3.
L’aderenza
La maggior parte dei veicoli terrestri utilizzano ai fini del moto l'aderenza,
sfruttando il fenomeno connesso al rapporto ruota motrice - via di sostegno. Solo in
casi particolari, per esempio i veicoli che adottano il fenomeno misto dell'aderenza e
dell'impuntamento (cingolati), o per quelli che adottano la sostentazione magnetica o
su cuscino d'aria, non viene sfruttato tale fenomeno.
Di seguito, si prenderà in considerazione il caso della propulsione per mezzo di ruote
motrici che, tra l'altro, è il più importante, riguardando praticamente tutti i veicoli
stradali e ferroviari.
Per comprendere a pieno il fenomeno dell’aderenza ci si può riferire all’attrito, ossia
alla forza passiva che si genera in seguito al contatto fra le superfici di due corpi. Ci
sono due tipi di attrito:
o l'attrito statico (Rs) è la forza che si crea fra due oggetti quando non c'è
moto;
o l'attrito cinetico (Rk) è la forza che si crea fra due oggetti quando c'è moto.
La resistenza d'attrito che si genera in seguito al movimento di un corpo sulla
superficie di un altro corpo, è diretta in senso opposto al movimento.
Consideriamo un oggetto sopra una superficie ed applichiamo una forza F:
o se F < Rs l'oggetto non si muove;
o l'oggetto resterà in quiete anche se l'intensità della forza aumenta fino a
raggiungere il valore di Rs;
o ma non appena F diviene maggiore di Rs, l'oggetto inizierà a muovere;
una volta iniziato il moto, l'oggetto sarà accelerato per effetto della forza
applicata, a meno che la forza non sia di intensità uguale alla forza d'attrito
cinetico Rk, poiché in tal caso l'oggetto si muoverà di moto uniforme.
Quindi per muovere un corpo di moto uniforme, occorre applicargli una forza uguale e
contraria alla forza d’attrito cinetico dopo aver vinto l'inerzia.
Il rapporto fra la resistenza d’attrito R e la forza P gravante sul corpo per effetto
dell’accelerazione di gravità, si definisce coefficiente d’attrito f:
o
.
31
Detto P il peso totale del veicolo, o del convoglio nel caso di un trattore e parte
rimorchiata, si può assumere P=Pa+Pp, con Pa peso aderente gravante sulle ruote
motrici e Pp peso gravante sulle ruote portanti.
L’aderenza viene espressa come:
Fa = fa * Pa
fa coefficiente di aderenza
32
Nel caso di ruote motrici la maggior parte del peso grava sull’asse motore. Spesso Pa≅
2/3 P
Nel caso di frenata tutte le ruote di un veicolo frenano e perciò P=Pa (dell’intero
veicolo).
3.1
Il caso di ruota motrice
Le ruote motrici sono collegate, attraverso la trasmissione, all'apparato motore
sicché si può dire che, in tali veicoli, è collocato un apparato motopropulsore
costituito dal motore, dalla trasmissione del moto alle ruote e dalle ruote motrici
stesse.
La coppia motrice del motore viene trasmessa alla ruota che prende appunto il
nome di "ruota motrice" (Figura 26), e tale coppia equivale a una forza applicata alla
periferia della ruota di entità T, che verifica la relazione M=T * r, essendo r il raggio
della ruota.
Il legame tra sforzo normale Pa e sforzo tangenziale T trasmesso dalla
sede stradale alla ruota
dipende dall’aderenza del
pneumatico
R
T
T
Figura 26 ruota motrice
Con riferimento alla Figura 26 si ha:
• Pa: peso sull’asse motore.
• R è la somma delle resistenze al moto (rotolamento, aerodinamica, di inerzia, di
livelletta, ecc)
• A: forza di aderenza, azione della via sulla ruote, agisce in C (nel caso di ruote
motrici ha la direzione del moto).
