34, 44). I
livelli ematici di TSH, invece, tendono ad aumentare durante i primi mesi del trattamento per poi
ritornare a livelli normali nei soggetti eutiroidei; la concentrazione plasmatica del T3 reverse è stata
usata come indice di efficacia del medicamento (35). In sintesi negli esami di routine si osserva un
aumento delle concentrazioni plasmatiche di tiroxina (T4), di T3 reverse (rT3) e dell’ormone
tireostimolante (TSH) e una riduzione del livello di T3. Gli effetti dell’amiodarone comunque sono
lievemente diversi se osservati nei primi tre mesi di terapia o nei mesi successivi, come si rileva
nella tabella 2 (45)
18
Tabella 2. Effetti dell’amiodarone sui test di funzionalità tiroidea in soggetti eutiroidei
Test subacuto
Cronico
(fino a 3 mesi)
(›3 mesi)
T4
modesto aumento
(Possibile ↓ transitorio nei primi giorni di
terapia, per effetto inibitorio da carico di iodio
(effetto di Wolff-Chaikoff)
rimane aumentato fino al 40%
(può essere ai limiti superiori
della norma o di poco aumentato)
T3
diminuito
(di solito ai limiti inferiori della norma)
rimane ai limiti inferiori della norma
TSH
tendenzialmente normale
rT3
aumento transitorio
(fino a 20 mU/l)
aumentato
aumentato
3.2.2. Ipertiroxinemia eutiroidea
Le modificazioni delle concentrazioni degli ormoni tiroidei indotte dall’amiodarone e soprattutto un
aumento della T4 totale e della sua frazione libera possono in alcuni pazienti essere consistenti al
punto di superare il limite superiore dell’intervallo di riferimento considerato normale. Tale
condizione non associata a TSH soppresso, né a segni di ipertiroidismo, è definita ipertiroxinemia
eutiroidea o isolata e la terapia cronica con amiodarone è solo una delle possibili cause che possono
determinarla (46). La prevalenza di tale condizione nei pazienti in terapia con amiodarone varia tra
il 16 e il 32.8% (47, 48). Poiché tale condizione rappresenta una conseguenza fisiologica della
terapia cronica con amiodarone, non necessita di alcun trattamento e va semplicemente differenziata
dall’ipertiroidismo. La tabella 3 riassume i dati clinico-ormonali dell’ipertiroxinemia eutiroidea.
Tabella 3. Ipertiroxinemia eutiroidea
FT4
aumentato
TSH
normale
Segni clinici di ipertiroidismo
assenti
19
4. DISFUNZIONE TIROIDEA DA AMIODARONE
Sebbene la maggior parte dei pazienti che assumono amiodarone rimangano eutiroidei, alcuni
possono sviluppare disfunzione tiroidea, sia in senso iperfunzionante che ipofunzionante (2). I
diversi studi pubblicati riportano un’incidenza di ipertiroidismo da amiodarone (AIT) dall’1 al 23%
e di ipotiroidismo indotto da amiodarone (AIH) dall’1 al 32%, per cui l’incidenza complessiva di
disfunzione tiroidea da amiodarone sembra essere nel range di 14-18% (2, 32). Altri studi riportano
incidenze di disfunzioni tiroidee intorno al 50% dei pazienti trattati (49). Inoltre, la valutazione di
un gruppo di pazienti adulti con cardiopatia congenita ha rilevato una prevalenza di disfunzione
tiroidea nel 36% tra quelli trattati con amiodarone. In questi i fattori di rischio per lo sviluppo di
disfunzione tiroidea erano: sesso femminile, cardiopatia cianogena complessa, pregresso intervento
tipo Fontan e posologia di amiodarone > 200 mg/die (48). L’AIT sembra più frequente nelle aree a
bassa assunzione di iodio, come l’Italia, mentre l’ipotiroidismo in quelle ad apporto sufficiente
(USA, UK) (Fig. 4) (2, 47, 50, 51, 52). Nel complesso, i fattori predisponenti per l’AIT sono il
sesso maschile ed il carente apporto alimentare di iodio. I fattori predisponenti per l’AIH sono l’età
avanzata, il sesso femminile, l’apporto alimentare di iodio adeguato, la presenza di autoanticorpi
antitiroide (26).
20
Figura 4. Prevalenza delle alterazioni tiroidee indotte da amiodarone in un’area della Toscana con
apporto insufficiente di iodio ed un’area iodosufficiente degli USA (53)
4.1. Ipertiroidismo indotto da amiodarone (AIT)
4.1.1. Epidemiologia
L’ipertiroidismo indotto dall’amiodarone (AIT) è prevalente nelle aree iodocarenti e nel sesso
maschile, con un rapporto M/F di 3/1 (2, 52). L’AIT può svilupparsi all’inizio del trattamento o
dopo molti anni (2, 54). In uno studio del 1991, la durata media di trattamento prima dello sviluppo
di AIT è stata di circa 3 anni (54). In uno studio recente condotto in Hong Kong, su 390 pazienti che
assumevano Amiodarone, 24 (6%) hanno sviluppato AIT, e la durata media del trattamento prima
dello sviluppo di AIT è stata di 37 settimane (da 24 a 50) (55). A causa del deposito tissutale
dell’amiodarone e dei suoi metaboliti, AIT può svilupparsi anche molti mesi dopo la sospensione
21
del trattamento (2). Lo sviluppo di AIT non sembra correlato alla dose giornaliera né a quella
cumulativa di farmaco (2-50) e non ci sono criteri di prevedibilità (54), anche se è stato suggerito
che la mancata risposta del TSH all’infusione di ormone ipotalamico possa rappresentare un fattore
di rischio (51).
4.1.2. Patogenesi
Ai fini prognostici e terapeutici, sono stati distinti due sottotipi di AIT (56, 57). Questi riflettono
anche un differente meccanismo patogenetico, per quanto non ancora del tutto spiegato. L’AIT di
tipo 1 si sviluppa in tiroidi con precedenti patologie, mentre l’AIT di tipo 2 su tiroidi
apparentemente normali. L'alterata funzionalità può quindi svilupparsi sia in una ghiandola normale
che in una ghiandola con pregresse disfunzioni, indipendentemente dall’apporto di iodio della zona
in cui si vive (2, 34, 38, 58). L’autoimmunità umorale sembra giocare un ruolo minimo, o nullo,
sullo sviluppo di AIT in pazienti senza disordini tiroidei sottostanti (2). Anticorpi antitireoglobulina,
antitireoperossidasi e antirecettore del TSH sono stati riscontrati solo in pazienti con AIT e
precedenti anomalie tiroidee, ma non in soggetti con tiroide normale (59). Nella figura 5 si
evidenzia come i valori di attività dell’adenilato-ciclasi (correlati all’aumento degli anticorpi
antirecettore del TSH) siano elevati solo in pazienti con AIT instauratosi su gozzo diffuso e non in
soggetti normali o con AIT su adenoma tossico o gozzo multi nodulare.
22
Figura 5. Anticorpi anti TSH (dosati mediante l’aumento dell’attività adenilato-ciclasi) in 46
pazienti con AIT e 35 controlli (59)
Nell’AIT tipo I, che si sviluppa in pazienti con patologie tiroidee sottostanti (morbo di Basedow
latente, gozzo diffuso, gozzo nodulare), il meccanismo patogenetico postulato è quello di
un’eccessiva ormono-sintesi indotta dal carico di iodio (2). Questo dato è confortato dal riscontro di
un marcato aumento, in questi pazienti, del contenuto di iodio intratiroideo, che si normalizza al
raggiungimento dell’eutiroidismo (58). Tale riscontro è più frequente nei pazienti con disordine
tiroideo sottostante, che risiedono in un’area a moderata deficienza iodica, nei quali la tiroide
sembra non adattarsi all’eccessivo carico di iodio fornito dall’amiodarone (2). In questo sottogruppo
di pazienti il valore di interleuchina-6 (che aumenta nei processi distruttivi della tiroide) (60) è
normale o solo lievemente aumentato, escludendo un coinvolgimento del meccanismo tossico nella
patogenesi del disordine (2). Nell’AIT tipo II, invece, si suppone che abbia maggiore importanza
l’effetto citotossico del farmaco sulla tiroide con associata dismissione di ormoni preformati dalle
23
cellule danneggiate (2). In studi in vitro è stato dimostrato che l’amiodarone ed il desetilamiodarone
hanno effetti citotossici sulle cellule tiroidee, causando distruzione ghiandolare e conseguente
rilascio di ormoni tiroidei preformati nella circolazione sistemica (2-61-62). L’esame istologico
eseguito in questi pazienti ha mostrato danno follicolare severo (63), i pazienti in genere non hanno
disfunzioni tiroidee ed i test di autoimmunità tiroidea sono negativi (2). Inoltre, si riscontrano bassi
valori di captazione tiroidea di iodio, la concentrazione sierica di interleuchina-6 è spesso molto
elevata (64). In questi pazienti, la fase tireotossica è talvolta seguita da un modesto ipotiroidismo
(fino al 10% dei pazienti) (65).
4.1.3. Istologia
Le caratteristiche istologiche più comunemente osservate nell’AIT sono la trasformazione
colloidale del parenchima, aree di interruzione follicolare con numerosi macrofagi schiumosi nella
colloide e nell’interstizio, degenerazione dell’epitelio dei follicoli con presenza di cellule follicolari
con citoplasma vacuolizzato e nuclei picnotici, presenza di aree rigenerative e una moderata
infiltrazione di linfociti T. Queste lesioni possono essere specifiche di una tossicità da iodio. La
patogenesi è ancora discussa e complessa. Probabilmente sono coinvolti meccanismi tossici,
immunologici o allergici (56, 66).
24
Figura 6. Visualizzazione ad alto ingrandimento di un campione di tessuto tiroideo prelevato ad un
paziente affetto da AIT tipo 2. L'epitelio follicolare è degenerato. La presenza di istiociti schiumosi
nei follicoli rappresenta la caratteristica istologica della tireotossicosi indotta da amiodarone (56)
4.1.4. Manifestazioni cliniche
Il quadro clinico dell’ipertiroidismo da amiodarone è caratterizzato dal mancato controllo o
addirittura dall’aggravamento dei disturbi cardiaci che avevano richiesto la sua somministrazione
(recidiva di tachiaritmie, ecc.). La restante tipica sintomatologia dell’ipertiroidismo (palpitazioni,
perdita di peso, iperidrosi, cute calda, intolleranza al caldo, febbricola, dolori muscolari,
affaticamento, difficoltà ad addormentarsi, tremori) può essere sfumata e assente a causa dell’azione
antiadrenergica dell’amiodarone e dell’inibizione della conversione di T4 in T3. La ricomparsa o
l’esacerbazione della patologia cardiaca in un paziente in terapia con amiodarone, dovrebbe indurre
un'indagine sulla funzione tiroidea (2). Molti pazienti con fibrillazione atriale sono trattati con
warfarin per ridurre il rischio clinico di tromboembolia. Il warfarin esercita il suo effetto
anticoagulante inibendo i fattori II, VII, IX e X vitamina K-dipendenti della coagulazione (67).
Sebbene la farmacocinetica del warfarin è immutata nella tireotossicosi, mentre la velocità di
25
degradazione dei fattori della coagulazione vitamina K dipendenti è aumentata, si ha un
potenziamento degli effetti del warfarin (68). Pertanto, un cambiamento nella sensibilità al warfarin
che richiede una riduzione della dose dovrebbe portare il medico a sospettare ipertiroidismo. Altre
condizioni cliniche associate con entrambi i tipi di AIT sono gozzo e orbitopatia, anche se queste
condizioni non sono sempre presenti, a meno che il paziente non abbia come malattia di base il
morbo di Graves (2).
4.1.5. Diagnosi
La diagnosi di AIT viene formulata quando, in pazienti che assumono amiodarone, i livelli di TSH
sono risultati essere ridotti ed i livelli di FT3 sierico aumentati. Le concentrazioni sieriche di FT4
sono un indicatore meno utile di ipertiroidismo da quelli della FT3, perché durante la terapia con
amiodarone è diminuita la conversione di T4 a T3 e spesso si riscontrano elevati livelli di T4 senza
che vi siano segni di ipertiroidismo (69).
L'esistenza di alterazioni della tiroide, come il gozzo multinodulare o diffuso e la malattia di
Graves, che possono dar luogo ad autonomia funzionale nel contesto di un eccesso di iodio, può
essere un'indicazione di AIT di tipo 1.
Aumentate concentrazioni di autoanticorpi anti-tiroide, come anticorpi antitireoglobulina, anticorpi
antiperossidasi, anticorpi antirecettori del TSH, così come popolazioni di cellule T specifiche per la
malattia di Graves, sono state dimostrate in pazienti con AIT tipo 1 (51, 54, 70).
L’AIT di tipo 2 è principalmente un processo infiammatorio della tiroide e si verifica in pazienti con
tiroide clinicamente normale.
