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Compito 10 112
GEORG WILHELM HEGEL
(Stuttgart 1770 - Berlino 1831)
[[...] Aveva per compagno di stanza in Hölderlin spazio [...] si laurea in Teologia [...] fa l'istitutore
privato perché di famiglia non ricca... Entra nella rivista filosofica di Shelling... spazio alla
religione diventa filosofia... nel 1807 dopo alla pubblicazione di Fenomenologia dello Spirito,
diventa preside di una scuola superiore e pubblica SCIENZA DELLA LOGICA, vince un concorso
scienze nel '17 dal quale pubblica un'enciclopedia della filosofia in tomi... Diventò professore
universitario...]
•
•
•
1807:
1801 -16:
1817:
Fenomenologia Dello Spirito
Scienza Della Logica
Enciclopedia delle Scienze Filosofiche in compendio
↓ (SISTEMA HEGELIANO)↓
•
•
•
1821:
1822:
1821-31:
Lineamenti di Filosofia del Diritto
Estetica
Lezioni berlinesi: Filosofia Della Storia, Storia Della Filosofia.
Gli ultimi verranno scritti a Berlino, e costituiscono il sistema hegeliano, il testo; [Dilthey cura le
sue opere giovanili] [Mentre Fichte e Shelling passa dalla filosofia alla teologia, Hegel compie il
passo contrario:] il cristianesimo ha un suo nucleo metastorico, suo nocciolo dottrinale, che si è
sempre adattato ai propri tempi; Cristo usa linguaggio pieno di parabole per parlare alla
popolazione: da quei tempi il cristianesimo si è voluto... non si può togliere l'involucro della
religione tenendo nel nucleo, perché questa buccia (come il fenomeno kantiano) è la sua essenza
[...] sono i significati espressi in forme [...] [mentre Kant parla con i termini fenomeno e noumeno
di oggetti della conoscenza, Hegel parla del cristianesimo nel tempo, ipotizzando che si tratti della
stessa religione, sostenendo che all'igiene cambia perché soggette le modificazioni del tempo... se
la
religione rimanga la stessa durante il corso della storia è il problema
che si pone dei suoi testi]. Il racconto della vita di Gesù si ferma
con una crocefissione: questa sta a significare che la sua
NUCLEO
narrazione si basa sulla parte storica, credendo che la
METAFISICO
risurrezione sia semplicemente un atto di fede del lettore e
quindi non rientri nell'analisi storica del fenomeno. [... dal
piano interpretazione religiosa alla filosofia...] Hegel mette
in luce nell'Etica come il nucleo metastorico compaia
Forme della sua
anche nella predicazione kantiana (seguire il proprio
espressione nel contesto
giusto, generalizzare le massime, fare all’altro quello che
storico
noi vorremmo fatto noi stessi). Mette inoltre in evidenza
come gli uomini seguono più il monoteismo rispetto al
politeismo dovuto anche ad un contesto storico: crede che questo sia
dovuto alla disgregazione della poleis greca, essendo quindi l'uomo pronto ad accettare le dottrine
cristiane [probabilmente questo non sarebbe potuto accadere cent'anni prima o dopo], inoltre
l'unicità dell'impero avrebbe favorito l'universalità della fede.
Hegel attira l'attenzione sul campo storico di tutto (prima c'è un approccio esclusivamente
teoretico), e il tempo non è slegabile dai fatti storici: per Hegel "IL TEMPO È IL CONCETTO
STESSO" , il tempo si costruisce ed evolve nell'arco di un periodo: i concetti hanno quindi un
valore più completo nel tempo, come una rivalutazione della concezione Eraclitea del panta rei.
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A. Le tesi di fondo del sistema1
a. Finito e infinito:
L’infinito secondo Hegel (o essenza) non ha niente al di fuori di sé stesso, che non può essere reale
senza il finito (od oggetto), manifestazione stessa dell’infinito-Dio. Questi tendono a coincidere ma
è necessaria la divisione tra essi. «[L’infinito], non avendo nulla al di fuori di sé e rappresentando
la ragion d’essere di ogni realtà, coincide con l' assoluto e con l'infinito, mentre i vari enti del
mondo, da manifestazioni di esso, coincidono con il finito. Di conseguenza, il finito, come tale, non
esiste, perché ciò che noi chiamiamo finito è nient'altro che un'espressione dell'infinito. [...] il
finito, in quanto è reale, non è tale, ma è lo stesso infinito. [È un] monismo panteistico, [poiché]
vede nel mondo (=il finito) la manifestazione o la realizzazione di Dio (=l’infinito). [...] Dire che la
realtà non è sostanza ma soggetto, significa dire [...] che essa non è immutabile [...] ma un
processo di auto-produzione che [...] con l’uomo (= lo Spirito) e le sue attività più alte (arte,
religione e filosofia) giunge a rivelarsi per quello che è veramente: il vero è l’intero»
b. Ragione e realtà:
Con «idea» [intende l’assoluto concepito come ragione in atto, ovvero come unità dialettica di
pensiero ed essere…] o «ragione» [non [è] la ragione finita dell’individuo, ma la realtà stessa in
tuanto idea, ossia in quanto unità fra pensiero ed essere] Hegel esprime il sooggetto infinito che
sta alla base della realtà [...]
Riassume il senso stesso della sua dottrina con «Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è
razionale»: a) la razionalità non è pura astrazione o schema, ma la forma stessa di ciò che esiste,
perché la ragione governa il mondo e lo costituisce. b) la realtà non è materia caotica, ma il
dispiegarsi di una struttura razionale, che si manifesta inconsapevolmente nella natura. [Da qui
deriva anche il suo giustificazionismo che dichiara che ciò che è risulta anche ciò che
razionalmente dev’essere, …]
c. Giustificazionismo:
Hegel ritiene che se introduciamo la legge virtuosa in un popolo corrotto, esse non verranno
rispettate, e così se fosse vero il contrario il fare la rivoluzione: ne segue che LE LEGGI SONO LO
SPECCHIO DEL POPOLO. assegna così alla rivoluzione francese il compito di denunciare
l’ancient regime che, morto, viveva superstite in una civiltà cambiata e quindi doveva essere
rovesciato. Secondo il giustificazionismo di Hegel la rivoluzione C’È STATA, ed ALLORA essa
DOVEVA ESSERCI, un sistema morto voleva sopravvivere e questo non era possibile: egli non
condanna agli eventi storici, che ci permettono di verificare i suoi meccanismi. Secondo lui il
presente riassume il passato e non si riferisce al futuro: pertanto la filosofia non deve proporre
modelli ma deve studiarli; il simbolo della sua filosofia è la NOTTOLA DI MINERVA che inizia il
volo al crepuscolo, sottolineando ancora di studiare il passato, il quale c’è stato perché è accaduto e
perché doveva esserci e di prendere atto della realtà che ci circonda. [di questo l’accuseranno i
giovani hegeliani: infatti la filosofia per loro ha l’obiettivo di modificare la realtà; loro
contrapporranno pertanto l’immagine del canto del gallo che annuncia la nuova alba]
B. La Fenomenologia dello spirito
Iniziamo ad analizzare il titolo dell'opera:
- fenomenologia: con questo termine e che intende lo studio dei fenomeni e delle
manifestazioni, delle forme: ha pertanto un intento classificatorio e narrativo.
- spirito: detto in tedesco geist, è, come definisce Hegel, "Io che è Noi, Noi che è Io”, ovvero
e la coscienza individuale che è comunque intersoggettiva [bisogna considerare il fatto che
egli ardeva una differente concezione comunicativa della società]. Infatti gradualmente
1
Itinerari di filosofia, N. Abbagnano e G. Fornero.
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veniamo educati con individui, ma non siamo individui già dalla nascita: stando in contatto
con la società impariamo la lingua che essa ci insegna (la lingua madre). La sfera soggettiva
e quella collettiva interagiscono: secondo lui è impossibile pensare in modo differente alla
contemporaneità; in questo modo non critica il presente, ma legittima quello che vi accade,
dettandosi ad analizzare e studiare ciò che osserva.
Lo spirito (geist) è il complesso delle attività razionali ed intellettuali umane, intese sia come
proprie dell’individuo, sia della collettività: infatti, come abbiamo già detto, per Hegel queste sono
due dimensioni reciprocamente inscindibili, in quanto l'individuo assorbe le conoscenza della
società, mentre l'individuo le modifica nella collettività. Lo spirito umano è il complesso delle
attività razionali di intellettuali, nostre e dell'umanità.Dal sottotitolo invece si evince che si passa da
uno stato di minore coscienza ad uno di maggiore coscienza.
Hegel è un idealista [come Kant, Fichte, Shelling], in quanto non interagiamo o con gli oggetti
stessi quanto con l'idea di essi oggetti [...]. Inoltre secondo la sua opinione sotto le manifestazioni
[fenomeno] c'è sempre qualcosa [noumeno], ma questa rimarrà sempre celato finché non verrà
manifestato [...]. Per un filosofo idealista, la realtà e la nostra rappresentazione del mondo. Per noi
non esiste altra realtà quindi al di fuori di noi: esisterà sempre una realtà, ma noi potremo percepire
solamente la nostra.
Hegel ha una formazione di argomentazione dialettica detto schema dialettico che si ripete uguale
nella sua argomentazione all'infinito, ed è articolata in tre fasi:
-
Tesi o Essenza (Westen) – (IDEA) IN SÉ
Si parla di un'idea astratta, [qualcosa che si conosce ma non si prova] qualcosa che non si è
manifestato nella nostra realtà ma se ne possiede l'idea e la si conosce teoricamente. Questo
è il momento reale, dove si conserva ciò che è significativo che non si considera ciò che non
lo è. «Consiste nel concepire l’esistente sotto forma di una molteplicità»
-
Antitesi o Alienazione o Oggettivazione (Entfremdug) - (IDEA) PER SÉ
È quando l'idea astratta si realizza nel fatto concreto, [conoscendo ciò che non si conosceva
prima, lo si percepisce realmente] apparendo in modo diverso da come si crede
inizialmente. Quando un termine entra contatto con la realtà [e le aspettative iniziali
vengono disattese], sia un momento negativo [quando appunto il mondo astratto si presenta
diverso da quello concreto] oggettivandosi, allontanandosi quindi fortemente da
quell'iniziale. Con questa necessaria estroflessione si ha una completa negazione del termine
precedente.
-
Sintesi o Superamento (Aufhebung) - (IDEA) IN SÉ E PER SÉ
Questo è il momento concreto: si conserva ciò che veramente significativa dell'esperienza,
eliminando la parte superflua non significativa. Si ripropone l'essenza iniziale, ma ad un
livello di consapevolezza superiore. Nella vita delle esperienze vissute si conserva soltanto il
messaggio trasmettibile, come una combinazione di due moti: è la funzione conciliatrice nei
confronti delle due precedenti: infatti con la prima si ha una affermazione, che viene poi
negata o discussa nella seconda parte. In questa terza si arriva ad un compromesso tra le
precedenti.
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Essenza
Oggettivazione
Sintesi
Nella prima immagine si nota l'essenza che torna in sé, il giro della ruota è quello dell'esperienza,
mentre il piano sul quale essa si poggia e il piano della realtà: ritornando alla posizione iniziale, in
realtà la ruota non è rimasta sempre sullo stesso punto, ha completato il suo giro però ha proseguito
nel suo cammino in avanti; non si annulla pertanto la conoscenza ricevuta ma si evolve, sostanziata
dalla nuova conoscenza ricevuta: la ruota si aggancia al tempo procedendo in avanti. Inoltre non
sono, quelli sopra enunciati, tre momenti completamente svincolati ma, anzi, strettamente
interconnessi.
Dal Filosofico:
«Passiamo ora ad esaminare la DIALETTICA hegeliana, risolta dal pensatore nella triade [...] tesi (dal
greco [...] pongo ), antitesi (dal greco [...] pongo contro ) e sintesi (dal greco [...] pongo insieme ). La realtà
per Hegel è dinamica, e può esserlo sia nel tempo sia fuori dal tempo: si può parlare di trasformazioni
temporali (che avvengono cioè nel tempo), ma ci si può anche riferire a trasformazioni di concetti, nel senso
che un concetto porta, hegelianamente, ad un altro concetto e lo fa in maniera atemporale: [...] In
particolare, spiega Hegel [da buon idealista], le leggi che regolano il pensiero sono le stesse che regolano
la realtà : già Aristotele l'aveva sostenuto secoli addietro, senza però riuscire a spiegare il perchè. In una
prospettiva idealista (quale è quella hegeliana) in cui oggetto e soggetto sono la stessa cosa, risulta evidente
che anche il pensiero e l'essere siano la stessa cosa (come già aveva sostenuto Parmenide). Si tratta dunque
di esaminare tali leggi: in realtà ve ne è una sola, di cui le altre non sono altro che sottoformulazioni; essa è
la 'dialettica', parola usata per la prima volta da Zenone di Elea e che designa un dialogo in movimento, un
confronto di posizioni [...].Per Hegel è la stessa cosa: 'dialettica' è sì il modo in cui la ragione opera, ma è
anche il modo in cui funziona la realtà . [...] Socrate faceva dare al suo interlocutore una definizione di un
qualcosa, la criticava e dalla critica distruttiva emergeva una seconda definizione che teneva conto delle
critiche mosse; poi se ne dava una terza, e così via. Ora, in questa definizione abbiamo un esempio di
dialettica: di tesi, di antitesi e di sintesi. La prima definizione data dall'interlocutore corrisponde alla tesi,
ovvero si 'pone', si definisce qualcosa e può trattarsi sia di realtà sia, come nel caso che stiamo esaminando,
di pensiero. Dopo la tesi, la si critica e la si nega (antitesi), ma tale negazione non è solo negativa ( ogni
negativo è anche positivo ) poichè fa emergere nuove definizioni di volta in volta depurate dagli elementi
contradditori. Con l'antitesi, ovvero con la negazione della tesi, si arriva ad una nuova definizione, ma non
si tratta più di una tesi giacchè tiene conto sia della prima definizione (tesi) sia della critica ad essa mossa
(antitesi): si tratterà dunque della sintesi, ovvero di una composizione che tiene conto sia della tesi sia della
antitesi (e anzi, le sintetizza) per giungere ad una nuova tesi più corretta. In altri termini, se la tesi era una
definizione e l'antitesi era la negazione di tale definizione, la sintesi (e qui sta la cosa interessante) presenta
un pò della tesi e un pò dell'antitesi, ma visto che la sintesi nega la negazione della tesi (ovvero nega
l'antitesi), allora la sintesi è una negazione della negazione. Si riproporrà la definizione data in origine,
però tenendo conto delle critiche ad essa mosse. [...] Questo gioco per cui si sale un pò alla volta è ben
espresso dall'uso hegeliano di una parola tedesca: Aufhebung , che potremmo tradurre con 'superamento',
ma che può essere tradotto ancora più adeguatamente dal 'tollere' latino, nella sua duplice accezione di
'togliere' e di 'sollevare'. Infatti, il superamento è il processo per cui, nello sviluppo dialettico della realtà,
ogni cosa viene tolta e conservata, ovvero tolta e sollevata (cioè riproposta ad un livello più alto). [...] Già
Eraclito aveva notato come il concetto di salute non fosse comprensibile se non in riferimento al concetto
opposto, di malattia, e aveva sottolineato che la strada in salita è anche in discesa, a seconda di come la si
guardi; [...] Egli ci tiene a sottolineare che la negazione della tesi non è mai assoluta [...], bensì è
'determinata', ovvero si eliminano solo gli aspetti che risultano contradditori. [...] [Allo stesso modo, nota
Hegel, Gesù dovette morire per poter realizzare la sua missione. Hegel, smorzati gli entusiasmi iniziali,
prova cordiale antipatia per la Rivoluzione Francese, ma riconosce ad essa il merito di aver eliminato il
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vecchio stato stagnante: ecco perchè, pur essendo un momento negativo della storia del genere umano, essa
si colora
olora anche di positivo. Abbiamo citato l'esempio del seme per spiegare la dialettica]
dialettica »
Il suo trattato può essere considerato come un romanzo di formazione [in
in tedesco bildungsroman:
“La fenomenologia dello spirito è la storia romanzata della coscienza che
che via via si riconosce come
spirito” 2. “Il
Il Sistema stesso è una grande triade dialettica costituita da idea, natura e spirito: la natura
è la negazione dell'idea, e lo spirito è la negazione della negazione (ovvero negazione della natura) e
ripropone l'idea ad un livello più alto dopo il passaggio per la natura. In un'ottica pienamente
romantica, Hegel concorda sul fatto che ciò che passa per un percorso doloroso ne trae giovamento e si
ripresenta arricchito: il romanzo di formazione, produzione fiorita
fiorita in età romantica, non è altro se non
la descrizione delle travagliate vicende del protagonista, il quale, in virtù del dolore e delle difficoltà
che lo tormentano, si ritrova ad un livello più alto rispetto a quello da cui era partito.[…]
partito.
anche ciò che
sii caratterizza come altamente negativo può essere sempre visto come positivo, sicché ' ogni negativo è
sempre anche positivo ': non c'è dunque da stupirsi se il sistema filosofico hegeliano fu uno dei più
ottimistici della storia. Per alcuni versi la stessa
stessa Fenomenologia si configura come romanzo di
formazione, per via dello spirito di narrazione che la pervade: l'eroe di cui si descrivono le travagliate
vicende è lo spirito, ovvero il principio unitario attore dello sviluppo dell'intera realtà. Lo spirito è, in
altri termini, quella cosa misteriosa che si presenta al tempo stesso come soggetto e come oggetto.”
oggetto. 3];
questo si sviluppa su due piani, uno SINCRONICO, ovvero sviluppato nello stesso tempo, e uno
DIACRONICO, ovvero considerando due tempi, in ordine cronologico.
Noi tutti ci costruiamo una coscienza e una manifestazione con altre coscienze [...], tutto avviene
come manifestazione di un tempo maturo: che un tempo maturo per abbandonare vecchie idee e
abbracciare nuove mentalità, che un tempo opportuno per compiere alcune azioni [vedi
[
l'esempio
precedente della rivoluzione francese,
francese ...].
]. Dopo aver analizzato lo schema dialettico, si analizza
un'ipotesi dell'analisi dello sviluppo dell'uomo, strutturata in tre parti più una; il campo della
coscienza si struttura in:
↓Coscienza↓
•Certezza sensibile
•Percezione
•Intelletto
↓Autocoscienza
Autocoscienza↓
•Dialettica Servo-Padrone
•Stoicismo e Scetticismo
•La coscienza infelice
↓Ragione↓
•Ragione osservativa
•Ragione attiva
•Individualità in sè per sè
SPIRITO
•Eticità
•Cultura
•Moralità
Così come l'individuo si rapporta agli oggetti nella conoscenza, formulando tesi, antitesi e sintesi,
[secondo
secondo lui la mente uno strumento passivo che cerca di configurare un'immagine della realtà... è
come una ad equatio de re et intellectus spazio di Tommaso d'Aquino,... la mente e la fotocopiatrice
2
3
Hegel, da Wikipedia
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della realtà, creando un'immagine vera ed un'immagine non vera].
vera Secondo si è Hegel il vero è
l'intero,, quindi bisogna comprendere tutto suo pensiero per poi per fare formulazioni. «Non a caso
Hegel, oltre a sostenere che 'il vero è l'intero', dice anche che 'il
' vero è il risultato',
risultato con l'idea che
tutto ciò che verrà dopo sia già in germe presente fin dall'inizio come progetto verso un obiettivo,
ma che, al tempo stesso, a dare senso a tutto il processo è il punto d'arrivo, il risultato.»
risultato. 2
1) Coscienza:
Coscienza
•Certezza sensibile (Realismo)
•Percezione (Empirismo)
•Intelletto (Post-Kantiana)
La coscienza riguarda la percezione degli oggetti in quanto tali.
-
-
-
4
«Certezza sensibile»: è la fase del REALISMO, detta altresì fase oggettiva universale, nella
quale il soggetto dà senso all'oggetto (si ha l'analisi filosofica di Platone e dei filosofi
successivi):
): la mente mentre si riconosce esterna all'oggetto ingenuamente, ingenuamente
con atteggiamento realistico prende l'oggetto come vero. «Si
« i è certi che esiste l'oggetto
rivelato dai sensi. Nasce però la difficoltà di capire come riportare la certezza sensibile di
questo oggetto a tutti gli altri oggetti che mi si presentano nella loro diversità sensibile.»
sensibile. 1
«[È] Quella
uella che si ha non appena si viene al mondo e consiste nel vedere il soggetto e
l'oggetto nettamente separati. In altre parole, non appena si aprono gli occhi sul mondo, si
è convinti (ecco perchè 'certezza sensibile') che tutto ciò che ci circonda, ovvero il mondo,
sia altra cosa rispetto a noi. Io sono il soggetto, il mondo è l'oggetto: questa è la tesi.[…]
tesi.