Si definisce "potere aderente" il valore massimo della forza T applicabile all'area di
contatto ruota-sostegno senza che si rompa il legame di rotolamento puro (senza
slittamenti) tra ruota motrice e supporto.
Applichiamo all’asse motore un momento motore gradatamente crescente.
Con le notazioni dette possono verificarsi tre casi:
1) T < R ;
2) T = R ;
a) T > faPa ;
la ruota non avanza (V = 0);
la ruota gira senza avanzare (slittamento);
b) T ≤ faPa ;
la ruota resta ferma e non avanza;
a) T > faPa ;
slittamento;
b) T ≤ fa Pa;
la velocità V di avanzamento delle ruote rimane
costante;
3) T > R ;
slittamento;
a) T > fa Pa
b) T ≤ fa Pa
puro rotolamento (la ruota avanza accelerando).
Si indicherà allora come equazione del moto la relazione:
R ≤ T ≤ fa Pa
3.2
Il caso di ruota portante
Nel caso di ruota portante, lo sforzo di trazione T sull’asse viene trasmesso dalle
ruote motrici attraverso il telaio.
Con riferimento alla Figura 27, la condizione per avere moto di rotolamento è:
M
r≤A
Figura 27 – Ruota portante
T : sforzo di trazione sull’asse.
A : forza di aderenza (in questo caso ha direzione contraria al moto).
Tale condizione è praticamente sempre verificata dato il basso valore di M.
33
3.3
Il caso di ruota frenata
34
Figura 28 – Ruota frenata
Per non avere il blocco della ruote deve risultare:
Se si bloccano le ruote si ha il fenomeno del “pattinamento” ossia la ruota avanza
strisciando. Lo spazio di frenatura aumenta in quanto invece di avere forza di
aderenza con coefficiente di aderenza fa si ha forza di attrito con un coefficiente di
attrito che è minore del coefficiente di aderenza. Inoltre insorge il pericolo di
sbandamento.
Nel caso ferroviario si ha il danneggiamento del cerchione della ruote.
3.4
L’aderenza nel caso stradale
La forma dell'area di contatto tra ruota e suolo dipende dal tipo di pneumatico e dalla
pressione di gonfiaggio10; il primo caso (a di Figura 29) è quello dell'area di impronta
di forma ellittica: è caratteristica per gonfiaggi a bassa o media pressione e per
carico di esercizio; l'area di impronta è del tipo b, quando si tratta di pneumatici ad
alta pressione, mentre a bassissima pressione o per pneumatici in cui la pressione è
stata artificialmente abbassata, l'area di impronta ha la forma c (impronta grande).
La riduzione del raggio del pneumatico, che prende il nome di "schiacciamento",
misurata in corrispondenza del baricentro dell'area d'impronta, oltre che dalle
caratteristiche del pneumatico, dipende dal carico e dalla pressione di gonfiaggio
(Figura 30); e può essere espressa dalla formula:
s = k m P con "m" compreso tra 1 e 2.
10
Il contatto ruota strada dipende anche da molti altri fattori locali quali velocità di strisciamento,
temperatura e pressione relativa. Tali elementi sono trascurati nelle condizioni tipiche di impiego di un
veicolo commerciale (anche se ne è nota l’importanza nei pneumatici da competizione).
35
Figura 29 – Forma e dimensioni dell’area di impronta di un pneumatico sul terreno
Figura 30 – schiacciamento di un pneumatico
In condizioni statiche la distribuzione delle pressioni sul terreno è ovviamente
simmetrica (Figura 31) con un massimo in corrispondenza del baricentro dell'area
d'impronta e valori nulli ai bordi della stessa area d'impronta.
Applicando alla periferia della ruota motrice uno sforzo di trazione T, la ruota avanza
con una certa velocità V. Nel punto iniziale di contatto gli sforzi tangenziali scambiati
tra ruota e pavimentazione sono nulli. Nel punto finale di contatto gli sforzi
tangenziali teorici richiesti dal pneumatico assumono invece il valore massimo.