I livelli di interleuchina 6 (IL-6), una citochina che è un indicatore generale di processi
infiammatori della tiroide, sono leggermente più elevati della norma nell’AIT di tipo 1, ma
marcatamente elevati nell’AIT di tipo 2 come evidenziato nella figura 7 (60).
26
Figura 7. Interleuchina-6 sierica in pazienti trattati con amiodarone ed in un gruppo di controllo.
(60)
AmEu, pazienti eutiroidei trattati con amiodarone; AIH, ipotiroidismo indotto da amiodarone; AIT-,
AIT in assenza di preesistenti anomalie tiroidee; AIT+, AIT con preesistenti anomalie tiroidee; GD,
malattia di Graves; TA, adenoma tossico; NTG, gozzo non tossico.
L’esame ecografico nell’AIT tipo 1 mostra sostanzialmente i segni ecografici della tireopatia di
base: il volume tiroideo può essere normale o aumentato; l’ecostruttura disomogenea ed ipoecogena
nel caso l’AIT si manifesti in pazienti con Basedow latente; con presenza di uno o più noduli nel
caso l’AIT si manifesti in pazienti con gozzo nodulare pretossico. Nell’AIT di tipo 2 la tiroide si
presenta con volume normale, ad ecostruttura finemente disomogenea e debolmente ipoecogena
(71).
L’ecografia color e Power Doppler è una un esame strumentale che mostra il flusso di sangue
intratiroideo. Nell’AIT sono stati descritti 4 pattern color Doppler: nel tipo 0 si ha una
vascolarizzazione parenchimale quasi assente; nel tipo 1 si rileva un flusso parenchimale irregolare;
27
nel tipo 2 un flusso omogeneamente aumentato simile a quello riscontrato nel Basedow,; nel tipo 3
un marcato aumento del segnale a distribuzione diffusa ed omogenea (tabella 4). Pazienti con AIT
di tipo 1 mostrano di solito un aumento della vascolarizzazione simile all’ipertiroidismo spontaneo
(pattern 1-3), mentre quelli con AIT tipo 2 mostrano vascolarizzazione assente (pattern 0) (47, 72,
73), come mostrato nelle figure 8-11 (71).
Tabella 4. Ecocolor Doppler in AIT (52)
Pattern 0: Vascolarizzazione assente, distruzione della ghiandola
Pattern 1: Flusso parenchimale irregolare
Pattern 2: Diffuso, distribuzione omogenea del flusso aumentato, simile al morbo di Graves
Pattern 3: Marcato aumento del segnale e diffusa omogenea distribuzione
Il pattern 0 è associato con AIT tipo 2. Il pattern 1 e 3 con AIT tipo I
28
Figura 8. Ecocolordoppler in paziente con AIT Pattern 0. Vascolarizzazione assente (71)
Figura 9. Ecocolordoppler in paziente con AIT Pattern 1. Flusso parenchimale irregolare (71)
29
Figura 10. Ecocolordoppler in paziente con AIT Pattern 2. Flusso parenchimale omogeneamente
aumentato simile al Basedow (71)
Figura 11. Ecocolordoppler in paziente con AIT Pattern 3. Marcato aumento del segnale a
distribuzione diffusa ed omogenea (71)
30
Altro esame utile per distinguere i due tipi di AIT è rappresentato dalla captazione tiroidea di
iodio131 (RAIU), che è molto bassa (<3%) nell’AIT di tipo 2 e bassa, normale o aumentata
nell’AIT tipo 1 (74, 75). Comunque un lavoro ha dimostrato che la RAIU non è in grado di
distinguere le due forme di AIT (76). La spiegazione è che la presenza di gozzo diffuso o nodulare
associato con bassa captazione tiroidea non esclude una forma distruttiva o mista di AIT.
Recentemente, la scintigrafia tiroidea con 99mTc-2-metossietile isobutil-isonitrile (MIBI) è stata
suggerita come un utile strumento diagnostico in uno studio su 20 pazienti consecutivi con AIT. In
questo studio, la ritenzione diffusa del MIBI, che è indicativa di un tessuto iperfunzionante, era
presente in tutti i pazienti con AIT di tipo 1, mentre nessun assorbimento significativo, suggestivo di
un processo distruttivo, è stato trovato nell’AIT di tipo 2. I quattro pazienti con AIT misto avevano
una debole captazione persistente del MIBI o una eliminazione rapida del tracciante (77).
Una immagine rappresentativa è riportata nella figura 12. La reale utilità di questa costosa
procedura per l'identificazione di forme di AIT complesse e difficili da trattare deve essere
confermata da studi più ampi.
31
Figura 12. Immagine rappresentativa di scintigrafia con 99mTc-MIBI di ghiandola tiroidea affetta
da: (A) AIT I, (B) AIT misto, (C) AIT II. (77)
4.1.6. Terapia
Il trattamento dell’AIT, pur essendo disponibili diverse opzioni terapeutiche, è particolarmente
difficoltoso, sia per la talora scarsa efficacia dei trattamenti, sia per le condizioni cliniche del
paziente, che sono spesso critiche. L’efficacia della terapia con tionamidi (metimazolo,
propiltiouracile, carbimazolo) è limitata dagli elevati valori di iodio intratiroideo. La terapia
radiometabolica è poco efficace dati i valori bassi o soppressi di captazione tiroidea di iodio, ma
può essere considerata in quei pazienti in cui la captazione di radioiodio risulta elevata (2, 38, 78).
La tiroidectomia può essere risolutiva nei pazienti resistenti alla terapia medica o in caso di
recidiva, tenendo però in considerazione l’alto rischio operatorio di pazienti cardiopatici ed
ipertiroidei. Nonostante questo, non si è riscontrata in letteratura una maggiore incidenza di
32
complicanze peri e postoperatorie, e da alcuni la chirurgia è considerata la terapia di scelta,
soprattutto in caso sia necessario mantenere la terapia con amiodarone (56, 79, 80). La plasmaferesi
si è dimostrata efficace nel rimuovere l’eccesso di ormoni tiroidei, anche se l’effetto è transitorio e
spesso è seguita da una riesacerbazione dell’AIT (81).
L’identificazione dei sottotipi di AIT può garantire una base razionale per la scelta della terapia
patogenetica adeguata. Nell’AIT tipo I, l’obiettivo del trattamento dovrebbe, da una parte, bloccare
un’ulteriore organificazione dello iodio e la sintesi degli ormoni tiroidei, dall’altra ridurre l’ingresso
di iodio nella tiroide e svuotare i depositi intratiroidei, per potere così aumentare l’efficacia delle
tionamidi e permettere una terapia con radioiodio, da eseguire in tempi successivi. Per raggiungere
tali scopi, si utilizzano le tionamidi, a dosi più elevate del solito, stante la resistenza a questi farmaci
di una tiroide ricca di iodio. In genere si usano 40-60 mg/die di metimazolo o 600-800 mg/die di
propiltiouracile (47, 82). Per inibire il reuptake tiroideo di iodio, si può associare il perclorato di
potassio (1000 mg/die). Il limite di questo farmaco è la sua tossicità, in particolare l’induzione di
agranulocitosi e di anemia aplastica, che è descritta, solo a dosi elevate, fino al 16-18% dei pazienti
trattati (83, 84). Sia per gli effetti tossici del perclorato che per quelli delle tionamidi associate, è
importante eseguire frequenti controlli dell’emocromo, e limitare la terapia con perclorato a 4-6
settimane (83). In alcuni casi, al posto del perclorato, è stato associato litio carbonato (900-1350
mg/die per 4-6 settimane) al propiltiouracile, con riduzione netta del periodo necessario per il
raggiungimento dell’eutiroidismo (85).
Nell’AIT tipo II, essendoci alla base un meccanismo distruttivo, le tionamidi sono inefficaci (2). In
tali casi sono efficaci i corticosteroidi, sia per l’ effetto antinfiammatorio e quello stabilizzante di
membrana (72, 86), sia perchè inibiscono l’attività della 5’-desiodasi, limitando i sintomi clinici
dell’ ipertiroidismo (86). Martino et al. suggeriscono un trattamento di 2-3 mesi con dosi iniziali di
40 mg/die di prednisone, seguiti da una lenta, graduale riduzione del dosaggio, per minimizzare i
rischi di recidiva (2). In caso di recidiva la terapia va ripresa alle dosi minime efficaci. Nella terapia
dell’AIT di tipo II è stato usato anche il litio per il suo effetto inibitorio sulla secrezione degli
ormoni tiroidei (85). Nella tabella 5 sono illustrati gli schemi terapeutici dell’ AIT (2)
33
Tabella 5. Strategie terapeutiche nell’ AIT (2)
AIT di tipo I
Tionamidi (metimazolo, 30/40 mg/die) in associazione con perclorato di potassio (1g/die per
16-40 gg). Se possibile, interrompere l’amiodarone. Se l’amiodarone non può essere sospeso e la
terapia medica non ha avuto successo, valutare la possibilità di effettuare la terapia
Radiometabolica o la tiroidectomia totale.
AIT di tipo II
Glucocorticoidi per 2-3 mesi (dose iniziale, prednisone 40 mg/die o equivalente). Interrompere
l’amiodarone se possibile. Nelle forme miste aggiungere tionamidi e perclorato di potassio. Dopo
il raggiungimento dello stato di eutiroidismo, follow-up del paziente per possibile progressione
spontanea verso l’ipotiroidismo. Se l’amiodarone non può essere sospeso e la terapia medica non
ha avuto successo, valutare la possibilità di effettuare la tiroidectomia.
Nelle forme di AIT di tipo misto, in cui la patogenesi coinvolge entrambi i meccanismi, è
consigliabile associare i corticosteroidi alla terapia con tionamidi e perclorato (2, 38).
Un altro punto controverso è quello del mantenimento della terapia antiaritmica. Alcuni studi
riportano efficacia terapeutica anche non sospendendo l’amiodarone (87, 88), ma la maggior parte
dei dati a disposizione conferma che la sospensione del farmaco è parte integrante della terapia (2,
38, 60). Nei casi in cui non è possibile interrompere l’amiodarone e la terapia medica fallisce, la
tiroidectomia rappresenta un’alternativa valida (79, 80, 89). Per i pazienti con una storia di AIT nei
quali l’amiodarone diventa necessario, dopo che era stato sospeso, bisogna considerare la possibilità
di ablazione tiroidea con radioiodio o con tiroidectomia prima di riprendere l’assunzione del
farmaco (2, 87). Alcuni autori giapponesi suggeriscono di non sospendere la terapia con amiodarone
nei casi di recidiva di AIT tipo II, perché l’ipertiroidismo spesso si risolve spontaneamente o si
manifesta in forma lieve (90).
I pazienti con AIT, particolarmente quelli con AIT tipo 2, possono talora andare incontro ad
ipotiroidismo, per cui è necessario programmare il follow-up (65).
Nella tabella 6 sono illustrati i meccanismi patogenetici, le manifestazioni cliniche, gli iter
diagnostici e la terapia consigliata nelle due forme di AIT.
34
Tabella 6. Comparazione tra AIT di tipo I ed AIT di tipo II (56, 57)
Tipo 1
Tipo 2
Malattia tiroidea
preesistente o latente
Usualmente presente
Assente
Prevalenza
Più comune in aree a carenza iodica
Più comune in aree
iodosufficienti
Durata
dell’assunzione di
amiodarone
Usualmente breve (<1–2 anni)
Usualmente lunga (>2 anni)
Patogenesi
Mancata regolazione della sintesi
Distruzione della ghiandola
ormonale a causa di un eccessivo carico di dovuta all’effetto citotossico
iodio (Jod-Basedow phenomenon)
diretto dell’amiodarone
Remissione
spontanea
No
Possibile
Esame obiettivo della Probabile presenza di gozzo
tiroide
Tiroide normale
Anticorpi antitiroide
Probabilmente assenti
Probabilmente presenti
Captazione radioiodio Bassa/normale/aumentata
Bassa/assente
Scintigrafia
Captazione presente
Captazione assente
Interleuchina-6
Normale
Alta
Ecografia tiroidea
Gozzo diffuso o nodulare
Tiroide normale (ipoecogena)
(piccolo gozzo)
Eco color Doppler
Flusso parenchimale aumentato
Flusso normale o diminuito
Terapia
Interrompere la somministrazione di
amiodarone; tionamidi; perclorato o litio
La sospensione
dell’amiodarone può non
essere necessaria;
glucocorticoidi
Successivo
ipotiroidismo
Non comune
Comune
Terapia successiva
per la malattia
tiroidea di base
Probabile
No
35
4.1.7. Conclusioni
Data l’alta incidenza di ipertiroidismo nei pazienti che assumono amiodarone, specie nelle aree
iodocarenti come l’Italia, in questi pazienti è consigliabile, prima di iniziare la terapia con
amiodarone, eseguire il dosaggio di FT3, FT4, TSH, anticorpi antiperossidasi ed antitireoglobulina,
ecocolordoppler della tiroide. Durante la terapia si raccomanda un controllo del TSH e degli ormoni
liberi circolanti ogni sei mesi, o prima, se le condizioni cliniche lo richiedono (91).
