Epidemiologia e Profilassi dell'epatite B. Evangelista Sagnelli, Nicola Coppola Divisione di Malattie Infettive, A.O. San Sebastiano, Caserta Dipartimento di Medicina Pubblica, Sezione di Malattie Infettive, Seconda Università di Napoli Le malattie croniche del fegato rappresentano da decenni uno dei più importanti problemi di sanità pubblica. Con l’identificazione in tempi successivi del virus dell’epatite B (HBV), del virus dell’epatite Delta (HDV) e del virus dell’epatite C (HCV) è apparso evidente che la maggior parte delle epatiti croniche ha eziologia virale, e che vi sono differenze epidemiologiche, anche importanti, tra le diverse aree geografiche. Ad esempio è noto che la cirrosi epatica, patologia a prevalente eziologia virale, è malattia ampiamente diffusa in tutto il mondo, con tasso di letalità di 9,2 per 100.000 negli Stati Uniti e di 20,8 per 100.000 abitanti in Italia; in entrambi i paesi questa malattia costituisce la nona causa di morte (1-5). Epidemiologia dell’infezione cronica da HBV La diffusione mondiale dell' HBV è notevole, dal momento che sono stati stimati circa 300.000.000 portatori cronici di HBsAg, con differente livello di endemicità nelle varie aree geografiche: sono state infatti distinte zone a bassa endemia (<2%), quali il Nord America e Europa centro-settentrionale, zone ad endemia moderata (2-7%), quali i paesi del Bacino del Mediterraneo, e zone ad endemia elevata (≥ 8%), come l’Africa ed il Sud-Est Asiatico (6). La prevalenza di portatori cronici di HBsAg è molto elevata in alcune comunità isolate, come quelle eschimesi dell' Alaska ed aborigene dell' Australia, con prevalenza nella popolazione generale anche superiori al 40% (7). L' epatite acuta da HBV è più frequentemente sintomatica nell’adulto che nei bambini, nei quali spesso la fase di citolisi acuta passa inosservata (8). La cronicizzazione si verifica con frequenza variabile in relazione all’età dei pazienti: 90% nei neonati, 20-40% nei bambini e 3-5% negli adulti (8); nelle aree ad endemia elevata l’infezione si verifica frequentemente in età infantile, e quindi con frequente cronicizzazione, mentre nelle aree a bassa endemia si verifica più frequentemente in età adulta, quando la cronicizzazione è rara. In Italia l’epatite acuta da HBV, data la diffusione dell’uso della vaccinazione specifica, coinvolge quasi esclusivamente i soggetti giovani adulti. L’infezione da HBV è trasmessa per via parenterale, sia apparente (trasfusioni di sangue ed emoderivati, punture accidentali, interventi chirurgici ed odontoiatrici, scambio di siringhe tra tossicodipendenti, tatuaggi, etc.) che inapparente (uso promiscuo di oggetti potenzialmente contaminati), per via maternofetale e per via sessuale (omo od eterosessuale). La trasmissione di ' HBV medianteemoderivati è purtroppo ancora una realtà nei paesi che non effettuano uno screening scrupoloso dei donatori. Per quanto concerne la trasmissione verticale, l' infezione si trasmette esclusivamente durante il parto o nei contatti madre-figlio immediatamente successivi alla nascita ed è più frequente quando la madre presenta un' infezione acuta nel terzo trimestre di gravidanza; si registra una più elevata frequenza quando la madre presenta positività per HBeAg e/o per HBV-DNA nel siero (9). Lo screening sierologico delle donne in gravidanza, la pratica della profilassi passivo-attiva nei nati da quelle HBsAg positive e lo screening dei donatori di sangue, hanno notevolmente ridotto rispettivamente il numero di casi a trasmissione verticale e post-trasfusionale. La diffusione dell’infezione per via parenterale “ inapparente” è legata all’uso di strumentario medicale non sterile, di oggetti acuminati e taglienti per praticare incisioni dei lobi auricolari o tatuaggi, nonchè di oggetti condivisi nella pratica della tossicodipendenza. La trasmissione intrafamiliare mediante l' uso comune di spazzolini, rasoi, forbici, pettini, etc, è frequente nelle aree iperendemiche, con precarie condizioni igienico-sanitarie, in famiglie numerose e nell' età infantile (10). In genere nel personale sanitario la prevalenza di portatori cronici di HBsAg è superiore a quella della