L’equilibrio delle forze agenti sul veicolo provoca una deformazione nel verso del moto
del diagramma che rappresenta la distribuzione delle pressioni dovute alla reazione
della pavimentazione secondo asse verticale.
La parte compressa del pneumatico trasmette alla pavimentazione una forza
tangenziale minore rispetto alla parte estesa e pertanto il diagramma di carico
tangenziale trasmesso ha un minimo nel punto di contatto (che si trova dal lato del
moto) ed un massimo nel punto opposto. Lo sforzo di trazione T si ripartirà sulle
singole aree elementari dA dell'area d'impronta in modo tale che potrà scriversi, in
condizioni di aderenza verificata:
36
∫
A
p ⋅ dA = T
mentre ovviamente, indicando con p le pressioni elementari sulle aree dA, sarà:
Pa = ∫ p ⋅ dA
A
Globalmente si avrà quindi verificata la relazione:
T= fa Pa
nelle condizioni limiti di aderenza
oppure:
T < fa Pa
nelle condizioni di puro rotolamento.
Tuttavia, appare evidente che laddove i valori di p sono piccoli o nulli e comunque
inferiori a quelli necessari alla verifica dell'aderenza elementare sull'area dA, si avrà:
τ > fa Pa
e per queste aree, la condizione di aderenza non è verificata pur essendolo
globalmente. Si spiegano così gli strisciamenti localizzati lungo l'area d'impronta di un
pneumatico che costituiscono, da una parte fonte di perdita di energia utile per la
trazione e dall'altra possibile innesco di fenomeni di slittamento nelle condizioni limiti
di aderenza11.
11
I riccioli che si staccanodai pneumatici quando si gira in pista stanno ad indicare che
si è ai limiti dell’aderenza, cioè, si è arrivati a rompere i legami molecolari della
mescola che compone la gomma! Sfruttare tutto il grip che le coperture possono
offrire, comporta dunque, un rapido degrado.
37
Figura 31 Variazione del diagramma delle pressioni durante il moto.
Figura 32 – Deformazione del pneumatico in corrispondenza dell’area di contatto
Si consideri ora un'area di impronta tondeggiante a forma ellittica, quando il
pneumatico si muove l'area utile ai fini dell'aderenza si riduce.
In particolare vi è una certa area (si confrontino in Figura 31 i due diagrammi delle
pressioni relativi ai casi di ruota ferma e ruota in movimento) in cui le pressioni hanno
valori più bassi di quelli che si hanno normalmente a veicolo fermo; nei punti di questa
area l'aderenza non è sempre verificata. Considerata un'areola dA di questa zona, si
ha pertanto:
τ
p
> fa
essendo piccoli i valori di p.
Dovendo, però, in totale essere verificata l'aderenza:
fa =
∫ τ ⋅ dA
A
∫ p ⋅ dA
A
=
τ
∫ p dA ;
A
vi saranno dei punti in cui τ/p è minore di fa
Quando si è in marcia a velocità V, il diagramma delle pressioni avrà il massimo, come
già detto, spostato in avanti nel senso del moto e vi sarà una parte non reagente ai
fini dell'aderenza.
38
Per effetto di questi fenomeni si generano delle differenze tra il percorso teorico L
del baricentro della ruota a diametro D di rotolamento puro del pneumatico e la
°
lunghezza L’ effettivamente percorsa.
Con riferimento alla Figura 33, sarà L = 2π R .n essendo "n" il numero di giri della
°
ruota. Nel caso della trazione si definisce "scorrimento longitudinale sT in trazione",
il rapporto:
sT =
2π nR0 − L' L − L'
=
;
L
2π nR0
in quanto sarà L', percorso reale del baricentro della ruota, minore di L. Nel caso
della frenatura il percorso reale L' del baricentro della ruota sarà maggiore del
percorso teorico L e lo "scorrimento longitudinale sF in frenatura" sarà quindi:
sF =
L'−2π nR0 L'− L
=
L
2πnR0
Le sperimentazioni hanno dimostrato la prevista dipendenza del valore faPa dallo
scorrimento secondo gli andamenti di cui alla Figura 34 le cui curve sono relative alle
condizioni di strada asciutta (curva 1) e di strada bagnata (curva 2).