4.2. Ipotiroidismo indotto da amiodarone (AIH)
4.2.1. Epidemiologia
Durante il trattamento cronico con amiodarone si manifesta ipotiroidismo nel 5-32% dei casi (35,
51). Questa grande differenza tra i vari studi dipende soprattutto dall’area geografica nella quale
essi sono stati condotti; infatti l’ipotiroidismo risulta più frequente nelle aree a normale apporto
alimentare di iodio, mentre nelle zone iodio-carenti prevale l’ipertiroidismo. In Italia la prevalenza
di ipotiroidismo da amiodarone è del 5.3% (47). Alcuni studi suggeriscono che l’incidenza dell’AIH
si riduca del 5-10% dopo oltre un anno di terapia con amiodarone (51-54-69). Questa riduzione può
essere prevalentemente dovuta ad un meccanismo autoregolatore della tiroide all’eccesso di iodio
(91). L’AIH insorge solitamente nei primi mesi di terapia e quasi sempre nei primi 2 anni (82). In
un recente studio condotto tra la popolazione cinese di Hong Kong l’insorgenza dell’AIH si
verificava dopo 15-63 settimane (media 26 settimane) dall’inizio della terapia (93). In genere l’AIH
sviluppa prima dell’AIT sia in pazienti con tiroidi apparentemente normali che in pazienti con
preesistenti patologie tiroidee (2, 51, 54, 94). In un lavoro italiano, su 28 pazienti affetti da AIH, 19
(68%) avevano preesistenti patologie tiroidee mentre 9 (32%) avevano tiroidi normali. Tra le
anomalie preesistenti la presenza di anticorpi antitiroide è la più rilevante, essendo stata riscontrata
nel 53% dei pazienti con AIH con preesistenti alterazioni tiroidee (51). L’incidenza è maggiore nel
sesso femminile con un rapporto di 1,5-1 (2, 37, 47, 54). Altra condizione che sembra favorirne
l’insorgenza è l’età avanzata (82).
36
4.2.2. Patogenesi
I possibili meccanismi etiopatogenetici chiamati in causa per spiegare l’instaurarsi
dell’ipotiroidismo da amiodarone sono fondamentalmente tre. Il meccanismo etiopatogenetico più
probabile è che la ghiandola tiroidea danneggiata da una preesistente tiroidite di Hashimoto non è in
grado di sfuggire all’effetto acuto di Wolff-Chaikoff dovuto al carico di iodio presente nella
molecola di amiodarone. In un lavoro di Martino et al. (95), è stato evidenziato che un gruppo di
pazienti eutiroidei con presenza in circolo di autoanticorpi antitiroide che andavano incontro ad un
trattamento cronico con amiodarone sviluppavano nel 70% circa dei casi un incremento del titolo
anticorpale con evoluzione verso l’ipotiroidismo. Tale osservazione suggerisce che la
somministrazione del farmaco non determina l’insorgenza di una tireopatia autoimmune ma sembra
piuttosto modificare il corso naturale della tiroidite autoimmune già presente favorendone
l’evoluzione verso l’ipotiroidismo. Il secondo meccanismo etiopatogenetico è più complesso: in
condizioni normali la somministrazione di dosi farmacologiche di iodio induce un blocco transitorio
della sintesi degli ormoni tiroidei; la tiroide normale “sfugge” a questo blocco della sintesi
ormonale per adattamento alle elevate concentrazioni di iodio. Tuttavia in alcuni soggetti che
presentano un difetto nell’organificazione dello ioduro intratiroideo, si sviluppa l'ipotiroidismo (96).
Questo meccanismo patogenetico induce un ipotiroidismo che nella maggioranza dei casi regredisce
entro pochi mesi dalla sospensione del trattamento (51).
Il terzo meccanismo chiamato in causa, meno frequente degli altri, è il processo distruttivo tiroideo
che, nella prima fase si associa ad ipertiroidismo, mentre nella seconda fase è associato ad
ipotiroidismo. In tali pazienti il quadro è irreversibile (65)
4.2.3. Manifestazioni cliniche
Il quadro clinico dell’ipotiroidismo da amiodarone non differisce da quello da altre cause: astenia,
facile affaticabilità, intolleranza al freddo, cute secca, perdita di memoria, aumento di peso sono i
sintomi più comuni. Alcuni sintomi e segni possono però risultare insidiosi e mal interpretati: ad
esempio la bradicardia può essere attribuita all’azione del farmaco, oppure l’aumento di peso,
l’astenia e la facile affaticabilità possono essere interpretati come un peggioramento della
37
cardiopatia di base (96). Sono riportati casi di coma mixedematoso secondario all’uso di
amiodarone (94, 97) e casi di grave ipotiroidismo da amiodarone in età pediatrica (98).
4.2.4. Diagnosi
La diagnosi di ipotiroidismo da amiodarone è basata sul riscontro di elevate e persistenti
concentrazioni plasmatiche di TSH con FT4 sierico ridotto. Le concentrazioni di T3 totale e della
sua frazione libera possono essere normali anche in pazienti clinicamente ipotiroidei. Tra gli esami
strumentali particolarmente utile risulta l’ecocolordoppler tiroideo in quanto aiuta a differenziare il
meccanismo etiopatogenetico che sta alla base dell’AIH. Infatti, come evidenziato nella tabella 7 e
nelle figure 13-15, nell’AIH con meccanismo autoimmune la tiroide appare con ecostruttura
diffusamente disomogenea ed ipoecogena, normo o ipervascolarizzata; nell’AIH da difetto di
organificazione la tiroide mostra ecostruttura normale; nell’AIH con meccanismo distruttivo la
tiroide mostra ecostruttura finemente disomogenea, debolmente ipoecogena, ipovascolarizzata (71).
Tabella 7. Caratteristiche strutturali della tiroide all'esame ecocolordoppler in pazienti affetti da
AIH (71)
Autoimmune
Tiroide ad ecostruttura disomogenea ed
Ipoecogena, normo o ipervascolarizzata
Difetto di organificazione Tiroide ad ecostruttura normale
Distruttivo
Tiroide ad ecostruttura finemente disomogenea,
debolmente ipoecogena, ipovascolarizzata
38
Figura 13. Ecocolodoppler in paziente con AIH a meccanismo autoimmune. Tiroide ad ecostruttura
diffusamente disomogenea, ipervascolarizzata (99)
Figura 14. Ecocolodoppler in paziente con AIH da difetto di organificazione. Tiroide ad
ecostruttura omogenea, normovascolarizzata (99)
39
Figura 15. Ecografia ed eco Power Doppler in paziente con AIH a meccanismo distruttivo. Tiroide
ad ecostruttura finemente disomogenea, ipovascolarizzata (99)
4.2.3. Terapia
La terapia dell’ipotiroidismo indotto da amiodarone è meno problematica della terapia dell’AIT e si
basa sulla somministrazione di levotiroxina. Se la patologia cardiaca necessita dell’amiodarone è
possibile proseguire la terapia in associazione con la levotiroxina (96). In questi pazienti di solito
sono necessarie dosi di L-T4 più elevate a causa dell’effetto inibitorio della conversione di T4 in T3
da parte dell’amiodarone. Nei pazienti che possono sospendere la terapia con amiodarone, di solito
si ha ritorno all’eutiroidismo, maggiormente in pazienti che non hanno una preesistente tiroidite di
Hashimoto (51). La posologia di tale farmaco deve essere regolata in modo tale da ripristinare la
condizione eutiroidea in modo graduale, in quanto un eccesso di L-T4 può portare ad un
peggioramento del quadro per aggravamento della cardiopatia sottostante. La concentrazione sierica
del TSH è il parametro di laboratorio più importante da considerare nel monitoraggio dei pazienti in
terapia con L-T4. In considerazione del fatto che si tratta di pazienti cardiopatici è preferibile
mantenere i livelli del TSH ai limiti alti della norma (2).
Lo schema posologico prevede l’inizio del trattamento con 25 microgrammi al giorno di L-T4 con
successivi incrementi graduali di 25 microgrammi ogni 2-4 settimane fino al raggiungimento
40
dell’eutiroidismo (96). Per un ripristino più veloce dell’eutiroidismo è stato proposto un breve ciclo
di perclorato di potassio (1 g. al giorno per 10-30 giorni). Il razionale di questo trattamento risiede
nel fatto che il perclorato di potassio inibisce l'assorbimento di ioduro dalla tiroide, diminuendo così
l'effetto inibitorio di un eccesso di iodio intratiroideo (100).
41
5. AMIODARONE IN GRAVIDANZA
In gravidanza l’amiodarone è usato per trattare aritmie materne o fetali. L’amiodarone passa
attraverso la placenta ed è escreto dal latte materno (101). È sempre sconsigliabile il suo impiego in
donne giovani che non prendano precauzioni per il controllo di eventuali gravidanze; infatti, anche
se sospeso all’inizio della gravidanza, la presenza in circolo del farmaco può causare disfunzioni
tiroidee nel feto (102). Gli ioduri possono alterare la funzionalità tiroidea fetale dopo la 10°
settimana di gestazione, quando (12-14° settimana) inizia la captazione di iodio da parte della
tiroide fetale (103). Una disfunzione tiroidea può essere ipotizzata nel 2° trimestre di gravidanza in
base al ritardo di maturazione ossea (104). In una casistica riportata da Jefferson ed altri nel 2004,
da una revisione della letteratura, su 69 pazienti gravide trattate con amiodarone, alterazioni tiroidee
si sono verificate in 18 neonati (26%). In 2 di questi si era verificata una ipertiroxinemia transitoria,
negli altri 16 un ipotiroidismo (105). La Food and Drug Administration inserisce l’amiodarone in
classe D per quanto riguarda la gravidanza, segnalandone il possibile effetto teratogeno, la
possibilità di distiroidismo, di ritardo della crescita e la possibilità di parto prematuro. La classe D
comprende quei farmaci per i quali è documentato un rischio di effetti avversi, ma i possibili
benefici del trattamento potrebbero essere considerati, in casi specifici, superiori ai rischi (come ad
esempio il controllo di aritmie ventricolari maligne non trattabili in altro modo). Nell’era dei
defibrillatori impiantabili l’uso dell’amiodarone in tali pazienti dovrebbe essere verosimilmente
molto limitato.
Sebbene l’ipotiroidismo neonatale da uso di amiodarone nella madre è spesso transitorio, è
consigliabile comunque trattare i neonati con L-T4 in quanto è stato riportato che la crescita e lo
sviluppo psico-motorio erano normali in alcuni casi (106, 107, 108), ma ridotti in altri (109, 110).
Dal momento che l'amiodarone è secreto nel latte, l'allattamento al seno non è una
controindicazione assoluta, ma comporta un rischio, perché il feto è molto sensibile all’AIH (30,
109). Pertanto, la funzione tiroidea nel neonato allattato da madre che assume amiodarone deve
essere attentamente monitorata per escludere l'eventuale insorgenza di AIH.
42
6. AMIODARONE IN ETA’ PEDIATRICA
Con lo sviluppo delle tecniche ablative le indicazioni all’uso degli antiaritmici e dell’amiodarone in
età pediatrica sono notevolmente cambiate.
Le aritmie sopraventricolari da rientro nel nodo atrioventricolare e quelle da via anomala possono
essere trattate con ablazione transcatetere, come pure alcune aritmie atriali e ventricolari.
In età pediatrica l’indicazione all’impiego dei farmaci antiaritmici resta quindi limitata alle aritmie
nel contesto di cardiopatie congenite, di neoplasie del cuore, di aritmie non ablabili o per le quali si
preferisca attendere un aumento dell’età e del peso corporeo prima di procedere all’ablazione (109).
L’amiodarone in età pediatrica presenta la stessa efficacia che nell’adulto, ed è impiegabile con una
certa sicurezza presentando effetti proaritmici scarsi ed effetti collaterali percentualmente inferiori,
e meno gravi, rispetto a quelli osservati nell’adulto (112, 113). In particolare risultano rari gli effetti
sulla funzionalità tiroidea.
Rispetto agli adulti il momento della comparsa degli effetti sulla tiroide è diverso, in quanto nei
bambini non vi è un aumento dell’incidenza degli effetti collaterali con il prolungarsi del
trattamento (114).
L’amiodarone è metabolizzato più rapidamente nel bambino rispetto all’adulto ed il suo effetto
inizia generalmente dopo solo pochi giorni di trattamento (con la somministrazione per os), come
pure termina prima dopo la sospensione (alcune settimane rispetto ai mesi spesso necessari
nell’adulto) (114). Se somministrato nei bambini di età < 2 anni va ricordato come la posologia
debba essere calcolata per superficie corporea e non in base al peso (115).
