Le parole per capire la crisi

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LE PAROLE PER CAPIRE LA CRISI
di Carlo AIME
“
Presentiamo una breve spiegazione dei termini comunemente utilizzati per definire l’attuale crisi economica.
”
La crisi economica che ha caratterizzato l’economia mondiale è iniziata negli Stati
Uniti nel 2008/2009 per poi coinvolgere, nel corso degli ultimi anni, in modo massiccio, l’Europa, interessando soprattutto alcuni Paesi dell’area euro, tra cui Grecia,
Portogallo, Spagna e Italia.
Negli Stati Uniti la crisi è iniziata a seguito di un dissesto del sistema bancario e finanziario nato da un utilizzo spregiudicato dei
cosiddetti debiti subprime, mentre in Europa la ragione è soprattutto legata a una crisi dei debiti sovrani.
In queste poche righe, con cui abbiamo iniziato a descrivere la crisi, ci siamo imbattuti in una serie di nuovi termini, in precedenza
poco noti e poco utilizzati in ambito economico.
LA CRISI E I MEDIA
La crisi ha modificato non solo molte abitudini e comportamenti dei
cittadini, ma ha anche introdotto nel linguaggio dei media diversi
termini, si pensi per esempio a subprime, spread, rating e fiscal
impact, finora conosciuti solo dagli addetti ai lavori. Si calcola che
siano ben oltre 100 i nuovi termini economici usati per spiegare la
crisi.
In questo articolo proponiamo la spiegazione di alcune delle numerose espressioni utilizzate dai mezzi di informazione, selezionate secondo un duplice criterio: temporale, ossia iniziando
proprio dalla parola che ha dato il via alla crisi, subprime, e di
rilevanza sui mezzi di informazione, ossia i termini ripetuti più
spesso dai mezzi di comunicazione.
DIECI PAROLE PER SPIEGARE LA CRISI
Subprime
Quando qualcuno di noi si reca in una banca italiana per chiedere un mutuo per
l’acquisto di una casa, inizia una procedura di valutazione piuttosto complessa finalizzata a verificare se la persona sarà in grado di restituire l’importo che chiede;
viene cioè verificata la sua affidabilità come debitore.
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Negli Stati Uniti invece si è verificata una situazione completamente diversa: sono
stati concessi mutui per l’acquisto di immobili a soggetti che non avevano i requisiti
necessari. In pratica i mutui sono stati concessi a persone che erano già state insolventi
oppure che non offrivano adeguate garanzie né per il loro reddito né per la loro attività.
Le banche che hanno concesso i mutui si sono difese dal rischio di insolvenza attraverso un’operazione
detta di cartolarizzazione dei mutui (vedi la spiegazione del termine successivo) con cui hanno trasferito
il contenuto del rischio in obbligazioni collocate sul
mercato ma garantite dai mutui stessi.
Queste obbligazioni sono state poi acquistate da investitori istituzionali.
Quando la crisi dei mutui subprime ha sconvolto i
mercati finanziari, si è venuto a creare un effetto domino che ha comportato il fallimento e la nazionalizzazione di molte banche e istituzioni finanziarie che
avevano comprato, per importi ingenti, le obbligazioni frutto della cartolarizzazione dei mutui.
Cartolarizzazione (o securitization)
È una operazione di conversione di crediti in titoli obbligazionari negoziabili sui
mercati finanziari.
Oggetto di questa operazione sono crediti omogenei che si caratterizzano per il fatto
che il rientro del debito avverrà in tempi non brevi (per esempio mutui, leasing finanziari ecc.) mentre l’emittente dei titoli ottiene immediata liquidità.
Tali operazioni possono essere effettuate in vario modo anche se solitamente i crediti vengono trasferiti a una società costituita ad hoc, la quale successivamente emetterà le obbligazioni che venderà a sottoscrittori istituzionali.
Crisi dei debiti sovrani
La crisi dei debiti sovrani riguarda gli Stati che hanno un forte livello di indebitamento
nei confronti dei mercati finanziari. Questi Stati, tra i quali rientra anche il nostro Pae­
se, hanno deficit di bilancio molto elevati che, sino a quando i mercati finanziari non
sono entrati in crisi, hanno trovato sempre adeguate controparti disposte ad acquistare
i loro titoli. Quando invece hanno cominciato a emergere dubbi sulla capacità di questi
Stati di far fronte ai propri debiti, si è venuta a creare una situazione per cui gli Stati
indebitati dovevano offrire interessi sempre maggiori per trovare soggetti disposti ad
acquistare il loro debito, che quindi veniva aumentato ancora di più.
Nonostante vi siano debiti nel mondo molto più alti di quelli dell’Italia o di altri Paesi
appartenenti all’Unione europea – si pensi, per esempio, al debito giapponese pari ad
oltre il 200% del Pil – il problema è esploso nell’eurozona a causa del percorso incompiuto dell’euro. Infatti la Banca centrale europea non può finanziare direttamente
i singoli Stati in crisi e questo fenomeno determina nel mercato una percezione di
divisione tra Stati affidabili (come la Germania) e Stati poco affidabili (come Grecia,
Spagna, Italia) così questi ultimi, per trovare finanziatori, devono pagare tassi molto
alti al mercato, in quanto lo spread (vedi la spiegazione del termine successivo) è molto elevato determinando quindi un peggioramento del debito dello Stato.