Anche lo stato del pneumatico, che può essere più o meno consumato nelle incisioni del
battistrada, influisce sull'andamento delle curve Pa fa (s).
Nel caso della curva 1 per un certo valore so dello scorrimento si ha un massimo della
forza tangenziale (Fmax), e per s>so la Fx diminuisce fino al valore F'x in cui s=1
(scorrimento totale).
Figura 33
Figura 34
Il valore so separa la zona dell'aderenza da quella dello slittamento. Quando lo sforzo
tangenziale arriva a Fmax si passa subito allo slittamento totale, non vi è cioè la
possibilità di uno scorrimento intermedio.
Per ritornare nelle condizioni di aderenza occorre diminuire Fx fino a F'x (F'x < Fmax
), e solo allora la ruota torna a rotolare.
Nella curva 2 relativa al caso di strada scivolosa con battistrada liscio invece, anche
oltrepassando so la Fx continua a crescere lentamente e poi si mantiene costante sino
a s=1 senza presentare un massimo come per la curva 1; non è quindi possibile stabilire
un valore di s oltre il quale si ha slittamento totale; non si può quindi definire con
esattezza un limite di aderenza Fmax a meno che non si identifichi con F'x cioè con il
limite di attrito radente.
3.5
Ripartizione dei pesi in un veicolo
Il problema della ripartizione dei carichi si riduce ad un problema bidimensionale
analogo a quello che si utilizza per risolvere una trave appoggiata. In questo caso le
ruote corrispondono agli appoggi della trave, le reazioni applicate alle ruote
corrispondono alle reazioni della pavimentazione, il peso della vettura corrisponde al
peso proprio della trave, il carico sulla vettura corrisponde al sovraccarico sulla trave.
In un veicolo a due assi, se la massa complessiva della vettura con sovraccarico è m
(P=m*g), il peso si ripartisce tra le ruote anteriori (Fza) e posteriori (Fzp) secondo la
relazione:
Fza = m g * lp / lt
Fzp = m g la / lt
dove
lt è la distanza tra gli assi delle ruote anteriori e posteriori del veicolo (passo);
la è la distanza tra il baricentro e l'asse delle ruote anteriori:
lp è la distanza tra il baricentro e l'asse delle ruote posteriori.
La ripartizione del carico tra le ruote di destra e di sinistra è governato da una
relazione analoga.
G
P = mg
hG
lt
Fzp
Fzp
lp
la
Fza
Fza
Figura 35 Ripartizione dei pesi di un veicolo
In genere lungo l'asse trasversale (ipotizzando che non ci siano forze orizzontali) il
baricentro è perfettamente centrato rispetto alle ruote e quindi la ripartizione del
carico avviene in modo uniforme tra le ruote di destra e quelle di sinistra.
39
3.5.1 Esempi
Veicolo a 2 ruote motrici
Massa del veicolo
Peso del veicolo
m (Kg)
P=m*g (N)
Peso su un asse
P/2 (N)
Coeff. d’attrito (Aderenza) fa (-)
V
40
P
T
A
P/4
FORZA TANGENZIALE: T= m*a
Aderenza disponibile: A = fa*P/2 = fa*m*g/2
Dall’uguaglianza:
T=A
Otteniamo l’accelerazione massima
amax(2) = fa *g/2
Veicolo a 4 ruote motrici
V
T
A
P/4
T
A
P/4
(*) Tutto il peso del veicolo si scarica sulle 4 ruote motrici
FORZA TANGENZIALE: T= m*a
Aderenza disponibile: Fatt= fa *P = V*m*g
Dall’uguaglianza:
T=A
Si ottiene l’accelerazione massima: amax(2) = fa *g
41
3.6
Valori pratici del coefficiente di aderenza nel caso stradale.