Il primo ampio studio sull’uso dell’amiodarone per os nei bambini è quello di Coumel e Fidelle
(112) che riportano i risultati del trattamento di 135 pazienti di età media 10.2 anni, seguiti in un
follow-up medio di 4.1 mesi. Il farmaco risultò estremamente efficace e gravato da scarsi effetti
collaterali sulla tiroide, che si sono verificati solo in 3 casi (2%): due casi di ipertiroidismo ed un
caso di ipotiroidismo, tutti regrediti con la sospensione della terapia.
Dati simili sono stati riportati successivamente nello studio di Guccione et al. (114) in 95 giovani
pazienti (di età media 12.4 anni, minima 3 settimane e massima 31 anni), seguiti durante il
trattamento con amiodarone in un follow-up medio di 2.3 anni. Non furono osservate modificazioni
della crescita e l’incidenza totale di effetti collaterali risultò del 29%, inferiore a quella
generalmente osservabile negli adulti. In 6 casi (6%) fu osservata un’alterazione dei test di
43
funzionalità tiroidea, ma in nessun caso segni clinici di distiroidismo. Tutti gli effetti collaterali
regredirono con la sospensione o con la riduzione della posologia del farmaco.
In un lavoro del 2001 su 37 piccoli pazienti di età compresa tra un giorno e 16 anni, trattati con
amiodarone per una media di otto mesi, si sono verificati alterazioni degli esami tiroidei solo in 3
casi (8%) (116).
Un’incidenza lievemente superiore di effetti sulla tiroide è stata descritta nel lavoro di Bosser ed
altri (117). Lo studio è stato condotto su 37 pazienti di età inferiore a 15 anni, durata della terapia
4+/- 3 anni. Alterazioni della funzione tiroidei si sono verificati in 7 casi (19%), di cui 4 casi di
ipertiroidismo e 3 casi di ipotiroidismo clinico o biologico.
Non sono stati descritti casi di distiroidismo dopo somministrazione di amiodarone endovena in età
pediatrica (114, 118, 119).
44
7. DRONEDARONE COME ALTERNATIVA ALL’AMIODARONE
Il dronedarone è un nuovo antiaritmico analogo dell’amiodarone, con proprietà elettrofisiologiche
simili, ma con struttura chimica differente, indicato in pazienti con fibrillazione atriale parossistica
o persistente ed in pazienti con flutter atriale (120). Dalla struttura dell’amiodarone sono state
rimosse le molecole di iodio ed è stato aggiunto un gruppo sulfonil-metano (Fig. 16). Modifiche
fatte per ridurre gli effetti collaterali dell’amiodarone (121).
Figura 16. Formula chimica dell’amiodarone (sopra) e del dronedarone (sotto)
Rispetto all’amiodarone il dronedarone ha una scarsa biodisponibilità ed una più breve emivita, che
impone un dosaggio di due somministrazioni giornaliere. In un’analisi di efficacia comparativa,
tuttavia il dronedarone non si è dimostrato superiore all’amiodarone nel ridurre la recidiva di
fibrillazione atriale. Il dronedarone può essere una ragionevole alternativa in quei pazienti che non
tollerano l’amiodarone o che hanno patologie che controindicano l’uso dell’amiodarone (ad
esempio le patologie tiroidee). Tuttavia il dronedarone non è stato studiato in un'ampia casistica di
pazienti e patologie in cui è stato studiato l’amiodarone (120).
Il Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell'Agenzia europea dei medicinali
ha
raccomandato di limitare l'uso di dronedarone per un aumentato rischio di danni epatici, polmonari
e cardiovascolari. Il farmaco antiaritmico deve essere prescritto solo per mantenere il ritmico
cardiaco in pazienti con fibrillazione atriale parossistica o persistente al fine di stabilizzare il ritmo
sinusale a seguito di cardioversione con esito soddisfacente. A causa di un aumentato rischio a
carico del fegato, del polmone e di eventi avversi cardiovascolari, dronedarone deve essere
45
prescritto solo dopo che siano state valutate opzioni alternative di trattamento. Il Comitato, inoltre,
ha raccomandato altre misure di minimizzazione del rischio per ridurre il pericolo di danni al
fegato, al polmone e al sistema cardiovascolare.
Nella tabella 8 sono sintetizzate le differenze tra dronedarone ed amiodarone (121)
Tabella 8. Confronto tra le caratteristiche cliniche e farmacologiche del dronedarone e
dell’amiodarone (121)
Amiodarone
Dronedarone
Iodio
Si
No
Emivita
53 giorni
14-30 ore
Blocco IKr; IKs; β1; ICa-L; INa; IK1; IK- Si
No
ACh
Dosaggio
Una volta al giorno dopo il
carico
Due volte al giorno (solo
400mg)
Interazioni con cibi
Si
Si
Metabolismo CYP450 3A4
No
Si
Secrezione tubulare di creatinina
inibita
Si
Si
Basso rischio di torsione di punta
Si
Si
Prescrizione ambulatoriale
Si
Si
Efficace nella soppressione della
FA
65%
50%
Efficace nella soppressione della
TV
Si
Ancora in fase di studio
Diminuita ospedalizzazione CV
No
Si
Ridotto rischio stroke
No
Si
Interazioni con warfarina
Si
No
46
Tossicità polmonare/tiroidea
Si
No
8. CONCLUSIONI
L’amiodarone è un farmaco antiaritmico molto utilzzato in particolare nei pazienti con cardiopatia
ischemica. Tuttavia, una significativa percentuale di pazienti (14-18%) sviluppa alterazioni della
funzione tiroidea, sia ipotiroidismo che ipertiroidismo, che possono manifestarsi sia su ghiandole
apparentemente normali che su tiroidi con preesistenti alterazioni. L’ipotiroidismo non
necessariamente deve essere trattato con la sospensione del farmaco e l’istituzione di una terapia
sostitutiva poiché, in molti casi, è transitorio e comunque soggetto a remissione spontanea con la
sospensione dell’amiodarone. Al contrario, l’ipertiroidismo necessita di una maggior attenzione
nella diagnosi e nel trattamento. Le opzioni terapeutiche includono le tionamidi (da sole o associate
al perclorato di potassio), i glucocorticoidi, la tiroidectomia. La terapia radiometabolica è poco
efficace dati i valori bassi o soppressi di captazione tiroidea di iodio, ma può essere considerata in
quei pazienti in cui la captazione di radioiodio risulta elevata. Nell’AIT di tipo I, che si manifesta in
ghiandola patologica e correlato ad un’aumentata sintesi di ormoni tiroidei iodio-indotta, la terapia
di scelta si basa sull’uso delle tionamidi associate al cloruro di potassio. Nell’AIT di tipo II, che è
dovuto ad una tiroidite distruttiva, il trattamento di scelta si basa sui glucocorticoidi. Le forme miste
di AIT spesso richiedono associazioni terapeutiche di tionamidi, perclorato di potassio e cortisonici.
Nei pazienti in cui l’amiodarone non può essere sospeso e la terapia medica risulta inefficace, si
ricorre all’intervento chirurgico. L’amiodarone, se assolutamente necessario, può essere
somministrato in gravidanza, ma con attento controllo della funzionalità tiroidea neonatale per
possibile insorgenza di AIH.
L’amiodarone in età pediatrica presenta la stessa efficacia che
nell’adulto, ed è impiegabile con una certa sicurezza presentando effetti pro aritmici scarsi ed effetti
collaterali percentualmente inferiori, e meno gravi, rispetto a quelli osservati nell’adulto. In quei
pazienti che non tollerano l’amiodarone o che hanno patologie che ne controindicano l’uso, come le
47
malattie tiroidee, è stato recentemente proposto l’uso del dronedarone, un farmaco con
caratteristiche elettrofisiologiche e terapeutiche simili, ma con assenza di effetti collaterali sulla
tiroide.
_____________
Nella tabella 9 vengono sintetizzate le caratteristiche delle patologie tiroidee indotte
dall’amiodarone (122)
Nella figura 17 viene illustrato un recente algoritmo per il management delle malattie tiroidee
indotte dall’amiodarone (123).
Tabella 9: Caratteristiche delle patologie tiroidee indotte dall’amiodarone (122)
48
AIH
AIT
Tipo I
Sesso
Più spesso F RR 7.9
TPO presenti all’inizio RR 7.3
Tipo II
Più spesso M
-
-
Sesso F e TPO presenti RR 13,5
Patologie preesistenti
Hashimoto
Gozzo multi nodulare non tossico o morbo di
Graves
Assunzione basale di
iodio
Normale-alta
bassa
bassa
FT4
Basso-normale
alto
alto
FT3
Basso
Normale o aumentato
Normale o aumentato
TPO
Persistente AIH: 70%+
Captazione
Radioiodio
Bassa-normale
Molto bassa-soppressa
Ecocolor Doppler
Normalevascolarizzazione
aumentata
Vascolarizzazione
assente
Segni di laboratorio
Clinica
Tempo dopo l’inizio
6-12 mesi
1-2 anni
>2 anni
Inizio
Ipotiroidismo
“normale”
brusco
brusco
Disturbi
Ipotiroidismo
“normale”
Scarsi: perdita di peso, Scarsi: perdita di peso,
palpitazioni
palpitazioni
Sospensione
amiodarone
Se possibile
Se possibile
Non sempre necessaria
Farmaci
Levotiroxina
Tionamidi, litio,
perclorato
Prednisone, litio
Evoluzione
A volte guarigione
spontanea
A volte recidiva, no
ipotiroidismo
Spesso ipotiroidismo
Trattamento
49
Figura 17. Algoritmo per il management delle malattie tiroidee indotte dall'amiodarone (123)
Livelli di TSH >10.0 mlU/I
Tests di funzione tiroidea
in condizioni basali e
periodicamente per tutta la
durata del trattamento
Livelli di TSH <0,1mlU/I
Ipertiroidismo (AIT)
Ipotiroidismo (AIH)
Dosaggio TSH, FT3, FT4
Iniziare con basse dosi di
levotiroxina (25/50 microg/
die)
AIT tipo I con gozzo, aumentata
vascolarizzazione della ghiandola e
presenza di autoimmunità
Modificare le dosi ogni
6-12 settimane per
normalizzare i livelli di
TSH sierico o interrompere
il trattamento
Metimazolo
Valutare 131 I
Glucocorticoidi
AIT persistente
Eutiroideo
Stabile
Monitoraggio
AIT tipo II
Segni clinici
o sintomi
Eutiroideo
Follow-up per
ipotiroidismo
Intervento
chirurgico
50
APPENDICE
Scheda tecnica del farmaco AMIODARONE:
INFORMAZIONI CLINICHE
•
Indicazioni terapeutiche
Terapia e prevenzione di gravi disturbi del ritmo resistenti alle altre terapie specifiche:
tachicardie sopraventricolari (parossistiche e non parossistiche) extrasistoli atriali, flutter e
fibrillazione atriale. Tachicardie parossistiche sopraventricolari reciprocanti come in corso di
Sindrome di Wolff-Parkinson-White. Extrasistoli e tachicardie ventricolari. Trattamento
profilattico delle crisi di angina pectoris.
•
Posologia e modo di somministrazione
L'amiodarone ha peculiari caratteristiche farmacologiche (assorbimento orale del 50%,
estesa distribuzione tissutale, lenta eliminazione, ritardata risposta terapeutica per via orale)
ampiamente variabili da individuo ad individuo; per questo la via di somministrazione, il
dosaggio iniziale e quello di mantenimento debbono essere valutati caso per caso,
adattandoli alla gravità dell'affezione e alla risposta clinica. I dosaggi raccomandati sono: Trattamento dei disturbi del ritmo: Il dosaggio medio iniziale consigliato è di 600 mg al
giorno fino ad ottenere una buona risposta terapeutica, in media entro due settimane.
Successivamente la dose può essere gradualmente ridotta fino a stabilire la dose di
mantenimento abitualmente compresa tra 100-400 mg al giorno. Quando sia difficile
stabilire una soddisfacente dose giornaliera di mantenimento, si può ricorrere ad una terapia
discontinua (es. 2/3 settimane al mese o 5 giorni a settimana). - Trattamento profilattico
delle crisi di angor: attacco: 600 mg al giorno per circa 7 giorni mantenimento: 100-400 mg
al giorno o in maniera discontinua (5 giorni a settimana o 2/3 settimane al mese). Terapia
concomitante Per i pazienti che assumono amiodarone in concomitanza a inibitori
dell'HMG-CoA reduttasi (statine), (vedere paragrafi 4.4 - Speciali avvertenze e precauzioni
per l'uso e 4.5 - Interazioni con altri medicinali ed altre forme d'interazione).