Sembra proprio che la certezza sensibile sia indiscutibile, assolutamente certa, anzi sembra
essere la più grande certezza che si possa avere: quando percepisco una cosa, la mente non
haa ancora cominciato a lavorarci sopra e dunque parrebbe essere
essere una vera e propria
certezza. [...] Tuttavia, fa notare Hegel, quando percepisco qualcosa, non posso ancora dire
che percepisco una penna o una matita, ad esempio, ma devo limitarmi a dire che
percepisco 'un questo',, ovvero una singola cosa non meglio identificata: dire che percepisco
una penna significa fare un passo avanti, significa inquadrare con l'intelletto quel qualcosa
in una categoria.”4»
«Percezione»:
»: è la fase dell’
del EMPIRISMO,, detta altresì fase soggettiva individuale, nella
quale il soggetto si rende conto che il mondo è immagine percettiva della nostra mente,
ovvero alla realtà della percezione personale dell'oggetto. Si riprende l'opinione di Protagora
secondo la quale "il miele sia dolce non posso dire, se il e le sia per me dolce posso dire",
seguendo anche l'opinione di alcuni empiristi di tra i quali Cartesio. «La percezione altro
non è se non la comune percezione sensibile, il percepire le cose come unione di qualità
sensibili.
nsibili. Anch'essa, però, presenta, come la certezza sensibile, alcune contraddizioni che
devono essere superate: la principale contraddizione della percezione consiste nel fatto che
il suo oggetto è al tempo stesso uno e molteplice. Quando ho percezione di
d un libro, infatti,
l'unità di esso si frammenta nella molteplicità delle parti che lo costituiscono (il colore, la
forma, il peso, ecc). La distinzione rispetto alla certezza sensibile risiede nel fatto che con la
percezione non si percepisce ' un questo ' non meglio identificato, ma un insieme di qualità
che costituiscono un'unità (un libro, una penna, una casa, e così via). » 3
POST
, dove si è posti soggettivamente
«Intelletto»: è la fase IDEALISTICA e POST-KANTIANA,
di fronte alla realtà, quando però abbiamo
abbiamo gli strumenti necessari per oggettivare la realtà.
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Riconosce quindi a Kant la capacità di essere stato tra la fase empirica-“scettica”,
empirica
con la
realistica… La costruzione che abbiamo del mondo segue dei principi [...] (La verità è che la
conoscenza dell’uomo
omo è oggettiva [...]) «superata
«superata la percezione [...] l'oggetto non viene più
percepito in quanto tale, ma come manifestazione di una legge generale della natura. E', in
altri termini, l'atteggiamento scientifico, per cui ogni singolo fenomeno che si verifica
verifi è una
particolare manifestazione di una legge fisica. Da notare che si sta costantemente salendo
di livello: la percezione non è più un mero [cogliere] sensibile come era nella certezza
sensibile, è già un radunare le qualità intorno ad una cosa».
cosa». L’alienazione
L’ali
in questo
processo è necessaria in quanto solo tramite essa è possibile la oggettivazione della
conoscenza. L’intelletto collega gli oggetti al fenomeno, arrivando ad avere coscienza di sé
e diventando Autocoscienza.
Autocoscienza
Hegel mette in evidenza [...] che non è solo nell’oggetto, né solo nel soggetto, ma nell’interazione
delle due realtà. Causa ed effetto non sono separabili perché concause, in quanto senna causa è
presente un effetto provocato precedentemente [...]
2) Autocoscienza:
Dialettica servoservo
padrone
Stoicismo e
Scietticismo
La coscienza
infelice
(trasmutabile /
intrasmutabile)
•Devozione
•Il fare o l'operare
•La mortificazione di sè.
spirito, ovvero delle descrizioni della realtà in modo rigido, atte
Sono descritte delle figure dello spirito,
soltanto ad una schematizzazione.
-
«Dialettica servo-padrone
padrone»: Tuttavia non ci rapportiamo alla realtà solo per limitarci a
conoscerla: dopo aver focalizzato la funzione gnoseologica, che tuttavia non è quella
principale, osserveremo l’interazione con l’altro e l’impadronirsi dell’oggetto (ovvero
considerare l’oggetto come proprio perché ci è necessario). Soltanto la coscienza non crea
un dominio soddisfacente. La vera soddisfazione in termini di dominio è un altro soggetto
umano (nell’autocoscienza
coscienza si descrive quindi il rapporto con l’altro):
l’altro questo, interagendo
con noi,
oi, è funzionale al riconoscimento di noi stessi,
stessi, e tuttavia lo vogliamo dominare
infinitamente, con il quale esso risponde con altra sete di dominio: si ha pertanto una guerra
[si
si ha pertanto una situazione hobbsiana,, dove si lotta per la vita o per la morte;
mo
tuttavia
questa visione pessimistica è comune anche a Shopenhauer e Macchiavelli].
Macchiavelli Se ci volgiamo
impossessare dell’altro, uno deve alla fine per forza sottomettersi, e quando questo avviene,
si crea la civiltà. Si viene ad instaurare un rapporto servo-padrone.. [Marx
[
utilizzò questa
concezione per sottolineare per mostrare il destino della storia…]
storia… Questa è definita come
prima configurazione dello spirito;
spirito; in cambio di questa sottomissione il servo può
sopravvivere, altrimenti sarebbe destinano a morire.
morire. Il padrone comanda il servo che esegue,
trasformando quest’ultimo la Natura ed emancipandosi rispetto ad essa, acquisendo
maggiori competenze. Il padrone vuole godere unicamente dei frutti della Natura [...], alla
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fine si verrà ad instaurare una inversione dei rapporti, con il conseguente disfacimento del
mondo antico basato sul rapporto servile.
5
-
«Stoicismo e Scetticismo»: «Il raggiungimento dell' indipendenza, ultimo dei tre momenti
della dialettica servo-padrone, coincide con lo stoicismo, ossia quella visione del saggio
che ritiene di poter fare a meno delle cose raggiungendo così l'autosufficienza. Tuttavia, in
questo modo lo stoico s'illude di eliminare la realtà che continua invece a sussistere e ad
influenzare la sua vita. Chi invece riesce ad ignorare totalmente la realtà è lo scettico.
Tuttavia lo scetticismo si contraddice, poiché da un lato lo scettico dubita della realtà e
dichiara che tutto è vano e incerto, mentre dall'altro vorrebbe poter sostenere qualcosa di
reale e vero. Questa scissione tra l'uno e il Tutto, tra l'individuo e la totalità del mondo, si
ripropone nella figura della coscienza infelice religiosa tra il soggetto e la totalità di Dio.»5
[Sembra una fusione tra visione STOICA, con la quale l’uomo che ha autorità su se stesso e
prova indifferenza nei confronti della Natura (che si attua sapendola adoperare?) e quella
SCETTICA, con la quale si tende a svuotare il significato del mondo… con una sorta di
estremizzazione dell’autonomia stoica [...] esito estremo della emancipazione servile (?)…]
«Se la dialettica servo-padrone si è conclusa con le considerazioni sul lavoro, inteso come
smarrimento della propria spiritualità nella materia, spetta allo stoicismo il merito di aver
tentato di uscire da questa nuova situazione insegnando che a contare non è la condizione
materiale in cui ci si trova [...]. Lo Stoicismo nega l’importanza del mondo materiale, lo
Scetticismo porta alle estreme conseguenze queste considerazioni e arriva a mettere in
dubbio l’esistenza di un mondo esterno al soggetto. Ci troviamo ancora una volta di fronte
ad un rapporto dialettico: scavando fino in fondo, scatta un meccanismo che capovolge
l’intera situazione in cui si è giunti. Con la dialettica servo-padrone l’uomo risulta schiavo
del mondo materiale incarnato dal lavoro: nasce l’esigenza di liberarsi da esso e lo
Stoicismo propone una soluzione invitando a comportarsi come se il mondo materiale non
esistesse. Lo Scetticismo, però, spinge fino in fondo il ragionamento e conclude che, se si
deve dubitare dell’esistenza del mondo materiale, allora si deve dubitare di tutto, coscienza
compresa. Il risultato è che la coscienza stessa, insieme a tutto il resto, perde valore e
fiducia in se stessa: è quello che Hegel designa col nome di momento della coscienza
infelice…».
-
«Coscienza infelice»: l'uomo si protegge da una vertigine e torna per tanto ad affrontare [...]
una relazione ultraterrena. Una volta svuotato il senso del mondo... l'uomo si è liberato dalle
catene, ma non è libero dalla malattia di queste. Ha bisogno comunque di un padrone
metafisico: il Dio dominatore dell'universo. Tale coscienza infelice percepisce solo una
divinità come essenziale per ciò che la riguarda, non l'individuo: questo è il Dio di Giobbe e
di Abramo, o per ciascuna sacerdote di se stesso. In una prima fase parla del mondo più
antico dell'uomo primitivo, in una seconda del medioevo e dell'ebraismo [Nel cristianesimo
non è la natura la sintesi tra piano umano e divino, ma è il solo Cristo... l'uomo può seguire
solo il pastore che segna la strada al gregge: in e che la cristianità luterana e più matura,
in quanto ciascuno comprende ed è padrone di se stesso.] La svolta, al termine medioevo, è
dovuta al fatto che la divinità non è separata dal mondo, ma la divinità stessa torna nel
mondo [basta pensare al deus sive natura dei panteisti seicenteschi come Spinoza]. La
figura cristiana ed ebraica sono due figure, ovvero esemplificazioni dell'evoluzione umana
[...] la coscienza infelice la figura attraverso la quale che Hegel identifica secondo momento
dialettico del suo pensiero: ovvero la percezione di trovarsi lontani dall'essenza. Inoltre Dio
è lontano dal soggetto, che è destinato a diventare polvere. Questo è articolato in due
momenti dialettici: l’intrasmutabile e il trasmutabile. La prima forma è identificabile con io
ed è la tesi. La seconda è l'individuo ed essenziale, con una sorta di antitesi: era percezione
della fuggevole se dell'individuo; a queste inoltre si divide in devozione (cognitiva: è
Wikipedia
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contemplativo o del intrasmutabile, stabilendo con esso un legame, eventualmente anche
con la mortificazione di sé.), a fare l'operazione (operativa), la mortificazione di sé. Il
risultato è la sintesi, ovvero al che è impossibile: infatti l'uomo in fa dell'uomo da solo non
riesce creare un contatto metafisico con la divinità, in quanto non si può fare una frattura tra
un superiore significante (?) e un non significante (?), conta solo l'intrasmutabile, cioè il
piano divino. Hegel spiega questo con il fatto che Zeitgeist, ovvero lo spirito del tempo, non
è spesso maturo affinché si possa verificare uno stato di maggiore coscienza [esempio:
all'epoca del volo di Leonardo, lo spirito del tempo non era ancora maturo, eppure egli
esprimeva l'esigenza dagli aerei].
«Questa figura è fondamentale poiché [...] qualcosa che si separa dall’essenza,
oggettivandosi, si configura in uno stato di smarrimento e perdita di senso fino a quandi
non ritrova in sé e non nell’esteriore il significato dell’esperienza. Si genera così la nuova
posizione di SINTESI»6. La coscienza infelice è la scissione tra coscienza immutabile e
coscienza mutevole dello scetticismo. Assume la forma di separazione radicale tra UOMO
e DIO. Si manifesta nell’antitesi tra INTRASMUTABILE, (il Dio dell’Ebraismo è pura
trascendenza) e TRASMUTABILE (il Dio cristiano che si incarna è trascendente nella
immanenza). Sue manifestazioni sono:
o La devozione: «è quel pensiero a sfondo sentimentale e religioso che non si è
ancora elevato al concetto [e che quindi…] resta [come dice Hegel stesso] un vago
brusio di campane o una calda nebulosità.»7
o Il fare o l’operare: «è il momento in cui la conosicenza [...] cerca di seprimersi
nell’appetito e nel lavoro. Tuttavia la conoscenza critiana non può far a meno di
avvertire il frutto del proprio lavoro come un dono Dio [assieme alle] proprie forze
e la propria capacità».
o La mortificazione di sé: «si ha la più completa negazione dell’io a favore di Dio
[con] l’ascetismo e le sue pratiche [, portando ad] una personalità tanto misera
quanto infelice e “limitata a sé e al suo fare meschino”»
«… In esso vede l’ascetismo, l’automortificazione di un uomo dalla coscienza infelice, che
vede Dio come oggetto a sé opposto, come se Dio fosse tutto e l’uomo nulla. Il presupposto
del discorso hegeliano, è bene ricordarlo, consiste nella convinzione che la distinzione tra
soggetto e oggetto sia solo apparente, non reale: la coscienza in età medioevale non riesce a
capire (e per questo soffre) che quel Dio potente che vede a lei opposto in realtà è lei stessa.
Letto in trasparenza, è un po’ quel che Hegel, in età giovanile, rimprovera alla mentalità
ebraica e alla sua tendenza a vedere Dio opposto all'uomo. Da qui sorge la dialettica della
coscienza infelice: l’uomo cerca di superarla in età medioevale tramite l’esperienza mistica
che porta, attraverso l’esperienza dell’estrema mortificazione di se stessi, ad una sorta di
identità uomo-Dio, l’opposto da cui si era partiti. Con questo capovolgimento dialettico per
cui si parte dalla concezione di un Dio radicalmente opposto all’uomo per arrivare con la
mistica alla concezione di un’unità inscindibile tra uomo e Dio, si chiude la seconda tappa
(autocoscienza) della Fenomenologia e si apre la terza, la tappa della ragione»8
6
Schemi “il lolliano”
N. Abbagnano e G. Fornero., op. cit.; analogamente le atre costituenti della coscienza infelice.
8
Dal Filosofico
7
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3) Ragione:
Ragione
osservativa
Ragione
attiva
Individualità
in sè per sè
•Percezione
•Mente
•Forma
•L'azione
•La legge del cuore
•Il corso del mondo
•Il regno animale dello spirito
•La ragione legislatrice
•La ragione esaminatrice delle leggi
La mortificazione di sé viene superata con l'età della ragione o età moderna. È il momento nel quale
si tenta di saldare il piano della divinità con la realtà degli individui: l'uomo moderno [utilizza la
figura] degli scienziati, filosofi ed politici. Con l'età moderna si cerca di costruire un mondo meno
arbitrario e più ragionevole.. Ora l'uomo non necessita più della figura del re, che era simbolo sulla
terra dell'intrasmutabile, e del suddito, figura del trasmutabile; «Nel Rinascimento l'uomo riacquista
la ragione che gli indica come sia inutile la ricerca di un Dio trascendente
trascendente mentre questo è vivo e
presente nella natura stessa. Nasce così la pretesa della scienza di conquistare l'Assoluto tramite
l'osservazione scientifica della realtà. Ma la descrizione che la scienza fa del mondo non vuol dire
impossessarsi del mondo tramite
ramite la legge e l'esperimento. Ancora una volta la totalità sfugge al
potere dell'uomo.»9. «Quando
Quando la coscienza giunge alla massima distanza da Dio nel suo percepirsi
nullità inessenziale al cospetto dell’essenza divina (e l’uomo medioevale si sottomette alla Chiesa
mediatrice tra lui e l’Immutabile) si matura il trapasso dialettico: la coscienza si rende conto di
essere, le i stessa, Dio, l’Universale, il Soggetto Assoluto. Il contesto è quello del Rinasicmento e
dell’età moderna: l’età della RAGIONE (vernunft)»
(vernunft) 10
-
«Ragione osservativa»:
»: è l'atteggiamento della mente nei confronti della Natura, è la mente
in rapporto con gli altri oggetti; ora la scienza attenta di spiegare la natura con la ragione...
[ripropone
ripropone quindi lo stesso schema della coscienza: percezione,, riguarda la realtà e la
ragione è nella natura (concezione platonica-aristotelica),
platonica
mente,, quando la percezione è
nella mia mente e con le leggi oggettive,
oggettive c’è un forte condizionamento
condizionam
delle percezioni
personali (concezione di Locke/Hume),
Locke/Hume) quando si dà la forma al mondo esteriore
(concezione kantiana) e si stabilisce il nostro nesso causa-effetto
causa effetto è stabilito sulla nostra
esperienza passata…]. Possiamo enunciare le leggi di natura perché
perché noi dichiariamo le leggi
dalla natura, che può essere modificata alle esigenze di esperienze empiriche
«l’osservazione
l’osservazione della natura dalla semplice descrizione si approfondisce con la ricerca
della legge e con l’esperimento»
l’esperimento 11. «Qui la ragione credei di cercare lì’essenza delle cose,
cercando, in realtà, sé stessa: Hegel ripercorre l’età della rivoluzione scientifica e
ripropone i passaggi della sezione della Coscienza (certezza sensibile, percezione,
intelletto): le leggi che lo scienziato enuncia non sono
sono fatti extramentali ma prodotti
intellettuali»10
9
Wikipedia
Schema “il lolliano”
11
Abbagnano Fornero, op. cit.
10
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12
13
-
«Ragione attiva»: è la sintesi, nella sfera della prassi, solo cognitiva[mente], non solo nello
schema del pensiero, ma anche nell'azione. Non siamo sono soggetti che pensiamo ma anche
soggetti che agiscono: è possibile applicare nella morale leggi universali della fisica? [cosa
che è già stata evidenziata da Spinoza nell'Etica geometricamente dimostrata]. Essendo egli
un filosofo idealista, secondo lui il nostro pensiero è la realtà: Dio è un noumeno, una
costruzione umana di ciò che eccede gli elementi naturali [Feuerbach riteneva, con un
rovesciamento dialettico, che Dio e la proiezione mette fisica degli uomini, proiettando
quindi lo spazio umano in quello divino: noi possiamo studiare l'evoluzione della forma
dello spirito dell'animismo (?)]; il sacro si manifesta in modo differente in base la civiltà:
non si avranno per tanto stesse percezioni della medesima divinità e studiando di no,
studierò le forme del sacro nella religione. «Qui la coscienza non si limita a contemplare la
realtà, ma vuole produrre sé stessa: il mondo non è dato, ma è oggetto di realizzazione».12
Essa si può dividere in:
o L’azione: è la consapevolezza che la coscienza non si limita ad osservare, ma vuole
produrre se stessa nel mondo attraverso essa azione. ["il piacere e la necessità":
l'individuo deluso dalla scienza e dalla ricerca naturalistica si getta nella vita alla
ricerca del proprio godimento. Ma nel piacere l'individuo inevitabilmente incontrerà
il suo destino che metterà fine a ogni piacere.]13 «la ricerca del piacere, votata allo
scacco quando incontra la necessità del destino»12
o La legge del cuore: è un modo di resistere al desiderio di trasformare il mondo in
modo piacevole realizzando un ideale: non riuscendo a trasformarlo, allora esso
viene interiorizzato. [L'individuo cercherà allora di opporsi al corso ostile del
mondo appellandosi alla "legge del cuore". Nuovo don Chisciotte dopo avere
cercato di individuare e abbattere i mali del mondo entrerà il conflitto con altri
combattenti che perseguono un loro progetto di bene e vero universali.] «[Essa]
consiste nella velleitaria ribellione individuale contro soggetti creduti colpevoli
della nostra infelicità»12
o Il corso del mondo: [l'individuo allora prenderà come sua guida "la virtù", ossia un
agire in grado di procedere oltre l'immediatezza del sentimento e delle inclinazioni
soggettive. Ma il contrasto tra la virtù, il bene concepito astrattamente, e la realtà
del mondo, si concluderà con la sconfitta del "cavaliere della virtù".]