popolazione generale, soprattutto per il personale delle unità di dialisi, per i dentisti e per i chirurghi; la trasmissione si realizza più frequentemente tramite punture o durante interventi chirurgici; la diffusione dell’infezione da chirurgo a paziente è invece rara e si realizza solo in corso di interventi molto invasivi (11). L' attività eterosessuale e ancor più quella omosessuale è un’importante via di trasmissione. Uno studio multicentrico condotto negli Stati Uniti ha evidenziato che il 61% di 3816 omosessuali maschi presentava markers di infezione pregressa o in atto da HBV (6% HBsAg, 52% HBsAb e 3% HBcAb) e che l' infezione correlava con la durata dell' omosessualità e con il numero di contatti sessuali (12); la percentuale di HBsAg e di HBsAb nella popolazione generale degli U.S.A. può essere stimata rispettivamente intorno allo 0,3 % e al 5% (13). La trasmissione perinatale dell’infezione da HBV in Italia non è particolarmente frequente, data la ridotta prevalenza di donne HBsAg positive tra quelle in età fertile e di quelle HBeAg positive tra le portatrici croniche di HBsAg. In passato invece, in condizioni epidemiologiche diverse, questa via di trasmissione è stata più frequentemente operante. Di conseguenza è la trasmissione orizzontale, spesso intrafamiliare, a giocare ancora un ruolo importante nelle infezioni dell’età infantile (5). 2 Un recente studio caso-controllo ha evidenziato che attualmente sono fattori di rischio indipendenti per l’acquisizione dell’infezione da HBV la tossicodipendenza, la convivenza con portatori di HBsAg e gli interventi chirurgici (14). L’epidemiologia dell’infezione cronica da HBV è stata più estesamente studiata a partire dagli anni 80 in Italia e Grecia (15-17). Questi paesi presentavano una prevalenza di portatori di HBsAg superiore al 3%, e quindi più elevata di quella osservata nelle altre nazioni europee (~ 1%). In Italia la distribuzione geografica dei casi non era però uniforme, e la prevalenza di portatori di HBsAg era maggiore al Sud (5%) che non al Nord (< 3%) (15). Furono inoltre identificate aree geografiche di iperendemicità sia al Nord che al Sud (Bergamo alto, Lodi alto, area metropolitana di Napoli, Afragola, etc.) nelle quali la prevalenza di portatori di HBsAg era molto più elevata, anche superiore al 10% (18). Dalla metà degli anni ‘80 si è verificata in alcuni paesi del bacino Mediterraneo quali Italia e Grecia una riduzione dell’incidenza di epatiti da HBV, sia acute che croniche. Tale riduzione può essere messa in relazione alle migliorate condizioni socio-sanitarie, alla riduzione del numero dei componenti i nuclei familiari, ai mutati comportamenti di tossicodipendenti e omosessuali legati alle campagne di prevenzione effettuate contro l' infezione da HIV e alla diffusione della vaccinazione contro HBV. In Grecia uno studio condotto su reclute ha evidenziato una riduzione della percentuale di portatori di HBsAg dal 3.9% allo 0.9% tra il 1973 ed il 1986 (19). In Italia l’incidenza di epatiti acute da HBV si è ridotta da 12/100.000 abitanti del 1985 a 2/100.000 abitanti negli ultimi tempi (SEIEVA). La prevalenza di portatori di HBsAg tra giovani adulti (donatori, reclute e donne gravide) è passata dal 2.5-3.4% all’1.2-2% (20, 21). Questi dati, insieme all' estesa campagna di vaccinazione attualmente in atto, fanno prevedere in Italia una ulteriore progressiva riduzione del numero dei casi di epatite cronica e di cirrosi epatica da HBV. Profilassi dell’epatite cronica da HBV La profilassi specifica dell’infezione da HBV si avvale dell’uso di gamma-globuline iperimmuni specifiche anti-HBV (profilassi passiva) e della vaccinazione (profilassi attiva). Le gamma-globuline iperimmuni specifiche anti-HBV (HBIG) sono preparate a partire da plasma proveniente da donatori opportunamente selezionati con alti titoli di anticorpi anti-HBs. La immunoprofilassi passiva trova indicazione nei seguenti casi: 1. neonati da madre HBsAg positiva 2. soggetti con esposizione parenterale a materiale contaminato da sangue HBsAg positivo 3 In entrambi i casi la somministrazione di HBIG avverrà al più presto, comunque entro le prime 48 ore dalla nascita