•
Controindicazioni
51
Ipersensibilità nota verso il prodotto o allo iodio. Bradicardie sinusali; blocco senoatriale;
disturbi gravi di conduzione, senza elettrostimolatore (blocchi atrio-ventricolari gravi,
blocchi bi- o trifascicolari); malattia sinusale senza elettrostimolatore (rischio di arresto
sinusale); associazione con farmaci in grado di determinare "torsades de pointe" (vedere
"Interazioni"). Distiroidismi o antecedenti tiroidei. Nei casi dubbi (antecedenti incerti,
anamnesi tiroidea familiare) fare un esame della funzionalità tiroidea prima del trattamento.
Gravidanza, eccetto casi eccezionali (vedere 4.6 “Gravidanza ed allattamento”).
Allattamento (vedere 4.6 “Gravidanza ed allattamento”).
•
Speciali avvertenze e precauzioni per l'uso
Speciali avvertenze L'amiodarone può provocare manifestazioni collaterali di frequenza e
gravità diverse. Le manifestazioni osservate con maggiore frequenza non giustificano la
sospensione del trattamento (vedere 4.8 "Effetti indesiderati"). Tuttavia sono stati segnalati
effetti collaterali gravi, in particolare a carico del polmone o lesioni da epatite cronica.
Tossicità Polmonare La tossicità polmonare correlata all'assunzione di amiodarone è una
frequente e grave reazione avversa che si può manifestare fin nel 10% dei pazienti e che può
essere fatale in circa l'8% dei pazienti affetti, soprattutto a causa di una mancata diagnosi. Il
tempo d'insorgenza della reazione durante la terapia varia da pochi giorni ad alcuni mesi o
anni di assunzione; in alcuni casi l'insorgenza può avvenire anche dopo un certo periodo di
tempo dalla sospensione del trattamento. Il rischio di tossicità non rende tuttavia,
sfavorevole il rapporto rischio/beneficio dell'amiodarone che mantiene la sua utilità. Occorre
comunque prestare la massima attenzione per individuare immediatamente i primi segni di
tossicità polmonare, in particolare nei pazienti affetti da cardiomiopatia e gravi malattie
coronariche nei quali tale individuazione può essere più problematica. Il rischio di tossicità
polmonare da amiodarone aumenta con dosaggi superiori a 400 mg/die, ma può presentarsi
anche a bassi dosaggi assunti per periodi inferiori a 2 anni. La tossicità polmonare si
manifesta con alveolite polmonare, polmonite, polmonite interstiziale, fibrosi polmonare,
asma bronchiale. Pazienti che sviluppano tossicità polmonare spesso presentano sintomi non
specifici, quali tosse non produttiva, dispnea, febbre e calo ponderale. Tutti questi sintomi
possono essere mascherati dalla patologia per la quale è indicato l'amiodarone, e possono
essere considerevolmente gravi in pazienti oltre i 70 anni di età, i quali di norma presentano
ridotte capacità funzionali o pre-esistenti patologie a carico dell'apparato cardiorespiratorio.
52
La diagnosi precoce mediante controllo radiografico polmonare ed eventualmente i
necessari accertamenti clinici e strumentali, è di cruciale importanza in quanto la tossicità
polmonare è altamente reversibile, soprattutto nelle forme di bronchiolite obliterante e
polmonite. La sintomatologia e la obiettività polmonare devono essere quindi controllate
periodicamente, e la terapia deve essere sospesa in caso di sospetta tossicità polmonare,
prendendo in considerazione la terapia cortisonica: la sintomatologia regredisce di norma
entro 2-4 settimane della sospensione dell'amiodarone. In taluni casi la tossicità polmonare
può manifestarsi tardivamente, anche dopo settimane dalla sospensione della terapia: i
soggetti con funzionalità organiche non ottimali, che potrebbero eliminare il farmaco più
lentamente debbono essere quindi monitorati attentamente. In ogni caso la riduzione della
posologia o la sospensione del trattamento dovranno venire considerate in funzione sia della
potenziale gravità dell'effetto collaterale sia della gravità della forma cardiaca in atto. Il
farmaco quindi deve essere utilizzato solo dopo aver valutato accuratamente le condizioni
del paziente al fine di valutare se i benefici attesi compensano gli ipotetici svantaggi; inoltre
il paziente dovrà essere attentamente sorvegliato dal punto di vista clinico e di laboratorio
per poter cogliere le manifestazioni avverse ai loro primi segni ed adottare le misure idonee.
L'azione farmacologica dell'amiodarone provoca cambiamenti elettrocardiografici:
prolungamento del QT (correlato ad un allungamento della ripolarizzazione), con eventuale
comparsa di onde U; questi non sono segni di tossicità. Nei pazienti anziani può essere più
accentuato il rallentamento della frequenza cardiaca. Il trattamento deve essere interrotto in
caso di insorgenza di blocco A-V di 2° o 3° grado, di blocco senoatriale o di blocco
bifascicolare. In relazione al ridotto effetto inotropo negativo, l'amiodarone può venire
utilizzato per via orale in caso di insufficienza cardiaca. In caso di contemporanea
prescrizione di altri farmaci cardiologici, assicurarsi che non esistano interazioni
medicamentose note (vedere 4.5 "Interazioni con altri medicinali e altre forme di
interazione”). La presenza di iodio nella molecola di amiodarone può interferire con la
fissazione dello iodio radio-attivo. Comunque i test di funzionalità tiroidea (T3, T4, TSH
ultrasensibile (us TSH)) rimangono interpretabili. In caso di offuscamento visivo o di
diminuzione dell'acuità visiva, praticare un esame oftalmologico (vedere 4.8 "Effetti
indesiderati"). Ogni compressa contiene 71 mg di lattosio, pertanto in accordo al dosaggio
raccomandato la quantità massima di lattosio che è possibile assumere con Cordarone è di
213 mg al giorno. Queste compresse possono non essere adatte per persone con intolleranza
53
al lattosio, galattosemia o sindrome da malassorbimento di glucosio/galattosio. Precauzioni
per l'uso Prima di iniziare il trattamento si raccomanda di effettuare l'ECG, il test usTSH e
di misurare il potassio sierico. Gli effetti indesiderati dell'amiodarone (vedere 4.8. “Effetti
indesiderati”) sono generalmente dosedipendenti, quindi si deve prestare particolare
attenzione nel determinare la dose minima efficace di mantenimento, per evitare o
minimizzare gli effetti indesiderati. Nel corso del trattamento è consigliabile evitare
l'esposizione alla luce solare o proteggersi. L'amiodarone può provocare distiroidismi
(vedere 4.8. “Effetti indesiderati”) in particolare in quei pazienti con anamnesi personale o
familiare di disturbi della tiroide, o nei soggetti anziani. Quindi si raccomanda di effettuare
monitoraggi clinici e biologici prima di iniziare e durante il trattamento, e per parecchi mesi
dopo la sua interruzione. Nel caso di disfunzione tiroidea sospetta si devono misurare i
livelli sierici di usTSH. La conferma di un ipertiroidismo impone la sospensione del
trattamento che generalmente è sufficiente ad avviare la guarigione clinica. In caso di
ipertiroidismo di grado preoccupante, come tale, o in funzione delle sue ripercussioni a
livello cardiaco, per l'efficacia incostante degli antitiroidei di sintesi, è raccomandabile il
ricorso ad una corticoterapia decisa (1 mg/kg) e sufficientemente protratta (3 mesi). Durante
il trattamento si raccomanda un monitoraggio regolare della funzionalità epatica
(transaminasi). In caso di epatomegalia o sospetta colestasi il farmaco dovrebbe essere
tempestivamente interrotto ed il paziente sottoposto a controllo ecografico. Un aumento (2-4
volte la norma) asintomatico delle sole transaminasi non sembra costituire invece
indicazione alla sospensione del farmaco. Per questi motivi il farmaco non può essere
utilizzato nei pazienti con evidenti segni clinici e di laboratorio di epatopatia in atto; nei casi
più lievi esso potrà essere impiegato solo quando indispensabile e dovrà essere sospeso
allorché si manifesti un peggioramento del danno epatico.
Pazienti in età pediatrica: in questi pazienti la sicurezza e l'efficacia di amiodarone non sono
state dimostrate. Anestesia. Prima dell'intervento chirurgico l'anestesista deve venire
informato che il paziente è in trattamento con amiodarone (vedere 4.5 “Interazioni con altri
medicinali ed altre forme di interazione”). Nel corso di uno studio clinico non ancora
concluso è stato osservato un aumento del rischio di miopatia di 10 volte nei pazienti trattati
con simvastatina alla dose di 80 mg/die e con amiodarone. Pertanto nei pazienti che
assumono amiodarone in associazione a simvastatina, il dosaggio di Simvastatina non deve
54
superare i 20 mg/die (vedere 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di
interazione). La possibile interazione di amiodarone con le altre statine non è nota. Si
suggerisce comunque una particolare attenzione quando amiodarone viene somministrato in
associazione agli inibitori dell'HMG - CoA reduttasi (statine). Tenere fuori della portata dei
bambini.
•
Interazioni
Associazioni controindicate - Farmaci in grado di provocare “torsade de pointes” (vedere
4.3 “Controindicazioni”): · antiaritmici come quelli della Classe IA, sotalolo, bepridil. · non
antiaritmici come vincamina, sultopride, eritromicina i.v., pentamidina per somministrazione
parenterale, poiché si può avere un aumento del rischio di “torsade de pointes”
potenzialmente letali. - Farmaci IMAO Associazioni sconsigliate - Betabloccanti ed alcuni
calcioantagonisti (verapamil, diltiazem) per la possibilità di disturbi di automatismo
(bradicardia eccessiva) e di conduzione. - Lassativi stimolanti: per la comparsa di una
possibile ipokaliemia aumentando di conseguenza il rischio di “torsade de pointes”; si
devono quindi utilizzare altri tipi di lassativi. Associazioni che necessitano cautela - Farmaci
in grado di dare ipokaliemia: · diuretici in grado di dare ipokaliemia, soli o associati ·
glucocorticoidi e mineralcorticoidi per via generale, tetracosactide · amfotericina B per via
i.v. E' necessario prevenire l'ipokaliemia (e correggerla se necessario), si deve monitorare
l'intervallo QT e, in caso di “torsade de pointes”, non somministrare antiaritmici (utilizzare
un elettrostimolatore; si può utilizzare magnesio per via i.v.). - Anticoagulanti orali: Poiché
l'effetto degli anticoagulanti orali è potenziato, aumentando così il rischio di sanguinamento,
è necessario monitorare i livelli di protrombina in modo più regolare ed aggiustare la
posologia degli anticoagulanti sia durante il trattamento con amiodarone che dopo la sua
interruzione. - Digitale Possono presentarsi disturbi nell'automatismo (eccessiva
bradicardia) e nella conduzione atrioventricolare (azione sinergica); inoltre è possibile un
aumento delle concentrazioni plasmatiche di digossina dovuto ad una diminuzione della
clearance della digossina. Deve quindi essere effettuato un monitoraggio clinico,
elettrocardiografico e biologico (includendo eventualmente anche i livelli plasmatici di
digossina); potrebbe essere necessario aggiustare la posologia della digitale. - Fenitoina E'
possibile un aumento dei livelli plasmatici di fenitoina con sintomi di sovradosaggio (in
particolare sintomi neurologici); quindi si deve effettuare un monitoraggio clinico e non
55
appena appaiono sintomi da sovradosaggio si deve ridurre il dosaggio della fenitoina; si
devono determinare i livelli plasmatici della fenitoina. - Ciclosporina E' possibile un
aumento dei livelli plasmatici di ciclosporina dovuti ad una diminuzione della sua clearance;
si deve aggiustare il dosaggio. - Flecainide E' possibile un aumento dei livelli plasmatici di
flecainide; si deve aggiustare il dosaggio. - Anestesia (vedere 4.4.2 “Precauzioni per l'uso”)
In pazienti sottoposti ad anestesia generale sono state riportate complicazioni
potenzialmente gravi: bradicardia (che non risponde all'atropina), ipotensione, disturbi della
conduzione, diminuzione della gettata cardiaca. E' stato osservato qualche caso di
complicazioni respiratorie gravi, qualche volta ad evoluzione fatale, generalmente nel
periodo immediatamente seguente un intervento chirurgico (sindrome da distress
respiratorio acuto dell'adulto); ciò può essere correlato ad una possibile interazione con
un'alta concentrazione di ossigeno. - Farmaci metabolizzati dal citocromo P450 3A4:
Quando tali farmaci sono co-somministrati con amiodarone, inibitore del CYP 3A4, si può
verificare un innalzamento delle loro concentrazioni plasmatiche che comporterebbe un
possibile aumento della loro tossicità. L'associazione di amiodarone con alte dosi di
simvastatina aumenta notevolmente il rischio di miopatia (vedi paragrafo 4.4 Speciali
avvertenze e precauzioni per l'uso). La possibile interazione di amiodarone con le altre
statine non è nota. Si suggerisce comunque una particolare attenzione quando amiodarone
viene somministrato in associazione agli inibitori dell'HMG- CoA reduttasi (statine).