La ribellione attraverso la legge del cuore con la contrapposizione di ciò che è con
ciò che dovrebbe essere provoca una nuova sconfitta, in quanto da solo l’uomo nono
può contrastare il mondo. Da qui nasce la figura del cavaliere dell’ideale, il quale
cerca a tutti i costi di contrapporsi ma senza alcun cambiamento, poiché portatore di
principi astratti che non funzionano nel mondo contreto. Non è compito della
filosofia cambiare la realtà, ma è propria dell’individuo, in quanto essa può solo
registrare dei cambiamenti nel corso della storia… anche se il corso della storia è
poco incline alle riforme dell’individuo. Si può avere un tentativo di riformare il
mondo scrivendo i libri, ma il mondo rimane sordo all’ascoltarli [la riforma del ‘700
era legata alla teoria], allora è plausibile una riforma della felicità individuale, non
realizzando però appieno lo scopo iniziale. Ci si sforza di realizzarlo
individualmente, ma alla fine questa ricerca ricade negli interessi personali, piuttosto
di realizzare quella altrui.
-
«Individualità in sé e per sé»13: «La realizzazione dell’individuo, pur possibile, è solo
astratta se limitata alla sfera del singolo (che è astratto)»12 «In questa fase sintetica dello
sviluppo dialettico della ragione Hegel mostra come l'individualità, pur mirando a
raggiungere la propria realizzazione, rimane tuttavia, astratta e inadeguata. Per mostrarlo
egli si serve ancora delle "figure":13
Schema “il lolliano”
Wikipedia; vale per le analoghe quadre seguenti.
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o
o
o
«La prima figura è quella che Hegel denomina "il regno animale dello spirito":
agli sforzi e alle ambizioni di una virtù che dovrebbe realizzare il bene di tutti ma
che fallisce, succede l'atteggiamento dell'onesta dedizione ai propri compiti
particolari. Ma c'è un inganno. L'individuo tende a spacciare la sua opera come il
dovere morale stesso, mentre essa esprime soltanto il proprio interesse personale.
Non esiste vera morale se non è universale.» 7 Ciascuno hobbsianamente è lupo degli
altri, cercando di perseguire la propria utilità… dall’ homo homini lupus differisce
nel fatto che secondo Hegel gli individui si comportano razionalmente [...] qualcosa
tiene uniti gli individui, l’eticità dello stato con la conciliazione degli elementi
opposti (*). Dominati dall’utile non si persegue quello collettivo e, per fare questo,
bisogna adottare un punto di vista superiore. Lo Stato garantice che gli interessi
privati coincidano con quelli dello Stato. l’individuo che vorrebbe cambiare la faccia
della realtà non ci riesce, rimanendo in se stesso… [vedi Cavaliere dell’ideale] «il
soggetto persegue i propri interessi privati: il dovere morale non è il proprio utile.
Tali leggi morali rivelano un’origine individuale e anche determinata
storicamente»14
«La figura della "la ragione legislatrice" : l'autocoscienza avvertendo l'inganno,
cerca in se stessa delle leggi che valgano per tutti. Tuttavia tali leggi che pretendono
d'essere universali in effetti nascono dalla propria volontà individuale [e si rivelano
autocontradditorie]15.
«Infine la figura della "ragione esaminatrice delle leggi": l'autocoscienza cerca
delle leggi assolutamente valide che s'impongano a tutti nessuno escluso. Ma così
facendo l'individuo si deve porre al di sopra delle leggi stesse, riducendone quindi,
la validità e l'incondizionatezza.
«Con tutte queste figure Hegel vuole dirci che se ci si pone dal punto di vista dell'individuo
si è inevitabilmente costretti a non raggiungere mai l'universalità. Quest'ultima si trova
soltanto nella fase dello "Spirito". [Per completare la comprensione questa parte si passi
direttamente alla Filosofia dello Spirito alla sezione Spirito soggettivo.]»13 Per Hegel SI RESTA
LEGATI AL PUNTO DI VISTA DELL’INDIVIDUO, NON SI RAGGIUNGE MAI
L’UNIVERSALITA’
Dal Filosofico:
«Hegel definisce la ragione come ‘certezza di essere ogni realtà’. Vi è dunque quel passaggio da mistica a
ragione che vi è stato anche nella realtà storica, quando dal Medioevo si è passati al Rinascimento. La
ragione è ‘certezza di essere ogni realtà‘ grazie all’esperienza mistica: con essa, infatti, l’uomo si è
assimilato a Dio e ha acquisito la certezza di essere ogni realtà, ovvero ha superato il dualismo
soggetto/oggetto. Mistica e ragione sono pertanto due passi contigui: da notare che Hegel usa l’espressione
‘certezza di essere ogni realtà’ e non ‘sapere di essere ogni realtà’, poiché se fosse un sapere sarebbe già il
punto di arrivo. ‘Certezza’, invece, è il punto di partenza, è la dichiarazione generale che il soggetto ha
acquisito consapevolezza di essere ogni realtà: dopo tale dichiarazione, spetta alla ragione cercare se stessa
nella realtà, quasi come se si sapesse ciò che si è ma si dovesse cercare di capire il come e il perché. Si
tratterà pertanto di una ricerca che la ragione conduce nella realtà in cerca di se stessa. La prima tappa è
costituita dalla scienza moderna: la ragione con la scienza effettua una prima esperienza della ragione nella
realtà stessa. Scopre cioè leggi nella realtà ed esse altro non sono se non manifestazioni della ragione
stessa. Anche a proposito dell’intelletto (nella tappa della coscienza) si parlava di scienza, ma là era una
tappa gnoseologica, qui è una tappa storica: come spesso accade. Hegel sembra tornare al punto di
partenza, ma in realtà è lo stesso punto di partenza visto a livelli sempre più alti. Quella della scienza Hegel
la definisce ‘ragione osservativa‘ ad indicare che la ragione osserva oggettivamente nella realtà alcuni
elementi di quella razionalità che sta cercando. Se il primo momento era puramente oggettivo, in quanto la
ragione ricercava oggettivamente se stessa nella realtà, il secondo momento presenta invece un
capovolgimento dialettico: dall'oggettività si passa alla soggettività, ovvero al momento dell' azione
14
15
Schema “il lolliano”
Abbagnano Fornero, op. cit.
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individuale . Oltre all’osservazione della ragione nella realtà, vi è pertanto il tentativo di imporre la ragione
alla realtà (in ultima istanza la soggettività all’oggettività). A tal proposito Hegel scorge in figure e
personaggi del suo tempo i due diversi
diversi tentativi possibili che la ragione compie per imporsi alla realtà:
Faust cerca di dominare in ogni modo la natura facendone l’oggetto del proprio piacere, i Romantici invece
contrappongono alla natura i propri valori, assumendo un atteggiamento di lamentazione
lamentazione verso la realtà e
opponendo ad essa i propri valori (la loro ‘legge
‘
del cuore‘).
‘). Hegel non ama affatto l’atteggiamento dei
Romantici e in questo si rivela come pensatore non-Romantico
non Romantico dell’età romantica. Se con il primo momento
della ragione essa cercava se stessa nella realtà e con il secondo, invece, il soggetto tentava di imporsi
all’oggetto o nutrendosene (Faust) o opponendo la legge del cuore alla realtà (i Romantici), con il terzo
momento si supera l’unilateralità di entrambe i momenti appena
appena citati. Tale momento è l’ eticità : con il
primo momento si riconosce oggettivamente la ragione, con il secondo (nelle sue due accezioni) si tenta di
imporre dall’esterno la soggettività al mondo, con l’eticità, invece, l’individuo non viene più concepito
concepit come
sganciato dal contesto in cui vive, ma come parte integrante della collettività in cui vive. L'eticità non è più
un momento totalmente oggettivo (come era il primo) o totalmente soggettivo (come era il secondo), ma è il
momento in cui la soggettivitàà è vissuta nel contesto oggettivo di un popolo, nella collettività. Quando un
uomo facente parte di una società svolge il proprio lavoro assegnatogli dalla società stessa, egli riconosce il
proprio valore nell’inserimento in valori collettivi, per cui né si impongono valori dall’esterno né è il
soggetto ad imporli. Si tratta pertanto di un ottimo momento di concretezza poiché l’individuo realizza se
stesso nella misura in cui sviluppa i valori della collettività. Occorre notare che in Hegel ‘eticità’ è diverso
div
da ‘moralità’: ‘moralità’, infatti, è quella kantiana, in cui vigono la contrapposizione tra la purezza
soggettiva e l’esteriorità, tra purezza del dovere e impulsi materiali; ‘eticità’ (che Hegel preferisce di gran
lunga) è una morale della concretezza,
concretezza, una morale calata in valori collettivi, non una pura e semplice
morale soggettiva (quale è appunto la morale kantiana). Siamo giunti al momento culminante della
Fenomenologia dello spirito : la separazione tra soggetto e oggetto sta per essere superata e si entra nel
quarto momento, lo spirito…»
4) Spirito:
Spirito
Religione
•Lo spirito vero: l'eticità
•Lo
Lo spirito estraneo a se stesso: la cultura
•Lo spirito certo di sè: la moralità
•Religione naturale
•Religione artistica
•Religione rivelata
Sapere
assoluto
Anch'essa si articola in tre momenti, la ragione si riconosce una dimensione consapevolmente
intersoggettiva. Essa contiene:
-
«Spirito»: o geist intersoggettivo, «la
«la contraddizione tra singolarità e universalità di
operare trova conciliazione nella dimensione intersoggettiva che è la vita del popolo
libero»14; esso si divide in eticità, obbediamo alle leggi senza porre domande, queste sono
diverse da luogo a luogo e ogni mondo ha una sua propria legge:
legge: l'ordine è mantenuto fino
dalla presenza di queste leggi [si presenta una frettolosità nelle descrizioni] «È lo Spirito
allo stato di “sostanza”: l’individuo è organicamente riassorbito nella collettività. È la
bella eticità della poleis greca. Essa, tuttavia,
tuttavia, si frantuma [...]. La successiva tappa, il
diritto formale astratto, riconosce la frammentazione e la riconduce all’eguaglianza
puramente formale delle persone giuridiche»14 ; cultura,, è quella che noi osserviamo o
innoviamo: «Qui
Qui Hegel riassume il
il processo della Modernità: Cultura-Fede-illuminismo
Cultura
ne
sono le tre tappe. Le prime due sono in antitesi e culminano nella celebrazione dello Stato e
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Compito 10 125
della Ricchezza (cultura) oppure di un Dio razionale (Fede). Ne scaturisce l’Illuminismo,
che esalta una libertà che nel Terrore si rivolge contro se stessa: è l’eccesso critico,
l’assolutizzazione di principi astratti, la “volontà generali” schiaccia i singoli»14 ; con la
moralità, la legge da esteriore diventa interiorizzata, nel bene o nel male. Aiuta a radicare
l'ordine, ma si può arrivare alla ribellione o, può addirittura non lasciar segno se rimane
prettamente interiore. Con argomento del “Die schöne Seele” o Anima bella Hegel attacca
Kant per la sua morale è ritenuta troppo formale, in quanto non si vuole sporcare le mani
con la realtà: per sera fa la purezza etico morale, non intervenendo con la realtà. «La
permanenza dell’astratto dovere kantiano e l’incapacità di sporcarsi le mani con la realtà
tipica dell’anima bella si concludono nell’inazione»14
-
«Religione»: è la realizzazione della moralità con un sistema di principi morali di più ampia
globalità. Esso si dota di forme artistiche e, pur essendo privato, si manifesta anche in forme
pubbliche. Secondo Hegel la religione cristiana è da ritenersi tra le migliori poiché è una
religione rivelata ed inoltre con essa, con la Morte della Morte attraverso Cristo, la Morte,
(con una sorte di discussione dialettica ?) si ribalta nel suo contrario. «La contraddizione
tra coscienza pecatrice (agente) e giudicante (l’anima bella) si concilia solo nel
perdono:finito e infinito sono dialetticamente legati. La religione è la
RAPPRESENTAZIONE dell’autocoscienza dello Spirito.»14.
È suddividibile in: «religione naturale: è lo spirito immediato, Dio coincide con gli oggetti
naturali (gli animali, le fonti, ecc.); religione artistica: lo Spirito si mostra a se stesso come
opera d’arte: astratta (templi, inni, sacrifici), vivente (misteri, giochi religiosi), spirituale
(l’epos, la tragedia e la commedia antica); rivelata: nel Cristianesimo la morte dell’uomodio è morte della natura umana in cui l’essenza divina si è alientata. Tale ritorno a sé
dell’essenza divina si compie con il perdono della morte dell’astratta essenza. Nella morte
della morte la naturalità umana in cui l’essenza divinasi rifondano nello spirito vivente
della comunità. Finito ed Infinito non sussistono più separatamente, ma sono riconciliati
dialetticamente. Il cristianesimo luterano è figura della filosofia.» 14
-
«Sapere assoluto»: la suprema sintesi spetterà al Sapere assoluto; questa à la priena presa di
coscienza del concetto come forma propria dello spirito. La filosofia è strumento di
autocoscienza narrativa dello spirito, ovvero Erinnerung, “la memoria interiorizzata”,
ovvero quello che ciascuno ha dentro di sé eternamente.
«Esso è lo Spirito in gtrado di avere conccetto della propria autocoscienza. Ciò accade
nella forma del SISTEMA FILOSOFICO. È il definitivo superamento della costitutiva
BIPOLARITA’ DELLA COSCIENZA.»14
Dal Filosofico:
« [... lo spirito.] Il primo momento dell’eticità è costituito da quella che Hegel chiama, sovrapponendo
eticità ed estetica, “bella eticità” del mondo greco: repentinamente, dai tempi di Hegel del Faust e dei
Romantici ci si trova ribaltati ai tempi dei Greci. Non c’è da stupirsi, dal momento che bisogna rifare
l’intero percorso ma non più sul piano conoscitivo, bensì su quello etico. Con l’espressione “bella eticità”
Hegel si richiama volutamente (e polemicamente) a Schiller e alla sua concezione dell’ “anima bella”
secondo la quale bisognava evitare la contrapposizione morale kantiana per poter così dar vita ad anime
belle, in cui cioè la morale fosse spontanea e, proprio per questo, bella. Anche Hegel non nutre grande
simpatia per la morale kantiana, lacerata in due punti, ma non apprezza nemmeno, da buon anti-romantico,
le scorciatoie romantiche, contro le quali si era già scagliato rimproverando a Schelling l’essere giunto
all’Assoluto con un colpo di pistola. La bellezza dell’eticità del mondo greco risiede nella spontanea unione
attuata dai Greci di ciò che in epoche successive andrà frantumandosi, ovvero l’unione
oggettività/soggettività, singolo/collettività e perfino uomo/Dio/natura, visto che per i Greci gli dei,
espressione della natura, altro non erano se non uomini all’ennesima potenza. Si tratta di un tema già
sviluppato da Hegel in gioventù, quando a Cristo sosteneva di preferire Socrate: sembra fin qui che egli
condivida la concezione schilleriana, riconoscendo la ‘bellezza’ dell’etica greca nella sua spontaneità. Ciò
che però lo allontana da Schiller è che per questi la spontaneità dell’etica è l’obiettivo dell’umanità: per
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Hegel, invece, il mondo greco è sì positivo, ma rappresenta solo il punto di partenza e la ‘bella eticità’ è
condannata a morire in quanto è una sorta di innocenza originaria, indifesa di fronte a possibili lacerazioni.
Di per sé l’unità originaria dei Greci non è positiva dal momento che non è ancora passata per il dramma
della frantumazione: si deve passare ad una frammentazione e poi ad una riunificazione perché si possa
parlare di unificazione positiva, come se Hegel preferisse al vaso intatto quello rotto e riparato. Socrate è
ancora esempio di ‘bella eticità’, però in quegli stessi anni cominciava ad affiorare l’imminente rottura di
essa e la conseguente frammentazione: è con l’ Antigone di Sofocle che per la prima volta si
contrappongono valori inconciliabili. Se per Socrate valori soggettivi e valori oggettivi erano la stessa cosa,
nell’Antigone i valori della famiglia sono irrimediabilmente contrapposti a quelli dello stato: Antigone,
seguendo i valori della famiglia, vuole seppellire il fratello defunto, ma il re Creonte, seguendo i valori dello
stato, riconosce nel fratello di Antigone un traditore e non glielo permette. Sono due valori entrambi validi,
che segnano la rottura dell’identità uomo/cittadino. Con l’Antigone si conclude il mondo greco e si avvia il
secondo momento dello spirito, ossia il processo di frammentazione ( da Hegel definito ‘ regno della cultura
‘) che arriva fino ai giorni di Hegel e che è caratterizzato da fortissime contrapposizioni: tale processo
culmina culturalmente nell’età illuministica e trova la sua massima espressione politica nella Rivoluzione
Francese (soprattutto nel Terrore giacobino) vista come tentativo di conquistare con la violenza una libertà
puramente astratta: Kant e Robespierre sono agli occhi di Hegel le due facce della stessa medaglia. Dopo
questo lungo periodo di lacerazioni che va dall’Antigone di Sofocle fino ai tempi di Hegel, è giunto il
momento di ricomporre il tutto: tale tentativo si articola in due tappe. La prima è il momento della religione
e consiste nell’entrare in contatto con l’Assoluto superando le scissioni: si articolerà in tre sotto-tappe,
religioni orientali, religioni classiche (o artistiche) e religioni cristiane. Con le religioni, Hegel dice (e lo
ribadisce nel Sistema ) che avviene il recupero dell’Assoluto sotto forma del mito, come se si rappresentasse
inadeguatamente l’Assoluto in racconti mitologici. La terza tappa dello spirito è il sapere assoluto .Con
quest’ultimo momento dello spirito si supera l’inadeguata concezione mitologica dell’Assoluto e se ne
raggiunge una più idonea: la filosofia. Con essa si raggiunge l’obiettivo della Fenomenologia , ovvero si
perviene all’unità tra soggetto e oggetto. Se nella Fenomenologia i momenti culturali per recuperare
l’Assoluto frantumatosi da Sofocle in poi sono due , filosofia e religione, e di quest’ultima coglie tre
articolazioni (orientale, classica o artistica, cristiana), nel Sistema , invece, trova posto anche l’arte: lo
spirito non si articola più in due tappe, ma in tre (arte, religione e filosofia) e il mondo greco non rientrerà
più nell’ambito della religione (religione classica o artistica), ma sarà una fase a sé stante, sarà cioè il
momento dell’arte. Giunti al sapere filosofico si è raggiunta l’unità assoluta di soggetto e oggetto: ora è
arrivato il momento di descrivere la realtà come la si vede dal punto di vista acquisito con la
Fenomenologia e a ciò provvede il Sistema con i suoi tre momenti: la Logica (il cui oggetto è l’Idea), la
Filosofia della natura (il cui oggetto è la Natura) e la Filosofia dello spirito (il cui oggetto è lo Spirito). »
«Con la conclusione del percorso fenomenologico si chiarisce il rapporto tra SVOLGIMENTO,
come dire la storia della filosofia e SAPERE ASSOLUTO, come dire il sistema filosofico. Nella
forma compiuta del sistema il sapere assoluto è auto comprensione dell’intero e dunque di tutte le
figure dello Spirito come momenti necessari dello sviluppo dell’intero. Nell’intero ogni momento è
tolto come finito e conservato come momento dell’Assoluto. La dimensione propria del sapere
assoluto è la ERINNERUNG»14
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Compito 10 127
C. Il sistema Hegeliano16
[vedi Giustificazionismo] [Completata
Completata la Fenomenologia dello Spirito, Hegel inizia ad abbozzare
il Sistema prima nella Scienza della logica e successivamente ampliato nell’Enciclopedia…]
nell’
[Non
analizzeremo la filosofia della Natura]
La logica
• Essere
• Essenza
• Concetto
Filosofia
della Natura
La filosofia
dello spirito
• Spirito oggettivo
• Spirito oggettivo
• Diritto astratto
1) La Logica
La Logica
Essenza
Essere
Qualità
Essere
determinato
Essere
Essere
Quantità
Essere
per sè
Misura
Concetto
Essenza come
ragione
dell'esistenza
Fenomeno
Concetto
soggettivo
Il sillogismo
Il giudizio
Meccanismo
Chimismo
Teologia
Universale
Divenire
L'idea
La vita
Il
concetto
come tale
Realtà in atto
Nulla
Concetto
oggettivo
Il conoscere
L'idea
Assoluta
Particolare
Individuale
Qui si studia il pensiero, detto logos,
logos, e l'idea risultante dalla sintesi del concetto. L'idea si percepisce
in modo differente a seconda dell'età: il pensiero è sempre lo stesso, cambiano soltanto le forme con
le quali lo si percepisce. L'idea è determinazione
determinazione astratta, è manifesta nella contraddizione delle
forme espressive, è inoltre reale, o meglio, la forma che è diventata reale, sceglie un'espressione
particolare di manifestazione fra le possibili:
possibili Le parole per loro stesse possono assumere per noi
significati
nificati diversi del ricevente. [Il
[ momento dell'antitesi è un momento nel quale l'oggetto astratto
si oggettifica,, ed allora se si mette relazione con l'idea si riesce a percepire il concetto.]
concetto. Le parole
sono concretizzazione dell'idea, con le quali non si riesce ad esprimere concretamente l'idea astratta:
la manifestazione infatti, essendo altra e diversa rispetto le idee, in parte la contraddice.