Spread
Il termine, oggi molto usato, esprime il differenziale tra due rendimenti.
L’esempio classico che viene proposto dai mezzi di informazione è il differenziale
tra i Btp italiani e il Bund tedesco. Se lo spread dei Btp italiani è, per esempio, 300,
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significa che l’Italia pagherà 300 punti in più rispetto alla Germania per finanziarsi.
In pratica se la Germania paga per finanziare il proprio debito l’1,5%, l’Italia dovrà
aggiungere a questa base 300 e quindi si finanzierà al 4,5%. Tale situazione determina come conseguenza che il denaro costerà di più all’Italia e quindi che il suo
debito si innalzerà.
Rating
Il rating viene emesso da apposite agenzie (come Standard & Poor’s) le quali valutano il livello di affidabilità da parte di un debitore, che può essere uno Stato o
una società industriale, una banca ecc. La valutazione del rating ha effetti molto
importanti per la società oggetto di giudizio, in quanto se il rating e l’outlook (ossia
le prospettive future) sono buoni la società troverà facilmente finanziamenti a prezzi
competitivi, diversamente avrà difficoltà a finanziarsi e dovrà pagare interessi elevati. Le agenzie di rating sono però al centro di vivaci polemiche dovute a valutazioni
da loro effettuate molto spesso discutibili o rivelatesi poi inappropriate.
Fiscal impact
Il fiscal impact (o più correttamente Trattato sulla stabilità, la coordinazione e la
governance nell’Unione europea) è stato firmato nel marzo 2012 da tutti i Paesi
dell’Unione europea (a eccezione del Regno Unito e della Repubblica Ceca) ed è in
corso di ratifica.
Il contenuto principale di questo accordo prevede che in ogni Paese sia presente un
vincolo costituzionale che obblighi il bilancio pubblico a una condizione di pareggio (con alcune deroghe in caso di crisi economica) impegnando quindi il Paese a
comportamenti finanziari virtuosi.
Eurobond
Gli eurobond sono titoli pubblici emessi non da un singolo Stato della zona euro, ma
sovranazionalmente da tutti gli Stati dell’eurozona.
Si tratta di un’idea, al momento non realizzata, attraverso la quale si ritiene che la
strada per uscire dalla crisi possa essere quella di emettere bond che siano garantiti
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da tutti i Paesi della zona euro e che quindi dovrebbero godere di maggiori garanzie
di affidabilità. Contro tale ipotesi hanno espresso il proprio veto alcuni Paesi più
virtuosi, come la Germania, che ritengono tale soluzione estremamente rischiosa.
Esm
Si tratta di un fondo speciale permanente, noto tecnicamente come
European stability mechanism, che è finalizzato all’assistenza finanziaria di Paesi dell’eurozona che si trovino in situazione temporanea
di insolvenza o di non liquidità.
Dispone di un capitale proprio di 80 miliardi di euro con la possibilità di emettere titoli fino a 500 miliardi di euro, grazie a un particolare
effetto di moltiplicazione, noto come effetto leva.
Tobin tax
La Tobin tax prende il nome dall’economista James Tobin, premio Nobel nel 1981,
che, nel 1972, propose, per la prima volta, l’idea di una tassa su tutte le transazioni
valutarie con una aliquota compresa tra lo 0,005 e l’1%.
Successivamente questa idea è stata più volte rielaborata: la versione che dovrebbe
entrare in vigore nel sistema finanziario europeo (anche se a oggi non tutti gli Stati
l’hanno approvata) prevede che tutte le transazioni finanziarie siano oggetto di una
tassazione con una aliquota percentuale indicativa intorno allo 0,1%: il ricavato
di tale tassazione potrà essere destinato a diversi obiettivi, tra cui la riduzione o
il finanziamento dei debiti sovrani. Il problema maggiore della Tobin tax è che vi
sono Paesi che intendono adottarla ed altri che invece la rifiutano; questo determina
quindi disparità tra gli Stati con il rischio che gli investitori spostino i loro capitali
verso i Paesi che non applicano tale imposizione tributaria.
Exit strategy (Es)
Il termine, che significa “strategia di uscita”, indica le modalità, attuate soprattutto
mediante massicci interventi monetari e fiscali, con cui gli Stati in crisi cercano di
uscire da questa situazione nel modo più rapido possibile.
Si tratta di interventi che hanno caratteristiche tra loro assai diverse: aumento del
livello di indebitamento degli Stati o, al contrario, riduzione del livello di indebitamento attraverso forti contenimenti della spesa pubblica o, ancora, massicce iniezioni di moneta sui mercati. In ogni caso la Es consiste nella predisposizione e attuazione di piani governativi finalizzati all’uscita del Paese dalla crisi. Purtroppo molti
di questi piani non sono riusciti a risolvere i problemi, ma hanno creato a loro volta
un peggioramento della situazione economica da parte dello Stato che li ha attuati.
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