•
Gravidanza ed allattamento
Gravidanza Amiodarone è controindicato in gravidanza, eccetto in casi eccezionali, a causa
dei suoi effetti sulla tiroide del feto. Allattamento Amiodarone è controindicato nelle madri
che allattano poiché viene escreto nel latte materno in quantità significative.
•
Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull'uso di macchine
La sostanza non interferisce, normalmente, sulla capacità di guidare e sull'uso delle
macchine.
•
Effetti indesiderati
Cardiaci - Bradicardia, che è generalmente moderata e dose-dipendente. In alcuni casi
(disfunzioni del nodo sinusale, pazienti anziani) sono stati riportati bradicardia marcata o,
eccezionalmente, arresto sinusale. - Si sono manifestati casi rari di disturbi della conduzione
56
(blocco seno-atriale, blocco A-V di vario grado). - Sono stati riportati casi di insorgenza o di
peggioramento dell'aritmia, seguiti a volte da arresto cardiaco; sulla base delle conoscenze
attuali, non è possibile differenziare ciò che è dovuto al farmaco da ciò che può essere
correlato alle condizioni cardiache di base o da ciò che può essere il risultato di una perdita
di efficacia della terapia. Questi effetti vengono riportati più raramente che con la maggior
parte degli altri farmaci antiaritmici e generalmente si presentano nel caso di alcune
interazioni con altri farmaci o di disturbi elettrolitici (vedere 4.5. “Interazioni con altri
medicinali ed altre forme di interazione”). Oftalmologici - Sono generalmente presenti
microdepositi corneali, ma sono limitati all'area sotto la pupilla e non richiedono
l'interruzione del trattamento. Eccezionalmente possono accompagnarsi alla percezione di
aloni colorati in una luce abbagliante o a visione offuscata. I microdepositi corneali sono
costituiti da depositi lipidici complessi e sono reversibili dopo sospensione del trattamento. E' stato osservato qualche caso di neuropatia/nevrite ottica. Attualmente non è stato
formalmente stabilito il rapporto con amiodarone. Poichè la neuropatia ottica può progredire
a cecità, si raccomanda un esame oftalmologico completo, che comprende la fondoscopia,
qualora la visione si presenti offuscata o diminuita. La comparsa di neuropatia e/o neurite
ottica richiede una rivalutazione della terapia con amiodarone. Dermatologici Fotosensibilizzazione: i pazienti devono essere informati che durante la terapia devono
evitare di esporsi al sole (e ai raggi UV). In corso di radioterapia possono presentarsi casi di
eritema. - Sono stati riportati rash cutanei, generalmente non specifici, che includono casi
eccezionali di dermatite esfoliativa, la cui relazione con il farmaco non è stata formalmente
stabilita. - In caso di trattamento prolungato con dosaggi giornalieri elevati possono
presentarsi pigmentazioni di colore bluastro o grigio ardesia; tali pigmentazioni scompaiono
lentamente dopo l'interruzione del trattamento. Tiroidei (vedere 4.4.2 “Precauzioni per
l'uso”) - In relazione alla struttura chimica dell'amiodarone, sono solite presentarsi isolate
alterazioni biochimiche (aumento del T4, mentre il T3 è normale o leggermente diminuito).
In tali casi e in assenza di qualsiasi manifestazione clinica di disfunzione tiroidea, il
trattamento non deve essere interrotto. - Ipotiroidismo: i seguenti segni clinici, generalmente
lievi, devono portare ad una diagnosi di ipotiroidismo: aumento di peso, attività ridotta,
bradicardia eccessiva in relazione all'effetto atteso dell'amiodarone. Tale diagnosi è
supportata da un chiaro aumento nel siero di TSH ultrasensibile. In genere si ottiene
l'eutiroidismo entro 1-3 mesi dall'interruzione del trattamento. In situazioni di pericolo di
57
vita, è possibile proseguire la terapia con amiodarone, in associazione a L-tiroxina. Il
dosaggio di L-tiroxina deve essere stabilito in base ai livelli di TSH. - Ipertiroidismo: può
presentarsi durante il trattamento e fino a parecchi mesi dopo la sua interruzione. I seguenti
segni clinici, generalmente lievi, devono portare ad una diagnosi di ipertiroidismo: perdita di
peso, insorgenza di aritmia, angina, insufficienza cardiaca congestizia. Tale diagnosi è
supportata da una chiara diminuzione nel siero di usTSH: in tale caso il trattamento con
amiodarone deve essere sospeso. Il ricupero generalmente avviene entro pochi mesi dalla
fine del trattamento, mentre la guarigione clinica precede la normalizzazione dei test della
funzionalità tiroidea. I casi gravi, che qualche volta possono essere fatali, richiedono un
trattamento terapeutico d'urgenza. Il trattamento deve essere stabilito su base individuale:
farmaci antitiroidei che possono non essere sempre efficaci, terapia corticosteroidea,
betabloccanti... Epatici (vedere 4.4.2.”Precauzioni per l'uso”) - Sono stati riportati, all'inizio
della terapia, aumenti isolati, generalmente moderati (da 1,5 a 3 volte rispetto alla norma)
delle transaminasi sieriche; questi aumenti possono regredire con la diminuzione della dose
o anche spontaneamente. - E' stato anche riportato qualche caso di epatopatia acuta, talvolta
fatale, con transaminasi sieriche elevate e/o ittero; in tali casi il trattamento deve essere
interrotto. Sono state anche riportate epatopatie croniche (epatiti pseudo-alcooliche, cirrosi).
I segni clinici e le alterazioni biologiche possono essere minime (possibile epatomegalia,
transaminasi elevate da 1,5 a 5 volte il normale). Si raccomanda quindi durante la terapia un
monitoraggio regolare della funzionalità epatica. Generalmente le anormalità cliniche e
biologiche regrediscono quando si interrompe il trattamento, ma sono stati riportati dei casi
fatali. Polmonari - Nel 10% circa dei pazienti si può manifestare grave tossicità polmonare
che può anche essere fatale, soprattutto se non viene fatta una diagnosi tempestiva. Tale
tossicità comprende alveolite polmonare, polmonite, sintomi asmatici, polmonite lipoide e
fibrosi polmonare. La tossicità polmonare, la tosse e la dispnea possono essere
accompagnate da segni radiografici e funzionali di polmonite interstiziale (alterazione della
diffusione alveolo-capillare); l'emergere di questi segni clinici richiede la sospensione della
terapia e la somministrazione di farmaci corticosteroidei. Tale sintomatologia può
manifestarsi anche tardivamente dopo sospensione della terapia: è quindi richiesto un attento
e prolungato monitoraggio del paziente al fine di individuare possibili alterazioni della
funzionalità polmonare - Nei pazienti che manifestano dispnea da sforzo, da sola o associata
a un decadimento dello stato generale (affaticamento, diminuzione di peso, febbre) deve
58
essere effettuato un esame radiologico del torace. - I disturbi polmonari sono generalmente
reversibili dopo una precoce interruzione della terapia con amiodarone. Generalmente i
segni clinici si risolvono entro 3-4 settimane, seguiti da un miglioramento più lento della
funzionalità polmonare e del quadro radiologico (parecchi mesi). Quindi si deve sospendere
la terapia con amiodarone e si deve valutare la terapia con i corticosteroidi. - E' stato
riportato qualche caso di broncospasmo nei pazienti con insufficienza respiratoria grave, e
specialmente nei pazienti asmatici. - E' stato osservato qualche caso, talvolta fatale, di
sindrome da distress respiratorio acuto, in genere immediatamente dopo un intervento
chirurgico (può essere correlata ad una possibile interazione con un'alta concentrazione di
ossigeno). Neurologici - Sono stati osservati rari casi di neuropatia periferica sensomotoria
e/o miopatia, generalmente reversibile con l'interruzione del farmaco. - Altri: tremore
extrapiramidale, atassia cerebellare, eccezionale ipertensione intracranica benigna (pseudotumor cerebri), incubi. Altri - Generalmente, con la dose di carico si presentano disturbi
gastrointestinali benigni (nausea, vomito, disgeusia) che regrediscono con la riduzione della
dose. - Alopecia. - Sono stati riportati qualche caso di epididimite e alcuni casi di impotenza.
La relazione con il farmaco non è stata stabilita. - Si sono verificati casi rari di
manifestazioni cliniche varie che possono essere segno di una reazione di ipersensibilità:
vasculiti, complicazioni renali con aumento dei livelli di creatinina e trombocitopenia. E'
stato anche riportato qualche caso eccezionale di anemia emolitica o aplastica.
•
Sovradosaggio
Sono disponibili poche informazioni relative al sovradosaggio acuto con amiodarone. E'
stato riportato qualche caso di bradicardia sinusale, arresto cardiaco, attacchi di tachicardia
ventricolare, “torsade de pointes”, insufficienza circolatoria e danno epatico. Il trattamento
deve essere sintomatico. Amiodarone e i suoi metaboliti non sono dializzabili.
PROPRIETA' FARMACOLOGICHE
•
Proprietà farmacodinamiche
Codice ATC: C01BD01, Sistema cardiovascolare, antiaritmici, classe III Proprietà antiaritmiche: - Allungamento della fase 3 del potenziale d'azione della fibra cardiaca dovuto
principalmente ad una diminuzione della corrente del potassio (Classe III secondo la
classificazione di Vaughan Williams); questo allungamento non è correlato con la frequenza
59
cardiaca. - Automaticità sinusale ridotta, che porta a bradicardia, insensibile alla
somministrazione di atropina. - Inibizione alfa- e beta-adrenergica non competitiva. Rallentamento nella conduzione senoatriale, atriale e nodale, che è più marcato quando la
frequenza cardiaca è alta. - Nessun cambiamento della conduzione intraventricolare. - A
livello atriale, nodale e ventricolare: aumento del periodo refrattario e diminuzione
dell'eccitabilità del miocardio. - Rallentamento della conduzione e prolungamento dei
periodi refrattari in vie atrioventricolari accessorie. Proprietà anti-ischemiche: - Caduta
moderata della resistenza periferica e diminuzione della frequenza cardiaca con conseguente
riduzione del fabbisogno di ossigeno. - Antagonismo non competitivo per i recettori alfa- e
beta-adrenergici. - Aumento della gettata coronarica dovuto ad un effetto diretto sulla
muscolatura liscia delle arterie del miocardio. - Mantenimento della gettata cardiaca dovuto
a diminuzione della pressione aortica e della resistenza periferica. Altro: - Nessun effetto
inotropo negativo significativo.
•
Proprietà farmacocinetiche
Dopo somministrazione orale, amiodarone è assorbito lentamente e in modo variabile.
Amiodarone ha un volume di distribuzione molto grande, ma variabile a causa del vasto
accumulo in vari distretti (tessuto adiposo, organi altamente perfusi come il fegato, i
polmoni e la milza). La biodisponibilità orale varia tra il 30 e l'80%, a seconda del singolo
paziente (il valore medio è circa il 50%). Dopo somministrazione singola, la concentrazione
plasmatica al picco viene raggiunta dopo 3-7 ore. Gli effetti terapeutici si ottengono
generalmente dopo una settimana (da pochi giorni a due settimane) a seconda della dose di
carico. Amiodarone ha un'emivita lunga e mostra una variabilità individuale considerevole
(da 20 a 100 giorni). Durante i primi giorni di terapia, il farmaco si accumula in quasi tutti i
tessuti, specialmente in quello adiposo. L'eliminazione si verifica dopo qualche giorno e la
concentrazione plasmatica allo steady-state viene raggiunta tra uno e parecchi mesi, a
seconda del singolo paziente. Considerando le caratteristiche suddette, devono essere usate
dosi di carico per ottenere rapidamente i livelli tissutali necessari ad avere un effetto
terapeutico. Ogni dose di 200 mg di amiodarone contiene 75 mg di iodio, dei quali 6 mg si
staccano dalla molecola come iodio libero. Amiodarone viene escreto principalmente per via
biliare e fecale. L'escrezione renale è trascurabile: ciò consente la somministrazione di dosi
standard in pazienti con insufficienza renale. Dopo interruzione del trattamento,
60
l'eliminazione continua per parecchi mesi; quindi si deve tenere in considerazione la
persistenza, da 10 giorni ad un mese, dell'effetto farmacodinamico.
•
Dati preclinici di sicurezza
Tossicità acuta: DL50 nel ratto 170 mg/kg i.v., > 3000 mg/kg os, nel topo 450 mg/kg i.p., >
3000 mg/kg os, nel cane beagle 85-150 mg/kg i.v. Tossicità cronica: non sono stati rilevati
fenomeni di mortalità, cali ponderali o variazione dei parametri biologici a dosi orali fino a
37,5 mg/kg/die (4 settimane) e 16 mg/kg/die (52 settimane) nel ratto e fino a 12,5 mg/kg/die
nel cane. Teratogenesi: indagini effettuate nel ratto (100 mg/kg/die) e nel coniglio (75 mg/
kg/die) non hanno evidenziato segni di tossicità fetale.