16
Questa parte è da ritenersi in gran parte riassunta da Itinerari di filosofia
Giacomo Bergami, © 2008/2009, V
Compito 10 128
Prende in considerazione la struttura programmatica
programmatica o l'impalcatura originaria del mondo. Questa è
strutturata in concetti o categorie, che sono altrettante determinazioni della realtà. «Tali concetti di
non solo pensieri oggettivi, ma pensieri oggettivi, che esprimono la realtà stessa nella sua essenza.
esse
Mentre [per Kant] Le categorie sono funzioni mentali che valgono soltanto in riferimento al
fenomeno, per Hegel le categorie sono [...] determinazione del pensiero e della realtà in sé.»
sé.
Possiamo
ossiamo ancora una volta fa riferimento a quanto già visto nella
nella Coscienza, dove si sono osservate
le varie posizioni filosofiche nei confronti della realtà: da un primo procedere ingenuo, ha
un'incertezza di fondo derivante da una impenetrabilità del pensiero nella realtà delle cose, alla
posizione kantiana, riconoscendo
endo il pregio di «”saltare”,
«”saltare”, contro ogni scetticismo, dal pensiero
all'essere, ma il demerito di ritenere che ciò sia possibile mediante il sentimento la fede. [...]
partendo dei concetti più poveri estratti (essere, nulla e divenire), si giunge sotto l'assillo
l'
di una
ragione dialettica. [...]».. Qui Hegel parla dell'idea in sé senza ulteriori rappresentazioni naturali,
senza ricorrere cioè ad esempi, non potendo fare ricorso a vicende storiche. «Compito della logica
è esporre il pensiero in quanto tale. Il pensiero ha come contenuto se stesso, in pura forma. La
logica è segnata da significato originario di Logos: pensiero, concetto del conoscere,
conosce idea, ovvero il
nucleo razionale del reale. [...] Dalle categorie astratte, strappate dal fluire globale del pensiero, si
risale all'unità del pensiero. Nell'ordine reale le determinazioni astratte sono il risultato di una
divisione o separazione del pensiero che produce astratte determinazioni, che
ch la logica
17
unificandole con la dialettica triadica di nuovo nell'unità del pensiero.»
pensiero.
Si studiano qui quindi i meccanismi attraverso i quali l'idea si oggettifica:
-
«Essere»: «Il
Il punto di partenza la logica è il concetto più vuoto astratto, quello dell'essere
dell'
[...] assolutamente indeterminato, [...] identico al nulla.
nulla È il concetto di quest'identità, cioè
dell'unità dell'essere del nulla, è il divenire, che già gli antichi definivano come passaggio
dal nulla all'essere. [Essi sono] ho posto dell'essere determinato,
determinato, [...] che è tale in virtù
della qualità che lo specifica lo rende finito, della quantità ed infine della misura, la quale
determina la quantità della qualità: queste categorie considerano l'essere nel suo
isolamento che fuori di ogni relazione»
relazione Il reale non è nient'altro che la sintesi tra essere e
nulla, “scorrendo insieme” e si da origine alle cose. «nella
nella tesi il processo logico muove da
una determinazione immediata. Tali sono gli universali prodotti per astrazione
dall'intelletto.»17
-
«Essenza»:
»: è detta anche dottrina dell'azione reciproca. Prettamente mette relazione la causa
con l'effetto, considerando la causa come risultato di una causa precedente, e quindi effetto:
causa-effetto
effetto sono quindi con cause e strettamente interconnesse; non
no sono pertanto
separabili perché reciprocamente con cause, non si può separare quindi prima dal dopo:
l'effetto sarà quindi a sua volta causa di una causa precedente, andando quindi a modificarsi
vicendevolmente;; infatti il pensiero non è mai statico ma dinamico.
d
Causa
Effetto
Si articola a sua volta in: «Essenza
«
come ragione dell’esistenza: riconoscendosi identica se
stessa e diversa dalle altre essenze, l'essenza scopre la propria ragion d'essere; e in virtù di
questa ragion d'essere vivente se esistenza.
esistenza Fenomeno: l'apparizione della sua esistenza è il
fenomeno, che è secondo e Hegel, non mera parvenza, ma la manifestazione adeguata e
17
Schema “il lolliano”
Giacomo Bergami, © 2008/2009, V
Compito 10 129
piena dell'esistenza di ciò che esiste, la realtà in atto,, che è quindi l'unità delle essenze
dell'esistenza.»
-
«La dottrina del concetto»:
»: «così
così determinato e arricchito dalla riflessione su di sé, l’essere
diventa concetto: che non è più il concetto dell'intelletto, diverso dalla realtà il posto ad
esso, ma il concetto della ragione, cioè lo spirito vivente della realtà. [Nel concetto
soggettivo o puramente formale] si esprime e articola nel giudizio e infine si organizza un
sillogismo:: ogni cose sillogismo perché ogni cosa razionale; ma di questa razionalità
sillogismo esprime solo l'aspetto formale soggettivo, che si concreta se la tua solo passando
dal concetto oggettivo [...]»
[...]
-
«L’Idea»: «èè la totalità della realtà in tutta la ricchezza delle sue determinazioni e relazioni
interiori. Nella sua forma immediata l'idea è la vita, come un'anima realizzata in un corpo;
ma nella sua forme immediata, e tuttavia finita, è il conoscere; nel contrasto tra il
soggettivo all'oggettivo [che appaiono distinti e tuttavia uniti] costituisce appunto la finalità
del conoscere; [l'idea assoluta] è l'idea che si riconosce nel sistema totale della logicità.
l
[...] In altri termini, l'idea nella sua forma assoluta non è altro che la logica stessa di
sceglierli nella totalità e nell'unità de le sue determinazioni.»
determinazioni.
2) La filosofia della natura:
natura [...]
3) La filosofia dello spirito:
o:
Filosofia
dello spirito
Spirito oggettivo
Spirito soggettivo
Antropologia
Fenomenologia
Psicologia
Diritto formale
astratto
La moralità
Spirito assoluto
l'eticità
Arte
Religione
È la conoscenza più alte difficile: «che,
«che, dopo essersi estraniata da sé, sparisce come natura che con
l'esteriorità e spazialità, per farsi soggettività e libertà [...] anche lo spirito, procede per gradi ha
diversamente da quanto accade nella natura»
natura poiché si passa da un grado
gr
inferiore ad uno
superiore.
A) LO SPIRITO SOGGETTIVO
Lo spirito
soggettivo
•Antropologia
•Fenomenologia
•Psicologia
Qui si studia l'uomo in rapporto al mondo non nella storia ma come individua. Si studia l'incontro
della sera dell'interiorità con quella della verità, con la quale si ha conoscenza del soggetto. [questo
suo pensiero si può far risalire in minima parte a Pascal:]
Pascal:] l'individuo non è reale se non è
relazionato con l'altro. La struttura psicologica e costruita con i legami che stabiliamo col mondo
esterno, come la società, il lavoro, lo sport. Nota a chi
chi con il termine psicologia e di intende un
Giacomo Bergami, © 2008/2009, V
Filosofia
Compito 10 130
approccio filosofico alla psiche umana. «lo
«lo spirito soggettivo è lo spirito individuale, considerato
nel suo lento progressivo emergere dalla natura [...] L'Antropologia,, studio lo spirito come anima,
una sorta di dormiveglia dello spirito,
spirito, [...essa] indica tutto quel complesso di legami tra spirito
natura che nell'uomo si manifesta come carattere, come temperamento, come le varie disposizioni
psicofisiche.» Mette inoltre anche in correlazione le varie fasi
fasi della vita: nell'infanzia
nell'
ci si trova
armonia con il mondo circostante, nella giovinezza si entra in contrasto con il proprio ambiente, con
la maturità l'individuo, dopo l'urto adolescenziale, si coincide con il mondo, tramite riconoscimento
della necessità
ità oggettiva della razionalità del mondo già esistente fatto. «la fenomenologia studia lo
spirito in quanto coscienza, autocoscienza e ragione. Infine la psicologia studia diritto in senso
stretto, cioè in quelle sue manifestazioni universali, che sono il conoscere teoretico [la totalità di
tutte quelle determinazioni che costituiscono il processo concreto attraverso il quale la ragione
trova se stessa nel suo contenuto], l'attività pratica [con il quale lo spirito diviene libero] e il volere
libero [la volontà di libertà, divenuta essenziale costitutive dello spirito].»
spirito].
B) LO SPIRITO OGGETTIVO
Diritto
astratto
Moralità
Eticità
•La proprietà
•Il contratto
•La pena
•Il proponimento
•L'intenzione e il benessere
•Il bene e il male
•Famiglia
•Società civile
•Stato
Essendo questo momento esterno, il movimento dialettico non può essere nient'altro che al
contrario, procedendo da una serie interiore ad un esteriore. Sembrerebbe quindi quasi lo schema
rovesciato, essendo i momenti esterni/interni/esterni. «Lo
«Lo spirito si manifesta istituzioni sociali
concrete, ovvero in quell'insieme di determinazioni sono individuali chi chiede raccoglie sotto il
concetto di diritto in senso lato.»»
-
«Il diritto astratto»: «èè così definito, in quanto le persone vengono concepite come puri
soggetti astratti di diritto, indipendentemente dai caratteri delle condizioni che
concretamente differenziano tra loro i vari individui»
individui 17. Lee azioni sono disciplinate da
regole, che non abbiamo scelto non è la nascita: ci muoviamo all'interno di leggi quindi che
non abbiamo né scelta è deciso. «la
«la persona trova il suo primo compimento in una cosa
esterna, che diventa sua proprietà.. La proprietà divenne effettivamente tale soltanto in
virtù del reciproco riconoscimento tra le persone, ossia tramite l'istituto giuridico del
contratto.»» con questo contratto sia un riconoscimento giuridico della proprietà; questo
contratto può essere implicito,
mplicito, ovvero quello che è uno possiede è proprio, o esplicito,
alienando le proprietà (ovvero rendendole ad un altro) è necessario un contratto che dichiari
la garanzia è riconoscimento della proprietà. Senza questo riconoscimento la proprietà non è
quindi reale [: si può riconoscere ad esempio che e un astuccio proprio sapendo che gli altri
lo hanno posseduto per tanto tempo]
tempo «Ovviamente,
Ovviamente, l'esistenza diritto rende possibile
l'esistenza suo contrario, c'è la comparsa del torto o dell'illecito. [Il torto viene punito con]
la pena,, intesa come una riaffermazione potenza del diritto, ovvero come negazione del
delitto, il quale è a sua volta negazione del diritto. [La pena diventa quindi] necessità
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Compito 10 131
oggettiva del nostra razionale: [...] si ha il ripristino del cittadino nel criminale che, grazie
la pena, risulta onorato come essere razionale.» La pena permette a chi ha violato il patto
sociale di ritornare nella società: il colpevole ha quindi diritto la pena poiché è così viene
"riassorbito" dalla società. E che giustifica inoltre la pena di morte: e se c'è perché per
esserci e quindi per esistere. Il condannato verrà quindi riassorbito dalla società dopo la
morte che, scontando la pena, al diritto di rientrare nella società. [vedi Giustificazionismo]
«Tuttavia perché la colpa sia efficacemente punitiva, [...] deve essere riconosciute
teneramente dal colpevole. Ma quest'esigenza, oltrepassando l'ambito del diritto, che
concerne l'esteriorità legale, richiama dialetticamente la sfera della moralità.»
-
«La moralità»: «è la sera della volontà soggettiva, quale si manifesta nell'azione.»17. Essa è
l'agire secondo i principi propri, e non semplicemente in base alla legge, in quanto essa
punisce solo i reati; [se per esempio il segreto non viene mantenuto, questo non è
perseguibile per legge, ma è non morale] La moralità “È IL TEMPIO VIOLARE IL
QUALE SAREBBE PECCATO”. È inoltre «l'era della volontà soggettiva, quale si
manifesta nell'azione. Quest'ultima ha una portata morale solo in quanto sgorga da un
proponimento», ovvero l'intenzione il cui fine è il benessere, ovvero quell'azione per il bene
che si vuole per tutti. «Perché inoltre il soggetto riconosca le azioni come sue debbono
rispondere al suo deliberato proposito»17. Da notare che secondo Hegel la morale non deve
«entrare in contrasto con i nostri bisogni a nostra aspirazione alla felicità. [...] » La
moralità è influenzata dalla sera in cui viviamo. Non sarebbe necessaria la moralità se
ognuno di essi isolato con se stesso senza avere contatto con altre persone, e possedendo
solo oggetti che sarebbero tutti quindi di nostra proprietà. il bene e il male sono
caratterizzate all'interno della moralità come qualcosa di oggettivo: sono il bene supremo e il
male assoluto. «il dominio della moralità è caratterizzata dalla separazione tra la
soggettività, che deve realizzare il bene, e il bene che deve essere realizzato.» La moralità
non può da sola modificare la società. Deve prendere corpo un sistema politico che propone
un modello di Stato etico che incarna i valori della comunità. [Si può fare un paragone con
la città di Dio di Sant'Agostino] Non basta quindi enunciare il principio, lo Stato lo deve
mettere in pratica. Qui di Kant critica la morale del cuore, ovvero il bene coincide con
l'intenzione arbitraria del soggetto, l'ironia romantica, che non prende sul serio nessuna
realtà finita e finisce per abbassare la legge etica a trastullo dell'io, ossia del fare del
soggetto il signore del bene e del male.
-
«L’Eticità»: «La separazione fra soggettività e il bene, che è tipica della moralità, viene
annullata e risolta nell'eticità, nella quale il bene si è attuato concretamente ed è divenuto
esistente. Infatti mentre la moralità è la volontà soggettiva, cioè interiore privata, del bene,
l'eticità è la moralità sociale, ovvero la realizzazione del bene in quelle forme istituzionali
che sono la famiglia, la società civile e lo Stato. [... Essa] rappresenta il superamento della
spaccatura fra interiorità ed esteriorità [in quanto secondo Hegel] “il bene [...] non deve
restare semplicemente nel mondo interno, ma deve anche realizzarsi”» È impossibile inoltre
stabilire per Hegel una storia prepolitica come invece è stato per Grozio e Kant, affermando
che “ la società è la condizione in cui soltanto il diritto alla sua realtà”: si può quindi
ritenere il grande nemico del giusnaturalismo. È in altre parole la moralità sociale, la
realizzazione del bene nelle forme istituzionali della famiglia, della società civile e dello
Stato.da allora
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Famiglia
Società civile
Stato
• Patrimonio
• Matrimonio
• Educazione dei
figli
• Sistema dei bisogni
• Amministrazione
della giustizia
• La polizia e le
corporazioni
• Diritto statale
interno
• Diritto satale
esterno
• La storia del
mondo
o La famiglia,, come per Aristotele, e già uno stato in miniatura . [Da
[
questo punto di
vista concorda con Michel Foucault, in quanto]
quanto] contesta la divisione tra società e
Stato, in quanto il potere è dappertutto.
«Il primo momento
omento dell'eticità è la famiglia, nella quale rapporto naturale dei che si
assume la forma di unità spirituale fondata sull'amore sulla fiducia».
fiducia il matrimonio
è basato sulla unione dei fondi delle famiglie di origine, il matrimonio è inoltre
un'unione di usi e costumi. con il patrimonio,, che è quello che possiedono entrambi i
coniugi individualmente, sia pecuniario sia culturale, è una delle componenti
principali delle famiglie, in quanto non considera l'amore romantico se non come
l'istituzione di un contratto
con
implicito. Con l'educazione
educazione dei figli,
figli che è una loro
seconda nascita, le due persone si fondono permettendo che le si possa giudicare
dall'educazione della loro progenie,
progenie ponendo i inoltre le basi per l'ingresso autonomo
nel mondo.. Secondo gli Hegel, i valori che si assorbono sono quelli che vengono
impartiti con l'educazione, di qualsiasi mezzo. Il risultato dell'educazione familiare è
pertanto l'educazione dei figli che, uscendo dalla società, formeranno altre famiglie
che saranno portatrici della
d
cultura della famiglia di origine.
o La società civile,, è una grande famiglia che le racchiude tutte, comprendendo la
sfera economico-sociale
sociale e quella giuridico-amministrativa
giuridico amministrativa del vivere insieme, inteso
come luogo di scontro, di incontro e di interessi.la
interessi.la società civile e la sera civile nella
quale ci muoviamo, che non è controllata dallo Stato ma dagli individui che la
compongono. È quindi la gente, la moda, ciò che pensano agli altri. Mentre sullo
Stato si può agire politicamente, non si può agire politicamente
politicamente sulla società civile. Il
sistema dei bisogni «nasce
nasce dal fatto che gli individui, dovendo soddisfare propri
bisogni mediante la produzione la ricchezza e la divisione del lavoro, dall'origine
differenti classi: gli agricoltori [...], gli artigiani
artigiani [...], e i pubblici funzionari, che
hanno per loro occupazione di interessi universali della situazione sociale».
sociale
L’amministrazione
amministrazione della giustizia è una se sfera di necessaria poiché regola i
passaggi di proprietà:
proprietà «concerne la sfera delle leggi e della loro tutela giuridica e si
identifica sostanzialmente con il diritto pubblico. La polizia e le corporazioni
provvedono alla sicurezza sociale. Nel sistema di Hegel le corporazioni di mestiere
rivestono un ruolo particolare, in quanto esse, attuando una sorta
so
di unità fra
volontà dei singoli quella categorie lavorative cui egli appartiene, che prefigurano,
sia pure in modo relativo e imperfetto, il momento dell'universalità statale».
statale [L'idea
di porre, fra individuo e lo Stato, una sorta di terzo termine che è la società civile, è
stata ritenuta una dei maggiori intuizioni di Hegel. Infatti tale idea sarà largamente
utilizzate dagli studiosi di problemi economici e sociali e troverà in Marx un
originale interprete.]
interprete.
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Compito 10 133
o Lo Stato,, culmine dell’eticità, incarna rappresenta il modo più completo
l'oggettivazione dello spirito: e quell'istituzione che trasforma il diritto con la
moralità in un sistema di leggi costituzionali, assume la funzione di promuovere la
crescita morale: questo è il modello dello Stato etico (Diritto
Diritto statale interno),
interno che si
configura quale totale organicità delle sue parti; se assumiamo la funzione né delle
parti non abbiamo però la funzione dell'intero: il tutto è quindi maggiore della
somma delle parti. Ne segue che tutti cittadini compongono
no lo Stato, ma solo il loro
insieme è lo Stato: lo Stato all'espressione degli individui, ovvero se il popolo non si
sentisse come il proprio stato, ci sarebbe la rivoluzione, espressione del sentimento
collettivo o spirito,
spirito segno che lo Stato non rappresenta
enta più la popolazione che si sta
governando. Ne segue che non tutto ciò che e degne di essere reale: a volte ciò che lo
e cristallizzazione di un passato: lo spirito si serve quindi di alcuni individui detti
EROI COSMOSTORICI,
COSMOSTORICI anche se questi sono spinti da motivi diversi, per
comportare il cambiamento. inoltre lo Stato deve organizzare la moralità dei suoi
individui e a sua volta gli individui contribuiscono a formare la moralità dello Stato.
È quindi difficile che lo Stato corrotto si formi con individui
individui integerrimi e viceversa,
così come i figli sono gli specchi delle famiglie. Si ha quindi un'eterogenesi di fini:
lo spirito aveva bisogno di espandersi e l’Ancien Regime glielo impediva,
ostacolando del flusso [questa
[questa visione assomiglia molto a quella cristiana
cr
della
provvidenza].
]. Il diritto statale interno coincide con la strutturazione dello Stato nelle
sue forme istituzionali. Egli inoltre sostiene suffragio ristretto prussiano, vedendolo
come in migliore dei governi possibili:
possibili: il corso della storia ha spazzato via
l'assolutismo e la democrazia lasciandola via intermedia. il sovrano incarna quindi
l'unità dello Stato, dicendo di sì e mettendo il puntino sulle i alle leggi.