Il coefficiente fa, in campo stradale, si ricava sperimentalmente e dipende da diversi
fattori:
o condizioni e caratteristiche della superficie stradale;
o caratteristiche della ruota (elasticità e deformabilità);
o disegno del battistrada e pressione di gonfiaggio;
o velocità di avanzamento del veicolo;
Di seguito (Tabella 4) sono riportati dei valori indicativi del coefficiente di aderenza
per ruote gommate in relazione al tipo e/o allo stato della pavimentazione12.
Tabella 4 - Coefficiente di aderenza per ruote gommate
Tipo di fondo
Asfalto rugoso
Asfalto liscio
Cemento rugoso
12
Asciutto
minimo
massimo
0,70
0,80
0,60
0,70
0,70
0,80
Bagnato
minimo
massimo
0,55
0,65
0,45
0,55
0,60
0,65
I pneumatici racing presentano un grip (coefficiente d’attrito) che arriva a 1.8, anziché
0.5/0.7) di un comune pneumatico sconfinando nel campo degli adesivi. Infatti la cosa che
serve di più in un pneumatico da corsa è il grip, che può essere incrementato aumentando la
superfici di contatto fra i due corpi così pur abbassando la pressione per unità di superficie.
Diminuendo la pressione specifica e aumentando la sezione si ha un vantaggio nelle situazioni
estreme durante accelerazioni, frenate e curve effettuate al limite, esercitando un grip
superiore a quello tollerato.
Però aumentando al superficie e diminuendo la pressione si arriverebbe al punto (se si ha
sempre la stessa mescola) ad una perdita di aderenza, perché il carico unitario per superficie
sarebbe basso.
Allora man mano che si aumenta la larghezza del pneumatico la mescola utilizzata diviene più
morbida e tale da garantire, seppure con un carico più basso, un’aderenza più alta.
Cemento liscio
Macadam compatte
Macadam molle
Ghiaietta
Pietra ruvida
Pietra liscia
Neve compatta
Ghiaccio
0,60
0,60
0,50
0,40
0,55
0,45
0,30
0,15
0,70
0,70
0,60
0,50
0,65
0,55
=
=
0,50
0,50
0,40
0,30
0,45
0,30
0,20
0,10
0,60
0,60
0,50
0,40
0,50
0,40
=
=
42
3.7
Deriva
Nel caso stradale la reazione alle forze trasversali nel rapporto pneumatico - strada
è assicurata dalla sola aderenza trasversale tra pneumatico e suolo.
Le forze trasversali Fy (normali alla direzione del moto) sono presenti per effetto
della forza centrifuga durante il moto in curva, della componente del peso del veicolo
in presenza di pendenza trasversale della strada, della componente delle azioni
aerodinamiche dovute al vento.
Indicando con Fy la risultante delle forze trasversali, per avere solo deriva e non
slittamento dovrà essere Fy≤fy P, ove fy è il coefficiente di aderenza trasversale. In
corrispondenza della presenza della forza Fy, il comportamento della ruota del veicolo
è tale che il suo baricentro percorre una traiettoria inclinata di un angolo ε rispetto
alla direzione del moto, restando l'asse longitudinale della ruota parallelo alla
direzione x del moto (Figura 36). Questo fenomeno prende il nome di "deriva del
pneumatico".
Figura 36 – Deriva di un pneumatico
Quindi mentre una ruota sottoposta a solo carico verticale ha una traiettoria che
giace nel piano del suo cerchione, quando viene sottoposta ad un carico laterale devia
da questa traiettoria, nella direzione del carico, di un certo angolo detto angolo di
deriva.
L'angolo di deriva non è costante per un certo pneumatico ma dipende da molti fattori
tra i. quali i più importanti sono: il carico laterale, la pressione di gonfiaggio, il carico
verticale.