61
BIBLIOGRAFIA
1. Vassallo P, Trohman RG. Prescribing amiodarone: an evidence-based review of clinical
indications. JAMA 2007; 298:1312-22.
2. Martino E, Bartalena L, Bogazzi F, Braverman LE. The effects of amiodarone on the thyroid.
Endocr Rev 2001; 22:240-54.
3. Deltour G, Binon F, Tondeur R, et al. Studies in the benzofuran series. VI. Coronary-dilating
activity of alkylated and aminoalkylated derivatives of 3-benzoylbenzofuran. Archives
internationales de pharmacodynamie et de thérapie 1962; 139: 247-54.
4. Charlier R, Deltour G, Tondeur R, Binon F. Studies in the benzofuran series. VII. Preliminary
pharmacological study of 2-butyl-3-(3,5-diiodo-4-beta-N-diethylaminoethoxybenzoyl)-benzofuran.
Archives internationales de pharmacodynamie et de thérapie 1962; 139: 255-64.
5. Rosenbaum MB, Chiale PA, Halpern MS, et al. Clinical efficacy of amiodarone as an
antiarrhythmic agent. Am. J. Cardiol. 1976; 38 (7): 934-44.
6. Rosenbaum MB, Chiale PA, Haedo A, Lázzari JO, Elizari MV. Ten years of experience with
amiodarone. Am. Heart J. 1983; 106 (4 Pt 2): 957-64.
7. Brunton, Lazo, Parker, Goodman & Gilman - Le basi farmacologiche della terapia 11/ed,
McGraw Hill, 2006.
8. Drvota V; Carlsson B; Häggblad J; Sylvén C Amiodarone is a dose-dependent noncompetitive
and competitive inhibitor of T3 binding to thyroid hormone receptor subtype beta 1, whereas
disopyramide, lignocaine, propafenone, metoprolol, dl-sotalol, and verapamil have no inhibitory
effect. Journal of cardiovascular pharmacology 1995; 26(2):222-6.
9. Kamiya K, Nishiyama A, Yasui K, Hojo M, Sanguinetti MC, Kodama I. Short- and long-term
effects of amiodarone on the two components of cardiac delayed rectifier K(+) current. Circulation
2001; 103: 1317-24.
10. Holmes DS, Sun ZQ, Porter LM, et al. Amiodarone inhibits cardiac ATP-sensitive potassium
channels. J Cardiovasc Electrophysiol 2000; 11: 1152-8.
11. Watanabe Y, Kimura J. Inhibitory effect of amiodarone on Na(+)/Ca(2+) exchange current in
guinea pig cardiac myocytes. Br J Pharmacol 2000; 13: 80-4.
12. Ide T, Tsutsui H, Kinugawa S, Utsumi H, Takeshita A. Amiodarone protects cardiac myocytes
against oxidative injury by its free radical scavenging action. Circulation 1999; 100: 690-2.
62
13. Morady F, DiCarlo LA Jr, Krol RB, Baerman JM, de Buitleir M. Acute and chronic effects of
amiodarone on ventricular refractoriness, intraventricular conduction and ventricular tachycardia
induction. J Am Coll Cardiol 1986; 7: 148-57.
14. Kulakowski P, Karczmarewicz G, Karpinski G, Soszynska M, Ceremuzynski L. Effects of
intravenous amiodarone on ventricular refractoriness, intraventricular conduction, and ventricular
tachycardia induction. Europace 2000; 2: 207-15
15. Bosch RF, Li GR, Gaspo R, Nattel S. Electrophysiologic effects of chronic amiodarone therapy
and hypothyroidism, alone and in combination, on guinea pig ventricular myocytes. J Pharmacol
Exp Ther 1999; 289: 156-65.
16. Klein I, Ojamaa K. Thyroid hormone and the cardiovascular system. N Engl J Med 2001; 344:
501-9.
17. Polster P, Broekhuysen J. The adrenergic antagonism of amiodarone. Biochem Pharmacol 1976;
25: 131-4.
18. Vassy R, Starzec A, Yin Y, Nicolas P, Perret GY. Amiodarone has exclusively non-genomic
action on cardiac beta-adrenoceptor regulation. Eur J Pharmacol 2000; 408: 227-32.
19. Chow MSS. Amiodarone per via endovenosa: farmacologia, farmacocinetica, e l'uso clinico.
Ann Pharmacother 1996; 30:637-43.
20. Kopp, P. in The Thyroid: A Fundamental and Clinical Text, 9th edn Ch. 4B (eds Braverman, L.
E. & Utiger, R. D.) 52–76 (Lippincott Williams & Wilkins, Philadelphia, 2005).
21. Libersa CC, Brique SA, Motte KB, et al. Dramatic inhibition of amiodarone metabolism
induced by grapefruit juice. Br J Clin Pharmacol 2000; 49: 373-8.
22. Holt DW, Tucker GT, Jackson PR, Storey GCA Amiodarone pharmacokinetics. Am Heart J
1983; 106:843–847
23. Alessandro Mugelli. Amiodarone: farmacologia clinica. Ital Heart J 2001; 2 (Suppl 5): 10S-16S.
24. Levey, G. S. & Klein, I. in Stein's Textbook of Internal Medicine 2nd edn Ch. 297 (ed. Stein, J.
H.) 1797–1817 (Little, Brown and Company, Boston, 1994).
25. Janna Cohen-Lehman, Peter Dahl, Sara Danzi & Irwin Klein. Effects of amiodarone therapy on
thyroid function. Nature Reviews Endocrinology 6, 34-41 (January 2010)
26. Bongiorni M. G. Amiodarone e tiroide. Ital Heart J 2001; 2 (Suppl 5): 47S-52S
27. Michele Bianconcini, Alfredo L. Giannini. Ipertiroidismo indotto da amiodarone: caso clinico e
revisione della letteratura. Ital Heart J Suppl 2003; 4 (8): 682-687
63
28. Sogol PP, Hershman JM, Rees AW, Dillman WH. The effects of amiodarone on serum thyroid
hormones and hepatic 5’-deiodinase. Endocrinology 1983; 113: 1464-9.
29. Hershman JM, Nademanee K, Sugawara M, et al. Thyroxine and triiodothyronine kinetics in
cardiac patients taking amiodarone. Acta Endocrinol (Copenh) 1986; 111: 193-9.
30. Wiersinga WM. Amiodarone and the thyroid. In: Weetman AP, Grossman A, eds.
Pharmacotherapeutics of the thyroid gland. Berlin: Springer-Verlag, 1997: 225-287.
31. Iudica-Souza C, Burch HB. Amiodarone-induced thyroid dysfunction. The Endocrinologist
1999; 9: 216-27.
32. Harjai KJ, Licata AA. Effects of amiodarone on thyroid function. Ann Intern Med 1997; 126:
63-73.
33. Amico JA, Richardson V, Alpert B, Klein I. Clinical and chemical assessment of thyroid
function during therapy with amiodarone. Arch Intern Med 1984; 144: 487-90.
34. Nademanee K, Singh BN, Callahan B, Hendrickson JA, Hershman JM. Amiodarone, thyroid
hormone indexes, and altered thyroid function: long-term serial effects in patients with cardiac
arrhythmias. Am J Cardiol 1986; 58: 981-6.
35. Figge HL, Figge J. The effects of amiodarone on thyroid hormone function: a review of the
physiology and clinical manifestations. J Clin Pharmacol 1990; 30: 588-95.
36. Staubli M, Studer H. Amiodarone-treated patients with suppressed TSH test are at risk of
thyrotoxicosis. Klin Wochenschr 1985; 63: 168-75.
37. Melmed S, Nademanee K, Reed AW, Hendrickson JA, Singh BN, Hershman JM. Hyperthyroxinemia with bradicardia and normal thyrotropin secretion after chronic amiodarone
administration. J Clin Endocrinol Metab 1981; 53: 997-1001.
38. Newman CM, Price A, Davies DW, Gray TA, Weetman AP. Amiodarone and the thyroid: a
practical guide to the management of thyroid dysfunction induced by amiodarone therapy. Heart
1998; 79: 121-7.
39. Holt DW, Tucker GT, Jackson PR, Storey GC. Amiodarone pharmacokinetics. Am Heart J 1983;
106: 843-7.
40. Hudig F, Bakker O, Wiersinga WM. Amiodarone decreases gene expression of low-density
lipoprotein receptor at both the mRNA and the protein level. Metabolism 1998; 47: 1052-7.
41. Bogazzi F, Bartalena L, Brogioni S, et al. Desethylamiodarone antagonizes the effect of T3 at
the molecular level. Eur J Endocrinol 2001; 145: 59-64.
64
42. Franklyn JA, Davis JR, Gammage MD et al. Amiodarone and thyroid hormone action. Clin
Endocrinol 1985; 22: 257-264.
43. Renate Porsche R. Brenner Z. R. Amiodarone-Induced Thyroid Dysfunction. Critical Care
Nurse. 2006; 26: 34-41
44. Burger A, Dinichert D, Nicofd P et al. Effect of amiodarone on serum triiodothyronine, eiverse
triiodothyronine, thyroxin, and thyrotropin. J Clin Invest 1976; 58: 255-259.
45. Perazza L. Scardi S. Amiodarone and thyroid malfunction: a still unresolved problem Monaldi
Arch Chest Dis 2003; 60: 3, 235-239.
46. Rajatanavin R, Braverman LE. Euthyroid hyperthyroxinemia. J Endocrinol Invest 1983; 6:
493-505.
47. Martino E, Safran M, Aghini-Lombardi F, et al. Environmental iodine intake and thyroid
dysfunction during chronic amiodarone therapy. Ann Intern Med 1984; 101: 28-34.
48. Newnham HH, Topliss DJ, Le Grand BA, Chosich N, Harper RW, Stockigt JR. Amiodaroneinduced hyperthyroidism: assessment of the predictive value of biochemical testing and response to
combined therapy using propylthiouracil and potassium perchlorate. Aust N Z J Med 1988; 18:
37-44.
49. Pazin-Filho A, de Jesus AM, Magalhães PK, Melato LH, Campos D, Maciel BC, Maciel LM
How frequently should a patient taking amiodarone be screened for thyroid dysfunction?
Braz J Med Biol Res. 2009 Aug; 42(8):744-9.
50. Thorne SA, Barnes I, Cullinan P, Somerville J. Amiodaroneassociated thyroid dysfunction. Risk
factors in adults with congenital heart disease. Circulation 1999; 100: 149-54.
51. Martino E, Aghini-Lombardi F, Mariotti S, et al. Amiodarone iodine-induced hypothyroidism:
risk factors and follow-up in 28 cases. Clin Endocrinol (Oxf) 1987; 26: 227-37.
52. Wendy Tsang, MD FRCPC and Robyn L Houlden, MD FRCPC Amiodarone-induced
thyrotoxicosis: A review, Can J Cardiol. 2009 July; 25(7): 421–424.
53. Martino E, Safran M, Aghini-Lombardi F, Rajatanavin R. Lenziardi M, Fay M, et al.
Environmental iodine intake and thyroid dysfunction during chronic amiodarone therapy. Ann
Intern Med. 1984; 101:28-34.
54. Trip MD, Wiersinga WM, Plomp TA. Incidence, predictability, and pathogenesis of
amiodarone-induced thyrotoxicosis and hypothyroidism. Am J Med 1991; 91: 507-511.
55. KF Lee, KM Lee, TT Fung. Amiodarone-induced thyroid dysfunction in the Hong Kong
Chinese population. Hong Kong Med J 2010; 16: Epub 2010 Oct 6
65
56. Ankit N. Mehta, MD, Raphaelle D. Vallera, MD, Chad R. Tate, MD, Rebecca A. Sager, MD,
and Brian J. Welch, MD, Total thyroidectomy for medically refractory amiodarone-induced
thyrotoxicosis, Proc (Bayl Univ Med Cent). 2008 October; 21(4): 382–385
57. Bogazzi F, Bartalena L, Martino E. Approach to the Patient with Amiodarone-Induced
Thyrotoxicosis. J Clin Endocrinol Metab. 2010 Jun; 95(6): 2529-35.
58. Fragu P, Schlumberger M, Davy JM, Slama M, Berdeaux A. Effects of amiodarone therapy on
thyroid iodine content as measured by X-ray fluorescence. J Clin Endocrinol Metab 1988; 66:
762-9.
59. Sato K, Yamazaki K, Kanaji Y, Ohnishi S, Kasanuki H, Demura H Amiodarone-induced
thyrotoxicosis associated with thyrotropin receptor antibody. Thyroid 1998; 8:1123–1126
60. Bartalena L, Grasso L, Brogioni S, Aghini-Lombardi F, Braverman LE, Martino E. Serum
interleukin-6 in amiodarone-induced thyrotoxicosis. J Clin Endocrinol Metab 1994; 78: 423-7.
61. Bogazzi F, Bartalena L, Gasperi M, Braverman LE, Martino E. The various effects of
amiodarone on thyroid function. Thyroid. 2001;11:511-519.