Il Diritto statale esterno riguarda le relazioni infrastatali: gli altri Stati si comportano
fra di loro come individui nello Stato hobbsiano di natura, dove la guerra è l'unica
che decreta quale degli Stati abbia ragione, non ritenendo possibili le forme
sovrastatali di diritto internazionale:
internazionale: la guerra è legittima per risolvere la questione
dei vari Stati e dei utile per eliminare la putredine interna gli Stati che deriva da
lunghi periodi di pace. La guerra, tribunale della ragione, ammette inoltre alla prova
gli Stati, in modo che
che la ragione dei carretti quale sia il vincitore, metro di giudizio
valido anche nel contesto storico [In
In questo modo si contrappone al cosmopolitismo
pacifista di Kant].
]. «il
«il terzo momento, la storia del mondo, è il dispiegarsi della
storia del Geist secondo
secondo un disegno provvidenziale di progressiva consapevolezza di
libertà: dalla libertà di uno nello Stato dispotico orientale, a quella di pochi nel
mondo greco romano, a quella di tutti nello Stato cristiano germanico. Anche
attraverso l'eterogenesi dei fini,
fini, la ragione, con astuzia, raggiunge suo scopo. L'eroe
i veggenti fanno progredire la storia, unico tribunale che stabilisca razionalità, e
quindi il diritto di sopravvivere, degli Stati.»
Stati. 17
C) LO SPIRITO ASSOLUTO
Lo
spirito
assoluto
•Arte
•Religione
•Filosofia
Lo spirito assoluto nei momenti in cui
cui l'idea aggiunge la piena coscienza della propria infinità o
«Lo
assolutezza, cioè del fatto che tutto è spirito e che non vi è nulla al di fuori dello spirito. Tale auto
sapere se assoluto dell'assoluto non è qualcosa di immediato, ma è risultato di un processo
proc
dialettico è rappresentata dall'arte, della religione e dalla filosofia. Queste attività non si
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Compito 10 134
differenziano per il loro contenuto, che è identico, ma soltanto per la forma nella quale ciascuna di
esse presentano stesso contenuto, che è l'assoluto o Dio.»
-
«L’Arte»: secondo Kant, è autonoma nei suoi principi, ovvero non alla funzione conoscitiva:
è un libero gioco della mente. Secondo Hegel invece essa è eteronoma, ovvero ricava i
principi dal maturarsi dallo spirito. Ha quindi funzione conoscitiva e può essere utile per
studiare popoli. Nell'arte e esistono tre generi: l'architettura, che è il più materiale in quanto
a bisogni di materiali pesanti ed è collettiva, la pittura e la musica, che sono forme più
leggere ma necessitano della forma esterna del colore e del suono, e la letteratura, che ha
uno scarso bisogno di materiale e in essa si adopera il linguaggio, oggettivazione dell'essere.
Esiste anche una evoluzione storica: l'arte simbolica è un'opera colossale ed enigmatica,
come per esempio da sfinge, contenente molta forma è poco contenuto, cogliendo il mondo
in modo vago e indistinto; l'arte classica, è il paradigma dell'armonia tra forma e contenuto:
essa la forma più bella d'arte, in quanto l'uomo è anche oggetto dello studio dell'arte ed è
inoltre produttore dello spirito; nell'arte romantica si ha una minore presenza di forma è una
maggiore presenza di contenuto, perciò è più interessante ma non risulta meno bella. E i è
inoltre consapevole che impossibile tornare a classicismo con il neoclassicismo in quanto
ormai “ l'arte bella e il bel frutto caduto dall'albero delle Muse”.
-
«La Religione»: è la facoltà che non descrive semplicemente ciò che si ha davanti, ma che
pone un collegamento fra i concetti che sono in costante sviluppo. Si identifica in tre forme:
la religione orientale, che individua la forma della divinità vagamente tramite i mille rivoli
della natura, che cosa una sorta di religione simbolica che attribuisce ad ogni cosa una
divinità; la religione classica contempla molto critici forme divine, anche se queste
assumono sembianze umane. «preludono alle visioni di Dio come spirito libero, ma si
muovono ancora in un orizzonte naturalistico». La religione cristiana è detta assoluta in
quanto Dio appare come puro spirito, e inoltre migliore per la sua forma triadica che segue
quella dialettica. L'unica limitazione che si rivolge addio con i suoi dogmi, sebbene si
avvicini alla verità della filosofia. «L'unico sbocco coerente della religione è la filosofia,
che si parla in chiesa di Dio e dello spirito, ma non più della formi inadeguata della
rappresentazione, bensì in quell'adeguata del concetto.»
-
«Filosofia»: mette in luce come esse si evolvono di un'epoca in epoca. Hegel ritiene,
ricapitolando tutto, di essere l'ultimo dei filosofi: successivamente ci saranno soltanto storici
della filosofia. Hegel ha permesso quindi di fare un quadro riepiloga attivo e non ci saranno
tappe successive di evoluzione della consapevolezza umana, in quanto con lui si è raggiunge
il massimo. «Nella filosofia, che l'ultimo momento dello spirito assoluto, l'idea aggiunge le
piene concettuale coscienza di sé medesime, chiudendo il ciclo cosmico. Hegel ritiene che la
filosofia, al pari della realtà, si era formazione storica, o si una totalità processuale che si è
sviluppato attraverso una serie di grandi momenti con dentici necessariamente
nell'idealismo. In altre parole, la filosofia nient'altro che l'intera storia della filosofia giunta
finalmente compimento con le Hegel. Di conseguenza, i vari sistemi filosofici che si sono
succeduti nel tempo non devono essere considerati come un insieme disordinato e
accidentale di opinioni mutuamente escludentisi e distruggentisi, in quanto ognuno di essi
costituisce una tappa necessaria per farsi della verità, che supera quello che precede ed è
superato da quello che segue. Coerentemente con questa impostazione, la sua storia della
filosofia, chi inizia della filosofia greca aperta parentesi e Hegel accenna le filosofie
orientali, cinese indiana, ma ritiene di doverli escludere dall'avere propria tradizione
filosofica) e termina con quelle di Fichte e Shelling, si conclude veramente nella sua stessa
filosofia: [...] l'ultima filosofia è quella di Hegel.»
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Compito 11 135
FRIEDRICH NIETZSCHE:
(Rocken 1844 – Weimar 1900)
[Con questo filosofo si inaugura la tradizione del 900: così come canta permettere il passaggio dalla
filosofia del 700 a quello dell'800, così le lettere di Nietzsche è da considerare quella di passaggio al
nuovo secolo. Egli non è un filosofo di professione, come Freud, in quanto Nietzsche era laureato in
letteratura classica: debutta infatti con "La nascita della tragedia dallo spirito della musica" (1872).
[...] la scrittura ad aforismi è ritenuta causa sia della vicinanza sentita con il filosofo Eraclito, si
aperchè la sua malattia, secondo alcuni, non gli permetteva di scrivere un trattato filosofico…
tuttavia successivamente alla Gaia Scienza scriverà dei libri strutturati… Egli prima di morire
impazzì con un tracollo nervoso, vedendo un vettorino che frustava un cavallo, per cui nutrì
pietà…] La sorella di Nietzsche che si sposò con un razzista, iniziò a manipolare gli scritti del
fratello, creando con la Volontà di potenza un manifesto del razzismo, utilizzando alcuni dei suoi
aforismi estrapolati dal contesto, cambiandone di significato…
"La nascita della tragedia dallo spirito della musica"
La parola tragedia deriva dal greco tragos odos, ovvero al canto del capro, ed in particolare il satiro
Pan, che suonava il flauto. L'elemento satiresco, fa correlare la tragedia con le sfilate dionisiache,
ovvero processioni carnevalesche affiancate da danze e canti dei satiri, dunque con il divino si
perdeva il contatto con la realtà per fondersi con la divinità (perdendo così l'identità personale per
unirsi al tutto), creando una stretta relazione fra queste le tragedie. L'elemento dionisiaco è
riconoscibile nella musica e nella presenza del ritmo [un elemento capace di condizionare lo spirito
umano la musica: l'elemento ritmico è quindi fondamentale], mentre quello apollineo è espresso
nella [dimensione del senso manifesto?] poesia: entrambi sono quindi fonti ispiratrici della tragedia
greca. Questi due elementi convivono nella tragedia come una coppia dialettica complementare,
dove l’apollineo è in contatto con la realtà mentre il dionisiaco è in contatto con la nostra
interiorità.
Dionisio
Musica, ritmo
Apollo
Poesia
Coro
Protagonista/Deuteragonista
Ebbrezza
Sogno profetico
Accesso al mistero
Trarre un significato dall’interpretazione del sogno
Il fondo oscuro, la tenebra, gli istinti
Tendenza della ragione greca di fare/colgiere
l’ordine o KOSMOS
Nel’ambito della tragedia greca è importante il punto di vista coreutico: il coro costituisce il punto
di vista collettvo. Esso accompagna con le azioni il protagonista, e quindi agisce e non parla
solamente al protagonista, che a sua volta esprime un punto di vista individuale. [...] La tragedia
trae spunto dalla mitologia… il dramma avveniva negli spalti [e quindi non di fronte al pubblico]…
per Aristotele lo scopo della tragedia (o dell’opera d’arte in genere) è la catarsi, con la quale tutto si
scioglie e tutto si conclude [si intende per catarsi l’espiazione delle colpe del “peccatore” da parte
del pubblico, che vive direttamente il suo dramma, diventando così redento.]
[Ne segue che la concezione shopenaueriana è legata all’elemento dionisiaco, in quanto mentre
Apollo esprime il principium individuationis (in quanto assimilato alla ragione per l’impulso
razionale) Dionisio rappresenta il mistero che circonda l’intera esistenza, l’istinto e l’impulso.
Infatti progressivamente prenderà le distanze da tale pensiero, ritenendo inutili le forme di catarsi
proposte dal filosofo] nella produzione dei tragediografi greci si assiste ad una evoluzione:
Giacomo Bergami
Compito 11 136
-
Con Eschilo, si hanno le sole figure del protagonista e del coro, lasciando così al pubblico la
libera interpretazione
Con Sofocle si ha l’aggiunta del deuteragonista
Con Euripide la tragedia viene presentata nel Proemio, assistendo così all’orientamento
dell’interpretazione, riducendo così al senso ciò che è intriso di mistero.
Nietzsche ritiene Socrate l’uccisore della tragedia in quanto il filosofo greco vuole definire la
ragione soltanto con la somma dei processi mentali e non più come nell’antichità, con l’unione tra
pulsione e razionalità. Infatti la realtà non è né solo l’elemento apollineo (che tende a far vivere
l’inganno) né solo quello dionisiaco (vivere solo il dolore dell’esistenza), in quanto esse ci portano
singolarmente ad una realtà illusoria. In questo modo si causa la decadenza della cultura occidentale
(togliendo la parte dionisiaca dalla dignità della comprensione e della conoscenza [in quanto, come
sostiene Schopenhauer, non siamo alate teste d’angelo]). Platone continua nell’opera di
disfacimento con la divisione fra corpo e anima (soma→sema) [siccome sema significa anche segno
e quindi tomba e soma corpo, con questo termine si ritiene il corpo la morte dell’anima]. Con il
cristianesimo Paolino prosegue la tradizione della scissione fra anima e corpo, essendo quest’ultimo
fonte di appetiti che vogliono essere soddisfatti. Si ottiene una degenerazione in senso antivitale
della cultura occidentale.
Questa analisi filologica è prettamente filosofica. [Infatti nella seconda parte del lavoro evidenzia
come Wagner, ricuperando inoltre le vicende delle divinità nordiche… riesce a costruire l’unità tra
parola e musica (WORT-TON-DRAMA)… successivamente prenderà le distanze anche da questo
musicista in quanto utilizzarà in fondo dei temi cristiani e non più “pagani”… prenderà sempre più
le distanze anche dalla Germania di Bismark fino ad arrivare a definirsi polacco]
“Considerazioni inattuali”: Sull’utilità e il danno della storia per la vita
In questa opera sembra rievocare il “Canto di un pastore errante dell’Asia”: il gregge è felice in
quanto non ricorda:
«L'uomo invidia l'animale, che subito dimentica [...] l'animale vive in modo non storico, poiché si
risolve nel presente […] l'uomo invece resiste sotto il grande e sempre più grande carico del
passato: questo lo schiaccia a terra e lo piega da parte. Per ogni agire ci vuole oblìo: come per la
vita di ogni essere organico ci vuole non solo luce, ma anche oscurità. La serenità, la buona
coscienza, la lieta azione la fiducia nel futuro dipendono [..] dal fatto che si sappia tanto bene
dimenticare al tempo giusto, quanto ricordare al tempo giusto.»
afferma quindi che l’oblio è essenziale per l’esistenza umana. L’uomo soffre infatti per l’eccesso di
storia, in quanto studiando il passato spesso si tende a rovinare il futuro ed il presente, se soffocato
dall’esempio del passato. Vedendo tutto il mondo come storico non si è quindi capaci di vivere il
presente, non diventando felice né il singolo né gli altri. L’uomo vuole essere felice come l’animale
ma senza esserlo, e questa [brama] lo porterà a soffrire. L’uomo storico è quello ottocentesco,
capace solo di ricordare, mentre l’uomo sovrastorico ha in sé memoria ed oblio: studiando la
storia, è anche capace di gettarsela alle spalle. L’uomo vive invece in un contesto Hegeliano,
soffocato dal passato che, se eccessivo, non porta alcun cambiamento al mondo. Ritiene inoltre che
la cultura è produrre delle cose [...], mentre vedeva tutta la cultura della sua epoca come una cultura
interna, accentrata sul sapere storico. Bisogna quindi distinguere la storia buona da quella dannosa:
«Nello specifico, poi, egli individua tre diversi tipi di storiografia… Ciò non toglie, tuttavia, che
non si debba esagerare[,] perchè se è vero che i tre tipi di storiografia possono, per le ragioni
poc'anzi esposte, essere utili alla vita, è anche vero che, se si eccede, possono rivelarsi
Giacomo Bergami
Compito 11 137
dannose…»1: in particolare quando questi sforzi sono rivolti al passato; essa deve piuttosto rivolta
verso il futuro, venendo sistematicamente reinterpretata dal soggetto che, secondo una sua
percezione relativista, interpreta in modo diverso da un altro: di ogni interprete una interpretazione.
Ritiene inoltre i fatti stupidi come vitelli… essi esistono e non si possono negare, anche se
diversamente interpretabili, secondo la sua visione relativistica.
-
monumentale: «esamina e celebra le azioni del passato». Se è positiva ci spinge all’azione
tramite un grande esempio del passato, se è dannosa gli esempi idolatrati impediscono
l’azione. «*Bisogna stare attenti a non abbellire e sopravvalutare il passato, facendolo
diventare invenzione piuttosto che storia. Un altro possibile danno per il passato è il
sopravvento della storia monumentale sulle altre: verrebbero così ricordati solo alcuni
eventi; inoltre ogni azione (anche le creazioni artistiche) del presente non avrebbe alcuna
importanza se paragonata al modello perfetto del passato. Quindi, la storia monumentale
può degenerare, andando contro la vita, la creazione, l’azione.»2
-
antiquaria: «nutre un culto, di stampo museale, del passato in quanto tale». Se è positiva ci
premette di conoscere le nostre radici riconoscendoci, potendola proiettare verso il futuro; se
è dannosa si rischia per specializzarsi, richiudendosi su uno studio particolare alla ricerca del
dettaglio [eccessivo] e litigando con gli altri “conoscitori” su solo quello che si conosce:
«*ciò vuol dire scadere in una “furia collezionistica” di tutto ciò che è esistito, un
“conservare” e non “generare vita” distruggendo il divenire e paralizzando chi agisce»
-
critica: «ha un approccio critico con il passato e, dunque, si pone (sulla scia
dell'Illuminismo) in forma correttiva rispetto ad esso». Se è positiva sgombra la storia dai
pregiudizi, cancellando le interpretazioni obsolete, ma l’eccesso di critica si rivela dannoso,
in quanto si rivolge contro noi stessi, e il conseguente assillo che ne deriva perché qualcuno
ci potrebbe criticare, porta all’inazione. «*L’uomo avverte la necessità di interrompere il
passato per rinnovarsi, vede nel passato la propria debolezza e, quindi, guarda a ciò che
non esiste più non per ricrearlo o venerarlo, ma per condannarlo. “Tutto ciò che nasce
merita di morire, perciò sarebbe meglio che niente nascesse”. Ciò che condanna il passato
non è la giustizia, ma è la vita stessa a cui la storia deve essere subordinata: nel momento
in cui l’uomo si rende conto di essere legato al passato se ne libera in vista della
costruzione del presente e del futuro (distruzione-costruzione). Se ciò può sembrare una
ingiustizia nei confronti della storia è perché “vivere ed essere ingiusti (dimenticare) sono
una cosa sola”. E’, questo, il tipo di storia per la vita che N. predilige, e che egli stesso
giudica pericolosa per la vita stessa: l’uomo, attraverso la storia critica, vuole eliminare un
passato, una “prima natura”, da cui egli deriva, di cui è figlio ed a cui è legato sempre; il
tentativo pericoloso è quello di costruire “a posteriori” una “seconda natura” un passato
ideale da cui derivare e contrapposto a quello da cui realmente si deriva.»
[Nella seconda inattuale, quella qui proposta, Nietzsche introduce il prospettivismo ed il
relativismo ermeneutico (L’ermeneutica è la disciplina che riguarda l’interpretazione del testo –
inizialmente concepito sull’esegesi, ovvero l’interpretazione e la diversa grafia del testo, rispettate
nelle edizioni critiche… è l’esercizio principe della filologia).]
Il significato della storia deriva dalla riflessione sull’attività dell’interpretare i testi.
[Il testo è dell’autore o della società? Se fosse per l’autore stesso, allora non le pubblicherebbe.. la
filologia(?) può essere ricostruttiva (pensiamo ad esempio che il significato autentico di INFINITO è
1
2
Da Filosofico.net
* www.marforio.org
Giacomo Bergami
Compito 11 138
inteso sulla figura di Leopardi, allora bisognerà analizzarne appieno la vita) o integrativa… dalla
sfera di neutralità interpretativa, entriamo in una sfera che manipola la realtà… ]
A seconda di come viene percepito il contenuto, si hanno diverse interpretazioni, e l’interpretazione
diversa non è l’oggetto iniziale, ma bensì sono gli spettatori… [non si parla del fatto in sé ma del
significato…].
“La fase illuministica”
La seconda inattuale aggiunge alla Nascita della Tragedia (NdT) la critica al socratismo della
cultura occidentale. Questa fusione dà origine alla fase illuministica. Esso comprende i testi:
-
Umano, troppo umano I/II (è esplicitamente ispirato a Voltaire, ed infatti venne pubblicato
in corrispondenza dle centenario della morte del filosofo francese)
Aurora
La Gaia Scienza
Si presenta inoltre una scrittura ad aforismi, adottata per una personale scelta stilistica, presto
abbandonata; fa rifermento ai modelli passati di Eraclito, ai “Pensieri” di Pascal (altro filosofo
dell’esistenza come Nietzsche), la Rochefoucauld (moralista del ‘600) e agli “Essay” di Montaigne,
una critica della cultura filosofica e musicale (prenderà le distanze da Wagner), ed appare il
modello del freigeist o dell’intellettuale non aggregato, che sottopone a critica chiunque… Si
dedica quindi alla critica della cultura [...] utilizzando per la prima volta il metodo genealogico, che
verrà ripreso nel ‘900 da Foucault: con questo si vuole indagare (es., nel particolare) come i vari
termini filosofici si sono via via modificati nella storia. Poiché sono cambiati gli uomini sono
cambiati anche i termini come l’arte o la religione. In questo metodo si riscontrano alcune analogie
ma con profonde differenze con [il metodo di] Hegel:
Hegel
Nietzsche
Un termine riceve un significato diverso nel suo contesto e si modifica nel tempo
C’è un piano prestabilito e le parole manifestano il Non è presente alcun piano prestabilito e il senso
concretizzarsi dell’idea
delle parole è costruito a posteriori
Così la parola “libertà” ha diverse concezioni nel corso della storia. [...]. Per Hegel la storia è come
una collana di perle chiuse, dove l’una è collegata all’altra per principi di conseguenza
causale/temporale… mentre la concezione di Nietzsche è simile ad una collana scollegata, dove
però le perle sono una continue all’altra secondo una successione cronologica. Karl Löwith nel
“Senso e significato della storia” distingue una concezione:
A priori
- Agostino (filosofia della storia)
-
Hegel (concezione dello “spirito” – l’idea si
sviluppa con il progredire dialettico… è il
filosofo messianico che mette fine alla storia
della filosofia)
-
Marx (Rivoluzione – dato il carattere
fortemente contraddittorio del capitalismo,
esso dovrà essere rovesciato.)