o dall’esposizione parenterale, in associazione alla vaccinazione anti-HBV somministrata entro una settimana in un sito d’inoculo diverso da quello usato per le HBIG. Agli inizi degli anni 80 furono disponibili in Italia e nel mondo i vaccini anti-HBV detti di prima generazione, plasma derivanti, ottenuti infatti da plasma di soggetti HBsAg positivi. Successivamente furono disponibili vaccini ricombinanti ottenuti su larga scala grazie alle metodiche del DNA ricombinante (22). La strategia vaccinale adottata in Italia ed in vari paesi del mondo fu inizialmente quella di vaccinare solo i soggetti a rischio di contrarre l’infezione: bambini nati da madre HBsAg positiva, conviventi di soggetti HBsAg positivi, tossicodipendenti, soggetti con multipli partner sessuali, personale medico e paramedico, militari. L’aspetto più importante di questo programma di vaccinazione è stato l’immunizzazione dei nati da madre HBsAg positiva, in considerazione dell’alto rischio per tali neonati di infettarsi alla nascita e quindi di diventare portatori cronici del virus (nel 90% circa dei casi), aumentando così il serbatoio infettivo (23,24). Nel 1990, dopo sei anni dall’inizio del programma di vaccinazione dei soggetti a rischio, la prevalenza dei portatori di HBsAg nei militari di leva in Italia si manteneva ancora rilevante: 1,6% nel Nord del paese, 0,8% al Centro e 2% al Sud e nelle Isole (20). Si rendeva pertanto necessario intervenire con una strategia vaccinale più efficace per ridurre sostanzialmente il serbatoio di portatori presenti nel nostro paese. Fu proposta infatti di introdurre un programma di vaccinazione obbligatoria di massa anti-HBV ad integrazione di quello già esistente per i soggetti a rischio, sulla base dei risultati ottenuti dalla vaccinazione di massa a Taiwan ed in una cittadina dell’Italia meridionale, Afragola (25,26). In questa cittadina, in cui agli inizi degli anni 80 era iniziata la vaccinazione di massa di tutti i nuovi nati, si era registrata una considerevole riduzione dell’incidenza dei casi di epatite acuta, che era passata da circa 63 casi\100.000 abitanti nei 5 anni prima della vaccinazione ad 1 caso\100.000 abitanti negli ultimi 5 anni; inoltre la prevalenza di portatori di HBsAg nella popolazione generale si era ridotta dal 13,4% nel 1978 al 3% del 1990, fino all’1,85% del 1999 (25,27). Sulla base di tali studi fu possibile nel 1991 promulgare la legge (legge n° 165 del 27/05/1991) che rese obbligatoria la vaccinazione per tutti i nuovi nati nel loro primo anno di vita e per tutti gli adolescenti nel corso del 12° anno di vita. L’obbligo per questa seconda classe di età è limitato ai primi 12 anni di applicazione della legge che costituiscono il periodo di tempo necessario ad ottenere “la saldatura immunitaria” dei soggetti di età compresa tra 0 e 24 anni; ciò si verificherà nel 2003. La vaccinazione si esegue inoculando tre dosi di vaccino con intervallo di 1 mese tra la I e la II dose 4 e di 5 mesi tra la II e la III dose; per i nuovi nati la immunizzazione si esegue con dosi pediatriche al III, V e XI mese di vita contemporaneamente alle altre vaccinazioni obbligatorie (anti-poliomielite-difteritetetano). Il fatto che la strategia vaccinale adottata dall’Itala sia quella vincente è dimostrata anche dal fatto che nei paesi che avevano adottato la strategia di vaccinare solo i soggetti a rischio si è verificato un fallimento (28) e che altri 100 paesi hanno adottato la stessa strategia italiana (29-31). 5 Bibliografia 1. Trends in mortality from cirrhosis and alcoholism in the United States, 1945-1983. JAMA1986; 256: 3337-3338. 2. Dufour MC, Stinson Fs, Fe Caces M. Trends in cirrhosis morbidity and mortality: United States, 19791988. Semin Liver Dis 1993; 13: 109-125. 3. Capocaccia R, Farchi G. Mortality from liver cirrhosis in Italy: proportion associated with consumption of alcohol. J Clin Epidemiol 1988; 41: 347-357. 4. Bellentani S, Tiribelli C, Saccoccio G et al. Prevalence of chronic liver disease in the general population of Northern Italy: The Dionysos Study. Hepatology 1994; 20: 1442-1449. 5. Gaeta GB, Giusti G. 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