In curva il pneumatico è sottoposto alla spinta laterale per contrastare la forza
centrifuga quindi il piano del cerchione non è tangente alla curva ma forma con questa
un angolo pari all'angolo di deriva. Il guidatore deve quindi sterzare le ruote più di
quanto sarebbe necessario per l'esecuzione geometrica della curva.
Poiché la deriva aumenta con il carico laterale, a parità di raggio di curvatura della
traiettoria, l'angolo di sterzatura deve essere tanto maggiore quanto più elevata è la
velocità.
Figura 37
La schematizzazione del fenomeno ora illustrato è riferita alla ruota isolata e l'angolo
ε è funzione della forza Fy trasversale, della pressione di gonfiaggio po, del peso P che
grava sulla ruota e del valore dello sforzo di trazione T nella direzione x, se presente;
per cui può scriversi la relazione, (Figura 38):
ε = ε (Fy, p0, P, Tx )
Quanto fino ad ora indicato presuppone di mantenere il carico verticale P sempre
43
costante. Tuttavia il carico verticale agente su di un pneumatico montato in un veicolo
è largamente variabile a causa principalmente delle azioni inerziali agenti sul veicolo
stesso.
Se Tx è pari a zero ed il valore di p0° è fissato, l'andamento di ε in funzione di Fy è
dato dalle curve di Errore. L'origine riferimento non è stata trovata. al variare di
P (curva sperimentale).
44
Figura 38
Se per ruota trainata è fissato p0 , l'andamento di ε in funzione di Fy al variare di P è
dato dalle curve sopra riportate.
La ε cresce proporzionalmente ad Fy sino ad un certo valore corrispondente alle
condizioni limiti di aderenza, superato il quale aumenta rapidamente anche per piccoli
incrementi di Fy.
L'angolo γ definito dalla tangente alle curve ε = ε (Fy) nell'origine degli assi prende il
nome di "rigidità laterale alla deriva di un pneumatico", mentre la tangente dell'angolo
γ si definisce "rigidità del pneumatico".
La dipendenza di ε da po è difficilmente quantificabile, però si può affermare che al
diminuire di po, ε aumenta rapidamente, infatti un pneumatico sgonfio deriva (sbanda)
prima. Un pneumatico a struttura radiale non avverte in rettilineo l’eventuale suo
afflosciamento, palesandolo in maniera molto evidente e repentina, con molta deriva,
solamente in caso di curva.
La dipendenza di ε dal carico P è tale che al crescere di P fino ad un certo valore, ε
diminuisce; superato tale valore, il fenomeno si inverte.
Il fenomeno della deriva studiato fin qui vale per una ruota singola. Negli autoveicoli
la deriva invece si deve riferire ad un asse, in cui le due ruote, supposte uguali ed
ugualmente gonfiate, sono diversamente caricate a causa della forza centrifuga (o
altra forza trasversale Fy) che è necessariamente presente quando si manifesta la
deriva.
Le ruote di un asse di un autoveicolo sono obbligate ad avere un angolo di deriva
identico a causa del collegamento rigido attraverso il quale sono collegate.
In realtà ciò sarebbe naturale se le aliquote della forza trasversale Fy che si
ripartiscono sulle due ruote dell'asse ed i carichi sulle due ruote dell'asse fossero
identici; cioè dovrebbe essere verificato:
Fy1 = Fy 2 ; P1 = P2 ; ε1 = ε 2 .
Per effetto della forza trasversale totale Fy, il veicolo è soggetto ad un momento
rovesciante Mr = Fy H , con H altezza baricentrica del veicolo (Figura 39). Ne
consegue un trasferimento di carico dalle ruote interne alle ruote esterne dato da
ΔP ⋅ c = Fy ⋅ H , avendo indicato con c la carreggiata di un veicolo.
E'
evidente
quindi
che
la
distribuzione dei carichi sulle ruote
Mr
di un'asse, chiamando con P il
carico statico su ciascuna delle due
ruote, sarà, per effetto della forza
Fy applicata:
P+ΔP per la ruota esterna
Fy
P-ΔP per la ruota interna.