A posteriori
- Storicisti (Max Weber: la storia non va
necessariamente così, può avvenire anche
diversamente [come il film Sliding Doors], e
quindi bisogna per forza studiare quei
momenti nella storia nei quali essa è stata
posta ad un bivio; Dilthey: ogni epoca
chiusa in sé stessa bisogna studiarla, ma
bisogna creare dei ponti di collegamento tra
un evento e l’altro, che devono essere
stabiliti con criteri oggettivi)
- Nietzsche (la ricerca di senso è una ricerca
soggettiva nella storia)
Giacomo Bergami
Compito 11 139
[Viene anche chiamata in causa l’indagine psicologica, richiamando alcuni atteggiamenti
dell’essere umano.. della santità, dell’estetismo, partendo da come l’uomo si rapporta al mondo.
Egli riconosce nel tempo presente a partire dal passato]. Hegel introduce inoltre due termini:
-
DECADÉNCE:
è la condizione attuale di decadenza della cultura occidentale a partire dalla
tragedia greca
RESSENTIMENT: [l’uomo] non è capace di vivere la vita direttamente, ma si lascia dominare
dalla politica… e la sua parte negativa viene scaricata nei confronti di qualcuno o qualcosa,
in modo da impedire. Chi non ha capacità di vivere l’esistenza vuole impedire agli altri di
vivere la vita. Questa sarà la critica verso Schopenhauer, definito come grande esponente del
ressentiment (vedi la sua concezione di catarsi). Questa forma di risentimento si rivolge nei
confronti dell’esistenza, ed inoltre la cultura ha perso il contatto con la radice vitale
dell’esistenza. Da qui nasce il nichilismo** [che sarà presente in una fase che, secondo una
previsione del filosofo, durerà per 200 anni].
Egli concepisce il tempo come “anti-progredente”: come secondo Leopardi, più ci allontaniamo
dall’antichità, più la nostra cultura diventa degenere… [poligenesi = cultura… mentre…]. [La
scienza deve accettare la propria provvisorietà, e si deve modificare alla luce delle nuove scoperte
anticipando Popper. La scienza deve essere aperta, cercando un dialogo tra la sfera scientifica e
quella umanistica, altrimenti si risulterebbe degli uomini dimezzati… nel positivismo invece la
scienza diventa religione di verità (in modo corretto?)… (scienza paludata?)…] Riportiamo di
seguito l’Aforisma 125 sul folle uomo da la “Gaia Scienza”.
«L’uomo folle. – Avete sentito di quel folle uomo che accese una lanterna alla chiara luce del
mattino, corse al mercato e si mise a gridare incessantemente: “Cerco Dio! Cerco Dio!”. E poiché
proprio là si trovavano raccolti molti di quelli che non credevano in Dio, suscitò grandi risa. “È
forse perduto?” disse uno. “Si è perduto come un bambino?” fece un altro. “0ppure sta ben
nascosto? Ha paura di noi? Si è imbarcato? È emigrato?” – gridavano e ridevano in una gran
confusione. Il folle uomo balzò in mezzo a loro e li trapassò con i suoi sguardi: “Dove se n’è
andato Dio? – gridò – ve lo voglio dire! Siamo stati noi ad ucciderlo: voi e io! Siamo noi tutti i
suoi assassini! Ma come abbiamo fatto questo? Come potemmo vuotare il mare bevendolo fino
all’ultima goccia? Chi ci dètte la spugna per strusciar via l’intero orizzonte? Che mai facemmo, a
sciogliere questa terra dalla catena del suo sole? Dov’è che si muove ora? Dov’è che ci moviamo
noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? E all’indietro, di fianco, in avanti, da
tutti i lati? Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito
nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto piú freddo? Non seguita a venire notte,
sempre piú notte? Non dobbiamo accendere lanterne la mattina? Dello strepito che fanno i
becchini mentre seppelliscono Dio, non udiamo dunque nulla? Non fiutiamo ancora il lezzo della
divina putrefazione? Anche gli dèi si decompongono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo
abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? Quanto di piú sacro
e di piú possente il mondo possedeva fino ad oggi, si è dissanguato sotto i nostri coltelli; chi
detergerà da noi questo sangue? Con quale acqua potremmo noi lavarci? Quali riti espiatòri,
quali giochi sacri dovremo noi inventare? Non è troppo grande, per noi, la grandezza di questa
azione? Non dobbiamo noi stessi diventare dèi, per apparire almeno degni di essa? Non ci fu mai
un’azione piú grande: tutti coloro che verranno dopo di noi apparterranno, in virtú di questa
azione, ad una storia piú alta di quanto mai siano state tutte le storie fino ad oggi!”. A questo
punto il folle uomo tacque, e rivolse di nuovo lo sguardo sui suoi ascoltatori: anch’essi tacevano e
lo guardavano stupiti. Finalmente gettò a terra la sua lanterna che andò in frantumi e si spense.
“Vengo troppo presto – proseguí – non è ancora il mio tempo. Questo enorme avvenimento è
ancora per strada e sta facendo il suo cammino: non è ancora arrivato fino alle orecchie degli
uomini. Fulmine e tuono vogliono tempo, il lume delle costellazioni vuole tempo, le azioni vogliono
tempo, anche dopo essere state compiute, perché siano vedute e ascoltate. Quest’azione è ancora
sempre piú lontana da loro delle piú lontane costellazioni: eppure son loro che l’hanno
Giacomo Bergami
Compito 11 140
compiuta!”. Si racconta ancora che l’uomo folle abbia fatto irruzione, quello stesso giorno, in
diverse chiese e quivi abbia intonato il suo Requiem aeternam Deo. Cacciatone fuori e interrogato,
si dice che si fosse limitato a rispondere invariabilmente in questo modo: “Che altro sono ancora
queste chiese, se non le fosse e i sepolcri di Dio?”.» gs
Il folle uomo, nella cultura occidentale, manda sempre messaggi di verità (vedi Re Lear, Don
Quixote, e l’Enrico IV di Pirandello…) esso è simile al folle giullare medioevale (Rigoletto) che
può osare anche a canzonare il signore medioevale, come diceva lo stesso Erasmo da Rotterdam nel
suo “Elogio alla Follia”:
«Ma, si potrebbe osservare, le orecchie dei prìncipi detestano la verità e proprio per questo
rifuggono dai saggi, nel timore che qualcuno di lingua più sciolta osi dire cose vere piuttosto che
gradevoli. Così è: i re non amano la verità. Tuttavia proprio questo si volge mirabilmente in
vantaggio per i miei folli: da loro si ascoltano con piacere, non solo la verità, ma anche indubbie
insolenze, a tal punto che, la stessa cosa, detta da un sapiente, gli frutterebbe la morte, detta da un
buffone diverte il signore oltre ogni dire. La verità, infatti, ha un non so quale schietta capacità di
piacere, purché non si accompagni all'intenzione di offendere: ma questo è un dono che gli Dèi
hanno elargito ai soli folli.»
Tale annuncio non significa la dimostrazione della non esistenza di Dio, ma la presa di coscienza
della fine di un mondo di “valore”. I valori che davano senso all’esistenza si sono svuotati ma
rimasti come pro-forma (ovvero la morte di Dio). Ci si lega a pseudovalori3 (le ideologie politiche
sostituitesi a Dio) che andranno a sostituire la religione reale, supplenti alla morte della divinità. I
valori si sostituiscono con pseudo valori. Questo è dovuto al fatto che non c’è la capacità di
affrontare il vuoto (della mancanza di valori), riempiendolo “in qualche modo”, ma
rendendolo così ancora più vuoto. In qualche modo è l’annuncio dell’avvento dell’ETÀ DEL
NICHILISMO**. Questa è l’età dove sono morti i valori tradizionali, ma o si rifiuta di accettare (la
situazione?), o in nome della paura della vita (che è lo spazio vuoto) si cercano dei calori surrogati
rispetto a quelli tradizionali [e a noi esogeni], e sono scelti da altri. IL VITELLO D’ORO
PRENDE IL POSTO DEL SINAI. Questa condizione è un aut-aut: non compempla la possibilità
che queste concezioni coesistano, si deve verificare solamente o la prima o la seconda; la paura del
vuoto, dell’assenza di un significato, non fa accettare la morte di Dio, (assomiglia ad Hegel; con
l’assenza del padrone fisico, l’uomo cerca comunque un padrone metafisico*, e lo stesso
Kierkegaard denunciò la perdita di autenticità del messaggio religioso: la religione è divenuta solo
un modo per adempiere ad un dovere sociale.). La morte di Dio può essere compresente con
l’esistenza di Dio: Egli esiste ma per gli uomini è (come se fosse ?) morto.
**Plutarco aveva già scritto l’annuncio della morte del dio Pan, intendendo lo svuotamento dei
templi… questo messaggio verrà interpretato in epoca medioevale come l’avvento della cristianità.
Ne è in sostanza il precedente letterario. Nietzsche riprende la morte di Dio di nichilismo dalla
cultura russa… i nichilisti russi erano invece degli anarchici e terroristi… ma questo contesto viene
spoliticizzato nel filosofo.**
L’uomo, non avendo più solo Dio con il quale confidarsi, ma essendo impegnato in altre attività…
per riempire il senso della giornata (utilizza gli pseudo valori)… meglio sta l’uomo, meno egli ha
bisogno di Dio… L’annuncio di Nietzsche è inquietante in quanto afferma che il mondo è vuoto. Si
teme inoltre la tenebra o il lato oscuro dell’esistenza perché la cultura apollinea ce l’ha sottratta. [A
questo Dio Kierkegaard (?) oppone quello di Abramo: lascia tutto e vieni con me (che è pronto per
Lui a sacrificare l’unico figlio Isacco)… ma il Dio dell’Ottocento è capace di fermare la guerra?...
Si sviluppa anche la teologia liberale cercando nella Bibbia le prove (dell’autenticità del
3
Vedi pag. 143
Giacomo Bergami
Compito 11 141
messaggio religioso?) facendo l’anatomia della divinità attraverso l’analisi filologica (se devo
dimostrare razionalmente l’esistenza di Dio comunque esso è sintomo che la fede nell’uomo è
diminuita)… In questo periodo non si tratta la religione come un tema sacro ma storico (v. la storia
di Gesù di Hegel). Il migliore amico di N. era un teologo: voleva trovare l’autenticità del
messaggio religioso… si ha quindi una cessazione dell’appello autentico alla religione].
“Also spracht Zarathustra”
Questa situazione si può risolvere solo con la figura dell’Übermensch, un uomo rinnovato che ha
accettato la morte di Dio con il suo peso… Bisogna quindi rivivificare il mondo con una donazione
di valori… Bisogna creare una nuova umanità, con una decisione partecipe di tutti gli individui: «io
raccolsi per strada la parola 'superuomo' e che l'uomo é qualcosa che deve essere superato». L’
Übermensch è definito come il sale della terra, è ciò che fa fiorire la terra. Zarathustra è il simbolo
di Nietzsche, un profeta… il Zarathustra nietzschiano non è corrispondente al personaggio storico, è
solo un personaggio noto a quel tempo. A trent’anni egli (N.) si isolò per dieci anni dalla civiltà per
meditare (fino a raggiungere l’età di quarant’anni del filosofo)… L’uomo è la corda tesa tra la
bestia e il superuomo, facendo il paragone con il funambolo che era in equilibrio su una corda.
«Giunto nella città vicina, sita presso le foreste, Zarathustra vi trovò radunata sul mercato una
gran massa di popolo: era stata promessa infatti l'esibizione di un funambolo. E Zarathustra parlò
così alla folla:Io vi insegno il superuomo. L'uomo è qualcosa che deve essere superato. Che avete
fatto per superarlo? Tutti gli esseri hanno creato qualcosa al di sopra di sé: e voi volete essere il
riflusso in questa grande marea e retrocedere alla bestia piuttosto che superare l'uomo? Che cos'è
per l'uomo la scimmia? Un ghigno o una vergogna dolorosa. E questo appunto ha da essere
l'uomo per il superuomo: un ghigno o una dolorosa vergogna. Avete percorso il cammino dal
verme all'uomo, e molto in voi ha ancora del verme. In passato foste scimmie, e ancor oggi l'uomo
è più scimmia di qualsiasi scimmia. E il più saggio tra voi non è altro che un'ibrida disarmonia di
pianta e spettro. Voglio forse che diventiate uno spettro o una pianta? Ecco, io vi insegno il
superuomo! Il superuomo è il senso della terra. Dica la vostra volontà: sia il superuomo il senso
della terra! Vi scongiuro, fratelli rimanete fedeli alla terra e non credete a quelli che vi parlano di
sovraterrene speranze! Lo sappiano o no: costoro esercitano il veneficio. Dispregiatori della vita
essi sono, moribondi e avvelenati essi stessi, hanno stancato la terra: possano scomparire! Un
tempo il sacrilegio contro Dio era il massimo sacrilegio, ma Dio è morto, e così sono morti anche
tutti questi sacrileghi. Commettere il sacrilegio contro la terra, questa è oggi la cosa più orribile, e
apprezzare le viscere dell'imperscrutabile più del senso della terra! In passato l'anima guardava al
corpo con disprezzo: e questo disprezzo era allora la cosa più alta: essa voleva il corpo macilento,
orrido, affamato. Pensava in tal modo, di poter sfuggire al corpo e alla terra.» cpz
«"L'uomo è qualcosa che deve essere superato, è un cavo teso tra la bestia e il superuomo" (Così
parlò Zarathustra). Per Nietzsche, allo stesso modo in cui l'uomo si è lasciato alle spalle la
condizione animale, ora deve superare sè stesso; in quanto il superuomo sta oltre, al di là l'uomo
del passato e del presente. Questo passaggio, però, non è da intendersi come una evoluzione, nella
quale dall' homo sapiens si dovrà sviluppare una nuova razza di individui biologicamente
superiori; il superuomo nietzscheano non è una sorta di super-individuo o di super-razza
darwinianamente selezionati, non è un semplice soggetto di vigore e forza organica. [...] Egli è
l'uomo che "dona virtù", che redime, che vive il "meriggio" come l'ora della felicità e della pienezza
mondana, egli è un seguace di Dioniso - "pessimista coraggioso" - che mai si ritrae dinnanzi alle
difficoltà anche più ardue, e sa affrontare anche le verità più orribili. E' nello stesso tempo l'uomo
"del grande disprezzo e del grande amore", è uno spirito creatore che salverà l'uomo dal
nichilismo. Egli è metamorale: "al di là del bene e del male". [...]Il superuomo si caratterizza per
la sua "fedeltà alla terra", regge la "morte di Dio" e il tempo come essenza istantanea eternamente
ritornante (ama il fato), con lui l'unica realtà diventa, in tutte le sue implicazioni e valenze, la vita
terrena. » www.liceoberard.org
Giacomo Bergami
Compito 11 142
[Ahura Mazda (Ormizdah), simbolo del bene, si contrappone ad Ahriman (Angra Manyu) simbolo
del male… Essi si scontrano, ed il teatro di questo scontro è l’uomo. Sono presenti inoltre delle
gerarchie angeliche e demoniache che si contrappongono. L’uomo si schiera o da una parte o
dall’altra (il tempo è limitato – il dualismo è reale), ma nel tempo cosmico tenderà a prevalere il
bene e quindi il dualismo è apparente (tempo illimitato). Mani è la sintesi tra buddismo e
mazdeismo… e fu ucciso dia sovrani neopresiano… ma l’eresia manichea filtrò in occidente, dalla
quale fu attratto inizialmente S. Agostino. I sacerdoti di Zoroastro erano i magi, che patri cavano il
culto di Zoroastro, durante il quale veniva somministrato haoma, ricca di efedrina, eccitante, alla
quale attribuivano uno stato di trance che permettiva un contatto con la divinità, così come era per il
vino nella civiltà greca. Praticavano l’esposizione dei corpi dei defunti nelle Torri del Silenzio come
gli indiani d’America… Le famiglie dovevano mantenere nelle loro case sempre accesa la fiamma
di Aura Mazda …]
«Quando per la prima volta venni dagli uomini commisi la sciocchezza degli eremiti, la grande
sciocchezza: mi misi sul mercato. E quando parlai a tutti, non parlai a nessuno. A sera, però,
erano miei compagni funamboli e cadaveri; e io stesso ero quasi un cadavere. Ma il mattino
seguente giunse a me una nuova verità: fu allora che imparai a dire: - Che mi importano il
mercato e la plebe e il rumore della plebe e gli orecchi della plebe! - Voi, uomini superiori,
imparate questo da me: sul mercato nessuno crede a uomini superiori. E, se volete parlare lì, sia
pure! Ma la plebe dirà ammiccando: - Noi siamo tutti eguali - . - Voi uomini superiori, - così
ammicca la plebe - non vi sono uomini superiori, noi siamo tutti eguali, l'uomo é uomo; davanti a
Dio - siamo tutti eguali!-. Davanti a Dio! - Ma questo Dio é morto. Davanti alla plebe, però, noi
non vogliamo essere eguali. Uomini superiori, fuggite il mercato! Davanti a Dio! - Ma questo Dio
é morto! Uomini superiori, questo Dio era il vostro più grave pericolo. Da quando egli giace nella
tomba, voi siete veramente risorti. Solo ora verrà il grande meriggio, solo ora l'uomo superiore
diverrà - padrone! Avete capito queste parole, fratelli? Voi siete spaventati: il vostro cuore ha le
vertigini? Vi si spalanca, qui, l'abisso? Ringhia, qui, contro di voi il cane dell'inferno? Ebbene!
Coraggio! Uomini superiori! Solo ora il monte partorirà il futuro degli uomini. Dio é morto: ora
noi vogliamo, - che viva il superuomo. I più preoccupati si chiedono oggi: - come può sopravvivere
l'uomo? - . Zarathustra invece chiede, primo e unico: - come può essere "superato" l'uomo? - .»
cpz
L’uomo per raggiungere lo stadio del superuomo deve prima seguire le tre metamorfosi di
particolari figure, che possono corrispondere ad altrettante fasi della produzione nietzschiana:
-
Cammello: è colui che porta su di sé il peso dell’esistenza, e pratica IL DOVERE PER
IL DOVERE, rinunciando alla felicità; risponde all’imperativo “Tu devi!” (Du sollst) –
l’uomo si assume la responsabilità delle sue azioni (Kant)
-
Leone: è colui che si ribella al peso della vita e della società (alle assurdità e ai vincoli
che vietano all’individuo di esistere), VOLENDO AFFERMARE SÉ STESSO. Egli è il
freigeist, ed il suo imperativo è “Io voglio!” (Ich Wille) – corrisponde ai testi illuministici
prima dello Zarathustra. Si contrappone all’uniformazione della società, e quindi a
Schopenhauer.
-
Fanciullo: è colui che semplicemente è ciò che è: non è più la “liberazione da”, ma la
“LIBERAZIONE DI…” (ovvero di energie e creatività, fantasia…). Il suo imperativo è
“Io sono!” (Ich bin). È l’esplosione artistica dell’esistenza.
È difficile attraversare il deserto da soli, bisogna essere cammelli. Il leone ci permette invece di
liberarci dal peso dell’arte, della storia per essere più leggeri, ma il fanciullo va oltre grazie alle sue
capacità creative. Si arriva alla CREAZIONE DI UN NUOVO ORIZZONTE DI SENSO***, tutto
Giacomo Bergami
Compito 11 143
dipenderà ora dalla scelta autonoma dell’individuo (autenticità, originalità, creatività, libertà),
creando conseguentemente nuove responsabilità: è molto più facile (vedi i valori inautentici)
difendersi dicendo che si sono assunti valori non propri [rispetto ad ammettere il proprio errore? io]. L’ übermensh si realizza quando i vincoli dell’oppressione lo permetterà di creare. Il leone sarà
sempre schiavo ne non avrà un fanciullo… in quanto la ribellione in lui sarà solo a sé stessa(?)… Il
cammello dovrà criticare per costruire poi nel fanciullo(?) [come nel fanciullino di Pascoli]. Il
fanciullo è anche l’antidoto contro il nichilismo che prospetta tre prospettive future:
-
RIFIUTO:
si adotta un “orizzonte di senso”*** mirato verso il passato, allora) si ha una
sterilità (di questa posizione) con una imbalsamazione della vita e dei valori. È un
atteggiamento necrofilo, rifiuta di prendere conoscenza dell’orizzonte nichilista.