62. Sandhu RS, Davies PH. Amiodarone induced thyroid dysfunction: pathophysiology, diagnosis
and management. Adverse Drug React Toxicol Rev. 2001;20:105-116.
63. Smyrk TC, Goellner JR, Brennan MD, Carney JA. Pathology of the thyroid in amiodaroneassociated thyrotoxicosis. Am J Surg Pathol 1987; 11: 197-204.
64. Ross DS. Syndromes of thyrotoxicosis with low radioactive iodine up-take. Endocrinol Metab
Clin North Am 1998; 27: 169-86.
65. Roti E, Minelli R, Gardini E, Bianconi L, Braverman LE. Thyrotoxicosis followed by
hypothyroidism in patients treated with amiodarone. A possible consequence of a destructive
process in the thyroid. Arch Intern Med 1993; 153: 886-92.
66. Guyétant S, Rousselet MC, Wion-Barbot N, Bigorgne JC, Victor J, Dupré F, Saint André JP.
Hyperthyroidism induced by amiodarone and hyperthyroidism induced by iodine. Histologic,
immunohistochemical and ultrastructural aspects. Ann Pathol. 1995;15(6):431-7.
67. Gough, J. & Gough, I. R. Total thyroidectomy for amiodarone-induced thyrotoxicosis in
patients with severe cardiac disease. World J. Surg. 30, 1957–1961 (2006).
68. Kurnik, D. et al. Complex drugdrugdisease interactions between amiodarone, warfarin, and the
thyroid gland. Medicine (Baltimore) 2004; 83, 107–113.
69. Han, T. S., Williams, G. R. & Vanderpump, M. P. J. Benzofuran derivatives and the thyroid.
Clin. Endocrinol. (Oxf.) 2009; 70, 2–13.
66
70. Bogazzi, F., Bartalena, L., Gaasperi, M., Braverman, L. E. & Martino, E. The various effects of
amiodarone on thyroid function. Thyroid 2001; 11, 511–519.
71. web: http://www.webalice.it/saveriopignata/ipertiroidismo-amiodarone
72. Bogazzi F, Martino E, Dell’Unto E, et al. Thyroid color flow Doppler sonography and
radioiodine uptake in 55 consecutive patients with amiodarone-induced thyrotoxicosis. J Endocrinol
Invest. 2003; 26:635.
73. Eaton SE, Euinton HA, Newman CM, et al. Clinical experience of amiodarone induced
thryotoxicosis over a 3-year period: Role of colour-flow Doppler sonography. Clin Endocrinol.
2002; 56:33–8.
74. Eskes SA, WiersingaWM2009 Amiodarone and thyroid. Best Pract Res Clin Endocrinol Metab
23:735–751
75. Bogazzi F, Martino E, Dell’Unto E, Brogioni S, Cosci C, Aghini-Lombardi F, Ceccarelli C,
Pinchera A, Bartalena L, Braverman LE Thyroid color flow Doppler sonography and radioiodine
uptake in 55 consecutive patients with amiodarone-induced thyrotoxicosis.
J Endocrinol Invest 2003; 26:635–640
76. Erdogan MF, Gu¨ lec¸ S, Tutar E, Ba°kal N, Erdogan G A stepwise approach to the treatment of
amiodarone-induced thyrotoxicosis. Thyroid 2003; 13:205–209
77. Piga M, Cocco MC, Serra A, Boi F, Loy M, Mariotti S The usefulness of 99mTc-sestaMIBI
thyroid scan in the differential diagnosis and management of amiodarone-induced thyrotoxicosis.
Eur J Endocrinol 2008; 159:423–429
78. Matino E, Bartalena L, Mariotti S, et al. Radioactive iodine thyroid uptake in patients with
amiodarone-iodine-induced thyroid dysfunction. Acta Endocrinol. 1988; 119:167–73.
79. Mulligan DC, McHenry CR, Kinney W, Esselstyn CB. Amiodarone-induced thyrotoxicosis:
clinical presentation and expanded indications for thyroidectomy. Surgery 1993; 114: 1114-9.
80. Farwell AP, Abend SL, Huang SKS, Patwardhan NA, Braverman LE. Thyroidectomy for
amiodarone-induced thyrotoxicosis. JAMA 1990; 263: 1526-8.
81. Samaras K, Marel GM. Failure of plasmapheresis, corticosteroids and thionamides to ameliorate
a case of protracted amiodarone-induced thyroiditis. Clin Endocrinol (Oxf) 1996; 45: 365-8.
82. Albert SG, Alves LE, Rose EP. Thyroid dysfunction during chronic amiodarone therapy. J Am
Coll Cardiol 1987; 9: 175-83.
67
83. Martino E, Aghini-Lombardi F, Mariotti S, et al. Treatment of amiodarone-associated
thyrotoxicosis by simultaneous administration of potassium perchlorate and methimazole. J
Endocrinol Invest 1986; 9: 201-7.
84. Wolf J. Perchlorate and the thyroid gland. Pharmacol Rev. 1998; 50:89–105.
85. Dickstein G, Shechner C, Adawi F, Kaplan J, Baron E, Ish-Shalom S. Lithium treatment in
amiodarone-induced thyrotoxicosis. Am J Med 1997; 102: 454-8.
86. Bartalena L, Brogioni S, Grasso L, Bogazzi F, Burelli A, Martino E. Treatment of amiodaroneinduced thyrotoxicosis, a difficult challenge: results of a prospective study. J Clin Endocrinol Metab
1996; 81: 2930-3.
87. Osman F, Franklyn JA, Sheppard MC, Gammage MD. Successful treatment of amiodaroneinduced thyrotoxicosis. Circulation 2002; 105: 1275-7.
88. Trip MD, Duren DR, Wiersinga WM. Two cases of amiodarone-induced thyrotoxicosis
successfully treated with a short course of antithyroid drugs while amiodarone was continued. Br
Heart J 1994; 72: 266-8.
89. Houghton SG, Farley DR, Brennan MD, et al. Surgical management of amiodarone-associated
thyrotoxicosis: Mayo Clinic experience. World J Surg. 2004; 28:1083–7
90. Sato K, Shiga T, Matsuda N, Onoda N, Takano K, Hagiwara N, Kasanuki H. Mild and short
recurrence of type II amiodarone-induced thyrotoxicosis in three patients receiving amiodarone
continuously for more than 10 years. Endocr J. 2006 Aug; 53(4): 531-8. Epub 2006 Jul 10.
91. Michele Bianconcini, Alfredo L. Giannini. Casi clinici-Ipertiroidismo indotto da amiodarone:
caso clinico e revisione della letteratura. Ital Heart J Suppl 2003; 4 (8): 682-687
92. Eng, P. H. et al. Escape from the acute Wolff–Chaikoff effect is associated with a decrease in
thyroid sodium/iodide symporter messenger ribonucleic acid and protein. Endocrinology 140,
3404–3410 (1999).
93. KF Lee, KM Lee, TT Fung. Amiodarone-induced thyroid dysfunction in the Hong Kong
Chinese population. Hong Kong Med J 2010;16:Epub 2010 Oct 6.
94. Mazonson PD, Williams ML, Cantley LK, Daldorf LG, Utiger RD, Foster JR 1984 Myxedema
coma during long-term amiodarone therapy. Am J Med 77:751–754
95. Martino E, Aghini-Lombardi F, Bartalena L, et al. Enhanced susceptibility to amiodaroneinduced hypothyroidism in patients with thyroid autoimmune disease. Arch Intern Med 1994; 154:
2722-6.
68
96. Martino E, Bartalena L, Bogazzi F, et al. Amiodarone e tiroide. Cardiologia 1995; 40 (Suppl 1 al
n 12): 173-8.
97. Shaheen M. Indian Heart J. Severe congestive heart failure patient on amiodarone presenting
with myxedemic coma: a case report. 2009 Jul-Aug; 61(4): 392-3
98. Trudel K, Sanatani S, Panagiotopoulos C. Pediatr Crit Care Med. Severe amiodarone-induced
hypothyroidism in an infant. 2010 May 6.
99. Web: http://www.webalice.it/saveriopignata/ipotiroidismo-amiodarone.htm
100. Martino E, Mariotti S, Aghini-Lombardi F, Lenziardi M, Morabito S, Baschieri L, Pinchera A,
Barverman L, Safran M Short term administration of potassium perchlorate restores euthyroidism in
amiodarone iodine-induced hypothyroidism. J Clin Endocrinol Metab 1986; 63:1233–1236
101. Mason JW. Amiodarone. N Engl J Med 1987; 316: 455-66.
102. McKenna WJ, Harris L, Rowland E, et al. Amiodarone therapy during pregnancy. Am J
Cardiol 1983; 51: 1231-3.
103. Hobel CJ. Fetal Thyroid. Clin Obstet Gynecol 1980; 23:779-790.
104. DeWolf D, DeSchepper J, Verhaaren H, et al. Congenital hypothyroid goiter and amiodarone.
Acta Paediatr Scand 1988; 77:616–618.
105. Jefferson P Lomenick, Wendy A Jackson and Philippe F Backeljauw, Amiodarone-Induced
Neonatal Hypothyroidism: A Unique Form of Transient Early-Onset Hypothyroidism, Journal of
Perinatology 2004; 24, 397–399
106. Strunge P, Frandsen J, Andreasen F 1988 Amiodarone during pregnancy. Eur Heart J 9:106–
109
107. Magee LA, Downar E, Sermer M, Boulton BC, Allen LC, Koren G 1995 Pregnancy outcome
after gestational exposure to amiodarone in Canada. Am J Obstet Gynecol 172:1307–1311
108. Grosso S, Berardi R, Cioni M, Morgese G Transient neonatal hypothyroidism after gestational
exposure to amiodarone: a follow-up of two cases. J Endocrinol Invest 1998; 21:699–702
109. De Wolf D, de Schepper J, Verhaaren H, Deneyer M, Smitz J, Sacre-Smits L Congenital
hypothyroid goiter and amiodarone. Acta Paediatr Scand 1988; 77:616–618
110. Plomp TA, Vulsma T, de Vijlder JJM Use of amiodarone during pregnancy. Eur J Obstet
Gynecol Reprod Biol 1992; 43: 201–207
111. Disertori M. Marini M. Ruolo dell’amiodarone in popolazioni particolari (età pediatrica,
anziani, gravidanza, nefropatici, epatopatici). Ital Heart J 2001; 2 (Suppl 5): 43S-46S
69
112. Coumel P, Fidelle J. Amiodarone in the treatment of cardiac arrhythmias in children: one
hundred thirty-five cases. Am Heart J 1980; 100: 1063-9.
113. Perry JC, Fenrich AL, Hulse JE, et al. Pediatric use of intravenous amiodarone: efficacy and
safety in critically ill patients from a multicenter protocol. J Am Coll Cardiol
1996; 27: 1246-50.
114. Guccione P, Paul T, Garson A. Long-term follow-up of amiodarone therapy in the young:
continued efficacy, unimpaired growth, moderate side effects. J Am Coll Cardiol 1990; 15: 1118-24.
115. Bucknall CA, Keeton BR, Curry PVL, et al. Intravenous and oral amiodarone for arrhythmias
in children. Br Heart J 1986; 56: 278-84.
116. Rokicki W, Durmała J, Nowakowska E. Amiodarone for long term treatment of arrhythmia in
children. Wiad Lek. 2001; 54(1-2):45-50.
117. Bosser G, Marçon F, Lethor JP, Worms AM. Long-term efficacy and tolerability of amiodarone
in children. Arch Mal Coeur Vaiss. 1995 May; 88(5):731-6.
118. Figa FH, Gow RM, Hamilton RM, et al. Clinical efficacy and safety of intravenous
amiodarone in infants and children. Am J Cardiol 1994; 74: 573-7.
119. J. Philip Saul, MD; William A. Scott, MD; Stephen Brown et al. Intravenous Amiodarone for
Incessant Tachyarrhythmias in Children. Circulation. 2005; 112:3470-3477.
120. Hughes PJ, Freeman MK, Cohenour FV, Price EM. Consult Pharm. Dronedarone: an
alternative to amiodarone? 2010 Sep; 25(9): 555-69.
121. Deborah Wolbrette, Mario Gonzalez, Soraya Samii, Javier Banchs, Erica Penny-Peterson, and
Gerald Naccarelli Dronedarone for the treatment of atrial fibrillation and atrial flutter: approval and
efficacy. Vasc Health Risk Manag. 2010; 6: 517–523. Published online 2010 August 9.
122. Lieselot van Erven, Martin J Schalij. Amiodarone: an effective antiarrhythmic drug with
unusual side effects. Heart 2010;96:1593e1600.
123. Janna Cohen-Lehman, Peter Dahl, Sara Danzi & Irwin Klein Effects of amiodarone therapy on
thyroid function. Nature Reviews Endocrinology 2010; 6, 34-41.
70