H
La differenza di carico sulle due
ruote comporta due diverse curve
di deriva che darebbero luogo, per
P - ∆P
P + ∆P
la stessa forza Fy, a due diversi
angoli di deriva. Ma poiché le due
Figura 39
ruote sono vincolate ad un asse,
esse sono obbligate ad avere il
medesimo angolo di deriva; di
conseguenza, la forza laterale Fy non si equiripartisce fra le due ruote, per cui, dette
Fyd ed Fys le forze rispettivamente della ruota destra e sinistra, si avrà
Fy = Fyd + Fys
con Fyd ≠ Fys
Ne consegue allora che la deriva complessiva di un asse è maggiore di quella di una
ruota singola in presenza di sollecitazioni medie (cioè Fy/2 e P/2) e che tale aumento
è maggiore con le derive maggiori.
Per chiarire meglio quanto detto, consideriamo le curve della figura relative ad un
tipo di ruota ed a diversi carichi. La ruota sottoposta al carico P e soggetta alla forza
laterale F'y dà luogo ad un angolo di deriva ε'. Quindi, in assenza di squilibrio, le due
ruote potrebbero sopportare uno sforzo laterale complessivo pari a 2F'y con un
angolo di deriva ε’ corrispondente al
punto m' della curva Fy(P).
Ma la presenza dello squilibrio fa sì
che la somma dei due sforzi F'y
relativi ai due punti a' e b' delle due
curve rispettivamente P +∆P e P - ∆P
non è pari al doppio dello sforzo F’y
relativo a P individuato nel punto m'.
Allora la posizione di equilibrio si
trova per un valore ε" maggiore di ε'
per il quale la somma delle forze F" y
per le due ruote nei punti a" e b"
riesce ad equilibrare lo sforzo 2F'y
complessivo. La differenza ∆ε = ε" ε' è l'incremento di deriva che l'asse deve subire a causa dello squilibrio sulle due
ruote, per cui a parità di carico P e di forza laterale Fy tale fenomeno è tanto più
sentito quanto sono maggiori gli squilibri, il che si verifica per esempio nei veicoli con
45
baricentro più alto.
Dalle curve della stessa figura si può rilevare anche che l'incremento di deriva
diventa più vistoso per derive maggiori.
Si indichino ora con ε e ε i valori degli angoli di deriva delle ruote dell'asse anteriore
1
46
2
e posteriore di un veicolo. Se il baricentro è perfettamente centrato, i pesi sui due
assi sono uguali (P1 = P2) e così pure le rispettive forze d'asse (Fy1 = Fy2); se quindi i
pneumatici sono tutti uguali ed ugualmente gonfiati (stessa P0), non vi è ragione che
sia ε1 ≠ ε2.
In tali condizioni il veicolo tende ad allargare verso l'esterno della curva, ma
mantenendo il suo assetto orizzontale rispetto al centro della curva stessa (ovvero
l'asse del veicolo subisce semplicemente una piccola traslazione radiale verso
l'esterno, ma mantiene il suo stato di rotazione); se la deriva è contenuta nei limiti
usuali (qualche grado) la traslazione è pressoché inavvertibile e comunque può
correggersi, spesso in modo istintivo, con un breve aumento dell'angolo di sterzatura.
Per le autovetture, si ha ε >ε per baricentro avanzato e viceversa per baricentro
1
2
arretrato rispetto alla posizione neutra.
In conseguenza di questa differenza, il comportamento del veicolo in curva sarà
diverso rispetto al caso eccezionale di veicolo neutro ( ε = ε ) per il quale la traiettoria
1
2
del baricentro del veicolo percorre la curva a raggio R relativa all'angolo di
sterzatura scelto dal conducente.