-
SOTTOMISSIONE AGLI PSEUDOVALORI:
-
ACCETTAZIONE DEL NUOVO SCENARIO:
… (già menzionato) è un “orizzonte in assenza di
senso”: qualcosa di vuoto prende il posto di ciò che è pieno. Tuttavia nessun valore
autentico prende il posto di quelli defunti, e sono pertanto inautentici (=viviamo attraverso
nozioni riflesse, in base a quellos che si è sentito o raccontato), facendo radicare qualcosa
dentro di noi perché si dia senso alla nostra esistenza. L’esperienza autentica si ha invece
tramite l’esperienza diretta.
si accetta il tramonto dei valori[…]
Le figlie del deserto introducono l’argomento dell’eterno ritorno (vedi LA VISIONE E
L’ENIGMA): con la concezione temporale lineare la felicità dura solo un attimo mentre, con il
moto circolare, lo si enfatizza.
[[Bisogna qui introdurre il tempo onirico di Henry Bersonne, collegato alla “Recherche du temps
perdu” di Marcel Proust con la sua poetica del SOUVENIR. Questo tempo si contrappone a quello
fisico in autentico sulla base dello spazio (la misura aristotelica secondo il prima e il poi), che non è
però quello della vita. Meglio:
-
tempo della fisica: è un tempo esteriore standardizzato e quantitativo (20 minuti di
orologio). È INAUTENTICO poiché non descrive il vissuto
tempo della vita: è un tempo interiore differenziato e qualitativo (dipende dalla noia/gioia).
È AUTENTICO in quanto è vissuto in modo profondo
La DURÉE è quindi basata sull’esperienza vissuta in quel tempo. Noi siamo come dei coni che
scorrono su di una linea piana del tempo reale e noi, con il nostro cono, riempiamo il tempo di
significato allargandolo:]]
Nietzsche nei libri successivi spiegherà il significato dei contenuti “Also spracht Zarathustra”:
Giacomo Bergami
Compito 11 144
-
Al di là del bene e del male
Genealogia della morale [utilizza il metodo genealogico per spiegare il bene ed il male]
Ecce homo [facendo riferimento nel titolo al Cristo lapidato]
Il crepuscolo degli idoli
L’anticristo [in questi ultimi due libri fa riferimento ancora agli pseudo valori]
Nella “Genealogia della morale” si riflette sulla differenza dei termini gut e bose/schlecht per
esprimere i termini “bene” e “male”. I termini sono dipendenti dalla comunità che li usa, in base al
contesto storico e quindi con interpretazioni differenti. Bose esprime il cattivo in senso qualitativo,
significa “di scarso valore” e non è usato in accezione morale: questo termine esprime il male per
l’aristocrazia, come il comportarsi in modo vile. Schlecht invece esprime l’arroganza, la violenza e
la prepotenza, significando il male per i plebei. [Rifacendo riferimento a quanto detto a pagina 138,
Hegel dice che l’esito della maturazione della coscienza stà nell’evoluzione dello Spirito della
società, mentre per Nietzsche tutto non è dettato da un disegno intelligente ma dalla casualità: non
sempre non si assiste ad una evoluzione, ci si può trovare di fronte ad una involuzione]
KARL MARX:
{{Lettura p. 93
Il lavoro è il mezzo tramite il quale l’uomo si realizza, altrimenti sarebbe pari ad un animale; il
lavoro è l’unico modo di realizzarsi per superarsi… l’uomo però tanto più produce, tanto più
diventa povero… il tempo dell’operaio secondo lui è suddiviso in due parti, una produttiva e d una
creativa: infatti l’uomo deve esprimere liberamente le sue esigenze creative, producendo ognuno in
base alle sue capacità, cosa che però non è richiesta nel mondo della fabbrica. L’uomo con il suo
lavoro modifica la natura e si realizza, sfruttando quanto c’è di buono in lei, con un rapporto attivo
ed interattivo con essa. L’uomo si riconosce come genere in quanto l’uomo creatore riconosce sé
stesso nella sua creatura.
Secondo Marx, durante la produzione si ha un’oggettivazione, esprimendo le proprie energie nel
proprio prodotto [...] in seguito egli viene alienato dall’oggetto che è il proprio lavoro, poiché non è
di sua proprietà. L’alienazione è una perdita materiale, spirituale e sociale. L’operaio lavora per
produrre un oggetto che non è suo… In natura costruirebbe ciò che gli sembrerebbe utile, ma nella
fabbrica non si produce per sé ma per gli altri [...], ovvero l’alienazione dalla propria attività. Inoltre
non viene ripagato giustamente per quanto ha prodotto. L’uomo viene pagato inoltre per il suo
lavoro come fosse una merce, considerando solo la sua forza-lavoro (?)
L’uomo su sente tale solo fuori dalla fabbrica, quando si sente di appagare le esigenze biologiche da
animale, mentre si sente animale in fabbrica, dove invece dovrebbe realizzarsi come uomo.}
All’interno del sistema capitalistico il valore aumenta di valore, aumentando sempre di più (secondo
Marx non esiste un’etica economica…). Si basa su di una utopia, dove ognuno produce secondo le
proprie capacità… se usciamo dalla logica dell’avere, ci possiamo realizzare come esseri umani
secondo i nostri bisogni, producendo quello che ci serve. La moneta è un legittimo mezzo di
scambio, non potendo scambiare un mobile con delle scarpe (sarebbe impensabile), questo valore
viene oggettivato con la moneta.
Il comunismo rozzo o ingenuo è la follia di avere tutte le cose uguali, quantificando minimamente
sempre tutto in modo da possedere tutto in modo uguale e standardizzato… Questo pensiero segue
ancora un calcolo dell’avere: è impensabile calcolare sempre tutto. La logica economica influenza
tutto il resto, anche lo stato, in quanto è influenzato dai singoli interessi privati.
Giacomo Bergami
Compito 11 145
[Max Weber sostiene che è la religione che cambia la filosofia] … (Toglie all’uomo la possibilità di
utilizzare… (il corpo organico è il nostro, quello inorganico quello trasformato dalla natura, nel
quale l’uomo si rispecchia…)) Comunque senza l’uomo la natura non potrebbe essere organizzata,
equilibrando ciò che è di più alto e basso in essa.
L’oggetto sottratto al lavoratore appartiene al capitalista che controlla il processo di produzione e,
in questo modo, producendo per nulla, il suo sforzo sarà nullificato, mentre qualcuno potrà godere
dell’oggetto. Il fine ultimo è la proprietà privata, collezionando gli oggetti prodotti: si ha una
alienazione dell’uomo da parte di un altro uomo.
L’uomo con il lavoro crea interazioni sociali con gli altri uomini, l’eremita infatti non ha storia
(senza lavoro non c’è storia). Con un lavoro equo si arriverebbe allo scambio degli oggetti che ci
abbisognano, indipendentemente dal loro valore effettivo. (il lavoro non viene mai considerato
come quello del singolo, ma della società. Si avrà la libertà quando gli uomini progetteranno e
realizzeranno i nostri progetti, con una OGGETTIVAZIONE) [...] L’alienazione può avvenire con
l’oggetto, il genere, l’ attività e dalla società. [...]
«Non è la coscienza (il pensiero) che determina la vita ma la vita (economica) che determina la
coscienza (i rapporti giuridici)» (Ideologia tedesca, 1846)
Si trova anche una riflessione tra società civile e stato. La società civile è l’ambito degli egoismi
privati, quello dove ognuno ha un mestiere diverso e svolge un ruolo diverso nell’economia. Lo
stato è la sfera delle leggi che calgono per tutti e permettono un ordine sociale. Lo stato è
subordinato alla società civile, in quanto le leggi sono influenzate dalla società civile_ se in questa
società civile si caratterizza dal potere di una categoria, le leggi dello stato saranno regolate nel loro
senso. Rispetto ad Hegel si inverte il rapporto tra società civile e stato, dove lo stato è, invece, al di
sopra di tutto (si ha la successione dialettica famiglia, società civile e stato). Il Marx maturo
rielabora questa teoria con la struttura:
.
- STRUTTURA: Sono le forze produttive, l’insieme dei produttori, delle macchine, delle
tecnologie e dei prodotti. Sono inoltre i rapporti di produzione, l’operaio della forza lavoro
e il capitalista di ciò che viene prodotto (?). È tutto quello che crea prodotti.
- SOVRASTRUTTURA: sono i rapporti di produzione, (sono i suoi prodotti le idee, le
religioni, l’insieme dei rapporti economici, come la funzione economica a nella società). [è
l’elemento più determinante della storia]
Dalla struttura deriva la sovrastruttura. Questa è una rielaborazione di Feuerbach: è l’uomo che
produce la religione. La vita non è semplicemente l’uomo, ma inserita in una società e
nell’economia. Per Marx il soggetto è l’uomo e il predicato il pensiero [...] Non interessa un uomo
qualsiasi, ma l’uomo inserito in un contesto di una classe sociale, e contestualizzato in un tempo
storico, in quanto avrà conseguentemente una diversa visione di divinità. Per Marx la società è il
lavoro… gli uomini entrano in contatto fra di loro per scambiarsi prodotti che l’uno vuol,e ottenere
dall’latro in quanto non è in grado di produrli. Marx è un materialista, ma non nel senso hobbsiano,
ma in quanto analizza concretamente la realtà che lo circonda [intende il materialismo storico, dove
la struttura economica è la parte più determinante della storia], concentrandosi sul rapporto struttura
e sovrastruttura.
Come sostiene anche Hegel in ogni epoca storica avviene un contrasto, talmente manifesto che
genera una crisi (tesi/antitesi/…) che da origine ad una differente epoca storica (sintesi). Il
capitalismo è quindi necessario (…concorrenza, sopravvivenza dell’antagonista) una rapida
espansione ed uno sviluppo. Conseguentemente aumentano i proletari, allora la produzione diventa
Giacomo Bergami
Compito 11 146
sociale, (è la società che produce, ha quindi in mano le redini del capitalismo, senza tuttavia avere
proprietà.; con un andamento di crescita dei guadagni, ed eliminazione dei rapporti di concorrenza
per sfuggire al concorrente ????)… alla fine tutto questo però non è più sostenibile. (vedi il
rapporto servo-padrone in Hegel). La forza produttiva diventerà sempre più abile di plasmare la
natura, e il servo, palesato che la forza produttiva è più forte rispetto ai rapporti di produzione, se ne
andrà via. [Nella rivoluzione francese, la forza produttiva era la borghesia che si opponeva alla
aristocrazia. ) è inevitabile che fp? e rp (rapporti di produzione?) porterà alla ribellione degli operai,
portando alla rivolta, come è sempre successo nella storia. Per lui questa non è una utopia, ma anzi
è la realtà, in quanto questo processo per lui è inevitabile, e quindi giusto. È una potenza che per lui
è necessario che diventi atto, in quanto è incisa nella storia. Se non c’è libertà dell’uomo, non c’è
storia.
La valorizzazione (del prodotto?) avviene secondo i propri bisogni, uscendo dal paradigma
dell’avere per entrare in quello della creazione. Anche il capitalismo è alienato, in quanto assillato
dall’avere. bisogna CREARE E SCAMBIARE IN BASE AL PROPRIO UTILE.
{{
Il capitale variabile è quanto il capitalista ha pagato in salari. Il SAGGIO DI PROFITTO dà l’idea
del buono o del cattivo profitto della fabbrica.
!
Il capitale costante è tutto quello che ho speso per i macchinari e le materie prime. Sommato al
capitale variabile da la somma di tutte le spese. Io capitalisti, per aumentare la valorizzazione del
prodotto, cercheranno di diminuire il capitale costante per aumentare il profitto ed ad ingrandire la
fabbrica, aumentando anche il plusvalore. Il rischi è quello che la forza lavoro si esaurisca o che si
rivolti. Investendo su nuova tecnologia però deve aumentare il profitto, poiché i macchinari sono
nel capitale costante. Si avrà una CADUTA TENDEZIALE DEL SAGGIO DI PROFITTO. Se si
abbassa, dovuto anche dalla concorrenza, non è detto che si abbassi il plusvalore, ma aumenterà con
maggiori sforzi. [facendo comunque investimenti guadagnerà sempre di più ma poco rispetto a
quello investito… ]. Ne segue che il capitalismo è un sistema malato che gioca al ribasso e genere
della crisi di sovrapproduzione. La piramide sociale si allargherà sempre di più alla base e si
restringerà sempre più al suo apice, portando delle controtendenze.
Si ha la SOCIETA’ COMUNISTICA quando non è più presente il capitalismo. Marx ha dato una
visione scientifica del comunismo. Critica in socialismi reazionari (feudale, piccolo borghese,
tedesco…?). la dittatura del proletariato è necessaria prima di arrivare al comunismo. Deve essere
abolita la proprietà privata e anche lo stato comunista è diverso da quello rozzo. Il primo penda a
una società in qui uno può produrre in base alle proprie capacità e possedere in base a i relativi
bisogni. Il comunismo rozzo invece distribuisce la proprietà privata uniformemente a tutti i
cittadini, in maniera generalizzata.
Critica il pensiero dell’economia classica (dei liberali come Alhusius, Malthus, Ricardo) e mette in
discussione il concetto di merce: è un processo di valorizzazione. Il valore d’uso è quello su cui si
fonda il capitale mercantile, è l’utilizzo che facciamo di una cosa, (oggetti diversi sono
incommensurabili) (l’aria condizionata, es. serve a Dubai ma non in Alaska, dove vale invece come
una caldaia, mentre a Dubai essa è inutile. E per la legge della domanda e dell’offerta avrà un
prezzo basso.). Devo però vendere la merce dove di essa c’è più richiesta. Il valore di scambio
permette di paragonare due merci distinte per quantificare i valori e metterli sullo stesso piano. È
Giacomo Bergami
Compito 11 147
inoltre la quantità di lavoro socialmente necessarie per produrre una merce, e dipende sempre dal
contesto economico in cui sto lavorando ed il periodo storico.
La forma del capitale mercantile è Merce → Denaro → Merce’ (con M’>M), mentre quello del
capitale industriale è Denaro → Merce → Denaro’ (D’>D). il prezzo della merce non corrisponde
effettivamente al valore di scambio, perché può oscillare in bare al mercato. La merce anche in una
sola giornata, compie un processo di evoluzione, producendo lavoro. Questa merce che aumenta il
denaro del capitalista è la merce-lavoro o forza-lavoro dell’operaio, tramite la retribuzione di ! " #
ore sulle n effettivamente lavorate. Produce quindi di più rispetto a quello che gli dovrebbe essere
dato, regalandolo al capitalista sotto forma di PLUSVALORE.
Il capitalista può guadagnare sia sul lavoratore, sia sul mercato. Ma non è interessato alla
merceologia, alla vendita del prodotto come concepito dagli economisti classici. Parla della
collettivizzazione di beni di una fabbrica, in modo da creare una sorta di cooperativismo e di
capitale più virtuoso, dove tutti coloro che producono percepiscono il compenso per il lavoro
prodotto. [1984 è una versione rozza del socialismo, poiché si ha l’instaurazione di un altro
padrone, il poliburo]
Giacomo Bergami
148
Compito 12
MAX WEBER:
[Detto anche il Marx della Borghesia, studia inoltre anche la importanza di Calvino nella storia del
capitalismo moderno e ritiene quindi, al contrario di Marx, che gli aspetti strutturali sono
conseguenza anche della teologia, considerata invece prettamente sovrastrutturale; l'aspetto sociale
non è dovuto quindi solamente all'evoluzione delle tecniche.]. Il suo studio è rivolto prettamente
verso tre ambiti: sociologia, storia e politica.
I primi due sono collegati. In essi è fondamentale l’individuazione di “IDEALTIPI”, ovvero di una
rappresentazione di una tipologia umana esemplare, quali per esempio quelli di un’epoca, di una
classe sociale o di una fascia d’età, che consentono di ridurre le molteplicità all’unità, riuscendo
così a semplificare lo studio di un fenomeno. Partendo da un campione statistico, si arriva ad
affermare che questo possa valere per tutti, permettendo di modellizzare la società [oggi giorno
questa tecnica può essere utilizzata in ambito politico per accogliere il consenso di una vasta
maggioranza della popolazione].
«Per essere riconosciuta oggettiva la possibilità/alternativa dev'essere fondata su fatti
accertabili in base alle fonti del periodo storico in cui la possibilità s'è espressa. In
secondo luogo la possibilità deve essersi espressa in modo conforme alle regole generali
dell'esperienza (quelle che reggono la motivazione della condotta umana): è il cd. "sapere
nomologico", che vale come criterio per l'autenticazione delle possibilità oggettive. Una
semplice somma di fatti non porta con sé -dice W.- la conoscenza scientifica ("ingenuo
empirismo"). Occorrono delle uniformità statistiche che corrispondano al senso
intelligibile di un agire sociale. E comunque solo una parte limitata dell'illimitata quantità
di fenomeni è per W. fornita di significato. W. in sostanza fa questo ragionamento:
siccome l'atteggiamento altrui è definito secondo il carattere della problematicità e non
della necessità (in quanto esistono sempre opzioni equivalenti che si possono scegliere), è
impossibile delineare compiutamente, di questo atteggiamento, le caratteristiche, la
natura, le modalità, per cui è preferibile individuare una gamma fluida di forme di
atteggiamento, all'interno della quale sarà poi possibile definire una tipologia. In pratica
W. enuclea, per astrazione, dei "tipi-ideali" di atteggiamento, costruiti accentuando
unilateralmente uno o più punti di vista, in modo tale che ciascuno di essi presenti in
forma "pura" determinate caratteristiche (di qui i concetti convenzionali di "economia
cittadina" o "economia rurale", ecc., in cui non è dato riconoscere i regimi storici di
produzione cui essi si riferiscono). I "tipi-ideali" non sono ipotesi sulla realtà ma devono
guidare le formazioni ipotetiche in una direzione positiva. Sono punti di partenza non di
arrivo, poiché il maturarsi di una scienza suppone il loro superamento. Questo quadro
concettuale, pur non avendo riscontri nella realtà, può permettere al ricercatore -secondo
W.- di avere un metro di paragone. E' un espediente euristico, uno strumento metodologico
(i concetti "ideal-tipici" sono uniformità-limite) che si usa per misurare e comparare la
realtà effettiva, controllando l'avvicinamento o la deviazione di questa al modello. W. in
sostanza ha elaborato una vasta e complessa tavola sinottica comprensiva di tutte le
fondamentali formazioni sociali, di ogni tempo ed epoca, disposte secondo criteri
ordinatori rigorosamente definiti che le accomunano e le distinguono (le formazioni
sociali per W. sono il frutto di determinati atteggiamenti: il capitalismo ad es. è frutto
della razionalità connessa al profitto). In tal modo egli è convinto di poter trasformare una
ricerca storica individualizzante (su un argomento specifico) in una di carattere
generalizzante. Per spiegare i fatti storici -dice W.- c'è bisogno di leggi e queste vengono
offerte dalla sociologia. Naturalmente il carattere sinottico del suo procedimento non
vuole escludere la dimensione evoluzionistica. W. pone in ordine gerarchico i tipi-ideali di
atteggiamento, disponendoli secondo un criterio di crescente razionalità: 1) il minimo di
149
Compito 12
razionalità si trova nell'azione dettata dalla fedeltà a tradizioni-abitudini-costumicredenze, 2) poi si passa all'azione determinata da un sentimento/istinto/stato d'animo; 3)
poi ancora all'azione razionale rispetto a un valore (p.es. il capitano di una nave che
decide di affondare con essa); 4) infine vi è l'azione razionale in rapporto a un fine (p.es.
l'ingegnere che costruisce un ponte). L'azione razionale in rapporto a un fine è definita in
funzione delle conoscenze dell'agente piuttosto che dell'osservatore o ricercatore. W. non
dice che è oggettivamente irrazionale l'azione nella quale l'agente sceglie mezzi inadatti a
causa dell'inesattezza delle sue conoscenze. La razionalità dipende dal fatto che l'agente
ha concepito come adeguati i mezzi per raggiungere determinati scopi. In un certo senso
per W. il fine giustifica sempre i mezzi, se chi li usa li ritiene adeguati al fine (di qui i
paralleli con la politologia del Machiavelli, di cui condivideva l'idea che la politica non
poteva preoccuparsi della moralità delle proprie azioni)). Viceversa, l'azione rispetto a un
valore è razionale non perché l'agente consegue un fine, ma per restare fedele all'idea
ch'egli si è fatto di un determinato valore (ad es. abbandonare la nave che affonda sarebbe
per il capitano un'azione disonorevole, anche se di fatto è "poco pratica"). Nell'azione di
valore W. ha in mente gli ideali dell'aristocrazia, nell'azione finalizzata a uno scopo ha in
mente gli ideali della borghesia. Per W. infatti la società che si fonda sul tipo di
atteggiamento più razionale è quella del moderno capitalismo, che è culmine e chiave di
volta dell'intero complesso delle formazioni sociali. Tale razionalità è possibile solo
quando si postula una realtà priva di ogni senso magico e che presupponga, sotto il profilo
religioso, l'assoluta trascendenza della divinità.» Filosofico
Per quanto concerne la storia, è invece fondamentale lo studio dei periodi cruciali, ovvero quei
punti di svolta dove la storia ha intrapreso delle strade diverse rispetto ad alte… Assieme a Dilthey
appartiene alla corrente dello storicismo, che distingueva in:
-
Naturswissenshaften (Scienza della natura) → Verklären [spiegazione]
Geisteswissenschaften (Scienze umanistiche) → Verstehen [interpretazione]
«Vi è insomma il rifiuto di una filosofia della storia che pretende di dedurre il processo
storico da leggi generali (vi è una critica quindi allo hegelismo, alla concezione storica
romantica, ma anche a quella del Positivismo e di Comte). In questo senso, Weber si
colloca sulla scia di altri filosofi appartenenti allo Storicismo tedesco, che avevano già
avanzato una critica a tali concezioni, come, ad esempio, Dilthey che, nell'opera "Le
scienze dello spirito” (1883), afferma 1'impossibilità di una conoscenza del processo
storico nella sua totalità. Le scienze dello spirito (psicologia, sociologia ecc.) infatti,
possono conoscere soltanto aspetti particolari del processo storico: la filosofia della storia
è un'eredità teologica nata con Sant’Agostino, e che entra in crisi nel momento in cui
cerca di staccarsi dai suoi presupposti teologici. Ma per Dilthey è impossibile anche una
scienza generale della società, così come si era proposta di essere quella positivistica di
Comte. [...] I processi storici sono sempre il risultato di una costruzione concettuale
operata dallo storico o dallo scienziato sociale sul dato empirico. Infatti, quella che Weber
chiama relazione al valore, impone una scelta personale nella selezione del dato empirico,
la cui analisi, di conseguenza, non potrà mai essere universale e totale, perché dettata da
parametri differenti, che portano alla formazione di varie spiegazioni e interpretazioni.
Risulta assurdo, quindi, pensare di poter determinare tutte le infinite cause che
partecipano al verificarsi di un avvenimento. Weber critica anche il materialismo storico
di Marx come concezione generale e particolare della storia in termini di sviluppo
progressivo, pur riconoscendogli il merito di aver messo in luce l’importanza. del
condizionamento di processi non economici da parte di processi economici. Il processo
storico in sé, tuttavia, non può essere spiegato né in termini razionali, né irrazionali,
150
Compito 12
poiché la razionalità è solamente una qualificazione che può essere data a certi
comportamenti in base a determinati modelli.» Filosofico
Anche le interpretazioni e l’approccio nei confronti della storia possono quindi essere scientifici,
applicando dei opportuni metodi di analisi (lo studio della società può essere quindi scientifico).
Questa tipizzazione risiede anche nella concezione dell’idealtipo sociologico. Hegel riteneva che
niente era veramente necessario a priori, i motivi di passaggio non sono necessari ma contingenti
[...]. Sempre nella storia Wewber studia il processo di modernizzazione della società, che ritiene si
fondi sulla riforma protestante e sulla rivoluzione scientifica (diretta verso l’illuminismo), che
producono una società secolarizzata e disincantata. Le cose non avvengono perché dette da una
autorità religiosa, anche se sono contrarie all’evidenza, in quanto il mondo procede invece secondo
regole laiche: mentre il mondo prima era incantato dalla magia, ora è dettato dalla scienza ed ogni
verità viene messa in discussione.
«Secondo W. alla razionalità del mondo moderno ha contribuito in misura determinante la
religione protestante, che rappresenta il disincantamento dal mondo, cioè la fine delle
illusioni (i grandi fini e valori del passato per W. vengono tenuti in vita solo dalla volontà
degli uomini). Lo stesso capitalismo non è che l'effetto più rilevante del protestantesimo
(da notare che il marxismo sosteneva il contrario). Si badi però: il capitalismo -per W.non è nato dal protestantesimo tout-court ma dal razionalismo, di cui il protestantesimo è
stato il veicolo più potente. Il protestantesimo (soprattutto nella sua variante calvinisticopuritana) è tanto ascetico sul piano religioso (in quanto rifiuta di darsi immagini della
divinità, inoltre è essenziale nei riti, ha abolito molti sacramenti considerandoli magici, ha
affermato il concetto di predestinazione e di sola fide/sola gratia...), quanto pratico e
attivo sul piano economico. Il protestantesimo cioè avrebbe capito che all'uomo tutto è
possibile se riconosce l'assoluta trascendenza della divinità (il che, in sostanza, è una
forma di ateismo). Queste caratteristiche di praticità, razionalità hanno raggiunto il
massimo di espressione nel capitalismo, che si è liberato di ogni riferimento alla religione.
L'origine della volontà razionale, nell'ambito della religione, W. la fa risalire alla profezia
israelitica, che predicando un dio temibile e inavvicinabile rendeva vani ogni magia e ogni
misticismo. I profeti chiedevano un agire razionale in nome di Jahvè. La razionalità
sarebbe dunque nata dall'alienazione, dall'acuta coscienza di un netto dualismo tra uomo
e dio. La razionalità è la consapevolezza che non esiste un valore nel mondo, una legge o
una "totalità simpatetica" che lo regoli per il bene dell'uomo. La razionalità è il tentativo
di sopravvivere dandosi degli scopi, sulla base di interessi, il più delle volte contro gli
interessi degli altri, poiché nella razionalità si afferma "la lotta dell'uomo contro l'uomo".
W. definisce il capitalismo come l'esistenza di imprese che hanno come scopo il massimo
profitto da raggiungere attraverso l'organizzazione razionale del lavoro, profitto che, a
differenza delle epoche precedenti, non viene semplicemente goduto ma reinvestito. La
razionalità del capitalismo si esprime secondo W.: 1) nello sviluppo di una rigorosa
scienza della natura, 2) nello sviluppo di un forte apparato statale, amministrativo e
burocratico, 3) nello sviluppo di un diritto razionale-formale. In particolare per W. la
crescita della burocrazia costituisce il fenomeno principale della società moderna. Né il
capitalismo né il socialismo possono sfuggire alla pressione burocratica, che secondo W.
può essere attenuata democratizzando la società. Tuttavia, siccome nella società
burocratica l'uomo rischia di annullarsi, W. non era contrario all'idea di un "capo
carismatico" che sapesse stabilire tra sé e le folle una comunicazione immediata. Per
quanto riguarda il marxismo, W. non esprime un giudizio del tutto negativo: lo considera
uno dei punti di vista mediante cui può essere condotta un'analisi teorica (quella che
appunto evidenzia i fattori economici). Egli però considera illegittima la pretesa di fare di
un unico fattore degli eventi storici (l'economia) il principio di spiegazione causale di ogni
151
Compito 12
altro fattore. Le forze economiche sono troppo "cieche" per potersi porre come causa di
fondo dei processi storici: le cause di fondo sono di origine culturale. La storia per W. è
tutta un fenomeno culturale (come in Rickert); l'uomo è un essere solo culturale; la
struttura economica capitalistica è lo "spirito" del capitalismo e lo spirito è anzitutto
razionalistico. W. ha riconosciuto vero il marxismo laddove afferma che la fonte
principale della moderna alienazione sta nella "lotta dell'uomo contro l'uomo", condotta
principalmente per motivi economici. Tuttavia, paragonando la libera concorrenza
economica al processo darwiniano di selezione naturale, egli del marxismo non ha colto il
momento "positivo", che è appunto quello di non considerare tale concorrenza come un
fenomeno "naturale", cioè inevitabile. W. era spaventato dalla enorme avidità della
borghesia tedesca, costretta a ciò a motivo della lentezza con cui si era incamminata sulla
strada del capitalismo in Europa occidentale. Tuttavia W. era anche convinto che lo Stato
tedesco avesse in sé forze sufficienti per tenere sotto controllo questo nuovo fenomeno.
Secondo lui anzi doveva essere proprio l'imperialismo a far sì che l'idea di "nazione"
sopravvivesse agli sconvolgimenti causati dalla libera concorrenza. La storia, la realtà
sociale ha senso solo in quanto è l'uomo a dargliene uno consapevolmente. Ciò che conta
non è ciò che l'uomo fa ma il modo in cui l'uomo considera ciò che fa. Oggetto della storia
sono i comportamenti intenzionali degli uomini. L'oggettività sta nella volontà con cui si
persegue uno scopo. La scienza può diventare scelta o atto di vita se si immedesima negli
stessi fini, altrimenti è pura riflessione (astratta) su questi medesimi fini. »
Propone inoltre una distinzione tra fatti e valori. La loro sovrapposizione fa venir meno la
scientificità dei fatti… poiché spesso i valori vengono proiettati sui fatti venendo a negarli (vedi il
negazionismo). I VALORI (credenze) hanno a che fare con credenze personali o socialmente
diffuse che precedono o circondano le attività dello scienziato, storico o politico… che possono
minare l’oggettività dei fatti. Il problema cosa è realmente un fatto se lo pose anche Nietzsche:
-
Dato materiale accettabile
Interpretazione dell’interprete (che influisce spesso)
In questo modo lo statuto ontologico del fatto (ciò che è?) viene quindi messo in discussione: il
fatto si trova intriso di interpretazioni (i fatti sono stupidi come vitelli). Lo scienziato si deve
interrogare su cosa egli realmente crede e su come la sua percezione possa modificare la ricerca dei
fatti. Sono i valori in cui crede lo scienziato che possono pregiudicare l’analisi. Tuttavia negare
semplicemente il fatto (che esiste in modo palese ed incontrovertibile) condiziona il grado di
scientificità (e di credibilità) dello scienziato stesso… altrimenti i fatti dovrebbero essere delle
opinioni… i fatti sono documentabili e accettabili indipendentemente dall’universo valorizzabile dal
ricercatore. Propone quindi un modello kantiano dove il fatto è il fenomeno, che si contrappone
all’opinione noumeno, che tende ad opprimere il primo.
«Per essere riconosciuta oggettiva la possibilità/alternativa dev'essere fondata su fatti
accertabili in base alle fonti del periodo storico in cui la possibilità s'è espressa. In
secondo luogo la possibilità deve essersi espressa in modo conforme alle regole generali
dell'esperienza (quelle che reggono la motivazione della condotta umana): è il cd. "sapere
nomologico", che vale come criterio per l'autenticazione delle possibilità oggettive. Una
semplice somma di fatti non porta con sé -dice W.- la conoscenza scientifica ("ingenuo
empirismo"). Occorrono delle uniformità statistiche che corrispondano al senso
intelligibile di un agire sociale. E comunque solo una parte limitata dell'illimitata quantità
di fenomeni è per W. fornita di significato. W. in sostanza fa questo ragionamento:
siccome l'atteggiamento altrui è definito secondo il carattere della problematicità e non
della necessità (in quanto esistono sempre opzioni equivalenti che si possono scegliere), è
152
Compito 12
impossibile delineare compiutamente, di questo atteggiamento, le caratteristiche, la
natura, le modalità, per cui è preferibile individuare una gamma fluida di forme di
atteggiamento, all'interno della quale sarà poi possibile definire una tipologia. In pratica
W. enuclea, per astrazione, dei "tipi-ideali" di atteggiamento, costruiti accentuando
unilateralmente uno o più punti di vista, in modo tale che ciascuno di essi presenti in
forma "pura" determinate caratteristiche (di qui i concetti convenzionali di "economia
cittadina" o "economia rurale", ecc., in cui non è dato riconoscere i regimi storici di
produzione cui essi si riferiscono). I "tipi-ideali" non sono ipotesi sulla realtà ma devono
guidare le formazioni ipotetiche in una direzione positiva. Sono punti di partenza non di
arrivo, poiché il maturarsi di una scienza suppone il loro superamento. Questo quadro
concettuale, pur non avendo riscontri nella realtà, può permettere al ricercatore -secondo
W.- di avere un metro di paragone. E' un espediente euristico, uno strumento metodologico
(i concetti "ideal-tipici" sono uniformità-limite) che si usa per misurare e comparare la
realtà effettiva, controllando l'avvicinamento o la deviazione di questa al modello. W. in
sostanza ha elaborato una vasta e complessa tavola sinottica comprensiva di tutte le
fondamentali formazioni sociali, di ogni tempo ed epoca, disposte secondo criteri
ordinatori rigorosamente definiti che le accomunano e le distinguono (le formazioni
sociali per W. sono il frutto di determinati atteggiamenti: il capitalismo ad es. è frutto
della razionalità connessa al profitto). In tal modo egli è convinto di poter trasformare una
ricerca storica individualizzante (su un argomento specifico) in una di carattere
generalizzante. Per spiegare i fatti storici -dice W.- c'è bisogno di leggi e queste vengono
offerte dalla sociologia. Naturalmente il carattere sinottico del suo procedimento non
vuole escludere la dimensione evoluzionistica. W. pone in ordine gerarchico i tipi-ideali di
atteggiamento, disponendoli secondo un criterio di crescente razionalità: 1) il minimo di
razionalità si trova nell'azione dettata dalla fedeltà a tradizioni-abitudini-costumicredenze, 2) poi si passa all'azione determinata da un sentimento/istinto/stato d'animo; 3)
poi ancora all'azione razionale rispetto a un valore (p.es. il capitano di una nave che
decide di affondare con essa); 4) infine vi è l'azione razionale in rapporto a un fine (p.es.
l'ingegnere che costruisce un ponte). L'azione razionale in rapporto a un fine è definita in
funzione delle conoscenze dell'agente piuttosto che dell'osservatore o ricercatore. W. non
dice che è oggettivamente irrazionale l'azione nella quale l'agente sceglie mezzi inadatti a
causa dell'inesattezza delle sue conoscenze. La razionalità dipende dal fatto che l'agente
ha concepito come adeguati i mezzi per raggiungere determinati scopi. In un certo senso
per W. il fine giustifica sempre i mezzi, se chi li usa li ritiene adeguati al fine (di qui i
paralleli con la politologia del Machiavelli, di cui condivideva l'idea che la politica non
poteva preoccuparsi della moralità delle proprie azioni)). Viceversa, l'azione rispetto a un
valore è razionale non perché l'agente consegue un fine, ma per restare fedele all'idea
ch'egli si è fatto di un determinato valore (ad es. abbandonare la nave che affonda sarebbe
per il capitano un'azione disonorevole, anche se di fatto è "poco pratica"). Nell'azione di
valore W. ha in mente gli ideali dell'aristocrazia, nell'azione finalizzata a uno scopo ha in
mente gli ideali della borghesia. Per W. infatti la società che si fonda sul tipo di
atteggiamento più razionale è quella del moderno capitalismo, che è culmine e chiave di
volta dell'intero complesso delle formazioni sociali. Tale razionalità è possibile solo
quando si postula una realtà priva di ogni senso magico e che presupponga, sotto il profilo
religioso, l'assoluta trascendenza della divinità. »
Il metodo di Weber tende all’oggettività dell’approccio avalutativo – contestato da Jonas - [vedi p.
881]. Da questo si solleva il problema della “Oggettività scientifica”, se essa esista ed entro quali
ambiti. La valutazione è diversa dal fatto che viene interpretato, che può essere soggetto a diversi
punti di vista. Se è facile trovare l’oggettività in un “fatto” evidente, il problema comunque
potrebbe celarsi a monte: se si effettua una ricerca, bisogna comunque portare le prove contro ed a
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sfavore. [...] Nel libro La scienza come professione si trova la distinzione tra scienza sociale e
scienze propriamente dette, parlando anche della deontologia dello scienziato [tutto ciò che è stato
detto precedentemente a riguardo].
In La politica come professione (1920), si mette in luce come anche la politica debba seguire delle
leggi, così come la scienza; si ricollega inoltre a Machiavelli, [vedi p.148]. Il termine professione
rende la traduzione dal tedesco beruf che, come in italiano, sta ad indicare sia l’essere
professionale, ovvero l’essere coerenti ed attinenti ad un lavoro con un impegno serio, sia l’aspetto
fideistico, ovvero l’impegnarsi (es.) nel manifestare le proprie opinioni con le azioni, in modo da
dedicare la vita ad uno scopo.
Un politico, come già osservato, dovrebbe essere un sociologo per ben interpretare i bisogni e le
necessità della società. Sua ottima qualità è la lungimiranza, orientando tutto verso cosa può
avvenire nel futuro. Inoltre bisogna essere RESPONSABILI:
-
La responsabilità non è orientata solo nel passato come ACCOUNTABILITY (affidabilità),
nella individuazioni di colpe…
… ma anche come impegno per il futuro, in quanto bisogna essere previdenti per offrire un
buon avvenire alle generazioni successive.
Se si è lungimiranti si possono adottare scelte migliori per il futuro[, come l’investire i soldi nelle
nuove tecnologie]. Secondo Jonas il modello migliore è quello della responsabilità dei genitori nei
riguardi dei figli: si esercita su di essi un controllo per fare in modo che il loro futuro sia il migliore
possibile. [...]. Egli propone un etica:
-
Dei principî [partire da dei principi religioni che bisogna (seguire come modello?)]
Dei risultati
(Della responsabilità; anche se questo aspetto verrà approfondito in Jonas)
Macchiavellamente, secondo W., un partito politico può anche perseguire il risultato senza attenersi
ai principî, dovendosi però aspettare un basso consenso. In ogni modo né bisogna seguire i soli
principî né i soli risultati, ma bisogna misurare i risultati con lungimiranza.
La modernità è un processo di:
- Secolarizzazione
- Progresso scientifico
- Burocratico (anche se questa è un’esigenza opprimente del mondo moderno, vedi “Il
castello” di Kafka – noi siamo codici fiscali e moduli da riempire)
Questo processo di razionalizzazione svuota però il mondo da un senso di magia [per Leoparsi, la
scienza ci porta alla scoperta della natura come arido vero], e quindi l’uomo è meno capace di
sognare. Il concetto di modernità deve però essere interpretato sia come positivo, in quanto ci ripara
dai processi antimoderni come il fondamentalismo, sia come negativo, dove la tecnologia può
essere uno strumento di controllo (1984). Questo svuotamento delle illusioni (che alcuni ritengono
versione weberiana della nietzschiana “Morte di Dio”) mette il luce, secondo alcuni, un rimpianto
da parte del filosofo di un mondo dove qualcosa rimane nella sfera del sogno.
Nel discorso conclusivo del libro W. espone tre forme di leadership politica:
- Tradizionale, si basa su di una consuetudine, ovvero è sostenuto dal motivo della
tradizione, e in nome di questa (es.) una casa regnante continua a governare. Per questo essa
si definisce “premoderna” in quanto si basa sul cognome e non sulle qualità riconosciute.
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-
Legittimata, è espressione dell’ambito moderno in quanto si basa sulle competenza e sulla
capacità.
Carismatica, è basata sul riconoscimento di QUALITÀ SPECIALI. Ritiene inoltre che
dalla crisi tedesca degli anni ’20 si potesse uscire con questo tipo di leadership. Essa è
ritenuta efficace in quanto è capace di accendere un sogno: siccome glim uomini desiderano
un mondo dove ci sia l’incanto, chi riesce a toccare quella corda, può manifestare il suo
potere persuasivo.
[ma si affermano anche leadership carismatiche senza capacità speciali ma con le tipiche
caratteristiche dell’uomo medio con i suoi problemi…]