In realtà per veicoli in cui il valore ε è maggiore del valore ε si ha un comportamento
1
2
sottosterzante per cui il veicolo tende a percorrere una curva di raggio R'>R ;
viceversa, in caso contrario ( ε <ε ) il baricentro del veicolo percorrerà una curva di
1
2
raggio R'<R e tale comportamento si definirà sovrasterzante (Figura 40). Nel primo
caso il guidatore corregge questo comportamento aumentando l'angolo di sterzatura,
nel secondo caso per correggere il comportamento il guidatore deve diminuire l'angolo
di sterzatura.
Figura 40
Dei due casi sopra esposti, il primo (sottosterzante) non presenta particolare
pericolosità, almeno finché è contenuto nei limiti usuali dell'angolo di deriva: per
correggere tale effetto sottosterzante il guidatore dovrà aumentare l'angolo di
sterzatura fino a riportare il veicolo nella curva di raggio R. Come si è già detto, la
manovra di aumentare l'angolo di sterzo è istintiva; per una sterzatura corretta, ad un
aumento dell'angolo di sterzo corrisponde una maggiore resistenza del volante di
guida (stabilità dello sterzo) cosicché il guidatore raggiunge istintivamente
quell'angolo di sterzatura che permette di percorrere la voluta curva di raggio.
Si può anche dire che il comportamento sottosterzante è stabile, nel senso che, anche
prima che intervenga la correzione dell'angolo di sterzatura, il veicolo tende a
percorrere una curva di raggio R’>R, che diminuisce la forza centrifuga e quindi riduce
l'effetto sottosterzante. Un eccessivo effetto sottosterzante può peraltro rendere
faticosa, per il guidatore, l'iscrizione in curva e provocare altresì al guidatore stesso
l'impressione sgradevole che il veicolo non riesca a tenere la curva.
È inoltre evidente che in un veicolo sottosterzante, l'allargamento in curva
preavverte il guidatore prima che abbia luogo il completo slittamento al verificarsi: lo
slittamento cioè non può mai essere improvviso.
Più pericoloso è invece il secondo caso (sovrasterzante) che obbliga il guidatore a
diminuire l'angolo di sterzatura, compiendo cioè una manovra anti-istintiva, in quanto
dovrà muovere il volante di guida ín senso contrario alla resistenza.
Inoltre il comportamento sovrasterzante può riuscire instabile, nel senso che il
veicolo, quando non intervenga per tempo la correzione dell'angolo di sterzo, tende a
percorrere una curva di raggio R' <R, aumentando quindi la forza centrifuga e il
conseguente effetto sovrasterzante, e così via finché la forza d'asse posteriore Fyz
(dell'asse cioè a maggiore deriva) raggiunga il limite di slittamento. In tal caso la
vettura comincia a sbandare con l'asse posteriore.
Può quindi accadere che una vettura sovrasterzante, spingendo oltre certi limiti
l'accelerazione radiale, e senza l'intervento del guidatore, finisca per assumere una
posizione trasversale alla direzione del moto: lo sbandamento, benché più rapido che
nel caso precedente, non può tuttavia essere improvviso. Quando una vettura di
questo tipo è prossima alle condizioni di instabilità, il guidatore non riesce a trovare
la posizione giusta dello sterzo (perché la manovra è antiistintiva); di conseguenza si
ha una manovra oscillatoria o a scatti perché il guidatore allenta troppo lo sterzo e
quindi allarga troppo la curva; la vettura viene così a percorrere archi di cerchio di
raggio R alternativamente minore e maggiore del raggio dovuto.
Si definisce "grado di sottosterzatura" il valore:
σ1 =
e "grado di sovrasterzatura" il valore:
σ2 =
ε1 − ε 2
;
ε1
ε 2 − ε1
.
ε2
Oltre la distribuzione dei pesi, la differenza di comportamento dipende da numerosi
altri fattori tra i quali è opportuno segnalare:
o Posizione delle ruote motrici
o Geometria delle sospensioni
o Caratteristiche delle molle delle sospensioni e delle barre antirollio.
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